HOME


Io sono la porta: se qualcuno entra attraverso di me, sarà al sicuro; entrerà e uscirà e troverà pascolo.

Gv 10 Vs 9 Ottavo tema.


Titolo: Il respiro dell'anima. Le mele sul melo.


Argomenti: Affrettati. "Tu" immutabile. Le due presenze nell'uomo. Il dilemma dell'uomo. L'albero della vita e l'albero della scienza del bene e del male. Certezza e incertezza. Lasciarsi dominare dal sentimento. Perdere il "Tu" di Dio. Dare del tu. Il furto di Adamo. La presenza di Dio nell'esperienza della morte di Cristo che fa l'uomo. Entrare e uscire.  Esterno e interno dell'opera di Dio.


 

29-30/Aprile/1990 Casa di preghiera Fossano.


Domenica scorsa ci siamo soffermati su questa promessa, su questa assicurazione di Gesù:"Sarà al sicuro", "Chi entra per Me, sarà al sicuro".

Abbiamo considerato il tema della paura e dell'insicurezza in cui si trovano tutti gli uomini e in che cosa consista questo essere nella paura.

"Sarà al sicuro" è una promessa di Dio e Dio è fedele alle sue promesse.

È una promessa per ogni uomo.

Il che vuol dire che ogni uomo ha davanti a sé questa meravigliosa prospettiva di giungere alla sicurezza, alla pace, al riposo.

Quel giorno di pace e di riposo che Dio stesso, nella sua opera creatrice ha formato per l'uomo nel settimo giorno della sua creazione.

Il settimo giorno Dio si riposò.

È un invito ad ogni uomo ad entrare in questo riposo.

La Parola stessa di Dio, dice ad ognuno di noi: "Se tu oggi odi la sua Parola, affrettati a entrare nella sua pace, affinché non avvenga per te, come avvenne per il popolo ebreo che fu costretto a vagare per 40 anni nel deserto fino all'estinzione".

Proprio questa dichiarazione di San Paolo, ci fa capire che non basta ascoltare la Parola di Dio:"Se tu oggi ascolti...".

Non basta ascoltare la Parola di Dio.

Come non basta essere spettatori di tutta la creazione di Dio e lodare e glorificare Dio e tutta la sua opera creatrice.

L'uomo nel paradiso terrestre è stato fatto spettatore di tutta l'opera creatrice di Dio ma questo non è sufficiente.

Non è sufficiente ascoltare la Parola di Dio.

Certo è necessario perché senza Parola di Dio non si fa niente.

È la Parola di Dio che rende feconda la nostra vita, fertile la nostra terra.

Però non basta ascoltarla: "Se tu oggi odi la sua Parola, affrettati ad entrare nella sua pace".

E quando ci dice "affrettati, ci fa capire che c'è questo rischio nell'uomo, l'uomo può non affrettarsi.

Abbiamo visto che la pace e la sicurezza ci è data dalla presenza di un "Tu".

Ma un "Tu" che non sia soggetto a mutazione.

Perché tutta la nostra insicurezza è data dal fatto che noi ci appoggiamo su delle cose (istituzioni o creature) che sono soggette a mutamento.

Ed è proprio questo mutare delle cose che getta noi nella paura, nella tristezza e nell'angoscia, perché noi siamo fatti per l'Assoluto.

L'uomo essenzialmente è costituito di due presenze.

Dio non ha fatto male l'uomo.

L'uomo è profondamente triste, ha dei problemi esistenziali che fanno paura, però Dio non ha fatto male l'uomo.

L'uomo è costituito da due meravigliose presenze.

La presenza dell'Assoluto in sé.

L'uomo è portatore di Dio, della verità.

L'uomo è portatore dell'infinito e dell'Assoluto e questo l'ha nel suo spirito, nella mente.

Nel pensiero stesso, nella sua parte spirituale, nella sua anima.

E poi c'è la presenza sentimentale, la presenza che giunge a noi attraverso i sensi ed è tutta la creazione di Dio con tutte le sue creature.

Questa è presenza sentimentale.

Tutta la presenza sentimentale è soggetta a mutamento, è soggetta al tempo.

Perché è voce di Dio, è segno di Dio.

Tutta la creazione è segno di Dio.

Segno di Dio a noi, nel pensiero del nostro io.

Sono queste due presenze che conducono l'uomo nel suo riposo, nella sua pace, in quella sicurezza che promette il Signore, se l'uomo però sta attento a ciò che viene significato in esse.

L'uomo proprio per queste due presenze si trova in un tremendo dilemma.

Deve seguire il suo sentimento o deve seguire quello che ha nell'intelligenza?

Nella realtà, l'uomo segue sempre il suo sentimento.

Ed è lì l'inganno ed è lì che l'uomo si complica i suoi problemi all'infinito, si rende difficile la vita e il cammino verso Dio impossibile, fino a morire nell'angoscia.

Nel paradiso terrestre c'erano queste due presenze.

Si parla di due alberi.

C'era l'albero della vita e l'albero della scienza del bene e del male.

L'albero della vita era il "Tu" di Dio, questa sicurezza (Dio ha fatto bene le cose) in cui Dio ha posto l'uomo.

Adamo dialogava con il suo Signore.

Adamo godeva della presenza del "Tu" di Dio.

Dio ha creato l'uomo in rapporto diretto con Sé, per cui Adamo godeva del "Tu" di Dio.

Dio dialogava con Adamo e Adamo dialogava con Dio.

E in questo dialogo Adamo cresceva, perché Adamo non era fatto.

Era in formazione ed era attraverso questo dialogo con Dio che Adamo poteva crescere ed entrare in quel riposo del sabato per il quale Dio l'aveva creato.

Ma c'era un altro albero: l'albero della scienza del bene e del male.

L'albero del sentimento che ha come punto fisso di riferimento il pensiero del nostro io, in questo caso il pensiero dell'io di Adamo.

L'albero del bene e del male è una cosa buona.

Il pensiero del nostro io è una cosa buona.

E ciò che giunge come sentimento nel pensiero del nostro io, essendo creazione di Dio, segno di Dio al nostro io, è cosa buona.

Tanto che al sesto giorno, dopo aver creato l'uomo, Dio vide che tutto era fatto molto bene e una cosa è fatta bene in quanto serve al fine.

E il fine per il quale Dio aveva creato Adamo era giungere alla vita eterna, cioè alla conoscenza di Dio come vero Dio.

Adamo godeva della presenza del "Tu" di Dio, ma non lo conosceva mica, stava crescendo nella conoscenza.

Dio aveva posto questo albero del bene e del male, però aveva proibito ad Adamo di nutrirsi dei frutti di questo albero.

Quindi l'albero è buono.

L'uomo però non deve nutrirsi di questi frutti e i frutti di questo albero sono i sentimenti.

Tutta la creazione è buona, anche i sentimenti sono buoni perché sono creazione di Dio, è Dio che si fa "sentire".

Però l'uomo non deve nutrirsi di questi frutti, non deve cioè lasciarsi dominare da questi sentimenti.

Tu senti, ma non devi lasciarti dominare da ciò che senti.

Perché?

Ma perché ciò che senti, tutto ciò che senti, in tutte queste Parole di Dio che giungono a te, tu devi cercare di capire il Pensiero di Dio.

Tu ti devi nutrire dell'albero della vita, del "Tu" di Dio, del Pensiero di Dio, non dei tuoi sentimenti.

I sentimenti servono per portarti all'albero della vita.

Noi siamo fatti per l'Assoluto e se siamo fatti per l'Assoluto noi evidentemente troviamo il nostro riposo, la nostra pace solo trovando l'Assoluto.

L'Assoluto ha questa caratteristica: l'Assoluto non si trova accumulando delle cose relative.

Come  l'infinito non si trova accumulando delle cose infinite.

L'eterno non si trova sommando del tempo.

Ma allora a che cosa serve tutto ciò che è finito, tutto ciò che è relativo, tutto ciò che appartiene al tempo, tutto ciò che è segno?

Non è accumulando cose relative, cose incerte che noi possiamo giungere alla certezza.

Per quanto sogniamo cose insicure, noi non arriveremo mai alla sicurezza.

Per quanto noi sogniamo cose incerte, noi non arriveremo mai alla certezza.

È l'errore fondamentale che fanno gli uomini nel mondo e che fa tutta la scienza.

Perché si accumulano cose che si esperimentano con i sensi, che si sentono, che si provano, che si gustano, che si vedono.

Ma tutte queste cose sono cose incerte.

Cioè, sono cose soggette a mutamento.

Sono cose insicure e non è sommando delle incertezze che noi arriviamo alla certezza.

Ecco l'errore: noi riteniamo che quanto più sommiamo delle incertezze, dei sentimenti a un certo momento noi arriviamo alla certezza, alla verità, alla nostra pace, al nostro riposo: errore.

Tutte le presenze sentimentali che noi abbiamo e sono dono di Dio, creazione di Dio, sono Parole di Dio e le Parole di Dio non vanno accumulate, le Parole di Dio vanno capite.

Abbiamo visto domenica scorsa che la nostra sicurezza sta nel capire, sta nel conoscere.

C'è stato un errore in Adamo, in questo processo di maturazione.

Ma notiamo bene che l'errore di Adamo è rivelazione dell'errore fondamentale nella vita di ogni uomo.

L'errore di Adamo fu che a un certo momento si lasciò dominare dal sentimento.

Si lasciò dominare da ciò che vide bello e buono.

È la crisi di ogni uomo: lasciarsi dominare dal sentimento.

Il sentimento non ci presenta la verità.

Il sentimento ci presenta quello che è bello e buono, ma quello che è bello e buono non coincide mai con la verità.

Abbiamo detto che sommando delle incertezze noi non arriviamo a una certezza.

Allora dobbiamo chiederci qual è il passaggio per arrivare a ciò che Dio qui ci promette: sicurezza.

La sicurezza è ciò che non è soggetto a mutamento, quindi l'Assoluto, quindi l'eterno.

L'eterno e l'Assoluto si possono attingere in un modo solo: attraverso l'eterno e l'Assoluto, l'immutabile.

Solo se noi abbiamo la possibilità di impegnarci con ciò che è Assoluto noi possiamo trovare l'Assoluto.

Ciò che non è soggetto a nessun mutamento: ecco l'albero della vita.

L'albero della vita è questo Assoluto, questa presenza di Dio che ogni uomo porta con sé.

Noi qui possiamo capire che cosa significa il paradiso terreste.

Il paradiso terrestre è il "Tu" di Dio.

È la possibilità di poter dialogare con Dio, è la possibilità di poter guardare Dio, di poter ascoltare Dio.

Ma Dio non è certamente il nostro sentimento.

Dio è un Assoluto.

Dio è un infinito.

Dio è l'eterno.

E l'Assoluto, l'infinito e l'eterno si trovano solo in quanto c'è la possibilità di pensare l'Assoluto, l'infinito e l'eterno.

Tutto questo non si vede con i nostri occhi e non si tocca con le nostre mani o attraverso i nostri sensi.

Allora se non si vede e non si tocca, non si esperimenta, tutto ciò che è sentimento non ci può dare Dio.

Non ci può far entrare nel nostro riposo.

Tutto serve per farci capire che nel nostro riposo, cioè nell'Assoluto si giunge solo per mezzo dell'Assoluto.

Solo impegnandoci con l'Assoluto, con l'infinito, con l'eterno di Dio.

Solo impegnandoci con Dio.

Ecco qui l'albero della vita.

Il tema di oggi è : le mele sul melo.

Abbiamo visto molte volte l'errore fondamentale che gli uomini fanno subendo la passione dell'Assoluto, tendono cioè a rendere Assoluto tutto ciò che vedono e toccano, cioè sentimento.

Tendono a rendere i loro sentimenti assoluti e si sobbarcano una fatica immensa che approda al nulla.

Perché ciò che non è Assoluto non sarà mai Assoluto, nel modo più assoluto.

Il problema fondamentale di tutti gli uomini è il peccato di Adamo, questo lasciarsi dominare dal sentimento, per cui si vive per ciò che si  sente, si tocca e si vede.

Per cui si fa la fatica di cercare delle mele su un larice per tutta la vita.

Le mele vanno cercate sul melo, l'albero della vita.

L'Assoluto va cercato nell'Assoluto, in questo "Tu" di Dio che ogni uomo porta con sé.

Ma quando Adamo (con Adamo c'è il problema di Eva) restò dominato dal suo sentimento, dal frutto dell'albero della scienza del bene e del male (bello e buono) perse la capacità di trattare Dio come "Tu", infatti sentì il bisogno di nascondersi.

Cosa vuol dire questo nascondersi?

Si nascose al rapporto personale e diretto con Dio.

Perse il "Tu" di Dio.

Infatti perse il paradiso terrestre, perse la possibilità di accedere (lo dice la Bibbia) all'albero della vita.

L'albero della vita è il "Tu" di Dio.

Noi diciamo "tu" alla persona che amiamo.

Ma la persona che si ama, è colei alla quale si dedica tutto noi stessi.

E quando non si dedica tutto di noi a uno, si perde la possibilità di dargli del tu.

Adamo perse la possibilità di dare del tu a Dio.

Perse questo punto fisso di riferimento.

La terra incominciò a creargli triboli e spine.

Ecco la tribolazione di ogni uomo.

Adamo rubò a Dio una cosa stupenda meravigliosa, rubò a Dio il "Tu" di Dio nell'uomo.

Una cosa stupenda e meravigliosa perché in questo "Tu" c'era tutta la sua vita.

Non solo ma c'era tutta la sua sicurezza, tutta la sua pace, tutto il suo riposo.

Anche se Adamo non era ancora giunto alla conoscenza di Dio.

C'è la possibilità di dare del tu a Dio nella fede, prima ancora di giungere alla conoscenza.

Questo dico è il dono che Dio ha fatto ad ogni uomo.

Adamo fece un furto ed è il furto che fa ognuno di noi ed è il furto del "Tu" di Dio nell'uomo.

Dio ha donato a noi questa presenza e noi rubiamo a Dio questa presenza.

Per cui esperimentiamo l'assenza, il silenzio, esperimentiamo la morte di Dio come conseguenza di una nostra iniziativa.

Perché Adamo fece un atto di sua iniziativa.

Dio gli aveva proibito di mangiare i frutti dell'albero della scienza del bene e del male.

C'è stata una iniziativa di Adamo.

Però proprio qui in questo furto (ciò che cerchiamo di possedere lo perdiamo), Adamo perse il rapporto con la vita vera e perse il rapporto con il "Tu" di Dio.

Questo rivelò a noi una meraviglia di Dio: quello che Adamo rubò a Dio, Dio glielo diede come suo dono d'amore.

Per cui a un certo momento il furto di Adamo non fu più un furto, perché Dio glielo diede.

Dio diede ad Adamo questa esperienza dell'assenza, del silenzio, della morte di Dio che Adamo esperimentò e che ogni uomo esperimenta, Dio glielo diede come suo dono.

Non più quindi rubato a Dio ma donato da Dio e abbiamo Cristo morto in croce.

Noi abbiamo visto, considerando i due venerdì (venerdì della creazione e della redenzione) come, proprio attraverso questo dono di suo Figlio morto in croce (esperienza del silenzio e della morte di Dio che l'uomo fa in conseguenza del suo furto), Dio rivela all'uomo la presenza di Dio.

Dio rivela la sua presenza nel silenzio, nell'assenza, nella morte di Dio stesso.

Dio trovò il modo di rivelare la sua presenza, quindi il suo "Tu" nella sua morte.

Colui che commette un delitto dà sempre del tu a colui che uccide.

Perché si stabilisce un rapporto diretto e personale e resta unito.

Di una unione forte, non debole, una unione che non si disgiunge più.

Dal momento che Adamo rubò a Dio la presenza stessa di Dio, Dio si fece figlio di Adamo, di questa morte che Adamo esperimentò.

E gli si donò nelle mani, dono di Dio e nel dono c'è una presenza cosicché Adamo (ogni uomo), potè trovare in questo suo delitto la presenza di Dio, il "tu" di Dio, quel "Tu" di Dio che aveva perso nel paradiso terrestre.

Qui viene ristabilita la possibilità di riprendere contatto con il "Tu" di Dio.

Infatti Gesù morendo in croce, pone l'uomo in quello stesso interrogativo in cui si trovava Adamo nel paradiso terrestre al sesto giorno.

È un assurdo il silenzio, l'assenza, la morte di Dio.

Perché Dio è presente e l'intelletto dice che Dio è presente.

Dio è Colui che parla, Dio non può morire, però allo stesso tempo c'è l'esperienza nostra dell'assenza di Dio, del silenzio di Dio, della morte di Dio.

Questo assurdo che non può essere sostenuto dall'uomo, fa l'uomo un punto interrogativo.

Dio creando l'uomo nel paradiso terrestre, creò il punto interrogativo nell'universo.

Col Cristo che muore in croce, ogni uomo viene riportato in questo punto interrogativo.

E qui incomincia il cammino.

Perché qui incomincia la sicurezza dell'uomo.

L'uomo ha ritrovato Dio.

È stato riportato al "Tu" di Dio, Dio facendosi vittima dell'uomo ha stabilito un rapporto diretto, personale, intimo, cioè il "tu".

E la Parola di Dio ci dice che in questo "Tu" c'è la sicurezza dell'uomo.

E in questa sicurezza, qui  Gesù dice una parola strana:"Entrerà e uscirà".

È l'argomento di oggi: "Entrerà e uscirà".

Entrare va bene, perché il problema dell'entrare è importantissimo.

Già fin dalle prime parole Gesù dice:"A voi che siete dentro è dato conoscere i misteri del Regno di Dio ma a tutti quelli che sono fuori, tutto è detto in parabole affinché non capiscano".

Il problema dell'entrare è un problema essenziale nella vita dell'uomo, è un problema di vita eterna.

Gesù stesso dice che "Chi entra per Me sarà al sicuro".

Il problema di entrare è un problema di vita eterna, di salvezza.

Perché soltanto quando si è dentro si conosce.

Fintanto che si è fuori no, si ricevono i segni, i sentimenti, parabole, ma non si intende, non si conosce.

La salvezza e la sicurezza stanno nella conoscenza.

Quindi il problema dell'entrare è un problema essenziale per l'uomo, però qui dice:"Entrerà ed uscirà", qui il problema si fa più difficile.

Perché entrerà e uscirà in questa sicurezza?

C'è un entrare ed un uscire che abbiamo già visto altre volte, lungo tutto il cammino della vita umana.

La vita dell'uomo è tutta un'avventura verso la conoscenza di Dio, in un modo o nell'altro.

Che l'uomo viva bene o viva male, all'ultimo ci si riduce non più al sentimento.

Quello che è sentimento svanisce tutto, sparisce tutto.

Tutto il nostro mondo se ne và, tramonta tutto.

Tutto è soggetto al tempo, tutto delude, tutto svanisce, tutte le creature se ne vanno e si resta solo con l'intelletto.

Si muore con un pensiero e il pensiero è intelletto.

La vita dell'uomo è tutto questo cammino verso l'infinito, l'eterno, l'Assoluto.

E in questo cammino ci sono tante tappe, diverse notti abbiamo detto.

La Parola di Dio è una strada, un sentiero, un cammino per i nostri passi.

Cristo fa passare, fa entrare.

Quando abbiamo parlato di queste notti, abbiamo detto che il primo passaggio è quello di passare dal mondo esterno all'interno.

Farci entrare dentro di noi.

Perché?

Perché l'Assoluto, l'eterno e l'infinito, abbiamo visto che non si trova fuori.

Cioè non si trova in tutto quello che noi esperimentiamo con il sentimento.

Non si trova nelle creature.

"Non aspettatevi di vedere il Regno di Dio tra le cose esteriori", perché Dio abita dentro di noi.

Il primo passaggio, il primo entrare che fa compiere il Figlio di Dio tra noi è dall'esterno all'interno.

Ma poi nell'interno ci fa uscire dal pensiero del nostro io, perché non è nel pensiero del nostro io che noi troviamo Dio, Dio si trova soltanto nel suo pensiero.

E allora ecco che seguendo Cristo, pur entrando dentro di noi si esce dal pensiero del nostro io per entrare nel Pensiero di Dio.

E poi c'è ancora un altro passaggio ed è il passaggio dal Pensiero di Dio al Padre.

Perché la luce è soltanto nel Padre e viene dal Padre.

Arriva un certo momento in cui Cristo si deve ritirare ("Altrimenti lo Spirito non può venire in voi") e ci affida al Padre.

Tutto questo però è cammino, non siamo in quel: "Al sicuro".

Gesù dice:"Sarà al sicuro, entrerà ed uscirà".

Se tutta la fatica della vita dell'uomo è quella di arrivare là, dove si è al sicuro, come è possibile che una volta arrivati in questo posto sicuro si esca da questo posto sicuro?

Fintanto che si è in cammino c'è questo entrare e questo uscire, perché si tratta di tappe, ma quando si è giunti nel luogo della nostra sicurezza, nella nostra pace, nel sabato di Dio, Gesù ci ripresenta un entrare ed un uscire.

E allora bisogna cercare il significato di cosa Dio ci vuole dire attraverso queste parole.

Per capire questo bisogna tenere presente che nell'opera di Dio c'è un interno e un esterno.

C'è ciò che Dio è in Se Stesso e c'è tutto quello che Dio significa di Sé nella creatura, quindi nell'animo dell'uomo.

Dio significa Sé in tutto, Lui è il Creatore, Lui è l'Assoluto e l'Assoluto è Assoluto proprio perché può parlare in tutto e a  tutti, anche nell'inferno.

A tutte le anime, a tutte le creature Dio significa Se Stesso, però quello che Dio significa di Sé, non è Dio in Sé, è segno di Sé nella creatura, nell'anima.

Allora questa è un'opera esteriore di Dio.

La creazione è esteriore a Dio, perché è nella creatura.

Invece abbiamo quella che è l'opera di Dio in Se Stesso.

E Dio in Se Stesso genera suo Figlio e lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio.

Ora, ci sono queste due opere, alle quali noi siamo chiamati, per partecipare di quello che Dio è, ad entrare.

Siamo chiamati quindi ad entrare nell'opera che Dio fa in Sé e quindi nel conoscere quello che Dio è in Sé.

Perché soltanto qui si conosce veramente Dio.

Però resta il capire il perché dell'uscire:"Entrerà e uscirà".

Il Figlio di Dio contemplando il Padre, vede quello che il Padre fa e il Padre in Sé genera il suo pensiero e il Figlio di Dio, contemplando il Padre vede Se Stesso generato dal Padre e conosce Sé come il Pensiero di Dio, il Pensiero del Padre.

Questo è l'"in Sé" di Dio, nell'opera sua che Dio fa.

Opera  nella quale noi siamo chiamati ad entrare ed è qui che noi scopriamo di fare una cosa sola con il Figlio.

Però facendo una cosa sola con il Figlio, noi non siamo il Figlio.

Si parla di "figli adottivi".

Faremo una cosa sola con il Figlio, il Figlio stesso ce lo promette, ci dà questa sicurezza, la sicurezza si ha proprio in quanto si entra in quello che è immutabile, si entra nell'essenza di Dio, Dio ci dà la possibilità di partecipare al suo Assoluto.

E qui facciamo una cosa sola con il Figlio.

Però come persone non ci scambieremo mica con il Figlio.

Così come il Figlio non si scambia con il Padre.

La persona del Figlio non è il Padre, il Padre è il Padre e il Figlio è il Figlio.

Il Padre genera il Figlio e il Figlio non genera mica il Padre.

Il Figlio è generato dal Padre e conosce Sé come generato dal Padre.

Noi ci conosceremo come delle creature che Dio dal nulla (non da Sé) ha formato fino a renderle capaci a essere una cosa sola con suo Figlio, di partecipare come suo Figlio.

Però come persone, noi saremo sempre quelle creature (perché porteremo tutta l'opera che Dio ha fatto per noi) a cui Dio  ha fatto questo dono meraviglioso (adozione) di renderle partecipi di conoscerlo come il Figlio stesso lo conosce.

Sapendo questo, non soltanto noi conosciamo di fare una cosa sola con il Figlio ma contemplando il Padre, vediamo tutto ciò che il Padre ha fatto per noi e questa è opera esterna.

Il tema di oggi è il respiro della nostra anima con il Tu di Dio.

La nostra anima, contemplando Dio, passa attraverso questi due movimenti.

Contempla quello che Dio fa in Sé e poi esce per contemplare tutto quello che Dio ha fatto fuori di Sé, per formare noi come suoi figli, con la consapevolezza di essere una cosa sola con suo Figlio e nello stesso tempo di essere persone distinte dal Figlio.


A.: Il "Tu" di Dio che Adamo ha rubato, Dio lo restituisce ad Adamo come dono....

Si perché proprio dandoglielo come dono gli rivela il "Tu", non so se rendo l'idea....

Prima c'era l'iniziativa di Adamo, qui invece Dio, quello che Adamo gli ha rubato, Lui glielo regala.

Per cui gli rivela che la sua morte, l'esperienza di assenza di Dio che Adamo (ogni uomo) fa è dono di Dio all'uomo nel peccato dell'uomo.

Quindi stabilisce un "Tu" che è il tu della vittima con il suo carnefice.

A.: Contemplando Dio uno vede l'opera di Dio in Sé, poi bisogna uscire per contemplare l'opera....

L'opera che Dio ha fatto per portare noi a poter contemplare l'opera di Dio in Sé

Contemplando Dio, noi non possiamo mica ignorare noi stessi, perché conoscendo Dio conosciamo noi ma conoscendo noi conosciamo anche tutta l'opera che Dio ha fatto per noi e questa è l'opera esterna.

Questa opera Dio la fatta per formare in noi la capacità di contemplare Dio come lo contempla il Figlio e di fare una cosa sola con il Figlio.

Noi conoscendo l'opera che Dio Creatore ha fatto per noi abbiamo l'amore, perché vediamo tutto quello che Dio ha fatto per noi.

B.: Questo dono di presenza nell'assenza di Dio, c'è una frase di Sant Agostino:"Tu non mi cercheresti se non mi avessi già trovato", ma io non riesco a capire, non riesco a trovare il risvolto della vita nella morte di Cristo.

Noi diventiamo figli delle nostre opere o no?

Noi siamo condizionati dalle nostre opere o no?

B.: Certo, quello che facciamo ce lo portiamo dentro...

Non soltanto, ci condiziona, per cui diventiamo figli delle nostre opere.

Se mia opera è uccidere Dio, mi sono privato del "Tu" di Dio, io divento figlio di questa opera qui.

Io esperimento (esperimento!) una cosa che con la mente, con l'intelligenza, con il pensiero non posso ammettere.

Io esperimento l'assenza di Dio, il silenzio di Dio, esperimento la morte di Dio, però c'è una parte in me che dice che Dio non può morire, che Dio non può essere messo a tacere, che Dio non può essere assente, però io esperimento questo.

È vero o non è vero?

C'è una parte di me che esperimenta il silenzio di Dio, per cui c'è il dubbio che tormenta sempre l'uomo.

Nota che è un dubbio che può portare l'uomo alla disperazione eterna.

Perché l'uomo non ne esce da questo dubbio.

L'uomo ha presente due cose.

Nel paradiso terrestre, Adamo aveva presente il Tu di Dio e le opere di Dio (sentimento), tutte le opere che Dio fa, le fa arrivare a noi nel pensiero dell'io.

Ma fuori del paradiso terrestre l'uomo esperimenta altre due cose: esperimenta l'assenza di Dio che entra in conflitto con il Pensiero stesso di Dio.§

Per cui l'uomo non può annullare Dio e dire che Dio non c'è.

Lui non può entrare nel riposo del "Dio non c'è", l'uomo non entra nel riposo del "Dio non c'è".

Perché c'è una parte dell'uomo che non può annullare Dio stesso.

Tutte le cose non sono fatte da noi.

Dio non può essere annullato perché Assoluto e noi abbiamo questa presenza di Dio in noi.

E non lo possiamo cancellare, lo possiamo trascurare, certamente, lo possiamo bestemmiare e fare tutto quello che vogliamo, ma non possiamo annullarlo.

Noi facciamo esperienza dell'assenza di Dio, del silenzio di Dio, della morte di Dio, mentre dentro di noi c'è qualcosa che ci dice che Dio non muore, Dio parla, Dio non può essere assente, per cui ho un dubbio lì.

Non entro nella pace di quello che esperimento e cioè che Dio non c'é, Dio infatti non lo vedo e non lo tocco, non entro nella pace perché c'è una parte di me che mi dimostra il rovescio.

Per cui non mi riposo in questo "Dio non c'è".

Nell'altra certezza io non posso entrare, nella pace del "Dio c'è", perché porto con me questa esperienza dell'assenza di Dio.

Io debbo far entrare la mia esperienza di morte di Dio nel "Dio c'è" e quindi vederla come opera di Dio per me.

Questo ci fa capire che nel riposo e nella certezza si entra solo con l'intelligenza.

Perché attraverso il sentimento io esperimento l'assenza di Dio, il silenzio di Dio, la morte di Dio.

Non l'avrei esperimentata nel paradiso terrestre, perché lì ero a contatto con il "Tu" di Dio, ma ho perso questo "Tu" dal momento che mi sono lasciato dominare dal sentimento.

Adesso nel sentimento io esperimento l'assenza, però entro nella sicurezza solo attraverso la mente, ecco per cui Dio parla della dedizione della mente alle sue parole.

Notiamo bene che a un certo momento la morte di suo Figlio è una Parola di Dio alla quale io devo porre mente.

Non basta che io pianga di fronte a Cristo morto, che mi lamenti o che faccia del sentimento, non basta nel modo più assoluto, devo applicare la mente, perché quella è Parola di Dio.

E se è Parola di Dio devo arrivare al "Tu" di Dio che mi sta parlando questa parola, che mi sta facendo esperimentare la sua morte, la sua assenza il suo silenzio.

C.: Non è sufficiente ascoltare la parola, bisogna capirla....

Bisogna porre mente.

Siccome nella mente noi portiamo la certezza che Dio non muore, che Dio parla, che Dio è presente, non possiamo smentirlo.

L'uomo è portatore di Dio e se è portatore di Dio, questo Dio deve essere in qualche parte di noi, dove?

Nel cuore, nei sensi, dove?

E in questa parte qui che si trova: nel suo pensiero, è qui il melo su cui bisogna salire a cercare le mele, soltanto qui.

In questo "Tu" che noi portiamo, il Pensiero di Dio è in noi.

Non lo possiamo smentire.

L'errore grave che noi facciamo è quello di stabilire i nostri rapporti attraverso i sentimenti, attraverso il cuore e il mondo esterno e quello è l'errore di Adamo.

Noi ci lasciamo dominare, come si lasciò dominare Adamo, dal sentimento.

Si lasciò dominare da quello che era bello e buono e lo scambiò per Dio.

Nel Pensiero di Dio non c'è il bello e buono, c'è il vero.

È questo vero qui che impedisce a me di stare tranquillo nell'esperienza del "Dio non c'è".

Col sentimento e con il cuore, io faccio l'esperienza che Dio non mi parla o che Dio mi parla solo quando mi dà la caramella, perché questo lo sento con il cuore.

Con il sentimento e con il cuore, io faccio esperienza che Dio è assente, io faccio esperienza che Dio è morto, nel cuore e nei sentimenti ma mica nella mente.

Nella mente io non mi posso convincere che Dio è morto, che non parla e che è assente.

Ecco dove debbo appoggiarmi.

Abbiamo detto all'inizio che l'eterno si trova soltanto con l'eterno, l'Assoluto soltanto con l'Assoluto e bisogna che io trovi l'eterno in me, che cosa c'è in me di Assoluto, che cosa c'è in me d'infinito.

Perché soltanto trovando, identificando questo eterno, immutabile che è in me, io entro nel riposo di Dio, io salgo sul melo a cercare le mele ed evito di cercare le mele sul larice.

Fintanto che io vado a cercare l'Assoluto in ciò che non è Assoluto, io faccio questo errore di cercare le mele sul larice.

Dio si trova soltanto in Dio, per mezzo di Dio, l'Assoluto si trova soltanto per mezzo dell'Assoluto.

Fintanto che io non identifico che cosa c'è di eterno, di Assoluto, d'infinito in me io non lo trovo.

Questo Assoluto, eterno e infinito è il Pensiero di Dio.

Ecco l'albero della vita del paradiso terrestre, è il Pensiero di Dio, è in questo Pensiero di Dio che c'è il "Tu" e questo si può trovare solo personalmente perché nei nostri pensieri non c'è nessuno che possa sostituirci.

D.: Ci chiediamo sempre cos'era il paradiso terrestre.....

È il rapporto con il "Tu" di Dio che noi vivendo nel mondo perdiamo.

D.: E non devo guardare indietro e giudicare quello che ha fatto Adamo....

Certo che no, il paradiso terrestre è costituito dal "Tu" di Dio e quando noi ci lasciamo dominare dal sentimento, noi perdiamo il rapporto con questo "Tu".

E allora parliamo con Dio ma intimamente gli diamo del lei.

È finito tutto, quando io do del lei a una persona io non stabilisco più nessun rapporto.

E.: Cosa vuol dire rubare a Dio il "Tu" di Dio?

A Dio non si ruba niente, la creatura non può rubare assolutamente niente a Dio.

Adamo ha rubato il "Tu" che Dio aveva dato alla creatura.

Dio ha fatto un dono meraviglioso: Dio ha dato alla creatura Adamo, quindi a ognuno di noi il Suo "Tu", per cui Adamo ed ognuno di noi è costituito dal "Tu" di Dio e Adamo non ha rubato ciò che Dio è, ha rubato il dono che Dio aveva fatto ad Adamo del Suo "Tu".

Per cui se una persona mi dice:"Dammi del tu", mi fa una grazia e io posso perdere questa grazia, non perdo mica quella persona lì.

Perdo la grazia che quella persona mi ha offerto dicendomi di dargli del tu.

La difficoltà enorme è di restare con il tu.

Io resto con il tu solo se io guardo tutto dal pensiero dell'altro, del tu.

Ma se io mi lascio guidare dai miei pensieri e dai miei sentimenti, io perdo il rapporto con il tu.

Rubo a Dio quel dono che è suo e che Lui mi ha fatto, il dono del suo "Tu" in me.

Il "Tu" è presenza di una persona con me.§

Adamo è stato cacciato via dal paradiso terrestre, non ha più potuto prendere contatto con l'albero della vita.

Perché si è lasciato dominare dai suoi sentimenti.

La grande difficoltà è imparare a vivere con un "tu".

Per vivere con un "tu", io debbo guardare tutte le cose dal suo punto di vista.

Dal punto di vista dell'altro, dal pensiero dell'altro.

Altrimenti perdo il contatto.

Perché per poco che io guardi le cose o dai miei sentimenti o dal pensiero del mio io, perdo il contatto con l'altro.

Nei rapporti d'amore si perde la persona nel momento in cui si comincia a dire:"Ma l'altro dovrebbe farmi questo", non vedi più le cose dal punto di vista dell'altro.

Tutta la vita eterna sta poi qui: imparare a vedere tutte le cose dal punto di vista di Dio, perché soltanto se si vedono le cose dal punto di vista di Dio noi restiamo con Dio, altrimenti perdiamo Dio, non c'è niente da fare.

Non perché Dio cambi, Dio non cambia mica, siamo noi che non possiamo restare.

Non è un problema di credere, perché con il credere noi crediamo a tutto.

La fede mi deve portare nella luce, io non mi riposo nella fede.

La fede è uno stimolo per condurmi a conoscere.

Ma se io non cerco di arrivare a capire quello che mi dice la fede, io perdo la conoscenza, la luce e la fede, perdo tutto.

Noi siamo fatti dal Tu di Dio, perdendo il "Tu" di Dio noi moriamo e Dio per salvare noi si lascia uccidere da me per ristabilire questo "Tu" che a questo punto diventa il "Tu" che si crea tra il carnefice e la vittima.

Però è un "Tu" che mi salva, perché Lui fattosi vittima mia, in questo "Tu" di Lui morto è ancora Dio che mi salva.

Io senza "tu" muoio, io senza l'altro muoio, perché sono fatto dalla presenza dell'altro.

Quante persone si suicidano dopo aver perso la persona per la quale sono vissuti?

Perché?

Perché la loro vita senza l'altro non ha più significato.

Perché noi siamo fatti dalla presenza del "tu".

L'errore nostro è quello di ritenere che il "tu" Assoluto, sia quello della creatura con cui io vivo.

E allora succede la tragedia.

G.: Rubare il "Tu" di Dio significa disunire da Dio le cose che Dio mi fa arrivare...

Si, perché tutti i segni che Dio ti fa arrivare, provocano in te sentimenti.

Sentimenti che possono essere belli e buoni e che piacciono.

A un certo momento, noi corriamo il rischio di lasciarci guidare da ciò che ci piace e non più dal Pensiero di Dio.

A questo punto qui io ho rotto con Dio.

Mi lascio dominare dai sentimenti e perdo il "Tu" di Dio.

Tutti i doni che Dio mi fa arrivare mi fanno sentire qualcosa, tutta la creazione è sentimento.

Quindi sento qualcosa, ma anziché cercare in tutto il Pensiero di Dio, io corro il rischio di lasciarmi guidare dal piacere, dall'utilità, dal mi serve o non mi serve e qui il rapporto con Dio è finito.

Devi passare attraverso il Cristo morto, altrimenti non c'è altra via di salvezza.

H.: Entro nel riposo quando divento tutta intelligenza.

Certo la nostra salvezza sta nell'intelligenza, sta nella conoscenza di Dio come vero Dio.

Questa è vita eterna perché è partecipazione a ciò che è immutabile.

Noi ci riposiamo in ciò che non muta.

Se io vivo con qualcosa che muta, fosse anche fra 50 anni, io porto dentro di me uno scontento perché so che di qui a 50 anni lo perderò.

Non posso ignorare questo.

"Affrettarsi" vuol dire passare dal bello e buono al vero, cioè all'intelligenza di Dio.

Noi siamo salvati dalla conoscenza della verità.

La verità tu la trovi solo intendendola e il problema del capire è un problema di intelligenza.

La verità tu non la trovi toccandola, la toccherai se la intendi e soltanto quando la intendi.

Non la esperimenti mica la verità, soltanto conoscendola.

E bisogna impegnarsi lì, altrimenti noi falliamo tutta la nostra vita, pur con tutti i nostri sentimenti e con tutte le nostre preghiere, sia ben chiaro.

A un certo momento le cose bisogna dirle come sono se vogliamo aiutare la nostra anima.

H.: Ma noi siamo fatti da Dio da queste due parti: sentimento e intelletto.

Certamente, è il  paradiso terrestre ci sono due alberi.

Non sono mica cattivi, Dio non ha fatto niente di cattivo, l'errore è quello di lasciarmi dominare dall'albero dei sentimenti anziché approdare all'albero della vita, cioè al "Tu" di Dio.

Dal momento che Dio ha stabilito in noi la sua presenza, noi siamo chiamati a vivere in rapporto con Dio direttamente come Lui è in rapporto con noi direttamente.

Non dobbiamo rompere questo, se vogliamo trovare la nostra pace, altrimenti siamo costretti a vivere con Uno che non capiamo.

E ti crei l'inferno perché l'inferno sta nel vivere con uno che non capisci.

Dio è presente nell'inferno.

Però chi è nell'inferno non può capire Colui che gli è presente, non può negare che sia presente, però non può capirlo.

Dio non sono le opere di Dio, Dio non si confonde con le creature.

A Dio non si può arrivare attraverso le creature.

È chiaro questo o no?

Tu non puoi trovare trovare Dio attraverso le creature come non puoi trovare mele salendo su alberi diversi dal melo, gli altri alberi ti segnaleranno che loro non producono mele.

Tutte le creature ti segnalano che non possono darti mele, cioè non possono darti l'Assoluto.

Ti segnalano che c'è l'Assoluto, perché è l'Assoluto che le ha fatte ma loro non sono l'Assoluto.

Quindi non confondere le creature con l'Assoluto perché ti creeresti l'inferno.

L.: Assoluto vuol dire.....

Non condizionato da niente, non subisce nessun condizionamento, quindi è luogo di pace.

L.: E la nostra mente è una dimensione molto sciolta che va ovunque....

Ci può ingannare.

La nostra mente ci inganna e infatti Adamo è rimasto ingannato, si è accorto dopo di essere nudo, è rimasto ingannato.

Proprio perché si è lasciato guidare dal bello e dal buono, sentimento.

L.: La possibilità di avere questo rapporto con il "Tu" Dio  te la dà solo quando tu hai la capacità...

No, Dio te lo dà subito, creandoti ti dà quel "Tu".

Che noi lo bestemmiamo o no, che ne teniamo conto o meno, questo "Tu" c'è.

Dio dà del tu anche al demonio è il demonio che non può dare del tu a Lui.

Io non posso dare del tu a un essere che vedo distante e che non capisco.

Soltanto per mezzo di suo Figlio posso dare del tu a Dio.

Ora, questo Pensiero di Dio, a costo di restare morto in me è in me.

È qui questo immutabile, questo Assoluto Assoluto che portiamo in noi, è il Pensiero di Dio che portiamo in noi.

È il Pensiero di Dio in noi e noi non lo sappiamo.

È il Figlio di Dio e noi dobbiamo raccoglierci in questo Pensiero di Dio ed è qui che noi troviamo tutto di noi.

M.: Quando scopriamo una verità ne abbiamo la certezza in quanto è immutabile e l'approfondirla ce la renderà sempre più perfetta però rimarrà sempre tale.

Tutto mi confermerà questo, per cui entrerò e uscirò e troverò da pascolare, lo vedremo domenica prossima.

Troverò sempre alimento, per cui potrò vedere il Pensiero di Dio in tutto.

Soltanto quando potrò vedere il Pensiero di Dio in tutto, io potrò restare sempre con il Pensiero di Dio.

Perché tutto ciò in cui non ho la possibilità di vedere il Pensiero di Dio, mi porta via a Dio, per cui non posso dare del tu a Dio.

Sono le cose che io non ho visto nel Pensiero di Dio che mi portano via a Dio.

Ogni parola, anche Parola di Dio, non vista nel  Pensiero di Dio mi porta via a Dio.

N.: Pensavo la meraviglia di potersi sprofondare in questa verità di Dio.

Solo sprofondandoti tu trovi il "Tu".

Nota bene che la conoscenza di quello che Dio è in Sé, non viene da te o dal tuo sprofondamento, viene da Dio.

È Dio che ti chiede di sprofondarti in Lui, per ricevere da Lui quello che viene solo da Lui.

È una bestemmia contro lo Spirito Santo, un errore gravissimo quello di dire che non si può conoscere Dio, questo è quello che fa perdere le staffe.

Dio ha creato tutto per condurre noi a conoscerlo e ha stabilito la vita eterna nella sua conoscenza e noi vanifichiamo tutto dicendo che non si può conoscerlo.

O.: Noi siamo fatti figli di Dio se crediamo al Pensiero di Dio....

Noi diventiamo figli di ciò che mettiamo prima di tutto.

Se io metto il cavolo io divento figlio del cavolo e sono nato sotto il cavolo, stai pur tranquillo.

Se io metto Dio prima di tutto allora si.

O.: Io perdo il "Tu" di Dio divagando da Dio, tu dici rubare, io direi perdere...

Rubandolo lo perdo....

O.: Ed esperimento la morte e l'assenza di Dio, Dio però non mi abbandona, cerca di farmi vedere in quell'assenza e in quella morte, prendendo su di Sé il mio peccato esteriore, cerca di farmi vedere il mio peccato interiore in modo che io possa ritornare a Lui e in questo modo mi recupera.

Vorrei vedere un po' meglio l'entrare e l'uscire....

Uscire è uscire col Pensiero di Dio per vedere come il Padre genera il Figlio...

No.

O.: È vedere solo l'opera che Dio ha compiuto su di me?

Per me.

Come il Padre genera il Figlio è un rapporto interno, è dentro non fuori.

La generazione del Figlio è nell'interno di quello che Dio è, tu parteciperai alla conoscenza della generazione del Figlio dal Padre soltanto quando sarai condotto da Dio stesso a conoscere quello che Dio è in Sé.

Fintanto che tu conoscerai il Padre per fede, come Creatore di tutte le cose, tu non puoi partecipare di questa generazione del Figlio dal Padre.

O.: Quando però io vedo Dio che prende su di Sé il mio peccato esteriore, quello lo vedo interiormente a Dio.

No, quello è un rapporto esteriore, contemplando Dio, tu sei portato a vedere tutto quello che Dio ha fatto per te, per formare un te la capacità di pensare Dio, di contemplare Dio.

Tu (rapporto interno) sei condotto a scoprire che fai una cosa sola con suo Figlio.

Questo ti viene dal Padre.

Però come persone, noi siamo distinti dal Figlio.

Così come il Figlio pur essendo una cosa sola con il Padre è persona distinta dal Padre.

Noi parliamo sovente di persona e essere ma non capiamo cosa vogliano dire.

Il Figlio fa una cosa sola con il Padre però sono persone distinte e questo ti fa capire che noi possiamo fare una cosa sola con il Figlio ma essere persone distinte.

Noi faremo una cosa sola (per grazia di Dio) con il Figlio ma saremo persone distinte.

Questa distinzione adesso hai bisogno di vederla giustificata.

P.: Avremo la giustificazione della nostra persona quando lo costateremo...

Ma tu lo costati solo in Dio e da Dio.

In Dio tu resti ferma però in Dio ci sono due opere, l'opera interna e l'opera esterna, l'opera interna è quella della partecipazione a Dio che genera suo Figlio e lo Spirito Santo.

Dio è un essere unico in tre persone, la partecipazione, l'essere cioè inseriti in questo che è poi la costatazione della verità di Dio, ti inserisce in quello che è l'essere interno di Dio.

Ma poi c'è tutta l'opera esterna che Dio ha fatto, cioè tutto quello che Dio ha fatto nella tua anima per formare in te la capacità di essere partecipe di quello che Dio è in Sé.

Come il Figlio contemplando il Padre è condotto a scoprire quello che Lui stesso è, così contemplando il Padre, noi siamo condotti a scoprire quello che noi stessi siamo.

Ma cosa è scoprire quello che noi stessi siamo?

È scoprire tutto quello che Dio ha fatto per formare me capace di essere una cosa sola col Figlio.

Tutto il passato, le stelle e l'universo si sintetizzano in questo presente della mia anima che contempla Dio.

P.: Ma si esce restando dentro...

Si esce in quanto uno è condotto a considerare le opere che Dio ha fatto nel pensiero del mio io, fuori, perché il pensiero del mio io non è mica Dio.

C'è una verità interna e c'è una verità esterna e la verità esterna siamo noi, cioè, tutta l'opera che Dio ha fatto fuori della sua Trinità, per me, pensando me, per cui noi siamo un pensato di Dio che è condotto, attraverso l'opera di Dio a formare una cosa sola con il Pensiero di Dio.

P.: Non capisco quel rubare, anche a me sembra più un perdere che un rubare, si ruba una cosa che non ci appartiene...

Tu hai rubato a Dio ciò che è di Dio.

P.: Il verbo rubare significa appropriarmi di ciò che non è mio...

Si capisce, ma è proprio quello.

P.: Ma era un dono che Dio mi aveva fatto...

No, il dono me lo dà dopo quando io ho rubato...

P.: Ma prima non è un dono?

Ma tutto è dono ma io mi approprio.

Q.: Dio rendendosi assente ci fa il dono di poterlo ritrovare.

Nota bene che l'assenza di Dio, noi la esperimentiamo per iniziativa nostra, per errore nostro.

È fondamentale capire il concetto di rubare.

Lui mi fa il dono di quello che io gli ho rubato.

Proprio donandomelo mi rivela la sua presenza.

Altrimenti vedo solo il mio furto e lo vedo come iniziativa mia.

Io rubo questo registratore e poi il proprietario mi dice:"Te lo regalo", io adesso vedo la presenza di chi me lo regala, altrimenti vedo soltanto il mio furto.

E il mio furto è esperienza di assenza, di silenzio, di morte di Dio.

R.: Ne i "Miserabili" c'è un galeotto che ruba argenteria a un vescovo, una guardia lo prende e viene condannato e poi il vescovo va e dice:"No, guardi che sono io che glielo ho regalata".

Cristo in croce è insopportabile a ogni uomo, quindi mi costringe a interrogare, quindi mi riporta a quel tutto è computo del paradiso terrestre che terminava con l'uomo che interroga Dio.