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Io sono la porta: se qualcuno entra attraverso di me, sarà al sicuro; entrerà e uscirà e troverà pascolo.

Gv 10 Vs 9 Sesto tema.


Titolo: Cristo nostra Pasqua.


Argomenti: Polvere & cielo. Il prima di tutto.   La sintonia. Sposare l'Intenzione di Dio.  L'illusione di aver messo Dio prima di tutto. Superare ciò che non è Dio. L'assurdo dell'Assoluto che si fa relativo.  Dio si fa opera nostra. Pasqua: passione di capire l'assurdo.


 

8-9/Aprile/1990  Casa di preghiera Fossano.


Il problema dell'entrare "per Me" è un problema Pasquale e il tema di oggi è: Cristo nostra Pasqua.

Oggi ci dobbiamo soffermare su questo "Entra per Me".

Il "me" è una persona.

È un io.

Dobbiamo chiederci il significato, cosa vuol dire per noi questo: "Entrare per Me".

Entrare vuol dire passaggio.

La nostra vita è fatta di passaggi.

Quando si parla di passaggi, c'è sempre un movimento da un luogo a un altro.

Anche la Pasqua è un passaggio da un luogo a un altro.

E qual è questo passaggio che impegna la vita di ogni uomo?

L'uomo deve passare dal banale all'essenziale.

Deve passare dall'effimero, dal temporaneo, all'eterno.

Deve passare dal relativo all'Assoluto.

Ma anche qui dobbiamo chiederci in che cosa consiste l'eterno, l'infinito, l'Assoluto, l'essenziale.

È vero che noi sentiamo questo bisogno di superare tutto quello che è effimero, temporaneo, banale.

La nostra vita qui sulla terra, nella maggior parte dei casi finisce in una banalità.

Però sentiamo il disgusto e la pena di morire così.

In routine, in cose che passano, in cose che ci lasciano con niente.

Sentiamo la pena, e perché questa pena?

Perché noi siamo fatti per altro.

Noi siamo fatti per l'eterno, l'Assoluto, l'infinito, per Dio.

E quando per una ragione o per un altra noi dobbiamo vivere per altro, noi sentiamo la pena, la noia, la tristezza, sentiamo la vanità del tutto.

Ed è proprio questo senso di tristezza, di pena, di vanità che pone in noi il problema del passaggio.

Siamo fatti per l'Assoluto, la nostra anima è passione di Assoluto, noi stessi siamo una passione di Assoluto, ma il problema è sempre questo: come fare?

Vuol dire scoprire cosa è quest’Assoluto, questo infinito, questo eterno.

Cos'è, in modo da poterci occupare di questo.

Sopratutto come fare per vivere in questo, per evitare di sprecare la nostra vita in cose che ci lasciano con niente.

Il problema dell'individuazione dell'Assoluto, dell'eterno e dell'infinito.

Noi non possiamo arrivare all'infinito, all'Assoluto, all'eterno, a Dio se non per mezzo dell'infinito, dell'Assoluto, dell'eterno, se non per mezzo di Dio.

Dio stesso, per mezzo di Gesù, ci dice: "Dove Io sono, voi non potete venire".

"Io sono di lassù, voi siete di quaggiù".

È vero, noi siamo poveri, noi siamo fatti di quaggiù, però è un quaggiù che è una sete terribile di lassù, è un bisogno di lassù.

Noi non siamo soltanto di quaggiù.

Noi siamo sì polvere, ma siamo una polvere che porta in sé un sogno.

Dio ha messo in noi questo sogno e non l'ha messo mica per niente.

Non l’ha mica messo per farci toccare con mano che tutto è vano e che tutto si conclude in niente.

"Polvere sei e polvere ritornerai", Dio non ci ha creati per questo.

Non ci ha creati dalla polvere per farci ritornare in polvere!

Dio ci ha creati dalla povere ma per assumerci in cielo.

Quindi è una polvere che contiene già qualche cosa di cielo.

Se Dio ha posto in noi il desiderio, la fame, il bisogno della verità, vuol dire che questo è il nostro destino.

E se la nostra vita fallisce, non fallisce per colpa di Dio, fallisce unicamente per colpa nostra.

Abbiamo visto già domenica scorsa che Dio ha fatto le cose molto bene.

Se le ha fatte molte buone, vuol dire che tutte quante sono fatte per farci giungere al nostro destino.

Tutto opera e coopera a condurci a realizzare il nostro sogno.

Dio ha posto in noi la sete di Lui.

Non solo ha posto in noi questa sete, Dio ci ha comandato, ci ha ordinato di non disprezzare questa sete, di non disprezzare quest'anima che Lui ha posto in noi, di non disprezzare questo cielo che noi portiamo dentro di noi.

Siamo polvere davvero, però è una polvere che porta in sé questo cielo e Dio ci ordina di non disprezzare questo cielo che portiamo dentro di noi.

Perché la nostra salvezza sta lì.

Quest'anima che concepisce il cielo, che sogna il cielo, darà alla luce la nostra salvezza.

Però il problema è come fare a passare a questo cielo, se Gesù stesso ci dice: "Dove Io sono, voi non potete venire".

Non lo dice mica per escluderci, lo dice per farci capire qual è la via per arrivare là, dove Lui è.

Come passare al cielo è la parola stessa di Dio che ce lo indica:"Oggi Io ti comando di amare (amare vuol dire mettere prima di tutto) con tutta la tua mente, con tutto il tuo cuore, con tutti i tuoi sforzi, con tutto te stesso la ricerca di Dio, la conoscenza di Dio".

La chiave di volta sta in questo prima di tutto.

Perché questa è l'Intenzione di Dio, l'Intenzione che Dio rivela a noi.

In quanto la rivela a noi, dà a noi la possibilità di mettere la ricerca e la conoscenza di Dio prima di tutto.

Se noi mettiamo prima di tutto la sua Intenzione, questa non è più la nostra intenzione.

Questa è Intenzione di Dio.

Non è la nostra intenzione "naturale".

Noi senza Dio, non abbiamo questa Intenzione qui.

Noi senza Dio abbiamo l'intenzione del mangiare, del vestire, della casa, della famiglia, della carriera, del mondo.

Siamo polvere, siamo terra e siamo passione di questa terra, pur vestita di passione d'Assoluto.

Però se Dio non parla e non ci rivela la sua Intenzione, noi non possiamo sposare questa sua Intenzione.

Però se Lui ce lo comanda, ci dà la possibilità.

E se noi la sposiamo, abbiamo sposato l'Intenzione di Dio.

Perché, Dio prima di tutto, lo mettiamo grazie alla Parola di Dio.

Facendo conto sulla Parola di Dio.

Abbiamo visto che è proprio il prima di tutto che determina in noi tutto di noi.

Sopratutto determina in noi la capacità di ascolto.

L'ascolto (comunicazione) avviene in quanto c'è sintonia, cioè identità d'intenzione.

Solo là, dove le intenzioni collimano comunicano.

Altrimenti non si comunica niente, si fa solo del rumore.

Quindi solo là dove l'intenzione di colui che parla, coincide con l'intenzione di colui che ascolta, allora c'è la comunicazione da colui che parla a colui che ascolta.

Ma se in colui che ascolta l'intenzione, è diversa la comunicazione non passa.

L'intenzione è ciò che uno ha presente, è la realtà che uno ha presente.

Noi abbiamo presente una cosa sola sempre: il nostro fine, la nostra intenzione.

Ed è quello che determina tutto di noi.

Determina i nostri interessi, il nostro ascolto, il nostro amore, determina tutto.

Se in noi non c'è l'intenzione di Colui che parla e Colui che parla è uno solo, perché uno solo è il Creatore, tutte le Parole di Dio giungono a noi solo come rumore e non comunicano niente.

Noi sentiamo i rumori, ma tutti questi rumori che noi sentiamo, che sono Parole di Dio, noi li interpretiamo nella nostra intenzione, nella nostra realtà, nella realtà che noi abbiamo presente.

E allora accadono, come abbiamo già visto la scorsa domenica, gli errori nell’interpretazione di questo prima di tutto.

Per cui noi interpretiamo questo mettere Dio prima di tutto come una vocazione ad andare qui o ad andare là.

Come un lottare contro, lotta continua qualcuno di voi ha detto.

Lottare contro il peccato o contro la società o contro il passare del mondo, contro i valori del mondo.

Oppure ci mette in situazione d’impossibilità, abbiamo visto qual è la fonte delle cose difficili.

Le cose sono possibili e quindi facili, solo nel Principio, perché è nel Principio che Dio ha fatto tutte le cose bene e il Principio è la sua Intenzione, il suo Pensiero.

Il che vuol dire che soltanto se in noi c'è la sua Intenzione, il suo Pensiero, le cose ci diventano possibili, altrimenti sono impossibili.

L'angelo stesso dice che presso Dio tutto è possibile.

Il che vuol dire che lontano da Dio, tutto diventa difficile e impossibile.

Solo presso Dio le cose sono possibili.

Cosa vuol dire "presso Dio"?

"Presso Dio" vuol dire nel Principio.

Cioè là, dove Dio ha fatto le cose molto bene.

Le ha fatte nel suo Pensiero, quindi là, dove c'è il suo Pensiero.

Là dove c'è la sua Intenzione là, dove c'è Dio prima di tutto.

Mettere Dio prima di tutto, può crearci l'illusione che possa voler dire andare a conquistare il mondo, cambiare il mondo, cambiare gli altri.

Crediamo magari che questo voglia dire mettere Dio prima di tutto ed è tutto sbagliato.

Mettere Dio prima di tutto, non vuol dire cercare di rendere Assoluto quello che Assoluto non è.

Uno degli errori principale del nostro vivere è questa fatica (inutile) per trasformare in Assoluto ciò che Assoluto non è.

Noi vogliamo che ciò per cui noi viviamo resti eterno, cioè diventi Assoluto e siccome Assoluto non è, tutta la nostra fatica, a un certo momento diventa inutile.

E noi tocchiamo con mano la vanità del tutto.

Ma non perché tutto sia vano, non è vero che tutto è vano.

Tutto è molto buono, tutto è opera di Dio e Dio non fa mica le cose vane, siamo noi che rendiamo vane e inutili tutte le cose, perché?
Perché le vogliamo rendere assolute quando assolute non sono.

È questo sforzo inutile di tutta una vita a salire su un larice per cercare delle mele.

Il larice è una cosa buona, il larice non è mica cattivo.

Le mele sono buone, non sono mica cattive.

L'errore è nostro in questo sforzo di cercare l'impossibile.

Le mele non si trovano sul larice.

Ecco come nasce la vanità del tutto, la vanità del tutto nasce da un errore nostro, in quanto non teniamo conto di ciò che sappiamo.

Sono gli errori che noi facciamo credendo di aver messo Dio prima di tutto, ecco l'illusione.

Per cui quando ci sentiamo dire di mettere Dio prima di tutto, crediamo di averlo già messo prima di tutto.

"Io ho lasciato tutto per dedicarmi a Dio, per entrare in un istituto, per seguire una certa regola, per fare un certo voto".

Crediamo di aver messo Dio prima di tutto.

Sono errori fatali perché ci illudono.

Meglio allora una prostituta, perché una prostituta sa di non avere messo Dio prima di tutto.

Sono errori che ci illudono, perché tutte le volte che sentiamo dire che l'Intenzione di Dio è mettere Dio prima di tutto, noi crediamo di averlo già messo prima di tutto.

Non ci rendiamo conto che a un certo momento della nostra vita, credendo di avere messo Dio prima di tutto, cadiamo nella routine, nella banalità, nella regola.

Sono errori, perché noi non abbiamo capito che mettere Dio prima di tutto significa mettere la conoscenza di Dio prima di tutto.

Non vuol dire trasformare in Dio ciò che non è Dio o trasformare in Assoluto quello che non è Assoluto.

È cercare di capire che cosa ci predica dell'Assoluto ciò che non è Assoluto.

È un problema di capire non è un problema di azione.

Perché con l'azione noi cerchiamo di rendere Assoluto ciò che non è Assoluto.

Invece dobbiamo cercare di capire che cosa mi dice dell'Assoluto ciò che non è Assoluto.

Il problema essenziale della vita, il problema quindi dell'Intenzione di Dio è il problema di capire che cosa è l'Assoluto.

Che cosa è l'eterno.

Che cosa è l'infinito.

Capire che cosa è Dio.

Perché noi siamo soggetti a questi errori?

Perché la realtà che noi abbiamo presente, che determina tutto di noi non è Dio e non può essere Dio.

Perché quello che noi vediamo e tocchiamo non è Dio e non può essere Dio.

Noi siamo dominati da quello che vediamo e tocchiamo.

Per noi il parlare di Dio, diventa un parlare astratto.

Quando sentiamo parlare di Dio lo vogliamo sempre rendere in termini pratici: "Insomma che cosa devo fare?".

Quel "fare" che noi obbiettiamo rivela che noi siamo dominati da una realtà che non è Dio, che non è la conoscenza di Dio e quindi che non è la vita eterna.

Qui noi troviamo un’enorme difficoltà al passaggio della Pasqua, perché noi siamo figli delle nostre opere.

Quando abbiamo fatto o parlato una cosa sola diversa dallo Spirito di Dio, noi cadiamo schiavi di questo errore, di questa realtà che noi abbiamo fatto ed è questa che adesso impedisce a noi ogni possibilità d’intelligenza del Dio messo prima di tutto.

Quando anche parliamo di Dio, messo prima di tutto, lo intendiamo sempre in termini materiali, nel nostro mondo.

Nella realtà in cui ci troviamo.

Per cui diventa un agire, un fare, un modificare qualche cosa ma della nostra realtà, del nostro mondo.

Amare Dio vuol dire mettere Dio prima di tutto.

Mettere Dio prima di tutto vuol dire impegnarci a conoscere Dio.

Impegnarci a conoscere Dio vuol dire passare soltanto attraverso di Lui, perché a Dio si arriva soltanto per mezzo di Dio.

Tutto questo richiede il superamento di tutto ciò che non è Dio ma non si arriva a un fine escludendo tutto il resto.

È necessario escludere tutto il resto ma non è sufficiente.

Non si arriva a una laurea escludendo di andare al bar, al cinema e al ristorante.

Si arriva a un fine dedicandoci a esso.

Si arriva a Dio dedicandoci a Dio, occupandoci di Dio, impegnandoci per conoscere Dio, quindi non correndo per il mondo.

Non operando sulla società, sulle strutture o sulle creature.

Siccome Dio non si confonde nel modo più assoluto con nessuna delle sue creature, con nessuna delle sue strutture, con nessuna delle sue istituzioni, con nessuna regola, allora è assolutamente necessario, per occuparci di Dio, superare tutto ciò che non è Dio.

Non diciamo che queste cose siano male, però vanno superate.

Perché tutte le cose fatte da Dio, ci conducono a un certo punto, su un certo orizzonte in cui ci salutano tutte quante e tutte quante ci dicono addio, perché?

Perché ci dicono: "Adesso sei tu che devi impegnarti con Dio".

Tutte ci conducono lì e poi se ne vanno.

E se noi non vogliamo lasciarle andare, qui incominciano a diventare cattive.

Tutte le cose diventano per noi "male", non perché siano male di per sé, ma perché a un certo momento noi non vogliamo separarcene per occuparci di Dio.

Siccome Dio non si confonde con nessuna creatura, anche le più sante, tutte le creature a un certo punto ci devono salutare e ci salutano, anche Cristo stesso.

Perché ci portano fin su quella soglia, in cui, loro stesse ci dicono: "Adesso occupati di Dio, perché noi non siamo Dio".

Ce lo dicono in tanti modi: deludendoci, morendo, cambiando, però ce lo dicono.

A quel punto lì, se noi non ci occupiamo di Dio, noi non abbiamo più giustificazioni.

Perché siamo noi che non vogliamo separarci da coloro che si sono separati da noi.

Siamo noi che vogliamo distoglierci, ecco che a questo punto siamo dominati da una realtà diversa da Dio.

Schiavi: "Chi fa il male resta sciavo di esso" e veniamo a trovarci nella impossibilità di entrare nel cielo di Dio, nella conoscenza di Dio.

Diventiamo figli delle nostre opere ed è questo punto qui che si rivela la meraviglia e la grandezza di Dio.

Perché noi diventati figli delle nostre opere, abbiamo una sola possibilità di salvezza, di passaggio alle cose di Dio, una sola.

Quella delle stesse nostre opere, cioè dello stesso nostro peccato, dello stesso nostro errore, dello stesso nostro male.

Del male che abbiamo fatto noi.

Come?

In quanto Dio prende su di Sé i nostri peccati, i nostri errori, la nostra colpa.

Solo se Dio prende su di Sé l'opera di cui noi siamo diventati figli (la nostra colpa, il nostro errore) dà a noi la possibilità di salvarci.

Noi ormai siamo schiavi della nostra opera che è distoglimento da Dio, perché noi abbiamo preferito la creatura al Creatore.

Quando la creatura ci ha detto di occuparci di Dio, noi abbiamo preferito continuare a occuparci della creatura.

A questo punto qui noi possiamo soltanto essere salvati dal Dio che si fa creatura, cioè che si fa nostra colpa.

E cosa succede?

Succede che sottomettendosi a noi, Dio ci presenta l'assurdo, l'insostenibile, l'inconcepibile.

Cioè ci presenta il Dio che muore, che viene a morire tra noi, si fa nostra opera.

Dio, l'eterno, l'Assoluto che viene a morire è un assurdo.

L'infinito che a un certo punto diventa piccolo come una formica è un assurdo.

È una cosa insostenibile, impossibile.

Colui che è il vivente, che diventa "il morto", è una cosa assurda, impossibile.

Appunto perché noi siamo diventati assurdi.

Noi siamo diventati impossibili.

Abbiamo detto che possiamo essere salvati soltanto attraverso questa nostra schiavitù.

Dio che viene a morire per opera nostra, perché si fa opera nostra.

Si fa figlio dell'uomo, figlio nostro e la conclusione è Lui che muore in croce.

E noi ci troviamo di fronte alla nostra opera, perché Dio diventa nostra opera.

La nostra opera è non Dio prima di tutto.

Dio entra in quest’assurdità, in questo controsenso, in questa illogicità.

Per cui diventa per noi insopportabile, impossibile, assurdo.

Una cosa assurda noi non possiamo sostenerla.

Se Dio è Dio, non può morire.

Se è Assoluto, non può diventare figlio del relativo.

Sopratutto se è eterno, non può essere soggetto a mutamento.

Ma essendosi fatto nostra opera, a questo punto Dio è presente a noi.

È di fronte a noi.

Quello che nel modo Assoluto noi non possiamo dimenticare, ignorare è la nostra opera, ciò che noi abbiamo presente.

Dio facendosi nostra opera ci mette di fronte alla nostra opera.

In modo assoluto, noi siamo di fronte a Lui, morto in croce, opera nostra.

Assurdo fin che vogliamo, però quello l'abbiamo presente.

Ci troveremo tutti di fronte a Lui e solo di fronte a Lui, di fronte alla nostra opera.

In modo inequivocabile.

Ci troviamo già adesso di fronte.

Messi di fronte a una cosa, non significa mica capirla, anzi.

Noi qui siamo messi di fronte a una cosa che è assurda, illogica, impossibile, insostenibile.

Ma proprio perché è tale, ci pone in una passione terribile.

La morte di Cristo ci pone in una passione terribile.

Noi quello che è assurdo, illogico, non possiamo digerirlo.

Non possiamo sopportarlo.

Il Cristo che muore in croce, ci pone di fronte all'insopportabilità.

Non basta essere messi di fronte al Cristo morto in croce per capirne il significato.

Non basta avere presente una cosa per capirla.

In Lui abbiamo la sintesi di tutto l'universo e di tutta la nostra vita.

Per cui possiamo dire che tutto l'universo e la nostra vita, in Cristo che muore in croce si conclude in una illogicità.

In una assurdità: perché nascere, perché morire?

C'è l'assurdo, c'è l'insostenibile.

Messi di fronte a ciò che non è sostenibile, noi siamo messi in un fuoco, in ciò che non possiamo sopportare.

Noi siamo messi in una passione: la passione di capire quest’assurdo, perché la croce di Cristo diventa per noi un punto interrogativo.

Cioè la Pasqua diventa per noi passione di capire una cosa che per noi è assurda.

Passione per capire.

Non basta essere messi di fronte a Cristo, proprio per questa passione noi dobbiamo passare attraverso Cristo.

Solo passando attraverso ecco il fare Pasqua.

Cristo morto in croce, è messo lì per farci passare attraverso Lui a quello che noi abbiamo rifiutato.

Per farci giungere alla luce.

Lui ci ha messi di fronte a un punto interrogativo.

Il punto interrogativo è un assurdo.

Un assurdo da cui noi non ci possiamo staccare perché è diventata nostra opera.

Però è un assurdo che ci tormenta, fintanto che noi non giungiamo a capire la ragione di quest’assurdità.

La ragione di tutte le cose che avvengono, proprio perché avvengono, è soltanto nel Principio.

È soltanto in Dio, tutte le cose sono fatte nel Principio, nel Pensiero di Dio.

Attraverso Cristo noi dobbiamo imparare a leggere la ragione per cui c'è quest’assurdo nel mondo e la ragione per cui c'è quest’assurdo nel mondo c'è soltanto nel Principio.

C'è soltanto nel Pensiero di Dio.

Noi dobbiamo contemplare la morte di Cristo in croce nel Pensiero di Dio, nell'Intenzione di Dio.

L'Intenzione di Dio è quella di farsi conoscere, è quella di salvare tutti gli uomini e la salvezza di tutti gli uomini sta nel condurli alla vita eterna e la vita eterna sta nel giungere a conoscere Dio come vero Dio.

Dio vuole che nessun uomo si perda, nessuno, anche colui che ha fatto il peccato.

Anche colui che ha preferito la creatura al Creatore.

Abbiamo quindi l'azione di questo Dio che opera secondo il suo Pensiero e la morte di Cristo secondo il suo Pensiero non è più assurda.

Quest’assurdità qui ha proprio lo scopo di metterci in quel movimento d'intelligenza, di ricerca, di conoscenza che noi abbiamo trascurato non impegnandoci con Dio.

Cristo morto in croce è Parola di Dio.

Questa morte in croce che è assurdità per noi, è Parola di Dio per noi.

Esperienza, quindi cosa subita e in quanto è cosa subita è sentimento.

Quindi noi sentiamo la morte di Dio, l'assenza di Dio, il silenzio di Dio.

Però abbiamo detto che è Parola di Dio.

E in quanto è Parola di Dio, proprio questa assenza di Dio, questo silenzio di Dio, questa morte di Dio ci costringe a pensare.

Perché è un assurdo, è una contraddizione e noi le contraddizioni non le possiamo sostenere.

Questo Cristo morto in croce, ci impegna a superare tutto quello che sentiamo, tutto quello che esperimentiamo, tutto quello che vediamo e tocchiamo.

Cioè, questo Cristo morto in croce ci impegna a superare tutto per cercare di capire la Parola, la Parola di Dio che c'è in quello.

Cristo che muore in croce forma in noi la passione per cercare il significato e capire il significato di questa assurdità di Dio che muore tra noi, del Cristo che muore in croce.

Ma se questo forma in noi la passione per capire, noi facciamo Pasqua soltanto se cerchiamo di capire il significato, altrimenti, tutte le nostre Pasque sono assolutamente inutili.

La Pasqua non è un rito, non è una celebrazione, non è un ricordo, non è una festa, non è mangiare l'agnello (maiuscolo o minuscolo).

Fare Pasqua vuol dire capire perché quest’Agnello è stato sacrificato, perché Cristo è morto in croce per noi.

Qui allora capiamo perché Cristo è la nostra Pasqua.


A.: L'esperienza del Cristo morto in noi, diventa la possibilità di un aggancio...

Luigi: Non possibilità, è un aggancio imposto, perché Lui si è fatto figlio nostro, non è possibilità di agganciarmi a una mia opera.

Io sono schiavo della mia opera.

Io non mi posso sganciare.

Se io uccido, non mi posso sganciare dal mio delitto.

Non è che abbia la possibilità di agganciarmi.

Non mi aggancio affatto.

Resto dominato dalle mie opere, non posso separarmi.

Non è che sia libero, non mi dà nessuna possibilità.

Necessariamente mi lega a Sé.

Però m’introduce in un tormento.

Perché è un punto interrogativo, è un assurdo, è una cosa inconcepibile.

O dimostro che Cristo non è Dio oppure mi trovo nel conflitto perché è impossibile che Dio venga a morire.

Mi pone di fronte a un interrogativo: passione di capire.

Passione d’intelligenza.

Mi conduce proprio a quello che io avevo trascurato.

Bisogna cercare la ragione in Dio delle cose.

Siamo stati creati per questo.

Cristo mi dà qui la possibilità.

Lui mi unisce a Sé, ma mi unisce a un fuoco.

Qui ho la possibilità ma se mi dedico, per cui se ho fatto Pasqua non devo più occuparmi delle cose visibili.

Il che vuol dire che devo superare tutto il mondo che è relativo al mio io per cercare di vedere le cose dal punto di vista di Dio.

Fare Pasqua è questo.

Guardare le cose dal punto di vista di Dio e il Cristo è questa condizione, questa porta, questo passaggio essenziale.

Lui morendo mi schiaccia di fronte a questa porta e resto lì, posso restare per l'eternità ma resto lì.

Se capisco, ho la possibilità....

Se non capisco resto schiacciato.

Resto di fronte a Lui, non posso farne a meno perché è diventato mia opera, sono io che l'ho ucciso.

Si è fatto figlio mio, si è fatto opera mia.

In Cristo morto in croce, abbiamo l'Intenzione di Dio crocifissa.

Abbiamo il Pensiero di Dio crocifisso.

Perché Cristo è il Pensiero di Dio tra noi, è l'Intenzione di Dio tra noi.

Quell'intenzione che dovevamo mettere prima di tutto.

A.: E noi uccidiamo quest'Intenzione in quanto non la teniamo presente?

Noi la uccidiamo in quanto non mettiamo l'Intenzione.

Mettere l'intenzione, vuol dire mettere un fine.

Se tu vuoi andare a Torino, vai a Torino, altrimenti non hai l'intenzione di andare a Torino.

Non è che tu uccidi l'intenzione, tu non hai l'intenzione di andare a Torino.

Ma se hai l'intenzione di andare a Torino, vai a Torino!

O vai o non vai!

Intenzionalità vuol dire finalità.

Avere una finalità, vuol dire tendere a quella.

Avere Dio come fine è la stessa cosa di dover andare a Torino.

Ma fintanto che dici che tu devi andare a Torino, tu non vai mica a Torino.

Avere l'Intenzione di Dio, vuol dire camminare verso Dio.

Altrimenti non è fine, non è che io tradisco il fine, semplicemente non è fine.

Ora, Cristo è l'Intenzione di Dio tra noi.

Morendo in croce, è questa Intenzione di Dio che ci viene imposta.

Per cui o noi restiamo bruciati, non la possiamo sopportare perché è una cosa assurda o altrimenti passiamo attraverso quella, ma quello è l'unico passaggio e fare Pasqua vuol dire questo, altrimenti non è Pasqua.

Pasqua non è una celebrazione.

Pasqua non è un rito, una festività.

Pasqua è un passaggio e un passaggio da fare.

Passaggio da fare dalle cose visibili alle cose invisibili.

Cioè dalle cose banali all'essenziale.

Pasqua è questo.

Cioè, Pasqua vuol dire capire perché Cristo viene a morire tra noi.

B.: Qui l'anima stringe una nuova alleanza con Dio.

È un’alleanza che Dio fa con noi, nella quale ci costringe a entrare.

Però siamo bruciati perché siamo costretti.

Siamo bruciati se noi non intendiamo.

Per cui o diventa un capire, quindi diventa un’intelligenza o altrimenti noi restiamo bruciati da quello.

Perché Lui si è fatto figlio nostro.

Fintanto che Lui non era figlio mio io, avevo una certa libertà, nel senso potevo trascurare di mettere Lui prima di tutto, sceglievo la morte, però potevo trascurare di mettere Lui prima di tutto.

A questo punto qui, Lui che si è fatta opera mia, figlio mio, io non posso mica più trascurarlo, perché io sono schiavo delle mie opere.

Lui si è fatto mia opera, a questo punto mi ha bloccato, sono schiacciato di fronte a questa mia opera, non posso più dimenticarmi.

O la capisco o resto bruciato.

Cristo che muore in croce o è mia salvezza o è mia rovina.

Perché è un’imposizione, non ho più un’altra scelta.

Se io non metto Dio prima di tutto nella prima alleanza, Dio mi lascia ancora la possibilità di giungere a quest'altra alleanza che è poi un’imposizione.

L'alleanza del Cristo che muore in croce, che si fa cioè figlio mio, che si fa mia opera, che prende cioè su di Sé il mio peccato quindi viene a morire, perché il mio peccato è morte, io avevo scelto la morte già all'inizio, non mettendo Lui prima di tutto.

C.: La creatura deve capire questa morte di Cristo, però da sola certamente la creatura non ce la fa, quest’opera è Dio che gliela presenta...

Certo, gliela impone.

C.: Quindi è Dio che ce la fa capire.

Dio ti presenta una cosa che tu non puoi digerire.

Per cui in un primo tempo la scarti perché assurda, impossibile.

Le cose impossibili le scarti fino a che puoi scartarle, ma arriva un momento in cui non puoi più scartarla.

I problemi non risolti si ripresentano in modo sempre più pesante e tormentoso.

Noi in un primo tempo la scartiamo perché abbiamo altre risorse, altri appoggi.

Arriva un momento in cui tutto tramonta e il Cristo morto in croce ti arriva.

C.: È grazia di Dio quest’opera di Dio...

Tutto è grazia, è indiscutibile ma non risolviamo nulla dicendo che è tutta grazia.

Il problema si risolve facendo Pasqua.

Fare Pasqua vuol dire capire il significato.

Ma come si può capire?

La cosa è intellegibile soltanto nel principio.

Quindi soltanto guardando da Dio io, posso capire questo.

Guardando da Dio faccio Pasqua.

Se Lui morendo in croce (o mi brucia) necessariamente mi spinge a guardare le cose dal punto di vista di Dio, mi ha fatto fare Pasqua.

D.: Se alla prima proposta di Dio si mette Dio prima di tutto, Dio ci fa comunque fare questo passaggio, proprio perché l'anima deve essere fatta una....

Noi riceviamo la proposta di mettere Dio prima di tutto ma non lo mettiamo prima di tutto.

Ci illudiamo di metterlo prima di tutto.

Siamo condizionati dalla realtà sensibile e noi crediamo che andare in un convento voglia dire avere messo Dio prima di tutto.

Oppure rinuncio a tutto.

Oppure cerco di distaccarmi da tutto con una fatica enorme.

Ecco l'illusione.

Io credo di mettere Dio prima di tutto in quanto lascio tutto ciò che non è Dio.

Ma io non arrivo a Dio lasciando tutto ciò che non è Dio.

È un’illusione.

E se anche se noi credessimo di aver messo Dio prima di tutto, noi siamo caduti in questa illusione.

Servendo il tempio come gli ebrei.

L'illusione dell'asceta, del distacco da tutto, dell'andare nel deserto, nel seguire una regola santa quanto si voglia.

E lo sforzo di tutta una vita si conclude in niente.

Perché a Dio non si arriva lasciando tutto ciò che non è Dio.

A Dio si arriva impegnandosi con Dio e solo con Dio, perché Dio si conosce solo per mezzo di Dio e non si conosce scappando da una cosa all'altra.

A un certo momento tu scappi da tutte le cose e quando sei scappata da tutte le cose cosa hai raggiunto?

Dio non lo trovi mica scappando da tutte le cose.

D.: Quindi il prima di tutto si può fare soltanto dopo aver fatto Pasqua.

Soltanto dopo aver fatto Pasqua.

D.: Però dicevi che è una cosa imposta....

La morte di Cristo è imposta.

Certamente.

A un certo momento tu, lo voglia o non lo voglia lo mandi a morte e ti trovi di fronte a questa tua opera.

Quando tu hai commesso un delitto, che tu lo voglia o non lo voglia, tu ti trovi di fronte a questo tuo delitto.

Non lo puoi dimenticare, è più forte di te.

Noi diventiamo figli delle nostre opere e queste opere sono più forti di noi, noi non siamo mica liberi.

D.: Però quando Dio ci fa la proposta di metterlo prima di tutto ci dà la possibilità di metterlo prima di tutto?

Certamente.

D.: E se ci dà la possibilità....

Infatti, noi ci sentiamo in colpa.

"Non lo sapevi che Io ci sono? Perché mi hai trascurato? Perché hai preferito le creature a Me?".

Noi preferiamo i buoi, campi e moglie a Dio e ci accorgiamo di trascurare Dio.

Quando tu sai una cosa e ne fai un altra, tu ti senti in colpa.

Tu puoi dire che ti conveniva, ne avevi bisogno, ma sono tutte scuse.

Il problema essenziale per noi è l'intelligenza.

È quello che sai o quello che non sai.

Noi siamo giudicati da quello che sappiamo e da quello che non sappiamo.

Tutto il resto è imballaggio a perdere.

E niente ti giustifica.

Ognuno di noi sarà giudicato solo dal sapere o dal non sapere.

È quello che noi sappiamo e che non possiamo ignorare che ci mette in colpa, perché noi non teniamo conto di ciò che sappiamo.

Io so che c'è Dio, il Creatore ma non ne tengo conto.

Ecco la colpa.

Questa colpa mi condurrà, necessariamente a mettere Cristo in croce ma l'ho già ucciso prima.

A questo punto io sono a tu per tu con il mio delitto, non posso più scappare.

Nel modo più assoluto non posso più scappare, perché è mio delitto.

Però, Lui non muore mica per condannarmi.

Lui non muore in croce per dannarmi, Lui muore in croce per salvarmi.

Ma Lui mi salva se applico l'intelligenza, se capisco.

Se capisco perché è morto in croce.

Se capisco perché si è fatto figlio della mia colpa.

Il capire mi è dato solo se guardo le cose dal punto di vista di Dio.

Se cerco la ragione presso Dio di questo fatto che io non posso trascurare.

Prima potevo trascurare Dio, sapevo che c'era, qui non posso più trascurarlo.

Prima è opera di Dio, qui è opera mia.

A questo punto sono bloccato: o cerco di capire quest’assurdo, questa cosa insostenibile dal punto di vista di Dio, altrimenti resto bruciato.

Per questo dico che Cristo è salvezza ed è rovina.

E.: Il capire dipende dall'anticipo?

Più hai anticipato e più ti è facile capire.

Però Cristo morto è ancora per noi possibilità di salvezza.

Non è che Cristo morto sia dannazione, Lui morto, per me è ancora motivo di salvezza se cerco di capire.

Ma il capire una cosa è non guardarla dal mio punto di vista, ma dal punto di vista di Dio.

Dal mio punto di vista la morte di Cristo è un assurdo.

Cristo morto, per me diventa un assurdo, dal mio punto di vista.

Mi devo portare a guardare dal punto di vista di Dio.

Per questo la Pasqua diventa passione, patimento, per cui la Sua passione diventa la mia passione, la passione di ogni uomo.

Diventa passione d’intelligenza.

Passione di capire una cosa che sto subendo e che è un assurdo.

Ora, la cosa assurda non è digeribile quindi o mi rovina o la guardo dal punto di vista di Dio.

E.: Lui morendo mi dà la possibilità di guardare dal punto di vista di Dio.

Perché?

Perché è Parola di Dio.

Tu sei schiacciata lì, come di fronte a un muro, a una parete che è Parola di Dio.

Parola di Dio.

Di fronte a una Parola di Dio, o la capisci o quella ti brucia.

Il filo d'erba ti annuncia già Cristo che muore in croce.

Tutti gli avvenimenti e le creature ti annunciano già tutti la morte di Cristo.

A un certo punto non c'è più una creatura in cui tu ti possa fermare e riposare.

F.: Quando Dio ci pone davanti a Cristo morto in croce, se abbiamo capito il segno, diventa motivo di passaggio.

Anche se non l'abbiamo capito, è ancora da parte di Dio motivo per un passaggio.

Cristo morto in croce, da parte di Dio è per salvarti.

Il che vuol dire che hai la possibilità, se credi in Dio, di guardare questa scena di Cristo morto in croce dal punto di vista di Dio.

Di cercare cioè presso Dio, nel Principio l'intenzione, il significato di questa parola.

Il Figlio di Dio si è incarnato per salvarmi, non per dannarmi.

Ma incarnandosi può diventare per me un motivo di rovina.

Perché questa è un’imposizione, Lui si fa mia opera ed io dalle mie opere non mi posso più separare.

E se io sono legato a una cosa dalla quale non mi posso separare, quella diventa una rovina per me.

Non mi posso più sganciare, è come se tu fossi strettamente unita con un tuo gemello che è morto.

Tu capisce che quel gemello determina la tua morte, la tua rovina, perché non ti puoi separare da quello.

F.: Può essere più o meno difficile capire il significato e quindi a fare la Pasqua...

Comunque l'importante è capire cosa vuol dire fare Pasqua, perché anche lì noi ci illudiamo, come ci illudiamo di mettere Dio prima di tutto.

Fare Pasqua, vuol dire capire, da Dio il significato del Cristo che muore in croce e fintanto che tu non hai capito questo da Dio, non hai fatto Pasqua, convinciti che non hai fatto Pasqua.

Non illuderti di avere fatto Pasqua.

Noi diciamo: "Io vado a confessarmi, faccio la comunione e ho fatto Pasqua", non hai fatto Pasqua, stai pur tranquillo.

Pasqua vuol dire capire il significato della morte del Cristo.

È un passaggio dalle cose visibili alle cose invisibili, è un passaggio dalle cose viste dal punto di vista del nostro io alle cose viste dal punto di vista di Dio.

Se non hai fatto questo passaggio, non hai fatto Pasqua.

F.: Posso fare Pasqua, prima che la morte del Cristo in croce s’imponga come unico segno, come assurdo.

Pasqua è una Parola di Dio, se Dio ti fa una proposta tu, t’impegni.

Pasqua è una Parola di Dio.

In quanto Parola, tu la fai in quanto Dio ti presenta questa Parola da capire.

F.: Ma me la presenta come parola o come realtà?

Ma quello che tu dici realtà è parola.

La realtà, quella che noi vediamo e tocchiamo, è Parola di Dio.

E in quanto è Parola di Dio, ha da essere capita.

Se tu ti fermi solo alla realtà parola, è come se tu recitassi.

Reciti una realtà e non cerchi il significato, quella è parola, però poi non ti salva mica, anzi.

G.: È attraverso la sofferenza dello spirito che constatiamo la vanità delle cose?

La vanità delle cose s’impone perché mi delude.

Tutte le creature passano.

Per quanto siano amate, belle, buone o sante, tutte passano.

E quando sono passate cosa ti resta?

È come il mangiare.

Tu puoi mangiare polenta o cioccolato.

Ma quando tu l'hai mangiato, polenta o cioccolato è passato.

Cosa ti rimane?

Se tu sei vissuta tutta la vita per mangiare la torta al cioccolato, tu capisci che tutta la tua vita è servita a niente?

Noi viviamo magari tutta la vita per il nostro corpo e il corpo passa, la partita è persa, la tua vita è servita a niente.

Se vissuta per una cosa che a un certo momento è stata annullata.

L'importante invece è capire e scoprire quello che non passa, perché se io vivo per una cosa che non passa, la mia vita non passerà mai e allora la mia vita vale.

A un certo momento tutto passa, per farmi capire che Dio solo è Colui che non passa.

Per cui solo se io vivo per conoscere Dio la mia vita serve a qualche cosa.

Altrimenti necessariamente io esperimento la vanità del tutto.

E non posso farne a meno.

H.: L'importanza di assimilare e di capire questo "Io" che è un passaggio obbligato. A un certo punto questo "Io" è la passione e la morte di Cristo?

L'"Io" è pensiero di-.

In Cristo noi abbiamo il Pensiero di Dio tra noi, morto.

Il che è un assurdo.

Ma è Pensiero di Dio, Intenzione di Dio, persona, "Io".

H.: Morta in noi.

Morta in noi.

Intenzione di Dio morta, Pensiero di Dio morto in noi.

Assurdo perché la meraviglia del disegno di Dio è questa: Lui che è eterno, a un certo punto ci fa toccare con mano la sua morte, ci fa toccare con mano il suo silenzio, Lui che parla in tutto.

Lui che è presente in tutto, mi fa toccare con mano la sua assenza.

Per cui io sento che è assente.

Io posso urlare da mattina a sera che Dio c'è, ma io sento che è assente.

Lui parla in tutto ed io assolutamente non lo sento.

Io esperimento la morte che è quest’assurdo che non può essere digerito da noi, per cui ci brucia.

A questo punto ci sono solo due soluzioni: o mi lancio in Dio superando tutti i miei sentimenti che mi dicono che Dio è assente per buttarmi nel campo dell'intelligenza.

Ecco per cui non debbo seguire i miei sentimenti.

I sentimenti, a un certo punto si concludono in: Dio è assente.

E se io seguo i miei sentimenti, io non posso far a meno di giungere di fronte a questa realtà ed essere dominato da questa realtà, Dio è assente e Dio non mi parla.

Dio fa questa meraviglia, Lui che parla in tutto, Lui che è presente in tutto opera in modo tale per cui fa sentire a me, creatura, che Lui è assente e che Lui non mi parla, che Lui non c'è.

H.: Per farmi fare questo passaggio...

Perché devo superare tutto quello che è sentimento, tutto quello che è relativo al mio io per imparare a guardare le cose dal punto di vista di Dio: intelligenza.


Io sono la porta: se qualcuno entra attraverso di me, sarà al sicuro; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Gv 10 Vs 9 Riassunti Domenica – Lunedì.


- RIASSUNTI -


Argomenti: Passaggio dalla terra al cielo – Il punto in comune per la comunicazione – L’Intenzione è il Figlio di Dio è presente in noi – La Parola convoca alla Presenza – La sintonia – Rivestire la Parola delle nostre intenzioni – La parola universalizza un pensiero – L’incomunicabilità – Sottomettere tutto al proprio pensiero – Gli argomenti di Dio ci rendono muti – La condizione per la comunicazione – Il prima di tutto nell’uomo – Dio si comunica solo al Figlio – Costatare la presenza oggettiva di Dio di cui il nostro pensiero è oggetto – Generante e generato – La via della Pasqua – Passaggio dal banale all’essenziale – L’errore dell’uomo – Fraintendere le parole di Cristo – Impegnarsi nel positivo – Il distacco dal mondo – Il dialogo di Adamo con Dio – Il parlare di Dio nell’universo – Sintonia d’intenzioni – Trascurare ciò che non si può ignorare – Il giogo di Cristo – La via della vita – Cristo è centro e sintesi della creazione – La funzione della croce – Dedizione di pensiero per capire – Fraintendere la proposta di Dio – Figli delle nostre opere – La luce della croce – Segnalazione e segnalato – L’esperienza della morte – Dio prende su di Sé il peccato dell’uomo – Il tutto compiuto -


 

15-16/Aprile/1990  Casa di preghiera Fossano.