Io sono la porta: se qualcuno entra attraverso
di me, sarà al sicuro; entrerà
e uscirà e troverà pascolo.
Gv 10 Vs 9 Ottavo tema.
Titolo: Il respiro dell'anima. Le mele sul melo.
Argomenti: Affrettati. "Tu" immutabile. Le due presenze nell'uomo. Il dilemma dell'uomo. L'albero
della vita e l'albero della scienza del bene e del male. Certezza e incertezza. Lasciarsi dominare dal sentimento. Perdere
il "Tu" di Dio. Dare del tu. Il furto di Adamo. La
presenza di Dio nell'esperienza della morte di Cristo che fa l'uomo. Entrare e uscire. Esterno e interno dell'opera di Dio.
29-30/Aprile/1990 Casa di
preghiera Fossano.
Domenica scorsa
ci siamo soffermati su questa promessa, su questa assicurazione di
Gesù:"Sarà al sicuro", "Chi entra per Me, sarà al sicuro".
Abbiamo
considerato il tema della paura e dell'insicurezza in cui si trovano tutti gli
uomini e in che cosa consista questo essere nella paura.
"Sarà al
sicuro" è una promessa di Dio e Dio è fedele alle sue promesse.
È una promessa
per ogni uomo.
Il che vuol
dire che ogni uomo ha davanti a sé questa meravigliosa prospettiva di giungere
alla sicurezza, alla pace, al riposo.
Quel giorno di
pace e di riposo che Dio stesso, nella sua opera creatrice ha formato per
l'uomo nel settimo giorno della sua creazione.
Il settimo
giorno Dio si riposò.
È un invito ad
ogni uomo ad entrare in questo riposo.
La Parola
stessa di Dio, dice ad ognuno di noi: "Se tu oggi odi la sua Parola,
affrettati a entrare nella sua pace, affinché non avvenga per te, come
avvenne per il popolo ebreo che fu costretto a vagare per 40 anni nel deserto
fino all'estinzione".
Proprio questa
dichiarazione di San Paolo, ci fa capire che non basta ascoltare la Parola di
Dio:"Se tu oggi ascolti...".
Non basta
ascoltare la Parola di Dio.
Come non basta
essere spettatori di tutta la creazione di Dio e lodare e glorificare Dio e
tutta la sua opera creatrice.
L'uomo nel
paradiso terrestre è stato fatto spettatore di tutta l'opera creatrice di Dio
ma questo non è sufficiente.
Non è
sufficiente ascoltare la Parola di Dio.
Certo è
necessario perché senza Parola di Dio non si fa niente.
È la Parola di
Dio che rende feconda la nostra vita, fertile la nostra terra.
Però non basta
ascoltarla: "Se tu oggi odi la sua Parola, affrettati ad entrare nella sua
pace".
E quando ci
dice "affrettati, ci fa capire che c'è questo rischio nell'uomo, l'uomo
può non affrettarsi.
Abbiamo visto
che la pace e la sicurezza ci è data dalla presenza di un "Tu".
Ma un
"Tu" che non sia soggetto a mutazione.
Perché tutta la
nostra insicurezza è data dal fatto che noi ci appoggiamo su delle cose
(istituzioni o creature) che sono soggette a mutamento.
Ed è proprio
questo mutare delle cose che getta noi nella paura, nella tristezza e nell'angoscia,
perché noi siamo fatti per l'Assoluto.
L'uomo
essenzialmente è costituito di due presenze.
Dio non ha
fatto male l'uomo.
L'uomo è
profondamente triste, ha dei problemi esistenziali che fanno paura, però Dio
non ha fatto male l'uomo.
L'uomo è
costituito da due meravigliose presenze.
La presenza
dell'Assoluto in sé.
L'uomo è
portatore di Dio, della verità.
L'uomo è
portatore dell'infinito e dell'Assoluto e questo l'ha nel suo spirito, nella
mente.
Nel pensiero
stesso, nella sua parte spirituale, nella sua anima.
E poi c'è la
presenza sentimentale, la presenza che giunge a noi attraverso i sensi ed è
tutta la creazione di Dio con tutte le sue creature.
Questa è
presenza sentimentale.
Tutta la
presenza sentimentale è soggetta a mutamento, è soggetta al tempo.
Perché è voce
di Dio, è segno di Dio.
Tutta la
creazione è segno di Dio.
Segno di Dio a
noi, nel pensiero del nostro io.
Sono queste due
presenze che conducono l'uomo nel suo riposo, nella sua pace, in quella
sicurezza che promette il Signore, se l'uomo però sta attento a ciò che viene
significato in esse.
L'uomo proprio
per queste due presenze si trova in un tremendo dilemma.
Deve seguire il
suo sentimento o deve seguire quello che ha nell'intelligenza?
Nella realtà,
l'uomo segue sempre il suo sentimento.
Ed è lì
l'inganno ed è lì che l'uomo si complica i suoi problemi all'infinito, si rende
difficile la vita e il cammino verso Dio impossibile, fino a morire
nell'angoscia.
Nel paradiso
terrestre c'erano queste due presenze.
Si parla di due
alberi.
C'era l'albero
della vita e l'albero della scienza del bene e del male.
L'albero della
vita era il "Tu" di Dio, questa sicurezza (Dio ha fatto bene le cose)
in cui Dio ha posto l'uomo.
Adamo dialogava
con il suo Signore.
Adamo godeva
della presenza del "Tu" di Dio.
Dio ha creato
l'uomo in rapporto diretto con Sé, per cui Adamo godeva del "Tu" di
Dio.
Dio dialogava
con Adamo e Adamo dialogava con Dio.
E in questo
dialogo Adamo cresceva, perché Adamo non era fatto.
Era in formazione
ed era attraverso questo dialogo con Dio che Adamo poteva crescere ed entrare
in quel riposo del sabato per il quale Dio l'aveva creato.
Ma c'era un
altro albero: l'albero della scienza del bene e del male.
L'albero del
sentimento che ha come punto fisso di riferimento il pensiero del nostro io, in
questo caso il pensiero dell'io di Adamo.
L'albero del
bene e del male è una cosa buona.
Il pensiero del
nostro io è una cosa buona.
E ciò che
giunge come sentimento nel pensiero del nostro io, essendo creazione di Dio,
segno di Dio al nostro io, è cosa buona.
Tanto che al
sesto giorno, dopo aver creato l'uomo, Dio vide che tutto era fatto molto bene
e una cosa è fatta bene in quanto serve al fine.
E il fine per il
quale Dio aveva creato Adamo era giungere alla vita eterna, cioè alla
conoscenza di Dio come vero Dio.
Adamo godeva
della presenza del "Tu" di Dio, ma non lo conosceva mica, stava
crescendo nella conoscenza.
Dio aveva posto
questo albero del bene e del male, però aveva proibito ad Adamo di nutrirsi dei
frutti di questo albero.
Quindi l'albero
è buono.
L'uomo però non
deve nutrirsi di questi frutti e i frutti di questo albero sono i sentimenti.
Tutta la
creazione è buona, anche i sentimenti sono buoni perché sono creazione di Dio,
è Dio che si fa "sentire".
Però l'uomo non
deve nutrirsi di questi frutti, non deve cioè lasciarsi dominare da questi
sentimenti.
Tu senti, ma
non devi lasciarti dominare da ciò che senti.
Perché?
Ma perché ciò
che senti, tutto ciò che senti, in tutte queste Parole di Dio che giungono a
te, tu devi cercare di capire il Pensiero di Dio.
Tu ti devi
nutrire dell'albero della vita, del "Tu" di Dio, del Pensiero di Dio,
non dei tuoi sentimenti.
I sentimenti
servono per portarti all'albero della vita.
Noi siamo fatti
per l'Assoluto e se siamo fatti per l'Assoluto noi evidentemente troviamo il
nostro riposo, la nostra pace solo trovando l'Assoluto.
L'Assoluto ha
questa caratteristica: l'Assoluto non si trova accumulando delle cose relative.
Come
l'infinito non si trova accumulando delle cose infinite.
L'eterno non si
trova sommando del tempo.
Ma allora a che
cosa serve tutto ciò che è finito, tutto ciò che è relativo, tutto ciò che
appartiene al tempo, tutto ciò che è segno?
Non è accumulando
cose relative, cose incerte che noi possiamo giungere alla certezza.
Per quanto
sogniamo cose insicure, noi non arriveremo mai alla sicurezza.
Per quanto noi
sogniamo cose incerte, noi non arriveremo mai alla certezza.
È l'errore fondamentale
che fanno gli uomini nel mondo e che fa tutta la scienza.
Perché si
accumulano cose che si esperimentano con i sensi, che si sentono, che si
provano, che si gustano, che si vedono.
Ma tutte queste
cose sono cose incerte.
Cioè, sono cose
soggette a mutamento.
Sono cose
insicure e non è sommando delle incertezze che noi arriviamo alla certezza.
Ecco l'errore:
noi riteniamo che quanto più sommiamo delle incertezze, dei sentimenti a un
certo momento noi arriviamo alla certezza, alla verità, alla nostra pace, al
nostro riposo: errore.
Tutte le
presenze sentimentali che noi abbiamo e sono dono di Dio, creazione di Dio,
sono Parole di Dio e le Parole di Dio non vanno accumulate, le Parole di Dio
vanno capite.
Abbiamo visto
domenica scorsa che la nostra sicurezza sta nel capire, sta nel conoscere.
C'è stato un errore in
Adamo, in questo processo di maturazione.
Ma notiamo bene
che l'errore di Adamo è rivelazione dell'errore fondamentale nella vita di ogni
uomo.
L'errore di
Adamo fu che a un certo momento si lasciò dominare dal sentimento.
Si lasciò
dominare da ciò che vide bello e buono.
È la crisi di
ogni uomo: lasciarsi dominare dal sentimento.
Il sentimento
non ci presenta la verità.
Il sentimento
ci presenta quello che è bello e buono, ma quello che è bello e buono non
coincide mai con la verità.
Abbiamo detto
che sommando delle incertezze noi non arriviamo a una certezza.
Allora dobbiamo
chiederci qual è il passaggio per arrivare a ciò che Dio qui ci promette:
sicurezza.
La sicurezza è
ciò che non è soggetto a mutamento, quindi l'Assoluto, quindi l'eterno.
L'eterno e
l'Assoluto si possono attingere in un modo solo: attraverso l'eterno e
l'Assoluto, l'immutabile.
Solo se noi
abbiamo la possibilità di impegnarci con ciò che è Assoluto noi possiamo trovare
l'Assoluto.
Ciò che non è
soggetto a nessun mutamento: ecco l'albero della vita.
L'albero della
vita è questo Assoluto, questa presenza di Dio che ogni uomo porta con sé.
Noi qui
possiamo capire che cosa significa il paradiso terreste.
Il paradiso
terrestre è il "Tu" di Dio.
È la
possibilità di poter dialogare con Dio, è la possibilità di poter guardare Dio,
di poter ascoltare Dio.
Ma Dio non è
certamente il nostro sentimento.
Dio è un
Assoluto.
Dio è un
infinito.
Dio è l'eterno.
E l'Assoluto, l'infinito
e l'eterno si trovano solo in quanto c'è la possibilità di pensare l'Assoluto,
l'infinito e l'eterno.
Tutto questo
non si vede con i nostri occhi e non si tocca con le nostre mani o attraverso i
nostri sensi.
Allora se non
si vede e non si tocca, non si esperimenta, tutto ciò che è sentimento non ci
può dare Dio.
Non ci può far
entrare nel nostro riposo.
Tutto serve per
farci capire che nel nostro riposo, cioè nell'Assoluto si giunge solo per mezzo
dell'Assoluto.
Solo
impegnandoci con l'Assoluto, con l'infinito, con l'eterno di Dio.
Solo
impegnandoci con Dio.
Ecco qui
l'albero della vita.
Il tema di oggi
è : le mele sul melo.
Abbiamo visto
molte volte l'errore fondamentale che gli uomini fanno subendo la passione
dell'Assoluto, tendono cioè a rendere Assoluto tutto ciò che vedono e toccano,
cioè sentimento.
Tendono a
rendere i loro sentimenti assoluti e si sobbarcano una fatica immensa che
approda al nulla.
Perché ciò che
non è Assoluto non sarà mai Assoluto, nel modo più assoluto.
Il problema
fondamentale di tutti gli uomini è il peccato di Adamo, questo lasciarsi
dominare dal sentimento, per cui si vive per ciò che si sente, si tocca e
si vede.
Per cui si fa
la fatica di cercare delle mele su un larice per tutta la vita.
Le mele vanno
cercate sul melo, l'albero della vita.
L'Assoluto va
cercato nell'Assoluto, in questo "Tu" di Dio che ogni uomo porta con
sé.
Ma quando Adamo (con Adamo c'è il problema di
Eva) restò dominato dal suo sentimento, dal frutto dell'albero della scienza
del bene e del male (bello e buono) perse la capacità di trattare Dio come
"Tu", infatti sentì il bisogno di nascondersi.
Cosa vuol dire
questo nascondersi?
Si nascose al
rapporto personale e diretto con Dio.
Infatti perse
il paradiso terrestre, perse la possibilità di accedere (lo dice la Bibbia)
all'albero della vita.
L'albero della
vita è il "Tu" di Dio.
Noi diciamo
"tu" alla persona che amiamo.
Ma la persona
che si ama, è colei alla quale si dedica tutto noi stessi.
E quando non si
dedica tutto di noi a uno, si perde la possibilità di dargli del tu.
Adamo perse la
possibilità di dare del tu a Dio.
Perse questo
punto fisso di riferimento.
La terra
incominciò a creargli triboli e spine.
Ecco la
tribolazione di ogni uomo.
Adamo rubò a Dio una cosa stupenda
meravigliosa, rubò a Dio il "Tu" di Dio nell'uomo.
Una cosa
stupenda e meravigliosa perché in questo "Tu" c'era tutta la sua
vita.
Non solo ma
c'era tutta la sua sicurezza, tutta la sua pace, tutto il suo riposo.
Anche se Adamo
non era ancora giunto alla conoscenza di Dio.
C'è la
possibilità di dare del tu a Dio nella fede, prima ancora di giungere alla
conoscenza.
Questo dico è
il dono che Dio ha fatto ad ogni uomo.
Adamo fece un
furto ed è il furto che fa ognuno di noi ed è il furto del "Tu" di Dio
nell'uomo.
Dio ha donato a
noi questa presenza e noi rubiamo a Dio questa presenza.
Per cui
esperimentiamo l'assenza, il silenzio, esperimentiamo la morte di Dio come
conseguenza di una nostra iniziativa.
Perché Adamo
fece un atto di sua iniziativa.
Dio gli aveva
proibito di mangiare i frutti dell'albero della scienza del bene e del male.
C'è stata una
iniziativa di Adamo.
Però proprio
qui in questo furto (ciò che cerchiamo di possedere lo perdiamo), Adamo perse
il rapporto con la vita vera e perse il rapporto con il "Tu" di Dio.
Questo rivelò a
noi una meraviglia di Dio: quello che Adamo rubò a Dio, Dio glielo diede come suo dono d'amore.
Per cui a un
certo momento il furto di Adamo non fu più un furto, perché Dio glielo diede.
Dio diede ad Adamo
questa esperienza dell'assenza, del silenzio, della morte di Dio che Adamo
esperimentò e che ogni uomo esperimenta, Dio glielo diede come suo dono.
Non più quindi
rubato a Dio ma donato da Dio e abbiamo Cristo morto in croce.
Noi abbiamo
visto, considerando i due venerdì (venerdì della creazione e della redenzione)
come, proprio attraverso questo dono di suo Figlio morto in croce (esperienza
del silenzio e della morte di Dio che l'uomo fa in conseguenza del suo furto),
Dio rivela all'uomo la presenza di Dio.
Dio rivela la
sua presenza nel silenzio, nell'assenza, nella morte di Dio stesso.
Dio trovò il
modo di rivelare la sua presenza, quindi il suo "Tu" nella sua morte.
Colui che
commette un delitto dà sempre del tu a colui che uccide.
Perché si
stabilisce un rapporto diretto e personale e resta unito.
Di una unione
forte, non debole, una unione che non si disgiunge più.
Dal momento che
Adamo rubò a Dio la presenza stessa di Dio, Dio si fece figlio di Adamo, di
questa morte che Adamo esperimentò.
E gli si donò
nelle mani, dono di Dio e nel dono c'è una presenza cosicché Adamo (ogni uomo),
potè trovare in questo suo delitto la presenza di Dio, il "tu" di
Dio, quel "Tu" di Dio che aveva perso nel paradiso terrestre.
Qui viene ristabilita
la possibilità di riprendere contatto con il "Tu" di Dio.
Infatti Gesù
morendo in croce, pone l'uomo in quello stesso interrogativo in cui si trovava
Adamo nel paradiso terrestre al sesto giorno.
È un assurdo il
silenzio, l'assenza, la morte di Dio.
Perché Dio è
presente e l'intelletto dice che Dio è presente.
Dio è Colui che
parla, Dio non può morire, però allo stesso tempo c'è l'esperienza nostra
dell'assenza di Dio, del silenzio di Dio, della morte di Dio.
Questo assurdo
che non può essere sostenuto dall'uomo, fa l'uomo un punto interrogativo.
Dio creando
l'uomo nel paradiso terrestre, creò il punto interrogativo nell'universo.
Col Cristo che
muore in croce, ogni uomo viene riportato in questo punto interrogativo.
E qui
incomincia il cammino.
Perché qui
incomincia la sicurezza dell'uomo.
L'uomo ha
ritrovato Dio.
È stato
riportato al "Tu" di Dio, Dio facendosi vittima dell'uomo ha
stabilito un rapporto diretto, personale, intimo, cioè il "tu".
E la Parola di
Dio ci dice che in questo "Tu" c'è la sicurezza dell'uomo.
E in questa
sicurezza, qui Gesù dice una parola strana:"Entrerà e uscirà".
È l'argomento
di oggi: "Entrerà e uscirà".
Entrare va
bene, perché il problema dell'entrare è importantissimo.
Già fin dalle
prime parole Gesù dice:"A voi che siete dentro è dato conoscere i misteri
del Regno di Dio ma a tutti quelli che sono fuori, tutto è detto in parabole
affinché non capiscano".
Il problema
dell'entrare è un problema essenziale nella vita dell'uomo, è un problema di
vita eterna.
Gesù stesso
dice che "Chi entra per Me sarà al sicuro".
Il problema di
entrare è un problema di vita eterna, di salvezza.
Perché soltanto
quando si è dentro si conosce.
Fintanto che si
è fuori no, si ricevono i segni, i sentimenti, parabole, ma non si intende, non
si conosce.
La salvezza e
la sicurezza stanno nella conoscenza.
Quindi il
problema dell'entrare è un problema essenziale per l'uomo, però qui
dice:"Entrerà ed uscirà", qui il problema si fa più difficile.
Perché entrerà
e uscirà in questa sicurezza?
C'è un entrare
ed un uscire che abbiamo già visto altre volte, lungo tutto il cammino della
vita umana.
La vita
dell'uomo è tutta un'avventura verso la conoscenza di Dio, in un modo o
nell'altro.
Che l'uomo viva
bene o viva male, all'ultimo ci si riduce non più al sentimento.
Quello che è
sentimento svanisce tutto, sparisce tutto.
Tutto il nostro
mondo se ne và, tramonta tutto.
Tutto è
soggetto al tempo, tutto delude, tutto svanisce, tutte le creature se ne vanno
e si resta solo con l'intelletto.
Si muore con un
pensiero e il pensiero è intelletto.
La vita
dell'uomo è tutto questo cammino verso l'infinito, l'eterno, l'Assoluto.
E in questo
cammino ci sono tante tappe, diverse notti abbiamo detto.
La Parola di
Dio è una strada, un sentiero, un cammino per i nostri passi.
Cristo fa
passare, fa entrare.
Quando abbiamo
parlato di queste notti, abbiamo detto che il primo passaggio è quello di
passare dal mondo esterno all'interno.
Perché?
Perché l'Assoluto,
l'eterno e l'infinito, abbiamo visto che non si trova fuori.
Cioè non si
trova in tutto quello che noi esperimentiamo con il sentimento.
Non si trova
nelle creature.
"Non
aspettatevi di vedere il Regno di Dio tra le cose esteriori", perché Dio abita
dentro di noi.
Il primo
passaggio, il primo entrare che fa compiere il Figlio di Dio tra noi è
dall'esterno all'interno.
Ma poi
nell'interno ci fa uscire dal pensiero del nostro io, perché non è nel pensiero
del nostro io che noi troviamo Dio, Dio si trova soltanto nel suo pensiero.
E allora ecco
che seguendo Cristo, pur entrando dentro di noi si esce dal pensiero del nostro
io per entrare nel Pensiero di Dio.
E poi c'è
ancora un altro passaggio ed è il passaggio dal Pensiero di Dio al Padre.
Perché la luce
è soltanto nel Padre e viene dal Padre.
Arriva un certo
momento in cui Cristo si deve ritirare ("Altrimenti lo Spirito non può
venire in voi") e ci affida al Padre.
Tutto questo
però è cammino, non siamo in quel: "Al sicuro".
Gesù
dice:"Sarà al sicuro, entrerà ed uscirà".
Se tutta la
fatica della vita dell'uomo è quella di arrivare là, dove si è al sicuro, come
è possibile che una volta arrivati in questo posto sicuro si esca da questo
posto sicuro?
Fintanto che si
è in cammino c'è questo entrare e questo uscire, perché si tratta di tappe, ma
quando si è giunti nel luogo della nostra sicurezza, nella nostra pace, nel
sabato di Dio, Gesù ci ripresenta un entrare ed un uscire.
E allora
bisogna cercare il significato di cosa Dio ci vuole dire attraverso queste
parole.
Per capire
questo bisogna tenere presente che nell'opera di Dio c'è un interno e un
esterno.
C'è ciò che Dio
è in Se Stesso e c'è tutto quello che Dio significa di Sé nella creatura,
quindi nell'animo dell'uomo.
Dio significa Sé
in tutto, Lui è il Creatore, Lui è l'Assoluto e l'Assoluto è Assoluto proprio
perché può parlare in tutto e a tutti, anche nell'inferno.
A tutte le
anime, a tutte le creature Dio significa Se Stesso, però quello che Dio
significa di Sé, non è Dio in Sé, è segno di Sé nella creatura, nell'anima.
Allora questa è
un'opera esteriore di Dio.
La creazione è
esteriore a Dio, perché è nella creatura.
Invece abbiamo
quella che è l'opera di Dio in Se Stesso.
E Dio in Se
Stesso genera suo Figlio e lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio.
Ora, ci sono
queste due opere, alle quali noi siamo chiamati, per partecipare di quello che
Dio è, ad entrare.
Siamo chiamati
quindi ad entrare nell'opera che Dio fa in Sé e quindi nel conoscere quello che
Dio è in Sé.
Perché soltanto
qui si conosce veramente Dio.
Però resta il
capire il perché dell'uscire:"Entrerà e uscirà".
Il Figlio di
Dio contemplando il Padre, vede quello che il Padre fa e il Padre in Sé genera
il suo pensiero e il Figlio di Dio, contemplando il Padre vede Se Stesso
generato dal Padre e conosce Sé come il Pensiero di Dio, il Pensiero del Padre.
Questo è
l'"in Sé" di Dio, nell'opera sua che Dio fa.
Opera
nella quale noi siamo chiamati ad entrare ed è qui che noi scopriamo di fare
una cosa sola con il Figlio.
Però facendo
una cosa sola con il Figlio, noi non siamo il Figlio.
Si parla di
"figli adottivi".
Faremo una cosa
sola con il Figlio, il Figlio stesso ce lo promette, ci dà questa sicurezza, la
sicurezza si ha proprio in quanto si entra in quello che è immutabile, si entra
nell'essenza di Dio, Dio ci dà la possibilità di partecipare al suo Assoluto.
E qui facciamo
una cosa sola con il Figlio.
Però come
persone non ci scambieremo mica con il Figlio.
Così come il
Figlio non si scambia con il Padre.
La persona del
Figlio non è il Padre, il Padre è il Padre e il Figlio è il Figlio.
Il Padre genera
il Figlio e il Figlio non genera mica il Padre.
Il Figlio è
generato dal Padre e conosce Sé come generato dal Padre.
Noi ci
conosceremo come delle creature che Dio dal nulla (non da Sé) ha formato fino a
renderle capaci a essere una cosa sola con suo Figlio, di partecipare come suo
Figlio.
Però come
persone, noi saremo sempre quelle creature (perché porteremo tutta l'opera che
Dio ha fatto per noi) a cui Dio ha fatto questo dono meraviglioso
(adozione) di renderle partecipi di conoscerlo come il Figlio stesso lo
conosce.
Sapendo questo,
non soltanto noi conosciamo di fare una cosa sola con il Figlio ma contemplando
il Padre, vediamo tutto ciò che il Padre ha fatto per noi e questa è opera
esterna.
Il tema di oggi
è il respiro della nostra anima con il Tu di Dio.
La nostra
anima, contemplando Dio, passa attraverso questi due movimenti.
Contempla
quello che Dio fa in Sé e poi esce per contemplare tutto quello che Dio ha
fatto fuori di Sé, per formare noi come suoi figli, con la consapevolezza di
essere una cosa sola con suo Figlio e nello stesso tempo di essere persone
distinte dal Figlio.
A.: Il
"Tu" di Dio che Adamo ha rubato, Dio lo restituisce ad Adamo come
dono....
Si perché
proprio dandoglielo come dono gli rivela il "Tu", non so se rendo
l'idea....
Prima c'era
l'iniziativa di Adamo, qui invece Dio, quello che Adamo gli ha rubato, Lui
glielo regala.
Per cui gli
rivela che la sua morte, l'esperienza di assenza di Dio che Adamo (ogni uomo)
fa è dono di Dio all'uomo nel peccato dell'uomo.
Quindi
stabilisce un "Tu" che è il tu della vittima con il suo carnefice.
A.:
Contemplando Dio uno vede l'opera di Dio in Sé, poi bisogna uscire per
contemplare l'opera....
L'opera che Dio
ha fatto per portare noi a poter contemplare l'opera di Dio in Sé
Contemplando
Dio, noi non possiamo mica ignorare noi stessi, perché conoscendo Dio
conosciamo noi ma conoscendo noi conosciamo anche tutta l'opera che Dio ha
fatto per noi e questa è l'opera esterna.
Questa opera
Dio la fatta per formare in noi la capacità di contemplare Dio come lo
contempla il Figlio e di fare una cosa sola con il Figlio.
Noi conoscendo
l'opera che Dio Creatore ha fatto per noi abbiamo l'amore, perché vediamo tutto
quello che Dio ha fatto per noi.
B.: Questo
dono di presenza nell'assenza di Dio, c'è una frase di Sant Agostino:"Tu
non mi cercheresti se non mi avessi già trovato", ma io non riesco a capire,
non riesco a trovare il risvolto della vita nella morte di Cristo.
Noi diventiamo
figli delle nostre opere o no?
Noi siamo
condizionati dalle nostre opere o no?
B.: Certo,
quello che facciamo ce lo portiamo dentro...
Non soltanto,
ci condiziona, per cui diventiamo figli delle nostre opere.
Se mia opera è
uccidere Dio, mi sono privato del "Tu" di Dio, io divento figlio di
questa opera qui.
Io esperimento
(esperimento!) una cosa che con la mente, con l'intelligenza, con il pensiero
non posso ammettere.
Io esperimento
l'assenza di Dio, il silenzio di Dio, esperimento la morte di Dio, però c'è una
parte in me che dice che Dio non può morire, che Dio non può essere messo a
tacere, che Dio non può essere assente, però io esperimento questo.
È vero o non è
vero?
C'è una parte
di me che esperimenta il silenzio di Dio, per cui c'è il dubbio che tormenta
sempre l'uomo.
Nota che è un
dubbio che può portare l'uomo alla disperazione eterna.
Perché l'uomo
non ne esce da questo dubbio.
L'uomo ha
presente due cose.
Nel paradiso
terrestre, Adamo aveva presente il Tu di Dio e le opere di Dio (sentimento),
tutte le opere che Dio fa, le fa arrivare a noi nel pensiero dell'io.
Ma fuori del
paradiso terrestre l'uomo esperimenta altre due cose: esperimenta l'assenza di
Dio che entra in conflitto con il Pensiero stesso di Dio.§
Per cui l'uomo
non può annullare Dio e dire che Dio non c'è.
Lui non può
entrare nel riposo del "Dio non c'è", l'uomo non entra nel riposo del
"Dio non c'è".
Perché c'è una
parte dell'uomo che non può annullare Dio stesso.
Tutte le cose
non sono fatte da noi.
Dio non può
essere annullato perché Assoluto e noi abbiamo questa presenza di Dio in noi.
E non lo
possiamo cancellare, lo possiamo trascurare, certamente, lo possiamo bestemmiare
e fare tutto quello che vogliamo, ma non possiamo annullarlo.
Noi facciamo
esperienza dell'assenza di Dio, del silenzio di Dio, della morte di Dio, mentre
dentro di noi c'è qualcosa che ci dice che Dio non muore, Dio parla, Dio non
può essere assente, per cui ho un dubbio lì.
Non entro nella
pace di quello che esperimento e cioè che Dio non c'é, Dio infatti non lo vedo
e non lo tocco, non entro nella pace perché c'è una parte di me che mi dimostra
il rovescio.
Per cui non mi
riposo in questo "Dio non c'è".
Nell'altra
certezza io non posso entrare, nella pace del "Dio c'è", perché porto
con me questa esperienza dell'assenza di Dio.
Io debbo far
entrare la mia esperienza di morte di Dio nel "Dio c'è" e quindi
vederla come opera di Dio per me.
Questo ci fa
capire che nel riposo e nella certezza si entra solo con l'intelligenza.
Perché
attraverso il sentimento io esperimento l'assenza di Dio, il silenzio di Dio,
la morte di Dio.
Non l'avrei
esperimentata nel paradiso terrestre, perché lì ero a contatto con il
"Tu" di Dio, ma ho perso questo "Tu" dal momento che mi
sono lasciato dominare dal sentimento.
Adesso nel
sentimento io esperimento l'assenza, però entro nella sicurezza solo attraverso
la mente, ecco per cui Dio parla della dedizione della mente alle sue parole.
Notiamo bene
che a un certo momento la morte di suo Figlio è una Parola di Dio alla quale io
devo porre mente.
Non basta che
io pianga di fronte a Cristo morto, che mi lamenti o che faccia del sentimento,
non basta nel modo più assoluto, devo applicare la mente, perché quella è
Parola di Dio.
E se è Parola
di Dio devo arrivare al "Tu" di Dio che mi sta parlando questa
parola, che mi sta facendo esperimentare la sua morte, la sua assenza il suo
silenzio.
C.: Non è
sufficiente ascoltare la parola, bisogna capirla....
Bisogna porre
mente.
Siccome nella
mente noi portiamo la certezza che Dio non muore, che Dio parla, che Dio è
presente, non possiamo smentirlo.
L'uomo è
portatore di Dio e se è portatore di Dio, questo Dio deve essere in qualche
parte di noi, dove?
Nel cuore, nei
sensi, dove?
E in questa
parte qui che si trova: nel suo pensiero, è qui il melo su cui bisogna salire a
cercare le mele, soltanto qui.
In questo
"Tu" che noi portiamo, il Pensiero di Dio è in noi.
Non lo possiamo
smentire.
L'errore grave
che noi facciamo è quello di stabilire i nostri rapporti attraverso i
sentimenti, attraverso il cuore e il mondo esterno e quello è l'errore di
Adamo.
Noi ci lasciamo
dominare, come si lasciò dominare Adamo, dal sentimento.
Si lasciò
dominare da quello che era bello e buono e lo scambiò per Dio.
Nel Pensiero di
Dio non c'è il bello e buono, c'è il vero.
È questo vero
qui che impedisce a me di stare tranquillo nell'esperienza del "Dio non
c'è".
Col sentimento
e con il cuore, io faccio l'esperienza che Dio non mi parla o che Dio mi parla
solo quando mi dà la caramella, perché questo lo sento con il cuore.
Con il
sentimento e con il cuore, io faccio esperienza che Dio è assente, io faccio
esperienza che Dio è morto, nel cuore e nei sentimenti ma mica nella mente.
Nella mente io
non mi posso convincere che Dio è morto, che non parla e che è assente.
Ecco dove debbo
appoggiarmi.
Abbiamo detto
all'inizio che l'eterno si trova soltanto con l'eterno, l'Assoluto soltanto con
l'Assoluto e bisogna che io trovi l'eterno in me, che cosa c'è in me di
Assoluto, che cosa c'è in me d'infinito.
Perché soltanto
trovando, identificando questo eterno, immutabile che è in me, io entro nel
riposo di Dio, io salgo sul melo a cercare le mele ed evito di cercare le mele
sul larice.
Fintanto che io
vado a cercare l'Assoluto in ciò che non è Assoluto, io faccio questo errore di
cercare le mele sul larice.
Dio si trova
soltanto in Dio, per mezzo di Dio, l'Assoluto si trova soltanto per mezzo dell'Assoluto.
Fintanto che io
non identifico che cosa c'è di eterno, di Assoluto, d'infinito in me io non lo
trovo.
Questo
Assoluto, eterno e infinito è il Pensiero di Dio.
Ecco l'albero
della vita del paradiso terrestre, è il Pensiero di Dio, è in questo Pensiero
di Dio che c'è il "Tu" e questo si può trovare solo personalmente
perché nei nostri pensieri non c'è nessuno che possa sostituirci.
D.: Ci
chiediamo sempre cos'era il paradiso terrestre.....
È il rapporto
con il "Tu" di Dio che noi vivendo nel mondo perdiamo.
D.: E non
devo guardare indietro e giudicare quello che ha fatto Adamo....
Certo che no,
il paradiso terrestre è costituito dal "Tu" di Dio e quando noi ci
lasciamo dominare dal sentimento, noi perdiamo il rapporto con questo
"Tu".
E allora parliamo
con Dio ma intimamente gli diamo del lei.
È finito tutto,
quando io do del lei a una persona io non stabilisco più nessun rapporto.
E.: Cosa vuol
dire rubare a Dio il "Tu" di Dio?
A Dio non si
ruba niente, la creatura non può rubare assolutamente niente a Dio.
Adamo ha rubato
il "Tu" che Dio aveva dato alla creatura.
Dio ha fatto un
dono meraviglioso: Dio ha dato alla creatura Adamo, quindi a ognuno di noi il
Suo "Tu", per cui Adamo ed ognuno di noi è costituito dal
"Tu" di Dio e Adamo non ha rubato ciò che Dio è, ha rubato il dono
che Dio aveva fatto ad Adamo del Suo "Tu".
Per cui se una
persona mi dice:"Dammi del tu", mi fa una grazia e io posso perdere
questa grazia, non perdo mica quella persona lì.
Perdo la grazia
che quella persona mi ha offerto dicendomi di dargli del tu.
La difficoltà
enorme è di restare con il tu.
Io resto con il
tu solo se io guardo tutto dal pensiero dell'altro, del tu.
Ma se io mi
lascio guidare dai miei pensieri e dai miei sentimenti, io perdo il rapporto
con il tu.
Rubo a Dio quel
dono che è suo e che Lui mi ha fatto, il dono del suo "Tu" in me.
Il
"Tu" è presenza di una persona con me.§
Adamo è stato
cacciato via dal paradiso terrestre, non ha più potuto prendere contatto con
l'albero della vita.
Perché si è
lasciato dominare dai suoi sentimenti.
La grande
difficoltà è imparare a vivere con un "tu".
Per vivere con
un "tu", io debbo guardare tutte le cose dal suo punto di vista.
Dal punto di
vista dell'altro, dal pensiero dell'altro.
Altrimenti
perdo il contatto.
Perché per poco
che io guardi le cose o dai miei sentimenti o dal pensiero del mio io, perdo il
contatto con l'altro.
Nei rapporti
d'amore si perde la persona nel momento in cui si comincia a dire:"Ma
l'altro dovrebbe farmi questo", non vedi più le cose dal punto di vista
dell'altro.
Tutta la vita
eterna sta poi qui: imparare a vedere tutte le cose dal punto di vista di Dio,
perché soltanto se si vedono le cose dal punto di vista di Dio noi restiamo con
Dio, altrimenti perdiamo Dio, non c'è niente da fare.
Non perché Dio
cambi, Dio non cambia mica, siamo noi che non possiamo restare.
Non è un
problema di credere, perché con il credere noi crediamo a tutto.
La fede mi deve
portare nella luce, io non mi riposo nella fede.
La fede è uno
stimolo per condurmi a conoscere.
Ma se io non
cerco di arrivare a capire quello che mi dice la fede, io perdo la conoscenza,
la luce e la fede, perdo tutto.
Noi siamo fatti
dal Tu di Dio, perdendo il "Tu" di Dio noi moriamo e Dio per salvare
noi si lascia uccidere da me per ristabilire questo "Tu" che a questo
punto diventa il "Tu" che si crea tra il carnefice e la vittima.
Però è un
"Tu" che mi salva, perché Lui fattosi vittima mia, in questo
"Tu" di Lui morto è ancora Dio che mi salva.
Io senza
"tu" muoio, io senza l'altro muoio, perché sono fatto dalla presenza
dell'altro.
Quante persone
si suicidano dopo aver perso la persona per la quale sono vissuti?
Perché?
Perché la loro
vita senza l'altro non ha più significato.
Perché noi
siamo fatti dalla presenza del "tu".
L'errore nostro
è quello di ritenere che il "tu" Assoluto, sia quello della creatura
con cui io vivo.
E allora
succede la tragedia.
G.: Rubare il
"Tu" di Dio significa disunire da Dio le cose che Dio mi fa
arrivare...
Si, perché
tutti i segni che Dio ti fa arrivare, provocano in te sentimenti.
Sentimenti che
possono essere belli e buoni e che piacciono.
A un certo
momento, noi corriamo il rischio di lasciarci guidare da ciò che ci piace e non
più dal Pensiero di Dio.
A questo punto
qui io ho rotto con Dio.
Mi lascio
dominare dai sentimenti e perdo il "Tu" di Dio.
Tutti i doni
che Dio mi fa arrivare mi fanno sentire qualcosa, tutta la creazione è
sentimento.
Quindi sento
qualcosa, ma anziché cercare in tutto il Pensiero di Dio, io corro il rischio
di lasciarmi guidare dal piacere, dall'utilità, dal mi serve o non mi serve e
qui il rapporto con Dio è finito.
Devi passare
attraverso il Cristo morto, altrimenti non c'è altra via di salvezza.
H.: Entro nel
riposo quando divento tutta intelligenza.
Certo la nostra
salvezza sta nell'intelligenza, sta nella conoscenza di Dio come vero Dio.
Questa è vita
eterna perché è partecipazione a ciò che è immutabile.
Noi ci
riposiamo in ciò che non muta.
Se io vivo con
qualcosa che muta, fosse anche fra 50 anni, io porto dentro di me uno scontento
perché so che di qui a 50 anni lo perderò.
Non posso
ignorare questo.
"Affrettarsi"
vuol dire passare dal bello e buono al vero, cioè all'intelligenza di Dio.
Noi siamo
salvati dalla conoscenza della verità.
La verità tu la
trovi solo intendendola e il problema del capire è un problema di intelligenza.
La verità tu
non la trovi toccandola, la toccherai se la intendi e soltanto quando la
intendi.
Non la
esperimenti mica la verità, soltanto conoscendola.
E bisogna
impegnarsi lì, altrimenti noi falliamo tutta la nostra vita, pur con tutti i
nostri sentimenti e con tutte le nostre preghiere, sia ben chiaro.
A un certo
momento le cose bisogna dirle come sono se vogliamo aiutare la nostra anima.
H.: Ma noi
siamo fatti da Dio da queste due parti: sentimento e intelletto.
Certamente, è
il paradiso terrestre ci sono due alberi.
Non sono mica
cattivi, Dio non ha fatto niente di cattivo, l'errore è quello di lasciarmi
dominare dall'albero dei sentimenti anziché approdare all'albero della vita,
cioè al "Tu" di Dio.
Dal momento che
Dio ha stabilito in noi la sua presenza, noi siamo chiamati a vivere in
rapporto con Dio direttamente come Lui è in rapporto con noi direttamente.
Non dobbiamo
rompere questo, se vogliamo trovare la nostra pace, altrimenti siamo costretti
a vivere con Uno che non capiamo.
E ti crei
l'inferno perché l'inferno sta nel vivere con uno che non capisci.
Dio è presente
nell'inferno.
Però chi è
nell'inferno non può capire Colui che gli è presente, non può negare che sia
presente, però non può capirlo.
Dio non sono le
opere di Dio, Dio non si confonde con le creature.
A Dio non si
può arrivare attraverso le creature.
È chiaro questo
o no?
Tu non puoi
trovare trovare Dio attraverso le creature come non puoi trovare mele salendo
su alberi diversi dal melo, gli altri alberi ti segnaleranno che loro non
producono mele.
Tutte le
creature ti segnalano che non possono darti mele, cioè non possono darti
l'Assoluto.
Ti segnalano
che c'è l'Assoluto, perché è l'Assoluto che le ha fatte ma loro non sono
l'Assoluto.
Quindi non
confondere le creature con l'Assoluto perché ti creeresti l'inferno.
L.: Assoluto
vuol dire.....
Non
condizionato da niente, non subisce nessun condizionamento, quindi è luogo di
pace.
L.: E la
nostra mente è una dimensione molto sciolta che va ovunque....
Ci può
ingannare.
La nostra mente
ci inganna e infatti Adamo è rimasto ingannato, si è accorto dopo di essere
nudo, è rimasto ingannato.
Proprio perché
si è lasciato guidare dal bello e dal buono, sentimento.
L.: La
possibilità di avere questo rapporto con il "Tu" Dio te la dà
solo quando tu hai la capacità...
No, Dio te lo
dà subito, creandoti ti dà quel "Tu".
Che noi lo
bestemmiamo o no, che ne teniamo conto o meno, questo "Tu" c'è.
Dio dà del tu
anche al demonio è il demonio che non può dare del tu a Lui.
Io non posso
dare del tu a un essere che vedo distante e che non capisco.
Soltanto per
mezzo di suo Figlio posso dare del tu a Dio.
Ora, questo Pensiero
di Dio, a costo di restare morto in me è in me.
È qui questo
immutabile, questo Assoluto Assoluto che portiamo in noi, è il Pensiero di Dio
che portiamo in noi.
È il Pensiero
di Dio in noi e noi non lo sappiamo.
È il Figlio di
Dio e noi dobbiamo raccoglierci in questo Pensiero di Dio ed è qui che noi
troviamo tutto di noi.
M.: Quando
scopriamo una verità ne abbiamo la certezza in quanto è immutabile e
l'approfondirla ce la renderà sempre più perfetta però rimarrà sempre tale.
Tutto mi
confermerà questo, per cui entrerò e uscirò e troverò da pascolare, lo vedremo
domenica prossima.
Troverò sempre
alimento, per cui potrò vedere il Pensiero di Dio in tutto.
Soltanto quando
potrò vedere il Pensiero di Dio in tutto, io potrò restare sempre con il
Pensiero di Dio.
Perché tutto
ciò in cui non ho la possibilità di vedere il Pensiero di Dio, mi porta via a
Dio, per cui non posso dare del tu a Dio.
Sono le cose
che io non ho visto nel Pensiero di Dio che mi portano via a Dio.
Ogni parola,
anche Parola di Dio, non vista nel Pensiero di Dio mi porta via a Dio.
N.: Pensavo
la meraviglia di potersi sprofondare in questa verità di Dio.
Solo
sprofondandoti tu trovi il "Tu".
Nota bene che la
conoscenza di quello che Dio è in Sé, non viene da te o dal tuo sprofondamento,
viene da Dio.
È Dio che ti
chiede di sprofondarti in Lui, per ricevere da Lui quello che viene solo da
Lui.
È una bestemmia
contro lo Spirito Santo, un errore gravissimo quello di dire che non si può
conoscere Dio, questo è quello che fa perdere le staffe.
Dio ha creato
tutto per condurre noi a conoscerlo e ha stabilito la vita eterna nella sua
conoscenza e noi vanifichiamo tutto dicendo che non si può conoscerlo.
O.: Noi siamo
fatti figli di Dio se crediamo al Pensiero di Dio....
Noi diventiamo
figli di ciò che mettiamo prima di tutto.
Se io metto il
cavolo io divento figlio del cavolo e sono nato sotto il cavolo, stai pur
tranquillo.
Se io metto Dio
prima di tutto allora si.
O.: Io perdo
il "Tu" di Dio divagando da Dio, tu dici rubare, io direi perdere...
Rubandolo lo
perdo....
O.: Ed
esperimento la morte e l'assenza di Dio, Dio però non mi abbandona, cerca di
farmi vedere in quell'assenza e in quella morte, prendendo su di Sé il mio
peccato esteriore, cerca di farmi vedere il mio peccato interiore in modo che
io possa ritornare a Lui e in questo modo mi recupera.
Vorrei vedere
un po' meglio l'entrare e l'uscire....
Uscire è
uscire col Pensiero di Dio per vedere come il Padre genera il Figlio...
No.
O.: È vedere
solo l'opera che Dio ha compiuto su di me?
Per me.
Come il Padre
genera il Figlio è un rapporto interno, è dentro non fuori.
La generazione
del Figlio è nell'interno di quello che Dio è, tu parteciperai alla conoscenza della
generazione del Figlio dal Padre soltanto quando sarai condotto da Dio stesso a
conoscere quello che Dio è in Sé.
Fintanto che tu
conoscerai il Padre per fede, come Creatore di tutte le cose, tu non puoi
partecipare di questa generazione del Figlio dal Padre.
O.: Quando
però io vedo Dio che prende su di Sé il mio peccato esteriore, quello lo vedo
interiormente a Dio.
No, quello è un
rapporto esteriore, contemplando Dio, tu sei portato a vedere tutto quello che
Dio ha fatto per te, per formare un te la capacità di pensare Dio, di
contemplare Dio.
Tu (rapporto
interno) sei condotto a scoprire che fai una cosa sola con suo Figlio.
Questo ti viene
dal Padre.
Però come
persone, noi siamo distinti dal Figlio.
Così come il
Figlio pur essendo una cosa sola con il Padre è persona distinta dal Padre.
Noi parliamo
sovente di persona e essere ma non capiamo cosa vogliano dire.
Il Figlio fa
una cosa sola con il Padre però sono persone distinte e questo ti fa capire che
noi possiamo fare una cosa sola con il Figlio ma essere persone distinte.
Noi faremo una
cosa sola (per grazia di Dio) con il Figlio ma saremo persone distinte.
Questa
distinzione adesso hai bisogno di vederla giustificata.
P.: Avremo la
giustificazione della nostra persona quando lo costateremo...
Ma tu lo
costati solo in Dio e da Dio.
In Dio tu resti
ferma però in Dio ci sono due opere, l'opera interna e l'opera esterna, l'opera
interna è quella della partecipazione a Dio che genera suo Figlio e lo Spirito
Santo.
Dio è un essere
unico in tre persone, la partecipazione, l'essere cioè inseriti in questo che è
poi la costatazione della verità di Dio, ti inserisce in quello che è l'essere
interno di Dio.
Ma poi c'è
tutta l'opera esterna che Dio ha fatto, cioè tutto quello che Dio ha fatto
nella tua anima per formare in te la capacità di essere partecipe di quello che
Dio è in Sé.
Come il Figlio
contemplando il Padre è condotto a scoprire quello che Lui stesso è, così
contemplando il Padre, noi siamo condotti a scoprire quello che noi stessi
siamo.
Ma cosa è
scoprire quello che noi stessi siamo?
È scoprire
tutto quello che Dio ha fatto per formare me capace di essere una cosa sola col
Figlio.
Tutto il
passato, le stelle e l'universo si sintetizzano in questo presente della mia
anima che contempla Dio.
P.: Ma si
esce restando dentro...
Si esce in
quanto uno è condotto a considerare le opere che Dio ha fatto nel pensiero del
mio io, fuori, perché il pensiero del mio io non è mica Dio.
C'è una verità
interna e c'è una verità esterna e la verità esterna siamo noi, cioè, tutta
l'opera che Dio ha fatto fuori della sua Trinità, per me, pensando me, per cui
noi siamo un pensato di Dio che è condotto, attraverso l'opera di Dio a formare
una cosa sola con il Pensiero di Dio.
P.: Non
capisco quel rubare, anche a me sembra più un perdere che un rubare, si ruba
una cosa che non ci appartiene...
Tu hai rubato a
Dio ciò che è di Dio.
P.: Il verbo
rubare significa appropriarmi di ciò che non è mio...
Si capisce, ma
è proprio quello.
P.: Ma era un
dono che Dio mi aveva fatto...
No, il dono me
lo dà dopo quando io ho rubato...
P.: Ma prima
non è un dono?
Ma tutto è dono
ma io mi approprio.
Q.: Dio
rendendosi assente ci fa il dono di poterlo ritrovare.
Nota bene che
l'assenza di Dio, noi la esperimentiamo per iniziativa nostra, per errore
nostro.
È fondamentale
capire il concetto di rubare.
Lui mi fa il
dono di quello che io gli ho rubato.
Proprio
donandomelo mi rivela la sua presenza.
Altrimenti vedo
solo il mio furto e lo vedo come iniziativa mia.
Io rubo questo
registratore e poi il proprietario mi dice:"Te lo regalo", io adesso
vedo la presenza di chi me lo regala, altrimenti vedo soltanto il mio furto.
E il mio furto
è esperienza di assenza, di silenzio, di morte di Dio.
R.: Ne i
"Miserabili" c'è un galeotto che ruba argenteria a un vescovo, una
guardia lo prende e viene condannato e poi il vescovo va e dice:"No,
guardi che sono io che glielo ho regalata".
Cristo in croce
è insopportabile a ogni uomo, quindi mi costringe a interrogare, quindi mi
riporta a quel tutto è computo del paradiso terrestre che terminava con l'uomo
che interroga Dio.