Era
allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua
sorella. Gv 11 Vs 1
Titolo: L'uomo nel dramma
divino.
Argomenti: Segni e Parole. La Parola fa
concepire. Lazzaro è il simbolo dell'uomo malato.
Morte e resurrezione.
Natale ci rivela come Dio è presente in noi senza di noi. Come stare con
la Presenza di Dio? La malattia dell'uomo e la cura di Cristo.
17/Gennaio/1993 Casa di preghiera Fossano.
Incominciamo il capitolo XI del Vangelo di s. Giovanni
che inizia così (v. 1): "Era malato un certo Lazzaro di Betania, il
villaggio di Maria e di Marta sua sorella”.
Già abbiamo detto che questo capitolo rappresenta un po'
una “cerniera" tra due grandi parti del Vangelo di s. Giovanni. La prima
parte si può chiamare il "libro dei segni", la seconda parte “il
libro delle Parole”.
La prima parte, il libro dei segni, si è conclusa con “Il
Verbo che si è fatto carne”. Abbiamo detto che Dio in tutta la sua creazione fa
"segni" a noi: segni di Sé, e i segni sono rivolti all’intenzione che
noi portiamo dentro di noi. Dio opera attraverso i segni per correggere le nostre
intenzioni. Noi per natura tendiamo a trasformare tutto quello che vediamo e
tocchiamo (cioè tutta la creazione, tutti i segni di Dio) in nostra intenzione:
uno vede una bella macchina, desidera questa bella macchina, per cui la
macchina diventa intenzione di vita. Questo nel campo animale non ha niente di
male, ma nel campo umano c'è invece il male in quanto l'uomo patisce la
passione dell'Assoluto, per cui quando trasforma una cosa in sua intenzione, la
riveste di assoluto, per cui tende a farla come scopo di vita: vive per-.
Ora, siccome l'uomo non è stato creato per vivere per le
creature (non sono né le creature, né il mondo, né le istituzioni, il fine
dell'uomo) ma per conoscere Dio, per la vita eterna (e la vita eterna è
conoscere Dio, e Dio non si confonde con nessuna sua creatura e con nessuna
istituzione, angelica o umana: Dio é Persona, quindi è massimamente Singolarità
assoluta, quindi inconfondibile), quando lui, creato per un fine vive per
altro, si trova in situazione di colpa, di disordine.
Allora Dio opera per correggerlo. Dio non abbandona
l'uomo, quindi opera attraverso i suoi segni per fargli capire la relatività
dell'intenzione che lui porta e quindi per fargliela cambiare (fino a portarlo
ad aprirsi, ad invocare Dio) attraverso la presa di consapevolezza della vanità
del tutto (Cfr. Ecclesiaste: “vanità
delle vanità... tutto è vanità!”). Per cui ogni uomo arriva ad un certo momento
con questa coscienza: tutto è vano, tutto è inutile, tutto finisce in niente
(“abisso orrido e immenso in cui precipitando il tutto oblia", scriveva
Leopardi)
Dio opera per portare l'uomo alla consapevolezza del
niente, perché l'uomo abbia ad aprirsi al Tutto. E' attraverso il niente, per
difetto di intelligenza, che l'uomo è portato a scoprire il "Tutto",
e qui, a questo punto, subentra la Parola di Dio, il libro delle Parole. Qui si
passa dal libro dei segni al libro delle Parole. Le Parole sono quelle che
comunicano l’intenzione.
Quindi abbiamo:
i "segni" che operano nella nostra vita per
annullare, cambiare, relativizzare tutti i fini per cui noi viviamo;
poi abbiamo le Parole di Dio che operano per comunicarci
l'intenzione di Dio, ed è l'intenzione di Dio che ci fa concepire Dio. Soltanto
quando noi abbiamo concepito una cosa noi possiamo poi realizzarla, trovarla.
Abbiamo visto l'esempio delle stelle alpine: soltanto
quando abbiamo concepito cos'è una stella alpina noi possiamo identificare la
stella alpina; prima no. Così è nei riguardi di Dio: solo quando noi abbiamo
per grazia di Dio concepito cos'è Dio (la nostra anima è fatta per concepire
Dio; ecco quindi la grande lezione di Maria, della Madonna), possiamo
identificare Dio e quindi trovare la Realtà di Dio, da Dio, perché la Realtà è
Dio che la fa, quindi anche la presenza di Dio viene da Dio; però presuppone in
noi questo concepimento di Dio, altrimenti anche se Dio si presentasse, noi non
potremmo identificarLo.
Così abbiamo due grandi divisioni caratteristiche del
Vangelo di s. Giovanni:
libro dei segni,
libro delle Parole.
Questo capitolo XI fa un po' da cerniera, e vedremo poi
il perché, tra i primi dieci capitoli della prima parte (libro dei segni) e i
secondi dieci capitoli della seconda parte (libro delle Parole). In realtà ce
ne sono undici nella seconda parte (compreso questo capitolo XI), però l'ultimo
capitolo è stato aggiunto successivamente.
Tra le due parti del Vangelo di s. Giovanni troviamo
questa prima analogia:
- Come nella prima parte abbiamo un "Prologo"
seguito da nove capitoli,
- così nella seconda parte c'è questo capitolo XI che fa
da cerniera (punto di passaggio), seguito da altri 9, perché l'ultimo capitolo,
il XXI, in realtà è stata un'aggiunta: infatti se voi prendete il capitolo XX,
vedete che termina con queste parole dell'Evangelista che dice: "Ora Gesù
fece alla presenza dei suoi discepoli molti miracoli che non sono scritti in
questo libro: questi sono stati scritti affinché crediate che Gesù è il Cristo,
il Figlio di Dio e affinché credendo abbiate la vita nel suo nome" (Gv
20,31). Quindi evidentemente la chiusura era qui: il Vangelo di s. Giovanni si
chiudeva con il capitolo XX; poi c'è stata un'aggiunta del capitolo XXI in cui
c'è ancora l'episodio di Pietro, ecc.
Se consideriamo a parte il capitolo XXI, la divisione del
vangelo di s. Giovanni in due parti è perfetta perché la prima parte è
costituita da uno più nove capitoli, e qui nella seconda parte abbiamo undici
più nove e arriviamo a venti (quindi anche qui abbiamo uno più nove).
Qui, l'attacco di questa seconda parte è decisamente
giovanneo, perché Giovanni scrive: "Era malato un certo Lazzaro di
Betania, il villaggio di Maria e di Marta, sua sorella". E questo è decisamente giovanneo, perché qui
l'accento evidentemente è su Maria, perché dice il "…villaggio di
Maria" e poi aggiunge: “…e di Marta, sua sorella". Il centro è Maria, e ne vedremo in seguito il
perché. E' caratteristico, soprattutto se lo confrontiamo con l'evangelista
Luca. Anche l'evangelista Luca al capitolo decimo (e anche qui abbiamo una
simmetria) ha un accenno a questa Maria e a questa Marta, però, e qui si rivela
appunto la caratteristica di Giovanni, qui Luca dice: "Gesù entrò in un
certo villaggio (Betania era questo villaggio) e una donna chiamata Marta Lo
accolse nella sua casa. Essa aveva una
sorella chiamata Maria". Ecco:
in Giovanni, Betania è "villaggio di Maria" che
aveva una sorella, Marta;
in Luca invece abbiamo “il villaggio di Marta" che
aveva una sorella, Maria.
Luca pone l’accento su Marta, invece Giovanni pone
l’accento su Maria e queste differenze hanno la loro importanza, come si vedrà.
E Lazzaro? Lazzaro è il punto di passaggio tra il libro
dei segni e il libro delle Parole, libro che conduce allo Spirito Santo, quindi
che introduce in quel "Cielo - Cielo" dove la Realtà si vede dal
Padre.
Lazzaro è simbolo di tutta l'umanità: di tutta l'umanità
che è malata. L'argomento di oggi è proprio la malattia dell'uomo); l'uomo che
è incluso in questo dramma divino (il tema di oggi è appunto: "L’UOMO NEL
DRAMMA DIVINO"), l'uomo che scopre di essere gravemente ammalato. Tutta
l'umanità è malata ed è rappresentata qui da Lazzaro, attorno al quale ci sono
Maria e Marta.
Tra la prima e la seconda parte troviamo ancora delle
analogie:
La prima parte ha un "Prologo" il cui centro è
“Il Verbo si è fatto carne”: “In Principio era il Verbo, il Verbo era presso
Dio e il Verbo era Dio ... e: il Verbo si è fatto carne” (Gv 1,1.14). E abbiamo
terminato questa prima parte, libro dei segni, col capitolo decimo con il tema:
"Il Verbo si è fatto carne", (nel Verbo fatto carne abbiamo la
sintesi di tutti i segni di Dio), ed abbiamo capito la lezione che ci viene da
questo Verbo che si fa carne per l'uomo.
La seconda parte, il libro delle Parole, inizia con la
morte e risurrezione di Lazzaro e termina con la morte e risurrezione di
Cristo, passaggio necessario per aprirci alla Parola che ci orienta allo
Spirito
Poi abbiamo un'altra analogia: appena passato il Prologo
e terminato il primo capitolo abbiamo la grande presentazione di Maria, la
Madre di Gesù, nella scena delle nozze di Cana, al capitolo secondo (tutti i nove
capito li che seguono il Prologo iniziano tutti con una scena seguita poi dalle
"lezioni" di Gesù; mentre invece, nella seconda parte, abbiamo la
prevalenza della Parola di Dio che orienta allo Spirito Santo). Quindi nella
prima parte all'inizio del capitolo secondo, abbiamo Maria nella scena delle
nozze di Cana in cui il vino viene a mancare.
"Non hanno più vino", dice Maria a Gesù (Gv 2,3), il che vuol
dire: "non hanno più vita!" Ora, quando non c'è più vita è perché c'è
la malattia mortale che sta scavando.
Anche qui, all'inizio della seconda parte, c'è un'altra
Maria e c'è la malattia dell'uomo: troviamo Lazzaro malato e accanto a lui
troviamo una Maria. Quindi abbiamo una Maria all'inizio della prima parte e
abbiamo un’altra Maria all'inizio della seconda parte e in entrambe le parti
c'è una situazione di malattia dell'uomo.
Ma nella seconda parte c'è qualcosa ancora di più: il
capitolo XI inizia con la malattia, la morte e la resurrezione di Lazzaro e
finisce con la morte e la resurrezione di Cristo, Verbo incarnato, per cui
tutta questa seconda parte, il libro delle parole, è inclusa in questi due
grandi termini:
morte e resurrezione dell'uomo,
morte e resurrezione del Cristo.
Per farci capire che l'anima dell'apertura al Cielo di
Dio è proprio questo passaggio: morte e resurrezione. Cioè non si entra nel
regno dello Spirito a cui ci orienta "il libro delle Parole" se non
si superano tutti i segni, quindi anche Cristo perché la conoscenza della
Verità viene dal Padre e non si entra in questo Cielo di Dio in cui tutte le
cose vengono dal Padre, dedotte dal Principio, se non attraverso questo
passaggio: morte e resurrezione. Morte a tutte le cose che si vedono e
resurrezione, vita nelle cose che non si vedono: "Se siete morti con
Cristo... non vivete più per le cose che si vedono, ma cercate le cose
invisibili perché le cose invisibili sono eterne, le cose che si vedono invece
sono temporanee, passeggere" (Col 1,3; 2 Cor 4,18).
Ecco l'invito della Parola di Dio: necessità di superamento di tutte le cose che
si vedono; e cosa sono le cose che si vedono? tutte le cose che sono relative a
noi, ai nostri sensi, al nostro io: sono “segni”; quindi necessità di superare
tutto il mondo dei segni per passare alle cose dello Spirito: le cose dello
Spirito sono eterne. E quali sono le cose dello Spirito? Le cose dello Spirito
sono quelle che si vedono dal punto di vista di Dio. Le cose dello Spirito
appartengono al Cielo di Dio, e il Cielo di Dio rappresenta quel regno in cui
tutte le cose hanno Dio come unico punto fisso di riferimento.
La nostra terra ha tanti punti fissi dì riferimento. Noi
abbiamo tanti punti fissi di riferimento: a partire da padre, madre, fratelli,
sposi, ecc., e poi autorità, e poi istituzioni e poi cose che vediamo e
tocchiamo. Qui sulla terra viviamo io quanto tutte le nostre conoscenze sono
fondate su dei punti di riferimento che non sono assoluti (per questo si dice
“mondo relativo”).
Invece nel Cielo di Dio c'è un unico solo punto fisso di
riferimento: Dio. Tutte le nostre conoscenze sono destinate a crollare: tutte!
Quindi anche tutte le nostre conoscenze di parenti, di amici, ecc. sono
destinate a crollare. Non ci conosceremo più così! Noi ci conosceremo
unicamente dal punto di vista di Dio, in rapporto a Dio, perché lì è il punto
di intelligenza: è il vero punto di intelligenza!
Evidentemente c'è quindi un passaggio, una crisi che
aspetta tutti noi: passaggio dai tanti punti di riferimento che noi abbiamo qui
sulla terra (valori che noi prendiamo come punto fisso di riferimento e che sono
a fondamento di tutti i nostri ragionamenti) a quel Regno in cui c'è come unico
punto fisso di riferimento Dio. Questa è la condizione per entrare nel Regno
della Vita Eterna, nel regno della Luce, della Verità.
Per farci fare questo passaggio Dio forza molte volte la
mano, togliendo, facendo dimenticare i punti di riferimento umani, terreni, per
cui quelli che assistono (gli spettatori) dicono: "costui vaneggia!"
a colui che sta facendo questo passaggio, perché evidentemente non ci sono più
in lui i punti di riferimento terreni. Dio opera forzando un pochino la mano,
per costringerci ad entrare in questa crisi ed a fare quel passaggio, per
scoprire le cose dal punto di vista di Dio, perché Dio è il Principio e Dio è
il Fine, Dio è la Porta per entrare nel Regno della sua Verità. Dio ci forza a
passare attraverso quella Porta, purché in noi ci sia un briciolo, un seme di
fede: se c'è questo seme di fede, Dio non ha difficoltà, facendo leva su di
esso, a portarci a metterlo al di sopra di tutto, in modo che noi abbiamo a
guardare da quel punto di vista.
C'è quindi questo passaggio, "morte e
risurrezione" che aspetta ogni uomo e che è rappresentato qui da Lazzaro
che oggi ci viene presentato in questo capitolo (primo capitolo della seconda
parte), capitolo che, abbiamo detto, diventa cerniera per il passaggio nel
Regno del Cielo, nel Regno dello Spirito, regno della Verità che ci aspetta,
perché siamo stati creati tutti per giungere allo Spirito Santo.
Abbiamo concluso il capitolo decimo con "Il Verbo di
Dio che si fa carne" (è il problema del Natale) e abbiamo visto anche qual
è la condizione per poter identificare Dio ed è lì che abbiamo riflettuto su
tre momenti:
terra - terra,
terra - Cielo (cerniera),
e poi "Cielo - Cielo".
Per identificare questo "Verbo fatto carne" ci
siamo fatti questo problema: noi ci troviamo di fronte ad un Bambino qualunque:
come possiamo dire: "qui sta la Salvezza del mondo, qui sta la Salvezza di
tutti gli uomini”? E abbiamo visto che
tutti coloro che hanno detto: "questa è la Salvezza del mondo", sono
stati preceduti da un "concepimento". Prima di tutti Maria, ma poi
anche Giuseppe. E poi abbiamo visto i
pastori e i Magi e poi siamo arrivati anche ai discepoli di Giovanni Battista.
Tutti quanti come hanno potuto dire: "questi è la Salvezza del mondo, è la
Salvezza di tutti gli uomini"?, Cristo era un uomo come tutti gli altri, e
quel Bambino era un bambino come tutti gli altri. Cosa deve essere successo
nell’animo di quegli uomini, per cui ad un certo momento hanno detto:
"questa è la Salvezza dì Dio"?
Lo vediamo in Giuseppe: ha potuto dirlo perché ha
ricevuto primi un annuncio, un segno dal Cielo: "Tu lo chiamerai Gesù,
Salvezza di Dio" (Mt 1,21). Ecco, c’è quest'opera dello Spirito, opera del
Cielo nella nostra terra (in Cristo c'è questa sintesi terra – Cielo), c’è il
Cielo che ti dà un segno. E colui che riceve questo segno, trovando la
coincidenza tra il segno che ha ricevuto dal Cielo e la “realtà” che
esperimenta sulla terra, vedendo la coincidenza delle due cose, dice: “è vero!”.
Senza questo “segno dal Cielo” (concepito) per noi è
assurdo, impossibile, identificare il Verbo incarnato. Ecco perché colui che
non riceve le cose dal Cielo, colui che non è attratto dal Padre, non può nel
modo più assoluto riconoscere il Cristo, anzi, incontrando il Cristo non dirà
che è la Salvezza di Dio, ma dirà che è un "peccatore", un
"bestemmiatore", un "demonio". E l'hanno detto e l'hanno mandato a Morte
credendo di essere dalla parte del giusto.
Ecco, senza questo concepimento che ci fa capire la
condizione per poter identificare le opere di Dio, non giungeremo mai a
identificare il Cristo, Dio. Per cui senza lo Spirito di Dio noi non possiamo
arrivare nel modo più assoluto a dire: "questa è la Salvezza di Dio". Noi diremo sempre: "è un bambino o un
uomo qualunque" e prometteremo tutti i nostri giudizi sempre sull'aspetto
umano, sull'aspetto terreno, ragioneremo cioè secondo gli uomini. Senza questo
sguardo da Dio, dal Cielo di Dio, noi ci troviamo nell’impossibilità di
ragionare secondo Dio, e quando non si ragiona secondo Dio, Gesù stesso lo
dice: "sei un demonio! perché tu non ragioni secondo Dio, ma tu ragioni
secondo gli uomini!" (Mt 16,23). Ragionare secondo gli uomini è essere
demoni; e parola di Dio! l'ha detto Lui a Pietro.
Quindi c'è questa necessitando "concepire" Dio,
Cristo, per poterLo riconoscere. C'è questa necessità che ci apre a quello che
è il "dramma" di ogni uomo, perché l'uomo senza lo Spirito di Dio non
può identificare le opere di Dio, senza questo sguardo dall'Alto non può identificare le opere di Dio,
"Fintanto - dice s. Agostìno - che noi ci ostiniamo
a conoscere Cristo secondo la carne, noi nel modo più assoluto non possiamo
ricevere lo Spirito Santo”, non possiamo arrivare allo Spirito Santo, perché lo
Spirito Santo, Spirito di Verità, quello che ci fa vedere le cose secondo la
Verità, secondo Dio, presuppone la glorificazione del Cristo, e glorificare
Cristo vuol dire andare al di là di quella che è la carne, di quello che è il
sangue. Cristo stesso lo dice: “Se Io non me ne vado (carne e sangue) non può
venire in voi lo Spirito di Verità” (Gv 16,7).
Quindi si richiede questo superamento: quel superamento
di tutta quella realtà in cui noi ci troviamo per poter ricevere lo Spirito di
Verità, altrimenti noi non lo possiamo ricevere. Senza lo Spirito di Verità non
vediamo lo Spirito nella realtà in cui ci troviamo, e qui noi ci troviamo
chiusi in un cerchio da cui non possiamo uscire: è questo il dramma dell'uomo.
Per ricevere lo Spirito bisogna glorificare il Figlio e glorificare il Figlio
vuol dire vedere quello che il Figlio é, è vedere ''la gloria che il Figlio
ebbe prima che il mondo fosse" (Gv 17,5), quindi al di sopra di tutti gli
argomenti terreni, Quindi soltanto quando il Figlio è glorificato in noi ed è
visto quindi dal Padre, al di là, al di sopra di tutto quello che è il nostro
mondo terreno, noi possiamo ricevere lo Spirito di Verità.
Per poter vedere 18 gloria del Figlio, per poter
glorificare il Figlio, noi abbiamo bisogno di superare tutto, anche il Cristo
stesso. E chi ci darà la possibilità dì superare tutto questo mondo? Abbiamo
bisogno di chi ce ne dia la possibilità perché senza questo superamento non
possiamo vedere la presenza di Dio in mezzo a noi e se non vediamo la Presenza
di Dio in mezzo a noi non possiamo dire: “Questa è la Salvezza di Dio”.
Chi ci dà la possibilità di superare tutto il nostro
mondo terreno è il Verbo incarnato in cui c’è la terra e c’è il Cielo. Ma per
poter identificare il Verbo incarnato bisogna aver concepito “come” Dio ci
salva.
Le cose si complicano a questo livello per ogni uomo.
Abbiamo visto che la lezione grande del Natale (in cui ci viene presentato il
Verbo di Dio che si fa carne) si concretizza in questo fatto: Dio è come un
bambino affidato nelle nostre mani: cioè è la Presenza di Dio in noi
indipendentemente da noi.
Andando oltre nel campo dello Spirito, nel campo del
pensiero noi diciamo: il Natale ci dà questa lezione: “Dio è un Pensiero
affidato ai nostri pensieri”.
Qui cominciamo a capire il dramma divino: dramma divino e
dramma umano, perché l’uomo che porta la presenza di Dio in sé non sa restare
con questa Presenza.
Dio è Colui che si annuncia e sì rivela a noi nel Natale,
come un Bambino affidato alle nostre cure. Quindi il Natale rivela a noi che
Dio è presente in noi e “come” Dio è presente in noi. Se Dio non fosse presente
in noi, noi saremmo sul piano nettamente animale e quindi non potremmo
minimamente intendere il problema dì Dio; ma nemmeno noi sentiremmo il problema
della conoscenza. Se sentiamo il problema della conoscenza (il bisogno cioè di
capire il significato delle cose) e soprattutto( ed è quello che tormenta il
mondo oggi e mette con le spalle al muro tutta l'umanità) il problema della
mancanza di significato della vita, è perché portiamo la presenza di Dio in
noi, ora, dico, noi non sentiremmo, non avvertiremmo il problema del
significato della vita se non portassimo Dio in noi e se non fossimo creati per
Dio.
Andate a raccontare, soprattutto ai giovani di oggi, che la
nostra vita serve per accumulare del denaro, che la vita serve per lavorare,
che la vita serve per fare una carriera, che la vita serve per far politica,
che la vita serve ad un istituzione, (alla patria, ecc.) andatelo a raccontare
loro e vedrete che cosa vi dicono! Ecco, si sta arrivando ai ferri corti: c’è
bisogno di dare un significato alla vita, perché la vita senza significato non
è sopportabile, e allora si finisce con la droga e il suicidio: non c’è altra
soluzione. La vita ha bisogno di un significato. L’uomo ha bisogno di
significato. Perché l’uomo ha bisogno di significato? L’uomo è essenzialmente
un’invocazione, una preghiera: tutto il mondo è in preghiera! È essenzialmente
un bisogno di significato: perché c’è l’universo? perché ci siamo noi? che cosa
ci stiamo a fare?
Questo bisogno di significato che noi portiamo in noi è
testimonianza, è rivelazione della presenza di Dio in noi senza di noi. Ecco il
problema del Natale! Natale ci rivela “come” Dio è presente in noi senza di
noi, indipendentemente da noi. Maria concepisce e da alla luce il Figlio di
Dio, indipendentemente dall’uomo (“non conosco uomo”). Qui siamo su un piano
nettissimo. Quindi la testimonianza è nettissima: qui abbiamo un segno,
un'opera che arriva a noi indipendentemente da noi. Dico, è il Messaggio, la
lezione, la rivelazione del Natale. Tutta l’opera del Cristo è tutto
rivelazione di una realtà che noi portiamo in noi, rivelazione del Pensiero di
Dio presente in noi indipendentemente da noi, affidato a noi, ai nostri pensieri.
E qui il problema si affaccia subito imponente: questa è
la "Presenza" che ci è data e nessuno di noi può dimostrare il
rovescio. Questa è presenza di Dio in noi, perché, dico, la nostra stessa
carne, il nostro stesso sangue portano scritte questa presenza di Dio, questo
bisogno di Assoluto, questo bisogno di capire, questo bisogno di un
significato.
Data questa Presenza che abbiamo visto, contemplato,
meditato a Natale, con il Natale, si presenta all'uomo un problema ed è questo:
come fare per restare con una Presenza? E' il grande problema dell'uomo.
Come si resta con una presenza? come si resta con una
persona? Tutta la problematica umana si
incentra in questa difficoltà: tutti i rapporti di relazione, rapporti uomo -
donna, rapporti di Matrimoni, ecc. si sintetizzano in questo: come si fa a
vivere con?
L'uomo è tremendamente immaturo per vivere con una
persona. Non si è capaci a vivere con una persona, perché non si sa come si fa
a vivere con una persona. La persona, ogni persona, è un centro universale. E' un universo! E come si fa a vivere con una persona?
Non si può nel modo più assoluto vivere con una persona
se non si riferisce tutto a quella persona. Basta un pensiero solo, una parola
sola, non riferiti a quella persona che si creano abissi di lontananza con
quella persona, anche se si continua a vivere assieme ad essa. Non si può
restare con una presenza se non si riferisce tutto a quella presenza: è il
dramma dell’uomo.
Il grande problema è: come si fa a restare con Dio? con
la presenza di Dio? (ecco l'uomo immerso nel dramma divino!)
La presenza di Dio ci è annunciata e ci 'è annunciata in
modo imponente, perché diventa passione dell'uomo. E' passione dell'uomo: ma
come fa l'uomo a restare con Dio? a restare con la presenza di Dio?
L’uomo fa una terribile esperienza dell’assenza di Dio,
non della presenza di Dio, pur non potendo negare la presenza di Dio. Nessuno
può negare che Dio sia presente: se Dio esiste ed è lui il Creatore, è presente
in tutto, certissimamente! però l'uomo fa esperienza dell'assenza di Dio. Dico:
perché?
Ecco, qui incominciamo a capire perché l'uomo fa
esperienza dell'assenza e non della presenza di Dio: non si può restare con una
presenza, con una persona se non si riferisce tutto a quella persona.
Ecco allora il problema che si presenta all'uomo, la
grande difficoltà, la malattia dell'uomo. L'uomo è fatto per vivere con Dio,
perché è creato ed è costituzionalmente fatto per vivere per Dio, per avere Dio
come punto fisso di riferimento, per riferire tutto a Dio, ma non sa stare in
questo Principio. L'uomo perde contatto con il Principio e perde contatto con
il Principio perché si ferma ai segni, alle apparenze, ai sentimenti, a quello
che prova, a quello che esperimenta. E man mano che l'uomo vive, si allontana
dal Principio. Invece il bambino no: il bambino tutto riferisce a Dio.
Purtroppo però man mano che vive incomincia a fare esperienza e incomincia a
riferire le cose all'esperienza fatta per cui ad un certo momento Dio diventa
lontanissimo. È il carico di quello che noi abbiamo esperimentato, di quello
che noi esperimentiamo nel nostro mondo, che ad un certo momento ci porta
lontanissimi da Dio, ci impedisce di riferire a Dio, al Principio, e allora noi
facciamo l’esperienza dell’assenza di Dio: noi perdiamo il rapporto con il
Principio. Perché? Perché non riportiamo tutto al Principio.
Non si può restare con una presenza, con una persona se
non si riferisce tutto a quella persona: tutto! ogni pensiero, ogni parola,
ogni azione. Gesù lo dice in modo chiarissimo: "Chi con Me non raccoglie,
disperde"(Mt 12,30). Dicendo "chi con Me non raccoglie", già ci
fa capire che Lui è Colui che raccoglie tutto nel Padre, tutto nel Principio:
“chi con Me...”. Se dice “con Me” vuol dire che Lui fa questo; noi invece possiamo
non farlo: "chi con Me non raccoglie disperde!" e disperdendo, resta
disperso e quindi fa esperienza di morte: la morte è dispersione.
Ritorniamo al segno del Natale: il Natale ci rivela, ci
testimonia che Dio è un "Pensiero", Pensiero dell'Assoluto, pensiero
della Verità, di Colui nel quale c'è la ragione di tutte le cose, e Dio si
rivela come un Pensiero affidato ai nostri pensieri: è la rivelazione del
Natale. Ma come fare per poter restare con questo Pensiero affidato a noi?
"Chi con Me non raccoglie disperde", ci dice
Gesù, cioè chi non riporta tutti i suoi pensieri a quel Pensiero affidato, a
quel Pensiero, disperde. Dico, la mamma che trascura il bambino appena nato,
causa la morte del bambino. Il bambino richiede tutti i pensieri della madre. Dio presentandosi come Uno che è affidato ai
nostri pensieri richiede tutti i pensieri nostri!
E se noi non riportiamo tutto a Dio, se non riferiamo a
Lui tutti i pensieri in modo da vederli dal suo punto di vista, in modo da
ricuperare in continuazione il Principio, cosa succede dentro di noi? Succede che i pensieri nostri
impazziscono. Un pensiero che perde il
rapporto con il suo Principio impazzisce. E' un fiume che perde il contatto con
la Sorgente: avrà ancora dell'acqua, formerà delle pozzanghere, delle lagune, tutto
quello che vogliamo, ma è destinato a seccare: ha perso contatto con la
sorgente, con il suo principio. Così i nostri pensieri: i nostri pensieri da
soli non stanno su, e quando i nostri pensieri perdono contatto con il
Principio, non sono riportati al Principio, si forma dentro di noi, nella
nostra mente (sto parlando di mente, di intelligenza, di pensieri!), nei nostri
pensieri, sì forma questa dispersione, questa confusione, questo disordine,
questo impazzimento: pensieri che non sanno più per che cosa vivere. La grande
malattia dell'uomo inizia nel cervello, per i pensieri che non sono riportati
al Principio.
Ho detto che la dispersione di pensieri (siamo nel campo
dello spirito) è causa di morte: la morte è dispersione di pensieri. La morte
non è annullamento. La vita sta nell'unità. La vita è unificazione; la morte è
dispersione. Dispersione non è annullamento: è confusione, è tenebre.
Ora, la vita sta nel porta re tutto all'Uno, a Dio,
quindi nel guardare tutte le cose dal punto di vista di Dio, come è detto in
principio, nel Prologo: "In principio la vita era la luce..Lui era la
vita" (Gv 1,1.4). Infatti tutte le cose Adamo in principio le riferiva
tutte a Dio e lì stava la vita! Ora,
quello che era in principio, non è che sia cambiato: quello che era in
principio è rivelazione per dirci la Verità, per dirci: "Guardate che la
vostra vita sta in questo! La vita era in questo nel principio, poi voi vi
siete allontanati dal Principio e la vostra vita l'avete fatta consistere in
altro e avete trovato la morte, perché avete seminato la morte!"
E come si semina la morte dentro di noi? Ogni pensiero non riportato a Dio, non
collegato con Dio, non unificato in Dio, non visto dal punto di vista di Dio, è
un seme di morte dentro di noi: noi stiamo covando delle uova: uova di morte! e
stiamo facendo esperienza di morte.
Ho detto: si muore nel cervello. E si muore nel cervello in quanto dentro di
noi si forma un disordine nei nostri pensieri: pensieri che non sono più
riferiti al Principio, e quindi non hanno più il Principio come fine.
Dico, è questo disordine di pensiero che crea la malattia
del l'uomo: malattia che prima si crea nei pensieri, poi si somatizza e ad un
certo momento avvolge tutto il mondo.
Ecco, è a questo punto che, se l'uomo è malato, lo vedremo
poi nello sviluppo dello stesso episodio di Lazzaro, c'è una cura e c'è una
resurrezione. Cristo, Verbo di Dio incarnato, è venuto per i malati. Abbiamo
detto: la malattia sta nel pensiero, e se Cristo è venuto per i malati,
evidentemente è venuto a curare questa malattia, non tanto la malattia fisica
(le malattie fisiche sono segni, sono conseguenze), per curare la malattia
nella sua fonte, nel suo principio, e il principio della malattia è il
disordine dei pensieri. Cristo è venuto a curarti in questo disordine, in
questi pensieri impazziti, in questi pensieri non riportati al Principio.
E allora dobbiamo chiederci: come Cristo, Verbo
incarnato, con la sua "carne" e con il suo "sangue" cura
questa malattia? Prima abbiamo detto: vanno superati la sua carne e il suo
sangue! Gesù stesso dice che la carne non serve a niente. Eppure dice: "se
non mangiate la mia carne voi morirete" (Gv 6,53). Come Cristo con la sud
carne può curare l'uomo nel disordine dei suoi pensieri?
Cristo l'abbiamo definito "terra - Cielo", noi
creiamo tanto disordine in noi perché siamo terra - terra: tutte le nostre
scienze, e tutte le e nostre conoscenze che sono fondate sulla nostra
esperienza, in quanto sono relative a esperienze fatte, a conoscenze umane,
quindi secondo i sentimenti, tutte le nostre scienze non ci possono salvare, e
che non ci possano salvare lo stiamo toccando tutti quanti con mano al punto in
cui noi ci siamo venuti a trovare ed è lezione di Dio, parola di Dio nei nostri
tempi.
Invece in Cristo c’è “terra – Cielo”: c’è terra ancora,
ed è necessario perché noi capiamo soltanto il linguaggio “terra”, ma c’è già
la dimensione celeste, quindi “terra – Cielo”. Ma noi dobbiamo arrivare al
Cielo – Cielo, perché la salvezza sta nel Cielo, quindi la salvezza sta nel ricevere
lo Spirito di Verità, lo Spirito Santo “che vi condurrà a vedere la Verità in
tutto” (Gv 16,13) e qui avremo la pienezza della vita, la Vita Eterna. Però è
necessario questo passaggio “terra – Cielo”.
Come avviene questo passaggio? Come Dio attraverso la sua
incarnazione, la sua carne, il suo sangue ci guarisce dalla nostra malattia?
Come ci fa fare questo passaggio dalla terra – terra al "Cielo -
Cielo", il problema è questo "come".
Abbiamo detto che noi possiamo individuare una cosa
soltanto in quanto capiamo il "come".
La grande lezione del Natale è per farci capire "come" Dio è
tra noi. Il capire questo “come” ci fa capire anche "come" il Verbo
incarnato ci guarisce. Abbiamo detto: Dio è tra noi come un Pensiero affidato
ai nostri pensieri. Va benissimo, abbiamo capito! Dio è un Pensiero affidato ai nostri
pensieri. Ma la responsabilità sta qui: se trascuro questo Pensiero affidato ai
miei pensieri, siccome Lui è la mia vita, io provoco la mia morte e la mia morte
sta in questa dispersione, in questo disordine di mente, disordine di pensiero.
Da qui derivano tutti gli altri mali. Quindi qui è la fonte. Dico: Cristo viene
a curarci in questa origine dì tutti i nostri mali, in questo
"principio" riportandoci al nostro Principio. Infatti Lui si definisce, quando gli
chiedono: "Tu chi sei?": "Sono Colui che parlo a voi il
Principio" (Gv 8,25).
Anche a Giovanni Battista avevano chiesto: "Tu chi
sei?", ma lui rispondeva: "io non sono il Cristo; io sono una voce”
(Gv 1,23). Ora, la voce non ti cura! La voce non ti salva! Invece quando chiedono a Gesù: "Tu chi
sei?", Lui risponde: "lo sono Colui che parlo a voi il
Principio".
Ora, la morte è entrata in noi perché ci siamo scostati
dal Principio, abbiamo perso il Principio! I nostri pensieri sono diventati impazziti
perché hanno perso il loro Principio, il Principio del pensare stesso. Noi ad
un certo momento diventiamo paralitici nel pensiero: non siamo più capaci a
pensare! e che gli uomini non siano più capaci a pensare è evidentissimo! Non
c’è bisogno di grandi approfondimenti: basta aprire i loro scritti, i loro
giornali, la televisione, la radio, ecc. Lì l’uomo si rivela nel modo più
aperto: l’uomo è un essere paralizzato nel pensiero, incapace a pensare:
parlano a vanvera, ma non sono capaci di pensare.
Cristo è Colui che parla a noi il Principio. Ora se parla
a noi il Principio, riporta il Principio là dove noi non vediamo più il
Principio. Quindi ci insegna a pensare. Lui ci guarisce in quanto riporta tutti
i nostri pensieri impazziti, disordinati, confusi, ce li riporta sempre al
Principio, perché all'uomo che incomincia a dire: “ma io senza questa cosa non
posso vivere, dì quell’altra non posso fare a meno, questo per me è necessario,
ecc.", Dio, Cristo, Lui con una pazienza infinita, risponde sempre:
"una cose sola é necessaria", in tutti i nostri errori, in tutte le
nostre confusioni, ecc. Luì in continuazione ci riporta sempre al Principio,
dicendoci: "una cosa sola é necessaria! questo solo conta!". Ci riporta
sempre al Padre: tutto riferisce al Padre, tutto riporta al Padre. Ecco, l'opera di raccoglimento! "Chi con Me non raccoglie…; ma chi
raccoglie - dice- riceve mercede dì vita eterna” (cf Gv 4,36) vita! e la vita
sta nell'“uno”, e quindi raccogliendo c'è quest'unità.
Ecco, con luì, riportati al Principio, si forma ordine
nelle nostre menti. La prima grande cosa, la prima grande salvezza non è quella
di curare il nostro fisico malato, ma di formare ordine nella mente. Cristo
forma ordine nei nostri pensieri, e, formando ordine nei nostri pensieri, in
quanto li riporta tutti al Principio, all'unica cosa necessaria ci riporta
nella vita.
Ecco come “è venuto a darci la vita” (Gv 10,28)! Noi
generalmente intendiamo questo “è venuto a darci la vita” come sacrificio:
sacrificio materiale, fisico: “morto per-“. Ma questo è segno: “capite quello
che vi ho fatto?”. È un segno tutto da capire. La vita Lui ce la riporta in
quanto ci riporta al Principio, cioè mette ordine nella nostra mente. Qui è
l’essenza del lavoro che Cristo fa con noi. Ci dà la possibilità di pensare, di
ritornare a pensare. Ci libera dalla paralisi!
Noi ci siamo creati questa paralisi in quanto perdendo il
Principio, abbiamo riferito tutti i nostri pensieri a delle cause seconde, per
cui “questo dipende da quest’altro” – diciamo – “quello da quell’altro”, per
cui “senza questo io non posso vivere, senza quello non posso fare nulla… se
non lavoro non mangio…”. Interpretazioni ufficiali! Invece il “chi non lavora
non mangia” (2 Ts 3,10) va inteso a ben altri livelli! Così pure quest’altra
parola di Dio “guadagnerai il tuo pane
con il sudore della tua fronte!” (Gen 3,19), noi la intendiamo materialmente,
quìndi "sono più che giustificato: io sono onesto perché mi sto
guadagnando il pane con il sudore della mia fronte", mentre abbiamo Gesù
che dice: “no, non sudate, non affaticatevi, non lavorate per il pane che
passa: dovete faticare, sudare, lavorare, per il pane che non passa: questo vi
dà la vita eterna, non quello!" (Gv 6,27).
Dico, noi creiamo il grande disordine perché
relativizziamo tutto alle cause seconde e viviamo di cause seconde: il grande
disordine sta li, Cristo ci riporta tutto alla Causa prima, quindi ci fa fare
un salto, un salto mortale, che é una resurrezione, ci fa fare un salto di
tutte le cause seconde: in tutto Lui ci dice: "è Dio Che ha fatto questo,
è Dio che ha voluto questo ... è Dio!...è Dio! ... è Dio ... è Dio...!"
Ora la nostra salvezza sta in questo: riportare tutto
alla Causa prima, saltando le cause seconde. La nostra salvezza sta in questo
salto, in questo superamento: non fermarti alle cause seconde! queste sono dei
segni, dei segni ancora di Dio: in tutte le cose vedi Dio che sta parlando con
te, che sta parlando di Sé a te!
E Cristo è appunti Colui che riporta tutto al Padre, non
so ferma alle cause seconde: “Chi è mia Madre?”, dice (Mc 3,33). Noi abbiamo
un’infinità di madri e di padri! Noi diciamo “padre” a tutti! È lì che si crea
il grande disordine. Gesù dice: “Uno solo è il Padre” (Mt 23,9). Ecco, la salvezza!
è questo riferire sempre tutto ad un Principio unico, questo saltare, superare
tutti i nostri padre terreni, tutte le nostre cause seconde, saltare tutto per
stabilire un collegamento diretto con Lui: “fate diritte le strade di Dio!”.
E cosa vuol dire questo fare diritte le strade di Dio? È
riportare tutto direttamente a Dio, unicamente a Dio! perché Dio è presente in
tutte le cose! Dio parla attraverso gli
animali, attraverso gli avvenimenti, attraverso gli uomini, attraverso tutto!
Quindi non fermatevi agli uomini, non fermatevi alle cause seconde! la salvezza
sta lì, nel Principio, nel collegamento diretto col Principio.
Ed è Cristo che riporta al Principio. E' Lui che riporta
tutto al Principio perché è Lui che parla a noi il Principio. Quindi in quanto
Cristo riporta al Principio i nostri pensieri impazziti, disordinati, confusi,
che non sanno più per che cosa vivere e non sanno più pensare (cioè creare
ordine), ci salva. Cristo riportando tutto a quell'unico Principio, quindi
saltando tutte le cause seconde per farci vedere le cose dal punto di vista del
Padre, lì Lui ci cura, ci guarisce, ci fa risorgere.
Incontri del sabato sul capitolo undici.
VS 1-8
Novembre/Dicembre -
1986