Io sono la porta: se qualcuno entra per me,
sarà al sicuro; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Gv 10 Vs 9 Quarto tema.
Titolo: La
comunicazione (l'abisso invalicabile).
Argomenti: Essere
"uno". Mondo finito e infinito. Il prima di tutto. La Volontà di Dio. Esprimere un'intenzione. Comunicazione dell'Intenzione di Dio. Comunicazione da Dio alla creatura. Pensiero e parola.
L'incomunicabilità. La
condizione della comunicazione. Fine
e comunicazione.
Dio
comunica attraverso il Pensiero di Dio che è nell'uomo. Costatare
la presenza di Dio.
25-26/Marzo/1990 Casa di preghiera
Fossano.
Oggi ci
dobbiamo soffermare sul verbo "entrare".
Gesù
dice:"Se qualcuno entra per Me".
Ogni parola,
ogni verbo essendo parola, Verbo di Dio ha un significato per la nostra vita.
Sopratutto non
dobbiamo fermarci all'intelligenza delle cose riferite al piano sentimentale,
corporeo, fisico, naturale.
Il verbo
"entrare" è molto facile da capire in senso naturale.
Entrare
attraverso una porta oppure entrare in un luogo.
Ma certamente
nelle cose di Dio non dobbiamo fermarci al livello dei sentimenti, ma dobbiamo
andare oltre.
Ed andando
oltre dobbiamo cercare presso Dio, cosa voglia dire entrare e quand'è che si
entra e quando si resta fuori.
Perché ogni
uomo è chiamato ad entrare nel Regno della Verità, nel Regno dello Spirito,
nella vita eterna, nella conoscenza di Dio.
Ma c'è anche un
rischio e Gesù ce lo presenta dicendo che la porta si chiude e arriva un giorno
in cui noi inutilmente busseremo ad essa, perché noi non potremo entrare.
C'è per ogni
uomo questo rischio che Gesù presenta.
È soltanto
intendendo cosa significa veramente, nel campo dello Spirito:
"entrare" che possiamo evitare questo rischio.
Intendendo
perché, una delle scene principali in cui ci presenta il rischio di restare
fuori, è proprio quella dalle vergini stolte, che sono andate incontro al
Signore, senza intendere.
E sono state
chiuse fuori.
Per poter giungere a
concepire il significato di questo
"entrare", abbiamo dovuto premettere quel "se" e quel
"qualcuno".
Sopratutto
abbiamo visto quanto sia importante e difficile per l'uomo essere
"uno".
Soltanto quando
si è "uno" si entra.
Solo chi è
"uno" può entrare.
Ma l'essere
"uno" è difficile.
È importante ed
è difficile.
È difficile
perché l'uomo "naturalmente" tende a moltiplicarsi.
L'uomo
"naturalmente" tende ad avere tanti nomi, tanti volti, tante vite,
tanti interessi, non è uno.
Solo Colui che
è Uno fa dell'uomo "uno", se però l'uomo lo mette prima di tutto.
Ecco per cui ci
troviamo di fronte a delle proposte e sono proposte ad essere uno, come Dio è
uno.
Abbiamo visto
che l'uomo si trova di fronte a due grandi realtà, a due mondi: il mondo finito
e il mondo infinito.
Ci siamo anche
chiesti come mai ci sono questi due mondi.
Non sarebbe
stato più facile trovarsi di fronte soltanto al mondo infinito?
Il mondo finito
è stato creato per renderci più facile e accessibile, la possibilità di
arrivare al mondo infinito.
L'uomo sopporta
male la presenza di questi due mondi, perché l'uomo è fatto per l'unità.
E ha bisogno di
vedere che rapporto passa tra il finito e l'infinito.
E per vedere che
rapporto passa, l'uomo è posto di fronte all'alternativa di cosa porre prima di
tutto.
L'uomo deve
mettere prima di tutto il mondo finito? Quello che lui vede, tocca ed
esperimenta tutti i giorni?
Deve mettere
prima di tutto il suo mondo dei sensi e dei sentimenti? Con le sue esigenze?
Oppure deve
mettere prima di tutto l'interesse per il mondo infinito, per l'Assoluto, per
ciò che è eterno, per Dio?
Cosa l'uomo
deve mettere prima di tutto?
È molto
importante questo prima di tutto.
Perché quando
si stabilisce di fare un rapporto, è importantissimo il termine fisso nel
rapporto.
Per non
sbagliare tutti i rapporti, tutte le misure.
Basta variare
il termine fisso che tutte le misure vengono variate in quanto dipendono dal
punto fisso di riferimento.
Allora è molto
importante per noi ciò che mettiamo prima di tutto come punto fisso di
riferimento.
Cioè come fine
della nostra vita, come interesse principale.
Qui abbiamo
visto sorgere il problema su cosa l'uomo deve mettere prima di tutto.
Forse l'uomo è
lasciato in balia delle sue scelte?
L'uomo non è
lasciato in balia delle sue scelte.
Dio non ha
creato l'uomo per accecarlo, dicendogli di andare a tentoni.
Dio non ha
creato l'uomo cieco.
Perché creando
l'uomo e mettendolo di fronte a queste due grandi realtà: sensibile e
spirituale, gli ha anche espresso la sua parola:"Ti comando, ti ordino di
mettere prima di tutto Dio".
È un comando,
un ordine:"Io oggi ti pongo di fronte la vita e la morte, il bene e il
male", dice Dio ad ogni uomo.
"Perché
oggi ti comando di amare il tuo Dio con tutta la tua mente con tutto il tuo
cuore, con tutte le tue forze, con tutto te stesso".
"Ti
comando!" Affinché l'uomo non avesse a tentennare, non avesse a dubitare,
questa è la Volontà di Dio.
Dio esprime la
sua volontà e la sua intenzione in un modo molto netto e preciso, per cui
nessuno potrà dire di non sapere.
Dio ha
comandato all'uomo di mettere prima di tutto, al di sopra di tutto la ricerca
di Dio, la conoscenza di Dio, l'uomo è stato creato per questo.
Questo è il
fine e il fine è quello che l'uomo deve mettere prima di tutto, per non
sbagliare sulla strada, di fronte ad ogni bivio.
Dio ha espresso
la sua volontà, il suo Pensiero, la sua intenzione.
Ma cosa
significa esprimere un'intenzione, una volontà, una finalità?
Intanto per
esprimerla, bisogna che questa intenzione sia comunicata a uno che ha la
possibilità di capirla.
Se noi
dicessimo l'Intenzione di Dio a un cane, non recepirebbe niente, non capirebbe
assolutamente niente.
Se noi dicessimo
una parola strana incomprensibile a qualcuno e gli dicessimo che deve mettere
quello prima di tutto, lui ci guarderebbe in modo strano perché non ne
coglierebbe il significato.
Se viene detta
quindi una intenzione, deve essere detta là, dove è possibile intenderla.
All'uomo viene
detto in parole:"Devi mettere prima di tutto la ricerca di Dio,
perché sei stato creato per questo e tutta la vita serve per questo e solo a
questo, non preoccuparti delle cose del mondo perché tutte queste cose sono relative,
tutte queste cose passano e non servono per l'essenziale, c'è una cosa sola che
è essenziale per la tua vita: devi conoscere il tuo Dio".
Tra il
dire:"Devi conoscere il tuo Dio" a un uomo ed il dirlo a un cane c'è
una diversità enorme.
Perché c'è questa
diversità?
Perché l'uomo
capisce?
E cosa vuol
dire che capisce?
Vuol dire che
quando gli si dice di cercare Dio, lui sa cosa vuol dire Dio.
Può trascurare
la proposta, può rifiutarla, può ferirla o bestemmiarla ma non può dire di non
averla capita.
L'uomo capisce
perfettamente quando gli si dice di mettere prima di tutto nella sua vita la
ricerca e l'interesse per conoscere Dio.
Ma allora per
capire, cosa deve avere l'uomo in sé di diverso dal cane?
L'uomo per
capire deve avere la possibilità di pensare quello che gli si dice.
Quando noi
udiamo una parola e non abbiamo la possibilità di pensarla, quella parola non
la capiamo.
Non sappiamo a
cosa si riferisca.
Ma se la
capiamo, vuol dire che abbiamo la possibilità di pensare a ciò che ci viene
detto.
Quello che ci
rende intellegibile una cosa, è ciò che noi abbiamo nella mente, nel pensiero.
Quando udiamo
la parola "Dio", noi capiamo cosa voglia dire Dio.
Se qualcuno ci
presentasse una pietra o un albero o un animale dicendoci che è Dio, noi
diremmo che quella pietra, quell'albero o quell'animale non sono Dio.
E se ci
presentasse un uomo, noi diremmo che quello non è Dio.
Ma come faremmo
noi a dire che non è Dio se non sapessimo chi è Dio?
Se noi possiamo
dire ciò che non è Dio è segno che noi sappiamo che cosa è Dio.
Ecco per cui
quando ci viene detto di mettere prima di tutto la conoscenza di Dio, noi
capiamo.
E se capiamo
siamo responsabili.
Ma siamo
responsabili di che cosa?
Dio ci rivela
in modo netto la sua intenzione: tu uomo, devi cercare Dio prima di tutto.
Cosa vuol dire?
Vuol dire che
se ascolto quest'Intenzione, l'Intenzione di Dio diventa la mia intenzione.
Il Pensiero di
Dio diventa il mio pensiero.
Abbiamo già
accennato domenica scorsa che in questa comunicazione d'intenzione, avviene una meraviglia, perché mentre tutte le nostre intenzioni sono
finite, come ascolto l'Intenzione di Dio, la mia intenzione diventa Intenzione
di Dio.
Ma l'Intenzione
di Dio non è più un'intenzione finita, l'Intenzione di Dio è Intenzione di Dio.
Il che vuol
dire che è Intenzione infinita, qui abbiamo un salto di qualità.
Dio dona a noi
la sua Intenzione.
Proponendo a
noi la sua Intenzione, dà a noi la possibilità di avere la sua Intenzione, per
cui quando noi cerchiamo Dio, non cerchiamo più Dio con la nostra intenzione ma
noi cerchiamo Dio con l'Intenzione di Dio.
E quando noi
pensiamo Dio, non pensiamo più Dio con il nostro pensiero, ma noi
pensiamo Dio con il Pensiero di Dio.
Col Pensiero di
Dio!
Perché se Dio
non ci annunciasse la sua Intenzione, la sua Volontà, il suo Pensiero,
noi continueremmo a vivere per i nostri lavori, per i nostri affari e non
ci penseremmo neppure lontanamente a questo.
Anzi noi ci
troveremmo nell'impossibilità.
Ho detto molte
volte che se uno mi invita a cena, se aderisco, la grazia è di colui che mi ha
invitato, la scelta non è mia.
Nessuno di noi
può scegliere di andare a pranzo da qualcuno se non è invitato.
Se Dio ci
invita, la grazia è di Dio, il dono è di Dio e se il dono è di Dio,
l'intenzione adesso con cui noi ci occupiamo di Dio non è più intenzione
nostra, non è scelta nostra, è grazia di Dio, è dono di Dio.
Il tema di oggi
è proprio come possa avvenire questa comunicazione
da Dio alla creatura, dall'infinito al finito che noi siamo.
Abbiamo detto
che ci sono queste due grandi realtà in cui noi ci troviamo e noi corriamo il
rischio di restare chiusi come in una botte nella nostra realtà finita, di
consumare tutta la nostra vita in queste cose e trovarci alla fine con niente
perché tutto il nostro mondo finito finisce, cessa, è soggetto al tempo quindi
all'annullamento.
Ma come può
avvenire il passaggio dall'infinito al finito?
Il tema è la
comunicazione.
Non c'è nulla
che colleghi l'infinito con il finito.
Abbiamo detto
molte volte che non si può passare dal finito all'infinito.
Noi, per quanti
numeri ci sogniamo, certamente non arriveremo all'infinito.
L'infinito è
una categoria tutta a sé e noi, per quanto pensiamo il tempo, per quanto lo
prolunghiamo, noi certamente non approderemo all'eternità.
Eppure l'eternità
c'è.
E per quanto
restiamo nel relativo, certamente noi non arriveremo a concepire l'Assoluto.
Eppure
l'Assoluto c'è.
Ogni uomo è
caratterizzato da questo bisogno di Assoluto, fame di Assoluto.
Tutti gli
errori che l'uomo fa, derivano dal fatto che lui proietta la sua fame di
Assoluto su quello che Assoluto non è.
Tutte le
fatiche e le scienze dell'uomo sono tutte uno sforzo dell'uomo per cercare di
rendere Assoluto ciò che Assoluto non è.
Tutta la
scienza cerca la Verità, l'Assoluto.
Ma tutti gli
uomini sbagliano, perché cercano l'Assoluto dove l'Assoluto non è.
Cercano stelle
alpine in un campo di grano.
Cercano mele su
un cipresso.
Sbagliano
luogo.
Non si può
passare dal finito all'infinito.
Il che vuol dire
che noi siamo impediti a fare questo salto nell'infinito.
È solo
l'infinito che può comunicare al finito.
Solo l'Assoluto
può comunicare al relativo.
Solo l'eterno
si può manifestare nel tempo.
A noi non è
dato passare, ma se Dio ci chiama, se Dio ci rivela la sua Intenzione, noi qui
abbiamo una Intenzione infinita, l'Intenzione dell'Assoluto, l'Intenzione
eterna.
E ci dà la
possibilità.
Ma come avviene
questa comunicazione e come è possibile che avvenga questa comunicazione?
Ma è proprio
vero che Dio parla con l'uomo?
È proprio vero
che Dio è presente?
Ma è proprio
vero che Dio può comunicare a noi la sua Intenzione? Il suo Pensiero?
Per capire come
possa avvenire la comunicazione, dobbiamo addentrarci in quello che è
l'argomento del parlare, della parola.
Perché
parlano e che cosa è che li sospinge a parlare?
Qual è l'anima
della parola.
Parlare vuol
dire manifestare un pensiero.
Ma cosa vuol
dire manifestare un pensiero?
E che cosa è un
pensiero?
L'uomo si
caratterizza sopratutto per questo: ha un pensiero.
Un pensiero è
un infinito in sé.
L'uomo parla
per manifestare, per comunicare, per affermare il suo pensiero.
Noi non ce ne
rendiamo conto ma quando parliamo cerchiamo di rendere universale un pensiero,
il pensiero che portiamo in noi.
Di comunicarlo
e comunicarlo vuol dire informare tutto del nostro pensiero, proiettare su
tutto ciò che ci si presenta il pensiero che abbiamo in noi.
Manifestare il
pensiero.
Perché?
Ma perché l'uomo
essendo persona, tende ad essere uno e quindi per tendere a restare uno, tende
a restare nel suo pensiero.
L'uomo ha
bisogno di parlare il suo pensiero per non essere portato via dal suo pensiero,
per restare unito al suo pensiero.
Ecco per cui
l'uomo parla.
La
caratteristica della persona è questa: ha la possibilità di parlare il suo
pensiero su tutto e su tutti, magari fantasticando, magari mentendo, magari
immaginando.
L'esigenza,
quello che muove l'uomo a parlare, è proprio il bisogno che l'uomo ha di
restare con il suo pensiero.
Gesù dice che
fintanto che non arriva uno più forte di lui, l'uomo custodisce tutti i suoi
beni.
Il che vuol
dire che l'uomo ha la possibilità di parlare il suo pensiero, di affermare il
suo pensiero, di sottomettere tutto quindi al suo pensiero, fintanto che non
arriva Uno più forte di lui.
Infatti noi ci
accorgiamo che, a un certo momento non riusciamo più a parlare il nostro
pensiero.
A un certo
momento arrivano a noi degli argomenti contradditori del nostro pensiero e non
possiamo più sostenerlo: Uno più forte di noi.
Arriva un certo
momento Dio che parla e i suoi argomenti sono più forti di tutte le nostre
ragioni.
Di fronte a
Lui, tutti diventeranno muti.
Tutti non
parleranno più, nessuno più potrà dire una parola, perché l'unica, sola,
vera parola in tutto l'universo è Dio, è la Parola di Dio e tutti gli altri
taceranno.
Però, dico,
quello che sospinge l'uomo a parlare è il bisogno di restare unito al suo
pensiero.
E per restare
unito al suo pensiero cosa fa?
Sottomette
tutte le altre cose al suo pensiero, attraverso la parola.
Sottomette.
Qui stiamo
sfiorando l'argomento del campo dell'incomunicabilità tra uomini.
Perché se
parlare vuol dire comunicare il proprio pensiero e comunicare il proprio
pensiero vuol dire sottomettere tutto a questo pensiero, questo avviene ed è
possibile solo là, dove c'è lo stesso interesse, dove c'è lo stesso pensiero.
Ma là, dove
l'uomo s'incontra con un'altro che ha un pensiero diverso, che ha un prima di
tutto diverso, che ha una sua realtà diversa, qui il pensiero non si
comunica più, qui viene respinto e rifiutato.
Non penetra
più.
Questo ci fa
capire quale sia la condizione della comunicazione.
La
comunicazione è possibile tra le persone, solo là dove c'è lo stesso pensiero e
fintanto che c'è lo stesso pensiero.
Solo là dove
c'è lo stesso interesse e fintanto che c'è lo stesso interesse.
Solo là dove
c'è la stessa realtà, lo stesso prima di tutto.
Il prima di tutto.
Ogni uomo ha un
suo prima di tutto, ha una sua realtà.
E quando l'uomo
sente qualche parola che non conferma la realtà in cui lui si trova non la
lascia più entrare.
Qui non c'è più
comunicazione.
Stiamo sfiorando
il campo della incomunicabilità: l'abisso invalicabile.
Nell'episodio
di Lazzaro e del ricco epulone c'è un abisso invalicabile, questo è l'abisso
invalicabile.
L'abisso
dell'incomunicabilità.
Non si comunica
perché si tratta di due centri diversi.
Di due realtà
diverse, di due mondi diversi.
Arriva il
momento in cui, l'uomo, tutto incentrato nel pensiero del suo io si trova
nell'impossibilità di ricevere la comunicazione di un altra realtà.
Questo ci fa
capire una cosa importantissima.
Il parlare è un
sottomettere tutto a un pensiero o a un prima di tutto, poiché abbiamo detto
che nel campo del pensiero il trono è per uno solo, c'è posto per uno solo, noi
non possiamo pensare contemporaneamente due cose.
Per cui nel
campo del pensiero vale ciò che noi mettiamo prima di tutto e quello per noi è
la realtà.
Non possiamo
correre contemporaneamente verso due fini.
Non possiamo
servire due padroni,
Vale il fine
che noi abbiamo presente.
Ma proprio quel
fine che noi abbiamo presente, quel prima di tutto, diventa per noi, l'elemento
condizionante la comunicazione.
Noi riceviamo
solo quello che si sottomette al nostro prima di tutto, che si sottomette al
nostro interesse principale, che si sottomette alla nostra realtà, la realtà in
cui noi viviamo.
Tutto il resto
non entra, non comunica con noi.
Questa è
l'anima della comunicazione e ci fa capire come possa avvenire la comunicazione
fra Dio e l'uomo, tra l'infinito di Dio e il finito dell'uomo.
Abbiamo detto
che la differenza che c'è tra l'uomo e l'animale, è che l'uomo porta in sé
l'Assoluto, Dio, anche se non lo guarda l'uomo è caratterizzato da questo.
L'uomo è
passione d'Assoluto, il che vuol dire che l'uomo è portatore dell'Assoluto.
Non potrebbe
desiderare una cosa se questa cosa non gli fosse presente.
Proprio in
questa presenza d'Assoluto che l'uomo ha, in questo Pensiero di Dio che l'uomo
porta, c'è la possibilità della comunicazione tra Dio e l'uomo.
Dio comunica
all'uomo attraverso il Pensiero di Dio che c'è nell'uomo.
E solo
attraverso il Pensiero di Dio che c'è nell'uomo.
Ma se l'uomo
porta nel suo pensiero altro da Dio, porta cioè altro da ciò che Dio gli ha
detto di mettere prima di tutto, la comunicazione non avviene.
Soltanto se
l'uomo aderisce all'Intenzione di Dio ("Amerai il Signore Dio tuo con
tutto te stesso"), l'intenzione in sé dell'uomo diventa Intenzione di Dio
e Dio diventa la realtà dell'uomo, diventa il prima di tutto dell'uomo.
Soltanto in
questo in questo prima di tutto, c'è la possibilità di comunicazione del tutto
di Dio al prima di tutto dell'uomo.
C'è la
possibilità di comunicazione.
Dio comunica
con l'uomo solo se l'uomo ha ascoltato l'Intenzione di Dio.
Solo se l'uomo
ha messo prima di tutto ciò che Dio gli ha detto di mettere prima di tutto.
Altrimenti tutte
le Parole di Dio vanno a vuoto.
Altrimenti
tutte le comunicazioni di Dio non entrano nell'uomo.
L'uomo non le
può ignorare perché arrivano a lui indipendentemente da lui, Dio parla e fa
arrivare le sue parole all'uomo, indipendentemente dall'uomo, però le Parole di
Dio vanno a vuoto, non fecondano l'uomo, non entrano nell'uomo.
Perché entrano
nell'uomo soltanto se c'è come prima di tutto Dio.
Altrimenti non
entrano.
Tutto cade a
vuoto.
L'uomo può
ascoltare la Parola di Dio solo se ha ascoltato l'Intenzione di Dio, se ha cioè
messo l'Intenzione di Dio, Dio prima di tutto nel suo Pensiero.
Cosa succede se
questo avviene?
Succede quello
che accade quando si parla.
Parlando non si
fa altro che convocare colui che ascolta alla presenza del pensiero di colui
che parla.
La convocazione
alla presenza.
Dio parlando
con noi ci convoca alla presenza sua.
Presenza
(notiamo) che è già in noi.
Ma che noi
trascuriamo, non vediamo perché siamo dispersi in troppe cose.
Dio parlando ci
raccoglie da tutte le nostre dispersioni e ci convoca alla sua presenza.
E convocati
alla sua presenza, cosa succede?
Succede che noi
costatiamo la sua presenza.
Qui avviene la
meraviglia, noi siamo condotti, dalla Parola di Dio a costatare la presenza di Dio
in noi.
Una presenza,
notiamo bene, non soggettiva, non pensata da noi, non oggetto del nostro
pensiero, ma una presenza di cui il nostro pensiero è oggetto, il nostro
pensiero non è il soggetto di questa presenza di Dio.
Non è il nostro
pensiero che pensa Dio ma è Dio che pensa noi.
E pensando noi
rivela, per cui fa noi oggetto del suo Pensiero.
Questo avviene
soltanto in quanto noi abbiamo la possibilità di ricevere le comunicazioni di
Dio.
E abbiamo la
possibilità di ricevere le comunicazioni di Dio, soltanto se abbiamo messo Dio
prima di tutto nella nostra mente e nel nostro pensiero, perché la Parola di
Dio è accolta solo là dove Dio è prima di tutto.
A.: Ciò che
separa il finito dall'infinito è un abisso realmente invalicabile se fosse
guardato solo dal punto di vista dell'uomo, tuttavia l'uomo può fare questo
passaggio ma bisogna che da soggetto autonomo di pensiero, divenga
soggetto-oggetto, facendo sua l'intenzione dell'infinito per il quale è stato
creato.
Che resta sempre Intenzione
di Dio.
A.: Si, diventa
oggetto-soggetto.
Quella è sempre Intenzione
di Dio, per cui noi pensiamo Dio non con il nostro pensiero ma con il Pensiero
di Dio.
Tant'è vero che se Dio non
avesse manifestato a noi il suo Pensiero, noi non potremmo averlo.
Quindi è sempre grazia del
Pensiero di Dio che penso Dio, se è grazia vuol dire che è con il Pensiero di
Dio che penso Dio, quindi non con il mio pensiero.
A.: La
possibilità di questa comunicazione avviene solo facendo propria l'Intenzione
di Dio.
Cioè, mettendo prima di
tutto quello che Lui mi dice di mettere prima di tutto.
A.: L'uomo in
quanto persona tende a unificare tutto nel suo pensiero. Soltanto se questa
categoria del finito è superata ed è assorbita dall'infinito, l'uomo diventa
persona unificata con l'infinito.
Si capisce, quello avviene
soltanto in quanto Dio parla all'uomo, soltanto in quanto Dio fa arrivare
all'uomo la sua parola.
Dio fa arrivare nel mondo
finito dell'uomo la Sua parola e questa Sua parola, fa ancora parte del mondo
finito dell'uomo ma attraverso la sua parola Dio rivela al'uomo la Sua
Intenzione che è infinita.
La parola è finita ma
l'Intenzione comunicata dalla parola è infinita.
Se Lui mi parla, il
passaggio è possibile, altrimenti non potrei neppure lontanamente immaginarmelo,
perché: "Sono io che penso".
Essendo io che penso sono
fuori.
A.: Se Lui non
parlasse, l'uomo resterebbe con l'esigenza.
L'esigenza dell'Assoluto
cosa porta?
Porta l'uomo a parlare la
sua realtà finita in senso universale.
Ad estrapolare su tutto e
sbaglia tutto, perché l'uomo non fa altro che parlare il suo pensiero, ma il
suo pensiero è finito.
A.: Anche se
l'esigenza dell'Assoluto glielo fa assolutizzare...
Certo, è questo che rovina
l'uomo.
A.: Solo Dio può
portare l'uomo fuori dal suo relativo...
Soltanto quando Dio parla.
È attraverso Dio che si
arriva a Dio, solo attraverso Dio.
È lì la meraviglia.
B.: Il primo tema
è "abisso invalicabile", il secondo "la comunicazione" è
molto più consolante.
Se io sono
incentrata nel mio io, non posso ricevere questa comunicazione.
Pur parlando l'Assoluto,
perché essendo io passione d'Assoluto, la mia parola tende a sottomettere tutto
al mio pensiero, alle mie ragioni e divento superbo all'infinito, un punto
fisso di superbia all'infinito, perché non posso fare a meno di parlare il mio
pensiero, quello di cui sono convinto, su tutto e su tutti e tutti coloro che
mi parlano una realtà diversa li escludo, non entrano.
B.: Invece questo
prima di tutto di Dio....
La comunicazione di Dio
avviene soltanto se in noi c'è questo prima di tutto, se c'è cioè l'Intenzione
di Dio.
Dio si rivela soltanto al
suo Pensiero.
Soltanto se in noi c'è
questo Pensiero di Dio messo prima di tutto, come l'Intenzione di Dio mi dice,
allora avviene la comunicazione, altrimenti non avviene la comunicazione, ecco
l'abisso invalicabile.
Per cui non si può passare
dal paradiso all'inferno, Abramo non può comunicare con l'epulone che è
nell'inferno, c'è un abisso.
Per cui chi cerca di passare
di qui a là non può e nemmeno viceversa, perché non è ricevuto, perché c'è un
altro prima di tutto che impedisce di ricevere, di comunicare.
B.: E Dio
parlandoci ci convoca alla sua presenza.
Per cui convocati, noi
costatiamo la presenza oggettiva di Dio, non è più la presenza pensata da me,
Dio mi porta a costatare la sua presenza e noi siamo salvati dall'oggettivo.
B.: In quanto Dio
si fa oggetto...
Dio è il soggetto!!
A noi sembra che sia
l'oggetto del nostro pensare: "Sono io che penso Dio", ma pensando a
Dio, penso a Colui che genera in me il suo Pensiero, perché è Lui che mi fa
pensare, quindi è Lui il soggetto del mio pensiero.
È lì la meraviglia, perché
fintanto che sono io che penso e Dio è l'oggetto del mio pensiero, io resto con
il dubbio.
Dio esiste veramente o sono
io che lo penso? E non c'è nessuno eternamente che mi possa liberare da questo.
Dall'inferno non c'è
nessuno che ci possa liberare.
Perché c'è questo dubbio, è
chi può liberarci da questo dubbio?
Entrare vuol dire
comunicare da Dio le cose, come le comunica Dio, altrimenti non entro.
E Dio comunica le cose al
suo Pensiero e soltanto se anche noi, guardando da Dio comunichiamo, allora
vediamo Dio che comunica il suo Pensiero, per cui il nostro pensiero che è
Pensiero di Dio, è oggetto di Dio soggetto.
È Lui che genera in me il
suo Pensiero.
Ma questo è possibile
capirlo soltanto se noi abbiamo messo, secondo l'Intenzione di Dio, Dio,
prima di tutto.
Altrimenti abbiamo un altro
prima di tutto che impedisce a noi la comunicazione di Dio, la impedisce nel
modo più assoluto.
C.: Che tipo di
conoscenza è quella che ci fa riconoscere ciò che non è Dio ma non ci fa
riconoscere chi è Dio?
Noi possiamo parlare
all'animale di Dio ma l'animale non riceve.
Si riceve in quanto in noi
c'è già Dio, prima di noi, indipendentemente da noi.
E quando Dio parla con noi,
risveglia in noi questa presenza.
Ma solo Dio lo può fare.
Data questa presenza in
noi, quando qualcuno dice:"Questo è Dio", io avendo questa presenza
posso dire che quello non è Dio.
Nessuno di noi potrebbe
dire:"Questo non è Dio" se non avesse presente Dio.
Se qualcuno mi
dicesse:"Questo è Dio" e io non avessi presente Dio in me,
direi:"Va bene, quello è Dio".
Quindi per dire che non è
Dio, debbo avere presente Dio, per questo dico che il no è una faccia del si.
Io non posso dire no, se
non ho presente il si.
Io non posso dire che la
pietra non è Dio, se non avessi presente Dio.
Quindi ci deve essere
questa presenza in me, ed è quello che caratterizza l'uomo, per cui l'uomo è
una passione d'Assoluto, infatti Dio creando l'uomo spirò il suo Spirito
nell'uomo, per cui la Verità abita dentro di noi.
Questo entrare dovrebbe
essere inteso a tre livelli.
Il primo livello è quello
del nostro rapporto mondo esterno-mondo interno.
Per cui per trovare la
Verità devi passare, entrare dal mondo esterno al mondo interno, perché la
Verità non si trova fuori, si trova dentro di te.
La Verità abita già dentro
di noi.
Noi non ne siamo
consapevoli, però abbiamo questa passione d'Assoluto che ci fa cercare
l'Assoluto in tutte le cose.
Si dice comunemente che noi
conosciamo Dio per negatività, conosciamo cioè, ciò che non è Dio ma è molto
difficile dire chi è Dio.
Ma già nella negatività c'è
la positività, perché io non potrei dire chi o cosa non sono Dio se io non
avessi presente Dio.
Allora sono io che sono in
difetto se non sono in grado di dire chi è Dio.
Perché Dio l'ho già, è già
presente in me, altrimenti non potrei dire il no.
Io posso dire si a Dio
soltanto in quanto metto Dio prima di tutto.
Perché se non lo metto
prima di tutto riconosco chi o cosa non è Dio ma non riconosco chi è Dio.
Posso conoscere Dio
soltanto con Dio, quindi soltanto se lo metto prima di tutto.
Altrimenti mi trovo in un
altra realtà che mi impedisce di ricevere la sua comunicazione.
D.: Bisogna
essere in lotta continua con Dio, l'esempio di andare fino a Cuneo, va bene
ma è facile andarci, ma nel pensiero c'è un via vai continuo....
Ma allora quello non è
mettere Dio prima di tutto, no, no,no.
Se tu mi dici che metti Dio
prima di tutto e poi vivi per un istituto stai fresca.
Dio non lo si trova facendo
dei voti o vestendosi in un modo piuttosto che in un altro o entrando in un
istituto, nemmeno venendo qui.
Il prima di tutto si
realizza nel pensiero.
Se tu dessi anche tutte le
tue sostanze, le tue ricchezze, se tu facessi tutti i sacrifici di questo mondo
ma tu non dessi il pensiero a Dio, tu non hai messo Dio prima di tutto.
D.: Bisogna
arrivare a dare il pensiero in continuazione a Dio.
Ma il problema del
continuo.....è come se qualcuno mi dicesse:"Io debbo andare a Cuneo, ma
pensare sempre, in continuazione lungo la strada che debbo andare a Cuneo è una
lotta continua".
Se tu non pensi a Cuneo, al
primo bivio sei in crisi.
Sei in crisi se tu
dimentichi dove devi andare.
Il problema non è
ricordarsi di Dio, il problema è che devo arrivare a Dio.
Dio è il fine e il fine
deve essere messo prima di tutto e deve essere mantenuto costantemente presente
durante il cammino, fintanto che non arrivo al fine.
Altrimenti, al primo bivio,
al primo argomento, io entro in crisi se non l'ho presente.
Se io parto per Torino ma
se a metà strada, a Savigliano o Racconigi trascuro dove debbo andare, io entro
in crisi, perché tutte le vetrine sono mie, tutte le chiese sono mie, tutti i
municipi sono miei e tutte le torri sono mie, tutte le creature del mondo sono
mie e perdo tempo perché non so più dove andare.
Il che vuol dire che quello
che ho scelto come fine, debbo averlo costantemente presente, perché è
un'accelerazione continua, per cui se incontri uno che ti ferma, scappi perché
devi andare a Torino, il fine, Torino lo devi avere bene presente,
altrimenti non arrivi mai.
E.: Ma lei forse
vuol dire che andando a Cuneo si può chiacchierare anche di cose diverse da
Cuneo, diverse dal fine.
E così non stai attenta ai
segnali stradali e ti accorgi dove vai a finire.
F.: Il nostro
pensiero forse fatica perché non siamo convinti.
Non siamo convinti, quando uno
è convinto di una cosa, di un fine, non fa mica nessuna fatica a tenerla
presente, anzi è tutto suo interesse tenerla presente.
Se ho interesse per andare
a Cuneo, è tutto mio interesse stare bene attento alle segnalazioni, perché
debbo andare a Cuneo.
L'ho ben presente.
Certo che se non sono
convinto e lo faccio per sport, diventa una cosa difficilissima:"Debbo
sempre ricordarmi di andare a Cuneo", a un certo momento diventa un peso
insopportabile.
Quello di Dio è un problema
di finalità.
Di finalità da raggiungere.
Noi dobbiamo convincerci
che siamo stati creati per arrivare a conoscere Dio, perché la conoscenza di
Dio è vita eterna.
È Dio che ti
dice:"Sforzati di entrare".
Avere un fine, se non sono
scemo vuol dire averlo costantemente presente, altrimenti sbaglio strada in
continuazione.
Non è mica una fatica
questa!
G.: Ma chi non
vuole?
Ma chi non vuole vada a
quel paese, nessuno lo impone.
G.: Ma nessuno
non vuole tenerlo presente.
Ma siamo tutti lì che
stiamo dicendo che è una fatica enorme, se io sto andando a Cuneo e
dico:"È una fatica enorme ricordarmi che devo andare a Cuneo",
certamente non sono uno che è convinto di andare a Cuneo.
Il problema non è
ricordarmi che devo andare a Cuneo, il problema è camminare in direzione di
Cuneo e a ogni segnalazione per Cuneo debbo aver ben presente il mio fine e non
è mica una fatica.
È una fatica pensare ad
altro, perché devo stare attento a tutti i segnali che mi indicano Cuneo.
Altrimenti devio e mi
ritrovo da una altra parte.
H.: L'uomo non
potrebbe mai sognare di pensare Dio se non avesse il Pensiero di Dio in sé.
Ma il Pensiero di Dio in
noi è una possibilità, tutti ce l'hanno ma non è detto che lo mettano prima di
tutto e fintanto che non lo mettiamo prima di tutto, non l'abbiamo come fine,
lì è il problema.
Se non ho prima di tutto
quello, tutte le parole vanno a vuoto, tutte le parole che mi dicono di andare
a Cuneo (Dio) vanno a vuoto e allora diventa una fatica enorme certo, se ho
altre mete è una fatica andare a Cuneo, diventa una fatica impossibile.
Come se io volessi andare a
Cuneo pensando di voler andare a Torino:"Che fatica dover pensare di
andare a Cuneo!", certo che è fatica, ma sei uno scemo!
L.: È da
sottolineare l'importanza di sapere che quando uno pensa Dio, non è lui a
pensare Dio ma è il Pensiero di Dio che pensa Dio in lui...
Non può saperlo questo,
questo lo si sa soltanto da Dio, l'uomo da solo non può saperlo.
L'uomo se non ha messo Dio
prima di tutto avrà sempre la sensazione e la certezza di essere lui a pensare
Dio.
E nemmeno Dio lo può
liberare da questo, perché è Dio, il Creatore dell'io dell'uomo.
Nel mio pensiero, Dio
diventa soggettivo mio e mi crea il dubbio.
Dio nel suo grande dono, si
dà al mio pensiero e mi fa correre questo tremendo rischio, perchè si fa oggetto
del mio pensiero e io dico:"Sono io che penso Dio", lì è la
fregatura.
L.: Ma l'uomo è
intelligente...
Non centra l'intelligenza
dell'uomo, centra solo il dono di Dio.
L.: Quando l'uomo
pensa Dio lo pensa con il Pensiero di Dio...
Se non viene da Dio, se non
si guarda da Dio, tutti gli uomini, necessariamente, tutti, tutti:"Sono io
che penso" e non c'è nessuno che li possa liberare da questo:"Sono io
che penso Dio".
La grazia mi viene da Dio
ed entro solo se guardo da Dio, ma posso guardare da Dio solo se ascolto
l'Intenzione di Dio.
Quindi ecco l'importanza
del Dio che bussa alla mia porta, quando Dio bussa alla mia porta e mi dice di
mettere Dio prima di tutto, io lo posso mettere perché l'ho in me.
Io tra i miei tanti
pensieri ho anche il Pensiero di Dio, se lo metto prima di tutto, lì succede il
miracolo, perché non sono io ad averlo messo prima di tutto, perché se Lui non
ci avesse invitato al suo pranzo, noi non ci saremmo mai sognati di andarci.
G.: Quando mi
arriva l'annuncio di Dio io devo metterlo prima di tutto per giustizia, ora il
metterlo per giustizia non è molto facile....
Se tu lo metti prima di
tutto, hai la chiave per entrare nella comunicazione di Dio, hai la possibilità
di entrare, prima no.
G.: Ma prima di
arrivare a metterlo prima di tutto, c'è una alternanza, si è portati via, qui
può avvenire la comunicazione della sua intenzione?
La comunicazione della sua
intenzione avviene in quanto tu l'hai prima di tutto.
Se non l'hai prima di tutto
la comunicazione non avviene.
Se l'hai messo prima di
tutto, allora hai messo il fine.
Avendo il fine, tu hai la
possibilità di ricevere tutte le comunicazioni che riguardano quel fine.
Diventi selettiva.
Ecco quello che ti dà la
capacità di ricevere comunicazioni di Dio.
Dio ti raccoglie in quanti
tu hai messo Lui come fine, allora è Lui che opera adesso tutto nell'universo
per convogliarti, perché parlandoti ti convoglia, quando uno ti parla, non fa
altro che convogliarti alla presenza di quello che Lui ha in testa, nel suo
pensiero e se tu lo segui, a un certo momento, tu ti accorgi che ti trovi alla
presenza del pensiero di colui che ti parla.
Se ti parla rettamente,
certo se uno fa la comare, a un certo punto tu ti trovi la testa che fuma.
Dio è uno che parla
rettamente, parla con intelligenza, quindi ti convoglia, conversa e quindi
conduce verso, parlando con te ti raccoglie da tutte le tue dispersioni, da
tutta la tua molteplicità, se tu hai messo Lui prima di tutto a un certo punto
ti conduce a costatare la sua presenza.
Quando il tuo pensiero è
ridotto all'unità, lì c'è la trasparenza, tu lì costati.
Costati la presenza di Dio
oggettiva in Sé, non sei più tu che lo pensi.
Ma ti accorgi che è la
presenza di Dio che si fa pensare da te.
Si Dio parla in tutto ma
c'è un abisso tra Lui che parla in tutto e ciò cui io penso.
Per cui non ricevo niente,
come mai?
Perché dentro di me ho un
prima di tutto diverso dalla sua Intenzione.
Io ricevo comunicazioni
soltanto se sono in sintonia con l'Intenzione di Dio, altrimenti non ricevo
niente.
Tutte le comunicazioni,
anche per radio avvengono in quanto c'è una sintonia, sintonia
d'intenzionalità, stessa lunghezza d'onda.
Solo se in te c'è la stessa
intenzione che c'è in Dio e Dio te l'ha comunicata, offerta,allora tutte le
comunicazioni passano.
Tutte queste comunicazioni
che passano, sono tutte parole che ti convogliano, che a poco per volta ti
raccolgono nell'unità di Dio, in quell'unità in cui la presenza e la realtà di
Dio diventano trasparenti.
Tu costati.
M.: Basterebbe ci
chiedessimo sempre il perché di quello che portiamo nel nostro interno, quel
desiderio di ciò che ci manca per essere completi e Dio renderà luce la nostra
passione d'Assoluto...
Guarda che la passione
d'Assoluto non dipende dal nostro interrogare, la passione è una cosa che tu
subisci.
Tu puoi capire l'effetto
passione d'Assoluto solo guardando dalla causa Assoluto.
L'effetto lo costati ma
fintanto che non trovi la causa dell'effetto tu non puoi capire l'effetto.
È inutile che noi ci
interroghiamo, dobbiamo solo guardare la causa e la causa è l'Assoluto.
Soltanto guardando da Dio
capisco la mia passione d'Assoluto.
Allora io mi vedo come
effetto, non come causa.
Lì scopro la presenza di
Dio.
Lo scopro come causa di
quello che io sono.
Causa del mio pensiero e il
mio pensiero è il Figlio di Dio, causa del Figlio di Dio.
Entrare vuol dire guardare
da- e fintanto che noi non guardiamo da Dio, noi siamo sempre fuori e tutto
quello che subiamo lo subiamo ma da fuori e non riusciamo a capire.
Abbiamo visto nel
salmo:"Non ho capito fintanto che non sono entrato nel tuo tempio".
Fintanto che noi non
entriamo nel tempio non possiamo capire.
Da fuori non si capisce.
Tu subisci gli avvenimenti
fuori però non capisci.
Cosa vuol dire entrare nel
tempio?
Guardare da Dio, dal punto
di vista di Dio, dall'Intenzione di Dio.
Ecco per cui Dio ti dice di
mettere la sua intenzione prima di tutto, altrimenti non puoi capire niente.
È logico perché è Lui la
causa di tutto e soltanto se guardo dal suo punto di vista io inizio a
intendere, altrimenti non capisco niente.
N.: Se aderisco
alla proposta di Dio di metterlo prima di tutto, Lui trasferisce in me la sua
intenzione.
Incomincio ad avere in me
questa grazia meravigliosa: la possibilità di ricevere comunicazione di Dio.
N.:Il seme cresce
sia che l'uomo vegli o dorma, quindi dopo averlo messo prima di tutto, tutto
concorre a farmi raggiungere il mio fine, conoscere Dio.
Tutto concorre, tutto ti
aiuta a raggiungere il fine, Una volta che tu hai deciso di andare a Cuneo,
tutti i segnali stradali ti aiutano per giungere a Cuneo.
Perché tu leggi i segnali
in funzione della tua intenzione, del tuo fine.
Ma se tu hai un altra
intenzione, tutti i segnali, tu li leggi in funzione della tua altra
intenzionalità.
Se la tua intenzione è diversa
da Dio, tutte le parole che Dio ti fa arrivare, tu le leggi secondo le tue
intenzioni diverse da Dio e naturalmente tutto salta in aria.
N.: Quali sono i
tre livelli dell'entrare?
Dal mondo esterno
all'interno, capire la parola, guardare da Dio.
M.: Se Dio non
parla e Dio parla sempre, noi non potremmo fare altro che assolutizzare il
nostro io, solo se abbiamo messo Dio prima di tutto allora assolutizziamo Dio,
quel poter riconoscere ciò che non è Dio, dimostra che noi abbiamo già in noi
la Verità.
Non lo sappiamo e
non....
La consapevolezza si ha
soltanto da Dio, però possiamo già dire ciò che non è Dio.
P.: L'uomo tende
a parlare per restare uno.
Per restare nel suo
pensiero, per non lasciarsi portare via dal suo pensiero.
P.: Vuole
universalizzarlo su tutto.
Certo.
P.: Dio è uno,
quindi tutta la sua opera creatrice è opera sua.
Per restare nel suo
Pensiero.
P.: Quindi la fa
tutta nel suo Pensiero, per restare nel suo Pensiero.
Si capisce.
Infatti noi siamo fatti a
immagine e somiglianza sua proprio per quello.
Se io non entro nel suo
Pensiero, scavo abissi di incomunicabilità, perché io tendo a proiettare tutto
il mio pensiero sulla parola di un Altro che è Dio.
O io entro in quel Pensiero
lì e allora c''è la comunicazione, altrimenti sono condannata.
Il mondo di Dio si misura
soltanto con il metro di Dio e con nessun altro metro.
P.: Entrane nello
Spirito è quando si capisce, quando c'è questa comunicazione di pensiero.
Però non si entra
se non si guarda da Dio.
Noi abbiamo la
possibilità di guardare da Dio, perché Dio ci comunica la sua intenzione.
Ci dà la
possibilità di aderire, quindi solo dalla sua intenzione, possiamo ricevere la
sua comunicazione.
La prima intelligenza è
capire che la Verità non abita fuori di te ma dentro di te.
Poi la Parola di Dio ti fa
passare dai tuoi sentimenti e dai tuoi pensieri che sono dentro di te al
Pensiero di Dio e poi dopo bisogna guardare il Pensiero stesso di Dio dal
Padre, ed è il terzo entrare che è il vero entrare.
A.: Noi abbiamo
la possibilità di guardare da Dio, quando ritroviamo la sua intenzione in noi,
perché Dio ce la fa trovare.
Lui ci mette già il suo
Pensiero in noi senza di noi, per cui noi abbiamo la possibilità di dire ciò
che non è Dio, se noi mettiamo l'Intenzione di Dio prima di tutto, qui abbiamo
la possibilità di dire chi è Dio.
B.: L'uomo ha
paura di essere portato via dal suo Pensiero e Gesù dice:"Nessuno vi
porterà via dal Padre mio che è il più forte di tutti".
Mentre noi, se abbiamo un'altro
fine, un altro pensiero, possiamo essere sempre strappati da questo perché c'è
sempre uno più forte di noi e per questo a un certo punto ci troviamo di fronte
alla contraddizione, al muro e non possiamo più andare avanti.