Ed io sono
contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da
lui! Gv 11 Vs 15
Titolo: L'ultimo
tocco del Figlio di Dio.
Argomenti: Fede e paura. Morte
e fede. La morte è assenza di Dio.
La morte di Cristo. La presenza di Dio.
13/giugno/1993
Casa di preghiera Fossano
Esposizione di Luigi Bracco:
Siamo giunti al versetto 15 del cap. XI di s. Giovanni. Qui si dice: “…e per causa vostra, perché voi crediate,
Io mi rallegro di non essere stato là; ma andiamo da Lui”.
Prima aveva dichiarato: "Lazzaro è morto", e il Vangelo ci dice che Gesù disse
questo apertamente, il che vuol dire che prima non aveva parlato apertamente;
l'abbiamo visto domenica scorsa: aveva parlato sotto il velo del dormire: "Lazzaro si è addormentato, adesso Io
vado a scuoterlo dal sonno". Abbiamo visto che i suoi discepoli ne
avevano approfittato per rivelare la loro intenzione: la paura che essi avevano
a tornare in Giudea; infatti dissero: "se
dorme non è il caso di andare, perché guarirà". Allora è qui che Gesù
apertamente disse: "Lazzaro è
morto". Questa parola è chiara, perché umanamente sappiamo ben
distingue re colui che dorme da colui che è morto. Prima invece era sotto il
velo del sonno. Per "sonno" Gesù intendeva la morte, per cui la
parola non era chiara; secondo lo Spirito, sì, era chiara, ma umanamente non
era chiara: era parabola.
Se pero apertamente ha dichiarato: "Lazzaro è morto", adesso queste parole che dice ("... e per causa vostra, perché voi
crediate, Io mi rallegro di non essere stato là") sono tutt'altro che
chiare, perché intanto fa un'osservazione molto strana: “Io mi rallegro di non essere stato là”, il che fa pensare che se
Lui fosse stato là Lazzaro non sarebbe morto. Gesù dice: "Io mi rallegro...", quasi a dire: "io mi rallegro che sia morto" (ed è da notare che
Lazzaro era suo amico). Lo avevano mandato ad avvisare che Lazzaro era grave.
Lui si era soffermato oltre due giorni ancora; poi finalmente decise di andare.
Però quando si decise ad andare disse: "Lazzaro è morto": era già
morto due o tre, giorni prima, perché quando arriverà là, a Bethania, saranno
già quattro i giorni che Lazzaro era morto.
Eppure, dico, qui fa questa affermazione strana ("Io mi rallegro di non essere stato
là"), ed è molto importante: molto importante perché ci servirà poi,
quando arriveremo al "Gesù che
piange". Le interpretazioni comuni sono queste: "guarda come i l’amava!". Ma se l’amava, come può ora
rallegrarsi di non essere stato là, si rallegra quindi che Lazzaro sia morto?
La cosa quindi non è così semplice, perché è Lui che l'ha fatto morire, perché
altrimenti Gesù non avrebbe detto: "lo
mi rallegro di non essere stato là". Rallegrarsi vuol dire gioire: “Io gioisco di non essere stato là",
cioè di non averlo guarito, o per lo meno, di non aver sospeso quel processo di
morte che stava invadendo Lazzaro, il suo amico.
Allora ci deve essere qualcosa di più profondo. Perché
Gesù prova gioia di non essere stato là, quindi di non aver ubbidito al
richiamo delle sorelle di Lazzaro?
Tant’è vero che le sorelle quando Lui ritornerà Gli diranno: "Se Tu fossi stato qui, nostro fratello
non sarebbe morto!". Ma Lui non ha voluto essere là! e lo dichiara qui
apertamente: "Io mi rallegro di non
essere stato là".
Generalmente anche qui l'interpretazione ufficiale è: “sì
rallegra perché così riserva per i suoi discepoli un miracolo maggiore di
quello di guarire”; ma evidentemente Gesù non è venuto per fare dei miracoli,
anzi, Lui stesso qualche volta altrove rimprovera dicendo: "voi se non vedete miracoli e prodigi non credete" (Gv
4,48). Quindi lo scopo di Gesù non era di far miracoli, di fare cose
meravigliose tra noi. Il messaggio di Gesù è ben altro! Il messaggio di Gesù è di condurci a
conoscere il Padre, non il fare cose meravigliose. Quindi il problema non è
fare un miracolo più grande o un miracolo meno grande.
E allora dobbiamo trovare il significato di questa gioia
di Gesù (che dice "Io mi
rallegro..." ai suoi discepoli): la gioia di non essere stato là per
evitare che Lazzaro morisse. Implicitamente fa pensare che se Lui fosse stato
là, Lazzaro non sarebbe morto. Quindi ci deve essere una giustificazione e Lui
la giustificazione la dice. Dice: “è a
causa vostra: Io mi rallegro per voi".
Dice: "per causa vostra". E poi precisa: "perché voi crediate".
Qui ci fa scoprire una cosa enorme, cioè ci fa capire che
Gesù gioisce che Lazzaro sia morto "perché
voi crediate". Fa capire che
c'è un disegno: far credere i suoi discepoli. Anche la morte serve per far
credere; fa capire che la morte è necessaria.
Qui già si apre il sipario su un'altra morte che avverrà
tra pochi giorni, e che sarà necessaria.
"Era necessario... che il
Cristo patisse e così entrare nella sua gloria" (Lc 24,26). Ci
introduce cioè in quel profondo significato della morte del Cristo: “è necessario...”. E' necessario per che
cosa? Non perché Lui risorga! Il problema non è quello! Dice: "perché voi crediate". Quindi
per far credere qualcuno è necessario che qualcun altro muoia. Lazzaro muore
perché è necessario che qualcuno creda.
Che i suoi discepoli non credessero, l'abbiamo visto nei versetti
precedenti: hanno cercato tutte le occasioni possibili e immaginabili per
evitare di ritornare in Giudea: avevano paura! Non per accusare gli Apostoli, i
discepoli, ché tutti gli uomini hanno paura. La paura è mancanza di fede.
Perché è mancanza di fede? Perché i
discepoli avevano paura a ritornare in Giudea?
Dicono: “Poco fa i
Giudei cercavano di lapidarti e tu vuoi ritornare là?". La lapidazione
del loro maestro Era la loro lapidazione. Quindi profondamente avevano paura.
Ma come si può associare questa paura con la mancanza di
fede?
Perché avevano paura?
Perché i Giudei cercavano di lapidare il loro Maestro, il che vuol dire
che ritenevano che i Giudei, quindi gli uomini, potessero agire autonomamente
da Dio, cioè che potessero succedere delle cose indipendentemente da Dio:
questa è Mancanza di fede. Credere vuol dire ritenere che Dio sia il Signore,
il Creatore, sia Lui che ha in mano tutte le cose: i buoni e i cattivi. Lui
tutto ha in mano, Lui è il Signore di tutte le cose, di tutti gli uomini, di
tutti gli avvenimenti, di tutta la storia: non succede nulla che non sia voluto
da Dio. Questo vuol dire credere in Dio; altrimenti non si crede.
Se uno crede che Dio sia il Signore, ma che gli uomini
possono fare qualche cosa autonomamente, allora non c'è fede e subentra la
paura, perché può succedere qualche cosa non voluto da Dio: gli uomini possono
fare qualche cosa non voluto da Dio! può succedere qualcosa per caso o perché
l'uomo è cattivo. No! quello non è credere, non è avere fede.
Avere fede vuol dire ritenere che Dio sia il Signore di
tutte le cose, che Dio sia il Creatore, che Dio sia l'Autore, che Dio sia Colui
nel quale c'è la ragione di tutte le cose e che nulla accade senza di Lui.
Ora, evidentemente dal momento che i suoi discepoli avevano
paura dell'azione di certi uomini, per cui non volevano ritornare in Giudea,
con questo testimoniano che in essi non c'era fede.
E' per questo che Gesù dice: "perché voi crediate".
Allora diciamo: è questa mancanza di fede che rende necessario che Lazzaro
muoia.
Ma a questo punto dobbiamo chiederci (ho detto: è questo
un versetto difficile e tutt'altro che chiaro) che rapporto può esserci tra la
morte di Lazzaro e il credere dei discepoli di Gesù; che relazione può esserci
tanto che Gesù dice: “mi rallegro,
gioisco di non essere stato là”, cioè “…di non aver evitato che Lazzaro
morisse!”. “Mi rallegro per causa vostra,
a motivo vostro: perché voi possiate credere". Ecco perché voi possiate credere.
Il problema si sposta: che relazione c'è tra il morire di
Lazzaro, e quindi la necessità di questa morte (pensiamo da qui a pochi giorni
alla necessità della morte del Cristo), e la fede dei discepoli, cioè perché i
discepoli di Gesù possano aprirsi alla fede, possano credere?
La mancanza di fede deriva dal fatto che uno è fermo a
ciò che vede, tocca ed esperimenta. Noi vediamo, tocchiamo, esperimentiamo che
sono gli uomini a fare, che sono gli uomini ad agire, e fermandoci a quello che
nel pensiero del nostro io apparentemente sembra causa, fermandoci a queste
cause (le abbiamo chiamate cause seconde, ma nel pensiero del nostro io
diventano le cause prime), attribuiamo gli avvenimenti, i fatti, il rischio di
certi fatti, agli uomini. Ho detto: questo è sempre in relazione al fatto che
noi ci fermiamo al pensiero del nostro io e il nostro io si ferma alla realtà
che vede e tocca.
Ma avere il nostro io come punto fisso di riferimento
della realtà che noi vediamo e tocchiamo, evidentemente è essere su di un piano
sbagliato, perché il punto fisso di riferimento della realtà non può essere il
nostro io: il nostro io non è creatore e quindi non ha in sé la ragione degli
avvenimenti e delle cose, e neanche delle cose che vede, che tocca ed
esperimenta: la ragione vera delle cose è nel Creatore, è in Dio, Colui che opera
tutte le cose. Gli uomini non sono i
creatori, nessun io é creatore delle cose; il che vuol dire che la ragione
delle cose è in Dio, questo Spirito Creatore di tutte le cose. In Lui c'è la ragione di tutte le cose;
allora va superato il pensiero del nostro io.
Fintanto che noi riteniamo e riferiamo le cose a quelle
cause che vediamo, tocchiamo ed esperimentiamo con i nostri sensi, dico, noi
abbiamo come punto di riferimento il nostro io, noi siamo fuori della fede,
perché fede vuol dire riferire tutto a Dio.
Però da questo fatto a capire che relazione ci può essere
tra la necessità della morte di Lazzaro e l'apertura alla fede degli apostoli
(relazione che qui Gesù dichiara apertamente in questo versetto, perché dice: "era necessario che Lazzaro morisse”),
c’è ancora parecchio. "Era necessario che Lazzaro morisse"
dice Gesù: necessario, quindi: "io
l'ho fatto morire", come il Padre fa morire il Figlio perché era
necessario; ed era necessario perché? "perché
voi crediate", quindi perché l'uomo si apra alla fede, a questa fede
in Dio Creatore.
E' sempre necessario che qualcuno muoia, perché l'uomo si
possa aprire a questa fede in cui tutte le cose sono viste da Dio, sono
riferite a Dio e sono cercate in Dio nella loro giustificazione? Sì, è necessario perché l'uomo possa aprirsi
a questa fede, perché la salvezza sta lì: nel poter riferire tutto a Dio,
perché la realtà è questa: tutto viene da Dio e tutto ritorna a Dio. E'
necessario perché l'uomo possa superare questa barriera, questo posto di blocco
dell'apparenza delle cose, dell’apparenza di queste cause seconde,
dell'autonomia degli uomini da Dio, perché l'uomo possa aprirsi al Regno di
Dio; e il Regno di Dio vuol dire "dove Dio regna": non sono gli
uomini a regnare, né il caso, né la natura. E' Dio che regna!
E già all’inizio del suo messaggio Gesù come prima parola
dice: "Cercate prima di tutto il
Regno di Dio"(Mt 6,33), il che vuol dire: superate ogni altro regno:
il regno del denaro, il regno della violenza, il regno della natura, il regno
del caso, il regno degli uomini; superate tutto! e cercate prima di tutto il
Regno di Dio, perché in realtà Dio è Colui che regna in tutto". È questa
la condizione per entrare nella Realtà, cioè per entrare nella Verità, per cui
il Regno di Dio è Regno della Verità.
E' soltanto entrando in questo Regno della Verità che noi
troviamo la nostra vita. La nostra vita sta nel conoscere la Verità. La nostra
libertà sta nel conoscere la Verità, per cui fintanto che noi crediamo ma non
ci impegniamo a conoscere Dio, restiamo dominati dalla paura: paura della
violenza, delle forze che si scatenano nel mondo, paura del tuono, paura dei
fulmini, perché tutto può succedere...; e non ci rendiamo conto che invece
tutto è nelle mani di Dio, tutto è voluto da Dio, tutto ha la sua ragione in
Dio.
Ora è per fare questo salto dalle cose che appaiono ai
nostri sensi, a quella Verità in cui c'è Dio che opera in tutto e in cui tutto
è voluto da Dio in un fine, il fine di Dio (tutte le cose sono fatte nel Pensiero
di Dio, nel Verbo di Dio e per il Pensiero di Dio, per il Verbo di Dio), per
superare questo, cosa ci vuole? Ci vuole che qualcuno muoia. "Scrutate
le Scritture: parlano di Me" (Gv 5,39): in tutto c'è sempre la significazione del Cristo che
muore. Ecco perché c'è quel qualcuno che muore! Ed è tutto un morire nel mondo! E perché c'è tutto questo morire?
Forse che Dio, che è amante della vita, non ha fatto
tutte le cose per la vita? non ha fatto tutte le cose perché vivessero? E
perché ad un certo momento tutto è sotto questa ombra cupa del morire? Tutti muoiono.
E qui Gesù lo giustifica. Lazzaro è l'uomo, Lazzaro
rappresenta ogni uomo. E' necessario che l'uomo muoia, perché qualche altro
uomo si apra a credere. C'è sempre questa problematico: e nell'uomo che muore
c’è sempre un'innocenza: e quindi c'è il Cristo! “È necessario che Cristo
muoia", perché l’uomo si apra alla fede.
Queste sono affermazioni.
Gesù qui lo dichiara: c'è questo rapporto tra la morte di uno e la fede
dì un altro. Ma se lo dice, lo dice per dare a noi la possibilità di capire
qualche cosa. Infatti ho detto, Dio è
Luce e presso Dio tutto è luce, e tutte le parole che Lui dice e fa giungere a
noi, le fa giungere per aprirci alla fede in Lui: prima di tutto per farci
cercare, per farci desiderare la luce, comunque per aprirci alla fede, per
inondarci di luce. C'è un mare di Luce nel Regno di Dio! tutto resta illuminato
e tutto diventa semplice nel Regno di Dio.
Dico: che rapporto, che relazione c’è tra Lazzaro che
muore e muore in Giudea, e i discepoli di Gesù là lontano, sulla riva del
Giordano, dove Giovanni aveva battezzato, cioè su quel terreno di giustizia
fondamentale per cui bisogna dare a Dio quello che di Dio? Dico: che relazione
c'è, che rapporto c'è tra questo Lazzaro che muore lontano e questa mancanza di
fede dei discepoli e quindi questa necessità di questa morte per aprirli alla
fede?
Gesù dichiara:
"mi rallegro che Lazzaro sia morto", Come? Lui che è venuto per dare la vita dice:
"Mi rallegro di non essere stato là, quindi di non aver evitato questa
morte"? Le cose, le parole vanno
prese nella loro realtà: è inutile girare loro attorno... In sostanza Gesù
dice: "mi rallegro che Lazzaro sia morto".
Tanto così amava Lazzaro? Tanto così Lo amava! Dicendo questo, ci fa capire che quella morte
ha un significato ("perché voi
crediate"), e se ha un significato ha un fine, e se ha un fine quella
morte non è più effetto del caso, non è più effetto degli uomini: quella morte
è programmata!
Se Gesù dice: "Mi
rallegro di non essere stato là", evidentemente non subisce un
avvenimento, ma rivela una volontà, un programma. Ci dice che quella morte è
programmata, e programmata per un fine ben preciso: "perché voi crediate".
Qui la Parola di Dio lo dichiara: la morte appartiene ad
un disegno. La morte non è distruzione di un disegno ma perfezionamento di un
disegno. La morte quindi non è la negazione del disegno di Dio! Dio ha fatto tutto in un disegno, e la morte
non contraddice il disegno, non annulla il disegno di Dio: sarebbe un assurdo!
la morte appartiene al disegno di Dio, e il disegno di Dio è di aprire gli
uomini alla fede, a un rapporto a tu per tu con Dio, poiché fede vuol dire
rapporto a tu per tu cori Dio in tutto: non separare nulla da Dio!
Ma l'uomo ha separato invece tutto da Dio: l'uomo
considera gli avvenimenti, i fatti, gli uomini sempre staccati da Dio; parla
degli uomini come se gli uomini fossero degli dèi, degli esseri autonomi che
pensano, che parlano, che operano autonomamente, come se Dio non ci fosse, e
noi tutti viviamo, anche se preghiamo da Mattino a sera, ecc.; ma noi viviamo
come se Dio non ci fosse, ci decidiamo le cose, ecc., in funzione ad altri, in
relazione ad avvenimenti, fatti, sollecitazioni ambientali, paure, ecc., ma
sempre in relazione a degli stimoli, ecc.
E invece bisogna che l'uomo si apra alla fede, al
rapporto personale con Dio in tutto, poiché il problema essenziale dell'uomo,
il problema essenziale di Dio, del disegno di Dio è portare l'uomo alla vita (e
la vita dell'uomo é in Dio), è portare l'uomo a questo rapporto a tu per tu con
Dio, faccia a faccia con Dio; per questo è necessario che l'uomo si apra alla
fede.
Per condurre l'uomo a questa fede è necessario che
qualcuno muoia. Quindi c’è un disegno: se è necessario, questa morte appartiene
quindi ad un disegno: il disegno di Dio.
Dico, dal momento che l'uomo ha perso il contatto con
Dio, è necessario per mantenere il disegno di Dio, che qualcuno muoia.
La morte quindi appartiene al disegno della vita. La morte
e fatta per la vita! Se è fatta per formare la fede negli uomini, per far
credere gli uomini, e la fede è necessaria per far entrare gli uomini nella
vita, la morte appartiene a questo disegno.
Quindi il disegno della vita superiore alla morte. La morte
serve, è a servizio: è a servizio della fede, per formare la fede degli uomini.
Profondamente la morte non fa altro che far capire
all'uomo dove sta la vita. L'uomo che ha trascurato Dio, morendo non fa altro
che testimoniare agli altri e a se stesso che la vita è in Dio. Ma se la morte
dell'uomo che considera le cause seconde e perde il contatto con la Causa
Prima, cioè perde il contatto con Dio, dico, se la morte rivela, denuncia,
testimonia che tenendo conto di altro da Dio, separando le cose da Dio, non
riferendo tutte le cose a Dio, si esperimento la morte, dico, questa morte
testimonia all'uomo che la vita è in Dio; e se testimonia che la vita è in Dio,
dico, la morte serve, la morte glorifica: glorifica la vita, è in funzione
della vita, fa parte della vita.
La condizione per entrare nella vita è la fede, è
credere.
Ho detto: credere è avere questo rapporto a tu per tu con
Dio in ogni cosa, cioè è questo accogliere tutto da Dio, è questo riportare
tutto a Dio per riceverlo sempre nuovo da Dio, cioè per riceverlo secondo Dio,
dallo Spirito di Dio, per capirlo da Dio, per entrare nello Spirito, cioè per
acquisire il punto di vista di Dio, perché si entra nella vita guardando tutte
le cose dal punto di vista di Dio, perché Dio è il Vivente. Dio è il Vivente!
Noi stessi, tutti quanti, morendo, non facciamo altro che
gridare a tutto il mondo che Dio è il Vivente, che noi non siamo vivi. Noi
viviamo in quanto partecipiamo di quello che è Dio; ma in quanto partecipiamo;
per cui se non partecipiamo di quello che è Dio (e qui si partecipa in quanto
si conosce Dio, in quanto si riferisce tutto a Dio) esperimentiamo la morte; e
con la nostra morte noi testimoniamo che Dio è la Vita e che la nostra vita è
in Dio, e che noi viviamo per partecipazione.
Noi non siamo viventi. Vivente è Dio. Noi abbiamo la
"possibilità" di partecipare a quello che Dio è, e nella misura in
cui noi partecipiamo di quello che è Dio noi viviamo. Quindi la nostra vita è
partecipazione. Vita è comunione. La partecipazione presuppone la conoscenza.
Qui sta il significato di questa dichiarazione di Gesù
che si rallegra: si rallegra perché? perché con la morte di Lazzaro si sta
aprendo una porta per la vita degli uomini.
Ho detto, tutto questo preannuncia la morte di Cristo
stesso, che avverrà dopo pochi giorni. Già questo ci fa capire come tutto sia
parabola che ci prepara ad una Realtà. Anche Cristo deve morire, anche Cristo
deve rendersi assente.
Ecco, il tema di oggi abbiamo detto è: "L'ultimo
tocco del Figlio di Dio", e l'ultimo tocco del Figlio di Dio è
questo: "non essere là". Questo è l'ultimo tocco del Figlio di Dio.
Ultimo tocco, cioè ultimo segno che il Figlio di Dio incarnato lascia nel
nostro mondo.
Gesù dice: "Mi
rallegro di non essere stato là". L'ultima parola che Lui dice nel mondo
questo “non essere là”; e per noi è
un mistero grandissimo; per noi è un mistero capire come questo Essere che è
presente, ad un certo momento ci faccia esperimentare la sua assenza, questo
suo “non essere là” è cosa molto difficile .
Adesso qui è facile, nel campo dei segni, nella realtà in
cui ci troviamo: c'era la Giudea (Lazzaro era in Giudea), Gesù con i discepoli
era andato lontano dalla Giudea, al di là del Giordano, quindi è facile capire:
Gesù non era là, cioè non era a Bethania dove è morto Lazzaro. Ma siamo nel
campo dei segni, in quanto campo dei segni ci rivela ben altro. Già la morte di
Lazzaro ci significa la morte di Cristo. La morte è possibile solo in quanto
Dio non è là, perché presso Dio tutto è vita.
Dio è Dio dei viventi. Presso Dio non c'è la morte,
presso Dio c'è la vita. Dico: Dio è l'amante della vita, il che vuol dire che
presso Dio tutti sono vivi: c'è pienezza di vita! Perché l’uomo faccia
esperienza di morte, ed è necessario che si faccia esperienza di morte poiché è
la condizione perché si apra la porta della fede, e quindi la porta della vita,
è necessario che Dio sia assente, perché se fosse presente non ci sarebbe
esperienza di morte. Gesù lo dice: "Io
mi rallegro di non essere stato là!" E già! se fosse stato là, Lazzaro
non sarebbe morto, ma se Lazzaro non fosse morto i suoi discepoli come fede
sarebbero stati fuori. Lo dice Gesù chiaramente: "perché voi
crediate!".
I suoi discepoli evidentemente non avevano fede né in
Giudea né fuori della Giudea: né da una parte né dall'altra. Non avevano fede!
Eppure avevano lasciato tutto per andare dietro di Lui. E nei momenti cruciali
che si vede se c'è la fede o se non c'è la fede. Qui non siamo noi che facciamo
un illazione dicendo che non avevano fede, ma è Gesù che Io dichiara: non
avevano fede (perché dice: "affinché
voi crediate").
Già in un'altra occasione, quando gli chiedono: "aumenta la nostra fede!",
Gesù risponde "se aveste fede
soltanto come un granello di senapa..." (Lc 17,5-6). Essi credevano
che il problema fosse di aumentare la fede. No, dice Gesù: "ne aveste soltanto come un granello di senapa...”. E' Parola
di Dio che dice che i suoi discepoli non avevano fede e che era necessario per
questo che Lazzaro morisse; come sarà necessario che Cristo muoia. Gesù li sta
preparando: Li sta preparando al mistero della propria morte.
Se il Verbo di Dio si incarna, si incarna perché c'è una
grande miseria negli uomini, ed è necessario che ci sia questa preparazione e
questa pazienza di Dio, per preparare l'uomo a capire il mistero che si deve
compiere, e che è il mistero proprio della morte di Dio nell'uomo. Perché se Dio non muore, cioè se Dio non si
rende assente all'uomo (stiamo sfiorando l’assurdo perché Dio è il Presente) e
non fa fare esperienza all'uomo dell'assenza, l'uomo non muore, non può morire!
Con la presenza di Dio non si muore, e Gesù lo dice
chiaro, Egli dichiara: "Chi viene
dietro di Me non esperimenta la morte" (Gv 11,26) è logico! Con Dio
non si esperimento la morte: Dio è il Presente! la morte è assenza. La morte è
fare esperienza dell'assenza.
Ora, se è necessario questo passaggio della morte è
assolutamente necessario che prima che noi moriamo, muoia Dio in noi, che Dio
si renda assente, che ci faccia fare esperienza di questa assenza, di questa
solitudine, che l’uomo si senta solo. Lazzaro si è sentito solo. Anche il suo
amico Gesù lo aveva lasciato solo. E' per questa solitudine che si muore.
Eppure, questa solitudine è necessaria, ed è necessaria perché? perché l'uomo
creda, perché l'uomo si apra alla fede.
Come è possibile che Dio non sia là? Ho detto, è l'ultimo
tocco del Verbo incarnato: "non
essere là". E' necessario che non
sia là, perché altrimenti non ci può essere la morte. Eppure la morte appartiene al disegno di Dio.
Quindi anche il non essere là appartiene al disegno di Dio.
Notate che dice “là”
è un avverbio di luogo; quindi non é che Dio muoia in Sé. Dio non può morire in
Sé evidentemente: Dio é fuori del luogo, di ogni tempo e di ogni spazio, quindi
non è l'assenza o la morte di Dio che avvenga in Dio, no, però avviene nel Dio
incarnato. E il Dio incarnato, è il Dio che viene ad occupare le nostre
dimensioni, le nostre categorie di spazio e di tempo, nel nostro tempo, nel
nostro spazio: è lì che si verifica il "là",
il “non essere là”.
Gesù non era là; là dove era Lazzaro (Lazzaro rappresenta
ogni uomo), quindi là dove noi siamo, dove noi viviamo; là dove noi siamo, dove noi viviamo, lì, lì!
È necessario che ad un certo momento Dio non ci sia più.
Ed é necessario che Dio non ci sia più là. affinché
l'uomo possa morire, possa fare esperienza di morte, perché, dico, soltanto
facendo esperienza di morte, l'uomo scopre la vita.
La morte dell'uomo é lo spazio necessario perché venga lo
Spirito. E' necessario quindi che il Verbo di Dio incarnato, questo Figlio di
Dio che viene ad occupare i nostri spazi, i nostri luoghi, il nostro tempo, la
nostra vita, il luogo in cui noi ci troviamo, altrimenti non sarebbe incarnato,
ad un certo momento non sia più là dove noi siamo.
Il Figlio di Dio incarnato é incarnato proprio perché
viene là dove noi siamo, dove noi stiamo buttando la nostra vita
nell'immondizia. E' necessario che venga "là",
ed è proprio in questo "là"
che ad un certo momento Lui si rende assente. E' l'ultima parola ("…mi rallegro di non essere là").
E' l'ultima perché la prima parola che dice il Verbo di
Dio è quando dice: "Io sono
qua!" E' la prima Parola (ed è il Natale), la prima Parola che il
Figlio dì Dio dice: "eccomi: Io sono
qua". L'ultima Parola, l'ultimo
tocco del Figlio di Dio incarnato è: "Io
non sono lì... non sono qui". E lo dichiara Lui perfettamente,
chiaramente con le sue parole quando dice: "Dove
Io sono vai non potete venire" (Gv 7,34). Dicendoci: "…dove lo sono voi non potete
venire", vuol dire che Lui non è con noi.
Ma come? in un primo tempo dice: “Io sono con voi”. E
quante volte dice: "Non temete, sono
Io" e quante volte lo conferma! Eppure l'ultima parola che ci lascia è
questa: “Io non sono qui”, "Voi
siete di quaggiù; lo sono di lassù" (Gv 8,23).
Però dice anche: "lo
vado a prepararvi un posto, affinché dove lo sono siate anche voi... ma è
necessario che Io me ne vada” (Gv 14,3), “…e che me ne vada dove? da dove
voi siete!” “E' necessario che Io me ne
vada, perché altrimenti non può venire lo Spirito in voi!" (Gv 16,7). Ecco la necessità di questa morte! Ho detto,
questa morte è lo spazio per lo Spirito, è la condizione per scoprire dove è la
vita.
Con la morte si affaccia davanti a noi la domanda: dove è
andato? Ho detto che la morte è un fatto di assenza. E quando uno si rende
assente il problema per noi è: dove è andato?
Noi anche quando una persona muore ci domandiamo: dove è
andata? C'è il problema: dove è andata? E' vero questo, perché noi siamo fatti per
l'Assoluto, quindi non si accetta la morte di per sé, non esiste la morte di
per sé. La morte non esiste, nell'Assoluto non esiste la morte. Nell'Assoluto
esiste la vita e la morte serve alla vita. Quindi quello che esiste é la vita,
non è la morte. Noi di fronte alla morte ci chiediamo: dove è andato?
Ho detto, con la morte si forma questo problema: dove è?
dove è andato? E' andato chi? il Vivente, Colui che era vivo. Dove è andato?
Noi non possiamo annullare il Vivente. Noi possiamo perdere di vista il
Vivente, possiamo perdere il contatto con il Vivente, ma non possiamo annullare
il vivente, come non possiamo annullare la Verità. Noi possiamo anche dirlo a
parole: "Dio non esiste", ma non possiamo dimostrare che Dio non
esista.
Quindi il problema è chiederci: “ma se non c’è più...
dov’è? prima c'era e adesso non c'è più... dove è andato?”
Con la morte si verifica questa ricerca, il che vuol dire
che la morte ci fa capire dove è la vita, ci fa capire dove è la nostra vita,
perché ci fa cercare dove è la nostra vita! Io che vivevo per questo, per
quello, per quest’altro, per quell'altro, credendo di trovare lì la vita,
facendo adesso esperienza di morte, faccio esperienza di che cosa? Che la vita
non sta in questo, in quello, in quest'altro o in quell'altro per cui io sono
vissuto. E allora mi chiedo: "dove è la vita?"
Ecco, dico, perché la morte profondamente apre in noi lo
spazio a ricevere lo Spirito, ci mette in movimento verso lo Spirito. Noi non
possiamo accettare la morte così, perché non è la "realtà". Dobbiamo
trovare una giustificazione, una ragione di questa morte.
Ho detto: la morte appartiene ad un disegno, e qui Gesù
lo dichiara apertamente dicendo: "mi
rallegro di non essere stato là". Dicendo questo fa capire che la
morte di Lazzaro è stata voluta da Dio, da Dio amico di Lazzaro, perché Gesù
era amico di Lazzaro. Quindi non ha punito Lazzaro! La morte non è stata
punizione: era suo amico! Lo dichiara apertamente.
Con questo Lui dichiara che la morte di Lazzaro
appartiene ad un disegno di vita. “Mi
rallegro di non essere stato là". Gioisce perché la morte di Lazzaro è
per la vita, per un disegno di vita.
Questo disegno di vita sta nell'aprirci allo Spirito, cioè nel farci
capire dove sta la vita: la vita sta nello Spirito.
Gesù dicendo come ultima sua Parola: "Non ero là", ci fa capire che ad un certo momento tutto
ciò che non è Dio e che per noi rappresenta il "là", cioè là dove noi viviamo, ciò per cui viviamo,
tutto ciò che per noi non è Dio, tutto questo ad un certo momento si svuota di
Dio, diventa orma di Dio, passaggio di Dio, passato di Dio, tomba di Dio..., ma
non è più Dio!
Il Figlio di Dio dicendoci “mi rallegro di non esser stato là” ci fa capire che Lui vuole
condurci dove Lui è: Lui è là dove riceve l'Essere, perché Lui è il Figlio di
Dio, e come Figlio di Dio Lui riceve l'Essere dal Padre e il Padre è il suo
Principio.
Abbiamo già detto fin dall'inizio che Gesù, Figlio di
Dio, è Colui che parla a noi il Principio, il Principio di tutto. Principio di
tutto: allora è anche il Principio della conoscenza e della conoscenza di Dio;
soprattutto è il Principio della Presenza di Dio.
Cristo non fa altro che parlarci del Principio di quella
Presenza che per noi è vita.
Ho detto, l'esperienza della morte è esperienza di
assenza. E allora principio della vita è l'esperienza di Presenza. Però la
presenza di Dio non viene come le presenze che noi esperimentiamo nel nostro
mondo in relazione al nostro io. Noi le presenze le esperimentiamo nel nostro
mondo in relazione a quello che vediamo: vedo questo, quindi questo ce l'ho
presente. E' apparenza, profondamente è apparenza, perché tutte le presenze che
noi esperimentiamo sono soltanto movimenti di energia, moto, onde.
Profondamente tutte le nostre presenze, da cui noi traiamo vita e che ci conducono
a morte (perché conducendoci a morte ci fanno capire che non sono presenze), ci
annunciano una Presenza; ma quella Presenza che ci annunciano è una Presenza
che ha il suo Principio in Dio; il che vuol dire che noi non possiamo trovare
questa Presenza con i nostri occhi! non possiamo trovare questa Presenza con le
nostre mani, non possiamo toccarla questa Presenza, non possiamo fare
esperienza di questa Presenza!
Perché? Perché questa Presenza è
Presenza che viene da Dio!
Tutte le presenze che noi esperimentiamo vengono dai
sensi: è creazione di Dio certissimamente, ma non è Presenza di Dio. La
Presenza di Dio viene soltanto dal Padre, il che vuol dire che viene per
conoscenza. La vera Presenza si attinge soltanto per conoscenza e conoscenza
dal Padre.
Ed è per questo che Cristo dice: “E' necessario che Io me ne vada, perché altrimenti lo Spirito non può
venire... ma se Io me ne vado ve Lo mando dal Padre”. È questa la presenza
del Padre e del Figlio, cioè lo Spirito di Presenza! E' lo Spirito Santo! Questo Spirito di Presenza è uno Spirito che
resterà sempre con voi: ecco la vita eterna.
Mentre tutte le altre presenze, che sono segni, sono
destinate a perire, sono destinate ad andarsene perché sono segni, la vera
Presenza viene soltanto per conoscenza dal Padre, dal Principio; e fintanto che
noi non giungiamo a trovare questa Presenza che viene per conoscenza dal Padre,
dal Principio, noi non giungiamo a quella Presenza che per noi è vita e vita
eterna. Presenza "che - Gesù
dice - resterà sempre con voi" (Gv
14,16).
Ecco perché ad un certo punto Gesù ci saluta! E il suo
saluto sta in questo: "non essere
là", là dove noi siamo, là dove noi viviamo. Lui non è là. Lui è solo là dove è Figlio di Dio, Figlio
del Padre, e quindi Lui si ritira nel Padre, ma si ritira nel Padre per noi. Ho
detto, è l'ultima Parola del Verbo incarnato, il che vuol dire che è per noi
che lo fa: lo fa per condurre noi a quella Sorgente da cui la Presenza si
attinge solo in un modo solo: per conoscenza.
Alcuni pensieri tratti dalla conversazione:
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Di fronte alla morte, il problema
non è l'accettazione, la rassegnazione, ma "capire", perché la morte
ha un significato: è per la vita, per ricuperarci alla vita, a quella
segnalazione che abbiamo trascurato. Quindi la morte non è distruzione di
disegno, ma perfezionamento di disegno. Il disegno è la vita, non la morte. La
morte è il passaggio obbligato per entrare nella vera Vita (la vita è
Presenza): si entra nella vita capendo. Ma se noi non siamo preparati a capire
e a capire le cose da Dio, restiamo scandalizzati dall'opera stessa di Dio, che
ai nostri occhi è contraddizione, scandalo.
-
Anche chi segue Gesù fino all'Ascensione
esperimenta l'assenza del "Dio tra noi": cioè non trova più Dio in
niente, perché Lui ad un certo momento si ritira in un punto solo: nel
"Padre"' E il Padre Lo trovo solo conoscendoLo. Quindi non va più
cercato tra le cose che si vedono: “non è
più qui”: “non cercate il Vivente tra
i morti!"(Mt 28,6).
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La morte ci fa scoprire il luogo della vita.