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Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro.  Gv 11 Vs 17


Titolo: La morte, assenza di eternità.


Argomenti: Mancanza di fede dei discepoli.  Battesimo di giustizia.   La morte va letta nell'Intenzione di Dio non nell'intenzione del nostro io.  In cosa consiste la Vita?


 

4/Luglio/1993 Casa di preghiera Fossano.


Gesù venne dunque in Giudea.

Ritorna in Giudea.

Erano partiti dalla Giudea, quando avevano cercato di lapidare Gesù.

Gesù e i suoi discepoli si erano ritirati al di là del Giordano dove Giovanni Battista aveva battezzato in preparazione alla venuta del Messia.

Se ne erano andati dalla Giudea e adesso ritornano in Giudea.

Noi dobbiamo chiederci anche qui, quale lezione Dio ci vuol dare con quest’andare e venire di Gesù.

Che significato può avere questo e sopratutto che cosa Dio ci vuol significare di Sé.

Perché in tutto Dio non fa altro che parlare di Sé a noi.

Dio è comunicazione, Dio è rivelazione.

Dio è dono di Sé.

Mistero che si dona.

Donandosi dà a noi la possibilità di conoscerlo, di partecipare quindi.

Si partecipa di ciò che uno è attraverso la conoscenza.

Partecipare è vivere.

Nella conoscenza c'è la comunicazione dell'essere.

E Dio opera ogni cosa per renderci partecipi di quello che Lui è.

Quello che Lui è, si comunica a noi attraverso la conoscenza.

Noi siamo chiamati a fare una cosa sola con Dio.

Attraverso la sua conoscenza.

Tutti i fatti e tutte le lezioni, tutte le Parole di Dio sono sempre improntate da questa lezione fondamentale di Dio: quella di comunicare Se Stesso.

Qui avevano lasciato la Giudea e ora ritornano in Giudea.

Si potrebbe pensare che Gesù lasciò la Giudea perché scappava da coloro che volevano lapidarlo.

L'elemento determinante le azioni, le parole e le opere di Gesù, non sono certamente gli uomini.

Quindi non possono essere le minacce degli uomini a condizionare gli spostamenti di Gesù.

Tanto è vero che quando sarà la sua ora, Lui stesso si offrirà agli uomini per essere mandato a morte.

Non possiamo quindi giustificare le azioni di Gesù in base alle minacce degli uomini.

C'era piuttosto altro.

Siccome Lui stava formando i suoi apostoli, noi dobbiamo cercare lì la ragione di quest’uscita dalla Giudea e di questo rientrare ora in Giudea.

Abbiamo visto che nei discorsi che aveva fatto Gesù, c'erano rimasti sopratutto due punti fondamentali che non erano entrati nella testa dei discepoli.

Gesù aveva affermato: "Io e il Padre siamo Uno".

Quest’affermazione non può essere certamente intesa con la logica del mondo.

E poi ancora: "Il Padre è in Me ed Io sono nel Padre".

Sono parole che non potevano essere assimilate e non potevano essere digerite.

Perché non trovavano nei discepoli quella base fondamentale che è condizione per poter capire le cose dello Spirito.

Nel pensiero dell'io o nel pensiero delle cose del mondo, le cose di Dio non entrano.

Non possono entrare.

Le cose del mondo servono, sono segni di comunicazione, però la comunicazione avviene sempre nello Spirito.

È lo Spirito che illumina i segni e le parole.

Non sono le parole e i segni che illuminano lo spirito.

Che negli apostoli non ci fosse questo spirito, l'abbiamo visto proprio al di là del Giordano.

A un certo momento, l'elemento dominante in loro era la paura.

La paura di che cosa?

La paura dell'uomo: hanno cercato di lapidare Gesù.

Il fatto che nei suoi apostoli, nei suoi discepoli l'elemento dominante fosse la paura (sentimento), questo rivela che in loro non c'era il Pensiero di Dio posto al di sopra di tutto.

Loro non vedevano il Regno di Dio, cioè non vedevano Dio regnare in tutto.

Credevano in Dio, al punto da aver lasciato tutto per seguire Gesù.

Ma evidentemente c'era una fede che era sfasata perché questa fede non portava all'elemento basilare: credere che tutto sia opera di Dio, come in realtà, tutto è opera di Dio.

Quando in noi l'elemento dominante è la paura, evidentemente è perché noi riteniamo che qualche cosa sfugga al Regno di Dio e quindi sia in mano agli uomini.

Gli uomini che come abbiamo visto, cercano di lapidare Gesù.

Non si cerca allora il significato presso Dio della cosa, ci si ferma al costatare che sono gli uomini che operano.

Ecco per cui Gesù aveva riportato i suoi apostoli, i suoi discepoli al di là del Giordano dove Giovanni Batista aveva battezzato.

Li aveva riportati a quel principio di giustizia che aveva affermato Giovanni Battista e che è la condizione per poter accogliere il messaggio di Gesù, per poter ascoltare le parole di Gesù, è la condizione.

Infatti, quanti non erano stati battezzati dal Giovanni Battista non potevano seguire Gesù.

Non potevano ascoltare Gesù.

Il Battesimo di Giovanni è un battesimo di giustizia e come battesimo di giustizia c'era quest'elemento fondamentale: Dio è il centro di tutto, Dio è Colui che regna, Dio è il Creatore di tutto.

Tutto quindi va accolto, riferito e riportato a Dio.

Tutto va sempre visto in questa situazione qui.

Centralità di Dio.

Questo è poi l'antico messaggio che sta a fondo di tutto l'antico testamento.

Sono tutte lezioni di Dio: uno solo è il Dio Creatore, non avrai altro Dio all'infuori di Lui.

Quindi riconosci che tutto è parola sua, opera sua, cerca di intendere in tutto il suo pensiero e non avere paura di niente.

Gesù dirà di non avere paura degli uomini, di coloro che possono uccidere il corpo:"Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati, non ne cade uno senza che il Padre lo voglia".

Quindi si vive in questo Regno di Dio, o si crede o non si crede.

Se si crede bisogna riconoscere come fondamento di ogni cosa questa presenza, quest'opera di Dio in tutto.

Lui è il Creatore e noi siamo tutti spettatori di quest'opera che Dio fa.

In quanto spettatori, noi siamo tenuti ad ascoltare, a ricevere, ma sopratutto a capire.

A intendere: ci vuole intelligenza.

"Dio è spirito e vuole adoratori in spirito e verità" e qui a fondamento c'è l'intelligenza.

 Non si può conoscere la verità se non con l'intelligenza.

Quindi non si giunge alla verità con il cuore, con i sentimenti, con le paure eccetera...

Si giunge alla verità con l'intelletto.

Chiunque sia, povero o ricco, sano o malato, ognuno è chiamato a questo.

Dio è Colui che parla con noi in tutto.

Noi ci troviamo in questa grande aula che è l'universo, in cui c'è questo Maestro divino che parla, tiene le sue lezioni e insegna.

Quanti lo seguono, giungono e giungono anche con semplicità e facilità alla conoscenza di Lui, alla vita eterna.

Perché Dio non fa le cose difficili.

Le cose difficili siamo noi che le provochiamo.

Ma Dio non fa le cose difficili.

Le cose diventano difficili perché noi ci complichiamo la vita non ricevendo tutto da Lui e non riportando tutto a Lui.

C'era questa difficoltà nei suoi apostoli.

Gesù operava per formare i suoi apostoli, essenzialmente per questo.

I suoi apostoli non potevano entrare in quelle ultime parole che Gesù aveva detto in Giudea e che è necessario intendere per poter poi arrivare alla conoscenza di Dio.

Non potendo ricevere questo per la loro mentalità materiale, staccata da Dio, era necessario che Gesù li riportasse alla lezione di giustizia del Giovanni Battista.

A quella giustizia fondamentale di riportare tutto a Dio.

Di mettere Dio al centro, di riferire tutto a Dio.

Però anche al di là del Giordano, abbiamo visto che le cose si sono complicate.

Quando si è trattato di ritornare in Giudea, perché Lazzaro era morto, qui l'elemento dominante nei discepoli è stato la paura.

Qui cominciamo a capire perché Lazzaro è morto, o meglio perché Gesù ha lasciato... o diciamo meglio, perché Gesù ha fatto morire Lazzaro.

Anzi Gesù addirittura si rallegra di non essere stato là quando Lazzaro era malato, come gli avevano mandato a dire le sorelle di Lazzaro.

Si rallegra!

Se si rallegra, di non essere stato là, vuol dire che si rallegra del fatto che Lazzaro sia morto.

Fa capire che la morte quindi serve a qualcosa.

Infatti, lui: "È morto a causa vostra, affinché voi crediate".

Se dice: "Affinché voi crediate”, evidentemente è perché loro non credevano.

Noi ci troviamo con il primo segno che Gesù diede con i suoi discepoli a Cana, dove trasformò l'acqua in vino, questo fu il primo segno e: "I suoi discepoli credettero".

Dopo tre anni dal primo segno in cui i suoi discepoli credettero, ci troviamo qui con l'ultimo segno di Gesù e i suoi discepoli non credono.

Ci fa capire che il cammino della fede non è tanto facile per creature che si sono immerse nel pensiero dell'io, sono vissute in questo mondo che è dominato dal pensiero dell'io.

Comunque il grande fatto che Gesù ci dice è che Lazzaro è morto per loro.

Questo ci fa capire che la morte serve per qualcuno.

Noi abbiamo detto molte volte che tutti coloro che muoiono prima di noi, muoiono per noi.

"Affinché voi crediate", quindi tutta la morte che c'è nel mondo, c'è affinché noi crediamo, per farci credere.

Tutti quelli che muoiono, muoiono affinché noi crediamo.

Quindi per liberarci da questa crosta che il pensiero del nostro io costruisce.

Il nostro io costruisce questa conchiglia, questa crosta che a un certo momento ci porta a distanze infinite da quello che è il regno dello spirito, il Regno di Dio.

Noi proiettiamo il nostro io su tutto e vediamo soltanto più gli uomini che operano.

Il nostro io vede questo, non vede lo spirito.

E allora è necessario che qualcuno muoia.

Qui, in questo caso qui, è Lazzaro che muore.

E nella sua morte si rivela che gli apostoli hanno paura.

Paura di ritornare in Giudea.

Qualcuno dirà, quando Gesù propone di tornare in Giudea: ”Andiamo a morire con lui”, lui Lazzaro, non Cristo.

Abbiamo visto questa rassegnazione agli eventi.

Rassegnazione significa che l’uomo non ha più in sé la capacità di dominare l’evento, di digerire, di assimilare l’evento nello spirito.

L'uomo non ha più la capacità di vedere il pensiero nell'evento.

Allora si abbandona all'evento.

L'uomo morto si abbandona all'evento.

Perché non è più capace di assimilare l'evento.

Noi siamo stati creati per assimilare gli eventi e i fatti.

Assimilare nello spirito.

Dio creando l'uomo ha detto all'uomo:"Dominerai la terra".

L'uomo si è lasciato dominare dalla terra.

L'uomo vive per la terra, quando si vive per-, si resta dominati da-.

Ma questo non è il disegno di Dio.

Il disegno di Dio nel creare l'uomo fu: "Tu dominerai la terra".

Dominare la terra vuol dire assimilare lo spirito, l'anima dei fatti.

Quindi vuol dire vedere il Pensiero di Dio che c'è in tutte le cose.

Là dove si vede il Pensiero di Dio si domina l'evento, là dove non si vede il Pensiero di Dio, si resta dominati dall'evento: non possiedi la terra, sei posseduto dalla terra.

Dio ha posto in ogni uomo il suo pensiero.

Dio è essenzialmente dono di Sé.

Mistero che si dona.

Ogni uomo porta in sé questo mistero, questa presenza al punto tale che non lo può ignorare.

Dio è Colui che nessuno può ignorare.

Tutti lo possono trascurare, lo possono anche uccidere ma non lo possono ignorare, perché anche uccisa, questa presenza rimane.

Ogni uomo è portatore di questa presenza di Dio.

Trascurarla è colpa.

Quando si trascura ciò che non si può ignorare si è in colpa.

Noi portiamo in noi questa presenza di Dio ed è la caratteristica dell'uomo....................

.....................................

L'uomo deve preoccuparsi di capire le lezioni che Dio dà all'uomo attraverso la terra.

Quando dico terra, intendo tutti i fatti e tutti gli avvenimenti che accadono.

Tutto è lezione di Dio e in quanto è lezione di Dio e Dio è Colui che noi non possiamo ignorare, noi siamo tenuti a  non separare le azioni, le opere, le Parole di Dio da Dio.

Per non separarle c'è un mezzo solo: capire il Pensiero di Dio.

Se noi non ci preoccupiamo di capire il Pensiero di Dio, se non ci preoccupiamo di passare dall'analfabetismo alla lettura della scrittura di Dio (tutto è scrittura di Dio), noi lì siamo in colpa.

Perché dividiamo la Parola di Dio da Dio.

Dividiamo le opere di Dio da Dio e questo è colpa, questo è il demonio: "Non dividere quello che Dio ha unito".

Quindi tutto è opera di Dio, tutto è Dio che parla con noi e tutto va intelletto nel Pensiero di Dio.

Intelletto, cioè va letto nel Pensiero di Dio, va capito nel Pensiero di Dio.

Qui si ritorna in Giudea.

Qualcuno ha detto del ritornare in Giudea: "Andiamo a morire".

Ma ritornando in Giudea, si va alla morte o alla vita?

Secondo gli apostoli si va alla morte, secondo Gesù si va a trovare la vita.

In realtà si va a trovare un morto, Lazzaro era morto e Gesù l'aveva detto prima.

Eppure si va verso la vita, si va a trovare la vita.

Come, portandoci a tu per tu con un morto, portandoci a vedere la morte ci porta alla vita?

Certamente tutte le opere di Dio non sono rivolte alla morte, sono rivolte alla vita:"Dio vuole che tutti si salvino e giungano alla vita eterna, giungano a conoscere la verità".

Se questa è l'intenzione fondamentale di Dio (Dio l'ha detta apertamente), evidentemente tutte le opere, compresa la morte di Lazzaro (Dio ha fatto morire Lazzaro) vanno capite nell'Intenzione di Dio, quindi non vanno lette con le nostre intenzioni.

"Andiamo anche noi a morire con lui" è una lettura fatta con intenzioni umane e non è questa la lettura corretta.

La lettura va fatta con l'Intenzione di Dio.

È l'intenzione che mi rende capace di leggere.

Quindi è l'intenzione che ci fa passare dall'analfabetismo alla capacità di leggere.

L'Intenzione di Dio è questa: Dio opera tutto per condurci alla vita eterna.

Quindi anche la morte di Lazzaro è operata da Dio per condurci alla vita e va vista sotto questa prospettiva.

La morte è un mezzo per condurci alla vita.

Messa l'Intenzione di Dio come punto fisso di riferimento, come guida alla lettura di tutti i fatti, adesso possiamo vedere cosa succede in questo ritorno che Gesù fa in Giudea per aprire i suoi discepoli al credere.

A questo capire che tutto è opera di Dio, anche la morte, anche i mali sono tutti opera di Dio e quindi essendo tutti opera di Dio, sono tutti da leggere e da intendere nell'Intenzione di Dio.

Noi sappiamo che Gesù risorgerà Lazzaro, quindi noi possiamo già dire che la morte di Lazzaro era per la vita.

Lazzaro non conclude con la morte.

Essendo questa lezione di Dio per gli apostoli, gli apostoli evidentemente hanno letto male quando hanno detto:"Andiamo a morire con lui", "lui" Lazzaro.

Andavano per resuscitare Lazzaro: Intenzione di Dio.

Andavano per risorgere: Intenzione di Dio.

Quindi Dio li conduceva a tu per tu con la morte per farli risorgere alla vita.

Perché erano loro i morti.

Allora qui capiamo che Lazzaro era uno specchio.

Era lo specchio della morte interiore che gli apostoli portavano in sé.

Che avevano dentro di sé.

Dominati dalla paura, erano morti.

E allora qui capiamo anche il significato di questo partire dalla Giudea e di questo ritornate in Giudea.

La Giudea aveva per capo Gerusalemme che è la città di Dio.

Abbiamo visto molte volte che siccome Dio abita dentro di noi, Gerusalemme rappresenta la nostra anima.

Quindi tornando in Giudea, abbiamo questo passaggio dal mondo esterno al mondo interno.

Gerusalemme è la nostra anima.

La Giudea di cui Gerusalemme è la capitale è il mondo interiore.

Questo ritorno quindi in Giudea, era per far scoprire ai suoi discepoli la morte interiore che essi portavano dentro di sé.

Gesù aveva fatto morire Lazzaro nel mondo esterno e adesso riconduceva i suoi apostoli a tu per tu con questa morte.

A tu per tu con la morte di Lazzaro per scoprire la morte che si porta dentro di sé.

Per giungere a fargli scoprire questa morte, Gesù li aveva prima portati via dalla Giudea (mondo interiore) e li aveva portati al di là del Giordano in quel battesimo di giustizia, in quel mettere Dio al di sopra di tutto.

Questo mettere Dio prima di tutto, era la condizione per capire il significato della morte di Lazzaro.

È la condizione, perché senza Dio non si capisce niente e si resta dominati dal pensiero dell'io.

Nel pensiero dell'io non si può capire perché l'altro muoia per me.

In realtà nel Pensiero di Dio, tutto quello che avviene attorno a noi, è tutto per noi, compresi coloro che muoiono.

È specchio per noi.

Prima di tutto per farci capire qual è la situazione nostra nei riguardi di Dio e poi per curarci, per farci guarire.

La morte esterna appartiene a tutta l'opera di Dio, quindi anche la morte è un segno, quindi porta un messaggio.

Tutto è fatto nell'Intenzione di Dio (per darci la vita), anche questa morte che agli occhi degli uomini è senza cura.

Tra l'uomo che dorme (Gesù aveva detto che Lazzaro dormiva) o che è malato e l'uomo morto c'è un abisso.

Il malato si può curare, il dormiente si può svegliare, ma l'uomo che è morto non si può né svegliare, né curare.

La morte è senza cura.

Di fronte alla morte l'uomo è impotente.

Prima che uno muoia, l'uomo vuol metterci le mani, curarlo, dargli medicine ma come è morto si sospende tutto, finito.

Infatti, quando Gesù arriverà a Betania, gli diranno di non disturbarsi tanto ormai è morto.

Quindi la morte corrisponde al non c'è più niente da fare.

L'uomo deve arrivare a questa situazione "non più niente da fare" per capire che tutto è opera di Dio.

Ecco la situazione alla quale Dio ci deve condurre per aprirci all'intelligenza.

Noi nasciamo e viviamo in un mondo in cui tutto è opera di Dio, ma dobbiamo essere condotti all'impotenza, alla costatazione di morte nostra per scoprire la vita.

È un passaggio obbligato, data la stoltezza in cui noi ci troviamo.

Perché non siamo intelligenti.

Se fossimo intelligenti non sarebbe necessario condurci in quel punto d'impotenza che è la morte, in cui non si può fare più niente, per farci incominciare a capire dove sta la vita e in cosa sta la vita.

Tutto è opera di Dio e noi non possiamo fare niente.

Noi possiamo con Dio capire il significato delle opere che Dio fa.

Proprio perché non c'è in noi questa intelligenza, perché siamo dominati dal pensiero dell'io è necessario che Dio ci metta di fronte, a tu per tu con questa morte.

Morte che è essenzialmente caratterizzata dall'impotenza: non si può fare più niente, la morte non si può curare.

Però la morte è opera di Dio e se è opera di Dio, è per salvare l'uomo non è per condannarlo.

Quindi noi abbiamo una morte in cui non si può fare più niente, ma questa morte in cui non si può più fare niente è per curare la morte interiore.

La morte interiore si può curare.

Se la morte esteriore è un segno di Dio e se Dio vuole che tutti giungano alla Vita, evidentemente questo segno (non si può più curare), è per curare la morte interiore che portiamo dentro di noi.

Quindi non è per sanzionare noi e dirci che non c'è più niente da fare.

Anche la morte esteriore va letta nell'Intenzione di Dio.

Se Dio fa tutto per portare l'uomo alla Vita, la morte esteriore è specchio per farci capire la morte interiore che portiamo dentro di noi.

Però la morte interiore si può curare.

Gesù conduce i suoi apostoli che interiormente hanno dimostrato di essere morti a tu per tu con la morte di Lazzaro.

Qui il Vangelo dice che Lazzaro da quattro giorni era nella tomba.

Vuol dire che c'è un tempo, la morte ha i suoi giorni: uno, due, tre, quattro.

Quattro giorni.

Quindi la morte è immersa nel tempo.

D'altronde la vita è essenzialmente riferire le cose a Dio.

Dio è il vivente.

Noi viviamo in quanto riportiamo, raccogliamo le cose in Dio.

"Chi con Me non raccoglie".

Raccogliere vuol dire riportare tutto nell'unità di Dio.

Questo vuol dire vivere.

La vita sta lì.

"Chi con Me non raccoglie disperde, ma chi raccoglie riceve mercede di vita eterna".

Quindi si giunge alla vita eterna (conoscere Dio come vero Dio) conoscendo.

E questa conoscenza è raccogliere tutto in Dio.

Non disunire da Dio ma raccogliere tutto in Dio.

È raccogliendo tutto nell'unità di Dio che si vive.

Èquesto riferire tutto a un unico punto di riferimento.

Ecco perché noi siamo fatti per l'Assoluto.

L'Assoluto è questo punto fisso di riferimento cui bisogna riportare tutto.

Un lavoro essenzialmente della mente e dell'intelletto.

Questo riportare tutto a Dio, per vedere in tutto il Pensiero di Dio.

Questo è vita.

Questa è la vita essenziale.

L'uomo è autorizzato a fare niente da mattina a sera.

L'uomo è autorizzato a fare il povero, il malato o a vivere lontano da tutto e da tutti, purché faccia questo.

Questo è l'essenziale.

Se manca questo, possedesse anche tutto il mondo, convertisse tutti gli infedeli, farebbe assolutamente niente.

Perché non fa il lavoro essenziale.

Il lavoro essenziale è questo riferire e riportare tutte le cose a Dio per vedere in tutto il Pensiero di Dio.

L'uomo è stato fatto per questo e l'uomo vive in quanto tende a raccogliere tutto in Dio e se non raccoglie disperde.

Se la vita vera sta nel raccogliere tutto in Dio, nel riferire tutto a Dio, evidentemente il non riferire tutto a Dio vuol dire morire.

Noi qui scopriamo che la morte, è determinata, è causata da questo venir meno di questo punto eterno in noi.

Abbiamo detto che il tema di oggi è: assenza di eternità.

Quando l'uomo non riferisce tutte le cose a questo punto fisso (eterno & immutabile) l'uomo semina la morte in sé.

La morte inizia lì, quando l'uomo vive per altro dall'eterno.

Non ha presente il punto fisso di riferimento.

Trascura il punto fisso di riferimento.

Trascura l'eternità.

Lì inizia la morte.

Se questo punto fisso di riferimento che dà vita all'uomo è l'eternità, la morte che è assenza di eternità è tempo.

Questo ci fa capire che vivendo secondo il tempo, seguendo il tempo, non si fa altro che esperimentare la morte.

Questo non è altro che morire.

Noi crediamo di vivere seguendo il tempo.

Invece noi non facciamo altro che scavare la morte.

La nostra vita, non è altro che uno sviluppo di morte che noi abbiamo seminato dentro di noi.

Se la vita sta nel riferire e nel collegare tutto al punto fisso di riferimento eterno che è Dio, mancando questo punto fisso di riferimento si precipita nel tempo.

Il tempo è morte.

Vivere nel tempo è morire.

Il tempo si conclude con la morte.

Qui, questi apostoli di Gesù che erano dominati dal tempo hanno concluso con la morte.

A tu per tu con la morte.

Ma quello è rivelazione di quello che avviene nella vita di ogni uomo.

Noi che viviamo nel tempo, che seguiamo il tempo, noi concludiamo sempre la nostra vita con un a tu per tu con la morte.

Tutti siamo condotti lì, di fronte alla morte.

È la conclusione del tempo.

Ma questo è per farci capire e scoprire dove sta la vita.

Anche la morte serve alla vita.

Tutte le opere di Dio servono alla vita.

La morte è opera di Dio, là dove non c'è l'intelligenza.

Il punto di morte è questo trovarci a tu per tu con la morte.

Perché trovandoci a tu per tu con la morte, noi scopriamo la vita.

Infatti, a tu per tu con la morte di Lazzaro si scopre la vita.

Lazzaro risorge.

Il che vuol dire che Dio ci conduce alla morte non per sanzionare o giudicare la nostra vita ma per aprirci a una resurrezione.

Per aprirci alla vita.

Per farci capire in cosa consiste la vita.

E c'è da ringraziare il Signore se, almeno in punto di morte, noi scopriamo in cosa sta la vita.

Perché il problema è questo: scoprire in cosa sta la vita.

Gli uomini vivono e non sanno in cosa consista la vita.

Ed è per quello che muoiono.

La vita sta nell'intelligenza.

O capire o perire.

Quando non si capisce si deve morire, non c'è nulla da fare.

La soluzione sta nel capire.

Dio fa tutte le cose affinché capiamo.

Quindi abbiamo questo tempo che va in senso irreversibile, perché il tempo passa.

Non si torna mai indietro.

Non si può andare avanti e indietro con il tempo.

Il tempo è irreversibile.

Non si può recuperare un giorno passato.

Tutto è immerso in questo senso unico.

Si va a senso unico.

Tutto è immerso in questo mare che va a senso unico verso una meta ben precisa.

La meta ben precisa è la vita eterna.

Quindi non c'è una ripetizione di vita, di prove, di esami.

Si va a senso unico.

Non si può andare avanti e indietro con il tempo.

In quanto si va a senso unico si va verso una meta ben precisa.

La conclusione dove non c'è intelligenza è questa: ci troveremo a tu per tu con la morte.

Che è la nostra morte.

"Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi" diceva Pavese.

Noi ci specchieremo con la nostra morte.

Ma questo trovarci a tu per tu con la nostra morte, è opera di Dio, grazia di Dio per aprirci gli occhi a scoprire dove sta la nostra vita.

La nostra vita sta nel recuperare tutte le opere di Dio (Dio che noi abbiamo trascurato) nell'intelligenza di Dio.

Sta nel riferire e raccogliere tutto in Dio.

Ma per raccogliere in Dio bisogna avere un punto fisso di riferimento.

Il punto fisso di riferimento è Dio stesso.

Scoprire la vita è scoprire questo punto fisso di eternità che portiamo in noi.

L'uomo è caratterizzato da questo eterno che porta dentro di sé.

L'uomo è costituito da un'eternità che porta con sé.

Ora questa eternità, Dio ce l'ha data mica per niente.

Non l’ha data affinché noi l'accantonassimo per vivere dietro le cose del mondo.

Dio l’ha data per la nostra vita.

Per raccogliere tutto in quello.

Dio ci conduce a tu per tu con la morte per dare a noi la possibilità di capire che la nostra vita sta nell'unificare tutto in Dio.

Nel raccogliere tutto in Dio.

Per questo Lui fa morire tutto.

Noi siamo distratti da un'infinità di cose e Dio deve toglierci tutte queste distrazioni.

Perché soltanto nella scomparsa di tutto Lui ci conduce a tu per tu con la vita che è Lui.

Forse, forse lì, se noi supereremo il pensiero dell'io, forse lì, magari piangendo, ringrazieremo il Signore, perché attraverso tanta morte e sopratutto la morte di Lui stesso, Lui ci ha condotti a scoprire la nostra vita.