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Allora Tommaso, chiamato Didimo, disse "Andiamo anche noi a morire con lui!".  Gv 11 Vs 16


Titolo: La vigna di Nabot.


Argomenti: Tommaso non coglie il parlare di Gesù.  Non pensare. Delusione-fustrazione-depressione-paranoia.


 

20/giugno/1993 Casa di preghiera Fossano.


É necessario accostare la frase precedente di Gesù: "Lazzaro è morto ma andiamo da lui", per capire il senso della risposta di Tommaso.

Le interpretazioni ufficiali, per non offendere forse Tommaso dicono che questo "con lui" si riferisce a Gesù.

Cioè "Andiamo anche noi a morire con Gesù".

Ma la cosa è insostenibile.

Se Gesù aveva concluso il suo parlare dicendo:"Andiamo da lui", dopo aver affermato che era morto, evidentemente l'aggiunta di Tommaso si riferiva a Lazzaro.

C'è da chiedersi cosa deve essere passato nell'animo di Tommaso per fargli affermare queste cose.

Certamente Tommaso non aveva colto il significato delle parole che aveva detto Gesù.

Aveva colto sì il parlare aperto di Gesù, cioè aveva capito che Lazzaro era morto.

Lo dice chiaramente perché prima Gesù aveva affermato che Lazzaro si era addormentato e "io vado a scuoterlo dal sonno.

Prima ancora aveva detto: "Questa malattia non è per la morte".

Quindi Gesù aveva sempre sostenuto che Lazzaro non era morto.

Noi abbiamo detto che questo è un parlare velato, in parabole.

Ma i suoi discepoli hanno approfittato di questo discorso velato per manifestare la loro intenzione.

Avevano paura a ritornare in Giudea perché poco prima volevano lapidare il loro Maestro e quindi anche loro ci avrebbero rimesso la vita.

O se non la vita certo un grande spavento.

Hanno quindi manifestato paura a ritornare in Giudea: "Se dorme, non è il caso di tornare in Giudea".

È a questo punto che Gesù passa la parlare aperto dicendo chiaramente: "Lazzaro è morto".

Però Tommaso (in nome di tutti) non coglie con l'intelletto l'affermazione successiva di Gesù.

Gesù dice: "Lazzaro è morto e per causa vostra, perchè voi crediate ed io mi rallegro di non essere stato là".

E poi aveva aggiunto: "Ma andiamo da Lui".

È molto strano questo parlare, sapendo che Gesù amava Lazzaro.

Io mi rallegro di non essere stato con lui significa: io mi rallegro che sia morto.

Abbiamo già visto che la presenza di Dio (Gesù) avrebbe impedito la morte di Lazzaro.

La condizione perchè uno muoia è l'assenza di Dio.

Se Dio è con noi, noi non possiamo esperimentare la morte.

La morte è esperienza di assenza di Dio.

Gesù aveva manifestamente dichiarato di non volere andare da Lazzaro e non andando ha manifestamente dichiarato di volere la sua morte.

Quindi è Lui che ha fatto morire Lazzaro.

Tutto questo per farci capire che nelle disgrazie come in tutto c'è un disegno di Dio.

Il suo "mi rallegro" ci fa capire che le lacrime successive sulla tomba non possono certo essere versate per la morte di Lazzaro.

La morte di Lazzaro rientra nel disegno di Dio, come la morte di Cristo.

Il problema non è piangere su Cristo ma capire il significato della sua morte.

Il disegno di Dio nella morte di Lazzaro sta in quel suo "E a causa vostra perchè voi crediate".

Dopo tra anni che seguivano Gesù, Lui dichiarava apertamente: "Voi non credete".

Credere vuol dire riconoscere che tutto è voluto da Dio e che appartiene a un disegno di Dio, beni e mali.

I discepoli avevano invece chiaramente manifestato che vedevano l'opera degli uomini (lapidazione) negli avvenimenti.

Non vedevano in tutto l'opera di Dio.

Ecco perchè fu necessaria la morte di Lazzaro.

Tutti quelli che muoiono, muoiono per noi.

Perchè?

Perchè noi crediamo.

È necessario che qualcuno muoia perchè qualcun altro si apra alla fede.

Gesù qui dice: "A causa vostra Lazzaro è morto".

Dio dirà: "A causa vostra mio Figlio è morto".

La morte è voluta dal Padre, rientra nel disegno del Padre, nel disegno della vita.

La morte di Gesù è per la vita.

La morte di Lazzaro perchè voi crediate.

La morte non è l'atto conclusivo.

La morte è un mezzo per arrivare a credere in Dio.

Noi non riusciamo a sopportare i mali del mondo perchè non riusciamo a inserirli in un disegno di Dio.

E allora siamo scandalizzati.

Noi diciamo, senza fede: "È impossibile che Dio voglia questo".

L'anima di questo episodio è aprire gli uomini a credere e far capire che la morte non è opera del caso o degli uomini ma rientra nel disegno della Vita.

Di fronte al parlare di Gesù, Tommaso non ha recepito nulla di tutto questo.

Ha recepito solo:

a) Lazzaro è morto.

b) Andiamo da lui.

Il parlare essenziale con cui Gesù giustifica questa morte di Lazzaro, a Tommaso non ha detto niente.

Le sue parole: "Andiamo anche noi a morire con lui", sono frutto di questa mancanza d’intelligenza.

Gli è sfuggito il significato.

Quando ci sfugge il significato noi poi esperimentiamo l'assenza di Dio.

Dio è presente nel significato.

Quando dopo la moltiplicazione dei pani, la folla vuole farlo re, Gesù si rende assente rimproverando la folla di non cercare il pane che non passa (il significato).

Dio vuole che l'uomo sia intelligente, non che si fermi alla soddisfazione dei suoi sentimenti.

La moltiplicazione soddisfa un sentimento (fame) e l'uomo corre il rischio di fermarsi al sentimento, a quello che prova, sente.

La folla si è fermata al sentimento, è stata soddisfatta dal pane tanto che hanno voluto farlo re.

Lui è Re però non re in questo modo.

Lui è Re nella Verità non nei sentimenti dell'uomo.

Alla verità si arriva solo con l'intelligenza.

Lui è Re là, dove regna l'intelligenza.

Lui vuole che si cerchi il significato delle cose che Lui fa, non che ci si fermi al sentimento.

Tommaso qui non ha colto il significato delle parole di Gesù sulla morte di Lazzaro.

È rimasto nel campo del sentimento:-Lazzaro è morto-Andiamo da lui.

Si ferma cioè all'impressione, dominato dalla paura.

Evidentemente se Lazzaro era morto, non era il caso di andare da un morto.

Ma se Gesù aveva fatto morire Lazzaro non l'aveva fatto morire per la morte ma per la vita dei discepoli.

Dio fa tutto perchè tutti si salvino e giungano alla Verità (Vita), quindi anche la morte di Lazzaro rientra in questo disegno di Vita.

Alla verità si giunge con l'intelligenza, l'uomo corre il rischio di fermarsi al sentimento, alla paura.

Gesù stava andando incontro alla morte, però era da capire con intelligenza.

In Tommaso non parlava l'intelligenza ma la paura.

Nella paura, come in ogni sentimento c'è il pensiero dell'io.

È il rischio che corre ogni uomo.

Perchè c'è una trappola nella vita di ogni uomo.

Nella vita dell'uomo ci sono delle scelte e quello che lui sceglie diventa la sua realtà.

E come diventa realtà lo chiude in una prigione.

L'uomo tende cioè a vivere in questa realtà.

L'uomo ha fatto una scelta... è andato per esempio in un luogo, adesso questo luogo diventa la sua realtà.

È andato in un convento, adesso questo convento diventa la sua realtà.

Si è fatto una famiglia e adesso questa diventa la sua realtà, eccetera...

Questo diventa una trappola e a questo punto l'uomo pensa e ragiona in funzione di quella che è diventata la sua realtà, di quello che ha scelto.

La vita che uno ha scelto, a un certo punto si richiude e chiude l'uomo in questa prigione.

L'uomo inizia a ragionare a pensare a fare delle scelte in funzione della realtà che si è scelta.

Diventa una trappola. Quel fine lì non è più Dio.

Per lui diventa realtà quello che lui ha scelto.

Solo scegliendo in Dio non si cade in prigione perchè in Dio tutto si trasforma in conoscenza, si cerca sempre il significato, il pensiero delle cose.

Ogni altra scelta di determinazione di vita, scelta cioè di un qualcosa diventa realtà, realtà che non è più Dio, l'unica realtà.

Questa realtà che l'uomo ha scelto si sostituisce a Dio, il che vuol dire che fa pensare l'uomo.

Determina le scelte, le parole, le azioni dell'uomo.

Ora siccome questa realtà non è più Dio mentre l'uomo vive in una realtà che è Dio (è Dio che fa), l'uomo inizia a sperimentare la delusione.

La prima conseguenza che l'uomo esperimenta quando fa una scelta diversa da Dio, fondasse anche un ordine religioso, è la delusione.

Perchè la realtà è fatta da Dio e la realtà che l'uomo sceglie (non essendo Dio) non è lui a farla e la esperimenta sempre, a un certo punto,diversa da come la vorrebbe.

L'uomo avendo fatto una scelta diversa dalla Volontà di Dio, sperimenta che Dio è assente o che comincia a rendersi assente.

Per cui la realtà inizia a non coincidere più con quella che lui vorrebbe.

L'uomo si accorge di trovarsi in una realtà che non lo soddisfa, quasi un campo nemico.

Una realtà contraria a come l'uomo la vorrebbe.

L'uomo inizia a provare la delusione.

Ha vissuto per la famiglia ma la moglie e i figli non sono come vorrebbe.

È andato in un convento ma la vita non è come la vorrebbe.

Ha accolto una legge, una regola ma la regola e la legge non sono come lui vorrebbe.

E così in ogni campo.

La prima esperienza che l'uomo fa è la delusione.

E in conseguenza a questa delusione l'uomo inizia a provare la frustrazione.

Perchè quando le cose non vanno come vorremmo noi e non vanno mai come vorremmo noi quando facciamo una scelta diversa da Dio, noi esperimentiamo la frustrazione.

Noi per essere secondo Dio dobbiamo scegliere come vita la conoscenza di Dio.

La vita sta nel conoscere Dio.

E finché noi non facciamo come scelta di vita fondamentale la conoscenza di Dio noi, esperimentiamo la delusione.

Delusione è vedere che le cose non sono come noi le vorremmo, perchè le cose sono come Dio le vuole.

Finché il nostro pensiero non coincide con il Pensiero di Dio le cose saranno sempre come noi non le vorremmo.

L'uomo in conseguenza a questo si sente frustrato.

Frustrazione significa perdita di vita di entusiasmo.

Quando è partito, ha fatto la scelta, era pieno di entusiasmo, riteneva di...

.... E invece le cose sono diverse.

E come le cose si fanno sentire diverse da come le vorremmo l'uomo inizia a perdere energia, a sentirsi stanco.

Stanchezza ossia conseguenza di cose che non coincidono con ciò che lui sognava, voleva.

Teniamo sempre presente che l'uomo è passione d'Assoluto e tutto ciò che vuole, lo vuole in termini di Assoluto.

Dopo la delusione, la frustrazione per l'uomo si apre il grande campo della depressione.

La depressione che è conseguenza di esperienza di fallimento di disegno.

Anche la depressione dell'uomo è nel disegno di Dio.

La grande prova della depressione è l'uomo che a un certo momento non se la sente più di vivere, perchè non trova più un significato per la vita, le cose sono tutte contrarie al fine che lui ha scelto.

L'ultimo atto è quello che dice qui Tommaso: "Andiamo anche noi a morire con lui".

Nel profondo dell'animo di Tommaso c'era questa depressione.

L'ultimo atto è la rassegnazione alla morte.

L'uomo depresso conclude con rassegnazione alla morte.

Frustrazione di vita uguale rassegnazione alla morte.

Ma Dio non ci ha creati perché ci rassegnassimo alla morte.

Dio non ci ha creati per farci morire.

Dio ci ha creati per la vita.

La nostra vita non deve concludersi con la rassegnazione alla morte.

Non siamo fatti per la morte.

È l'uomo depresso che conclude con la morte.

Ma nella depressione dell'uomo c'è un errore di fondo:la scelta fatta non per conoscere Dio, anche in campo religioso

Il tema di oggi è la Vigna di Nabot che riguarda proprio questa depressione.

Serve come chiarimento per capire quali siano le fonti della depressione, quali sono le conseguenze e quali sono gli errori che si commettono essendo depressi.

L'episodio è nel libro dei Re capitolo 21.

Nabot, Re d'Israele possedeva una vigna vicino al palazzo di Acab Re di Samaria.

Acab disse a Nabot: "Cedimi la tua vigna, siccome è vicina alla mia casa te la pagherò il suo valore o ti cederò un'altra vigna".

Nabot rispose: " Mi guardi il Signore dal cederti l'eredità dei miei padri".

Acab Re se ne andò a casa amareggiato e sdegnato per le parole dettegli da Nabot Re.

Acab aveva un desiderio, un fine, la realtà corrisponde quindi delusione, amarezza perchè la sua intenzione non si realizza.

Evidentemente non basta che noi abbiamo un’intenzione perchè questa si realizzi.

Chi realizza le cose è Dio.

E solo quando la nostra intenzione coincide con quella di Dio le cose si realizzano.

Dio è il Creatore, il solo, di tutto.

Ma l'uomo quando sceglie altro da Dio si chiude in una prigione.

La prigione è il suo desiderio.

È quello che lui vuole.

E qui ci si apre alla delusione, frustrazione, depressione.

....Poi Acab si coricò nel letto, si girò verso la parete e non volle mangiare.

È lo schema della depressione.

Perdita di vita.

Questo coricarsi, girarsi verso la parete è segno che la vita sta venendo meno.

Per mangiare, stare in piedi, guardare non la parete bisogna avere dell'amore dentro, bisogna avere una carica di vita.

Noi riceviamo carica di vita in quanto le cose coincidono con i nostri desideri.

Altrimenti noi non viviamo.

Noi viviamo in quanto partecipiamo all'opera di Dio.

Noi viviamo nella misura in cui partecipiamo di Dio.

Ma quando Dio non si lascia partecipare come vorremmo, noi subiamo una perdita di vita.

Non si lascia partecipare in quanto non fa le cose come vorremmo noi.

Quando uno inizia a perdere vita non è più in piedi, si corica, non è più vivo, è malato.

Non riesce più a informare del pensiero di sé la realtà che gli sta intorno.

Non riesce più a capire il significato.

Allora diventa malato, non vuole più mangiare.

Anche per mangiare bisogna avere la vita.

Il mangiare richiede una carica di vita.

Mangiare è già amare.

.....Poi venne da Acab la moglie Gezabele e gli domando: "Perchè il tuo spirito è tanto amareggiato e perchè non vuoi mangiare?

Le rispose: "Perchè ho chiesto a Nabot di cedermi la sua vigna per denaro o per altro ma lui si è rifiutato.

Gezabele gli disse: "Tu ora eserciti il potere su Israele, alzati, mangia, il tuo cuore gioisca ".

Essa scrisse lettere con il nome di Acab, le sigillò con il suo sigillo e le spedì ai capi che abitavano nella città di Nabot dicendogli: "Bandito il digiuno, fate sedere Nabot in prima fila fra il popolo, di fronte a lui fate sedere due uomini iniqui i quali lo accusino: "Ha maledetto Dio e il Re". Quindi conducetelo fuori e lapidatelo".

I capi fecero come aveva ordinato loro Gezabele.

Appena Gezabele ebbe udito che Nabot era morto andò da Acab dicendogli: "Impadronisciti della vigna di Nabot poiché è morto".

Sentito ciò Acab, si mosse per prendere possesso della vigna.

Acab ha raggiunto il suo disegno, è soddisfatto, l'uomo depresso ha trovato la soluzione alla sua depressione.

Sembra in realtà la sua depressione si è aggravata, interiorizzata.

La colpa è diventata delitto.

Non ha tenuto conto di Dio e questo ha aggravato il suo problema.

E lo vediamo subito qui.

....Allora il Signore disse a Elia il profeta: "Vai da Acab e digli: "Hai assassinato e ora usurpi; nel punto in cui i cani lambirono il sangue di Nabot, lambiranno anche il tuo sangue.".

Qui non si fanno complimenti.

Acab disse a Elia: "Mi hai colto in fallo, mio nemico".

Elia disse:"Sì perchè ti sei venduto per fare ciò che è male agli occhi del Signore. Ti farò piombare addosso una sciagura, ti spazzerò via, sterminerò nella casa di Acab ogni maschio, schiavo o libero, perché tu mi hai irritato e hai fatto peccare Israele. Riguardo poi a Gezabele il Signore dice: I cani divoreranno Gezabele nel campo di Izreèl. Quanti della famiglia di Acab moriranno in città, li divoreranno i cani; quanti moriranno in campagna, li divoreranno gli uccelli dell'aria".

Poi la Bibbia chiude il discorso dicendo :"In realtà nessuno si è mai venduto a fare il male agli occhi del Signore come Acab, istigato dalla propria moglie Gezabele. Commise molti abomini, seguendo gli idoli, come avevano fatto gli Amorrei, che il Signore aveva distrutto davanti ai figli d'Israele.”.

Questo episodio serve per far capire qual è la fonte e come l'uomo cada in depressione.

Vi cade quando viene a trovarsi di fronte a un fallimento.

L'uomo desidera e sogna e il suo sogno si conclude con la delusione, la realtà è diversa.

L'uomo a un certo momento viene a toccare con mano una realtà diversa da quella che lui sogna, da quella che lui vorrebbe, da quella che lui aveva scelto.

La realtà non corrisponde al suo pensiero.

Delusione, frustrazione depressione.

Nella depressione l'uomo non vuole più mangiare, vuol morire.

"Andiamo a morire con Lui".

Gli apostoli erano partiti dietro a Gesù con entusiasmo: "Regnerete su tutto il popolo".

C'era questo entusiasmo.

Poi a un certo momento il loro maestro fugge da coloro che cercavano di lapidarlo.

Qui per gli apostoli si apre già un campo di delusione, perché il loro Maestro non era più Colui che trionfava su tutto.

Era uno che fuggiva per non farsi lapidare.

Ecco che la loro speranza, il loro sogno viene incrinato.

E poi il loro Maestro lascia morire Lazzaro.

La loro paura cresce e a un certo momento c'è questa depressione che si forma in loro in conseguenza di una delusione, per cui c'è la rassegnazione: "Andiamo a morire".

Viene meno la vita.

Uno si rassegna alla morte non perché sa che deve morire, quando uno si rassegna a morire perché uno porta già dentro di sé la morte.

E porta dentro di sé la morte, perché è venuto meno il significato della vita.

È venuto meno il fine della vita, è venuto meno il sogno, il sogno è crollato.

Quando nell'uomo crolla il sogno, l'uomo non può più vivere perché gli manca il significato della vita.

L'uomo per vivere ha bisogno di un significato, quando non ha più un significato per la sua vita non la può più volere.

Quanti conosciamo che una volta andati in pensione la loro vita non ha più significato.

Perché prima per loro il significato era lavorare.

Era l'azienda, la banca, l'istituzione.

Poi si va in pensione e "Adesso cosa faccio?".

E va a giocare a bocce!

Ma che senso ha tutto questo?!

E vive per mangiare a mezzogiorno e la sera e poi dormire ma gli manca il significato, la sua vita non serve più a niente.

A quel punto lì ci si rassegna alla morte.

Ecco come la morte entra nella vita dell'uomo: entra per depressione.

Ma la depressione entra in quanto viene meno il significato.

Ma viene meno il significato perché uno ha fallito nel fine per cui è vissuto.

Se noi seguissimo il fine per cui Dio ci ha creati: conoscere Lui, il significato della vita non verrebbe mai meno.

La vita sarebbe crescente all'infinito.

Con Dio non si esperimenta la morte.

Con Dio non si esperimenta la depressione perché non viene meno il significato.

Ma è necessario invece che ogni altro significato venga meno perché ogni delusione, anche la morte ha lo scopo di farci rinsavire.

Rinsavire nel primo errore, per curare il nostro primo errore.

E c'è da ringraziare il Signore, se, almeno in punto di morte scopriamo che Dio la nostra vita non ce l'ha data per un'azienda, per un istituto, non per la chiesa, non per la società, non per gli uomini, non per i poveri, Dio ci ha dato la vita per cercare e conoscere Lui.

Qui non si esperimenta la delusione e la depressione.

Perché tutto coopera in continuazione per farci cercare e conoscere Dio.

Perché chi cerca di conoscere Dio, in tutte le cose cerca sempre di conoscere il significato.

Quando invece si mette prima di Dio qualcos'altro, la prima esperienza che si fa e che non si cerca più il significato delle cose.

Si cerca di realizzare quel fine per cui ritiene di vivere.

La realtà non è più Dio, la realtà è quella che lui ha scelto.

Per cui la realtà diventa magari una regola: andate in un istituto e seguire la regola di quell'istituto.

O seguire gli interessi di una famiglia.

La vita diventa magari cercare di piacere a un’autorità, sottomettersi a un’autorità.

Dell'ubbidienza si è fatta una virtù.

Sottomessi, il che vuol dire non pensare.

L'uomo il primo danno che reca a se stesso è quello di non pensare più.

Perché non pensa più?

Perché tende a realizzare.

A lui il pensiero non serve più.

Quello che serve è fare.

È realizzare quel fine che lui ha scelto.

Per cui se è andato in una istituzione è realizzare quell'istituzione.

Non è più conoscere Dio.

Il che vuol dire che si scivola nel campo del fare anziché nel campo del pensare.

Si perde l'attività principale della vita, che caratterizza l'uomo: il pensiero.

Perché non ci si preoccupa più di cercare il significato delle cose.

Ogni cosa viene vista in funzione di quel fine che uno ha scelto nella propria vita.

Per cui se uno ha scelto come scopo della sua vita una famiglia, tutto il suo operare è realizzare la felicità di quella famiglia.

Ma succede un fatto strano, quando uno non pensa, a un certo momento il pensiero stesso diventa un tormento.

Uno cerca di non pensare.

Perché si cerca di non pensare?

Sopratutto oggi, la maggior parte della gente, in qualunque campo (anche religioso) ha paura di pensare.

Come mai?

O perlomeno il pensiero e il pensare diventa un tormento.

Conosco un'infinità di gente che si butta nel lavoro per non pensare.

Ci si butta nell'azione per non pensare.

S’indicono assemblee, riunioni, pur di non pensare.

Perché il pensare diventa un tormento.

Il grande tormento degli uomini quando si trovano soli nella sera nel loro letto.

Perché questo tormento?

Perché ogni uomo è fatto per l'Assoluto e quando vive per altro dalla conoscenza di Dio, il pensiero lo riconduce sempre lì.

A toccare con mano che sta vivendo per niente.

Gli uomini che vivono per ciò che non è Dio vivono per niente, perché?

Perché di fronte all'infinito che è Dio, tutto ciò che è finito è niente.

E vale niente.

Il finito scompare nell'infinito, vale soltanto l'infinito.

Ogni finito serve in quanto vale per l'infinito.

Ma se noi viviamo per altro dall'infinito, il nostro pensiero ci porta sempre dinanzi al fatto che viviamo per niente.

Tu vivi per lavorare, guadagnare ma domani tutto questo sparirà, non ci sarà più, sarà niente.

Il pensare tormenta.

L'uomo ha bisogno di sfuggire al tormento.

Per sfuggire al tormento, s’immerge in tutto ciò che gli evita di pensare.

Sopratutto il lavoro.

Oppure le feste e il palio, per non pensare.

L'uomo ha bisogno di creare delle occasioni in cui ci sia tanto rumore e dove lui possa evitare di pensare.

Si ricorre ai sedativi, per non pensare.

Si ricorre alle droghe, per non pensare.

Ecco, quest'invasione del niente che porta l'uomo alla depressione e che gli fa esperimentare la morte.

Il niente per cui lui vive gli fa esperimentare la morte.

E l'uomo tende a sfuggire all'invasione di questa marea di niente, questa marea di morte che sta entrando in lui, perché lui ha sbagliato fine.

L'uomo tende a sfuggire in tutti i modi, possibili e immaginabili, dalla morsa di questo pensiero che in continuazione lo riporta sempre di fronte al suo niente.

E all'ultimo lui si troverà a tu per tu con questo niente.

Perché soltanto scoprendo il vero niente, lui scopre il tutto.

E il tutto è Dio.


A.: Se uno sceglie un fine diverso da Dio, questo diventa la sua prigione.

Luigi: Prigione da cui non si vuole uscire.

Anzi, si preferisce morire piuttosto che uscire da questa prigione.

Perché corrisponde alla tua scelta, sei tu che hai voluto quello.

Piuttosto che cambiare, tu preferisci morire.

Quello diventa un inferno privato.

Da cui tu non vuoi uscire.

Allora a quel punto tu ti sottometti (come Acab alla moglie) a chiunque funge da sedativo.

Per cui il lavoro diventa un sedativo.

Ma anche l'autorità diventa un sedativo: "Stai tranquillo, ti assicuro io, non preoccuparti".

L'ubbidienza diventa un sedativo: "L'importante è che tu ubbidisca", l'altro magari porta un inferno dentro di sé ma non deve far sentire il bisogno della propria anima.

B.: Dio stesso coopera nell'uomo che cerca Dio per farli raggiungere il fine.

Luigi: Cooperando ti entusiasma di vita, perché tu vedi che le cose si realizzano secondo il tuo desiderio: conoscere Dio.

Quando invece vedi che la cosa non si realizza tu sei deluso e ti deprimi.

C.: L'uomo depresso conclude con la rassegnazione alla morte....

Luigi: Non ha più motivo per vivere, si suicida, è già un suicidio quello.

Quando tu subisci ma non hai più in te la capacità di informare gli avvenimenti e i fatti, cadi in depressione.

Quando non hai più un pensiero che dia significato alle cose, tu implicitamente accetti già la morte.

L'uomo che è passivo, che non riesce a informare di sé la realtà che gli sta attorno, implicitamente ha già accettato la morte.

C.: Come posso uscire da questa situazione?

Luigi: Guarda come ne è uscito Acab....

C.: Ma noi non siamo Acab.

Luigi: Sì, lo so, l'ho preso come esempio.

Tutto è lezione per ognuno di noi.

C.: La delusione di qualcosa, l'abbiamo provata tutti.

Luigi: La delusione sta nel trovarsi con una realtà che non corrisponde al tuo sogno.

Adesso se Dio, per grazia di Dio, ti dà la possibilità di riflettere per cercare di capire il significato, tu sei con Dio.

Se tu cerchi di capire il significato della delusione, tu sei con Dio.

È il significato che ti libera.

Qui, se Tommaso di fronte all'affermazione di Gesù:"Lazzaro è morto, ha causa vostra, perché voi crediate", avesse cercato il significato di questo, lui avrebbe capito che non si andava a trovare un morto ma un vivente.

Andavano verso la vita, non andavano verso la morte.

Invece lui ne deduce che si va verso la morte. ecco la depressione.

La depressione avviene in quanto tu non hai più la capacità di arrivare al significato delle cose.

Per cui tu avverti soltanto quello che è privativo di te: Lazzaro è morto e noi andiamo a trovare un morto.

Le parole che Gesù dice, come anima di questo discorso, a Tommaso sfuggono, non gli dicono niente.

Tommaso coglie solo che Lazzaro è morto e che si va a trovare un morto.

C.: Noi invece abbiamo la possibilità di uscire da questo.....

Luigi: Se cerchi il significato.

Cercando il significato cosa fai? Metti Dio come fine.

Mettere Dio come fine è cercare di pensare per conoscere le cose dal punto di vista di Dio.

D.: La paranoia rientra anch'essa nel discorso della depressione?

Luigi: Ma vedi, più tu fissi nel pensiero del tuo io e più questo ti porta lontano.

Tu scavi un solco e questo si fa tanto profondo che tu ti seppellisci lì dentro.

Perché tutte le cose le riferisci sempre al tuo io: tu sei perseguitato, tutti ti vogliono male, tutti ti guardano male ma al centro c'è il tuo io.

Prova a dimenticare te stesso.

Tu vedrai che tutti i depressi, gli esauriti e i malati hanno sempre come centro del pensiero il proprio io.

Tu dà loro la possibilità di riferire le cose a Dio e di non fermarsi all'io e vedrai che quello guarisce.

E.: Quindi quello che noi scegliamo diventa realtà....

Luigi: Realtà in conflitto con la realtà vera di Dio.

Una realtà continuamente in lotta con la Realtà.

E tu adesso subisci questo conflitto.

E.: Disperarsi e rassegnarsi alla morte sono facce della stessa medaglia?

Luigi: La rassegnazione avviene in quanto tu non vuoi più vivere perché il vivere è diventato talmente pesante per te che addirittura invochi la morte, cerchi il modo per toglierti di mezzo.

La vita a un certo punto diventa insopportabile, non ha più senso, non ha più significato.

A un certo punto tutto il mondo diventa un sedativo.

Perché si corre per il mondo?

Perché si fanno le feste?

Oggi c'è il raduno degli alpini.

Abbiamo bisogno di sedativi, è tutto un sedativo.

Gente che si sprofonda nel lavoro.

Ma anche nell'apostolato: gente che corre che si affanna....ma è tutto per sfuggire a una morte che porta dentro.

Han bisogno di azione perché si sentono morire.

Hanno paura di fermarsi a pensare.

F.: Se io non penso non faccio peccato, però se io dico:"Io penso" sono già nel peccato, ma se non penso non sono nel peccato....

Luigi: Intanto cerchiamo di capire cosa vuol dire pensare.

Tu pensi sempre, tu non puoi non pensare.

Tu non puoi pensare niente.

Cerchi di scappare al pensiero perché il pensiero può diventare un tormento.

La gioia di poter pensare è capire.

Cioè quando tu ti trovi di fronte a un’opera o una Parola di Dio e puoi capire il significato, cosa Dio ti vuol dire, tu per capire il significato tu pensi.

Se non pensi tu, non puoi arrivare a capire.

Infatti, Gesù dice nella prima parabola (fondamentale) quella del seminatore che il seme rappresenta la parola, però quando la Parola di Dio cade sulla strada, la strada rappresenta coloro che avendo ascoltato la Parola di Dio non pensano, non pongono mente! E il demonio porta via la parola giunta.

Perché non pensano.

Non pensano a questa parola che è arrivata da Dio.

La nostra mente, il pensare, è l'altare su cui bisogna offrire a Dio le parole che Dio ci fa arrivare perché Dio ce le consacri, perché Dio ci riveli il suo pensiero.

Noi abbiamo bisogno di pensare per poter ricevere da Dio la rivelazione del suo pensiero.

Noi viviamo del Pensiero di Dio.

Quando noi non possiamo attingere il suo pensiero, noi siamo nelle tenebre e nella notte.

Noi lì andiamo a tentoni e c'è sofferenza.

Quindi pensare vuol dire rapportare ogni cosa a Dio.

Dio appartiene ai nostri pensieri: "Padre nostro che sei nei cieli".

L'ho detto molte volte che significa: "Padre nostro che sei nei miei pensieri".

Dio abita nei nostri pensieri.

Ma ogni cosa che Dio mi fa arrivare, me la fa arrivare perché io l'abbia a riportare a Lui, perché da Lui mi viene la rivelazione del suo pensiero: il significato.

Il significato mi viene soltanto da Dio.

Pregare vuol dire pensare, nel silenzio a tu per tu con Dio.

Se tu anziché pensare a Dio, pensi ad altro, tu entri nel peccato, perché pensando a-, tu non fai altro che appassionarti per-.

Diventa passione ma perché tu non hai riferito quella cosa a Dio.

Tu non puoi non pensare, tu sei costretto a pensare.

Però il tuo pensiero è una lente d'ingrandimento.

Tu vedi una macchina e cominci a pensare che quella è una bella macchina.

Per cui il pensiero comincia a farti desiderare quella macchina e al modo per poterla avere, e ti cerchi un lavoro per poterla comprare, diventa tutto figlio del pensiero ma perché il pensiero si è fermato all'impressione che la macchina ha prodotto su di te e non ha cercato il significato presso Dio di quella macchina.

Quindi le cose arrivano a noi attraverso gli occhi (sensi) poi dagli occhi arrivano nella mente.

Nella mente, nel pensiero, devono essere riportati a Dio.

Se riportati a Dio, tu cerchi il significato e allora sei libero.

Ma se tu non riporti a Dio, la cosa che entra nel tuo pensiero, viene messa sotto una lente d'ingrandimento: quella cosa ti sembra molto importante, interessante, bella, ti affascina e tu resti succube del desiderio che nasce dal pensiero della cosa.

Ogni cosa che arriva a te, se non riportata a Dio, diventa tuo oggetto di pensiero.

Attrazione quindi.

Tu diventi passione per quella cosa.

Quello ti brucia.

Allora diventa colpa.

Colpa non perché tu non dovevi pensare ma perché tu dovevi pensare con Dio, riportare la cosa a Dio.

F.: A me succede di entrare in quella che si chiama depressione, perché avendo il sogno di conoscere Dio, non si arriva mai a realizzare questo sogno nella realtà.

In questa depressione poi può succedere che uno resti assorbito da altri interessi, per cui si assopisce l'interesse per Dio.

Luigi: Qui Tommaso è depresso evidentemente.

Ed era un apostolo, aveva lasciato tutto per seguire Gesù ma poi a un certo punto arriva in depressione.

F.: È diverso dall'esempio di Nabot....

Luigi: Certo sono cose diverse, l'esempio di Nabot l'ho portato per vedere come nasce la depressione.

Abbiamo visto che nasce in quanto Acab desidera una vigna, la vigna gli viene negata e lui cade in depressione.

Quindi la depressione è sempre in relazione a una finalità tua.

Se lui avesse ragionato la cosa con Dio, l'avrebbe accettata, ma quando uno pretende nel pensiero dell'io...

Se tu pretendi di arrivare allo Spirito Santo al tal giorno, allora si che tu ti deprimi, perché tu lo metti in relazione al tuo io, ma Dio non è in relazione al tuo io.

Se tu cerchi veramente Dio, una delle prime cose in cui Dio t’illumina è che le cose vengono da Lui.

Anche quando si pensa, non siamo noi a pensare ma è Dio che si fa pensare.

Perché Dio è il soggetto del nostro pensiero.

Dio è il principio del nostro pensiero.

A molta maggior ragione, Dio è anche il principio dello Spirito Santo.

Allora i tempi sono di Dio, tanto che Gesù dice che nemmeno il Figlio li conosce.

I tempi vengono dal Padre.

Se in te si forma la depressione vuol dire che c'è una passione del tuo io che quasi vuole possedere lo Spirito Santo.

Quando tu pretendi stai fresco.

La condizione per arrivare allo Spirito Santo è capire che la cosa viene dal Padre.

Non viene da noi, viene dal Padre.

Perché il Padre è il principio, Lui è il movente e Lui deve essere il movente:"Ve lo manderò dal Padre".

Non è che tu desideri tanto e quindi ottieni, se no sarebbe opera tua.

L'opera è di Dio.

La depressione avviene in quanto c'è una componente soggettiva (tipo Acab), in quanto c'è questa proiezione soggettiva dell'uomo che pretende.

Trova una realtà diversa che non corrisponde a quello che lui pretende: depressione.

A un certo momento preferisce morire perché il suo desiderio non si realizza.

G.:Cos'è che ci impedisce di superare la depressione?

Luigi: Il nostro io.

G.: Ma vedendo il male che incontra....

Luigi: Non basta mica, tu vuoi restare nell'inferno, vuoi andare nell'inferno.

L'inferno sei tu che lo vuoi, è mica Dio che ti manda.

Sei tu che lo vuoi.

Perché non vuoi separarti dal pensiero del tuo io.

G.: Perchè se io voglio una cosa cerco il modo per avere questa cosa.

Luigi: Si capisce.

Ma se tu sei frustrata in questo tuo desiderio, in questa tua passionalità a un certo momento ritieni che non valga vivere.

Non puoi separati dal tuo desiderio.

Non hai un altro argomento.

Tu vedi davanti a te unicamente quella realtà lì: il tuo fine e vedi che tutto e tutti ti rendono impossibile quello e tu corri al suicidio.

Finito, chiuso.

Non puoi sganciarti, per sganciarti tu dovresti avere un altra realtà ma per avere un altra realtà, tu dovresti volerla quell'altra realtà.

Dio è in te in quanto tu lo pensi ma se tu pensi altro, non puoi separati dall'altro, tu diventi figlia della tua realtà.

Tu diventi figlia di quello che ti fa disperare.

E non vuoi sganciarti da quello che ti fa disperare.

Quando tu sei fissata in un tuo fine, tu non cerchi mica il significato delle cose.

Qui avevano paura di andare alla morte gli apostoli, vedevano tutto solo in funzione di quello.

Dominata da un sentimento, tu non ragioni mica la cosa con Dio.

Quando tu hai fame non cerchi mica il significato della tua fame, cerchi qualcosa da mangiare perché tu sei dominata da questa passionalità.

Ciò per cui tu vivi diventa una droga per te, sai che ti uccide ma tu non puoi separati da quella.

 



Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto,io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!».Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Gv 11 Vs 14 - 16


- RIASSUNTI  Domenica/Lunedì -


Argomenti: La morte è assenza – L’assenza testimonia la presenza e il luogo di essa – La realtà dello Spirito – Il significato delle cose – L’aborto – L’intenzione di Dio è una sola – Chi muore, muore per noi – La morte di Lazzaro è voluta da Cristo – Credere che tutto è opera di Dio -


 

27/giugno/1993 Casa di preghiera Fossano.


È la morte che ci fa scoprire in cosa sta la vita e dove sta la vita, come l’esperienza dell’assenza di Dio ci fa scoprire la presenza di Dio.

Non potresti fare esperienza di morte se non potessi fare esperienza dell’assenza di Dio.

La morte coincide con l’assenza, infatti morte è perdere la presenza di qualcuno o di qualcosa, è una separazione, perdita di presenza.

Se Dio fosse sempre con te, tu non esperimenteresti la morte, infatti Gesù dice che chi va dietro di Lui non esperimenta la morte.

Il che vuole dire che fintanto che c’è una presenza con te, tu non puoi morire, non fai esperienza di morte.

L’esperienza di morte è una conseguenza dell’assenza.

L’esperienza dell’assenza però ti testimonia che c’è una presenza, perché tu non esperimenteresti l’assenza di uno se non l’avessi presente dentro di te.

Però ti fa anche capire dove è questa presenza.

È la presenza che ti fa esperimentare l’assenza nel mondo esterno, nel mondo dei sentimenti, la presenza invece è dentro di te, tra i tuoi pensieri.

Tu hai presente nei tuoi pensieri colui che tu vedi assente attorno a te.

Noi che abbiamo sempre trascurato la presenza interiore, la presenza nel pensiero, nello spirito e abbiamo invece sempre creduto alla realtà delle esperienze fisiche, sensibili, toccando con mano l’assenza delle presenze fisiche, scopriamo che la vera presenza è nello spirito, nel pensiero.

Per cui la grande realtà non è più quella dei sentimenti, del mondo esterno, dei sensi, la grande realtà è nello spirito, ed è questo che ti fa capire il significato della realtà materiale, dei fatti che vedi e che tocchi.

Tu le cose le vedi e le tocchi però non ne capisci il significato.

Se vuoi capirne il significato, tu devi arrivare alla realtà dello spirito.

Altrimenti non puoi capire perché Dio ti dà delle presenze e poi te le toglie e ti fa esperimetare la morte.

Perché?

Lo spirito ti fa capire il perché.

Per condurti a scoprire che la vera realtà è spirito, realtà che invece noi trascuriamo.

Noi riteniamo che lo spirito sia fantasia, pensiero nostro e che la vera realtà sia quella dei corpi, invece Dio ci vuole condurre a scoprire che la vera realtà è spirituale.

Dio è spirito e soltanto scoprendo questa realtà, tu scopri una realtà, una presenza che non ti sarà mai tolta.

Mai, quindi vita eterna, non più morte, perché quella non ti può essere tolta.

Quello che ti viene tolto è l’accidente della realtà esteriore.

La realtà interiore una volta scoperta, non ti può essere tolta mai, per cui lì, non fai esperienza di morte, lì fai esperienza di vita eterna.

Perché tu avendo scoperto questa realtà spirituale, tu adesso dialoghi tutto con questa realtà spirituale.

Ed è un dialogare che va all’infinito, perché è una conoscenza che va all’infinito, hai la possibilità di unificare tutto in questa realtà.

La morte di Lazzaro che precede di pochi giorni la morte di Gesù e per far capire che nella morte c’è un disegno spirituale, un disegno di Dio e allora adesso gli apostoli, istruiti da Gesù capendo la morte di Lazzaro, capiscono e sono preparati a sopportare la morte di Gesù, altrimenti sarebbe stata una tragedia.

Cioè ogni cosa che avviene nel mondo esterno è carica di significato, quello che conta non è la realtà esterna ma il significato di essa.

Che uno ti mandi una rosa, una violetta o una margherita, ha un valore relativo ma l’intenzione per cui te la manda quella ha un valore molto grande.

È il significato che dà valore alle cose, perché ti dà la possibilità di leggere le cose.

Conoscendo l’intenzione di Dio che è unica, perché unigenita, tu hai la possibilità adesso di capire il vero valore, il vero significato delle cose.

Hai la possibilità di leggere, cioè hai la possibilità d’infondere nelle cose un pensiero.

Quando tu puoi infondere nelle cose un pensiero, tu vivi.

Tu non vivi quando sei rassegnata, quando sei passiva, quando non riesci puù a infondere nelle cose un pensiero, quando tu subisci le cose e gli avvenimenti: “Andiamo a morire”.

Subisci l’avvenimento, sei rassegnata.

C’è questa prostrazione, che porta alla rassegnazione e ti fa esperimentare la morte.

Ma perché c’è questa prostrazione?

Perché non riesci più ad infondere un pensiero in quello.

Per cui accetti passivamente e quella passività ti conduce alla morte.

Se tu ti rassegni al tempo che passa tu giungi alla morte ma la morte, nel disegno di Dio è per condurti a scoprire la vita.

Quindi tutti coloro che muoiono prima di te, muoiono per farti scoprire la vita e il luogo della vita, non per farti toccare con mano la morte.

Essendo a contatto con uno che è morto, tu ti rassegni pensando che domani anche tu sarai morta, mentre invece Dio non ti presenta un morto perché tu ti rassegni alla morte ma perché tu scopra la vita.