Io sono la porta: se
qualcuno entra attraverso di me, sarà al sicuro; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Gv 10 Vs 9 Dodicesimo tema.
Titolo: La
vita nei pascoli dello Spirito.
Argomenti: La
realtà è in noi. Dio abita nell'uomo. Esperimentare l'assenza di Dio. Il
luogo di Dio. Il punto fisso di riferimento. Realizzare.
Fare e capire. Il
mondo esteriore: seme e terra. La contemplazione. e la capacità. Cos'è
il Pensiero di Dio che portiamo in noi? Presenza
e conoscenza. Principio
& conoscenza. Le
religioni. Il
passaggio al Padre. Giungere
allo Spirito Santo. Pensiero
puro di Dio. La Trinità. L'assenza.
3-4/Giugno/1990 Casa di preghiera
Fossano.
Abbiamo visto il principio dei pascoli dello
Spirito, oggi il tema è la vita nei pascoli dello Spirito.
La verità abita dentro di noi e si trova
dentro di noi.
Dentro ogni uomo.
Gesù dice: "Non aspettatevi di vedere il
Regno di Dio nelle cose esteriori, perché il Regno di Dio è dentro di
voi".
Tutta l'opera del Cristo è volta verso la
scoperta della presenza del Padre del Figlio e dello Spirito Santo.
Questa scoperta della presenza dell'Assoluto in noi avviene attraverso
l'esperienza dell'assenza di Dio nel mondo esteriore, l'assenza di Dio attorno a noi.
Esperienza che si conclude con la morte di
Cristo, in cui si riassume il significato del silenzio, dell'assenza di Dio che
ogni uomo esperimenta nel mondo esteriore: Dio non si vede nel mondo esteriore.
Però proprio il fatto di capire che Dio non
si vede nel nostro mondo esteriore, ci fa capire la presenza di Dio dentro di
noi, perché se noi non avessimo presente Dio dentro di noi, noi non noteremmo
l'assenza di Dio attorno a noi.
Si scopre che una cosa è assente in quanto la
si ha presente nel nostro pensiero, nella nostra mente.
Per cui qui si scopre che l'assenza di Dio è
una Parola di Dio per noi.
Per condurre noi a scoprire il luogo in cui Lui si trova.
Ora, la scoperta del luogo è una cosa molto
importante perché questo è l'inizio della scoperta dei pascoli della vita.
È l'inizio quindi della vera vita interiore.
Fintanto che noi riteniamo che Dio stia in
regole, comportamenti, mondo esteriore, nel fare, noi non possiamo iniziare la
vita vera spirituale, interiore che sta in questo rapporto intimo con Dio che è
presente dentro di noi.
Lo scoprire questo, questa grande grazia di Dio, questa grande tappa nel
formare l'uomo è scoprire il punto fisso di riferimento per ogni cosa.
Lo scoprire il punto fisso di riferimento è
lo scoprire il senso della vita.
Siccome noi siamo fatti per l'Assoluto,
scoprire il punto fisso di riferimento, vuol dire avere la possibilità di
riferire tutto a questo.
Vuol dire avere questo punto fisso di
riferimento come fine.
E la vita è tendere a un fine.
Le grandi delusioni della nostra vita stanno
nel fatto che noi tendiamo sempre a qualche fine, ma poi questo fine, a un
certo momento precipita nel vuoto, fallisce e ci fa costatare che tutto il
nostro vivere è servito a niente.
Invece lo scoprire il punto fisso di
riferimento Assoluto, quindi eterno, un punto che non può precipitare nel nulla
come tutti gli altri punti o scopi della nostra vita, lo scoprire questo, vuol
dire aver la possibilità di dare un senso alla nostra vita e un senso eterno.
Ma questa scoperta ci porta anche a un
capovolgimento totale della vita.
Prima di questa scoperta, per noi la realtà
era il mondo esteriore.
E realizzare la nostra vita era sempre un riuscire a fare qualcosa nel
mondo esteriore.
Prima di scoprire questo punto fisso di
riferimento Assoluto che è dentro di noi, la vita è tutta orientata a passare
da quello che portiamo dentro di noi, da quello che concepiamo nella nostra
mente, alla realizzazione di esso nel mondo esteriore.
Per cui noi riteniamo che quello che veramente valga è realizzare qualche
cosa nel mondo esteriore.
Sia negli affari, sia nell'apostolato, sia
nel campo della cultura, è sempre un fare nel mondo esteriore.
Abbiamo "l'homo faber", l'uomo vale
in quanto fa.
Qui invece c'è un capovolgimento completo di
vita, quando si scopre la realtà della presenza di Dio in noi, questo punto
fisso di riferimento, si passa dalla realtà esteriore che non è più realtà,
alla realtà interiore che è vera realtà e allora cosa vuol dire?
Vuol dire che la realizzazione delle cose non
avviene più fuori.
Noi qui capiamo che ci realizziamo e
realizziamo la nostra vita veramente, soltanto in quanto la realizziamo dentro,
con questo Dio che abita dentro di noi.
In quanto riportiamo le cose in questo punto
fisso di riferimento dentro di noi.
E cosa vuol dire riferire tutte le cose a
questo punto fisso che portiamo in noi?
Qui non abbiamo più un "fare", qui
riportare le cose a questo punto fisso di riferimento, a questa verità che
portiamo in noi, a questo Dio presente in noi avviene attraverso il capire.
La vita assume un altro aspetto.
L'uomo non si preoccupa più di fare fuori ma
si preoccupa di capire ogni cosa nel Pensiero di Dio, di riportare ogni cosa
nel Pensiero di Dio e la realizza in quanto la raccoglie in questo punto, in questo
Pensiero di Dio.
Prima si realizzava fuori, adesso si realizza
dentro.
Qui non abbiamo più l'homo faber, qui
passiamo all'homo sapiens.
Abbiamo la seconda tappa nella formazione
dell'uomo.
E qui capiamo cosa possa servire il mondo esteriore, perché se la
realizzazione avviene nel mondo interiore, sorge l'interrogazione su cosa ci stia a fare il mondo esteriore.
Il mondo esteriore è un po' come la terra in
cui si getta un seme.
Dio è il seme, Dio è la vita, nel seme c'è la
vita.
Quando il seme viene gettato in terra
incomincia tutto un lavorio del seme e questo lavorio consiste
nell'assimilare, da parte del seme, tutti gli alimenti della terra in sé e
costruire una pianta.
La vita sta nel seme, mica nel terreno.
Però il terreno è l'alimento offerto al seme
affinché il seme possa crescere.
E la crescita del seme in cosa consiste?
Consiste nel trasformare tutto ciò che non è
pianta in pianta, cioè trasformare tutto ciò che non è vita in vita: Dio in noi
è questo seme.
Dio paragona il Regno di Dio a un seme
piccolissimo, uno dei più piccoli semi della terra, perché è il più trascurato,
il meno palese, il meno evidente: il pensiero.
Se la vera vita sta dentro di noi e se nel
raccogliere tutto in questo Pensiero di Dio che Dio stesso ha posto dentro di
noi e che ci ha condotti a scoprire attraverso l'esperienza della sua assenza,
della sua morte nel mondo esteriore, se la vita sta qui a cosa serve il mondo
esteriore?
È per fare crescere in noi questo seme.
Tutto il mondo esteriore è pascolo per noi,
in che senso?
Tutto il mondo esteriore è segno, perché
abbiamo scoperto che la realtà è dentro di noi, l'Assoluto e Dio è dentro di
noi.
Il mondo esterno è opera di Dio, è creazione
di Dio, tutto è creazione di Dio, non è opera nostra ed essendo segno di Dio,
significazione di Dio è Parola di Dio e come parola è una sollecitazione a noi
per la crescita di questo seme.
La parola è cibo che viene offerto a noi, per
far crescere in noi questo seme.
Lui deve crescere e il nostro io deve
diminuire e tutto il nostro mondo fatto di sentimenti deve diminuire.
Ma come cresce?
Lui cresce ma non cresce indipendentemente da
noi.
Nel regno della verità le cose non avvengono
mica automaticamente, vengono proposte.
Vengono offerte non avvengono automaticamente.
Se noi non alimentiamo questa verità che
portiamo in noi, questa viene a morire dentro di noi.
E qui abbiamo una seconda morte che diventa
una tragedia, perché non c'è più un altro sacrificio all'infuori del Cristo.
Se noi non nutriamo la verità, quella muore
in noi ed è la morte della nostra vita.
Quella è la nostra vita, la nostra vita è
nascosta in Dio.
Dio offre a noi tutto il mondo esteriore come
pascolo, come parole sue, che devono essere tutte riportate dentro di noi, a confronto
con questa verità che portiamo dentro di noi.
Fino al punto da assimilare in essa.
Capire una parola vuol dire vederla nello
spirito, nel pensiero di colui che parla.
Dio non ha mica bisogno del mondo esterno per
crescere sia chiaro.
Dio si nutre di Se Stesso.
Dio non ha ragione di Sé o del suo vivere
fuori di Sé.
La creazione è fuori di Dio perché è nel
pensiero del nostro io, però è per noi questo, questo è il pascolo per noi,
perché Dio non cresce in noi senza di noi.
Dio ha la vita in Sé.
Un bimbo è tale in quanto ha la vita in sé.
Poi l'alimento lo aiuterà a crescere.
Se il bimbo non ha la vita in sé, noi gli
possiamo mettere attorno tutti gli alimenti ma quello non cresce, anzi.
Tutto è segno, la vita non si riceve dal
mondo esteriore.
Dio non riceve la vita dal mondo esteriore.
Dio non riceve la vita dal mondo esteriore.
Dio è il vivente di per Sé.
Siamo noi che dobbiamo entrare, partecipare
della sua vita.
Ed è per questo che Dio offre a noi, mette
attorno a noi i pascoli della vita.
Non perché Lui abbia a nutrirsi di questi.
Dio si nutre di Se Stesso, ha la vita in Sé e
non ha bisogno di altro, né di noi, né dell'universo, ma noi sì.
Dio per farci partecipare della sua vita, per
farlo crescere in noi (questo non avviene senza di noi), Dio mette nelle nostre
mani quelle parole, quel cibo che noi dobbiamo assimilare in Lui, portare in
Lui.
E solo nella misura in cui portiamo in Lui,
Lui cresce in noi e noi cresciamo.
Ecco che la funzione principale dell'uomo non è più nel fare ma sta nel
capire.
Qui capiamo qual è il "primis" da
mettere nella vita dell'uomo.
L'uomo vive in quanto assimila ogni cosa in
questa verità interiore che porta dentro di sé.
In quanto rapporta, raccoglie ogni cosa in
Dio, in questa verità che porta dentro di sé.
Allora la funzione principale dell'uomo è la
contemplazione.
L'uomo non è fatto per "fare" nel
mondo esteriore, l'uomo è fatto per capire.
La vita vera non sta nel fare, la vita vera
sta nel capire nel conoscere.
E per dare la possibilità all'uomo di conoscere
e di capire, Dio offre a noi tutti i suoi segni, affinché noi riportandoli in
Lui possiamo conoscerlo.
Perché nella misura in cui noi raccogliamo in
Dio, noi conosciamo qualcosa di Dio.
E più conosciamo di Dio e tanto più Dio
cresce in noi.
E deve crescere a tal punto da assimilare
tutto e tutti.
In modo da poter vedere il suo pensiero in
tutto e in tutti, perché tale Egli è.
Il seme di Dio è posto in noi come un seme
piccolissimo ma deve crescere in modo da abbracciare tutto il nostro universo,
tutti i nostri pensieri, tutti i nostri sentimenti, anche il pensiero del
nostro io.
Deve assimilare tutto.
Perché tutto ciò che noi non riportiamo in
Dio, questo diventa per noi, un motivo di distrazione da Dio, un motivo di
dispersione da Dio.
Diventa in noi un impedimento a realizzare
questo capire e contemplare la presenza di Dio in noi.
Man mano che noi raccogliamo in Dio, cresce in noi la conoscenza di Dio e
cresce in noi la capacità, è la luce, è la conoscenza, è il capire che forma in noi la capacità.
Quindi la capacità di restare con Dio, di
conoscere Dio, di raccogliere in Dio, non è un dato iniziale per l'uomo.
Questa capacità si forma nell'uomo, man mano
che lui raccoglie in Dio.
Gesù dice: "Chi con Me raccoglie riceve
mercede di vita eterna".
Questa mercede che è conoscenza, forma in noi
la capacità di restare con Dio.
Il che vuol dire che tutto ciò che noi non
raccogliamo in Dio, ci priva di questa capacità.
Privi di questa capacità, noi non siamo in grado
di portare la verità di Dio, di restare cioè con Dio.
Basta questo per capire come ognuno si
differenzi dall'altro e come la capacità sia differente l'uno dall'altro.
Tutto è in relazione a ciò che ognuno
personalmente raccoglie in Dio.
Quanto più uno raccoglie e tanto più diventa
capace di raccogliere e di restare con Dio.
Dicendo quanto più uno raccoglie,
evidentemente qui abbiamo una formazione personale che caratterizzerà per
l'eternità ogni creatura dall'altra.
C'è un fatto, man mano che raccogliamo le
cose in Dio e che quindi conosciamo Dio, noi lo conosciamo come il principio di
tutte le cose.
Quali cose?
Di tutte quelle cose che sono date a noi
senza di noi.
Man mano che noi raccogliamo, noi siamo fatti
consapevoli, ecco perché dico che la vita di Dio in noi non cresce senza noi.
Tutto ciò che è dato a noi senza di noi, è
dato a noi per essere raccolto in Dio.
Dicendo questo noi ci accorgiamo che in un primo tempo noi raccogliamo in
Dio tutto il mondo esteriore, ma arriva un momento in cui noi stessi ci poniamo l'interrogativo: quest’Assoluto che
porto in me, questo Pensiero di Dio che porto in me, questo Dio che porto in me
a cui ho riferito, cioè sottomesso tutto, che cosa è?
Arriva a un certo punto anche
l'interrogazione su questo.
Questo Pensiero di Dio in noi, quest’Assoluto
in noi, noi l'abbiamo trovato attraverso l'esperienza dell'assenza di Dio.
Noi non noteremmo l'assenza di Dio nel mondo
esteriore se Dio non fosse presente in noi.
Per esperienza d'assenza noi siamo giunti a concepire
la presenza di Dio in noi.
È vero questo, però allo stesso tempo c'è
anche un assurdo ed è questo che ci porta a interrogare.
Come si fa a concepire una presenza da
un'assenza?
Da ciò che non è, non deriva certamente ciò
che è.
Eppure dall'assenza, Dio ha fatto concepire a
noi il luogo della sua presenza.
Noi è dall'assenza che lo abbiamo scoperto,
ma quando noi abbiamo sottomesso tutto a questo pensiero che è il Figlio di
Dio, si pone adesso il problema di chi sia questo Figlio di Dio ed è il terzo
passaggio, alla terza presenza.
Perché l'uomo si forma attraverso le
presenze, l'uomo vive di presenze.
L'uomo si forma attraverso tre grandi
presenze e questa è la terza presenza.
Fino a oggi, la presenza del Dio è sostenuta
dal fatto che noi esperimentiamo l'assenza di Dio attorno a noi.
Però non esperimenteremmo certamente
quest'assenza di Dio se non avessimo Dio presente in noi.
È possibile concepire una presenza
dall'assenza?
No, certamente.
Tanto che abbiamo detto che l'assenza è una
Parola di Dio.
Questa presenza da che cosa viene a noi?
Dopo aver sottomesso tutto al Figlio di Dio,
si forma in noi l'interrogativo.
Ma il Figlio di Dio che è dato a noi, questo
Pensiero di Dio che portiamo in noi, quest’Assoluto, questo Dio che portiamo in
noi e al quale abbiamo sottomesso tutto, in cui abbiamo raccolto e riferito
tutto e che abbiamo fatto crescere dentro di noi, fino a prendere tutto di noi,
che cosa è?
Non posso dire che sia l'altra faccia
dell'assenza, perché non è giustificato.
Io ho bisogno di trovare il principio delle
cose.
Noi abbiamo il bisogno di trovare il
principio delle cose, ci riposiamo soltanto là dove le cose sono giustificate
nel loro principio e qual è il principio del Figlio di Dio?
E qual è il principio di questo pensiero in
noi che portiamo in noi?
Notiamo che non basta che noi abbiamo presente una cosa per conoscerla.
Noi non possiamo smentire, come non possiamo
smentire le cose esteriori perché le abbiamo presenti, però certamente non le
conosciamo.
Così noi, costatiamo in noi la presenza
dell'Assoluto, la presenza di Dio, la presenza del Pensiero di Dio, questa è
presenza, la costatiamo e faremmo un errore gravissimo se negassimo questa
presenza, perché questo sarebbe un peccato contro lo Spirito Santo.
Peccato contro ciò che sappiamo e che non
possiamo negare.
Dio è presente, l'abbiamo presente in noi,
però non basta aver presente una cosa per conoscerla.
Non basta aver presente il Pensiero di Dio
per conoscerlo.
È un dono grandissimo, certamente, perché
trovando la presenza di Dio in noi, in questo luogo, abbiamo la possibilità di
trovare l'inizio della vita vera, della vita spirituale, interiore, in questo
dialogo con il "Tu" di Dio, però a un certo punto si presenta un
grande interrogativo su cosa sia questo Assoluto che portiamo in noi.
Non basta dire che è Dio.
La presenza di una cosa non è sufficiente per
farci conoscere la cosa.
Noi conosciamo una cosa in quanto abbiamo il principio di essa, non in
quanto abbiamo essa.
In quanto conosciamo la causa di essa.
Certo che se io nego la presenza non arriverò
mai a conoscerla.
Però è assolutamente necessario che io giunga
al principio della cosa che ho presente, perché soltanto conoscendo la causa
io, ho la possibilità di conoscere ciò che ho presente.
Noi abbiamo in noi presente Dio, l'Assoluto
ma questa presenza qui, a un certo momento non ci soddisfa.
Abbiamo bisogno di capire, di conoscere che
cosa è questa presenza qui che è in noi.
Non c'è nessunissima religione che possa
distinguere tra la conoscenza e ciò che abbiamo presente in noi, quello che noi
abbiamo presente in noi come Assoluto.
A un certo momento se non teniamo presente
Cristo e le sue parole, le parole del Figlio di Dio che ci portano e ci parlano
del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, ci possiamo confondere o noi con
Dio e dire:"Io sono Dio" prendendo una grande cantonata, perché noi
non siamo capaci neppure a fare un filo d'erba, oppure dobbiamo evitarlo del
tutto, perché questo Assoluto che non sappiamo cosa è dobbiamo evitarlo del
tutto.
La singolarità del Cristo, solo Cristo ci fa
capire che l'Assoluto e formato di tre persone: Padre, Figlio e Spirito Santo e
che quest’Assoluto che portiamo in noi, questo Pensiero di Dio che portiamo in
noi come punto fisso di riferimento è il Figlio di Dio.
Ma ciò che noi abbiamo presente, essendo
figlio, non è conosciuto da noi.
Perché Gesù ci dice che solo il Padre conosce
il Figlio, il che vuol dire che noi abbiamo presente il Figlio, l'abbiamo
presente, non lo possiamo smentire, però non sappiamo chi sia.
Ecco per cui, a questo punto si pone in noi
l'interrogazione e Gesù ci dice che "Arriva un momento in cui non mi
vedrete più". Quando la creatura sente il bisogno di interrogare è perché
non vede più.
L'ha visto prima, era sicura prima.
Ma era sicura perché aveva fatto esperienza
dell'assenza e questa esperienza le aveva fatto concepire la Presenza.
Però a un certo momento la persona stessa prende
consapevolezza che da ciò che non è, non si può concepire ciò che è.
E allora da che cosa si può concepire?
Qui abbiamo il terzo passaggio, il passaggio
a Dio, al Padre.
Gesù l'annuncia dicendo: "Mi rivedrete,
perché Io vado al Padre".
L'uomo matura attraverso crisi, perché sono
tutti passaggi, salti nel buio, l'uomo va di presenza in presenza.
In un primo tempo l'uomo si appoggia alla
presenza del mondo esterno ed è sicuro, perché lo tocca e lo vede.
Poi c'è la crisi, il mondo esterno non è
vero, non è l'Assoluto, ma allora dove è questo Assoluto?
E c'è questa crisi del passaggio e poi c'è la
scoperta che il Pensiero di Dio è dentro di noi.
Qui l'anima canta di gioia, ha scoperto.
Poi a un certo momento anche quest’Assoluto
dentro di noi, presenta a noi un punto interrogativo, un’assenza: "Non mi
vedrete più".
Perché ha bisogno di una giustificazione.
Non basta avere presente una cosa per
conoscerla.
Noi ci riposiamo nella conoscenza della cosa,
non nella presenza della cosa.
Noi ci riposiamo nella conoscenza, la vita
vera sta nella conoscenza.
E la conoscenza sta nell'arrivare al
principio di questa presenza che portiamo dentro di noi.
Il principio di questa presenza che portiamo
dentro di noi è il Padre.
Soltanto giungendo al Padre, soltanto
conoscendo ciò che è il Padre, noi qui possiamo capire chi è il Figlio.
Perché Gesù dice: "Nessuno conosce il
Figlio se non il Padre" e lo dice per noi.
Qui ci dà la chiave: "Quello che tu
cerchi, per giustificare e capire chi è questo Dio che tu hai presente è il
Padre".
E ci affida al Padre, affinché noi possiamo
guardare al Padre e ricevere dal Padre la conoscenza del Padre, perché il
Padre, solo Lui è rivelatore di Se Stesso.
E soltanto nella conoscenza del Padre che noi
capiremo chi è il Figlio, cioè, chi è questo essere Assoluto che portiamo
dentro di noi.
Ma capire, conoscere il Padre e conoscere chi è questo essere Assoluto che
è presente in noi e che portiamo dentro di noi e che noi possiamo conoscere solo dal Padre, questo è giungere allo
Spirito Santo, che è lo Spirito della presenza del Padre e del Figlio.
Questa è la meta alla quale Dio ci vuole
condurre, attraverso la vita dei suoi pascoli.
Questo renderci consapevoli, questo inserirci
in ciò che Egli è in Sé, perché solo conoscendo Dio in Sé, noi abbiamo la
possibilità di capire chi è Colui che noi abbiamo presente.
Colui che noi abbiamo presente è lo Spirito
di verità che è conoscenza che ciò che noi abbiamo presente in noi è il Figlio.
E questo Figlio ci viene dal Padre, dalla
conoscenza del Padre.
Abbiamo detto delle parole, dobbiamo tenere
presente che Gesù dice che soltanto quando noi avremo sottomesso tutto al
Figlio, il Figlio affiderà noi al Padre, perché?
Soltanto sottomettendo ogni cosa, si forma in
noi la capacità di Dio.
Il che vuol dire che sottomettendo tutto a questo Dio che portiamo dentro
di noi, a questa presenza di Assoluto che portiamo dentro di noi, in noi si forma questo pensiero puro, unico di Dio.
Pensiero unico di Dio.
Notiamo che solo quando in noi si è formato
il pensiero puro di Dio che è il Figlio stesso di Dio (ma noi non lo sappiamo)
soltanto quando in noi si è formato questo pensiero puro di Dio, solo a quel
punto noi abbiamo la trasparenza sul Padre.
Gesù dice: "Vi affido al Padre",
questo dopo aver formato nei suoi apostoli, segno per noi, dopo aver formato in
noi questo pensiero puro, qui avviene la conoscenza, altrimenti noi siamo
completamente tagliati fuori dal poter conoscere quello che il Padre è in Sé.
E se non possiamo conoscere quello che il Padre
è in Sé, non possiamo conoscere né il Figlio, né lo Spirito Santo.
Il Figlio opera per formare in noi questo
pensiero puro e questo pensiero puro si forma in quanto abbiamo sottomesso
tutto a questo.
Allora il pensiero in noi acquista quella
semplicità, quella purezza tale in cui c'è la comunicazione del Padre, perché
il Padre si comunica soltanto al Figlio.
Soltanto il Padre conosce il Figlio e
soltanto il Figlio conosce il Padre, il che vuol dire che il Padre si comunica
al Figlio e fintanto che in noi non si è formato questo Figlio che è pensiero
puro di Dio, noi non possiamo minimamente accedere a questa comunicazione del
Padre al Figlio.
Si arriva allo Spirito di verità attraverso
la conoscenza del Padre.
Ma non si arriva alla conoscenza del Padre se
non per mezzo del Figlio.
Perché è il Figlio, Lui che è puro Pensiero
del Padre, che forma in noi, questo puro pensiero che riceve la comunicazione
dal Padre.
Allora noi capiamo quello che dice Gesù e
cioè che Lui andando al Padre, manda a noi, dal Padre lo Spirito Santo.
Questo Spirito che è pienezza di gioia,
consolazione, perché: "Resterà per sempre con voi".
Qui adesso non abbiamo più cose, realtà
presenze, che vanno e che vengono o che ci mettono in crisi, qui abbiamo uno
Spirito di presenza che coincide con la conoscenza.
E quindi abbiamo stabilità, la stabilità che
soltanto lo Spirito Santo reca a noi.
A.: Quello che hai esposto è un trattato
sulla Trinità, nella cui vita ci porta Cristo se abbiamo la grazia di diventare
suoi discepoli.
Io sarei già contento di ricordarmi di
alcune verità preliminari, che la scoperta dei pascoli di Dio, presuppone in
noi che la conoscenza non è nella realtà esteriore ma nell'intimo dell'uomo.
Una buona parte della nostra esistenza noi
la passiamo nel mondo esteriore, perché l'uomo pensa di realizzarsi facendo,
mentre non è facendo ma cercando di conoscere che noi ci realizziamo.
Quindi deve avvenire un capovolgimento
nella vita dell'uomo che è il passaggio dall’homo faber all'homo sapiens e
siamo lontanissimi.
Dall'azione alla contemplazione.
A.: Alla conoscenza.
La vita vera sta nella conoscenza.
L'azione è data dal fatto che io ritengo di realizzare le
cose in quanto faccio fuori.
Questa è l'azione
Per me la realtà è quella che è fuori.
Quindi io qui sono tutto proiettato sulla mentalità che
ritiene vero e reale il mondo esterno.
Per cui io riesco veramente a realizzare qualche cosa non
in quanto la penso, non in quanto la conosco ma in quanto la faccio fuori.
A.: Il marxismo...
"In principio era l'azione", no, in principio è
il verbo, la sapienza, la conoscenza.
A.: Quindi è già un grande momento quello.
Sì ma in quello si passa attraverso Cristo che muore in
croce, attraverso l'esperienza dell'assenza.
A un certo momento Dio ci fa toccare con mano che
l'Assoluto non è fuori di noi.
L'Assoluto è dentro di te.
Per cui tutto il mondo esteriore che, tu credi sia la
realtà, a un certo momento ti delude.
Cosa vuol dire che ti delude?
Ti mostra l'altra faccia.
Tutte le creature a un certo momento ti dicono: "Noi
non siamo l'Assoluto, noi non siamo Dio, non vivere per noi perché noi non
siamo la realtà, noi siamo voce, parole, segni di Dio ma non siamo Dio".
A.: Ma noi possiamo scoprire che sono voci
di Dio solo quando abbiamo scoperto Dio...
Senza Dio Creatore non c'è niente da fare.
Senza Dio Creatore abbiamo solo il nostro io come
Assoluto, come punto di riferimento.
Qui siamo completamente nell'inferno e non c'è niente da
fare.
Abbiamo detto che Adamo, anche nel peccato ha creduto in
Dio Creatore.
Il punto di salvezza, la speranza grande di Adamo (ognuno
di noi) è stata accettare Dio Creatore.
Adamo però si è lasciato dominare dal suo sentimento.
Anziché cercare la conoscenza, Adamo ha risposto con il
suo sentimento: bello e buono.
Però ha creduto in Dio Creatore, perché l'ha accettato da
Dio Creatore.
Si giustifica dicendo: "La donna che Tu mi hai
dato", quindi è rimasto in Dio Creatore.
L'uomo si forma attraverso il passaggio di tre grandi
presenze.
L'esperienza di tre grandi presenze.
E fintanto che non arriva alla terza presenza, l'uomo non
è mica fatto.
La prima presenza è questa, quella del mondo esteriore.
Però il mondo esteriore è sempre collegato con Dio
Creatore, perché non sono io che lo faccio.
Questa è la prima presenza.
Poi questa presenza mi presenta la faccia dell'assenza.
Siccome noi abbiamo la passione dell'Assoluto,
esperimentiamo che in questo mondo esteriore non c'è l'Assoluto.
Tutto è soggetto a tempo, mutamento, morte.
Dio ha assoggettato tutto il nostro mondo esteriore al
tempo, per noi.
Soggetto al tempo vuol dire soggetto alla vanità.
Se fossi animale, non sarebbe soggetto alla vanità.
Ma per me, avendo io la passione d'Assoluto, è vanità.
.......Noi possiamo possedere tutto il mondo ma dentro
essere disperati.
Il primis non è possedere il mondo o le creature, il
primis è capire.
La vera realizzazione avviene dentro di noi e il mondo
esterno diventa un segno da raccogliere, da realizzare dentro, non che il mio
dentro sia un segno da realizzare fuori.
Ecco il capovolgimento.
Poi abbiamo un terzo passaggio alla presenza che viene da
Dio perché la presenza di Dio interna a me, l'ho scoperta.
Per l'opera che Dio ha fatto fuori di me.
Dio fuori di me ha assoggettato tutto alla vanità.
Quindi è quel senso dell'assenza dell'Assoluto che ha
condotto me a capire che l'Assoluto è dentro di me.
Ma questa non è ancora conoscenza di quello che ho
presente in me da Dio, è conoscenza per assenza.
Ecco allora il terzo passaggio.
Scoprire cosa è questa presenza interna a me da Dio.
Qui abbiamo lo Spirito Santo.
Ma è la terza presenza.
Scoprire cos'è questa presenza interna a me da Dio.
Questo è lo Spirito Santo.
Non posso fare il passaggio dalla seconda alla terza
presenza, se non attraverso questa sottomissione.
Gesù dice: "Quando tutto sarà stato sottomesso al
Figlio, il Figlio consegnerà il regno al Padre, affiderà".
Perché bisogna che tutto sia sottomesso al Figlio?
Perché soltanto in quanto tutto è sottomesso al Figlio,
dentro di me si è formata quella capacità che è purezza di pensiero.
Pensiero unico.
Fintanto che in me ho tanti altri pensieri, io sono
nell'impossibilità più assoluta di restare col Padre, non sono capace di
portare la verità.
È necessario che il Figlio formi in me Se Stesso (se io
lo ascolto) formi cioè in me il pensiero puro del Padre.
Tutto sottomesso, allora sì, là dove c'è purezza di
pensiero c'è comunicazione dell'essere e questo è molto importante.
Dove c'è purezza di pensiero c'è comunicazione
dell'essere: il Padre si comunica.
Il Padre si comunica al Figlio, perché nel Figlio c'è
purezza di pensiero.
Non si comunica a noi e noi ci sentiamo fuori perché in
noi non c'è purezza di pensiero.
Quindi la comunicazione avviene soltanto là, dove c'è semplicità
e purezza di pensiero.
A.: Quando Cristo dice che consegna il
regno al Padre, quando tutto sarà sottomesso a Lui, lo dice personalmente...
Il parlare di Cristo è assolutamente personale.
La Parola di Dio è sempre personale, quindi anche
l'Apocalisse, tutti questi segni che precedono l'incontro con Dio è un fatto
personale.
La fine del mondo è personale, perché tutta l'opera di
Dio è personale e va intesa sempre personalmente se voglio capirci qualche
cosa.
A.: Quindi tutta la realtà avrà come re il
Pensiero di Dio...
Certo, attualmente tutto è già opera di Dio, sono io che
sono fuori perché non lo vedo.
B.: Una volta scoperta la presenza di Dio,
il problema dell'uomo è restare con questa presenza.
No, la capacità di restare mi viene proprio dalla
presenza, è la presenza che mi rende capace di restare.
È la conoscenza che mi rende capace, bisogna però che la
presenza coincida con la conoscenza.
Perché è lo Spirito Santo che mi rende capace.
"Lo Spirito Santo venendo in voi vi farà ricordare
tutto e vi farà capire tutto", ecco la capacità.
"Lo Spirito Santo penetra tutte le cose, anche i
misteri di Dio".
Ecco che con lo Spirito Santo ho la possibilità di
penetrare e quindi di restare in questa vita eterna.
La vita eterna è conoscere il Padre e il Figlio e di
conseguenza lo Spirito Santo.
Infatti Gesù dice:"Ho tante cose da dirvi ma ora non
le potete portare", non siamo capaci:"Quando verrà lo
Spirito...", quindi la capacità viene dallo Spirito.
Questa capacità si forma in noi man mano che raccogliamo,
perché quello che non raccolgo mi disperde, mi rende incapace, impotente, a
un certo momento io corro da una cosa all'altra ma non trattengo niente.
Nella misura in cui raccolgo sono fatto capace, è una
capacità crescente.
Per cui questa capacità è un fatto essenzialmente
personale, direi che è il vero nome di ognuno di noi.
Perché ognuno raccoglie in modo diverso dall'altro.
Non fosse altro perché ognuno ha un mondo diverso
dall'altro da raccogliere.
Dal modo con cui e quanto ognuno avrà raccolto, avrà una
capacità diversa dall'altro, capacità di penetrare Dio, di sostare con Dio, di
vedere il Pensiero di Dio in tutto.
C.: La luce penetra in noi e a poco per
volta ci trasforma...
Quello che ci trasforma è la conoscenza, la luce.
Non è nemmeno l'esempio, noi a volte diciamo che sono gli
esempi che ci cambiano, non è mica vero.
La conoscenza è quella che cambia veramente l'uomo.
Altrimenti ti cambia sentimentalmente per un momento ma
dura quello che dura, dopo torni come prima.
Invece è la conoscenza quella che ti trasforma.
C.: Bisogna fermarsi e contemplare tutto
fino alla conoscenza.
Bisogna rendersi conto che la vita essenziale non sta nel
fare ma sta nel capire, sta nel conoscere.
D.: Tra conoscenza e presenza c'è una
differenza.
Una grande differenza.
Noi abbiamo la presenza prima della conoscenza, nel mondo
creato noi troviamo la presenza delle creature ma per conoscere le creature....
D.: Ma anche tra la presenza e la
conoscenza di Dio c'è una differenza.
Sì, certo.
Lo Spirito che è Spirito della presenza del Padre e del
Figlio viene dalla conoscenza del Padre, ma la conoscenza del Padre viene
attraverso il Figlio, perché soltanto il Figlio conduce a conoscere il Padre.
Per cui lo Spirito Santo mi arriva attraverso Padre e
Figlio.
Per mezzo del Figlio.
Tanto che Gesù identifica la venuta dello Spirito Santo
con la venuta del Padre e del Figlio in noi.
Non è che Dio si sposti, quindi è presa di
consapevolezza.
Il che vuol dire che noi giungiamo a questa presa di
consapevolezza della presenza del Padre e del Figlio in noi e questo è Spirito
Santo, attraverso la conoscenza.
D.: Ma conoscenza e presenza non sono la
stessa cosa.
Ma non sono la stessa cosa, l'ho detto che non sono la
stessa cosa!
D.: Ma io non riesco a capire.
Il Figlio è presente in noi, noi non sappiamo che è il
Figlio, però abbiamo in noi la presenza dell'Assoluto.
Questo è tutto il mondo esterno che conduce noi a
rientrare in noi stessi e a capire che l'Assoluto di cui noi patiamo la
passione è dentro di noi.
Io in un primo tempo scambio l'Assoluto con quello che
vedo e tocco.
E dico che l'Assoluto è il mondo esterno e quindi
realizzo la mia vita in quanto faccio qualche cosa nel mondo esterno.
Anche in campo religioso: costruisco chiese, istituti,
corro per il mondo per cambiare gli uomini e il mondo e credo di realizzare
qualcosa.
Tutto questo perché sono in un grosso errore.
Scambio per realtà assoluta il mondo esteriore.
A un certo momento se ascolto il Cristo, Lui mi dice che
l'Assoluto non è nel mondo esterno ma dentro di noi, quindi mi sconfessa.
Secondo: esperimento a un certo momento che il mondo
esterno, soggetto al tempo, delude, muore, diventa vano, non risponde alla
passione d'Assoluto che porto dentro di me.
Allora la scoperta dell'assenza d'Assoluto nel mondo
esterno mi conduce a scoprire il luogo in cui l'Assoluto si trova e Dio per far
questo annulla tutta la sua opera, tutto il nostro corpo, tutto il mondo
esterno.
Siccome io sbaglio sempre luogo, cerco stelle alpine in
un campo di grano, Dio a un certo momento mi toglie tutti i campi di grano,
tutte le pianure, tutti i mari e le colline e mi presenta solo la montagna,
forse troverai la stella alpina sulla montagna.
Mi mette solo il luogo in cui Lui è.
Dio mi annulla tutto il mondo che io scambio per realtà
per farmi capire che l'Assoluto è dentro di me.
A questo punto qui io trovo la presenza dell'Assoluto in
me, ho un punto fisso di riferimento e se ho in me un punto fisso di riferimento,
adesso capisco che la realizzazione vera delle cose sta nel riportare tutto in
questa presenza che porto dentro di me.
Però ho concepito la presenza in me dell'Assoluto, di Dio
attraverso l'assenza, è il seno della vergine che concepisce, ma concepisce
attraverso l'assenza.
Ora il concepire una cosa attraverso l'assenza non è
ancora la conoscenza della cosa.
La costato, costato che l'Assoluto è in me ma non lo
conosco.
La conoscenza l'avrò soltanto dalla conoscenza del
principio, cioè quando conosco la causa di ciò che ho presente, allora conosco
ciò che ho presente.
La conoscenza viene dalla causa, quindi soltanto quando
conosco il principio di una cosa io, conosco quella cosa, altrimenti quella
cosa lì l'ho presente ma non so chi sia.
Noi tutti qui siamo presenti l'un l'altro ma non sappiamo
chi siamo fintanto che non conosciamo il nostro principio, il principio di
ognuno di noi, la causa di ognuno di noi, la motivazione, quello che ci fa
essere.
Ecco che c'è differenza fra conoscenza e presenza.
D.: Forse non mi sono spiegata bene, lo
Spirito ci fa conoscere il Padre e il Figlio, conoscere Dio, esperimentarne la
presenza, è una cosa diversa?
Si conosce Dio, conoscendo il principio, il Padre conosce
il Figlio, conoscenza, non ancora presenza. La presenza si ha soltanto con lo
Spirito Santo che è lo Spirito della presenza del Padre e del Figlio.
Ma a questa presenza si arriva solo attraverso la
conoscenza.
Se arrivo alla presenza attraverso la conoscenza, lì ho
la vera conoscenza della presenza, ma se arrivo alla presenza delle creature
attraverso il sentimento e non attraverso la conoscenza, questa non è vera
conoscenza della presenza che esperimento.
E.: La prima crisi dal mondo esterno
all'interno si capisce bene....
Ma è un "bene" che molte persone lo raggiungono
a malapena in punto di morte.
A malapena! E c'è da ringraziare Dio se lo raggiungono in
punto di morte.
Scoprire in punto di morte che tutto è vano, che tutto è
niente e che il vero lo portiamo nel nostro pensiero.
Infatti, in punto di morte Dio ti annulla tutto, anche il
corpo e tu resti con un pensiero unico: o il tuo io o Dio.
Non è tanto facile da capire allora!
E.: La seconda crisi è quando ho già
sottomesso tutto a Dio.
E lì che sorge il problema.
La verità che abita dentro di me io la constato ma io non
la conosco da Dio.
La conosco per esperienza d'assenza.
Hai visto come siamo arrivati a costatare questa
presenza?
Se tu cerchi una cosa e non la trovi è perché la devi
avere presente dentro di te, altrimenti non ne noteresti l'assenza.
Se tu puoi dire che Dio, l'Assoluto fuori non c'è,
evidentemente è perché non l'hai dentro.
Se tu non l'avessi dentro di te, tu non noteresti
l'assenza.
L'animale non avvertirà mai che Dio è assente, perché non
lo porta dentro.
Noi invece diciamo che Dio fuori non c'è, ma perché lo
dici? Perché lo porti dentro di te.
Quindi non si nota l'assenza di una cosa se non hai
presente quella cosa.
Per questo ho detto domenica scorsa di stare attenti, perché
l'assenza non è mica assenza, l'assenza è una categoria della presenza.
Se non ci fosse la presenza tu, non noteresti l'assenza.
Quindi se tu noti l'assenza, è perché c'è una presenza.
Se è una categoria, l'assenza è una parola della
presenza.
L'assenza di Dio quindi è una Parola di Dio.
Quindi il fatto di non vedere Dio attorno a me, è una
Parola di Dio per me.
Cioè, è l'amato che si sottrae per farsi trovare.
E.: Ma è proprio la seconda esperienza
d'assenza che non la capisco bene.
Ma proprio per questo ho detto che quando tu hai presente
una cosa che hai trovato non per conoscenza della verità, ma hai trovato per un
altro motivo, quella presenza non ti soddisfa perché non la conosci.
Tu ti riposi in quanto hai presente una cosa che sai
cos'è.
Se tu hai in mano una cosa e non sai a cosa serve non sei
soddisfatta.
Non basta che tu l'abbia presente se tu non sai a cosa
serve.
E.: Intanto io ho già sottomesso tutto a
questa cosa che non so cosa sia....
Appunto, tu ti trovi davanti a una cosa che non sai cosa
è.
Perché l'hai presente per un motivo diverso dalla
conoscenza.
È Dio che conduce, prima mi conduce alla scoperta del suo
creato, poi mi conduce alla scoperta che l'Assoluto è dentro di me, è Dio che
abita dentro di noi, dall'inizio, da quando ci ha creati.
Dio ha spirato il suo Spirito in noi per cui noi abbiamo
questa passione d'Assoluto.
Perché non ci accontentiamo di mangiare, vestire e
divertirci?
C'è il palio, vai al palio, perché sei qui?
Perché noi non ci accontentiamo, per quale motivo?
Perché c'è questo Spirito che ti agita dentro e ti fa
essere insoddisfatta del palio che oggi c'è e domani non c'è più.
Noi abbiamo bisogno di approdare a qualcosa di stabile,
di Assoluto, di eterno.
Perché abbiamo questa presenza dell'eterno che grida per
noi dentro di noi.
È lo Spirito di Dio che piange e che invoca dentro di
noi.
Per cui tutta la nostra vita è tribolata fintanto che non
giungiamo a questa presenza che è già in noi.
E.: E allora qui dal fuori al dentro
sottometto tutto...
Sì, perché diventa un punto di riferimento.
Fine vuol dire vita, tu vivi in quanto hai un fine.
Quando tu scopri questo punto fisso di riferimento, qui
hai scoperto la tua vita, allora la tua vita (a meno che tu sia scema) la fai
consistere tutta nell'unificare in questo fine.
Vivere vuol dire realizzare tutto in un fine.
Un seme cosa fa?
Distende le radici e assorbe tutti gli alimenti della
terra e li trasforma nel suo organismo.
Lo trasforma in vita.
Bisogna che questo punto fisso di riferimento, che è un pensiero
a un certo punto, grandeggi e diventi tutto.
Diventi tutto di noi.
Soltanto diventando tutto diventa questo pensiero puro.
E.: E qui interrogo...
La seconda crisi è fatta d’interrogazioni.
Qui tu non sei mica sola.
Intanto ti conduce in tutto Dio e poi c'è il Cristo che
ti dice tutte le tappe: "Adesso non mi vedrete più", tu interroghi in
quanto non lo vedi più.
Se io ti faccio vedere una cosa e poi te la faccio
sparire, tu interroghi: "Dov'è? Dov'è andata?".
Vedi cosa è l'interrogazione?
Quando il Signore dice: "Non mi vedrete più",
tu prima ti riposavi in questa presenza e adesso questa presenza qui non ti
soddisfa più perché non ne conosci il principio e lì interroghi.
Lì è il Figlio che va al Padre e ti dice: "Mi
rivedrete dal Padre", "dal" non "al"!
Quindi soltanto guardando dal Padre tu, ritroverai il
Figlio.
F.: Quindi questa presenza che noi
scopriamo attraverso l'assenza....
Sì ma queste scoperte qui non le fai senza di te.
Per cui la maggior parte degli uomini pur capendo che
tutto è vano continua a dedicarsi ad esso da mattina a sera, non fa il
passaggio alla scoperta che la realtà e l'Assoluto sono dentro di noi.
Ogni passaggio richiede sempre la grazia di Dio e la
partecipazione tua.
Non avviene automaticamente.
F.: Questa presenza cresce.....
In quanto sottometti tutto a quello.
Realizzi tutto in quello.
Anche il figliol prodigo a un certo momento ha
"realizzato" tutto.
Noi tendiamo sempre a realizzare, solo che il più delle
volte noi realizziamo fuori.
Dobbiamo invece realizzare dentro.
F.: Dobbiamo assimilare tutto nulla
escluso.
Basta una parola esclusa che quella t’impedisce nel modo
più assoluto di fare l'ultimo passaggio.
F.: Quando tutto è sottomesso a questo pensiero
che è puro Pensiero del Padre io, interrogo perché non so cosa sia?
Si capisce.
Ma tu la ricevi dal Padre la cosa.
Se tu non interroghi, non ricevi mica niente.
Perché le cose non avvengono automaticamente con Dio.
I figli di Dio nascono consapevolmente, non nascono come
rotelle di una macchina.
Tu sei nata da tua madre come dalla rotella di una
macchina (scusa il termine), automaticamente, non sai perché.
Da Dio tu non nasci senza sapere il perché.
Da Dio nasci per partecipazione.
F.: È Dio che mi ha voluta anche nel seno
di mia madre.
Sì perché credi in Dio tu, dici questo, però né tu
sapevi, né tua madre ha saputo quello che faceva.
Quindi evidentemente tua madre è stata un mezzo.
Nessuna madre è capace nemmeno a fare un capello del
proprio bambino, figurati a fare tutto il bambino!
È un errore grossolano dire: "L'ho fatto io" o
"Mi ha fatto mia madre".
F.: Quindi bisogna assimilare tutto, nulla
è inutile.
Abbiamo visto che addirittura l'assenza di Dio è una
Parola di Dio, quindi l'esperienza dell'assenza di Dio attorno a noi è una
Parola di Dio per te, personalmente.
F.: E il nostro nome si ha in base alla
capacità...
La capacità si forma man mano che tu assimili, man mano
che tu raccogli.
Ognuno vive di ciò che mangia, come tu ti nutri tu,
diventi.
Se tu ti nutri di Dio tu, diventi divina, spirituale ma
se tu ti nutri di terra tu, diventi materiale.
Ognuno diventa a seconda di ciò di cui si nutre.
Se tu ti nutri di mondo diventi mondana e non sei mica
libera per occuparti di Dio.
Se tu non ti nutri di spirito, stai certa che tu diventi
materiale nel modo più assoluto.
Precipiti in terra e non c'è santo che ti salvi.
F.: Si è detto che la maggior parte degli
uomini arriva in punto di morte senza sapere cos'è quest’Assoluto che portiamo
in noi, ma, allora questo fa la fine della realtà esterna.
La morte è quello.
Noi moriamo in quanto viviamo per delle cose che mutano.
Il mutare di ciò per cui io vivo, diventa la mia morte.
Se io vivo per una cosa, quando quella cosa lì non c'è
più, io subisco la morte.
Io spettatore subisco la morte.
Io non sto su da solo.
Per stare su, ho bisogno di una presenza.
E se quella presenza lì mi crolla, crollo io.
Non è mica quello che muore che muore, colui che è
spettatore muore.
Quello veramente muore.
Quello subisce veramente la morte.
Quell'altro muore per te, per farti capire che ti sei
appoggiata su un valore sbagliato.
F.: Quindi la vita nei pascoli di Dio
sarebbe questa presenza dello Spirito che ci porta.....
I pascoli di Dio, tutte le creature, tutto il mondo sono
tutte Parole di Dio che Dio dà a noi per far crescere in noi questo punto fisso
di riferimento, questa presenza di Dio in noi, per farla crescere fino a
diventare tutto, quindi fino a diventare pura, unica.
Perché in quell'uno, solo, poi c'è la possibilità del
passaggio al Padre.
G.: Finché il nostro pensiero non è puro,
non possiamo conoscere.
È logico.
G.: Ma per giungere a tale purezza dobbiamo
fissare lo sguardo a Dio in tutte le cose?
No, per giungere a questa purezza è necessario sottomettere
tutto al Pensiero di Dio che portiamo in noi.
G.: Staccarci prima di tutto dal nostro io?
Se non ti stacchi dal tuo io, non puoi fare nulla, ma
staccarsi dal proprio io è la prima cosa da fare.
È l'inizio del cammino.
Altrimenti non cammini mica, è solo tutta dispersione.
Il pensiero del nostro io può essere una grande
fregatura.
Quando vai a scuola, se vuoi capire una cosa, devi
dimenticarti di te stessa.
Se tu pensi a te stessa, certamente, non puoi ricevere
una comunicazione dal maestro.
Già nelle piccole cose devi fare attenzione.
Fare attenzione vuol dire mettere a tacere tutto.
Altrimenti la comunicazione non arriva.
È il Cristo che t’insegna a raccogliere tutto: "Chi
con Me raccoglie", Lui è venuto per raccogliere le nostre dispersioni, noi
siamo dispersi.
"Chi con Me raccoglie riceve mercede di vita
eterna", riceve cioè conoscenza.
E quanto più tu raccogli tanto più questa conoscenza
cresce.
E la conoscenza forma in te la capacità di raccogliere di
più.
È come un bambino che all'inizio mangia solo latte fino
ad arrivare a mangiare delle bistecche.
Tutto è segno.
Man mano che noi raccogliamo in Dio noi, diventiamo
capaci di nutrirci di cose sempre più profonde di Dio.
Fino al punto in cui siamo fatti puro Pensiero di Dio per
opera del Figlio.
G.: Io contemplo una cosa che vedo, ma Dio
non lo vedo.
Contemplare vuol dire guardare da-.
Tu arrivi sulla cima di una montagna e contempli il
panorama, guardi cioè da quel punto lì.
Osservi da-.
Col pensiero noi possiamo trasferirci in un luogo, in una
creatura e guardare dal suo punto di vista.
E quello diventa contemplazione.
G.: Quando Cristo è apparso agli apostoli,
è apparso con le ferite, le piaghe, cosa ha voluto dire a noi?
Per farsi riconoscere.
Anche noi lo riconosceremo per quello che avremo fatto su
di Lui.
Nelle sue ferite, gli apostoli hanno visto se stessi.
Pietro ha visto se stesso, Tommaso ha visto se stesso.
Quando Pilato presenta Gesù flagellato, dice: "Ecco
l'uomo".
È lo specchio dell'uomo, noi vediamo noi stessi in Lui.
Perché vediamo quello che noi abbiamo fatto a Dio.
Per cui noi lo riconosciamo per quello che noi abbiamo
fatto a Lui.
Infatti, noi conosceremo Dio per quello che noi avremo
fatto a Dio.
G.: Si parla della nostra resurrezione con
un corpo perfetto mentre lì...
Lascia stare diventerebbe troppo lungo.
H.: Si contempla da Dio guardando un altra
persona?
No, solo guardando da Dio.
Fintanto che noi non possiamo guardare da Dio, non
contempliamo un bel niente.
Si contemplo la natura, la creazione.....
H.: Contemplo Gesù...
No, con Gesù sono molto impegnato a capire, capire non è
ancora contemplare.
Gesù mi parla di cose che non capisco.
Allora io resto con Lui in quanto m’impegno a capire le parole
che Lui mi dice.
"Sarete veramente miei discepoli se resterete nelle
mie parole".
Io resto nelle parole di uno se cerco di capire cosa vuol
dirmi.
L.: Un pensiero presuppone un essere
pensante prima di Lui, ecco allora che mi metto a pensare a Dio.
Quando io ho sottomesso tutto al Pensiero
di Dio, il Cristo mi consegna al Padre.
Il Padre per opera dello Spirito Santo fa
conoscere Se Stesso a me.
No, non per opera dello Spirito Santo.
Il Padre è il solo rivelatore di Se Stesso, perché Lui si
rivela al Figlio.
Là dove c'è il pensiero puro c'è la comunicazione
dell'essere.
Il pensiero puro è il Figlio di Dio che è pensiero puro
del Padre.
Lì il Figlio riceve la comunicazione dell'essere.
Infatti, il Figlio non è un altro essere, il Figlio
riceve l'essere dal Padre, per cui l'essere è uno solo.
Le persone sono due ma l'essere è uno solo.
Il Figlio riceve l'essere dal Padre.
Per cui l'essere del Figlio è il Padre.
Però le persone sono diverse.
Il Padre genera il suo pensiero, il pensiero non genera
mica il Padre.
Quindi abbiamo persone diverse, ma l'essere è uno solo.
Perché il Figlio riceve l'essere dal Padre.
Nel pensiero puro, c'è la comunicazione dell'essere.
Ecco perché la comunicazione non avviene con noi.
Il nostro pensiero è impuro e fintanto che è impuro, non
si comunica niente.
Nell'inferno non c'è nessuna comunicazione.
Se tu pensi a te stesso, il pensiero è inquinato e tu non
ricevi comunicazione.
Già nelle semplici cose, noi vediamo che dobbiamo
superare noi stessi per ricevere la comunicazione dell'altro.
Fintanto che in noi non c'è il puro Pensiero del Padre
che è il Figlio stesso (ma io non lo so ancora), non c'è comunicazione.
Il Padre si comunica al Figlio, se il Figlio forma una
sola cosa con me io, ricevo la comunicazione.
Nella trasparenza del pensiero c'è la comunicazione
dell'essere, noi non ci rendiamo conto ma è una cosa immensa, madornale questa:
comunicazione dell'essere!
L.: A quel punto lì io non conosco ancora
il Figlio.
No, perché tu conosci il Figlio dal Padre, conoscendo il Padre
conosci quello che il Padre fa, opera, genera e lì scopri il Figlio come opera
del Padre.
Il Figlio non conosce Se Stesso mica automaticamente.
Il Figlio essendo tutto Pensiero del Padre, guarda il
Padre, guardando il Padre vede quello che il Padre genera e vedendo quello che
il Padre genera scopre Se Stesso.
Il Figlio conosce Se Stesso dal Padre, ecco perché è
figlio.
E così anche noi.
M.: Lo Spirito Santo riceve l'essere dal
Padre come il Figlio, ma lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio.
L'essere è unico, solo.
Siccome l'essere è unico, il Figlio e il Padre formano un
essere unico e così lo Spirito Santo è lo stesso.
Padre Figlio e Spirito Santo formano un essere unico, un
Dio solo.
Non sono tre dei, le persone però sono diverse.
M.: Quindi la persona procede dal Padre e
dal Figlio.
Si capisce.
La persona del Figlio evidentemente non è la persona del
Padre.
Quello ti fa capire che noi possiamo formare e siamo
chiamati a formare una cosa sola con il Figlio, con il Padre e lo Spirito
Santo, però le persone sono diverse.
Come il Figlio forma una cosa sola col Padre, però la
persona è diversa, così noi formeremo una cosa sola con il Figlio ma la persona
è diversa.
Dio per formare me ha usato un mondo che è tutto diverso
dal mondo dell'altro e dell'altro.
Quindi le persone sono diverse, però formano una cosa
sola.
M.: I due passaggi sono dal mondo esterno
al mondo interno e poi dal mondo interno al mondo del Padre.
Ma nel mondo interno tu devi passare dai tuoi pensieri al
Pensiero di Dio...
Tu nota che tutti questi passaggi avvengono per crisi.
Da Dio tutto avviene "normalmente" perché
avviene per deduzione, qui invece fai dei salti mortali.
Se tu segui il Cristo, Dio ti dice prima le cose e allora
tu sei in crisi, c'è la notte ma ti affidi alla Parola di Dio.
C'è la crisi perché tu devi imparare a guardare dal punto
di vista dell'altro.
Tu fai il passaggio in quanto guardi dall'altro.
E il passaggio all'altro vuol dire che tu devi lasciare
questo senza avere ancora trovato l'altro.
M.: È l'interrogazione che ci fa fare il
passaggio...
Non basta che tu interroghi.
Tu devi avere Cristo che parla a te prima che
l'avvenimento avvenga e te lo dice.
M.: Il Pensiero di Dio in noi si scopre
attraverso l'assenza o grazie alle parole del Cristo.
Tu non concepisci mica dall'assenza, non c'è nessuna
assenza che ti possa far concepire.
Quella che devo concepire non è l'assenza, è la presenza,
infatti, l'assenza è una Parola di Dio, è la Parola di Dio che mi fa concepire.
N.: È dalla conoscenza del Padre e del
Figlio dal Padre che io ricevo lo Spirito Santo che è Spirito della presenza
del Padre e del Figlio in me.
È la conoscenza di quell'Assoluto che portavi già prima
in te, solo che adesso tu conosci, prendi consapevolezza.
N.: Passo dalla fede alla conoscenza.
Giusto.
Io sono la porta: se qualcuno entra attraverso
di me, sarà al sicuro; entrerà e uscirà e
troverà pascolo. Gv 10 Vs 9 XII Riassunti Domenica e Lunedì.
- RIASSUNTI -
Argomenti: Vedere i pascoli di Dio – Il cibo specifico dell’anima – La fame di Verità – La cacciata dal paradiso
terrestre – Il dialogo di Dio con Adamo – I frutti
dell’albero della conoscenza del bene e del male – La
morte e il peccato – La perdita di significato: il deserto – L’angelo con la spada di fuoco – La sottomissione
di Dio all’uomo – La morte di Cristo – Bellezza
e Verità – L’assenza di Dio – La realtà
dello Spirito – L’assoluto che s’incarna nel mondo
esterno – Il TU di Dio nel peccato dell’uomo –
Il legame indissolubile – La vanità di tutto –
L’assenza è relativa alla presenza – Il deserto che fiorisce – La consapevolezza di Adamo – Dio con noi – Il figliol prodigo – La privazione di Dio – La rivelazione del luogo di Dio – L’intelligenza
di Maria – Il punto immacolato in Adamo – La
realtà di Dio e dei segni di Dio – Rubare a Dio la
Presenza – Cercare l’assoluto nel mondo esterno –
La vera realtà è interiore -
10-11/Giugno/1990 Casa di preghiera Fossano.