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Ma uno di loro, di nome Caifa, essendo sommo sacerdote in quell'anno, disse loro: "Voi non capite nulla ".

Gv 11 Vs 49


Titolo: Capire.


Argomenti: La preoccupazione del fare. Fare la Volontà di Dio. La persona umana. Libertà e autonomia dell'uomo. Ciò che dà unità all'uomo è la presenza di Dio. Essere e sapere di essere. Consapevolezza e pensiero. La vite e i tralci. Dio solo è il vivente. Perdere il rapporto con il principio. I due poli della Bibbia: Invito a capire-Spirito Santo. Dio è il principio della nostra intelligenza.  La comunicazione di Dio. Segni/significati/Significante. Capire vuole dire aver presente il principio. L'Intenzione di Dio. Segno e mutamento. Cosa è la realtà? L'uomo sa e non sa chi è Dio. Capire come si fa la Volontà di Dio in cielo.


 

3/Luglio/1994 Casa di preghiera Fossano.


Anche qui dobbiamo chiederci il significato di questa affermazione fatta (ed è sottolineato) da uno che era sommo sacerdote quell'anno.

Caifa, farà anche una profezia, suo malgrado.

Quasi ad insegnarci che Dio parla in tutto.

Dio parla sia attraverso coloro che lo amano e sia attraverso coloro che lo odiano.

Lui opera tutto in tutti ed adopera tutti, per raggiungere il suo fine, il suo scopo.

Lui solo regna.

Lui è il Creatore di tutto.

Qui ci troviamo con uomini (capi dei sacerdoti, farisei) che si preoccupavano di fare: "Che facciamo noi?".

Si preoccupavano di fare qualche cosa, perché: "Costui seduce tutti".

"Fa molti segni, fa molti miracoli, seduce molti".

Quindi c'era questa preoccupazione di fare qualche cosa, per arginare quest'alluvione di divino che stava portando via gli uomini alla politica e alla religiosità del tempio.

Dobbiamo cercare di capire che cosa Dio ci vuole dire.

Perché a uomini che si preoccupano di fare qualche cosa, Dio manda a dire (attraverso il loro capo): "Voi non capite niente"?

Tutti gli uomini cercano di fare qualche cosa.

Direi che la preoccupazione principale nel mondo è quella di fare.

L'azione.

Anzi dicono che lo spirito si rivela proprio nel fare.

Un uomo che parli soltanto o che stia in silenzio, senza fare niente non dà una buona testimonianza.

La buona testimonianza sta nel fare.

Gesù stesso dice che: "Non chi dice Signore, Signore ma colui che fa (fare) la volontà del Padre, questi entra nel Regno di Dio".

Quindi non contano tanto le parole ma conta il "fare".

L'uomo sembra che si misuri da ciò che fa.

Più riesce ad operare e più quello è importante.

Ma è proprio così quando Gesù dice: "Non chi dice: Signore, Signore ma colui che fa la volontà del Padre"?

Noi domenica scorsa abbiamo visto cosa vuole dire "fare" la volontà nel cielo di Dio.

Perché soltanto conoscendo come si fa la Volontà di Dio nel suo cielo, si è fatti capaci di fare la Volontà di Dio in terra.

Ce lo fa anche pregare: "Sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra".

Fintanto che non capiamo (capire, non fare) come si fa la volontà del Padre nel suo cielo, noi ce lo sogniamo di fare la Volontà di Dio in terra.

Il che vuol dire che c'è questo, "fare" la Volontà di Dio in terra, che illude gli uomini.

Gesù fa dipendere questo fare in terra, dal capire come si fa la Volontà di Dio in cielo.

Abbiamo visto quindi questa relazione tra il capire, il conoscere come si fa la Volontà di Dio in cielo e il fare la Volontà di Dio in terra, altrimenti non si può fare la Volontà di Dio in terra, per quanto uno si agiti.

Abbiamo anche visto e capito (per grazia di Dio) il concetto di persona.

La persona non è un essere autonomo.

Dio solo è.

La persona umana è, in quanto è in relazione a-.

La persona umana, di per sé non è.

Ora che abbiamo capito questo, abbiamo la possibilità di renderci conto cosa significhi questo ammonimento: "Voi non capite niente".

Ammonimento detto a uomini autorevoli che si preoccupavano di fare qualche cosa.

Fare qualche cosa qui in terra.

Abbiamo detto che la maggior parte degli uomini si misurano col fare e fanno consistere la validità, il valore della loro vita da ciò che fanno.

Quello che avvenne allora, è quello che avviene adesso.

Il che vuol dire che questa parola: "Voi non capite niente", è una parola che si ripercuote, ancora oggi tra gli uomini che si preoccupano tanto di fare.

Questo bisogno di fare, come caratteristica del vivere (si vive in quanto di fa), è un errore che deriva dal fatto che l'uomo si ritiene autonomo.

É l'uomo autonomo che fa.

É l'uomo autonomo che sente il bisogno di fare.

Ma questo è effetto di autonomia dell'uomo.

É l'uomo che ritiene di essere autonomo e di essere libero.

Due errori fondamentali.

É un errore il fatto di ritenersi autonomi ed è un errore il fatto di ritenersi liberi.

L'uomo che si ritiene autonomo e libero, ha una sola preoccupazione: fare.

Col fare, l'uomo cerca di cambiare le cose e di ridurle a suo uso e consumo.

Tutto il fare dell'uomo sta poi in questo: operare sul mondo, sugli altri, sulla natura, sulle cose, per farle servire al proprio scopo.

Tutta l'industria del mondo, è tutta una trasformazione di dati, trasformazione che tende a fare degli oggetti che servano all'uomo.

Quindi il fare è sempre un cambiare una realtà con cui noi ci troviamo.

Ma questa è conseguenza dell'uomo che si ritiene a torto, di essere uno e di essere libero.

Per questo uomo qui, l'unico suo problema è quindi quello di fare qualche cosa.

E ha valore in quanto fa.

Ma questo è tutto conseguenza di due errori fondamentali: il ritenersi autonomi e il ritenersi liberi.

Abbiamo visto molte volte che l'uomo non è né autonomo, né libero.

Per questo è stato necessario riflettere sopra il concetto di persona.

Proprio il concetto di persona, ci fa capire che l'uomo non è un essere "uno", un essere autonomo e l'uomo non è un essere libero.

Perché "persona" è essere in relazione ad altro da sé.

"Persona" è essere in relazione a Dio, all'Assoluto.

Noi non ci rendiamo conto di quello che dà unità alla nostra esistenza.

A cinque, a venti, a quaranta o ottant'anni, l'uomo è sempre quello.

L'uomo cambia fisicamente come corpo, però c'è una unità fondamentale: è sempre quello.

Noi dobbiamo chiederci cosa è che dà questa unità all'uomo.

Ogni tanti anni, l'uomo si rinnova completamente, anche fisicamente, anche strutturalmente, cambia tutto nell'uomo.

Come è possibile che pur attraverso tutto questo cambiamento, ci sia questa unità di persona?

Per cui l'uomo sa di essere sempre lui.

Prima e dopo.

Opera in tutto, però è sempre lui.

Cosa è che dà questa unità?

Noi diciamo l'io.

Va bene ma cosa è questo io?

Si fa presto a dire delle parole, noi parole ne diciamo tante.

Ma noi dobbiamo avere delle parole che ci facciano capire qualche cosa.

Non abbiamo bisogno di riempirci soltanto di parole che non ci illuminano.

Noi abbiamo bisogno di renderci conto, di capire.

Se c'è questo io che mantiene questa unità della persona attraverso tutti i suoi cambiamenti, dobbiamo chiederci da che cosa è determinato.

Questa unità della persona umana, è determinata dalla presenza di Colui che è uno.

Ciò che forma la persona umana è il rapporto, la relazione con questa presenza dell'Assoluto, di Dio.

É la presenza di Dio che ci fa uno.

Ci fa uno, indipendentemente da noi.

Dio ci fa persona, indipendentemente da noi.

Noi siamo e viviamo, indipendentemente da noi.

Non sappiamo, il sapere è tutta un altra cosa.

Il capire, è tutta un altra cosa.

Il capire cosa noi siamo, il capire cosa significhi essere persona, cosa significhi avere un io, questa è tutta un altra cosa.

Però noi siamo per opera di Dio Creatore, indipendentemente da noi.

Per cui c'è differenza tra quello che noi siamo e quello che sappiamo di essere.

Quello che sappiamo di essere è sempre in relazione a ciò per cui viviamo.

A seconda di ciò per cui viviamo, noi siamo consapevoli.

Se uno vuole andare a Torino, è consapevole di volere andare a Torino.

Questo l'ha presente, perché l'ha presente come pensiero, se non l'ha presente come pensiero, lui a Torino non ci va assolutamente.

Quello che ci rende consapevoli, è quello che noi attualmente abbiamo presente nel pensiero.

Ma ciò che ci fa essere, ciò che ci fa vivere, ciò che ci fa persona, questo non dipende dal nostro pensiero, questo dipende da Dio.

Non è con il nostro pensiero che noi ci creiamo, non è con il nostro pensiero che noi ci facciamo essere o persona.

C'è questa grande distinzione.

Però il problema vero dell'uomo è quello di unire i due termini.

L'uomo deve capire ciò che egli è.

Qui sta la grande importanza del capire.

L'uomo come persona è fatto in relazione a Dio.

Siccome Dio è immutabile, l'uomo ha questa consapevolezza di immutabilità in tutto il suo vivere, per cui lui è uno.

Ma è uno perché ha presente Dio.

L'uomo non è uno di per sé.

Se l'uomo si stacca da Dio e l'uomo può staccarsi da Dio, l'uomo diventa un burattino in balia di tutto e di tutti.

Non sa nemmeno più lui chi sia.

Sentiamo a volte delle persone che confessano di non sapere chi sono.

Ci sono persone che in agonia dicono: "Ma chi sono io?".

Perché il sapere e il capire, deriva tutto da Dio.

Noi siamo fatti da Dio indipendentemente da noi ma, non possiamo capire quello che siamo, se non da Dio.

Perché soltanto da Dio, noi capiamo che noi siamo fatti dalla presenza di Dio.

Se noi siamo fatti dalla presenza di Dio (questo ci costituisce), evidentemente il parlare di autonomia nostra è un errore.

Autonomo è un essere che vive di per sé.

Dice: "Io ci sono".

"Io penso e quindi sono".

L'uomo che ritiene di esistere di per sé, che ritiene di essere una unità vivente di per sé, di essere persona di per sé, questo è un uomo che si ritiene autonomo.

Ma questo è un errore fondamentale per l'uomo, perché in realtà non c'è questa autonomia.

In realtà c'è relazione con Dio.

Noi dobbiamo ascoltare sempre la parola di Gesù, perché siamo su un terreno molto delicato.

Il terreno del pensiero, della verità.

Per cui abbiamo questo Maestro (per grazia di Dio) dal quale non dobbiamo mai scostarci.

Altrimenti precipitiamo negli abissi della confusione.

C'è questa confusione che ci minaccia.

C'è questo rischio di sentirsi dire a un certo momento: "Tu non capisci niente".

Non è che ce lo dicano le creature, a un certo momento ce lo dice Dio, attraverso tutte le sue opere.

C'è questo rischio che grava sull'uomo: "Tu non capisci niente".

D'altronde basta che noi incontriamo un cinese o un arabo e sentendoli parlare, noi ci rendiamo conto che noi non capiamo proprio niente.

C'è questo rischio di trovarsi con un Dio che, a un certo momento è un cinese o un arabo e ci parla in cinese o in arabo e noi non capiamo proprio niente.

Quando non si capisce niente, uno si accorge di essere tagliato fuori.

Gesù dice: "Io sono la vite e voi i tralci" e tutto quello che Lui ci comunica, ce lo comunica per renderci consapevoli di quello che noi siamo.

Quando Gesù dice: "Io sono la vite e voi i tralci", evidentemente non ci dice che noi siamo autonomi da Lui.

Il tralcio non è autonomo dalla vite.

Infatti Lui dice che se il tralcio si stacca dalla vite secca e viene messo a bruciare.

É una esperienza che fanno tutti.

Che facciamo tutti.

Perché per poco che noi ci stacchiamo dalla vite, noi ci rendiamo conto che incominciamo a seccare.

Secchiamo noi ma secchiamo anche gli altri.

Ci accorgiamo che a un certo punto, tutto contribuisce a distruggerci.

Tutto ha una funzione, anche la nostra distruzione e allora incominciamo a capire la grande importanza del restare uniti alla vite, del non separarci dalla vite.

Perché solo se stiamo uniti alla vite, il sole ci dà vita, l'acqua ci dà vita, la terra ci dà vita, tutto dà vita, alla creatura che è unita alla vite, al tralcio che è unito alla vite, quindi alla creatura che è unita a Dio.

Ma se la creatura non è unita a Dio, il sole la fa seccare, l'acqua la fa marcire, tutto contribuisce a distruggerla, a seppellirla.

Certo, perché si è disunita da Dio.

Ci fa capire che questo rapporto con Dio (vite), è essenziale per la nostra vita.

Non soltanto è essenziale per la nostra vita ma è essenziale anche per la nostra intelligenza.

É essenziale per capire.

Se viene a mancare questo rapporto: "Io sono la vite e voi i tralci", in noi viene a mancare il principio.

Il principio sta nell'unione.

La vita è comunione.

Dio solo è il vivente di per Sé.

Noi viviamo in quanto siamo in comunione con Dio (tralcio-vite).

Se viene meno questo rapporto, questa relazione, certamente in noi succede questo crollo, questo non capire più.

Viene meno l'intelligenza, non capiamo più.

Perché viene a mancare il principio.

Cosa vuole dire capire?

Capire vuole dire avere in noi stessi la ragione di una cosa.

Cosa vuole dire avere la ragione di una cosa?

Vuol dire conoscere il principio e il fine della cosa stessa.

Il principio ci è detto.

Il principio è Dio.

Dio è il Creatore di tutte le cose.

Tutte le cose, Lui le fa nel suo pensiero.

E quindi noi dobbiamo sapere che tutte le cose stanno su, in quanto hanno questo pensiero.

Noi non possiamo considerare l'albero il cane o il gatto in modo autonomo.

Non possiamo considerare gli uomini in modo autonomo.

Non c'è questa autonomia.

Questo è un errore fondamentale.

Tutte le creature esistono e sono, in quanto in qualche modo, partecipano del Pensiero di Dio.

C'è il Pensiero di Dio.

Le creature non esistono di per sé.

E considerandole di per sé, noi le separiamo da Dio.

Facciamo un errore grossolano.

L'errore che una persona fa, non si riflette mai su Dio, sulla verità.

La verità è trascendente quindi è intangibile.

Nessuno la può infirmare.

Non c'è uomo al mondo, per quanto grande o sapiente sia, che possa infirmare la verità.

Ogni errore che l'uomo può fare, ricade sempre sull'uomo ma non tocca la verità.

La verità resta verità e l'uomo decade.

Quindi l'errore si ripercuote sull'uomo e lo rende stolto.

L'uomo stolto non capisce più niente.

Incomincia a vaneggiare.

Perché ha perso il rapporto con il principio.

Tutte  le lezioni della Bibbia, hanno due limiti ben chiari e ben fermi.

Il primo è : "Cercate di capire, siate intelligenti".

Quante volte Gesù stesso dice: "Ancora non capite?", "Anche voi siete senza intelligenza?".

Isaia già, centinaia di anni prima di Gesù: "Il bue conosce la sua stalla, l'asino conosce la greppia del suo signore e il mio popolo non mi conosce, non capisce".

Addirittura arriva a dire: "Io non so più dove colpirvi, siete tutti una piaga, dai capelli fino ai piedi, non so più dove colpirvi per farvi rinsavire".

Ci fa capire che se Dio ci ferisce, se Dio ci colpisce, se Dio ci manda delle disgrazie, lo fa per farci rinsavire.

"Siete tutti una piaga, eppure ancora non capite".

Ecco questo operare di Dio che cerca di farci capire.

A un certo momento dopo avere detto tutte le parabole il Signore dice: "Avete capito tutto questo?".

Gli apostoli (illusi) dicono di avere capito.

É una beata illusione, perché l'uomo si illude sempre.

Però c'è questa insistenza da parte di Dio.

Questo invito a capire, a non essere stolti.

Quindi rinunciare a capire è una colpa.

Il non essere intelligenti è una colpa, non è una scusante.

Quante volte noi crediamo di scusarci dicendo di non essere sufficientemente intelligenti per approfondire ed impegnarsi nella Parola di Dio.

Questa è una colpa!

L'uomo ha il dovere di essere intelligente.

Come è un dovere rispettare la giustizia, la volontà e la presenza di Dio in tutto, come Creatore.

C'è tutta l'opera della scrittura di Dio che parte da questo limite: invito a capire, invito a essere intelligenti e conclude al limite opposto con: "Lo Spirito di Verità vi condurrà a capire tutto".

Ecco i due poli, attraverso i quali si svolge tutta la nostra vita.

Primo l'invito a capire.

Secondo, termine estremo a cui siamo chiamati lo Spirito Santo che: "Vi farà capire la verità in tutto".

"In quel giorno capirete che Io sono nel Padre", capirete!

Non dice che in quel giorno crederemo che Lui è nel Padre, "Capirete"!

Chi è che si preoccupa al giorno d'oggi di capire come il Figlio è uno nel Padre e il Padre è uno nel Figlio e come noi siamo nel Figlio?

Evidentemente siamo lontanissimi da quel giorno.

Perché Lui dice: "In quel giorno capirete".

Ecco tutta l'opera di Dio che si svolge al'interno di questi due limiti estremi.

Tutta la creazione, tutta l'opera di Dio nella nostra vita, ci sollecita ad alzare gli occhi al cielo per capire.

La creazione di Dio, l'opera di Dio ci invita ad alzare gli occhi al cielo per capire dal principio.

Dio essendo il principio dell'esistenza, essendo principio della vita, è principio anche della nostra intelligenza.

Come noi ci separiamo da Dio, non soltanto decadiamo come esistenza, come essere, decadiamo come vita ma, decadiamo anche come intelligenza.

Diventiamo stolti.

C'è questa stoltezza.

C'è questo rischio di non capire più niente.

Se ci manca il principio non capiamo niente.

Ma in qualunque scienza, quando mancano i fondamenti in chi ascolta, chi comunica quella scienza non comunica assolutamente niente.

Quindi noi abbiamo bisogno di ritornare sempre a queste radici.

"In principio era il verbo e il verbo era presso Dio e il verbo era Dio.".

Abbiamo bisogno di riportare tutto a questo principio, collegare tutto a questo principio.

Guai a perdere il rapporto con questo principio, perché in tal caso diventiamo scemi, diventiamo stolti.

Allora c'è questa opera di Dio che comunica.

Anche lì, noi usiamo delle parole: Dio comunica.

Ma non ci rendiamo minimamente conto di cosa voglia dire comunicare.

Se noi fossimo degli esseri isolati, autonomi, noi non potremmo assolutamente ricevere comunicazione.

Noi riceviamo comunicazione perché c'è un rapporto.

Perché c'è un termine comune tra noi e l'altro.

Dove non c'è questo termine comune, nel vuoto, non si comunica assolutamente niente, non si comunicano nemmeno i rumori.

Il rumore si può solo comunicare là, dove c'è un mezzo comune, pensate un po' le parole.

Là dove si crea il vuoto, il rumore non si comunica più.

Quindi affinché avvenga la comunicazione, è necessario che vi sia un termine comune tra il comunicante e colui che riceve la comunicazione.

Il termine comune è dato proprio dal concetto di persona.

La persona è data dalla presenza del "Tu" di Dio.

Quindi, "Tu" di Dio in noi, "Tu" di Dio in Dio, qui abbiamo il termine comune.

Ma capiamo anche che ogni comunicazione avviene attraverso il Pensiero di Dio, il Verbo di Dio.

Verbo di Dio presente in noi e presente in Dio.

É solo lì che avviene la comunicazione.

Tolto il Pensiero di Dio da noi, restano le parole, restano i rumori ma non c'è comunicazione.

Dio comunica con noi, perché attraverso la comunicazione ci mantiene uniti a Lui.

Cioè mantiene unito il tralcio alla vite.

É soltanto Dio che parlando con noi, comunicando con noi, facendo dei segni a noi, ci mantiene uniti a Sé.

Ci mantiene uniti a Sé, se noi cerchiamo il significato dei segni che Dio ci fa arrivare.

Allora abbiamo nell'opera di Dio questi tre grandi termini: i segni, i significati e il Significante.

Il Significante è Colui che significa Se Stesso.

Dio è il soggetto e l'uomo è il soggetto che riceve.

Dio fa arrivare a noi i suoi segni.

Tutta la creazione sono segni, tutte le parole sono segni.

Ma noi ci rendiamo perfettamente conto che i segni vanno intelletti.

I segni vanno capiti.

E vanno capiti secondo il pensiero di Colui che ci comunica questi segni.

Non possiamo lavorare noi di fantasia: provate a lavorare di fantasia su di una lingua straniera e vedete dove andate a finire.

Quindi noi abbiamo bisogno di capire i segni ma di capirli secondo l'intenzione di Colui che ce li manda.

Dobbiamo capirli cioè secondo l'Intenzione di Dio.

Solo lì la comunicazione avviene.

I segni non intelletti, non capiti, ci portano lontano da Dio, anzi ci distruggono.

Il sole stesso, l'acqua, la terra distruggono il tralcio che è staccato dalla vite.

Noi quindi ci manteniamo uniti a Dio in quanto cerchiamo di capire.

E qui ritorna l'importanza del capire.

Capire vuole dire avere presente il principio di una cosa.

Quando si ha presente il principio, si ha presente anche il fine, perché nel principio c'è l'intenzione ed è l'intenzione che mi fa capire il fine.

Noi ci manteniamo uniti a Dio, in comunione con Dio, in quanto cerchiamo di capire, tutti i segni che Dio ci fa arrivare, nel principio.

Cioè nell'intenzione e nel Pensiero di Dio.

Questa è comunicazione.

É Dio che, dopo averci creati, ci mantiene uniti a Sé.

Però si richiede da parte nostra, questa dedizione per cercare di capire.

Soltanto l'uomo che è intelligente è fatto partecipe.

Però quello che arriva all'uomo è segno, perché l'uomo non vede Dio.

Dio non si vede.

Noi vediamo i segni di Dio.

Io vedo le creature di Dio.

Tutti noi vediamo le creature, le cose, le opere che Dio fa ma, non vediamo Lui.

Noi diciamo che Dio è invisibile.

Certo, perché Lui è trascendente.

Le creature sono relative a noi, i segni dono relativi a noi.

Lui non è relativo a noi.

Noi non vediamo Dio perché Lui è indipendente.

Vedere vuole dire essere in relazione con-.

Noi non siamo in relazione con Dio.

O meglio, Dio non è in relazione con noi.

Dio non esiste in quanto è in relazione con noi.

Le creature esistono in quanto sono in relazione con noi.

Dio no.

Dio esiste di per Sé.

Se esiste di per Sé, noi non lo vediamo.

I segni di Dio e le creature di Dio non sono Dio.

Nessuna creatura è Dio.

Tutte sono segni di Dio ma non sono Dio.

Però Lui, attraverso i segni di Sé, Lui ci invita ad alzare gli occhi al cielo, quindi a Lui, per ricevere da Lui il Pensiero di Dio, l'Intenzione di Dio.

Ed è quello che ci mantiene uniti a Dio.

L'intenzione, il Pensiero di Dio, viene solo da Dio, non viene dalle creature.

L'Intenzione di Dio non viene dai segni.

L'Intenzione di Dio viene solo da Dio e se noi non alziamo gli occhi dalle creature al Creatore, noi non riceveremo mai il suo Spirito.

Non riceveremo mai il suo pensiero, mai la sua intenzione, quindi non avremo la possibilità di restare in comunione con Dio.

Dio ci fa dunque arrivare i suoi segni e noi ci accorgiamo che le creature non sono Dio.

Ci accorgiamo che i segni non sono Dio e che le parole non sono pensiero.

C'è una differenza tra parola e pensiero.

Io non posso da una parola che non conosco, con la mia fantasia, tirare fuori un pensiero.

M'accorgo che sono io che lavoro di fantasia ma, la realtà non è quella.

Il pensiero non si identifica mai con la parola.

Dio non si identifica con la creatura, nessuna creatura può essere Dio.

Però c'è un fatto caratteristico, io dico che nessuna creatura può essere Dio e noi ci accorgiamo che tutte le creature sono segni del Creatore, sono segni di Dio ma non sono Dio.

Noi di questo ce ne accorgiamo e da che cosa ce ne accorgiamo?

Come facciamo noi ad accorgerci che una creatura è un segno di Dio ma non è Dio?

Da che cosa ce ne accorgiamo?

Come facciamo noi ad accorgerci che una cosa è un segno della realtà ma non è la realtà?

Ce ne accorgiamo dal fatto che il segno è soggetto a mutamento.

Là dove c'è mutamento c'è movimento e l'uomo va a cercare la ragione per cui la cosa è mutata.

Perché il mutamento è subire un cambiamento.

Una cosa che prima c'era e che dopo non c'è più, ha subito l'azione di qualche cosa.

Se ha subito, noi ci accorgiamo che è relativa, che è dipendente e che non esiste di per sé.

L'essere Assoluto non cambia, è immutabile, perché non subisce cambiamenti.

L'essere Assoluto non subisce l'opera di un altro.

Là, dove c'è l'opera di un altro, noi abbiamo il segno, non abbiamo l'opera, non abbiamo l'essere.

Noi ci accorgiamo del fatto che i segni mutano, le parole passano e da questo noi ne deduciamo che quello è un segno, non è la realtà.

E cosa è la realtà?

E come facciamo noi ad arrivare alla realtà?

Noi dobbiamo arrivare alla realtà.

Noi dobbiamo andare al di là del segno.

Però noi di fronte al segno, noi diciamo che quello non è Dio.

Ho detto spesso che se uno mi presentasse una pietra e mi dicesse che quella è Dio, io risponderei che non è vero.

Tutti quanti noi, diremmo di fronte alla pietra che quella pietra non può essere Dio.

Perché la pietra non può essere Dio?
Gli antichi hanno adorato il sole, le stelle, la natura, eppure a fondo, a fondo uno si accorge che tutte le cose che mutano non possono essere Dio.

L'albero non può essere Dio.

L'uomo non può essere Dio.

E così anche tutte le creature, il sole, le stelle, l'universo non possono essere Dio.

Le leggi stesse dell'universo non possono essere Dio.

La materia non può essere Dio.

Poiché tutto questo è soggetto a mutamento.

Addirittura abbiamo la materia che, in un milionesimo di secondo sparisce, muta: non può essere Dio.

Quindi la creazione non può venire dalla materia, da ciò che non è Assoluto.

Ci accorgiamo da questo, che tutto è segno.

Ma se noi, di fronte a ciò che non è Dio, possiamo dire: "Questo non è Dio", è perché noi sappiamo chi è Dio.

Se noi non sapessimo chi è Dio, noi non potremmo dire: "Questo non è Dio".

Nel modo più assoluto.

Nessuno può discutere questo fatto.

La verità si impone.

Non c'è niente da fare.

Se un uomo mi sa dire chi o cosa non è Dio, vuole dire che sa chi è Dio.

Notate bene che sa chi è Dio.

Sa chi è Dio e non è consapevole di chi è Dio.

Tempo fa ho detto che noi siamo e non siamo.

Adesso devo dire anche che noi sappiamo e non sappiamo.

Noi ci troviamo in questa situazione: noi sappiamo chi è Dio, perché altrimenti non potremmo dire chi non è Dio.

Se io non sapessi chi è Dio, di fronte a uno che mi presentasse una pietra e mi dicesse che quella è Dio, io direi: "Va bene, la pietra è Dio".

Lo stesso con un albero o con un uomo, perché io non so chi è Dio.

Ma se ho la possibilità di dire che la pietra, l'albero e l'uomo non sono e non possono essere Dio, vuol dire che so chi è Dio.

Però non sono consapevole.

Io ho bisogno di qualcuno che mi dica: "Guarda che se tu dici che la pietra non è Dio, vuole dire che tu sai chi è Dio".

L'altro incomincia a riflettere: "Hai ragione se io dico che questo non è Dio, è perché io so chi è Dio".

Ma se l'uomo viene richiamato al fatto che lui sa chi è Dio, adesso riflette....

Cosa vuole dire riflettere?

Vuole dire prendere contatto con Dio.

Se l'uomo riflette, capisce a quel punto chi è Dio.

Ma questo sapere, questa consapevolezza di Dio, l'aveva già.

Dio è Colui che nessuno può ignorare ma la consapevolezza, quindi la conoscenza di Dio, viene solo da Dio.

Riflettendo, da Dio, l'uomo prende consapevolezza e dice: "É vero, se io non sapessi chi è Dio...Io dico che tutti i segni non sono Dio, perché so che Dio è l'eterno, è l'immutabile, il trascendente, l'Assoluto".

Fintanto che io mi trovo con delle cose che non sono eterne, che non sono infinite, che non sono assolute, che non sono immutabili, io dirò sempre: "Questo non è Dio".

Ecco, l'uomo ha incominciato a capire.

Questo ci fa capire che soltanto nel cielo e dal cielo, l'uomo matura in conoscenza.

É soltanto capendo le cose da Dio, che l'uomo capisce e si rende conto di quello che sta vivendo qui in terra, di quello che avviene qui in terra.

Lì si capisce come tutto viene dal capire le cose come sono in cielo.

Soltanto capendo come si fa la Volontà di Dio in cielo la si può fare in terra.

É questo capire che determina tutto.

Capendo come si fa la Volontà di Dio in cielo, si vede sulla terra il Regno di Dio, cioè si vede che tutto sulla terra è Volontà di Dio.



Allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: «Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni.Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione». Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno, disse loro: «Voi non capite nulla”. Gv 11 Vs 47 - 49


- RIASSUNTI Domenico -


Argomenti:  La volontà di Dio in cielo – L’autonomia da Dio – L’intelligenza e cause -  La schiavitù del mondo – Le apparenze – L’errore ricade su chi lo dice – Perdere la presenza di Dio – Il giudizio della Verità – La sofferenza dell’anima – Capire con Cristo – L’abbandono di Dio dell’uomo e di Cristo -


 

10/Luglio/1994 Casa di preghiera Fossano.