Gesù le disse:
"Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore,
vivrà; Gv 11 Vs 25
Titolo: Cristo ultimo giorno.
Argomenti: Il tempo è selettivo. La vita è
scegliere e ogni scelta ci condiziona. Scegliere
vuol dire amare. La fine del mondo è la fine del nostro mondo. Il mistero della morte.
Assenza-presenza. Morte e assenza.
Morte e presenza. Risorgere è trovare
la presenza nell'assenza. Scegliere. Presenza-Assenza-Morte. Realtà materiale e
spirituale.
12/settembre/1993 Casa di preghiera
Fossano.
Esposizione di Luigi Bracco:
Marta aveva detto: "Lo
so bene che mio fratello Lazzaro risusciterà all'ultimo giorno al momento della
risurrezione". A questa dichiarazione di fede di Marta che dice di
sapere che suo fratello risorgerà al momento della risurrezione, all'ultimo
giorno, alla fine di tutto, Gesù risponde: “Io
sono la risurrezione e la vita: chi crede in Me, quand'anche morto, vivrà”.
Ecco, Marta aveva fatto problema di tempo: "Mio fratello risorgerà alla fine del
mondo: quando tutto finirà ci sarà questa risurrezione generale, e allora fra
tutti risorgerà anche mio fratello".
Marta dice di credere questo, quindi aveva fatto problema di tempo. Gesù
invece non fa un problema di tempo; dicendo: “Io sono la risurrezione e la vita", fa un problema di
incontro con una Persona.
La risurrezione non avviene ad una certa data, ad una
certa scadenza. Qui ci fa capire che la risurrezione sta nell'incontrare Gesù,
nel trovare Lui. Infatti dice: “Io sono
la risurrezione” Non è problema di tempo.
Come ad esempio quando guarì quel malato paralitico da
tanti anni che si trovava sotto il portico della piscina in attesa del
movimento dell'acqua e dove ammalati guarivano soltanto se si buttavano
nell'acqua quando l'acqua si agitava: quando Gesù arrivò non ci fu più bisogno
dell'acqua. Lui stesso era la guarigione per quel malato. "Alzati e cammina!" gli disse (Gv 5,8). Così anche quello
che noi riteniamo avvenga alla fine dei tempi quando tutto sarà finito,
ecc. Gesù ce lo presenta “oggi”,
dicendo: “Io”, in questo punto qui.
Cioè, è Lui, non è il tempo che fa risorgere; non sono gli avvenimenti che
fanno risorgere l'uomo, ma è l'incontro con Dio, l'incontro con Cristo.
Tutti quanti noi stiamo assistendo a questo fenomeno
strano: la nostra vita passa, il tempo passa e siamo un po' stupiti del tempo
che passa. Ognuno di noi, abbiamo sentito anche stasera prima dell'incontro,
non sente di avere gli anni che ha, e dice: “ma io non ho questi anni... io non
ho quegli anni là... “. E chi magari ha quaranta o cinquant'anni, dice:
"mi sembra di avere solo diciott'anni", e un altro: "io sedici o
ancor meno". È un fatto strano: noi
assistiamo al tempo che passa, agli anni che passano... eppure non siamo questi
anni che passano... noi siamo fuori, siamo spettatori...
Gli anni passano, si capisce, passano sul nostro corpo,
scrivono su di esso, vi scavano le rughe, e noi portiamo scritto in noi questo
pesare. Però la nostra anima quasi si stupisce di tutti questi anni che sono
passati. Direi la nostra anima vive in una dimensione diversa. Ho detto molte
volte: noi viviamo già nell'eternità. Non ce ne rendiamo conto, ma viviamo già
nell'eternità, perché Dio è eterno, e Dio vive in noi, è presente in noi, ed è
proprio per questa presenza di Dio in noi che noi avvertiamo che viviamo già
nell'eternità, o per lo meno che una parte di noi è già nell'eternità. È per
questo che ci stupiamo che gli anni passino, che la nostra vita passi.
Però abbiamo notato domenica scorsa che il tempo man mano
che passa, giorno dopo giorno, ci obbliga a fare delle scelte. Abbiamo detto:
il tempo è selettivo, ci fa scegliere. La vita è essenzialmente un scegliere.
Noi tutti i giorni volenti o nolenti, siamo costretti a fare delle scelte, e
queste scelte che facciamo non ci lasciano mica Indifferenti: ogni scelta ci
condiziona, per cui il giorno dopo non siamo più uguali a quello di prima; e
quello che determina la diversità del giorno dopo è causato dalla scelta che
noi abbiamo fatto il giorno prima: diventiamo diversi a seconda delle scelte
che facciamo.
Dico: le scelte siamo costretti a farle, perché non
possiamo contemporaneamente abbracciare tutto e tutti, non possiamo
contemporaneamente pensare tutto e tutti. Quando pensiamo dobbiamo pensare una
cosa sola per volta, e se pensiamo a una cosa sola per volta, lì facciamo già
una scelta: in questo momento qui io preferisco pensare a questo piuttosto che
a quell'altro, e faccio una scelta. Apriamo un giornale e preferiamo leggere un
articolo piuttosto che un altro, guardare una figura piuttosto che un'altra e
facciamo delle scelte. Non parliamo poi del mangiare o del vestire o del
rapporto con gli altri: possiamo ad esempio andare a trovare uno piuttosto che
un altro, ma non possiamo contemporaneamente andare a trovare tutti.
Ecco, dico, il tempo che passa ci costringe, ci obbliga a
fa re delle scelte. E queste scelte cosa
fanno in noi? Ci qualificano. Queste
scelte ci qualificano, ci determinano. Ho detto: il giorno dopo noi non siamo
più uguali a quello di prima. Quando si è giovani, al momento delle scelte
degli studi, se uno decidesse di fare il medico, evidentemente si
restringerebbe già il campo della sua vita, perché per tutta la sua vita lui
farà il medico, e non potrà fare l'ingegnere e non potrà fare il
commercialista.
Così è per tutte le cose: ogni scelta che noi facciamo ci
condiziona il giorno seguente, e ad un certo momento ci determina tutta la
vita; per cui se oggi ci troviamo qui, in questo punto qui tra certe persone
piuttosto che altre, noi non ci rendiamo conto, ma è perché questo è un
risultato di tante scelte che abbiamo fatto nella nostra vita; e tutte le
scelte che noi abbiamo fatto a poco per volta ci hanno condotti qui, in questo
punto. E non sappiamo domani dove saremo, perché anche la scelta che facciamo
in questo punto, qui adesso, ci condizionerà il giorno successivo e ci farà
essere in certi luoghi.
Dico, il tempo che passa, la vita che passa è
essenzialmente selettiva, perché sotto un certo aspetto ci costringe ad amare.
Scegliere vuol dire amare. Amare vuol dire preferire una cosa ad altre o
mettere una persona al di sopra di tutto.
Quindi il tempo che passa ci costringe ad amare, e nello
stesso tempo, ho detto, il tempo è selettivo ed è riduttivo, cioè ci riduce a
poco per volta a poche cose, a poche persone: man mano che gli anni passano,
gli amici si restringono, diventano pochi e magari i parenti se ne vanno, gli
amici se ne vanno, ecc. Tutto passa. Si resta in pochi, con pochi pensieri, con
poche parole.
Noi notiamo che man mano che gli anni passano, le persone
anziane diventano molto ripetitive, si riducono a poche parole, a pochi concetti,
a poche idee: è il campo che si restringe, conseguenza del fatto delle scelte
fatte, fino ad un certo momento a ridursi ad una cosa sola. All'ultimo della
vita, all'ultimo giorno, noi ci troviamo a tu per tu con l'unica cosa
necessaria, cioè con quello che noi nella nostra vita abbiamo ritenuto più
importante di tutto.
Tutto il resto man mano che viviamo, lo dobbiamo
lasciare: lo salutiamo, se ne va... Non possiamo tenere tutto. Allora
incominciamo a lasciare questo... poi lasciamo quell'altro... poi lasciamo
quell'altro... Però man mano che lasciamo ci riduciamo sempre più a tener fermo
qualche cosa che per noi è molto importante, molto valido.
All'ultimo, dico, ci troviamo afferrati a ciò che per la
nostra vita è stato il massimo valore, è stato ciò che per noi ha significato
di più. Ecco, all'ultimo noi ci troveremo a tu per tu con quello che nella vita
noi abbiamo scelto come la cosa più importante, più preziosa per noi: non è
detto che sia Dio.
Intanto però tutto questo ci rivela un disegno grande. Il
disegno è questo: Dio sta operando per portarci in un amore: in un amore!
Adesso non è detto che questo amore sia Lui, sia il suo amore. Però Dio
attraverso tutta la nostra vita siccome ci costringe a scegliere, ci costringe
ad entrare in un amore.
Dico, vivere è scegliere e scegliere è amare. Dio ci
costringe ad amare, perché ci costringe a vivere.
Lui vuole che noi viviamo, Lui è amante della vita, ed è
affinché noi amiamo, affinché noi viviamo e non abbiamo a morire, che Dio ci
costringe a fare delle scelte.
Però queste scelte non avvengono senza di noi. Per questo
dico così: non è detto che ciò che noi scegliamo sia Dio. Noi possiamo
scegliere ben altro e vivere per altro, e all'ultimo della vita trovarci a tu
per tu con quell'altro al posto di Dio, quell'altro che noi abbiamo preferito,
e può essere un disastro.
Però il fatto veramente importante è questo: che il tempo
che passa ci costringe a fare delle scelte e riduce il campo delle scelte. Ho
detto: quando uno ha scelto di fare il medico, incomincia a fare gli studi
della medicina e restringe il suo campo di scelta e man mano che si avvicina
alla laurea, non può più passare ad un'altra Facoltà. Ad un certo momento,
quando uno è laureato si trova in un campo ben definito, la suo professione, la
sua vita si svolgerà in quel campo lì e non in altro: è tutto condizionato.
Ora noi non ci rendiamo conto che scegliendo facciamo un
atto di amore, e questo atto di amore ci conduce molto lontano perché ci
costringe a vivere con-.
Ora, man mano che viviamo, proprio perché questa serie di
giorni, è una serie di giorni che passano e ci costringe a fare delle scelte,
noi tendiamo ad arrivare ad un fine, ad un limite. C'è un ultimo giorno per ognuno di noi.
Quello che Gesù dice: "fine del mondo", non è un fatto che avverrà di
qui a un milione di anni o un miliardo di anni e riguardi chissà quali
generazioni e non noi. No, la fine del mondo c'è per ognuno di noi. C'è per
ognuno di noi! E prima che ognuno di noi muoia, ognuno di noi assisterà alla
fine del suo mondo.
Si va verso un ultimo giorno e questo ultimo giorno c'è
per tutti e per ognuno personalmente. Infatti Gesù dice chiaramente, parlando
appunto della fine del mondo: “uno sarà preso
e l'altro lasciato... ; due saranno a lavorare In un campo: uno sarà preso e
l'altro lasciato” (Mt 24,40): è un fatto essenzialmente personale. Questo
ci fa capire che l'ultimo giorno è essenzialmente personale.
Ma abbiamo detto già all'inizio che questo ultimo giorno
che sta arrivando, che arriva per ognuno di noi, questo ultimo giorno noi
generalmente lo mettiamo nel tempo: il giorno è una categoria del tempo,
l'abbiamo detto molte volte e quindi diciamo: “verrà!... assisteremo a questo
giorno che arriva…”.
E qui Invece Gesù ci dichiara una cosa che è
strabiliante. Lui dice: “lo sono la
risurrezione” e quindi implicitamente ci dice: "Io sono l'ultimo giorno", perché abbiamo visto, la
risurrezione avviene nell'ultimo giorno.
L'abbiamo visto domenica scorsa quando ci siamo chiesto:
c'è una risurrezione? È certissimo, c'è una risurrezione all'ultimo giorno.
Adesso Gesù dicendo: "Io sono la
risurrezione", dichiara apertamente: “Io sono l'ultimo giorno”. Incontrare Cristo è incontrare l'ultimo
giorno nella nostra vita. Dico: è
possibile questo?
Ma Lui dicendo “ultimo
giorno” cosa intende?
Dicendo “ultimo
giorno” diciamo: è ultimo, dopo non c'è più niente. Se è ultimo non è più seguito da altro. E invece la cosa è diversa, molto
diversa. Secondo la parola di Gesù in
questo versetto, quel concetto di "ultimo giorno" è il concetto di
Cristo, ultimo giorno. Cristo è “l'ultimo
giorno” Dio tra noi è l'ultimo giorno. Ma allora trovare Lui è trovare il
nostro ultimo giorno? Cosa vuol dire
questo?
Il tema di questa sera è proprio questo: “Cristo
è l’ultimo giorno”, e dobbiamo approfondirlo, cercare di renderci
conto, perché Dio parla non per buttarci nella notte, ma per illuminarci. Dio
parla per farci capire, perché soltanto intendendo siamo fatti partecipi, e quando
si partecipa si gioisce; Dio opera ogni cosa per portarci nella vita e nella
gioia.
Quindi tutte e le cose che Dio dice, le dice per aprirci
alla vita, è per farci gioire della sua Verità, perché tutta la tristezza degli
uomini sta in questo: che non sono convinti che Dio ci sia: vivono, mangiano,
si divertono, corrono a destra e a sinistra, si riempiono di notizie, di paure,
di angosce, ecc., qualcuno crede in Dio, qualcuno dice di non credere, però
sotto sotto c'è questo timore, questa paura: “chissà se c'è o non c'è? c'è Dio
o non c'è? C'è il paradiso? Ci sarà l'inferno?”.
Ecco, c'è questo timore in fondo, sotto sotto ogni cosa:
gli uomini vivono nell'ansia della morte. E perché nell'ansia? Perché non sanno
cosa ci sia dopo. Non sanno cosa ci sia sotto questo mistero della morte,
perché per noi è mistero: cinque minuti prima abbiamo ancora una creatura che
parla; dopo cinque minuti non parla più, non comunica più! Hai un bel
coccolarlo, hai un ben accarezzarlo, hai un bel parlargli... non ti risponde
più! Ricordo sempre quella mamma cui era morto un bambino di pochi mesi; lei
insisteva a mettergli sulle labbra il succhietto, ma non succhiava più. Sembra
niente: succhiare o non succhiare... sembra niente, eppure è un mistero
grandissimo. Cinque minuti prima gli
mettevi il succhietto e lui succhiava; cinque minuti dopo, gli metti il
succhietto, non risponde più. Ecco, la
creatura non c'è più, è morta!
Questo è un mistero che grava su di noi, perché? perché
non lo accettiamo, non possiamo accettarlo: è impossibile che Dio crei tutte le
cose per annullarle, che ci dia la vita per togliercela. Che significato ha
tutto questo? E perché noi abbiamo
bisogno dì significato? Ora il grande
problema che ogni uomo porta dentro di sé è questo: ma che senso ha il vivere?
che senso ha nascere, lavorare, faticare, sposarsi, avere dei figli, una casa,
ecc. e poi morire? e finire tutto così?
Che significato ha?
Ho detto molte volte che l'uomo per vivere ha più bisogno
di significato, di capire il senso, il significato delle cose, che del pane
stesso che mangia. Per lui è molto più importante capire che mangiare. L'uomo
preferisce qualunque sacrificio, qualunque rinuncia, qualunque povertà, pur di
avere la luce nell'anima, pur di rendersi conto di ciò che vale il vivere, di
ciò che serve il vivere.
Ecco, ci troviamo di fronte a questo grande problema:
stiamo andando tutti verso un ultimo giorno e questo ultimo giorno e
caratterizzato da un fatto: ciò che era presente, ora diventa assente: non c'è
più!
Però abbiamo anche notato, e l'abbiamo già visto le
domeniche scorse che noi non ci accorgeremmo che una cosa, una persona non c'è
più, è diventata assente, se non l'avessimo presente dentro di noi, nei nostri
pensieri, nella nostra mente. Se noi non abbiamo presente nella nostra mente
una persona noi non possiamo notare che sia assente, e questo ci fa capire che
l'assenza in assoluto non esiste.
L'assenza esiste perché abbiamo qualcosa presente nella
nostra mente, nei nostri pensieri. Se
noi non avessimo presente niente nella nostra mente, noi troveremmo sempre
qualcosa presente: c'è sempre qualcosa attorno a noi presente: la natura, gli
alberi, il sole, il tempo, tutte le creature, sono sempre presenti attorno a
noi, il che vuol dire che l'assenza di per sé, come il nulla, il vuoto, non
esiste. Non c'è l'assenza. Diciamo:
l'assenza è relativa a-. Esiste soltanto in quanto è relativa. Ora quando
diciamo che esiste perché è relativa, vuol dire che è condizionata da un altro
fatto, non c'è di per sé: è relativa a ciò che noi portiamo nella mente. Ma se la morte è assenza (e l'assenza non c'è
di per sé perché è relativa), anche la morte non c'è di per sé, ma è relativa a
ciò che noi portiamo nel pensiero. Anche la morte di per sé non esiste! Esiste la vita! come esiste la presenza delle
cose. Tutto è presente e sarà eternamente presente! Ma allora che cos'è questa
esperienza che noi facciamo di morte? perché l'esperienza di morte
certissimamente noi la facciamo e quanto la facciamo, e quanta disperazione
crea l’esperienza della morte perché crea disperazione sia quando noi
assistiamo gli altri a morire, soprattutto se sono persone molto care, molto
vicine a noi, sia quando ci accorgiamo che la morte sta arrivando a noi. C'è
questa disperazione grossa. E, dico, ma perché c'è questa disperazione
provocata da una cosa che non c'è?
Eppure noi facciamo l'esperienza della morte, esperienza
che può provocare disperazione. Ci
possiamo rassegnare, possiamo avere tante persone attorno che ci danno forza,
ci fanno coraggio, ecc., però profondamente si muore sempre soli e molto
angosciati. Perché? perché non si
capisce. Date la possibilità di capire all'uomo e l'uomo sorride davanti alla
morte. Date la possibilità di capire e l'uomo sopporta qualunque sofferenza; ma
l'uomo ha bisogno di capire, di capire il significato della cosa, di capire che
tutto quello che accade appartiene ad un disegno superiore: non c'è il caso,
non c'è il destino, non c'è la natura... Tutto appartiene ad un disegno
superiore, ad un disegno Divino, tutto è nelle mani di Dio, tutto! la vita e la
morte.
Ma allora, dico, che senso ha la morte? Ho detto, la
morte appartiene al campo delle assenze. Morire vuol dire rendersi assente.
Prima c'era e adesso non c'è più. Ho detto che il campo dell'assenza di per sé
non esiste. Non esiste l'assenza, esiste il presente, ciò che è. Esiste
l'essere, non esiste il non essere.
Dico, l'uomo fa questa esperienza di assenza,
certissimamente, fa esperienza di morte, però è relativa a ciò che porta nel
suo pensiero: c'è una presenza in lui, che gli fa capire che quello non c'è
più. Muore una persona cara? uno dice:
"non c'è più... è morto"; però dice così perché la porta nella mente.
Se uno non lo portasse nella mente, non si accorgerebbe che l'altro è morto.
Quindi c’è una presenza nel pensiero. Prima era una presenza fisica; come si
esperimento la morte, c'è un passaggio: si passa dalla presenza esteriore,
presenza fisica, presenza corporea, ad una presenza nel pensiero.
Però, dico, quando noi diciamo: presente nella mia mente,
sì, io lo porto come ricordo, come memoria...",dubitiamo che continui ad
esistere. Diciamo: "mi è morta quella persona cara e ora la ricordo: prima
c'era, adesso non c'è più...; sì, ce l'ho nella mente, ce l'ho nel pensiero ma
nella mente, nel pensiero, sono io che la penso, ma quella non c'è più!”.
Ed è qui, proprio qui, in questo nostro errore (di
identificare la persona con il suo corpo, e di far dipendere l'esistenza di un
essere dal nostro vedere e toccare) che scopriamo l’importanza della morte. Noi
diciamo: "non c'è più", perché? perché: "sono io che la penso,
ma lei non c'è più, non la posso più vedere né toccare ... sono io che la
penso".
E allora qui, abbiamo detto sorge il dubbio, perché
entriamo nel campo dello spirito, nel campo del pensiero, e fintanto che noi
diciamo: "sono io che lo penso", non si è sicuri che l'altro
veramente ci sia.
Già la volta scorsa, abbiamo detto, che questo è un
passaggìo meraviglioso ed è la morte che ci porta a farlo: il passaggio dalla
presenza esterna alla presenza interna, come pensiero.
Questo poi ci fa passare al dubbio: "sono io che la
penso o c'è ancora? Coloro che sono morti ci sono ancora o non ci sono più? E
perché io li penso? E come faccio a pensarli? Ecco, è proprio quando la persona
scompare fisicamente ed entra nel pensiero che in noi sorge il dubbio: sono io
che penso oppure c’è ancora?”. E l'uomo
quando è nel dubbio, è nel dubbio! Il
clima gli diventa insopportabile. L'uomo
ha bisogno di avere una risposta in tutte le cose che accadono e anche
soprattutto in questo campo della morte, perché le cose diventano brucianti a
questo livello, perché si tratta dì angoscia e di disperazione, poiché, ho
detto, l'uomo non sopporta la morte, e non la sopporta perché l'uomo ha bisogno
di giustificare le cose, dì dare una ragione.
Dico, a questo punto l’uomo, come in tutte le cose, deve
sempre tenere presente Dio. L'uomo non
ignora che tutto quello che accade non è lui a volerlo: la morte soprattutto ne
è la dimostrazione più lampante! È la dimostrazione più lampante che non è
l'uomo che opera, che fa, che decide, no! perché l'uomo non vorrebbe morire,
l'uomo non vorrebbe mai esperimentare la morte delle persone più care, vorrebbe
sempre averle con sé; eppure è costretto a subire la morte. Allora c'è una
Volontà diversa, c'è un Altro!
Così anche: noi partiamo dalla natura con i suoi fiorì, i
suoi frutti, le sue stagioni, il tempo che passa, ed è tutto un'espressione di
una Volontà diversa dalla nostra. Non siamo noi a volere i fiori, non siamo noi
a volere le piante, non siamo noi a volere le stelle, tutto esiste
indipendentemente da noi, esiste, cambia, muta, nasce, muore, indipendentemente
da noi. Dico, tutto questo ci testimonia
che c'è una Volontà diversa che opera su di noi e determina tutto di noi, anche
la morte.
E la presenza di questa Volontà diversa ecco, ci impegna
in tutte le cose a tener presente Dio. È Lui che crea. Dio è questa volontà che
opera in tutto, che è presente in tutto. "Signore, se sei tu che crei
tutto, ogni cosa, che fai tutto, perché la morte? e le persone che sono morte
sono vive ancora? o sono morte soltanto perché noi non le vediamo più, non le
tocchiamo più, ma sono ancora vive, ancora presenti, oppure non ci sono proprio
più?”.
Ecco che noi a questo punto trasferiamo i nostri
interrogativi a Dio ed è questo il meraviglioso passaggio che la morte ci
conduce a fare.
Quindi:
-
Prima avviene il passaggio dal
mondo esterno al mondo interno: in un primo tempo c'è tutto il mondo esterno
che opera su di noi e i nostri pensieri sono figli del mondo esterno; poi, ad
un certo momento. il mondo esterno scompare, muta, ci delude, muore, ecc., e si
entra dentro di noi;
-
qui si incomincia a pensare, si
incomincia a macinare, a dubitare dentro di noi: c'è o non c'è? è vero o non è
vero? ecc.
-
e poi finalmente si fa un altro
passo: si interroga Dio. Era lì che Dio
voleva portarci.
Dio ci aspetta li! Dio aspetta che noi alziamo gli occhi
a Lui e Lo interroghiamo perché Lui, solo Lui ha da dirci delle cose che
nessuno può dirci, che nessuno può dirci nel senso che nessuno ci può
illuminare come ci illumina Dio. Dio solo convince.
Tutti gli uomini possono dirti tante parole e possono
anche essere parole consolatorie, possono essere parole di conforto, possono
dirti tante belle cose, però non c'è nessuno, nel modo più assoluto nessuno,
che possa rispondere al “perché” della tua anima, che possa rispondere a questo
bisogno di capire, di rendersi conto se la morte è la fine di tutto e di tutti,
oppure se la morte è soltanto un passare nell'altra stanza, cioè se la vita
continua.
Noi abbiamo detto le volte scorse che la caratteristica
essenziale della persona umana è questa: la vita non finisce! nessuno di noi
finisce! La vita continua. Noi in quanto esistiamo siamo immortali. Perché?
perché noi siamo voluti da Dio: è Dio il Creatore! e se Dio ci ha voluti, ci ha
voluti con Pensiero eterno: il suo sì è un sì eterno.
Quindi noi non moriamo più, non nel senso che noi
esperimentiamo che non si muore, perché noi in effetti esperimentiamo che si
muore. La realtà che esperimentiamo è questa: si muore!
Ma questo è quello che noi esperimentiamo con i nostri
sensi, e tutto quello che noi la esperimentiamo con i nostri sensi, e anche la
morte noi la esperimentiamo con i nostri sensi, non è la realtà.
La realtà è nel campo dello Spirito, e nel campo dello
Spirito non si muore; tant’è vero che, dico, colui che muore nel mondo esterno,
muore fisicamente, ma entra nel mondo del pensiero, nel mondo dei nostri
pensieri.
Ma, dico, nel mondo dei nostri pensieri chi ci assicura
che ciò che pensiamo sia la realtà? Solo
Dio, se Lo interroghiamo.
È da Dio e soltanto da Dio che noi capiamo che il mondo
dei nostri pensieri è molto più reale, molto più vero del mondo che noi
esperimentiamo con i nostri sensi.
Il mondo che noi vediamo con i nostri sensi, che vediamo,
che tocchiamo, per cui diciamo: "questo è vero, questo esiste, perché io
lo vedo, io lo tocco", è soltanto cornice, un fatto marginale,
superficiale, di quella grande realtà invece che è infinita, che è immensa, e
che è la realtà del pensiero, che è la realtà dello Spirito. Dio è Spirito, Dio
abita qui, in questo campo dello spirito, nel campo del pensiero. La Realtà si
trova lì.
E allora noi abbiamo detto: tutto questo tempo che passa
confluisce verso un punto ben preciso: un “ultimo
giorno”, e quest'ultimo giorno è constatabile in questi due termini:
-
assenza, cioè quello che prima era
presente e che poi sparisce, non c'è più: quindi assenza;
-
presenza nel pensiero, presenza
nello spirito.
Quindi nell'ultimo giorno ci troviamo con questi due
grandi termini, e man mano che noi ci avviciniamo al letto della morte,
nell'agonia, noi finiamo di trovarci con questi due soli termini: il mondo che
se ne va, tutto quello che si perde, quello che di qui a cinque minuti non ci
sarà più, e quello che portiamo nel pensiero.
Ecco, abbiamo questi due grandi termini: un pensiero e
una realtà, una realtà materiale, fisica, corporea che sparisce, che scompare,
che tramonta! Che tramonta? Tutti i giorni noi assistiamo a una morte: il sole
tramonta. Ma noi sappiamo che il sole non tramonta, non muore, "gira"
e al mattino dopo ce lo troviamo di nuovo.
Tutto è segno, e noi dovremmo capire dai segni che Dio ci
dà che così è la vita: che quello che noi diciamo morte è tramonto, ma dobbiamo
aspettarci che nello spazio di poche ore ciò che è tramontato risorge, e ce lo
ritroviamo però nel campo dello spirito, più vero e più reale di prima, ma da
Dio e solo da Dio; perché è Dio la chiave che illumina il mondo del pensiero,
il mondo dello spirito.
C'è questo rischio grande: l'uomo può chiudersi In questo
suo soggettivismo e ritenere: "sono io che lo penso, ma l'altro non c'è
più". È per farci capire che soltanto da Dio noi entriamo nel campo della
realtà, del regno di Dio e presso Dio nessuno è morto. Dio non è Dio dei morti,
Dio è Dio dei vivi. Presso Dio tutti sono vivi, e più noi ci avviciniamo a Dio
e più noi esperimentiamo questo: esperimentiamo (esperimentiamo!) che tutti
sono vivi. Dio regna non su di un camposanto, su un mondo di morti. Dio regna su
di un campo di vivi.
E allora l'ultimo giorno si presenta con questi due
grandi termini: assenza del mondo corporeo, cioè del mondo che ha come centro,
punto di riferimento i nostri sensi, i nostri sentimenti: vedo, tocco,
esperimento. Assenza di questo, ma presenza nel campo del pensiero. Ecco nell'ultimo giorno noi ci troviamo con
questi due grandi termini.
Abbiamo detto che tutto quello che accade, accade non per
farci morire, ma accade per farci risorgere, e se l'esperienza della morte,
abbiamo detto, è esperienza di assenza di quello che prima era presente,
risorgere vuol dire trovare la presenza: presenza nell'assenza; cioè trovare la
presenza di colui che è diventato assente. Risorgere vuol dire ritrovare questa
presenza, Però abbiamo anche detto che la risurrezione viene da Dio e quindi
questa presenza ci viene soltanto da Dio, guardando da Dio, e non è detto che
noi guardiamo da Dio.
E cos'è che ci fa guardare da Dio? Cos'è che ci sospinge,
che cosa Dio ci lascia in modo da sospingerci a guardare le cose da Dio, per
intendere qual è la Verità? La Verità viene da Dio, non viene dai nostri sensi,
per cui ad un certo momento Dio confonde ì nostri sensi (ecco la morte! ecco
l'assenza!) per farci cercare quella Realtà, quella Verità che viene da Dio.
Si entra nel regno della Verità, ed è un regno eterno, in
quanto le cose si vedono dal punto di vista di Dio. Soltanto per mezzo dì Dio
si entra nel regno della Realtà dove tutti sono vivi, dove la vita continua, e
continua eternamente.
Nell'ultimo giorno c'è questo passaggio che viene
proposto ad ogni uomo, ad ognuno di noi, ed è il passaggio dalle cose dei
sensi, dalle cose sentimentali, dalle cose che si vedono che si toccano, dalle
cose visibili, alle cose invisibili. È un passaggio che è proposto ad ogni
uomo.
DIO conduce tutti a morte per proporci questo passaggio:
dovremmo farlo molto prima, ma ci conduce su quel limite, all’ultimo giorno,
direi per costringerci a fare questo passaggio: il passaggio dalle cose che si
vedono alle cose che non si vedono.
E soprattutto dobbiamo evitare di ritenere che le cose
che non si vedono non ci siano perché noi non le vediamo.
Ora le cose che si vedono sono soggette al tempo,
passano, e se noi viviamo per le cose che si vedono, noi subiamo la morte,
certo, subiamo la morte. Le cose che non sì vedono, quelle sono eterne. È
Parola di Dio: "le cose invisibili sono eterne" (2 Cor 4,18). Ora noi
troviamo la nostra vita eterna, quindi non più soggetta a morte, soltanto in
quanto troviamo le cose eterne. Le cose eterne sono invisibili.
Ma, dico, come possiamo trovare le cose che sono
invisibili? Se sono invisibili come possiamo trovarle? È lì la meraviglia!
Tutte le cose che noi vediamo e tocchiamo nel mondo con i nostri sensi, che
esperimentiamo, che sono soggette al tempo, noi le vediamo e non sappiamo che
cosa siano. Invece le cose invisi bili, che sono eterne, si trovano in un modo
solo: conoscendole, intendendole! si trovano solo con l'intelletto! Si trovano
soltanto In questo modo: solo con la conoscenza!
Se noi ci aspettiamo di trovare le cose eterne In quanto
ci aspettiamo di vederle con gli occhi, di toccarle con le mani o di
esperimentarle, stiamo freschi! andiamo a finire all’inferno! Certissimamente
noi non arriveremo a toccare, a trovare l'eternità delle cose! così come non
arriveremo certamente a toccare Dio come tocchiamo e vediamo le cose materiali
o le cose corporee. Dio è Spirito, il che vuol dire che essendo Spirito è
invisibile e si trova soltanto conoscendoLo.
DIO non si è reso invisibile per renderci impossibile il
conoscerLo, ma Dio si è reso invisibile per renderci possibile il conoscerLo!
Però, ho detto, se le cose invisibili e quindi anche
tutti quelli che sono morti (che non sono morti, ma sono passati nel regno
dell'invisibile, quindi non sono stati annullato: sono passati nel regno di
Dio, sono andati verso un più, non verso un meno, hanno guadagnato, non hanno
perduto (quelli che muoiono guadagnano, non perdono, trovano una vita
maggiore...), sono entrati in quel regno in cui le cose si trovano solo
conoscendole, si offrono ad essere trovate.
Questo è il vero trovare. Noi camminiamo magari
cinquanta, sessant'anni con delle creature, ecc. e poi ad un certo momento ci
accorgiamo che non le abbiamo conosciute; viviamo assieme gomito a gomito e non
ci conosciamo. Siamo come nelle grandi città: tutti ci toccano, tutti ci
abbracciano, ecc., nessuno ci conosce. Invece nel regno di Dio no. Nel regno di
Dio unicamente ci si conosce, ed è, dico, il vero conoscere. Però questa
conoscenza, proprio perché conoscenza, viene soltanto da Dio.
E allora, dico, in questo ultimo giorno ci viene proposto
questo passaggio dalle cose che si vedono alle cose che non si vedono, ed è un
impegno per ognuno di noi.
E cos'è che ci impegna in questo? Quello che ci impegna in questo è
l'intenzione di Dio tra noi. State attenti: il giorno in cui Dio ci fa capire
la sua Intenzione, Lui ha inaugurato l'ultimo giorno con noi.
Il giorno in cui Lui ci fa capire qual è la sua
Intenzione il nostro mondo incomincia a morire: Dio ha inaugurato l'ultimo
giorno, perché di fronte alla sua Intenzione tutte le nostre intenzioni, tutti
i nostri valori incominciano a crollare, non possono reggere.
Quando uno ci dice la sua intenzione, noi possiamo
benissimo rifiutarla, noi possiamo ignorarla, fare quello che vogliamo, intanto
però quell'intenzione lì che ci è stata detta incomincia a sgretolarci la gioia
di seguire tutte le altre intenzioni. Arriva un certo momento in cui non
possiamo più vivere secondo le altre intenzioni.
È quell'intenzione fondamentale, quella di Dio, che
quando ci viene annunciata, comunicata, inaugura in noi la fine del mondo! La
fine del mondo si inaugura perché quest'Intenzione di Dio distrugge tutti i
valori, e distrugge tutti i valori per far capire qual è il vero valore.
Se l'intenzione di Dio comunicata inaugura in noi
l'ultimo giorno, ecco che l'ultimo giorno non è determinato dal tempo, non è
una cosa fatale..., poiché il tempo passa. L'ultimo giorno entra in questo
campo di intelligenza: è Dio che comunica a noi la sua Intenzione.
Ora la sua Intenzione tra noi è il Figlio di Dio, è il
Pensiero di Dio, il Cristo. Ecco perché noi abbiamo detto come tema di questa
sera: “Cristo
è l’ultimo giorno”.
Alcuni pensieri tratti dalla conversazione:
-
Cristo è l'ultimo giorno perché è
l'evidenziazione dell'intenzione di Dio. Ora, l'intenzione di Dio è di guardare
tutte le cose dal punto di vista di Dio: è lì che tu scopri la vita eterna!
scopri la vita che continua.
-
Basta la rivelazione di una
intenzione per capovolgerci la vita. Ora c'è un'Intenzione nel mondo, ed è
l'Intenzione di Dio. Il giorno in cui Dio ti comunica questa sua intenzione
facendoti capire: “Io ti ho creato per questo, per conoscere Me, ecc.", da
quel momento non ha più valore tutto ciò per cui tu vivi, perché a questa luce
tu ti chiedi: "cosa serve questo, cosa serve quell'altro, ecc.?" Ti
annulla tutto! È l'ultimo giorno! è la
fine del tuo mondo. Quest'Intenzione rivelata ha più valore di tutto il resto
perché riconosci che è secondo Verità, perché quello che viene da Dio è vero,
ha il sigillo della Verità, e ti fa scoprire che eri illuso quando pensavi che
era importante vivere per farsi una carriera, una famiglia, lavoro, ecc...; Lì
scopri invece che sono tutte cose fasulle, relative. È come se scoprissi che
ciò che pensavi fosse una pietra preziosa, uno smeraldo, era invece una pietra
qualunque.
Quando scopri che la cosa vale niente, non riesci più a
vivere per essa, perché la volontà per scattare deve essere convinta che la
cosa è importante. Lì o passi a volere quello che ti viene proposto, oppure
assisti a una perdita di vita, a questa distruzione di te stesso, perché non
hai più volontà di vivere, di amare, di pensare, non c'è più niente che ti
attragga. C'è questo disfacimento. Se tu non sposi questa Intenzione che ti è
stata annunciata tu non puoi più vivere per quello di prima, perché te l'ha
distrutto.
-
Per Capire qual è la Realtà devi
guardare le cose da Dio e puoi farlo in quanto puoi pensare Dio: lì Dio ti fa
capire che quelli che tu dici che sono morti sono vivi.
-
Si risorge da Dio, partecipando personalmente
da Dio; quindi se la morte avviene meccanicamente, la risurrezione richiede la
partecipazione personale.
-
"Chi crede in Me anche se morto
vivrà": anche chi si sente morto, e dice: "per me ormai tutto è finito", ha la possibilità di
risorgere, perché ha la possibilità di guardare le cose da Dio: “…chi crede in Me...”.
-
Sei morto quando vivi per le cose
che passano, ma risorgi quando scopri quello che in te è eterno: lì incominci a
vivere nell’eternità se ti afferri a quello.
-
Tutto Dio opera, anche la morte,
per portarci a vedere le cose come le vede Lui. Lui che non ha bisogno di noi
fa tutto questo!
-
Gesù fa opposizione a quello che
dice Marta, dicendo "Io": “Io sono la risurrezione e la vita, Io sono
l'ultimo giorno", facendole capire che l'ultimo giorno coincide con la
risurrezione: è il primo giorno della vita eterna. Lui è la risurrezione perché è il suo “Io” che collega tutto con il Padre,
facendoci così superare tutto il nostro mondo relativo che ci schiavizza e ci
fa subire la morte. Lui è la conclusione dei tempi, la pienezza dei tempi: Il
Primo e l'Ultimo.
-
Quando uno subisce il crollo dei
valori, lì è Dio che lo tocca, lì Dio gli rivela la sua intenzione, bruciando
tutto ciò che non è secondo Dio, ed esaltando invece tutto ciò che è secondo
Dio: lì è il giudizio, l'ultimo giorno della nostra vita nel pensiero dell’io.
Gesù le
disse: «Tuo fratello risusciterà».Gli rispose Marta: «So
che risusciterà nell'ultimo giorno».Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e
la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;Gv 11 Vs 23 - 25
- RIASSUNTI Domenica-
Argomenti: L’ultimo giorno è la manifestazione dell’Intenzione di Dio – La
visione oggettiva nella fede – I sentimenti e la
realtà – La morte è la fine del sentimento –
Il passare del tempo – Vivere per ciò che non è eterno – La morte all’io è premessa per trovare la realtà
spirituale -
19/settembre/1993 Casa di preghiera Fossano.