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"Dove l'avete posto?". Gli dissero: "Signore, vieni a vedere!" Gv 11 Vs 34


Titolo: Sotto il tetto dell'uomo.


Argomenti: Perdere la presenza di Dio.   Il vero peccato è trascurare Dio.     Come Cristo prende su di Sé la situazione disperata della creatura. Pensiero-Realtà. Cosa vuol dire "incarnato"? Assenza-Presenza. La realtà è Dio.


 

5/dicembre/1993 Casa di preghiera Fossano


Esposizione di Luigi Bracco:

Siamo giunti al versetto 34 in cui “Gesù chiede: «Dove l'avete posto?». Gli rispondono: «Signore, vieni e vedi»”.

Gesù si era turbato, l'abbiamo visto domenica scorsa.  E abbiamo visto che Il motivo di questo turbamento non era perché vide Maria piangere e anche i Giudei, venuti con lei, piangere. Non poteva turbarsi di questo pianto perché sapeva che dopo pochi minuti avrebbe risuscitato Lazzaro...; non si piange per uno che si sa che tra pochi minuti risusciterà e rivivrà.

Il turbamento di Gesù era motivato da ben altro molto più grave.  Infatti di fronte alle parole di Maria, “colei che ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” (Lc 10,42), di fronte alle parole di Maria che aveva ripetuto le parole di Marte: "Signore, se Tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto", Gesù non aveva più risposto come a Marta: “Io sono la risurrezione e la vita: chi crede in me quand'anche fosse morto risusciterà e chi vive e crede in Me non morirà in eterno... avrà la vita eterna”. Gesù no, non ripete più queste parole, perché Maria era su tutt'altro livello rispetto a Marta, ma si turba.

Maria era caratterizzata dalla contemplazione, e la contemplazione vuol dire superare tutte le cause seconde, per cercare sempre in tutto la giustificazione delle cose presso Dio e da Dio, e Maria Infatti aveva dimostrato ciò quando stava seduta ai piedi di Gesù per ascoltarLo. Però di fronte alla morte del fratello succede un capovolgimento in Maria, ed è questo che crea il turbamento in Gesù: colei che contemplava tutte le cose in Dio e da Dio, che voleva vedere tutte le cose da Dio, di fronte alla morte del fratello cede al sentimento e rivela che la sua vita principale stava lì, nel fratello; infatti di fronte alla morte del fratello Maria non ha cercato più il significato presso Dio di quell'avvenimento.

Quell'avvenimento era opera di Dio, era Dio che aveva fatto morire suo fratello, e di fronte alle opere dì Dio bisogna sempre cercare il significato presso Dio, perché bisogna sempre mantenere tutte le cose unite al Principio, per capire che cosa Dio ci vuole dire di Sé.  Infatti In tutti gli avvenimenti Dio ci comunica qualche cosa di Sé. Questo è veramente importante: quello che Dio ci comunica di Sé, perché l'unica cosa necessaria per l'uomo è conoscere Dio. "La vita dell'uomo è nascosta In Dio" (Col 3,3). E l'uomo deve trovare questa sua vita nascosta in Dio, cioè nascosta nella conoscenza di Dio: “La vita eterna è conoscere Dio” (Gv 17,3).

L'uomo è stato creato per la conoscenza, per la vita eterna, per cui non conoscere Dio vuol dire sprofondare nella morte, perché è evidente: se la vita sta nel conoscere Dio, non conoscere Dio o non impegnarsi a conoscere Dio vuol dire sprofondarsi nella morte.  Sprofondarsi nella morte vuol dire esperimentare la morte. Ora se c'è una cosa di cui gli uomini fanno esperienza è proprio la morte.

Ma gli uomini fanno esperienza non soltanto della morte delle creature. Quello che è terribile è che gli uomini fanno esperienza della morte di Dio! Far esperienza di morte vuol dire perdere la presenza, e ad un certo momento l'uomo perde la presenza di Dio.

Abbiamo detto che la presenza di Dio è una conseguenza della conoscenza di Dio. Qui abbiamo un capovolgimento:

-                            le creature prima le troviamo presenti e poi a poco per volta le conosciamo;

-                            nel regno della Verità no! la presenza di Dio, quindi la presenza della Verità, il trovare la Verità è conseguenza della conoscenza. Il che vuol dire che se non si mette la conoscenza di Dio prima di tutto, al di sopra di tutto, come ci dice Gesù: “Cercate prima di tutto Il Regno di Dio...” (Mt 6,33), se non si mette questo, si perde la presenza di Dio, e, dico, diventa una cosa terribile, ed è questo il motivo del turbamento di Gesù.

E' una cosa terribile perché nell'uomo rimane Il pensiero di Dio, ma non c'è più la presenza di Dio. Ora, restare con il pensiero di     Uno e non avere la presenza di quell'Uno è morte, è rendersi inaccessibile la Verità di Dio: "Dove Io sono voi non potete venire!" (Gv 7,34).

Gesù contemplava questo: ad un certo momento c'è questa situazione per colui che perde il contatto con il Principio, perché ad un certo momento preferisce la creatura, e, notiamo che preferire la creatura al Creatore è il vero peccato. Noi abbiamo fatto del peccato una casistica, ma l'anima vera del peccato è questa: trascurare Dio e preferire la creatura, cioè vivere per la creatura.

Ora l'anima che ad un certo momento trascura il Principio, trascura Dio e vive per la creatura, non soltanto si condanna a fare esperienza della morte della creatura (perché la creatura è caratterizzata da questo: muta, passa; e chi vive per la creatura subisce le conseguenze di questo mutare della creatura, di questo passare della creatura e questo è morte), ma si condanna anche a fare esperienza dell'assenza di Dio, dell'abbandono di Dio.

Gesù fu turbato da questo fatto: Lui è venuto per salvare, tutti e quindi per riportare tutti al Padre, ma ad un certo momento conosce che Dio diventa inaccessibile alla creatura.

Il Signore ha detto: “Dove Io sono voi non potete ventre” e l'uomo che vive per la creatura non può nel modo più assoluto fare il passaggio là dove c'è l'Essere, cioè dove ogni cosa ha come Principio l'Essere. E siccome Gesù è venuto per salvare anche coloro per i quali ad un certo momento Dio muore, è assente, diventa inaccessibile, è qui che Lui scopre dal Padre ("il Padre dimostra ogni cosa al Figlio” {Gv 15,20}) che l'unica via di salvezza è di prendere su di Sé la situazione del l'uomo che esperimento l'abbandono di Dio.

Ora per Gesù, che anche come uomo è tutto improntato dal Padre, il contemplare che ad un certo momento Lui come uomo, come natura umana doveva passare attraverso questa esperienza dell'abbandono del Padre: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, questo è motivo di turbamento. Questo è il turbamento! E' Il turbamento di un essere che è tutto improntato da un Padre che ad un certo momento scopre che deve essere abbandonato dal Padre, perché è l'unico modo per salvare le creature che esperimentano l'abbandono del Padre. Vede dal Padre che l'unico modo per salvarle è questo suo prendere su di Sé la situazione della creatura.

Ora è per questo, dico, che Gesù, turbato, adesso chiede: “Dove lo avete posto?”. “Lo avete posto”? Chi?  Lazzaro, il fratello morto (che era tutta la vita per le due sorelle).  Chiede: "dove?".

Dico, Gesù non dice più: “Io sono la risurrezione e la vita”. Non propone più Sé stesso! Maria si trovava nell'impossibilità di capire questo linguaggio di Gesù, per cui, direi, è in una situazione peggiore dì quella di Marta.

Gesù chiedendo “dove?”, già si apre a prendere su di Sé la situazione dell'uomo: “Dove lo avete posto?”. Lo avevano posto sotto una pietra! Sempre così, perché l'uomo seppellisce i suoi morti sotto una pietra. Anche Gesù finirà sotto una pietra, per cui (lo vedremo la prossima volta) Gesù piange: vedeva la relazione con il suo seppellimento. L'uomo quando preferisce la creatura al Creatore finisce sempre così.

Abbandonando il Principio si finisce in un luogo.

Noi abbiamo detto che tutti gli esistenti e a molta maggior ragione l'Essere Assoluto, sono costituiti:

-                            da una singolarità che li caratterizza e li rende inconfondibili;

-                            da un luogo in cui si possono trovare,

-                            e da una voce.

Come si abbandona la Singolarità di Dio, il Principio, l'Essere Assoluto, si decade nel luogo.  E qui abbiamo Gesù che chiede: “Dove lo avete posto?”.

Come si abbandona Dio, immediatamente si decade e ci si nasconde in un luogo. Noi abbiamo la grande lezione già nel Paradiso terrestre: ad un certo momento Dio chiede, Interroga “Adamo, dove sei?” (Gen 3,9) Dove? quindi “luogo”.

Adamo, dopo aver trascurato Dio e aver preferito la creatura, Eva, ad un certo momento sente il bisogno di nascondersi in un luogo. E Adamo dove si è nascosto? Adamo si è nascosto nel paradiso terrestre. E cos’era questo Paradiso terrestre? Il Paradiso terrestre era l'opera di Dio: opera attraverso cui Dio significava Se stesso ad Adamo. Adamo si nasconde nella creazione: è l'uomo che come trascura Dio si immerge, si nasconde nella creazione.

Già qui abbiamo Dio che va a cercare Adamo dove si è nascosto: “Adamo, dove sei?”…E qui abbiamo Gesù che chiede: “Dove lo avete posto?”. La pietra rappresenta la creazione, rappresenta le ragioni umane, le nostre ragioni, i motivi sotto cui noi seppelliamo lo spirito, seppelliamo Dio. Noi trascuriamo Dio perché abbiamo sempre le nostre ragioni: e lì seppelliamo i nostri morti. Sigilliamo con la pietra, con la materia, lo spirito.

Ho detto che Gesù chiedendo "dove...  ?", rivelava un interesse: interesse per la creatura.

Non afferma più: “Io sono la risurrezione e la vita”, ma entra nel mondo della creatura, prende su di Sé la situazione della creatura. Prende su di sé la situazione di Maria che ormai si trovava dove le era inaccessibile la presenza di Dio, tant'è vero che Maria quando viene incontro a Gesù Gli dice: "Se Tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto!" Se.  Tu fossi stato qui? Ma allora, dico, per Maria quello che soprattutto contava era il fratello! e Gesù era a servizio del fratello! “Se Tu fossi stato qui, mio fratello...”: questo rivela che per Maria il fratello era la vita essenziale e Gesù era a servizio di questa vita: “se Tu fossi stato qui!”. È per questo che questa morte diventa disperata! Dico, rivela che ad un certo momento l'anima dell'uomo viene a trovarsi in una situazione di inaccessibilità a Dio, di esperienza di assenza di Dio.  L'abbiamo chiamata questa situazione "notte dello spirito", notte spirituale.

Nella notte spirituale si entra in questi termini: quando ad un certo momento uno ha il pensiero di Dio, pensa Dio, ma non trova Dio. C'è Il pensiero di Dio, ma non c'è la Realtà Dio.

Cosa deve succedere nell'uomo perché venga a trovarsi In questa situazione?

Quante volte si dice: "chi pensa Dio forma una cosa sola con Dio... Chi pensa Dio ha la presenza di Dio"  (cf 1 Cor 6,17). Pensate Dio e poi vi accorgete del dubbio che subentra. Sì, io penso Dio, ma Dio dov'è? E soprattutto perché questa Presenza, questa Realtà non la vediamo? Dio è una Realtà. Dio non è un pensiero. Dio è la Realtà! Ma questa Realtà chi ce la dà? Come possiamo trovarLa?

Ora, non siamo salvati dal pensiero! Il nostro pensiero non fa niente e non può fare niente.  Noi siamo salvati dalla Realtà di Dio! Noi siamo dominati dalla Realtà e salvati dalla Realtà. E soltanto trovando la Realtà di Dio, questa ci salva! La Realtà di Dio!  Ma la Realtà di Dio basta pensarla?

E, dico: chi ci libera da questo pensiero senza Realtà? perché il pensiero rimane. In Adamo quando ha tradito il Signore Il pensiero di Dio è rimasto e quanto gli è rimasto! Si è nascosto nel paradiso terrestre e questo vuol dire che era dominato dal pensiero di Dio, però la presenza di Dio non c’è l'aveva più.

Così è lo stesso per Maria; ma questa è l'esperienza di tutte le creature, perché, per poco che la creatura perda il contatto con Dio Principio, quindi Dio Padre, Dio Sorgente di ogni cosa, quindi Principio Creatore, quindi l'Essere che fa la realtà, perde la Realtà. La Realtà viene solo dal Padre. Se noi, dico, per poco che perdiamo il contatto con il Principio, se noi perdiamo questo guardare ogni cosa dal Padre, noi certissimamente restiamo con il pensiero di Dio, ma perdiamo la Realtà di Dio, perdiamo la presenza di Dio, ed esperimentiamo la morte. E' la notte dello spirito: abbiamo Il pensiero di Dio, ma non abbiamo Dio, e diventa una tragedia.

Ora, è in questo mondo che Gesù viene. E' Il Verbo Incarnato, e incarnarsi vuol dire prendere su di Sé la situazione di ogni uomo: di ogni uomo, anche dell'uomo più disperato, anche dell'uomo che sta esperimentando di essere abbandonato da Dio. Dico, incarnarsi vuol dire prendere su di Sé la situazione di ogni uomo.

Cristo ha visto che doveva prendere su di Sé la situazione di Maria, quindi la situazione di ogni anima, fatta per contemplare ogni cosa da Dio, che ad un certo momento esperimenta la notte dello spirito.

Per questo chiede: “Dove l'avete posto?”. Rivela un interesse: scende al livello della creatura.

Il tema di stasera è: “Sotto il tetto dell’uomo”. Gli dicono: “vieni e vedi!”. Vedendo avrebbe preso su di Sé la situazione della creatura.  Ma non basta che Lui risorga Lazzaro. La situazione non si risolve con la risurrezione di Lazzaro. Ben altro è il cammino! Ci vorrà la sua morte, la morte di Cristo per salvare Maria e ancora….

Ma noi se vogliamo capire “come” Gesù prendendo su di Sé la situazione disperata della creatura, perché è una situazione disperata, perché “dove sono Io voi non potete venire”, per capire come Gesù prenda su di sé la situazione disperata dell'uomo e lo faccia uscire da questa morte, da questa disperazione e lo riporti alla presenza di Dio, alla Realtà di Dio, dobbiamo ricordare come l'uomo esperimenta l'assenza e come l'uomo esperimento la Presenza. Ne abbiamo già parlato altre volte, ma è necessario averlo ben presente perché ci serve per capire questa opera che Dio fa con ognuno di noi.

L'uomo esperimento l'assenza, e questo è pacifico, è evidentissimo. L'uomo esperimento l'assenza di uno, di una persona o di una cosa, sempre come risultato di due termini:

-                            prima il suo pensiero; .

-                            l’assenza della realtà che porta nel pensiero.

L’uomo per constatare l'assenza di una cosa o di una persona deve averla presente nel pensiero; se non l’ha presente nel pensiero, l'uomo non può constatarne l'assenza o la morte (la morte è un'assenza). Abbiamo quindi questa stretta relazione tra pensiero ed esperienza di assenza. Ho detto: senza pensiero non c'è esperienza di assenza.

Invece l'esperienza di presenza ha due risposte:

1)                         c'è l'uomo che ha presente una persona, ha presente una cosa nel suo pensiero e trova la realtà, cioè la corrispondenza con questo suo pensiero: la cosa corrisponde al suo pensiero. Uno pensa a una caramella, desidera una caramella e trova la caramella, la realtà. Questa è una esperienza di presenza: presenza in relazione al pensiero. Dico, se uno ha un pensiero e non vede il suo pensiero realizzarsi esperimenta l'assenza. Se uno ha un pensiero e vede quel suo pensiero realizzarsi esperimento la presenza. Questa è una presenza sentimentale, in quanto l'opera stessa di Dio viene incontro al pensiero dell'uomo e gli fa trovare le cose corrispondenti ai suoi desideri, ma è presenza sentimentale, dura quel che dura. Quando l'uomo incomincia a pensare o a desiderare altro, non trova più la corrispondenza e lì incomincia a esperimentare l'assenza.

2)                       Invece abbiamo la vera Presenza che resta eterna: Presenza nella Verità: qui non è la Realtà che corrisponde al pensiero. Questa presenza la troviamo quando il pensiero corrisponde alla Realtà, cioè quando il pensiero diventa figlio della Realtà. Abbiamo la Realtà e abbiamo il Pensiero che è conseguente alla Realtà. Abbiamo Dio e abbiamo il pensiero che è conseguente a Dio. Qui abbiamo l'esperienza di presenza, perché chi fa veramente la realtà è solo Dio. E soltanto se in noi il pensiero di Dio è conseguente alla Realtà Dio, lì noi facciamo esperienza della presenza di Dio. Lì allora il Pensiero di Dio corrisponde alla Presenza! Questa è Presenza nella Verità, non è sentimento, e questa diventa una Presenza eterna, perché è vera, perché deriva da Dio, è vista da Dio.

Ora generalmente l'uomo, ed è un'esperienza che facciamo tutti, avendo un pensiero, tende lui a realizzare Il pensiero, cioè a fare la realtà secondo Il suo pensiero: fatica, opera, lavora, parla, ecc., sempre per realizzare attorno a sé qualche cosa secondo il suo pensiero.  Perché gli uomini parlano? Parlano perché hanno bisogno di informare gli altri di sé del loro pensiero; hanno bisogno di fare la realtà del loro pensiero.

Dico, tutta la fatica della maggior parte degli uomini (ed è una fatica frustrante perché è la fatica di colui che cerca mele su di un larice) rende loro difficile la vita e ad un certo momento fa loro cadere le braccia perché non è loro possibile realizzare il loro pensiero. La realtà non è Il pensiero nostro che la fa; quindi dobbiamo capirlo, ed è perfettamente inutile che noi ci affatichiamo tanto per fare le cose secondo il nostro pensiero. Ad un certo momento ci troviamo di fronte ad una parete, di fronte ad un muro: la realtà non è fatta dal nostro pensiero!

Noi possiamo immaginare tutto quello che vogliamo, desidera re tutto quello che vogliamo, ma ad un certo momento la realtà ci sconfessa in pieno! e anche Dio ci sconfessa, perché se noi tendiamo a cercare Dio secondo il nostro pensiero, Dio ci sconfessa. La realtà viene da Dio, non viene dal nostro pensiero e nemmeno dal nostro pensiero di Dio La Realtà viene da Dio.

Il nostro pensiero viene da Dio, ma deve venire da Dio, perché chi fa la realtà è solo Dio; altrimenti noi moriamo di fame anche con il pensiero di Dio.

Teniamo ben presente questo fatto: l'uomo tende a fare la realtà secondo quello che pensa, secondo quello che ha nel pensiero, e non si rende conto che il suo pensiero deriva da una realtà. Questo è l'errore!

Invece il Figlio, Cristo, ecco come prende su di Sé la cosa: Cristo scende al nostro livello, scende nella nostra situazione, direi, disperata; ma Lui, siccome è Figlio di Dio, quindi Figlio del Padre. Lui in tutto non fa altro che testimoniare Il Padre. E cosa vuol dire questo? Vuol dire semplicemente che anziché confermarci che la realtà deve derivare dal nostro pensiero, Lui ci porta a fare il nostro pensiero secondo la Realtà e la Realtà è Dio, è il Padre! solo il Padre! E l'opera del Cristo è questa: riportare al Principio, al Padre noi e quindi tutto questo mondo che noi abbiamo costruito dentro di noi e che fa a capo al nostro io, per cui diciamo: “io ho abbandonato Dio!”. Dico, di fronte a questo mondo che ha per centro Il pensiero dell'io, perché “sono io che ho abbandonato Dio, sono io che penso”, ecco, il Cristo viene e ci riporta tutto al Padre per farci capire che la Realtà, che ogni realtà (anche l'abbandono di Dio, perché anche questa è parola di Dio) viene da Dio e che tutto ciò che accade, accade per mezzo di Lui.

"Omnia per Ipsum facta sunt": “tutte le cose sono fatte per mezzo di Lui” (Gv 1,3). Tutti gli avvenimenti sono fatti per mezzo di Lui. E questo abbandono di Dio che sembra scandalizzare, Cristo lo riporta al Padre e lo fa derivare dal Padre, ed è lì il capovolgimento, la salvezza che reca a noi.

Questo vuol dire prendere su di sé la cosa: la prende su di sé e ce la riporta nella sua luce e riportandola nella sua luce, ci fa essere dove Lui è.

Lui viene dove noi siamo, ma se Lui viene dove noi siamo, Lui viene con il Padre, perché Lui e il Padre fanno una cosa sola (Gv 10.30). E se Lui viene dove noi siamo, noi ci troviamo In quella realtà in cui Lui dice: "Padre, Io voglio che dove lo sono siano anche loro...” (Gv 17,24). Ma Io sono con loro! ecco che realizza la possibilità di essere anche noi dove Lui è.

Mentre prima aveva detto: "Dove Io sono voi non potete venire”, qui realizza la preghiera: “voglio che dove Io sono siano anche loro”.  E come possono essere anche loro dove “Io sono”? perché lo vedo tutto dal Padre, anche l'abbandono del Padre: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”(Mt 27,46). E' Il Padre che ha abbandonato il Figlio! Ecco, la volontà che si trasferisce dall'io a Dio.

L'io da solo non può fare questo passaggio. nel modo più assoluto non può farlo, perché per lui, soggettivamente è l'io che ha abbandonato Dio, è l'io che ha trascurato Dio, è l'io che ha peccato in quanto ha trascurato Dio e ha preferito la creatura, e questo nessuno lo può ignorare.

Cristo prende su di Sé questo peccato, prende su di Sé questa colpa e dice a Dio: "Dio, perché mi hai abbandonato?”, questo vuol dire prendere su di sé la situazione dell'uomo, ribaltarla e riportare l'uomo là dove era in principio, perché possa salvarsi.

Alcuni pensieri tratti dalla conversazione:

-           (a E;) La creatura capisce che Cristo prende su di Sé la sua situazione per riportarla alla presenza di Dio soltanto ascoltando le parole del Cristo, specialmente quelle che dice sulla croce: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, perché evidentemente in quella situazione Lui prende su di sé la situazione della creatura che si sente abbandonata. Cristo incarnandosi si deve immedesimare in qualunque situazione venga a trovarsi la creatura, perché è proprio questa somiglianza (“simila similibus curantur”) che offre alla creatura la possibilità di un aggancio, perché anche inchiodato sulla Croce, anche morto, Lui è sempre Dio, anche quando grida: “Dio mio, per ché mi hai abbandonato?”. E allora assumendo la tua situazione la aggancia a Dio, e quindi ti aggancia a Dio, ti riporta a Dio. Ecco perché inchiodato su un letto o disperato invochi Il Crocifisso: perché c'è un aggancio tra te e Lui; ed è quindi Lui che ti aggancia a Dio perché Lui è Dio. Anche nella situazione più disperata, quella dell'abbandono di Dio, la creatura collima con la stessa situazione del Cristo, vede in Lui il Dio che viene e fa sua la sua situazione, e così il problema di Dio viene fuori e quindi la creatura viene riportata alla Presenza di Dio.

 

-           L'esperienza dell'abbandono di Dio è a livello dello spirito, non del sentimento, perché è conseguenza del fatto che l'uomo non tiene conto di Dio come Principio, non vede più le cose dal Principio: è lì la fregatura! quindi c'è proprio un difetto nello spirito, nella mente.

Lunedì 06.12.1993

Franco: Le due espressioni: "Se tu fossi stato qui mio fratello...” e “Dio mio, perché mi hai abbandonato?” sostanzialmente sono uguali, perché sono parole che esprimono l'assenza di Dio. Perché allora c'è bisogno di Cristo che riporti questa esperienza al Padre?  Se sono le stesse parole! Anche Maria e Marta attribuiscono a Dio l'assenza.

Luigi: Sostanzialmente le due espressioni sono uguali per il fatto che entrambe esprimono una situazione di abbandono da parte di Dio. Però solo apparentemente l'espressione di Marta e Maria attribuisce la situazione a Dio come fa Cristo, perché in realtà Marta e Maria facevano servire Dio a un loro desiderio e quindi lì c'era l'io che dominava. Da che cosa tu scopri che c'è l'io anche nel riguardi di Dio, anche quando attribuisci la cosa a Dio? Dal fatto che anziché capire l'avvenimento si tende a modificare l'avvenimento; è l'io che afferma una sua volontà, anziché chiedere il perché?" (“perché mi hai abbandonato?”).

 

Paola: Quando riporto a Dio e attendo da Dio la luce non sono più nel pensiero dell'io, vero?

Luigi:         Non basta il riportare, chi ti libera dall'io è unicamente il derivare da Dio, perché solo lì capisci che il tuo pensiero è Il suo Pensiero. Quando Lui dice "questo è mio" è lì che subentra un'altra Realtà: avviene la transustanziazione, cioè un cambiamento di sostanza. Invece fintanto che riporti sei ancora tu che riporti. La realtà discende da Dio e lì, a questo punto, la creatura contempla, constata: ha trovato una Presenza. Prima era un pensiero senza Realtà. Adesso c'è pensiero con la Realtà corrispondente, o meglio il suo pensiero è corrispondente a una Realtà.

Paola: Quindi fintanto che la creatura riporta, ma non capisce da Dio rimane ancora nel pensiero dell'io. Cosa può fare? 

Luigi: Niente!  Se Dio non parla, tu non fai niente, tu resti nel pensiero dell'io. Tu devi aspettare da Dio che ti Illumini e che ti faccia capire quello che è “suo”. L'iniziativa è di Dio. Se tu fai qualcosa sei sempre tu che fai. No! Devi scoprire che è Lui che fa. La realtà è opera sua.  Per quanto tu pensi, fantastichiamo non trovi la Realtà.

Franco: La scoperta del pensiero oggettivo di Dio in noi fa già parte della Realtà che scende da Dio?

Luigi:         No, generalmente questa scoperta avviene per sentito dire: non lo puoi sconfessare, però non sei ancora entrato là dove la Realtà discende da Dio che dice: “questo è mio”.

Margherita: Come si arriva alla Realtà, alla Presenza?

Luigi: La Presenza è figlia della generazione del Pensiero di Dio da Dio. La generazione del Pensiero di Dio da Dio è figlia della conoscenza di Dio, del Padre. Per cui c'è:

-                            conoscenza;

-                            generazione;

-                            Presenza.

Quindi se tu non parti dalla conoscenza, tu non arriverai mai alla Presenza.

Osvaldo: L'esperienza dell'assenza avviene nella mente o a livello sentimentale?

Luigi: La esperimenti nel pensiero, perché tu pensi Dio (poiché nell’intelligenza tu non puoi annullare Dio) però tu non sai che cosa sia la Presenza di Dio, tu non la trovi come pensiero. Non Lo vedi, non Lo tocchi, non Lo senti, non Lo hai presente. Cioè Lo pensi, ma è "tuo" pensiero. Quello che ti frega è questo: che in realtà Dio è presente nel tuo pensiero, ma tu quello non lo puoi capire perché per te quello è “tuo” pensiero e se è tuo pensiero, non c'è Lui. Per questo l'esperienza di assenza la si fa nel pensiero.

La perdita di Dio a poco per volta ti sgretola, ti annulla il significato, ti toglie il senso alle cose e quindi la voglia di vivere. Ma questa esperienza di assenza avviene per il fatto che c'è il tuo io che pensa. Siccome la conoscenza di Dio avviene nel pensiero, quando il tuo io si appropria del pensiero, cioè lo separa dal Principio, Dio, e lo fa suo, con questo perde la realtà oggettiva forte della presenza di Dio, perché sei tu che pensi!

Silvana: Dicevi ieri che “l'uomo tende a fare la realtà secondo quello che pensa e non si rende conto che il suo pensiero deriva dalla realtà!”. Quindi quando si deriva dal Principio il nostro pensiero e tutto quello che siamo, tutto quello che ci fa vivere Dio, lì allora Dio ci fa esperimentare la sua Presenza?

Luigi: Eh, caspita! è proprio lì che ti fa esperimentare la sua Presenza!  Non solo, ma lì a quel punto hai la possibilità di derivare tutto sempre dal Padre, perché sei fatta partecipe e vivi nella casa del Padre... E lì che si realizza ciò che dice Gesù: "Qualunque cosa chiederete vi sarà dato!" quindi qualunque luce è possibile, su tutto, se la chiedi, perché sei a contatto con il Principio: è come se tu fossi a contatto con la Sorgente, puoi bere tutto quello che vuoi. Ottieni tutto, qualunque cosa chiedi, perché "non c'è nulla di nascosto che non debba essere rivelato" (Mt 10,26).

Silvana: Se mi stacco dal Principio, hai detto, precipito in un "luogo" e perdo il contatto con la Realtà.

Luigi:         Sì, perché il luogo è vicinissimo a Dio, ma non è Dio, per cui il Pensiero di Dio è vicinissimo a Dio, però il “nostro” Pensiero di Dio non è Dio, cioè non è la Realtà, e di conseguenza si perde l'identità e si entra nell'inaccessibilità a Dio.

 

-           Il peccato contro lo Spirito Santo non può essere perdonato è il rifiuto di aderire alla Realtà: "Dio Principio di tutto", anche del mio distacco da Dio. Lì l'anima non vuol essere perdonata, perché la cosa è "sua", non passa dal suo io a Dio, rifiuta la salvezza, rifiuta Cristo che prende su di Sé tutto della creatura. Infatti: “Chi crede nel Figlio non è giudicato” (cf Gv 3,17).

 

Margherita: L’opera del Cristo è quindi quella di ristabilire in noi il rapporto con Dio.

Luigi: Ti rendi conto?  Che noi staccandoci dal Principio diventiamo il principio di questo distacco, perché "sono io che mi sono distaccato". Ora essendo io principio, mi escludo completamente da quel regno in cui Dio è Il Principio, perché io inauguro qui un regno in cui “io sono il principio”, per cui tutte le mie disgrazie sono una conseguenza di “io sono il principio”, e questo mi impedisce nel modo più assoluto di essere là dove Dio è il Principio.

Pinuccia: Quindi Cristo viene dove noi siamo, in questa esperienza di abbandono di Dio, per farci essere dove Lui è, perché prendendo su di sé la nostra situazione è l'unico modo di farci vedere la via di uscita.

Luigi: Infatti noi in questa situazione di abbandono abbiamo un pensiero che tende a realizzarsi; invece Lui tende a rovesciare la posizione, cioè a fare del nostro pensiero l'espressione di Dio: Dio è il Principio che realizza ogni cosa, anche il nostro pensiero.  Quindi non è il nostro pensiero che realizza qualche cosa. E' Dio che realizza!

Silvana: Questo "Dove l'avete posto?" è scendere al nostro livello.

Luigi: E già!  Infatti il tema è “Sotto il tetto dell'uomo”. E' Cristo che entra sotto il nostro tetto (cfr.: "Io non son degno che tu entri sotto Il mio tetto..."). Il tetto è la pietra, le nostre ragioni con cui noi sigilliamo lo Spirito.

Osvaldo: Il prendere su di Sé l'abbandono di Dio da parte di Cristo, si può dire che è un atto magico?

Luigi: Tutto quello che accade, fintanto che noi non lo contempliamo nella Verità, è atto magico: per noi, perché siamo sorpresi, non capiamo; però siamo invitati a capire.  Capendo tu non lo vedi più magico. Capendo tu lo vedi come espressione (noi diciamo “Dio è Amore”), come espressione della Verità di Dio che prende su di Sé tutto della creatura, e la salva proprio prendendo su di Sé tutto della creatura. Mentre la creatura tende a sottomettere tutto a sé, a sottomettere anche Dio, Dio tende invece a ricuperare tutti gli errori della creatura, a ricuperarli in Sé, nella sua Verità.

Gianfranco: La creatura che esperimento l'abbandono, cosa deve fare per trovare il Cristo che ha esperimentato il suo stesso abbandono e quindi poter ricuperare la presenza di Dio?

Luigi: Deve fermarsi e guardare a Cristo che dice: "Dio mio, perché mi hai abbandonato?" perché lì c'è questa affinità, che un'affinità spirituale, ed è questa che stabilisce un contatto, quindi una comunione con Lui. Cristo viene a trovarsi nello stesso tuo luogo, ma Lui è Dio, e tu ritrovi Dio! Nella tua disperazione tu ritrovi Dio! Nella tua morte tu trovi Dio! Nella tua esperienza di abbandono e di assenza tu trovi la Presenza! Quindi anche se sono disperato, lì nel Crocifisso trovo Dio, perché Lui ha subito questa disperazione, quindi non sono solo ma sono con Lui: ma Lui è Dio! Ora nell'affinità c'è la comunione: sono con lui!

 

-           Dio opera tutto e regna in tutto: in Cielo, in terra e nell'inferno.  E noi dobbiamo restare in questo principio, altrimenti entriamo nella notte.

 

-            La nostra esperienza di morte, anziché seppellire sotto la pietra (sentimenti, ragioni umane, ecc.) dovremmo portarla a Dio, in Dio, e da Dio troveremo la risurrezione, perché “presso Dio tutti sono vivi”.


Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!».Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: «Dove l'avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gv 11 Vs 32 - 34


- RIASSUNTI Domenica-


Argomenti: Pensiero senza realtà – Il Pensiero di Dio oggettivo e il Padre – Azione e contemplazione – La novità di Dio – L’inaccessibilità di Dio – Cristo nel luogo della creatura – Il peccato è voluto da Dio – Lasciarsi portare dal sentimento – Capire e non cambiare – La morte nel mondo – Il sepolcro dell’uomo -


 

12/dicembre/1993 Casa di preghiera Fossano