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Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato.  Gv 11 Vs 2


Titolo: L'offerta di Maria di Betania.


Argomenti: L'uomo è costituito dal "Tu" di Dio.  La fonte della malattia dell'uomo. L'uomo è incapace a pensare.  La morte si semina nella mente.  Cristo cura la malattia dell'uomo.  Anticipo.  Le stranezze.   Betania.  Maria di Betania è Maria di Magdala.  Il linguaggio dell'amore.  Azione e contemplazione.


 

24/Gennaio/1993 Casa di preghiera Fossano.


Siamo al versetto 2 del capitolo XI di s. Giovanni.  Qui si dice: “Maria era quella che unse di profumo il Signore e Gli asciugò i piedi con i suoi capelli; l'ammalato era suo fratello Lazzaro.”

Abbiamo già visto domenica scorsa il primo versetto che considerava questa malattia di Lazzaro.

L'attacco è giovanneo perché ci evidenze subito questa figura di Maria (mentre l'altro evangelista s. Luca, mette in evidenza Marta {Lc 10,38}) e rivela quindi quali sono i veri valori che stanno a fondo del Vangelo di s. Giovanni: la contemplazione.

La malattia di Lazzaro ci ha rivelato, la malattia dell'uomo, poiché Lazzaro rappresenta tutta l'umanità, quindi rappresenta ogni uomo. D'altronde tutte le figure del Vangelo sono universali perché sono attorno a Dio. Le parole di Dio, le figure, le scene che riguardano Gesù sono universali in quanto sono attorno a Dio, e quindi sono per ogni uomo, ché ogni uomo è attorno a Dio.

Ogni uomo è caratterizzato dal Tu dell'assoluto, dal Tu di Dio. L'uomo è fatto da una Presenza e tutti i problemi e anche tutte le tragedie che avvengono nella vita dell'uomo, sono determinate dalla presenza di questo "Tu", perché l'uomo fa esperienza di morte quando fa esperienza dell'assenza, quando si sente solo; e già questo testimonia, rivela che l'uomo sta su  in quanto ha la presenza di un altro, e quest'altro è Dio. Non bastano gli uomini; non c'è nessun uomo al mondo, come non c'è nessuna donna, che possano riempire la solitudine dell'uomo quando non ha Dio, perché il Tu da cui l'uomo è costituito è un Tu assoluto, eterno, infinito, per cui non c'è nessuna creatura che possa sostituire il vuoto che lascia questa presenza del Tu quando ad un certo momento non si lascia più trovare dall'uomo. E l'uomo può venire, e viene a fare esperienza dell'assenza; anzi, se c'è un'esperienza che l'uomo fa è l'assenza di Dio ed è per questo che l'uomo profondamente sente la sua solitudine, sente il non senso delle cose, il non significato della vita. L'uomo ha un significato in quanto ha sempre un "tu" davanti a sé per cui vivere e in cui giustifica re tutto e giustificarsi.

Questo è il principio che sta a fondamento di ogni uomo: "In principio era il Verbo..." (Gv 1,1). Ecco, è il Verbo questo Tu di Dio. Questo costituisce l'essere, la persona di ogni uomo.  Togliamo questo "Tu" e l'uomo si annulla, sprofonda nel niente; però si annulla senza toccare mai il nulla: non riesce ad annullarsi, non può annullarsi, perché non può annullare l'opera di Dio e l'uomo è un'opera di Dio, e quest'opera è fatta dalla presenza di Dio; per cui quando l’uomo fa l'esperienza di assenza si annulla, ma è un nulla che gli apre un abisso di tormento, perché non riesce ad annullarsi: "senza di Me fate niente".  Ecco, l'uomo fa questa esperienza del niente, così come fa esperienza di morte, ma una morte consapevole: non è una morte che diventa un nulla, un annientamento.  E' un essere consapevoli della propria morte. E' una morte che può diventare eterna.

Ora, parlando di questa malattia di Lazzaro, che, abbiamo detto, rappresenta la malattia di ogni uomo, abbiamo visto che la fonte di questa malattia sta nel fatto che l'uomo può separarsi dal Principio, può separarsi da questo “Tu", da questa presenza di Dio che porta in sé.

E questa malattia ha le sue radici soprattutto nei pensieri dell'uomo, nella mente dell'uomo.  E' nella mente che si semina la malattia che condurrà poi alla morte.  Quando nella nostra mente, avviene questa frattura tra i nostri pensieri e Dio, tra i nostri pensieri e il Principio, il Verbo di Dio, lì incomincia a lavorare la morte dentro di noi, perché i nostri pensieri separati dal Principio impazziscono.  Viene meno la conoscenza, perché la conoscenza sta nel fatto che uno ha presente in sé il “principio” di una cosa.

I nostri pensieri separati dal Principio Divino, in cui c'è la ragione di tutto incominciano ad impazzire. Noi siamo una carica di pensieri impazziti, disordinati. La malattia profondamente ha la sua fonte in un disordine nei nostri pensieri.

Ed abbiamo visto anche l'opera del Cristo. Cristo si definisce come Colui che parla a noi il Principio, ed è lì la meraviglia: Lui ci porta la vita, contrapposta alla morte che seminiamo noi, in quanto raccoglie i nostri pensieri staccati da Dio e li ricollega con il Principio: "Io sono Colui che parla a voi il Principio” (Gv 8,25).  E parlando il Principio che cosa fa? Riporta quei pensieri impazziti che portiamo dentro di noi e che sono seme di disordine, che sono seme di confusione, seme di malattia, li collega con il Principio.

E man mano che li collega con il Principio, sì forma in noi l'ordine della mente. La prima grande cosa da portare nell'uomo è questo ordine tra i pensieri, tra i pensieri che porta dentro di sé.

Per mettere un ordine bisogna avere un fine, bisogna avere “principio" e ricollegare sempre, le cose con quel "Principio". Ecco la meraviglia del Vangelo! La meraviglia di tutto il messaggio del Cristo, di tutte le parole che Lui ha detto, sta in questo riportare, raccogliere in continuazione tutto nel Principio, tutto nel Padre. "Una cosa sola è necessaria!", Egli dice (Gv 10,42). Noi ci riempiamo di difficoltà di vita, di problematiche, ecc., perché trascuriamo questa grande realtà: al centro di tutto c'è Dio, e Dio è il punto fisso di riferimento.

Cristo ci libera, ci ricostruisce, ci cura, ci salva, ci introduce nella vita eterna, ricostruendo i nostri pensieri, dando ordine ai nostri pensieri. E dà ordine ai nostri pensieri in quanto li collega tutti con il Principio; e il Principio è il Padre, in cui c'è la ragione di tutto.

Facendo così dà a noi la possibilità di incominciare a pensare. L'uomo è un essere terribilmente incapace di pensare. L'uomo è un essere paralizzato nella sua mente, non è capace di passare dai segni al pensiero e non è capace di passare dal pensiero ai segni: si trova sempre paralizzato e l'uomo paralizzato un uomo malato, è un uomo prossimo a morire.  La morte, ho detto, si semina nella mente.

Tutto è perfettamente ordinato da Dio, fatto molto bene ("E Dio vide che era buono..." {Gen 1,25}): ancora oggi è fatto molto bene per la nostra salvezza, tenendo sempre presente la situazione dei nostri pensieri, perché Dio si adegua ai nostri pensieri, per cercare di salvare il salvabile che si forma dentro di noi.

Quindi, dico, il principio della malattia, del disordine mentale, sta in questo, in quanto noi incominciamo a trascurare, a non tener conto di una Realtà in cui noi siamo inseriti. Certo, se uno vuole salire al primo piano e non vuoi tener conto della scala, è logico che il problema gli si fa difficile. Ora, c'è una Realtà in cui noi siamo inseriti. Siamo in questa Realtà: "Dio", e l'uomo deve tener presente questa Realtà.

E tener presente questa Realtà vuol dire tener presente la finalità in cui noi ci troviamo.  Tutte le cose sono finalizzate. L'universo è "uni-verso", perché è finalizzato, rivolto verso un fine ben preciso. La nostra vita porta in sé un ordine ben preciso, perché noi siamo stati creati per cercare e per conoscere Dio. Ma se noi trascuriamo questa Realtà ("uomo, sei stato creato per cercare e per conoscere il tuo Signore": è Parola di Dio! {Os 13,4; Sap 15,3; Gv 17,3}), se noi trascuriamo questo fine, è logico che tutto in noi si rende difficile. E' come se io volessi salire al primo piano senza tener conto della scala: sono io che mi rendo la vita difficile!

Cristo viene a curare l'uomo in quanto viene a curare l'ordine nei pensieri dell’uomo, e in tal modo ci fa vedere anche qual è la via per curare l'uomo e per recare la salvezza all'uomo, e per introdurlo nella vita.

Abbiamo detto: Lazzaro è un simbolo, un segno teniamo presente che qui siamo all'inizio della seconda parte del vangelo di S. Giovanni, quella parte che è il "libro delle Parole". La prima parte è il "libro dei segni". Qui inizia la seconda parte, il libro delle Parole. Il libro delle Parole è tutto impostato su questo: morte e risurrezione. Inizia con la malattia, la morte e la risurrezione di Lazzaro e termina con la morte e risurrezione di Cristo. E' tutto racchiuso tra questi due poli.  Eppure è il libro delle Parole: il libro delle Parole che è il libro del "Cielo - Cielo", quello che ci porta al "tutto Cielo".

Tutta questa seconda parte ci porta allo Spirito Santo, lo Spirito di Verità: è tutta improntata su questa venuta dello Spirito di Verità. Ma questo Spirito di Verità ha questo fondamento: "morte e risurrezione dell'uomo". Perché senza questo morire dell'uomo alle cose visibili (segni) e questo risorgere dell'uomo alle cose invisibili ("se siete morti con Cristo e se siete risorti con Lui, non vivete più per le cose che si ve dono, ma vivete per le cose invisibili perché le cose invisibili sono eterne"{Col 1,3; 2 Cor 4,18}) non si può giungere allo Spirito Santo.

Dunque la seconda parte è impostata tutta su questo morire alle cose visibili e questo rivivere, risuscitare, risorgere, quindi impegnarsi nelle cose invisibili, perché lo Spirito Santo si trova lì, la Verità si trova lì; la vita vera si trova lì.

Dico, questa seconda parte è tutta impregnata di questo, ed è meraviglioso il disegno dì Dio perché parlando Dio ci prepara alla "Realtà" che verrà. Ho detto che tutte le cose Dio ce le fa arrivare in anticipo: le Parole sue sono un anticipo rispetto alla "realtà" che sta per venire.  Dio parla In anticipo, perché abbiamo detto che tutto il problema si risolve con l'anticipo in quanto nell'anticipo uno concepisce quella Realtà che domani sarà. E' soltanto nella misura in cui l'uomo ha concepito che diventa capace di sopportare la Realtà che viene. Se Dio arriva a noi e noi non L'abbiamo concepito, Dio per noi è insopportabile.

Così noi ci troviamo con questa malattia, questa morte e risurrezione di Lazzaro che è un anticipo della morte e della risurrezione di Cristo, e in quanto anticipo è una preparazione per rendere noi capaci di capire la morte e la risurrezione del Cristo. Ecco perché pochi giorni prima della passione e della morte del Cristo noi troviamo questa malattia, questa morte e questa risurrezione di Lazzaro: è per farci capire l'altro fatto che deve succedere. Tutto è in funzione del Cristo e tutto è per renderci capaci di capire l'opera del Cristo.  "Capite quello che vi ho fatto?"(Gv 13,12).

Tutto il mistero della vita sprofonda in questo "fatto da Dio per noi". E cos'è che Dio ha fatto per noi?  Tutto si conclude con la Croce! Quello che Dio ha fatto per noi è questo suo venire a morire in noi. Morendo dice a noi: "capisci quello che ti ho fatto?  Io, che sono l'Eterno, l'Assoluto, il Vivente, Io che parlo in tutto, Io che do vita a tutti, ecco quello che faccio!"

Dio si mette nelle mani dell'uomo, si lascia annullare dall'uomo e fa fare all'uomo l'esperienza della sua assenza, del suo silenzio, della sua morte. Ma facendogli fare questa esperienza gli dice:  "capisci quello che Io ti ho fatto? Io mi sono venuto ad annullare in te e per te: capisci?"

E per darci la possibilità di capire, ecco l'avvenimento "Lazzaro", morto e risorto prima che avvenga la morte e la risurrezione del Cristo, affinché noi siamo fatti capaci di capire il significato di questo, perché è qui, in questa morte e risurrezione, che si imbastisce il libro delle Parole, le Parole che parlano dello Spirito di Verità, lo Spirito Santo.

E' per questo che Lazzaro è essenzialmente una figura rappresentativa. Però attorno a questa figura rappresentativa di ogni uomo, noi troviamo due donne:

troviamo Marta e Maria secondo s. Luca;

troviamo Maria e Marta secondo s. Giovanni.

Nulla avviene a caso e gli ordini di precedenza sono molto importanti.

Anche qui se Lazzaro è una figura rappresentativa, simbolica per ogni uomo (quindi in lui noi dobbiamo trovare ognuno di noi), che segno hanno per noi queste due donne, Maria e Marta? Cosa significano queste due donne attorno a Lazzaro che lo appoggiano, lo sostengono, al punto tale che, ed è una cosa stranissima, quasi quasi qui l'uomo scompare: Lazzaro diventa una figura di second'ordine; ed è strano, molto strano nel popolo ebreo questo scomparire della figura "uomo", e questa precedenza della donna. Qui infatti le figure dominanti sono Maria e Marta:

secondo s. Luca è Marta la figura dominante;

secondo Giovanni è Maria,

secondo Gesù è Maria.  "Maria ha scelto la parte migliore" (Lc 10,42), dice, quindi la figura dominante per Gesù é Maria.

Sono loro che sostengono il loro fratello. E già, qui noi ci troviamo cori una problematica, con una singolarità, una stranezza. Le stranezze sono molto importanti nel Regno di Dio, perché sono proprio esse che ci fanno pensare. E qui capiamo anche una cosa molto importante: che le singolarità, le stranezze sono quelle attraverso cui Dio opera per farci nascere al pensiero, per impegnarci a pensare: ci fanno pensare! E il pensiero è la cosa essenziale per arrivare a concepire, quindi abbiamo in esse tutto un progetto di sviluppo…

Dunque in Betania, in questo paesetto posto lì, alle pendici di Gerusalemme ("un borgo a pochi chilometri da Gerusalemme, ridosso del Monte degli Ulivi verso oriente": vedi art. “Maria di Bethania"), noi troviamo questa famiglia strana, singolare e le singolarità di essa stanno in questo:

abbiamo un fratello, due sorelle notate bene, tutti da sposare. Come? un fratello, due sorelle tutti da sposare?  In ambiente ebraico in cui la famiglia è il centro di tutto, come è possibile trovare una famiglia in cui nessuno si è sposato? Che significato ha? e perché questo? Ecco la stranezza e il bisogno di capirne il perché, di trovarne una ragione, un significato.

Ma c'è qualcosa ancora di più: qui abbiamo un fratello e due sorelle che costituiscono una famiglia sola, e qui ritorniamo di nuovo alla grande simbologia: c'è un'unità, una famiglia e tre persone... Dico, c'è questa stranezza: notiamo che siamo nell'ambiente ebraico, eppure l'uomo qui scompare, è in second’ordine; le figure dominanti sono due donne. Due donne figure dominanti? in ambiente ebraico? è un'altra stranezza che non ha una giustificazione. La donna è sempre quella che si deve velare, che deve scomparire... Eppure qui queste due donne vengono presentate come figure dominanti, e che razza di dominio hanno! Sono loro che organizzano tutto.

E poi c'è un altro fatto strano, molto strano: l'amicizia con Gesù: come può essere sorta?

Sono tre punti interrogativi che sono di una portata immensa.

Dico, come può essere sorta quest’amicizia con Gesù?  Gesù era galileo, quindi viveva a 130-140 chilometri di distanza nord; loro non erano discepoli di Gesù, non erano apostoli.  Dico, non erano galilei, non erano di Nazareth, non erano parenti con Gesù. Non erano parenti di Gesù! Erano in Giudea. Eppure qui si dice, e anche gli altri evangelisti lo fanno notare, c'era questa amicizia: Gesù tutte le volte che andava e Gerusalemme salendo da Gerico si fermava lì.  Era il posto amico. Qualcuno ha addirittura chiamato Bethania, ha interpreto, tradotto, il nome di Bethania come "casa dell'amicizia", ma non è vero perché il termine Bethania vuol dire "casa dell'afflizione" e vedremo anche il perché di questa afflizione. Comunque viene presentata come "casa dell'amicizia", perché?  Perché Gesù si fermava sempre lì nei suoi viaggi a Gerusalemme.

Ogni cosa ha la sua ragione, e come è sorta quest’amicizia con Gesù e come é sorto questo amore di Gesù verso questa famiglia? Infatti le sorelle Gli manderanno a dire: "Colui che tu ami è ammalato!" (Gv 11,3). Come "colui che tu ami?" ma per quale motivo c'era questo amore?

Abbiamo questi tre grandi interrogativi che ci lasciano in sospeso, cioè ci impegnano a pensare, perché ogni cosa che esiste ha un suo significato, un suo valore, una sua giustificazione e se ci viene presentata vuol dire che c'è un "pensiero", e dobbiamo impegnarci per capirlo, interrogando: "Signore, che lezione ci vuoi dare?", perché, dico, è un fatto singolare, non un fatto comune. Quando ci troviamo di fronte a dei fatti comuni noi non interroghiamo più: è comune, è una cosa comune. Noi vedessimo la televisione per la prima volta, avremmo un'infinità di punti interrogativi: come è possibile vedere le immagini a tanta distanza? come si fa?" Ad un certo momento non ci facciamo più caso: è comune, è diventato comune: finito, chiuso! non si interroga più!

Ecco come ad un certo momento il pensiero in noi si spegne! Dio però rompe questa crosta con cui noi tendiamo a rendere tutto comune per cui non interroghiamo più, e ci presenta la singolarità.

Abbiamo detto che Dio essendo singolare fa in tutta la sua creazione delle singolarità: non c'è una persona uguale all'altra; non c'è un filo d'erba uguale ad un altro. C'è questa singolarità che trionfa in tutto, perché Lui è Uno, Lui è singolarità, e se noi sapessimo fermarci in questo basterebbe questo, per farci concepire Dio. Abbiamo detto che noi incominciamo a concepire soltanto in quanto incominciamo a vedere la singolarità che c'è tra un fiore e un altro fiore, tra una stella alpina e tutti gli altri fiori. Soltanto comprendendo, capendo, dove sta la differenza tra un fiore e l'altro fiore noi incominciamo a capire, a conoscere, a concepire il fiore e quindi siamo fatti capaci di riconoscerlo, prima no.

Quindi Dio ci presenta anche qui a Betania questa singolarità di una famiglia strana, molto strana e ci chiediamo: come è successo e perché?  Il perché ce lo dà Maria stessa e ce lo rivela poco tempo dopo questa malattia, questa morte e questa risurrezione dì Lazzaro, e cioè pochi g[orni prima, addirittura quattro o cinque giorni prima della passione e delle morte di Gesù durante una cena offerta a Gesù in casa di un certo Simone detto il lebbroso (Mt 26,6). E' Maria che pone la sua firma e lì ad un certo momento il velo si squarcia e si capisce perché c'era questa famiglia fatta così. Pochi giorni prima della passione e della morte di Gesù, sempre in Bethania ci fu una cena in onore di Gesù. Gesù aveva risorto Lazzaro: ecc...

In questa cena operavano anche Maria e Marta, ecc. E ad un certo momento avvenne un fatto che fa capire tutto.

L'interpretazione ufficiale dice che questa Maria di Bethania non era la prostituta di Magdala; qui invece, in questo versetto (quindi prima che avvenisse l'episodio della cena di Bethania) Giovanni dice che “Maria di Bethania era quella che unse” (unse passato remoto!), che unse di profumo il Signore e Gli asciugò i piedi con i suoi capelli.

Adesso noi vediamo che in quella cena offerta a Gesù in Bethania, pochi giorni prima della sua passione e morte, avviene un fatto quanto mai chiarificante: lo leggo da un articolo che venti e più anni fa avevo scritto quando avevamo parlato delle figure femminili attorno a Gesù. "Maria di Bethania".  Ne estraggo la parte principale:

"Fu durante quella cena in casa di Simone il lebbroso che Maria, mentre tutti erano intenti chi a servire e chi a mangiare, venne con un prezioso vaso di alabastro pieno di una libbra di profumo di nardo genuino di grande valore, e spezzatolo, ne versò il contenuto sul capo e sui piedi di Gesù, e si mise ad asciugarli con i suoi capelli.

Evidentemente tale fatto per lei andava ben al di là di un semplice atto di omaggio e di ossequio che l'Oriente prodiga agli ospiti di riguardo. La quantità di profumo, la preziosità di esso, il vaso spezzato, l'umiliazione devota nell'asciugare i piedi del Maestro con i suoi capelli scomposti, erano segni che, per quella donna e per Gesù, quel fatto era carico di un significato ben preciso che non poteva essere colto dai presenti: «e la casa fu ripiena di tutto quel profumo» (Gv 12,3)".

E l'evangelista lo dirà poi in seguito: quel profumo era stato stimato trecento denari! Ora, per renderci conto del suo valore, teniamo presente che allora un denaro era la paga di una giornata di lavoro: quel profumo quindi valeva trecento giornate di lavoro! Fate la comparazione al giorno d'oggi con quello che vale ora la giornata di lavoro, moltiplicatelo per trecento potrete rendervi conto che stiamo sui venti - trenta milioni: ecco il valore di quel profumo!  E allora si può capire cosa vuol dire "quello spreco" attorno a  Gesù.

“La cosa aveva impressionato tutti e irritato alcuni dei discepoli di Gesù, perché....”.

Notiamo che siamo a quattro giorni prima della passione e morte di Gesù, e i discepoli si irritano per questo spreco di una donna ai piedi di Gesù di una cosa tanto preziosa! Questo ci fa capire quanta fatica si richieda per far maturare l'anima dell'uomo!

“...  perché, non potendone cogliere l'anima profonda, era sembrato loro un grande spreco: perché scopo tanto sciupo?  Si sarebbe potuto vendere per trecento denari e darne il ricavato ai poveri”.  Trecento denari erano l'equivalente di trecento giornate di lavoro: quasi un anno di fatiche! era lo scandalo di ogni tempo; era la frattura che spacca il mondo in due, ancora adesso, tra coloro che misurano il valore della vita da ciò che si guadagna e coloro che misurano il valore della vita da ciò che si ha il coraggio di perdere, di lasciare, per amore. Eppure nel regno della Verità resterà solo ciò che avremo saputo perdere per amore, mentre tutto ciò che avremo voluto tenere, ciò cui non avremo saputo rinunciare, andrà veramente perduto, perché ci avrà fatto perdere l'amore.

Il linguaggio dell'amore non potrà essere mai capito da coloro che non vi sono dentro, perché chi non ama è mosso dal calcolo, dalla prudenza, dall’interesse, dalla figura, cose tutte di cui chi ama non fa assolutamente conto, poiché l'amore vive di ben altro. L'amore sarà sempre all'opposizione del calcolo. Ma solo l'amore ha l'intelligenza che penetra nei cuori e intuisce i pensieri e le pene; solo l'amore sa comprendere, sa cogliere l'essenziale e sa giungere al tempo giusto per rispondere ad un'attesa.

Così, mentre gli altri vedevano Il valore sprecato di quel vaso di profumi, Gesù che portava con Sé il senso della sua morte ormai vicina, vedeva, in quel profumo che Maria gli aveva cosparso addosso, in quel capo chino con i capelli scomposti e sparsi sui suoi piedi, vedeva la scena della sua sepoltura. Per questo a chi rimproverava quello spreco rispondeva: «Perché la rimproverate? Essa ha compiuto un'opera buona verso di Me! I poveri li avrete sempre con voi, ma non sempre avrete Me. Costei spargendo questo profumo sul mio capo lo ha fatto per la mia sepoltura - e aggiungeva - In verità vi dico: ovunque sarà predicato il Vangelo, nel mondo intero, si parlerà di ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei"(Gv 12,7-8; Mt 26,13).

Per inciso diciamo che sono passati duemila anni da quando queste parole qui sono state scritte: duemila anni! Oggi come oggi in tutto il mondo dove si parla il Vangelo si parla di lei.

"L'amore sa intuire e sa prevenire. Là invece dove l'amore è assente si arriva sempre in ritardo.  In questo arrivare prima e in questo arrivare dopo sta dunque il segno della presenza o dell'assenza dell'amore. Maria con il suo amore aveva intuito che quella cena recava con sé un profondo mistero d'amore: era la cena d'addio che il suo Maestro aveva voluto donarle prima di consegnarsi ai suoi nemici. E lei aveva voluto ricambiare con un suo dono, un dono che fosse tutto un canto d'amore e di riconoscenza, in cui fosse racchiusa tutta la sua anima, tutta la sua vita; un dono che agli occhi di tutti sembrasse uno spreco perché doveva dire al cuore di Gesù la cosa più preziosa ch’essa portava nel suo cuore.

Quale dono poneva Maria di Betania sulla tomba di Gesù? sulla sepoltura di Gesù?  Poneva ciò che di più prezioso essa aveva ricevuto da Lui: Maria di Bethania poneva Maria di Magdala". Era dunque lei!  Maria di Magdala, la prostituta di Magdala (gli uomini la conoscevano così: la prostituta di Magdala), era Maria di Bethania. Qui c'è la chiave di volta per capire il segreto di quella famiglia.

"RinnovandoGli l'offerta di quel giorno in cui l'aveva salvata, Gli faceva l'offerta d'amore di tutta la sua vita per sempre.  Solo l’amore sa trovare i segni che dicono tutto.

In quel profumo sparso ai suoi piedi, Maria dì Bethania aveva voluto rinnovare quella prima offerta di profumo ch’essa, Maria di Magdala, aveva fatto a Lui Maestro divino, in un altro pranzo, avvenuto anch’esso in casa di un altro Simone, ma in condizioni d'animo ben diverse e molto lontano di lì, in terra di Galilea, in quella località della spiaggia del lago di Genezareth, chiamata Magdala, là dove si snodavano le città balneari per gli ufficiali romani, i greci, i fenici, gli ebrei facoltosi: Tiberiade, Cafarnao, Magdala, "le città-bene" che inviavano immensi tesori a Gerusalernme, perché vivevano sulla prostituzione. Là era ben conosciuta soprattutto dagli uomini, e chiamata Maria Maddalena, appunto: Maria di Magdala. Ma essa non era di Magdala, non era nemmeno della Galilea.

Era venuta a Magdala perché vi si trovava la "spiagga-bene" della Palestina di allora e poi... perché la vergogna non gravasse troppo da vicino sulla sua famiglia in Bethania. Ma il peso di questa sorella, prostituta, aveva talmente gravato su quei cuori, da portare Lazzaro fuori di ogni vita sociale di mondo, e da rendere Marta, massaia di casa".

Ho detto: in questo fatto c'è la chiave di lettura per capire la "stranezza" di questa famiglia.

"Fu in quel tempo ch’essa aveva sentito parlare di Gesù.  Poi L'aveva anche visto e si era anche fermata, confusa tra la gente, ad ascoltare quelle sue parole meravigliose che scendevano limpide e pure nei cuori e li rinnovavano. Bastava sentirlo parlare per sentire tutta la nostalgia del suo cielo. Così in quel giorno in cui Gesù era stato invitato a pranzare in casa di quel fariseo facoltoso di nome Simone, essa non aveva più esitato. Era entrata nella sala da pranzo con un vaso di profumo e l'aveva sparso ai suoi piedi, poi la piena del suo animo tronpo a lungo repressa aveva finalmente trovato la via d’uscita, era scoppiata in pianto... Le lacrime erano scese abbondanti sui piedi di Gesù e glieli aveva asciugati con i suoi capelli disciolti.  Gesù l'aveva salvata".

E l'articolo conclude così:

"Non si era più staccata da Lui. Con altre donne L'aveva accompagnato in tutti i suoi viaggi di Galilea e fuori di Galilea, servendolo con tutte le sue sostanze. Poi era rientrata in casa sua in Bethania, ma il suo pensiero e il suo cuore erano sempre con il Maestro, pur restando in terra di Giudea e Lo seguiva passo passo sì da sapere sempre dove Egli si trovava, perché l'amore vive di più con Colui che ama che nel proprio corpo. Così quando Lazzaro suo fratello cadde malato, lei poté subito mandare ad avvisare Gesù facendogli dire: “colui che tu ami è ammalato” Gesù era fuggito nel deserto e lei lo sapeva dov'era.

"Ma sul Calvario essa sarà presenta cori tutta se stessa ai piedi della croce, vicina alla Madre di Lui, presente con il nome con il quale Gesù l'aveva incontrata e salvata: Maria di Magdala, per dirgli tutto il suo annientamento con Lui, nella sua morte. E il giorno della sua risurrezione sarà la prima fra i discepoli alla quale Gesù si presenterà e la chiamerà ancora per nome, il suo: Maria!  '

La tradizione ci dice ch’essa avrebbe trascorso gli ultimi anni nella contemplazione del suo Signore in una grotta naturale della Provenza, a la Sainte Baume”.

E così chiude l'articolo.

Ho detto che Maria in questa scena finale pochi giorni prima della morte del Signore, ha posto la sua firma, ha rotto il sigillo e ha rivelato il segreto della sua famiglia.  Lì, in quell'ultima cena, data in onore di Gesù pochi giorni prima della sua passione e della sua niorte, Maria di Bethania aveva rotto il sigillo e aveva rivelato, e l'ha rivelato a tutto il mondo, che Maria di Bethania era di Magdala, era la prostituta.

In questa unione di queste due figure, c'è la chiave di lettura per capire la singolarità di questa famiglia di Bethania.  Ecco perché:

non si erano sposati: c'era una vergogna che gravava su di loro, c'era una macchia che gravava su di loro: per questo non si erano sposati;

Lazzaro era venuto in second'ordine e la massaia, l'elemento dominante, era diventata la sorella Marta;

questa famiglia aveva una grande amicizia con Gesù.

Così abbiamo la risposta ai tre grandi interrogativi su questa famiglia.

Ma resta una cosa: abbiamo detto all'inizio, Lazzaro è segno di ogni uomo e della malattia di ogni uomo. Queste due figure, Maria e Marta attorno a Lazzaro che significato hanno per ogni uomo?

Dio creando l'uomo, ha creato in lui un cielo e la terra; ha posto in lui un sogno e una realtà. E l'uomo è una fusione di questi due termini. L'uomo è costituito dalla presenza del Tu di Dio, il sogno, il Cielo.  Il sogno!  L'uomo porta questo sogno divino, questo sogno di assoluto, di eterno di infinito e non lo porta senza un significato. Non è l'uomo che si è sognato queste cose, non è l’uomo che ha inventato Dio, è Dio che ha creato l'uomo! L'uomo subisce, l'uomo porta: subisce questa passione di assoluto, porta con sé, subisce questo sogno.

Abbiamo detto: nell'uomo ci sono questi due grandi termini, è accompagnato da questi due grandi termini: il sogno e la realtà. E questi due grandi termini sono rappresentati da queste due donne:

Maria è il sogno,

Marta rappresenta la realtà.

Maria è la contemplazione, Marta è l'azione.

Ma se noi, poiché tutto ha un significato profondo, se noi ci portiamo nel fine, ne comprendiamo il significato profondo. Infatti ho detto che lo scopo è quello di arrivare allo Spirito Santo, perché tutta la seconda parte del Vangelo di s. Giovanni è tutta improntata a portarci in quell’ultimo passo in cui c'è Cielo - Cielo.  Noi partiamo dalla terra - terra, e poi abbiamo "terra - Cielo" che è Gesù Cristo, per arrivare al "Cielo - Cielo", cioè là dove tutte le cose si conoscono in Dio e da Dio, perché soltanto conoscendo in Dio e da Dio, avendo Dio come punto fisso di riferimento, derivando, deducendo da Dio, si arriva allo Spirito Santo e si è inseriti in quella Trinità divina in cui si trova la presenza di Dio. Perché la presenza di Dio presuppone il concepimento di Dio, presuppone la deduzione da Dio di ciò che è concepito, ed è soltanto lì che si arriva allo Spirito della Presenza di Dio, quella Presenza che diventa nostra salvezza e tutta la nostra vita.

Se noi ci portiamo, o meglio, ci proiettiamo in questa finalità, in questo fine, noi troviamo che:

il sogno, la contemplazione, diventa la "dedizione" per concepire Dio: Maria è colei che contemplando concepisce Dio.

la "realtà", l'azione, diventa la "deduzione", la partecipazione alla deduzione dal Padre: Marta è colei che deduce da Dio.

E allora c'è questa simbologia, di questa strana famiglia costituita da un fratello che ad un certo momento si ammala e muore (poiché sul piano terra - terra si trova in conflitto tra contemplazione e azione, tra sogno e realtà): e noi troviamo in lui la simbologia col Cristo che si ammala e muore della nostra malattia.  E abbiamo queste due sorelle che, riportate nel Cielo, nel significato divino, concludono nella Trinità Divina.

Maria rappresenta il sogno, l'amore: sogno d'amore. E' questa vita tutta per Uno solo.  Addirittura assorbe la prostituta, assorbe la Maria di Magdala, ecc., nella Maria di Bethania, offrendosi tutta a Lui: offrendosi tutta a Lui! Ecco la trasfigurazione, la trasformazione che Cristo opera! Maria è il sogno, quindi colei che concepisce Dio, offrendosi a Dio.

Marta è l'azione, quindi colei che deduce e che, deducendo da Dio, conclude con l'inserimento nella Trinità Divina, cioè con lo Spirito Santo.