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E non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.

Gv 11 Vs 52


Titolo: La religione personale.


Argomenti: La presenza del "Tu" di Dio forma la persona. Pecore di Dio e del mondo. Attrazione e giustizia. Il significato della venuta di Cristo. Imparare a leggere. La morte al pensiero del nostro io. Unità e molteplicità. Pensiero e unità.


 

31/Luglio/1994 Casa di preghiera Fossano.


Siamo giunti al versetto 52 del capitolo undici di San Giovanni.

Dove si dice: "Non solamente per la sua nazione ma, anche per ricondurre all'unità i figli di Dio che erano dispersi.

Si tratta del fatto che Gesù doveva morire, l'aveva detto prima e Gesù doveva morire non soltanto per la sua nazione ma, anche per ricondurre all'unità i figli di Dio che erano dispersi.

Qui come prima cosa, dobbiamo cercare il significato, la lezione che Dio vuole dare ad ognuno di noi, attraverso questa dichiarazione secondo cui Gesù doveva morire, per ricondurre all'unità i figli di Dio che erano dispersi.

Sopratutto dobbiamo chiederci che cosa Dio ci significa di Sé, perché in tutto Dio parla di Sé.

E dobbiamo capire quale collegamento ci sia tra la morte di suo Figlio e l'unità dei figli di Dio, perché di suo Figlio si parla, se Gesù non fosse Figlio di Dio, se non fosse Dio, nessun problema si porrebbe nei suoi riguardi.

Gesù morì duemila anni fa e duemila anni fa non hanno  nulla a che fare con noi oggi.

Quindi Gesù morto come uomo, non ha niente a che fare con noi.

Non ci sarebbe nessun collegamento fra la sua morte e la nostra liberazione dalla morte se Lui non fosse Figlio di Dio. Tanto meno ci sarebbe un collegamento con il ricondurre all'unità i figli di Dio che sono dispersi.

Ma se Gesù è Dio il problema si pone e quanto si pone!

Ognuno di noi è un problema ed è il problema di Dio.

Il carattere distintivo della persona umana, il carattere costitutivo è proprio dato dalla presenza di Dio in noi.

La persona è l'essere in relazione con un "tu" e con un "Tu" Assoluto.

Perché tolto questo "Tu" Assoluto, la persona scompare e abbiamo l'animale.

L'uomo non è persona perché ci sono altre persone o, come molti affermano oggi, l'uomo non è persona perché c'è la società.

La società non fa nessuna persona.

L'uomo non è persona perché ci sono gli altri, non c'è nessun uomo che possa fare una persona umana.

La persona è costituita dalla presenza del "Tu" Assoluto, dalla presenza di Dio.

Quando diciamo "Tu Assoluto" s'intende un "tu" che è trascendente, quindi che è immutabile, eterno, infinito.

Ed è proprio per la presenza, in ogni persona, dell'essere trascendente, Assoluto, infinito, immutabile che noi abbiamo la consapevolezza dell'io.

Questo "io" che è una durata, una permanenza in cui tutto muta.

La persona è caratterizzata da questa coscienza di essere un io.

La coscienza di essere un io, è costituito dalla presenza del "Tu" di Dio.

Solo la presenza del "Tu" di Dio forma le persone.

É per questa presenza del divino, che ogni uomo porta in sé, che Gesù ha una importanza enorme.

Non importa che Gesù sia morto duemila anni fa o cinque minuti fa o che muoia il prossimo anno.

La Realtà non è condizionata né da tempi, né da luoghi.

Ma dato che la Verità lancia a noi un messaggio e noi siamo un problema di verità, quel messaggio per noi ha una importanza enorme.

Di fronte ad ogni messaggio di Dio, di fronte ad ogni segno ed a ogni Parola di Dio dobbiamo quindi cercare il Pensiero di Dio.

Dobbiamo cercarlo personalmente, per la nostra vita personale.

E qui dobbiamo arrivare a capire che rapporto passa tra, la morte del Cristo e l'unificazione dei figli di Dio che sono dispersi.

Che rapporto passa tra la morte di Cristo e la liberazione dell'uomo dalla morte?

Siamo dunque noi liberi dalla morte?

Siamo dunque stati noi liberati dalla morte, punto interrogativo.

Possiamo ben vedere se, dopo la morte di Cristo, gli uomini sono liberati dalla morte!

La morte continua a operare come prima della morte del Cristo così dopo la morte di Cristo.

Cristo è morto per liberarci dalla morte ma, noi siamo liberati dalla morte?

E allora che razza di liberazione è questa che ci è annunciata?

"Chi crede in Me, non gusterà la morte, Io sono la Vita".

Dove sta questa liberazione dalla morte se, tutti gli uomini come prima di Cristo continuano ad esperimentare la morte, continuano a morire.

Non parliamo poi di questo ricongiungere all'unità i figli di Dio: basta guardarsi attorno!

Vediamo che razza di unità c'è tra i figli di Dio!

É per questo che dobbiamo andare a fondo per trovare il significato di queste parole.

Dobbiamo vedere quale sia questa liberazione dalla morte e cosa sia questa unificazione che Cristo morendo offre agli uomini.

Intanto qui parla di "figli di Dio" e noi pensiamo che, in quanto figli di Dio questi siano tutti ricondotti all'unità.

Eppure qui parla di "figli di Dio dispersi".

Gesù è venuto per raccogliere ciò che si disperdeva.

E chi sono questi figli di Dio?

Figli di Dio che appartengono a Dio, perché sono figli di Dio ma che si disperdono, è la pecorella smarrita nel mondo.

Intanto definiamo: Figlio di Dio è colui che appartiene a Dio.

Gesù nell'ultima preghiera dice: "Padre, erano tuoi e Tu li hai dati a Me", dice anche: "Nessuno può venire a Me se non è attratto dal Padre".

Allora, se soltanto coloro che sono attratti dal Padre possono andare al Cristo, cioè capire Cristo, gli altri non possono andare a Cristo, non hanno cioè la mente per capire Cristo.

Gli altri non hanno la possibilità di capire Cristo.

Il capire è una grande grazia che viene a noi dalla presenza di Dio stesso ma questa presenza in noi di Dio, presuppone che Dio sia stato posto al di sopra di tutto.

Attratto da-, ognuno di noi è attratto da ciò che mette prima di tutto.

Se uno mette prima di tutto il denaro, resterà, per tutta la vita attratto dal denaro.

Se uno mette prima di tutto la carriera, resterà per tutta la vita attratto dalla carriera.

Se uno mette prima di tutto buoi, campi e moglie, resterà attratto per tutta la vita da buoi, campi e moglie.

Quindi siamo noi stessi che in noi determiniamo l'attrazione, determiniamo ciò di cui noi diventiamo figli.

Non soltanto ma, determiniamo anche il luogo della nostra abitazione.

Perché ognuno di noi, vivendo costruisce una casa o una prigione.

Costruisce una casa se vive per cercare e per conoscere Dio ma se vive per altro, si costruisce una prigione anche se non lo sa.

Ognuno di noi viene ad abitare in quel luogo che, vivendo ha costruito, anche senza saperlo.

Tutti i giorni noi apportiamo un mattone, apportiamo una pietra all'edificio dentro cui ci ritroviamo rinserrati.

Può essere una prigione o può essere un'abitazione.

Soltanto Dio libera.

E se non è Dio la nostra abitazione, certamente noi vivendo ci chiudiamo in una prigione da cui non ne usciamo e da cui non possiamo uscire.

Soltanto Dio è il liberatore perché Dio ci comunica la Verità: "La Verità vi farà liberi".

Solo Dio comunica all'uomo la Verità, fa conoscere la Verità.

Qui si parla di figli di Dio che si disperdono, fintanto che si tratta di uomini che si disperdono lo capiamo perfettamente.....

Figli di Dio sono coloro che appartengono a Dio.

Ognuno di noi appartiene da ciò cui è attratto.

La maggior parte di noi, in termini ultimi, finisce col vivere per il proprio corpo.

Il corpo è a servizio dello spirito e lo spirito è a servizio di Dio, noi togliendo Dio, non facciamo altro che ripiegare il nostro spirito sul corpo e distruggiamo così il nostro corpo.

Chi distrugge il nostro corpo e ci fa esperimentare la morte è il nostro pensiero.

Provate a distogliere il vostro pensiero, il vostro spirito dalla passione per conoscere Dio è voi esperimenterete, giorno per giorno che il vostro spirito vi distrugge il corpo.

Stiamo cercando di capire chi sono questi figli di Dio che possono disperdersi.

Figli di Dio sono coloro che sono attratti da Dio, attratti da Dio quindi appartengono a Dio.

Si può allora appartenere a Dio e disperdersi nel mondo.

Che questo sia possibile lo vediamo in Gesù stesso che dice di essere il "buon pastore" che va alla ricerca della sua pecorella che si era smarrita.

La pecorella si era smarrita, non la chiama pecora di mondo.

Ci sono pecore di mondo smarrite ma non sono sue pecore.

Gesù non va a cercare le pecore del mondo.

Gesù va a cercare le sue pecore che si sono smarrite.

Quindi si può essere sue pecore ed essere smarrite nel mondo.

Gesù dice che è venuto per queste pecore.

Gesù quindi è venuto per riportare nell'ovile quelle sue pecore che si sono smarrite nel mondo.

Si può essere pecore di mondo e si può essere pecore di Dio.

Le pecore del mondo non si smarriscono nel mondo.

Le pecore del mondo si smarriscono se sentono parlare di Dio.

Le pecore del mondo, nel cielo di Dio, nella città di Dio, certamente non sanno dove andare ma questo è dato dal fatto che sono pecore del mondo.

Ognuno si trova bene nella sua patria.

Chi si trova bene nel mondo, vuole dire che appartiene al mondo.

E se voi trasportate una pecora del mondo nella città di Dio, nelle cose eterne, quella si trova smarrita, non sa dove andare.

Pecora di Dio è invece quella che ha per padre Dio, che appartiene alla città di Dio e che può smarrirsi nel mondo, cioè il mondo non gli sta bene, non sta bene nel mondo ma questa è una caratteristica del fatto che appartiene a Dio.

Chi appartiene a Dio non si trova bene con le cose che non sono Dio, si sente smarrita.

Come può mai succedere che una pecora di Dio si smarrisca? Evidentemente succede perché Cristo addirittura muore per riportare all'unità dell'ovile i figli di Dio.

"Io sono venuto per cercare la mia pecora che si era smarrita".

La pecora è di Dio in quanto è attratta da Dio ma si può essere attratti da Dio e nel frattempo lasciarci portare via da tante cose del mondo.

Si può essere cioè pecora di Dio, si può sentire attrazione per Dio ma si può non vivere nell'unità di questo interesse.

Gesù parla di una vita "una".

Noi possiamo avere tante vite.

Anche i figli di Dio, pur essendo attratti da Dio, possono portare in sé tanti interessi ed è questo che causa lo smarrimento.

Perché l'uomo che non vive unicamente per un amore posto al di sopra di tutto, sente la dispersione delle cose e non vede ancora tutto nell'unità.

Sì, appartiene a Dio perché è attratto da Dio, perché che scopo avrebbe mai questo trasferire coloro che sono del Padre al Figlio?

"Erano tuoi e Tu li hai dati a Me e Io adesso li porto a te", ma che giochetto è mai questo?

Il Padre consegna al Figlio le anime che appartengono al Padre e poi il Figlio le riporta al Padre, cosa c'è sotto questo?

Già appartengono al Padre e il Padre a un certo momento deve consegnare queste anime (che sono già attratte dal Padre) al Figlio? E poi il Figlio le deve riportare al Padre?

É un cerchio chiuso!

E no, c'è qualcosa di molto più profondo.

Questo ci fa capire che si può appartenere al Padre, essere attratti dal Padre ma non avere incontrato il Cristo.

E il Cristo viene per coloro che sono attratti dal Padre, tant'è vero che Lui dice che se uno non è attratto dal Padre non può seguirlo.

É l'attrazione per il Padre che apre le anime a riconoscere nel Cristo la Parola di Dio.

Ci dà la possibilità cioè di riconoscere fuori di noi la verità, ora se quella Persona non l'abbiamo già dentro di noi, se noi non abbiamo in noi il volto del Padre, se non abbiamo questo interesse, noi non possiamo identificare la verità fuori di noi.

Questa giustizia che abbiamo sentito dentro di noi il bisogno di fare, di dare a Dio quello che è di Dio, di mettere la verità al di sopra di tutto, è soltanto questa giustizia e questo interesse per conoscere Dio che ci fa individuare, che ci fa identificare il Cristo e ci fa dire: "Nessuno ha mai parlato come Te", ma chi fa dire alla creatura questo?

Ecco: "Erano tuoi", c'è questa appartenenza, questa giustizia da fare che, una volta fatta ci fa appartenere a Dio.

Ma qui ci manca ancora la Via.

Si è attratti dal Padre e il Cristo viene per insegnare a noi come fare per giungere a quell'attrazione che ci ha attratti, a quella meta verso la quale ci siamo rivolti.

Uno può desiderare immensamente di andare sulla cima del Monte Bianco  ma non sa come fare per arrivare sulla cima del Monte Bianco.

Deve trovare qualcuno che gli dica: "Guarda che se vuoi arrivare sulla cima del Monte Bianco devi venire dietro di me".

Quindi è essenziale che ci sia questa attrazione, questo bisogno di arrivare a un fine ben chiaro e ben preciso e il nostro fine è Dio.

Siamo stati creati tutti per Dio e lì non ci piove, non c'è nessun altro scopo in cui si giustifichi la nostra esistenza.

Colui che ci ha creati, ci ha creati per Sé, quindi lo scopo è questo.

Dio noi non lo possiamo smentire ma come facciamo per trovarlo?

Quanti hanno scritto e hanno detto: "Ho cercato  non ho trovato"?

Gesù ha detto: "Cercate e troverete" ma quanti uomini devono testimoniare di avere cercato e di non avere trovato?

In questi uomini c'è stato questo bisogno di arrivare alla luce, c'è stata questa attrazione per la verità.

Gesù dice: "Io sono la via, senza di Me fate niente".

L'attrazione per Dio è necessaria, perché senza questa attrazione, anche se incontrassimo il Cristo tutti i giorni, non sapremmo che farcene.

Qui abbiamo il problema del popolo cristiano: è a contatto con Cristo, tutti i giorni ma non sa cosa farsene di Cristo.

Se c'è uno scandalo religioso nel mondo è proprio quello del popolo cristiano: a contatto con Cristo non sa cosa farsene di Cristo.

Perché?

Sono cattolici, sono cristiani, partecipano alle funzioni liturgiche e tutto quanto ma non sono del Padre, non appartengono al Padre, non sono attratti dal bisogno di conoscere Dio.

Sono a contatto del Cristo tutti i giorni e non sanno cosa farsene del Cristo.

Quindi l'anima che determina l'incontro  con Cristo e che dà significato al Cristo è questa appartenenza al Padre, è questo desiderio di conoscere Dio.

Chi cerca Dio può essere smarrito nel mondo ma incontrando il Cristo, state tranquilli che sa riconoscerlo: "Tu sei la mia salvezza, quanto ti ho sognato!".

Il sogno è l'anima di ogni uomo, il sogno di conoscere Dio e non si sa dove sbattere, dove cercare, per questo si è smarriti nel mondo.

Il mondo non ti parla di conoscenza di Dio, il mondo non ti dà la possibilità di conoscere Dio, non ti indica la via per arrivare a Dio.

Per questo si è smarriti nel mondo ma appena si trova uno che ti parla di Dio, tu lo riconosci perfettamente.

Ecco quindi questo bisogno di fare collimare l'interesse principale se abbiamo fatto la giustizia essenziale.

Giustizia vuole dire dare a Dio quello che è di Dio: Dio è il Creatore di tutte le cose e tu cerca in tutto il Pensiero di Dio, il significato di Dio.

Bisogna far collimare questo bisogno, questa giustizia di riferire tutto a Dio, con il messaggio del Cristo.

Allora qui incominciamo a capire il significato della venuta del Cristo.

Cristo è venuto per raccogliere coloro che non sanno come fare per arrivare dove vogliono arrivare.

Cristo è venuto per coloro che sanno quello che vogliono.

Cristo viene per coloro che hanno questo bisogno di conoscere il Padre.

Cristo è venuto per tracciare la strada tra il punto in cui questi si trovano e il Padre.

Cristo è venuto per condurre i nostri passi se in noi c'è interesse per conoscere Dio.

Questa è la missione del Cristo.

Tutta la missione del Cristo si conclude poi con la sua morte.

La sua morte che rivela che Lui è l'anima della vita.

L'uomo si disperde nel mondo perché, anche se è attratto da Dio, l'uomo porta sempre questo pensiero dell'io che è principio di dispersione e che gli impedisce di superare quella realtà che vede e tocca.

Ed è nel pensiero del proprio io che l'uomo vede e tocca le cose.

Tutta la creazione è vista da ogni uomo, è toccata da ogni uomo, è sentita da ogni uomo, è subita con le passioni da ogni uomo.

Tutta la creazione arriva ai nostri sensi e provoca sempre in noi piacere o dolore e suscita sempre passionalità.

L'uomo è sempre in difficoltà a capire ciò che Dio comunica a lui attraverso la creazione, anche se riconosce giusto, poiché Dio è il Creatore.

C'è un pensiero in tutte le cose e nessuno di noi può smentirlo, sono parole che arrivano a noi ma, il più delle volte, anche se noi siamo attratti da Dio, noi ci troviamo di fronte a questo muro: c'è un pensiero che arriva a me, che è annunciato a me ma io non riesco a capirlo.

E quand'anche cercassi di attribuire un certo significato resterei sempre nel dubbio: "Sarà proprio questo il significato di ciò che Dio mi ha fatto arrivare?".

Chi ci libera da questo dubbio?

Entrare nel Regno della Verità di Dio è proprio entrare in questa aula in cui s'intendono le cose di Dio, si legge, si è fatti capaci di leggere il Pensiero di Dio in tutte le cose.

L'uomo è in quest'aula ma ha bisogno di essere educato ed educato da Uno che gli parla, perché non è l'uomo che si forma, che impara a leggere.

L'uomo impara a leggere in quanto l'altro gli dice: "Guarda che questo segno significa questo mio pensiero, questa parola significa quest'altro pensiero" ma è l'altro che glielo dice.

É Colui che appartiene al Regno di Dio, il Figlio di Dio che insegna a noi a leggere.

Leggere che vuole dire vedere il Pensiero di Dio nelle cose.

Quando si vede il Pensiero di Dio nelle cose si è sempre con Dio, non si è più smarriti ma, fintanto che non si arriva a vedere il Pensiero di Dio nelle cose, pur appartenendo a Dio c'è il rischio di disperdersi nelle cose del mondo.

C'è il rischio di non riuscire a passare dalle cose, allo spirito, all'anima, al pensiero delle cose.

E quando non si può passare dalle cose che arrivano a noi all'intelligenza del pensiero delle cose stesse, si resta schiavi dell'impressione che le cose giungendo ai nostri sensi provocano.

Si resta cioè schiavi delle cose.

Ecco la difficoltà, anche dei figli di Dio di liberarsi, di superare il rapporto con le cose, con le cose create, con ciò che è corporeo per entrare nel Regno dello Spirito di Dio.

Qui allora si presenta il problema della morte del Cristo, perché è necessario questo passaggio.

Quello che ci apre all'intelligenza del Pensiero di Dio è la morte al nostro io.

É il nostro io che ci rende non più intelligenti.

Il nostro io che si ferma alle impressioni che riceve, alla realtà che vede e tocca.

Il nostro io ci dice che questa è la realtà: "Perché io la vedo e la tocco".

E no, questa non è la realtà.

Non c'è la realtà perché tu la vedi e la tocchi.

Nemmeno con la tua esperienza tu puoi fare la realtà.

Soltanto se tu giungi a vedere le cose da Dio tu entri nel Regno della Realtà.

Altrimenti tu entri soltanto nel regno delle impressioni.

Il mondo è impressione, tutte le cose e le creature sono tutte impressione ma non sono realtà.

La Realtà è Dio che opera queste impressioni

Nel pensiero dell'io, noi confondiamo sempre la realtà con quello che vediamo e tocchiamo.

Per cui pur appartenendo a Dio sentiamo il bisogno di intendere e di fare la giustizia di Dio, ma noi ci troviamo lì, schiavi della realtà che vediamo e tocchiamo e che quindi  ci domina.

Cristo muore per dare a noi la possibilità di morire al pensiero del nostro io.

Noi dobbiamo morire al pensiero del nostro io.

É soltanto lì che l'uomo supera quel pensiero di dispersione, perché è dominato e vive nel pensiero del suo io.

Ecco perché qui si dice che Cristo muore per riportare nell'unità i figli di Dio che si sono dispersi.

Abbiamo il principio di dispersione che è dato dal pensiero dell'io.

Perché?

Perché il pensiero del nostro io moltiplica gli interessi e gli amori, vede tanti dei, vede tante creature, vede tanti uomini che operano, vede tante causalità e resta schiavo di queste causalità qui.

Il nostro io è un principio di molteplicità.

É questa molteplicità qui che crea dispersione.

Chi darà a noi la possibilità di sfuggire a questa dispersione e di trovare l'unità?

L'unità si forma in noi in quanto si vive per una cosa sola posta al di sopra di tutto ma, si vive per quella cosa.

Se noi viviamo per una cosa sola, lì tutto si unifica.

É il fine che unifica.

Abbiamo detto molte volte che le persone sono uguali e sono distinte.

L'uguaglianza è determinata dal fine, è il fine che ci fa uguali.

Per cui uomo e donna, certamente sono distinti, un uomo non è una donna e una donna non è un uomo, però sono uguali.

L'uguaglianza è data dal fine.

Perché?

Perché sia l'uomo che la donna hanno lo stesso fine: conoscere Dio.

E se vivono per questa sola cosa qui, questo li fa uguali.

Ecco che quello che ci fa passare dalla molteplicità all'unità (le creature sono molteplici) è il fine.

Se il fine è uno solo, quello ci rende uno.

Se in noi non c'è invece questo fine posto al di sopra di tutto, in noi si forma la dispersione e la dispersione è morte.

Il Cristo muore proprio per farci uscire da questa dispersione.

La dispersione è morte.

C'è un rapporto strettissimo tra il mondo spirituale e il mondo fisico.

La morte noi la subiamo fisicamente ma questa morte è causata da un disordine nel nostro spirito.

Molteplicità è uguale a dispersione che è uguale a morte.

Unità è uguale a unificazione che è uguale a vita.

Quindi chi vive per una cosa sola trova la vita.

Vivere vuole dire raccogliere in un fine solo, nell'unità: "Chi con Me non raccoglie disperde".

Ecco come Cristo ci porta alla vita in quanto ci porta al raccoglimento.

Il raccoglimento dato dall'unità e l'unità è data da Dio.

Se noi teniamo presente che la persona umana è costituita dalla presenza di questo "Tu" di Dio, lì possiamo capire come questa persona si salvi unicamente in quanto tiene presente questo "Tu", "Tu" Persona.

É questa Persona che ci salva.

Ora la persona è sempre un essere unico, inconfondibile, incomunicabile, si distingue in tutto.

Questo "Tu" richiede la reciprocità continua e costituisce la nostra vita.

Vivere con questo "Tu" vuole dire realizzare il nostro destino di persone, perché la persona è costituita da questo "Tu".

Quindi non  trascurare questo "Tu", perché se tu trascuri questo "Tu", tu ti distruggi come persona.

Vivendo con questo "Tu", succede che la creatura umana è portata in continuazione a vedere le cose dal punto di vista dell'altro.

Noi ci accorgiamo della presenza dell'altro come persona, in quanto vediamo le cose dal suo punto di vista.

In quanto vediamo che ci conosce e ci capisce.

Come facciamo noi a distinguere se ci troviamo alla presenza di una persona, di una animale o di un robot?

Da che cosa ce ne accorgiamo?

Ce ne accorgiamo in quanto sappiamo che l'altro ci conosce come noi lo conosciamo.

Quindi in quanto abbiamo la possibilità di vedere le cose dal suo punto di vista.

Noi abbiamo la possibilità di riconoscere la persona con il pensiero.

É soltanto con il pensiero che noi possiamo vedere le cose dal punto di vista dell'altro.

E allora l'anima di tutto sta nel pensiero.

L'anima della nostra vita, l'anima dell'unificazione, del riportare tutto all'unità (vedere le cose dal punto di vista di Dio) sta nel pensiero.

É qui la soluzione di ogni nostro problema.

Il pensiero.

Pensiero che vuole dire guardare le cose dal punto di vista dell'altro, dal punto di vista di Dio, dal punto di vista di quel "Tu" che portiamo in noi.

E soltanto se noi vediamo le cose dal Suo punto di vista, noi possiamo restare con questo "Tu", come questo "Tu" è con noi.

Perché questo "Tu" è con noi indipendentemente da noi ma non è detto che noi siamo con questo "Tu", come questo "Tu" è con noi.

Ecco perché si parla di reciprocità.

Bisogna imparare a restare con questo "Tu" come questo "Tu" è con noi.

Questo "Tu" è con noi indipendentemente da noi e noi siamo persone, noi siamo persone appunto perché questo "Tu" è in noi indipendentemente da noi.

Noi restiamo persona, soltanto se noi restiamo con quel "Tu", come quel "Tu" è con noi.

Non basta che questo "Tu" sia con noi, bisogna che noi siamo con Lui, come Lui è con noi.

E come possiamo essere con Lui come Lui è con noi?

Col pensiero, cioè vedendo le cose dal suo punto di vista.

Il pensiero è cosa essenzialmente personale.

Non c'è nessuno che possa pensare al posto nostro.

Noi possiamo frequentare istituti, scuole di religione, andare in chiesa e fare tutto quello che vogliamo in gruppo, in comunità, in società, non c'è nessun gruppo, non c'è nessuna istituzione, non c'è nessuna chiesa che possa pensare al posto nostro.

Per cui il problema essenziale sta lì, sta nel pensiero.

Se noi non pensiamo Dio, noi possiamo essere religiosissimi ma tutta la nostra religiosità serve a niente se noi non pensiamo Dio.

Se non c'è questo rapporto personale con Dio, se non c'è questa religione personale, se non c'è questo Dio personale, per ognuno di noi, tutto quello che è religione scompare nel nulla e diventa recitazione, diventa teatro anzi diventa falsa sicurezza.

Quanti uomini sono illusi da queste false sicurezze religiose!

S'accontentano di rapporti liturgici, credendo con ciò di essere giustificati dal fatto di non cercare Dio prima di tutto.

Non c'è nessuna funzione, nessuna liturgia, non c'è nessuna messa, non c'è nessun rito o sacramento che possa sostituire il tuo pensiero nel rapporto con Dio.

Anzi, l'essenziale è proprio questo pensiero in te che pensa Dio.

Quello costituisce la sostanza della tua religiosità.

Questo ti fa vero, perché questo ti porta all'unità di vita con Dio, il resto diventa recitazione, diventa teatro.



E non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera».Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione,e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.  Gv 11 Vs 50 - 52


- RIASSUNTI Domenica-


Argomenti: La creazione è logica – La dispersione – Il corpo e l’universo – I preconcetti – La comunicazione – Il mezzo e il fine – I sacramenti – L’autorità – Presenza e assenza – La morte è una categoria della vita -


 

7/ Agosto /1994 Casa di preghiera Fossano.