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Ora egli non disse ciò da se stesso, ma essendo Sommo Sacerdote, quell'anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la sua nazione.

Gv 11 Vs 51


Titolo: Le persone non abitano una accanto all'altra ma una dentro l'altra.


Argomenti: Morte di Cristo e salvezza. L'opera di Dio tra gli uomini. Il Verbo. La realtà in cui noi ci troviamo è Dio. Il termine comune per capire. Reciprocità. Vedere dal Principio.


 

24/Luglio/1994 Casa di preghiera Fossano.


Anche qui dobbiamo cercare il significato profondo.

Ogni cosa reca con sé un anima.

Tutto appartiene al Regno di Dio e appartenendo al Regno di Dio è comunicazione.

Dio parla in tutto e attraverso tutto (se noi siamo attenti a cercare il significato delle cose) noi siamo introdotti da Dio nel suo regno che è il regno spirituale che è regno di Verità.

Sopratutto siamo condotti nella conoscenza intima e profonda di questa realtà immensa, eterna che è Dio stesso.

La verità che è sempre infinita, è passibile di un pensiero infinito e richiede una veglia infinita.

Qui si dice che il sommo sacerdote quell'anno, profetizzo che Gesù doveva morire per tutti ma, qui si afferma, si dichiara che non disse ciò da se stesso.

Il fatto che ci sia questa dichiarazione: "Non disse ciò da se stesso", ci fa pensare che ci sia qualcuno che glielo abbia fatto dire.

Che glielo abbia fatto dire!

Cioè fa pensare che questo sommo sacerdote non ha detto delle cose di cui era consapevole.

Profetizzo ma non profetizzo da se stesso.

Cioè non aveva in sé la ragione, la giustificazione di quello che diceva.

Fece una grande profezia, perché Gesù è morto non soltanto per la sua nazione ma per tutti.

E non è morto soltanto per i "tutti" di allora ma per tutti i popoli e per tutte le genti di ogni luogo e di ogni tempo.

Gesù è morto per ogni uomo singolo che, attraverso i secoli e le migliaia di anni sarebbe venuto al mondo.

Cristo è il centro dell'universo e salva tutti gli uomini attraverso la sua morte.

La morte di Cristo è un passaggio obbligato, attraverso cui Dio, nonostante l'uomo, mantiene aperta la via della salvezza sia per i giusti che per gli ingiusti.

E abbiamo visto che mantiene aperta questa via della salvezza, proprio attraverso l'esperienza della morte di Dio.

Cristo non si può disgiungere da Dio, quindi la morte di Cristo è la morte di Dio, è l'esperienza dell'assenza di Dio che ogni uomo fa.

L'uomo fa esperienza d'assenza di Dio, perché l'uomo si trova nella iniquità.

In conseguenza della sua iniquità, l'uomo fa esperienza dell'assenza di Dio, non fa esperienza della presenza di Dio.

Ma proprio attraverso questa esperienza d'assenza di Dio, l'uomo viene ricollegato con la verità di Dio.

L'assenza è una testimonianza di presenza.

Quindi abbiamo la presenza che è una conseguenza della conoscenza di Dio e abbiamo  anche una presenza che deriva dall'esperienza dell'assenza di Dio.

Ecco per cui Dio mantiene aperta la via della salvezza.

Abbiamo anche detto che questa via della salvezza è la via della comunicazione di Dio con la creatura.

Dio non interrompe la comunicazione con la creatura.

La creatura interrompe la comunicazione.

Perché per ricevere la comunicazione bisogna che nella creatura ci sia qualche cosa dell'infinito di Dio.

Ci deve essere un campo comune perché la comunicazione passi, altrimenti la comunicazione non passa.

Soltanto se nella creatura c'è l'infinito di Dio, c'è il Pensiero di Dio, quello stesso pensiero che è in Dio, allora sì c'è la possibilità che la comunicazione passi.

Dio opera in tutti i modi, sopratutto nel mondo iniquo, attraverso la morte di suo Figlio, per mantenere aperta questa via, aperto il Pensiero di Dio, presente il Pensiero di Dio.

Il Pensiero di Dio resta presente sia nei giusti che negli ingiusti.

Attraverso l'esperienza d'assenza, l'uomo viene portato alla presenza e quindi è riportato in comunicazione con Dio, in dialogo con Dio.

Attraverso il dialogo con Dio entra poi nella vita eterna.

Qui dicendoci: "Non disse ciò da se stesso", fa pensare che qualcuno (un altra persona) glielo abbia fatto dire.

Questo ci presenta il grande panorama di come Dio opera tra gli uomini.

Tutto l'operare di Dio nel nostro mondo, è un operare con dei segni: Dio significa Se Stesso in tutto.

Lui essendo causa prima di tutto, causa universale, significa Sé come causa in tutte le cose, in tutte le creature.

Ma questi sono segni.

Dio non può fare altro che significare Se Stesso, Lui solo è e quindi non fa altro che significare Se Stesso in tutto ciò che fa.

Questa è l'opera di Dio tra noi.

Però i segni hanno bisogno di essere letti, intelletti.

Altrimenti noi ci troviamo di fronte a degli esseri che, apparentemente per noi sono operanti e noi corriamo il rischio di fermarci ad essi.

Noi diciamo: "Il seminatore ha fatto questo, l'agricoltore ha fatto quell'altro, il meccanico ha fatto quell'altro, lo scrittore ha fatto quel libro", noi attribuiamo a queste cause seconde la giustificazione ma questa giustificazione è sempre relativa a quello che conosciamo noi sensibilmente.

Noi sensibilmente vediamo il gatto che fa certe cose, il cane che fa certe altre cose, gli uomini che fanno certe cose.

Aprendo i giornali, noi ci accorgiamo che i nostri giornali non fanno altro che parlare dei politici, dei sindacati, dei professori, degli scienziati; sempre persone, creature che operano e riteniamo che la giustificazione delle loro opere sia in loro.

Il sommo pontefice è come dire la massima autorità presente nel mondo.

Il sommo pontefice è la significazione della massima causalità eppure non ha in sé la ragione di quello che dice.

Non lo dice da se stesso.

Questo vuole dire che non aveva in sé la giustificazione di quello che diceva.

Ma se non aveva in sé la giustificazione di quello che diceva, cosa era che glielo aveva fatto dire senza che lui si rendesse conto?

Ci fa capire che ci possono essere dei profeti che non si rendono conto di quello che dicono.

Quante volte gli uomini parlano e non sanno ciò che dicono, non si rendono conto delle cose che dicono!

Evidentemente c'è un altro che opera in mezzo a loro.

Ci fa capire che anche se apparentemente sono le persone ha operare, in realtà è Dio che opera in tutto.

E Dio fa dire alle persone, fa dire agli uomini, cose di cui loro non si rendono conto, fa fare delle cose di cui gli uomini non si rendono conto.

Il che ci fa capire, ci fa pensare, ci fa intuire che ci sia una causalità diversa che opera in tutto.

Dio opera significando Se Stesso sopratutto come causalità, perché Lui è la massima causalità.

Causalità vuole dire l'esistente che ha in sé la ragione di ciò che opera, la giustificazione di ciò che opera.

C'è l'esempio della parola del Signore di questi giorni: il seminatore.

Gesù dice: "Il seminatore usci a seminare" ma poi dopo Lui commenta e dice che il seminatore è Dio.

Allora noi abbiamo un seminatore che, agli occhi nostri è un contadino, è un uomo, una persona che, a un certo momento decide di andare a seminare e ha in sé la ragione di quello che fa: la semina.

Prende il seme, va per i campi, semina e fa tutto quanto con l'intenzione di ricevere un certo frutto.

E tutto per noi si chiude lì.

E invece no, Gesù, il Verbo di Dio tra noi, ci fa capire che qui c'è un'apertura, un'apertura su un mondo immenso.

Il seminatore è soltanto un segno.

Un segno di Dio e noi dobbiamo arrivare a questo segno di Dio, se vogliamo intendere qualche cosa: è Dio che parla.

Non è il seminatore che, a un certo momento decide di andare a seminare.

C'è qualcuno che lo fa decidere, c'è qualcuno che lo fa operare, c'è qualcuno che gli mette il seme nelle mani, c'è qualcuno che gli fa desiderare di andare a seminare.

Il seminatore non sa come si forma il seme e come si forma il grano, lui lo fa perché la pratica gli ha fatto esperimentare questo, gli conviene economicamente e quindi fa quel lavoro.

E noi generalmente ci fermiamo a questo e diciamo che il seminatore è andato a seminare.

Gesù ci fa capire invece che il seminatore è una parabola e non soltanto il seminatore ma tutto è parabola, perché tutto è segno di Dio.

Allora in tutto quello che noi vediamo e tocchiamo, si nasconde qualche cosa del mistero di Dio.

Qui è Gesù stesso che lo commenta perché dice che il seminatore rappresenta Dio, il seme è la parola, il terreno rappresenta gli uomini in cui questa parola, quotidianamente viene seminata.

C'è questo seminatore che esce.

C'è questo Dio che viene tra noi.

Scende al livello nostro.

Parla, fa arrivare a noi la sua parola, la sua parola è un seme.

Ci apre al mondo in cui c'è la vera giustificazione delle cose, il mondo della verità, il mondo dello spirito.

La comunicazione delle cose spirituali (verità) è possibile solo in quanto c'è un termine comune, c'è un campo comune.

Qui il termine comune è il Verbo di Dio.

In tutte le cose, sopratutto chi ha fatto latino sa che per arrivare a capire, a leggere, bisogna sempre mettere in evidenza il verbo.

É una lezione anche questa.

L'anima di tutto è sempre il verbo.

Se uno ha presente il verbo, poi attorno al verbo si costruisce il soggetto, il complemento e si costruisce la frase.

Il Verbo è il "Tu" di Dio.

L'uomo abbiamo visto che è formato dal "Tu" di Dio.

Se l'uomo tiene presente il Verbo di Dio, cioè se tiene presente Dio Creatore che opera in tutto, trovandosi di fronte alla scena del seminatore che esce a seminare, pensa a Dio e allora chiede: "Signore, che cosa mi vuoi dire di Te attraverso questa scena del seminatore che esce a seminare?".

Se ha presente Dio, cerca la ragione presso Dio delle cose.

Se io guardo l'albero e non penso a Dio, per me l'albero è un albero, l'automobile è un automobile e la strada è la strada e mi fermo lì.

La realtà è quella e io mi adeguo a quella realtà.

Ma se ho presente Dio, cerco di capire che cosa mi vuole dire Dio attraverso l'albero.

Che significato ha l'albero? Cioè che cosa mi dice di Dio l'albero.

Che cosa Dio mi dice di Sé attraverso l'automobile, attraverso la strada?

Perché in tutto c'è una  Parola di Dio e quindi c'è la significazione di Dio e soltanto se noi cerchiamo questa significazione, noi ci accorgiamo che, giorno dopo giorno, a poco per volta entriamo nel mistero di Dio, entriamo nella conoscenza di Dio.

A poco per volta si forma in noi questa mentalità capace di vedere la verità in tutto.

Il Regno di Dio è il regno della verità, quel regno che Gesù dice (fin dall'inizio della sua missione) di cercare prima di tutto.

Tutto si risolve lì: "Non preoccupatevi del mangiare e del vestire, cercate prima di tutto il Regno di Dio che è il Regno della verità".

Cioè cercate questo divino che opera in mezzo a voi e che in tutto tende a rendervi consapevoli della realtà in cui voi vi trovate.

La realtà in cui noi ci troviamo non sono certo gli agricoltori, i campi o i buoi.

La realtà in cui noi ci troviamo è Dio.

Ed è questo Dio Colui al quale noi andiamo incontro, perché il tempo che passa è Dio che viene.

É questo Dio con il quale noi ci troveremo a tu per tu un giorno, e molto presto!

É questo Dio che forma la realtà di tutto.

É Lui che parla in tutto.

Questo "Tu" di Dio è dato a noi e caratterizza noi come persone.

La persona è data dall'essere in relazione con il "Tu" divino, con il "Tu" dell'Assoluto.

É la presenza di Dio in noi che forma noi persone, anche se non lo sappiamo.

Se noi abbiamo presente questo "Tu", noi in tutto cerchiamo il significato.

Quindi nel seminatore che esce a seminare, vado a cercare che cosa Dio mi significa di Sé.

Cosa Dio mi vuole dire di Sé? Mi sta parlando di Sé.

Non mi sta parlando dell'agricoltore, non mi fa un quadro agricolo o una poesia bucolica: mi sta parlando di Sé.

Se mi sta parlando di Sé: "Che cosa Dio mi dici di Te?".

E allora mi fa capire che questo Dio è uno che tutti i giorni, viene sulla nostra terra a seminare il suo seme, affinché questo seme  attecchisca e cresca eccetera.

Ma se invece noi non abbiamo presente Dio e possiamo non averlo presente ci fermiamo al seminatore.

Dio è presente in noi ma non è detto che noi siamo presenti a Lui come Lui è presente a noi.

Se noi non abbiamo presente il "Tu" di Dio, siamo meno persona.

É il "Tu" di Dio che ci forma persona.

L'essere meno persona sta nel fatto del non essere consapevoli di quello che siamo.

Se non abbiamo presente il "Tu" di Dio, noi ci fermiamo alla realtà che ci dicono i sensi.

I sensi ci fanno percepire questo uomo che esce a seminare il suo seme, noi ci fermiamo a quello.

Se io non penso Dio, io mi fermo all'albero, mi fermo alla strada, alla montagna, all'automobile, questa per me è la realtà.

La realtà sensibile che i segni esperimentano, mi fanno esperimentare.

Ma questa realtà non mi porta assolutamente al significato delle cose nel campo dell'intelletto.

Non c'è nessuna scienza che mi dichiari o che mi possa dichiarare il perché delle cose.

Le scienze rivelano solo i rapporti che ci sono fra le cose ma non mi potranno mai dire il significato e il perché delle cose.

Soltanto Dio mi rivela il significato delle cose ma bisogna avere presente Dio.

Se noi non abbiamo presente Dio, noi ci fermiamo alla realtà sensibile, ci fermiamo al seminatore che uscì a seminare.

A allora ci mettiamo a giudicare o criticare: "Ha fatto bene a uscire oggi o forse poteva aspettare domani a uscire", comunque noi arrestiamo il nostro giudizio soltanto a queste sensazioni, a queste esperienze che vengono a noi attraverso i sensi, esperienze che sono opera di Dio, perché Dio è certamente il Creatore di tutto.

Però questa è Parola di Dio e di fronte a una parola noi la possiamo ripetere, imparare a memoria, la possiamo registrare ma possiamo anche cercare di capirla.

Quello che veramente conta e quello che salva, non è registrare la parola, non è impararla a memoria, non è ripeterla o scriverla, quello che salva veramente l'uomo è cercare di capire la parola che gli arriva.

Tutto è Parola di Dio.

L'anima però per capire è avere questo termine comune, cioè essere persona.

Il termine comune (abbiamo visto l'altra volta) è il Pensiero di Dio in noi.

C'è il Pensiero di Dio in noi e c'è il Pensiero di Dio in Dio.

Il Pensiero di Dio in Dio è Persona ed è la stessa Persona che è Pensiero di Dio in noi.

Lì capiamo come il Cristo, Verbo di Dio tra noi, Figlio di Dio tra noi significa questo: il Pensiero di Dio che è dato a noi, ad ogni uomo che nasce in questo mondo.

Ogni uomo e ogni donna, in quanto nasce in questo mondo ed è persona, porta in sé questo "Tu" divino.

Il "Tu" divino vuole dire un infinito, un Assoluto.

Porta Dio in sé.

Questo lo fa persona.

Questo lo distingue da tutti gli animali e lo distingue da tutte le altre creature.

Ed è proprio per questo termine comune: "Tu" di Dio in noi e "Tu" di Dio in Dio che la comunicazione tra Dio e noi passa.

Noi però possiamo non tenere conto di questo "Tu", possiamo trascurarlo.

Il "Tu" di Dio è una persona.

Il Verbo di Dio è una persona.

Presso Dio tutto è persona.

Come è possibile che in noi ci sia quella stessa Persona che è in Dio?

Dio parla di abitazione: "Noi verremo e faremo abitazione".

Ci sono persone che abitano in altre persone.

Il tema di oggi è proprio questo.

Le persone non abitano una accanto all'altra, le persone abitano una nell'altra.

Presso Dio non c'è "essere vicino a-, "essere con-", presso Dio c'è "essere dentro".

O si è dentro o si è fuori.

Il che vuole dire che le persone, non esistono una accanto all'altra come esistono i corpi.

I corpi esistono uno accanto all'altro.

Non possiamo mettere un registratore dove c'è un altro registratore.

Se io voglio mettere qui un registratore, devo togliere quello che c'è per poterne mettere un altro.

Non posso, dove c'è un corpo metterne un altro, invece nel campo dello spirito, del pensiero la cosa è ben diversa.

I corpi possono soltanto stare uno accanto all'altro, uno vicino all'altro ma non possono penetrare, c'è la legge dell'impenetrabilità.

I corpi non possono penetrare uno nell'altro.

Invece nel campo dello spirito, l'esistenza è data dalla penetrazione uno nell'altro.

"Noi verremo e faremo abitazione".

Poi Gesù stesso dice: "Le cose che Io vi dico non le dico da Me", fa pensare al sommo sacerdote che sta dicendo delle cose di cui lui non si rende conto, il che vuole dire che c'è qualcuno che gliele fa dire.

Allora se c'è qualcuno che gliele fa dire, c'è qualcuno che è presente in lui e che lo fa parlare, lui ha detto una cosa di cui non si rendeva conto e chi gliela ha fatta dire allora?

Cosa è che gliela ha fatta dire?

Lui non lo sapeva.

Uno parla in quanto è consapevole di quello che dice, parla in quanto ha in sé la ragione di quello che dice.

Ma quando uno non ha la ragione in sé, chi glielo fa dire?

Gesù stesso Figlio di Dio, dice: "Le cose che Io vi dico, non sono Io che le dico ma è il Padre in Me che compie le sue opere".

Il Padre è in Lui e il Padre è una persona.

Allora nel Figlio c'è un altra persona, c'è la persona del Padre.

Questo ci fa capire che le persone, non sono isolate, una è dentro l'altra.

Il Padre è nel Figlio e il Padre e il Figlio sono nello Spirito Santo e lo Spirito Santo e il Figlio sono nel Padre.

"Il Padre è in Me e Io sono nel Padre".

Con le persone c'è questa relazione qui.

La coesistenza tra le persone è una insistenza.

Ma "insistenza" è un termine che deriva etimologicamente dallo "stare dentro".

Soltanto se stiamo dentro, noi siamo con.

Noi non siamo con lo Spirito, noi non siamo con Dio in quanto diciamo che Dio è vicino a noi.

No, Dio non è vicino a te.

O tu sei in Dio o altrimenti Dio non è con te.

Si presenta a noi questo problema: Dio è con noi e in noi e non è un problema di vicinanza, perché è Lui, con la sua presenza (il "Tu") che forma noi persone e formando noi persone, forma noi creature capaci di colloquiare con Dio, capaci di conoscere Dio.

Noi conosciamo Dio per mezzo del Verbo di Dio: "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me".

Qui noi siamo portatori di Dio, quindi portatori di un infinito, di un eterno, dell'Assoluto.

Proprio perché siamo portatori dell'eterno, dell'infinito e dell'Assoluto, noi vediamo il relativo: noi vediamo il tempo che passa, vediamo le cose che mutano e siamo insoddisfatti delle cose che mutano, appunto perché perché portiamo in noi ciò che non muta, portiamo l'eterno.

Noi portiamo questa capacità qui.

Questo esiste indipendentemente da noi.

Dio è il Creatore e Dio creandoci ci forma persone capaci di poter diventare abitazione di Dio.

Come si fa e che cosa è necessario allora noi ci chiediamo?

Perché che Dio sia con noi va bene ma noi possiamo non essere con Dio.

Abbiamo detto che di fronte alla scena della parabola del seminatore, io posso dare interpretazioni diverse, letture diverse, posso avere delle chiavi di lettura diverse  a seconda che io tenga presente Dio o che non tenga presente Dio.

Se tengo presente Dio, io riferisco le cose a Dio, quindi vado al di là della figura del seminatore e cerco Dio nel seminatore.

Ma se non ho presente Dio, io mi fermo al seminatore.

Le persone abitano una dentro l'altra e non una accanto all'altra.

Il primo problema che si presenta è come restare con Colui che è con me.

Gesù dice: "Io sono la Vite e voi i tralci" e ci presenta il rischio che il tralcio si separi dalla vite.

Il tralcio non si può separare dalla vite se qualcuno non lo taglia, noi possiamo però separarci dalla nostra Vite e la nostra Vite è Dio.

Allora come fare per non separarci?

Qui nasce il concetto di "reciprocità".

Nel campo dello spirito si abita, in quanto c'è questa reciprocità.

Riportandoci all'esempio della vite e del tralcio, il tralcio resta unito alla vite non soltanto perché riceve dalla vite ma perché dà alla vite.

Il tralcio riceve qualche cosa dalla vite ma dà alla vite qualche cosa, ecco la reciprocità.

Che cosa dà?

Il tralcio che è essenzialmente foglia è un immenso stabilimento che trasforma la luce in energia e l'energia che il tralcio riceve dalla luce, la comunica alla vite e se la vite assorbe dal terreno tutti quegli elementi che sono necessari per mantenere in vita i tralci e la vite stessa è grazie a questa energia che riceve dal tralcio, quindi abbiamo questo scambio reciproco.

La vite aiuta il tralcio a vivere e il tralcio aiuta la vite a vivere.

E il tralcio e la vite restano uniti in quanto c'è questa reciprocità.

Gesù dice: "Io sono la vite e voi i tralci, restate uniti a Me, perché senza di Me fate niente".

"Io/voi" persone.

Se ci porta questo esempio è perché è attraverso la reciprocità che si resta uniti e noi restiamo uniti a Colui che ci ha uniti a Sé, soltanto in quanto operiamo questa reciprocità.

Cioè, noi riceviamo il Pensiero di Dio ma, a nostra volta se vogliamo restare con Dio, dobbiamo dare (reciprocità) a Dio il nostro pensiero.

O  meglio dobbiamo dare a Dio, il Pensiero di Dio che riceviamo da Dio.

Soltanto attraverso questa reciprocità, noi siamo fatti partecipi e noi restiamo.

C'è il concetto di permanenza, di durata, altrimenti noi perdiamo.

Quindi noi restiamo uniti, in quanto operiamo questa reciprocità.

Dio dona a noi il suo Pensiero e noi dobbiamo donare a Dio quel pensiero che Dio ha posto in noi.

Per che cosa?

Si dice: "Per riceverlo nuovo da Dio".

Ma cosa vuole dire questo riceverlo nuovo da Dio?

Noi entriamo nel campo della conoscenza, non ricevendo da Dio.

Quello che riceviamo da Dio, anche il Pensiero stesso di Dio, noi non sappiamo che cosa sia.

Da Dio noi riceviamo tutto, è logico, Lui è il Creatore, anche il Pensiero stesso e la Presenza stessa di Dio noi la riceviamo da Dio.

Però noi non entriamo nel campo della conoscenza, se non vedendo le cose dal Principio.

E allora quello che riceviamo da Dio senza di noi, noi stessi dobbiamo riportarlo a Dio, per vederlo dal Principio, cioè per vederlo dal Padre.

Ma vedendolo dal Principio che cosa succede?

Vedendolo dal Principio, noi riceviamo l'essere del Padre, come lo riceve il Figlio, cioè noi riceviamo la presenza.

Qui la cosa è molto diversa, qui entriamo nel campo della presenza.

Noi riceviamo la presenza della persona, noi prima parlavamo del Pensiero di Dio in noi, non lo possiamo smentire, costituisce questa passione d'Assoluto che portiamo in noi, questo Assoluto che portiamo in noi.

Certo, non possiamo smentirlo perché ci è dato, come non possiamo smentire le cose che incontriamo giorno per giorno, che Dio ci fa incontrare giorno per giorno ma noi non sappiamo cosa sono.

Per sapere cosa sono, dobbiamo vederle dal Principio.

É dal Principio che noi capiamo che quell'Assoluto che portiamo in noi, quel Pensiero di Dio che portiamo in noi, è Dio Stesso, è l'essere di Dio, è la presenza di Dio, è Dio che abita in noi.

Noi arriviamo all'abitazione della persona Divina in noi, abitazione della persona, attraverso la conoscenza e passiamo attraverso la conoscenza, in quanto dedichiamo a Dio, quello che noi riceviamo da Dio: il Pensiero di Dio.

É qui che poi entriamo in questi concetti teologici (cui abbiamo accennato ieri) che sembrano astrusi ma che con parole difficili ci dicono questa realtà qui.

Le persone non sono poste una accanto all'altra come sono i corpi, le persone vivono e ci sono, in quanto sono una dentro l'altra, abitano una dentro l'altra e la manifestazione del mistero divino, ci porta a capire il rapporto che c'è tra le persone.

Siccome noi siamo persone, ci porta anche a capire il rapporto che c'è tra noi persone e le Persone Divine.

I teologi latini lo chiamano essere inseriti in un circolo, i teologi greci hanno un altro termine più difficile ma che rivela sempre questo inserimento circolare, cioè tra le persone, in quanto c'è questa presenza di una dentro l'altra, c'è la circolarità.

C'è la circolarità in Dio e c'è la circolarità tra le persone umane e Dio e c'è la circolarità tra persona e persona.

Questa circolarità è data da Dio che comunica Se Stesso, dalla creatura che riceve ciò che Dio le comunica e la offre al Padre, per riceverla nuova, per riceverla come presenza.

La presenza la si ottiene solo in quanto si entra nella conoscenza.

Attraverso la conoscenza si arriva alla presenza.

Ma alla conoscenza si arriva in quanto si offre a Dio, quello che riceviamo da Dio.

Lì si comincia anche a capire cosa vuole dire che Dio fa l'uomo a sua immagine e somiglianza.

Cioè quelle tre persone che costituiscono la natura divina, sono inconfondibili una con l'altra ma sono inseparabili una dall'altra, distinte una dall'altra.

Uguali una all'altra ma distinte una dall'altra.

Queste tre persone divine, caratterizzano ogni creatura umana nei rapporti con Dio e fanno capire come noi, creati ad immagine e somiglianza della natura divina, siamo chiamati ad essere partecipi e quindi ad entrare in questa circolarità: persone fatte una cosa sola, eppure distinte una dall'altra, incomunicabili una con l'altra.

Eppure trasparenti una con l'altra.

Perché presso Dio c'è perfetta trasparenza anche se le persone sono incomunicabili una con l'altra, perché il Padre non può sostituire il Figlio e il Figlio non può sostituire il Padre o lo Spirito Santo.

Quindi le persone sono caratterizzate da questo e noi siamo chiamati ad entrare, ad abitare con Dio in questo mistero.