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Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo.

Gv 10 Vs 9 Nono tema


Titolo: Le Due Vie.


Argomenti: I pascoli divini. Le due vie. Le due presenze dell'uomo. La passione d'assoluto. La via facile dei sentimenti.  L’albero della scienza del bene e del male.  Perdere la presenza del TU di Dio.   L' interrogazione e la fame. Strumentalizzare Dio. Intelligenza e verità. Il TU di Dio. Ascolto, interrogazione, capire. L'essenza del peccato. Il pensiero non fa la presenza. La presenza di Dio è opera di Dio. Restare con Dio. Passaggio dal guardare a Dio al guardare da Dio. L’attenzione all’Altro. Rubare il TU dell’Altro.


 

6-7/Maggio/1990 Casa di preghiera Fossano.


L'ultimo argomento su cui ci siamo soffermati è stato questo “entrerà e uscirà”.

Adesso dobbiamo cercare di approfondire, avvicinarci a questa dichiarazione di Gesù “troverà da pascolare”.

Il problema è quello dei pascoli divini che sono i veri pascoli della vita per ogni uomo.

Però prima di affrontare questo è necessario capire quale è la condizione per potere vedere questi pascoli.

Perché nella vita ci sono uomini che trovano da pascolare dappertutto.

E ci sono uomini che girano tutto il mondo e non trovano una briciola di pascolo.

Pascolo è il luogo in cui si trova il cibo.

Evidentemente il fatto di vedere i pascoli di Dio è relativo a qualche cosa che l'uomo porta dentro di sé e che può anche non portare in sé.

Abbiamo detto che non tutti vedono i pascoli di Dio.

All'inizio Dio creò il paradiso terrestre e tutto era pascolo.

E non è che quello che Dio fece in principio sia mutato da parte di Dio, è mutato perché è mutato l'uomo.

A un certo momento l'uomo non ha più visto il pascolo, non ha più visto il paradiso terrestre.

L'uomo non ha più trovato un luogo in cui nutrirsi, di cui nutrirsi.

Non ha più trovato cibo di vita.

Cosa è successo?

Cosa è successo storicamente e cosa è successo nella vita di ogni uomo?

Perché l'uomo è affannato nel cercare luoghi in cui trovare da vivere.

Se c'è una esperienza che fa ogni uomo è proprio questo progresso di mancanza di vita.

Di mancanza di cibo.

Di mancanza di sostanza.

L'uomo è un essere che lotta per trovare motivi, argomenti per nutrire la sua vita.

Ma raramente, difficilmente li trova.

Cosa succede nella vita dell'uomo?

Ci sono uomini che trovano cibo dappertutto e uomini che invece muoiono di fame.

La parola di Dio dice che tutto è bene per coloro che cercano Dio.

Tutto è bene, cioè tutto è motivo di vita.

Bene è ciò che serve per la vita, quindi tutto è cibo di vita.

E questo ci fa capire che, per coloro che cercano Dio, tutto li aiuta, contribuisce, li nutre.

Tutto diventa pascolo di vita.

I pascoli non sono luoghi definiti, per cui bisogni andare in un certo luogo.

Il Signore smentisce questo, Lui non condiziona mai i suoi doni a specifici luoghi.

La ricerca di Dio è un fatto personale, quindi “tutto è bene per coloro che cercano Dio” è un fatto essenzialmente personale.

Il che vuol dire che taluni vedono pascoli dappertutto, altri non vedono pascoli in niente.

Come mai?

Il tema di oggi sono le due vie di cui parla Gesù.

C'è una via facile e c'è una via difficile

E Gesù dice di sforzarsi di entrare per la porta stretta, di camminare per la via difficile, perché -dice- larga è la porta e facile è la via che conduce alla perdizione.

E dobbiamo chiederci perché ci sono queste due vie?

Perché c'è una via facile e perché c'è una via difficile?

E sopratutto perché Dio ha posto l'uomo di fronte a questa scelta?

A questo rischio, perché Lui dice che facile è la strada che conduce alla perdizione.

C'è questo rischio, è parola di Dio.

Noi se non abbiamo argomenti contrari, non possiamo non credere in essa, dobbiamo tenerla presente.

È una parola che giunge a noi nella nostra vita.

Via facile e via difficile.

E Lui che dice di seguire la via difficile e di fuggire la via facile.

E allora dobbiamo cercare di capire in cosa possa consistere questa via facile per poterla scartare e in che cosa consista questa via difficile per poterla abbracciare.

Ci deve essere una ragione.

Dio non scherza mica con gli uomini.

E se pone l'uomo di fronte a questa scelta, a queste due strade, è perché questa scelta e queste due strade sono estremamente necessarie per il destino dell'uomo, per la vita dell'uomo.

Ci siamo chiesti perché ci sono queste due strade?

Perché l'uomo è caratterizzato dal fatto di trovarsi di fronte a due presenze.

C'è una presenza fisica che giunge all'uomo attraverso i sensi, una presenza sentimentale es è rappresentata dalla presenza di tutte le creature, di tutta la creazione, di tutta l'opera di Dio.

È una presenza che l'uomo subisce indipendentemente da lui, per opera di un Altro.

La sente.

È una presenza che l'uomo sente, che pesa sull'uomo.

Tutta la creazione pesa sull'uomo.

Dio si fa sentire all'uomo.

E poi c'è l'altra presenza, la presenza nel pensiero, la presenza nell'intelletto, la presenza della verità, la presenza dell'infinito, dell'assoluto, dell'eterno, di Dio.

Ed è una presenza tant'è vero che l'uomo la subisce.

Una delle prove di questa presenza è la passione dell'assoluto da cui l'uomo è dominato, per cui tutto ciò che ama e per cuoi vive, l'uomo vuole che sia assoluto.

È perché l'uomo porta in sé la presenza dell'assoluto.

La porta nel pensiero.

L'assoluto l'uomo non lo trova nel mondo esterno, sentimentale dei sensi.

L'assoluto, l'eterno,l'infinito e Dio non si vede con gli occhi e non si tocca con le mani.

Dio non si vede con gli occhi, non si tocca con le mani, non si trova nel mondo esterno.

Ci sono due presenza.

La presenza che è data a noi nel mondo esterno e la presenza che invece è data nel pensiero, nell'intelletto, nell'anima.

Di fronte a queste due presenze quale delle due deve privilegiare?

L'uomo deve preferire la presenza dei sensi? Che arriva a lui attraverso gli occhi, che tocca, che esperimenta?

O l'uomo deve preferire la presenza che porta nello spirito, nell'intelletto? E che non esperimenta, perché non la vede e non la tocca e che non sa che cosa sia.

Abbiamo detto che è la presenza dell'assoluto, perché l'uomo ne subisce la passione.

Che cosa l'uomo deve preferire?

Basta accennare a queste due presenze che evidentemente ci sono in ogni uomo, per vedere già delinearsi di fronte a noi due vie.

Cosa dobbiamo preferire?

La via della presenza sensibile? La via dei sensi? La via dei sentimenti?

Oppure dobbiamo preferire la via della ricerca di quella presenza spirituale a cui si giunge solo attraverso il pensiero, a cui si giunge soltanto intendendo?

La via facile è la via del sentimento.

La via difficile è la via dell'intelligenza, è la via dell'intelletto.

È la via del capire.

La via del sentimento è la via facile, perché uno “sente”.

E quello che si sente arriva a noi indipendentemente da noi.

“Io sento così”.

Qui non abbiamo bisogno di cercare di capire.

Non sentiamo il bisogno di cercare di capire.

La via facile è la via che non impegna l'uomo a capire.

L'uomo è soddisfatto.

Perché sente così.

“Il cuore mi dice così”.

Ma questa non è una giustificazione in Dio.

Quando diciamo: “Il cuore mi dice così” questo non è giustificato in Dio.

Questo è giustificato nel nostro sentimento.

E il sentimento non è mica Dio.

Il sentimento è relativo alle creature che Dio ci presenta.

Prima di tutto le creature sono opera di Dio e il sentimento è Dio che ce lo fa sentire.

Però non dobbiamo seguire il sentimento.

Dio ci fa sentire il sentimento.

Il sentimento è dato dalla presenza delle creature.

Tutte le creature sono opera di Dio e quindi è Dio.

Cioè è Dio che si fa sentire a noi, nel pensiero del nostro io.

Però ciò che noi sentiamo non è Dio.

Sono segni di Dio, sono parole di Dio, sono voci di Dio.

Ma i segni, le parole e le voci non sono Dio.

E allora noi abbiamo la grande lezione del paradiso terrestre, dell'albero della scienza del bene e del male.

Questo albero rappresenta proprio il sentimento dell'uomo.

Ed è su questo sentimento che Dio ordina: “Tu non ti nutrirai dei suoi frutti”.

I frutti sono opera di Dio perché è Dio che ha creato quest'albero.

È Dio che fa arrivare all'uomo le Sue creature e quindi fa sentire all'uomo le Sue creature.

Però ordina all'uomo: “Tu non ti nutrirai di quello che tu senti”.

Quasi a dire che la via facile è la via del sentimento.

Dicendo: “Tu non ti nutrirai dei sui frutti”, dice: “Tu non seguirai la via facile”.

Nutrirsi dei frutti vuol dire alimentare la nostra vita di questo.

E quando noi ci lasciamo guidare, determinare dai sentimenti, noi nutriamo la nostra vita dei frutti

dell'albero della scienza del bene e del male.

La via facile è stata la via che ha seguito Adamo.

Le conseguenze le conosciamo tutti.

Ma dobbiamo chiederci perché all'inizio della creazione dell'uomo, della formazione dell'uomo, Dio ha posto questo che simboleggia la tragedia dell'uomo.

Questa tragedia s'illuminerà e si concluderà con Cristo che muore in croce.

Dobbiamo chiederci perché.

Non l'ha mica posto per Adamo, sia chiaro.

Noi siamo spettatori di quanto è avvenuto ad Adamo e in quanto spettatori, noi stiamo assistendo a una lezione di Dio per noi.

La creazione è continua.

Il che vuol dire che Dio all'inizio della sua creazione, Dio pone come scena davanti ai nostri occhi, un uomo che sceglie la via facile: si lasci guidare dai sentimenti.

La conseguenza è che viene cacciato dal paradiso terrestre.

E incontra una terra che gli produce triboli e spine.

Ed è costretto a mangiare il suo pane col sudore della sua fronte.

Abbiamo già visto che il paradiso terrestre è il TU di Dio.

Questo ci fa capire che Adamo, seguendo la via facile, lasciandosi cioè guidare dal sentimento ha perso il TU di Dio.

È stato cacciato fuori dal TU di Dio.

Non ha più avuto questo rapporto con il TU di Dio.

Perché Dio ci mette all'inizio della creazione e quindi all'inizio della nostra vita, in prima pagina, per ognuno di noi questa scena.

Un uomo che segue il suo sentimento e come conseguenza perde il suo rapporto diretto con Dio.

Perché?

La prima pagina è scritta per noi come tutte le pagine del libro di Dio sono scritte per noi.

Allora è una lezione di Dio per noi.

È la stessa lezione che Dio ti dà quando ti dice si sforzarti di entrare per la porta stretta perché larga è la porta e facile la via che conduce alla perdizione.

E ci presenta la lezione di Adamo.

È la stessa cosa.

Adamo preferì ciò che era bello e ciò che era buono a vedersi.

Preferì il sentimento.

Preferì la via del sentimento e si aprì alla tragedia.

Si aprì a quella tragedia che si concluderà con la morte di Cristo in croce.

Perché già qui nel peccato di Adamo c'è già tutto il Cristo che muore in croce.

In questo punto preciso.

Il che vuol dire che noi mettiamo a morte Cristo nel punto preciso in cui preferiamo lasciarci guidare dai sentimenti, da quello che dice il nostro cuore, anziché...

Anziché che cosa?

Abbiamo detto che la via difficile sta nell'intelligenza e cosa vuol dire?

L'intelligenza vuol dire capire.

La via difficile sta nel capire.

Colui che si lascia guidare dal sentimento certamente non cerca di capire.

Lui si giustifica dicendo: “Io sento così. Il mio cuore dice così”.

E anche quando ci giustifichiamo dicendo che tutti gli altri dicono così, anche questo è sentimento.

Questa è la via di Adamo.

La via stretta, la via difficile è quella di chi non si accontenta di lasciarsi guidare dal “io sento così”, dal “il mio cuore mi dice così”.

Perché il mio cuore mi dice un cavolo e quello che sento è proprio un cavolo.

Noi dobbiamo preoccuparci di capire quello che Dio sente, non di quello che sente il mio cuore.

Devo preoccuparmi di quello che Dio mi dice, non di quello che mi dice il mio cuore.

Perché il mio cuore e i miei sentimenti non sono Dio.

Il peccato di Adamo non fu un segno per condannare Adamo, fu un segno per evitare a noi di commettere lo stesso errore di Adamo.

Perché Adamo fu per noi, è per noi.

E se noi vogliamo preoccuparci di non perdere il rapporto con Dio che Adamo perse, noi dobbiamo non giustificarci con il cuore o con i sentimenti ma dobbiamo cercare la giustificazione in Dio.

Dio è l'assoluto, l'eterno, l'infinito, è Lui che parla a noi tutte le cose e tutte le cose sono parole sue, sono segni suoi.

Noi siamo creati alla presenza di Dio ed è Dio che parla con noi creando tutte le cose e presentandoci tutte le cose ai nostri sensi.

È Lui che parla con noi, non sono i nostri sensi.

Non sono i sentimenti che parlano con noi.

È Dio che parla con noi.

E parlando ci fa sentire le sue parole e ci fa quindi vedere le creature che sono sue parole.

E noi proprio perché sono parole, le dobbiamo intendere nel pensiero di Dio, nell'intenzione di Dio.

Perché?

Perché se noi non interroghiamo Dio, non chiediamo a Dio il significato delle cose che Lui ci fa giungere, noi perdiamo il rapporto con Lui.

Noi perdiamo la presenza del TU di Dio.

Direi di più, noi rubiamo a Dio il TU stesso di Dio.

Perché il TU di Dio è una conseguenza della presenza di Dio.

Se noi non guardiamo a Dio, noi non sentiamo il bisogno di interrogare Dio.

Noi non interroghiamo Dio.

Perché Dio fa arrivare a noi le sue parole, i suoi segni, ci fa sentire le cose.

Però se noi, sentendo le cose, non manteniamo le cose stesse unite a Dio e quindi non guardiamo a Dio, non nasce in noi il punto interrogativo.

Non nasce in noi l'interrogazione.

E se noi non sentiamo l'interrogazione, il bisogno di interrogare, noi n on vediamo i pascoli della vita.

Noi non vediamo il cibo.

Ecco il cibo che Dio ci offre è l'interrogazione.

È la possibilità di interrogare.

Quando Cristo ci fa dire “dacci oggi il nostro pane quotidiano”, se vogliamo capirlo nel campo dello spirito, dobbiamo intenderlo in questo modo “dammi oggi l'interrogazione per nutrire la mia giornata”.

Perché Gesù stesso dice “domandate e vi sarà dato”.

“Chiedete e otterrete”.

E cosa vuol dire domandare?

Cosa vuol dire chiedere, se non interrogare?

Ma è Dio che ci dice “domandate e chiedete”.

Anzi aggiunge “Chiedete affinché la vostra gioia sia piena”.

È Dio che dice questo, il che vuol dire che per poco che noi ci scostiamo, scostiamo il nostro pensiero da Dio, immediatamente noi non sentiamo più Dio che dice “chiedi, cerca, bussa, interroga”.

E non sentendo questo, noi non interroghiamo più.

E non interrogando, non abbiamo più fame.

E quando non si ha fame non si trova il cibo.

Non si può vedere il cibo.

Non si vedono i pascoli.

Succede anche qualcosa di peggio perché quando non si tiene conto di Dio, non si guarda Dio, non si pensa Dio, si fa servire Dio ad altro.

A che cosa si fa servire Dio?

Si fa servire Dio ai nostri sentimenti.

Si strumentalizza Dio.

Al centro dei nostri sentimenti c'è il nostro io.

Il che vuol dire che tutte le volte che noi ci lasciamo guidare dal sentimento, dal nostro cuore, noi crediamo magari di essere buoni ma in fondo in fondo siamo egoisti, orgogliosi, ambiziosi nei nostri sentimenti.

Perché lasciandoci guidare dai nostri sentimenti non serviamo noi Dio, facciamo servire Dio al nostro io, a noi stessi.

Al centro dei sentimenti c'è il nostro io, ecco perché al centro dell'albero del bene e del male c'era il demonio.

Al centro dei nostri sentimenti non c'è Dio, c'è il pensiero del nostro io.

Ed è il pensiero del nostro io che ci fa vedere il bello ed il buono e ci fa vivere per ciò che è bello e ciò che è buono, anziché impegnarci a cercare ciò che è vero.

Perché ciò che è vero, cioè la verità si attinge soltanto attraverso l'intelligenza.

Solo attraverso il pensiero.

Il problema era quale è la condizione per vedere i pascoli.

La condizione per potere vedere i pascoli di Dio è non staccare mai il nostro pensiero da Dio.

Perché per poco che il nostro pensiero trascura Dio, immediatamente il nostro pensiero resta succube, determinato da ciò che vede e ciò che tocca, da ciò che entra attraverso i sensi.

E il nostro pensiero non è libero, resta determinato, ed è un guaio grosso, quando ciò che è bello e ciò che è buono (i nostri sentimenti) entra nel campo del pensiero.

Perché il nostro pensiero tende ad assolutizzare ciò che ha presente.

Il nostro pensiero è fatto per glorificare Dio ma a Dio non si resta presenti automaticamente.

Dio è presente a noi indipendentemente da noi ma il rapporto non è reciproco.

Se Dio è presente a noi, noi non siamo mica presenti a Dio.

La presenza di Dio, il TU di Dio viene a senso unico solo da Dio, non viene dal nostro io.

Cioè non è sufficiente ce noi pensiamo Dio per dire che è il TU di Dio, che abbiamo presente il TU di Dio.

Non è sufficiente il nostro pensiero.

Il TU di Dio come realtà, viene non dal nostro pensiero, viene solo da Dio.

Quindi soltanto guardando le cose da Dio, noi restiamo con il TU di Dio.

Altrimenti noi rubiamo a Dio il suo TU.

È soltanto in quanto guardiamo da Dio, questa presenza del TU dell'Altro che parla a me, mi fa trovare, ovunque io mi trovi, cibo di vita.

Perché in tutto io trovo argomento per conoscere, per approfondire, per immergermi, per sprofondarmi nella verità di Dio.

BBB.: Adamo è stata una lezione grande per noi.

Luigi: Per noi, quindi non è perché noi abbiamo a rammaricarci.

Stai attento che quella lezione di Adamo è una grazia per te.

Per evitare che tu abbia a fare lo stesso errore.

Per cui Dio mi fa vedere le conseguenze dell'errore di Adamo.

Perché la perdita del paradiso terrestre è la perdita del rapporto diretto con Dio, è la perdita del TU di Dio.

Infatti Adamo è stato escluso dall'albero della vita che è il TU di Dio.

Il TU mi viene dalla presenza dell'Altro.

Se invece io sono separato dal TU, incomincio a sperimentare la morte quindi la negatività.

BBB.: Adamo ha scelto la via facile e non si è sforzato di capire.

Luigi: A un certo momento Adamo doveva cercare di capire...

Infatti viene rimproverato.

Adamo si è lasciato guidare dal sentimento.

Infatti sia lui che Eva hanno visto la cosa bella e buona (sentimento).

Lasciarsi guidare dal sentimento è la via facile.

Perché quando mi lascio guidare dal sentimento mi giustifico dicendo “ma io sento così”.

Non cerco di capire.

Capire vuol dire cercare il pensiero dell'altro, cioè di Dio.

Questa è una via molto difficile.

E ce ne accorgiamo tutti, quando cerchiamo il significato delle cose fatichiamo.

Ed è logico che dobbiamo faticare perché questa è la via difficile.

Eppure questa è la via della vita.

La via facile, la via del sentimento che porta alla perdizione non ti costringe a pensare.

Ora, pensare vuol dire collegare una cosa con la sua causa.

Cioè collegare le opere di Dio con Dio e questa è una fatica enorme, perché richiede il superamento di tutto di te per guardare le cose dal punto di vista di Dio.

Questa è la via difficile.

Quella facile invece è dire “io sento così” e seguirò l'apparenza delle cose che mi piacciono o non mi piacciono.

“Guardati dal sangue!”.

E noi ci lasciamo guidare dal sangue.

“Questi sono i miei parenti, mio padre, mio figlio...”

“Guardati dal sangue”, è lo stesso, questa è la via facile che ti conduce alla perdizione.

Perché ti separa dal cercare la giustificazione delle cose nel loro principio, in Dio, nel pensiero di Dio, ci separa quindi dal TU di Dio.

BBB.: Poi c'è la raccomandazione di Dio di non mangiare i frutti di quest'albero...

Luigi: Si ma questo “non mangiare i frutti” vuol proprio dire non lasciarti guidare dai tuoi sentimenti.

Tu vedi i frutti quindi “senti”, però non vivere di essi, non nutrirti di essi...

BBB.: Sono dono di Dio.

Luigi: Sono dono di Dio.

Tutte le creature sono parole di Dio ma quando uno mi parla mi sollecita a cercare il suo pensiero.

Il mio compito è capire il suo pensiero, non giudicare se sono parole piacevoli o fastidiose.

Perché se io mi lascio guidare solo dalla piacevolezza di certe parole io vado alla perdizione.

Devo arrivare al pensiero, all'intenzione che l'altro mi vuole comunicare.

Ora in tutte le opere, in tutte le parole che Dio mi fa arrivare, mi vuol comunicare il suo pensiero, cioè il suo TU, la sua presenza.

La sue parole sono per introdurmi nella comunione con Lui che è conoscenza di Lui.

Se invece io mi fermo alle impressioni sono completamente fuori quindi sono condotto alla perdizione.

BBB.: Poi c'è l'importanza di interrogare sempre.

Luigi: Ecco, l'interrogazione è la porta che mi conduce al pascolo.

Però io non posso interrogare se io non guardo Dio.

Per poco che io trascuri Dio, immediatamente non sento più il bisogno di interrogare.

Sono dominato dal sentimento.

E il sentimento non è interrogazione.

Il sentimento è passione di possesso.

Per cui Dio mi fa arrivare le sue parole e io se le ricevo da Dio ascolto ma quando ascolto se non guardo a Dio non interrogo mica.

Per cui io debbo guardare a Dio per poter ascoltare ma debbo ancora guardare a Dio per passare alla fase successiva, cioè all'interrogazione.

E poi interrogando devo ancora guardare a Dio per arriva a capire, perché l'intelligenza mi viene da Dio.

I tre grandi passaggi della nostra vita sono l'ascolto, l'interrogazione e il capire.

Noi il più delle volte ci fermiamo al primo passaggio e falliamo perché quella è la via facile.

Questi tre grandi momenti richiedono per ogni passaggio sempre la presenza di Dio.

Per poco che noi trascuriamo Dio, immediatamente non facciamo più il passaggio.

BBB.: Pensavo all'importanza dell'interrogazione per giungere alla presenza di Dio.

Luigi: È necessario pregare sempre.

Pregare vuol dire elevare la mente a Dio.

È necessario interrogare Dio in tutto.

Colloquiare con Dio in tutto.

Dio è presente a ognuno di noi e noi siamo fatti dalla sua presenza ma questo non significa che noi siamo presenti a Lui.

Infatti noi perdiamo il suo TU.

È dal TU di Dio che io ricevo nutrimento.

Se io perdo il TU di Dio, immediatamente io sono portato via dalla presenza della creazione, delle creature di Dio.

Per cui a questo punto resto dominato dalle creature e non sono più discepolo del Creatore.

Resto figlio delle creature, dominato dalle creature.

A questo punto io ho preferito le creature al creatore.

E questa è l'essenza del peccato.

Ma io preferisco le creature in quanto le creature per me sono sentimento.

Cioè in termini poveri io preferisco il sentimento al capire.

Preferisco la via facile alla via difficile.

Perdo la Vita.

Perdizione.

Questo ci fa capire come si perde la vita.

Proprio nel paradiso terrestre, Dio fa capire a noi, in anticipo come si perde la vita.

Sulla prima pagina del libro della nostra vita, Dio ci ha scritto con Adamo come si perde la vita.

CCC.: Se guardo a Dio arrivo a interrogare questo TU.

Luigi: Se guardo DA Dio.

Perché il TU non viene dal mio guardare.

Il TU deriva dal fatto che ho presente una persona.

Ma non è il mio pensiero che fa essere presente la persona.

Io posso sognare una persona ma per quanto io la sogni, per quanto io la pensi non la faccio essere presente e mi accorgo che sono soltanto io che la penso ma questa persona non è presente.

Cosa è che mi rende presente la persona?

È la persona stessa che si rende presente.

È dono della persona rendersi presente.

Non è opera mia.

Quindi la presenza di Dio è opera di Dio.

Il che vuol dire che soltanto guardando DA Dio, DA Dio...

Ma fintanto che io non guardo DA Dio ma guardo A Dio, io non arrivo al TU di Dio.

Il TU di Dio mi viene DA Dio.

La presenza è lo Spirito Santo, è lo spirito della presenza del Padre e del Figlio.

Quando Gesù dice “noi (Padre e Figlio) verremo e faremo abitazione” non è mica che si spostino, loro ci sono già, siamo noi che dobbiamo essere portati a prendere consapevolezza della presenza del Padre e del Figlio.

Ma chi ci conduce a prendere consapevolezza di questa presenza?

È soltanto Dio.

E come Dio?

DA Dio.

È questo guardare DA-.

Per cui fintanto che guardiamo A-, siamo noi che pensiamo.

Ma fintanto che io penso, non rendo presente assolutamente niente.

Io non posso smentire che Dio sia presente, perché se penso Dio non posso smentire che Dio sia presente, pero soggettivamente per me, Dio non è un TU, il tu sono le creature.

Quelle che mi dominano sono le creature.

Questo è il tu efficace su di me che mi domina.

Non è il TU di Dio.

Per arrivare al TU di Dio io devo passare dal “io penso a Dio” a “Dio genera in me il suo pensiero”.

Questo passaggio avviene in quanto non parto dal mio io che pensa Dio ma guardo DA Dio, perché Dio è il creatore, Dio è il principio.

E se Lui è il principio di tutto è anche il principio del mio pensiero, allora non sono io che penso Dio ma è Dio che si fa pensare da me.

È Dio che genera in me il suo pensiero.

Ma allora se è Dio che genera in me il suo pensiero, allora qui c'è il TU di Dio.

Non c'è il mio io che pensa.

Ma è Dio che pensa in me, per cui io costato il suo TU.

Cioè la presenza, il TU dell'altro è una costatazione che io faccio, non è un pensiero mio, perché fintanto che è pensiero mio io non sono alla presenza dell'altro.

CCC.: Quello che è avvenuto nel paradiso terrestre è lezione per noi...

Luigi: Quindi è Dio che mi avvisa in anticipo come si perde la vita.

CCC.: Però quando l'uomo si rende conto che Adamo è lezione per noi, è già nella situazione di Adamo dopo il peccato.

Luigi: D'accordo.

CCC.: Allora è tutta un azione di recupero che noi dobbiamo realizzare attraverso il pensiero di Dio, per essere riportati al punto primitivo.

Luigi: Il passaggio è attraverso Cristo che muore in croce.

CCC.: Perché se a ciascuno di noi non fosse successa la stessa cosa che è capitata ad Adamo e se non ci fossimo nutriti del pensiero dell'io...

Luigi: Dei nostri sentimenti.

Chiamiamo le cose con il loro nome.

Noi ci lasciamo dominare dai sentimenti, dal cuore.

CCC.: Non sarebbe stata necessaria la morte di Cristo in croce.

Luigi: Certo è logico, certamente.

Adamo si è lasciato guidare dal suo cuore.

Il suo cuore era Eva e il frutto bello e buono.

Tutto lì.

Quindi si è lasciato dominare dal sentimento.

Questa è la via facile.

Non ha cercato di capire il significato di quella tentazione nel pensiero di Dio.

Perché Adamo era tenuto a fare questo.

Infatti è stato rimproverato dal Signore.

E Adamo si giustifica dicendo: “La donna che tu mi hai dato, il serpente...”.

Non lo giustifica mica il Signore.

“Tu dovevi ubbidire a Me”, cosa vuol dire?

“Dovevi cercare presso di Me la ragione di quella tentazione”.

Perché quella tentazione era opera di Dio.

“Tu dovevi cercare presso di Me il significato di quella tentazione”.

CCC.: Ed è chiaro che tutto diventa pascolo, perché tutto è parola di Dio.

Luigi: Se io mi lascio guidare da quello che vedo, tocco e sento spariscono tutti i pascoli.

E io mi trovo in un deserto, terra arida che mi produce triboli e spine.

Adamo in conseguenza dell'aver accontentato il suo sentimento, si trova con una terra che gli produce triboli e spine.

Prima era un giardino, adesso è un deserto.

Ed è l'esperienza di ognuno di noi.

DDD.: Quindi l'anima che interroga Dio, per capire da Dio, recupera il paradiso terrestre.

Luigi: Vorrei però dirti questo: l'anima da sola non può interrogare Dio

Non ci riesci mica.

L'interrogazione a Dio, ti viene da Dio.

Per cui per poco che tu trascuri Dio, tu ti lasci guidare dal sentimento e non interroghi Dio.

È Dio che te la forma l'interrogazione se tu hai presente Lui.

Se io ho presente una persona e quella persona mi sta parlando, ecco che sento il bisogno d'interrogarla ma l'interrogazione mi nasce dall'altro, dal tu.

L'interrogazione è già apertura al pascolo.

DDD.: È già paradiso terrestre perché c'è il TU.

Luigi: Ora il più delle volte noi non interroghiamo.

Perché noi ci accontentiamo di quello che sentiamo.

Per cui tutta la nostra vita è un correre dietro o lasciarsi determinare da ciò che piace a noi, da ciò che è bello per noi ed è un fuggire da ciò che non piace o che diventa penoso.

E qui siamo completamente lontani da Dio.

Nella via facile non hai mica il problema di capire.

Qui non c'è il problema di capire, c'è il problema di possedere.

Io tendo a possedere quello che mi piace e tendo a scartare quello che non mi piace.

Il problema della vita diventa poi in termini ultimi questo.

Cercare di possedere quello che mi piace per cercare di goderne il più a lungo possibile e scartare (all'ultimo scartare la morte) quello che non mi conviene, quello che non mi piace perché quello mi crea della pena.

Per cui tutto il problema della vita noi lo risolviamo così.

Questa è la via facile che ti conduce alla perdizione.

Non è il problema del capire.

EEE.: Per poter interrogare devo già avere scoperto il TU, perché altrimenti non posso...

Luigi: Basta guardare a Dio.

Perché il TU mi viene DA Dio.

Qui siamo nel guardare A Dio.

Abbiamo i legami deboli e i legami forti.

Il legame semplice, debole è determinato da tutto quello che arriva a me senza di me.

Dio creando l'uomo, dà all'uomo la possibilità di pensarlo ma è un legame debole.

Tant'è vero che basta un pensiero per “rompermi” il pensiero di Dio, per farmi dimenticare Dio.
Ecco lì la debolezza.

Noi con il pensiero possiamo passare nello spazio di una frazione di secondo dalla presenza di Dio al Demonio.

Quante volte l'abbiamo visto in Pietro.

Per cui c'è questo legame debole con Dio.

Ogni cosa ci porta via a Dio.

Ogni cosa ci distrae.

Per cui diventa terribilmente difficile restare con Dio.

Il restare con Dio è dono di Dio ed è una conseguenza di quanto noi abbiamo raccolto in Dio.

Per cui più noi raccogliamo in Dio e più abbiamo la possibilità di restare con Dio.

Ma se noi raccogliamo poco, noi possiamo restare poco con Dio.

E se noi raccogliamo niente, noi veniamo a trovarci nella impossibilità di restare con Dio, assolutamente non possiamo restare.

Nemmeno un istante possiamo restare con Dio.

Perché la capacità di restare con Dio, si forma in noi, man mano che noi raccogliamo in Dio.

Quindi Dio fa arrivare a noi le cose, i suoi segni, le creature, per offrire a noi la possibilità di raccogliere in Lui.

E mi dà l'ordine: “Tu non separare, non disgiungere (il che vuol dire che c'è la possibilità di separare) quello che Io ho unito”.

Ma tutte le Sue Parole, tutte le creature sono tutte unite a Dio.

Tant'è vero che ogni cosa, noi sappiamo perfettamente che non siamo noi a farla.

Tutti gli avvenimenti accadono a noi ma non siamo mica noi a determinarli.

Arrivano su di noi e allora sono legati a Dio, al creatore.

Se io non separo la creatura dal Creatore, immediatamente sono portato a cercare di capire, a cercare il pensiero, a interrogare Dio.

E Dio che m'invita a interrogare a domandare.

Perché viene dato a colui che domanda.

Viene aperto ma viene aperto a chi bussa.

E se io non busso, non domando, cioè se non interrogo, non mi viene dato.

E se non mi viene dato, non si forma in me la capacità di restare con Dio.

Quindi c'è questo processo.

Lui mi fa arrivare le cose e io non devo disgiungerle.

Perché per poco che io le disgiungo, le separo da Dio, io cado schiavo del sentimento.

Del sentimento che le cose di Dio provocano in me.

Resto dominato dal sentimento, non cerco più di capire.

Se invece mantengo l'opera di Dio unita a Dio, io sento le cose ma cerco di capire il pensiero di Dio.

Il che vuol dire che qui nel mio pensiero non entra mica il sentimento, ma entra il desiderio di capire il pensiero di Dio.

Quando il sentimento entra nella mia mente, nel mio pensiero qui sono finito, perché essendo dominato dalla passione per l'assoluto, tendo ad assolutizzare quello che sento.

Qui quello che sento non è Dio ma il mio io (sentimento), questo mi porta alla perdizione.

Per cui tutta la mia vita è un assolutizzare.

Vado a cogliere le mele sul larice per tutta la vita.

E questo perché ho fatto entrare il sentimento nella mia mente, nel mio pensiero.

E adesso mi lascio dominare da quello che ho sentito.

Invece se nel mio pensiero tengo unito quello che Lui mi fa arrivare a Dio, nel mio pensiero c'è l'interesse per capire.

Questa è la strada difficile che mi conduce alla salvezza.

Quello vuol dire raccogliere e quindi più raccolgo in Dio più si forma in me la capacità di restare raccolto in Dio, cioè di restare con Dio.

EEE.: Quindi è ancora un guardare A-.

Luigi: Quando interrogo guardo A-.

Il passaggio successivo senza Dio Creatore non lo posso fare.

Perché guardando A-, a chi sto guardando?

Sto guardando a Dio Creatore, perché è Lui che mi ha parlato.

Ma chi è Dio creatore?

Dio Creatore è il principio di tutte le cose.

Ma allora è principio anche del mio pensare.

Ma allora non sono io che penso ma è Lui che mi fa pensare.

Ecco che adesso sto guardando da Dio.

Ecco il passaggio che si richiede.

Per cui io non sono salvato dal guardare a Dio.

Sono salvato dal guardare DA Dio.

Perché lì ho fatto il passaggio.

Ho attribuito a Dio quello che è di Dio.

“Dai a Dio quello che è di Dio”.

Fintanto che dico “sono io che penso” non do mica a Dio il mio pensiero.

Non ho ancora dato il mio pensiero, perché sono io che penso.

E fintanto che sono io che penso, io rubo a Dio il TU di Dio.

E lo perdo.

È come se pensassi a una persona, io fintanto che penso quella persona non la trovo mica.

Per trovare quella persona bisogna che sia lei (principio) a venire da me e allora mi fa costatare il suo tu, altrimenti no.

Altrimenti sono io che sogno, sono mie fantasie.

E noi siamo salvati dal TU di Dio, non dalle nostre fantasie.

Noi possiamo pensare Dio da mattina a sera ma non siamo mica salvati dal nostro pensare a Dio.

Noi siamo salvati dal TU di Dio.

Non si arriva al TU di Dio se non riconoscendo che tutto è di Dio, dando a Dio quello che è di Dio.

Sopratutto il nostro pensiero.

E cosa vuol dire questo?

Riconoscendo che Dio non è l'oggetto del mio pensare ma è il soggetto del mio pensare.

Dio è il principio.

Non sono io il principio del pensare a Dio.

È Dio il principio del mio pensare a Dio.

Ma allora è Lui che genera in me il suo pensiero.

È Lui che si fa pensare da me.

È Lui che viene a trovarmi.

Se è Lui che viene a trovarmi, lì è il TU.

FFF.: Da cosa me ne accorgo se sono sulla via giusta?

Luigi: Me ne accorgo se ho interesse per capire il pensiero di Dio.

Se invece mi lascio dominare dal sentimento, lì sono sulla via facile.

GGG.: Allora la via stretta è una interrogazione continua col pensiero.

Luigi: È necessario pregare sempre.

Perché noi viviamo di pensiero.

E noi moriamo di pensiero.

Perché quando si muore, si muore prima di tutto con la testa.

E quando si vive si vive con la testa.

Se noi non viviamo con la testa, noi possiamo anche fare i missionari da mattina a sera, parlare, urlare e cantare di Dio da mattina a sera ma noi siamo sulla via facile della perdizione.

Perché pregare vuol dire elevare la mente a Dio.

E come si eleva la mente a Dio?

Interrogando, chiedendo, domandando, bussando.

Ecco l'interrogazione.

GGG.: Renderci conto che ogni fatto e ogni parola è Dio che ce la presenta.

Luigi: Certamente.

Questo è poco ma sicuro!

È Lui il creatore!

E se Lui è il creatore perché mi presenta le cose?

Uno che ti parla, perché ti parla?

Ti parla per comunicarti il suo pensiero.

Ma allora debbo arrivare al suo pensiero, non debbo abbracciare le cose che Lui mi presenta.

Lui mi presenta le cose per comunicarmi il suo pensiero.

È nel pensiero che io trovo la vita, non nelle cose.

Le cose sono soltanto un mezzo per comunicare il suo pensiero.

“Se tu oggi senti la parola di Dio affrettati a entrare nella sua pace (nel suo pensiero), altrimenti sarai costretto a vagare nel deserto per 40 anni”.

HHH.: Questo è un passaggio molto importante, quando Dio si propone a me.

Luigi: Ma Lui si propone in continuazione.

Sempre.

Dal mattino alla sera.

Mi sta bombardando con le sue parola.

HHH.: E aderendo alla sua proposta di metterlo come oggetto del mio pensiero, avviene questo passaggio al guardare dal punto di vista di Dio.

Luigi: No, non basta averlo come oggetto.

Bisogna arrivare ad avere Dio come soggetto del mio pensiero.

Fintanto che non arrivo a Lui come principio del mio pensiero, sono sempre io che penso e fintanto che sono io che penso, io non trovo il TU di Dio.

HHH.: Però se non lo faccio oggetto del mio pensiero non posso fare il passaggio successivo.

Luigi: Si, non puoi guardare da Dio.

Come lo spirito della presenza mi viene dalla conoscenza del Padre e del Figlio, mi viene mandato dal Padre per opera del Figlio.

Lo spirito di presenza che è poi questo TU, mi viene dal Padre.

Il TU, tu lo esperimenti soltanto in quanto lo ricevi DA-.

Non in quanto guardi A-.

HHH.: Scoprendolo come soggetto del nostro pensare avviene l'unione con la sua intenzione.

Questa intenzione di Dio cosa è? È il TU?

Luigi: Il TU mi viene dato dalla presenza del Padre e del Figlio, per cui Dio mi fa scoprire che quando io penso Dio, Dio è presente in me.

Ma questo lo scopro da Dio, non basta mica solo la fede.

Non basta la fede.

Io per fede posso dire che Dio è presente in me ma io resto dominato dai miei sentimenti.

IL TU di Dio mi viene dalla verità di Dio.

Perché le cose vengono a noi DA Dio, discendono DA Dio.

Anche la scoperta del cibo, la scoperta che c'è da mangiare, da nutrire, alimentare la nostra vita, mi viene Da Dio, quindi non guardando a Dio ma guardando Da Dio.

Per guardare DA Dio devi passare attraverso questa fede che ti annuncia che Dio è il principio di tutto, anche del tuo pensare.

E fintanto che la tua fede non matura questo, tu non arrivi a questa presenza.

Noi siamo sempre dominati dalla presenza.

A uno che sta soffrendo un tremendo mal di pancia, tu gli puoi far pensare e sognare tutto quello che tu vuoi ma lui resta dominato dal suo mal di pancia.

Perché è dominato da questo, il mal di pancia è la sua presenza.

Noi siamo figli di una presenza.

Fintanto che Dio non ci conduce a trovare il suo TU, cioè la sua presenza, noi siamo dominati dalle altre presenza, per quanti bei pensieri o preghiere noi possiamo fare.

Ma quello che mi domina sono le altre presenza.

È soltanto scoprendo Dio come presenza che Dio qui mi diventa dominante.

E questa scoperta viene dal Padre.

NNN.: C'è una via facile che è quella dei sentimenti.

“Io le cose le vedo così, il mio cuore mi dice così”.

E poi c'è la via difficile che è tenere presente Dio.

Dio è sempre quello che arriva a me mettendomi davanti la vita e la morte ma con la sua parola mi propone di scegliere la vita.

Luigi: Bisogna tenere presente che il problema della vita si risolve in quanto uno si preoccupa di capire, quindi non si lascia guidare dal sentimento.

Solo conoscendola arrivi alla verità.

Tu non arrivi alla verità sentendo.

Se tu vai a cercare funghi con il cuore vai al camposanto, c'è poco da fare.

Col sentimento...”scelgo quei funghi perché sono i più belli, quelli che mi piacciono, con i colori più vivaci” finisci male.

Quindi ci vuole l'intelligenza.

La verità si trova solo conoscendola e non si trova con i sentimenti o con il cuore.

Sono tutte illusioni queste.

PPP.: Questa è la condizione per vedere questo pascolo.

Luigi: Si perché altrimenti non li vedi questi pascoli, tu non trovi da mangiare, tu ti trovi in un deserto arido.

In tutto il mondo, tu non trovi mica il cibo per nutrire la tua anima.

A un certo momento ti accorgi che tutto ti crea tribolazioni e non trovi da mangiare.

PPP.: È un fatto personale, non è un luogo definito.

Luigi: Ecco è un fatto interno.

Per cui quando tu hai come fine il conoscere Dio, ti accorgi che tutto ti provoca, ti suscita argomenti per pensare a Dio.

È un alluvione di argomenti, perché Dio dà con sovrabbondanza.

Abbondanza di cibo.

Non solo ma quello che tu attualmente non riesci ancora a capire, ad assimilare, tu lo raccolga, perché ti servirà domani.

PPP.: Quindi la condizione per potere vedere i pascoli è questa interrogazione che avviene solo se io collego le cose con Dio.

Luigi: Si, perché se non collego non sento il bisogno di interrogare, non ho bisogno d'interrogare, mi accontento di quello che possiedo, di quello che sento ed è finita.

Gioisco di questo, non ho bisogno di altro, non puoi assolutamente interrogare.

Per cui l'interrogazione è una grazia che ti viene da Dio.

Dopo che Dio ti ha fatto arrivare i suoi segni con la creazione, se senti il bisogno di interrogare è una grazia che ricevi da Dio.

Mi manda la sua fame, l'interrogazione è una fame.

PPP.: E questa è la via difficile perché questo interrogare richiede il superamento dell'io.

Luigi: Quando tu dici “il mio cuore sente così, mi dice così”, non hai certo il problema di capire.

A quel punto lì tu credi di avere capito tutto, ti lasci guidare dal cuore.

Se tu invece cerchi di capire ti accorgi a quali difficoltà vai incontro.

La via difficile ti fa' sudare sette camice.

PPP.: Se c'è questo interesse per capire, tutto, anche i sentimenti che Dio ci fa subire, diventano parole di Dio da capire.

Luigi: Tutto, anche quello.

La stessa tentazione, lo stesso albero del bene e del male diventa cibo da mangiare a quel punto lì, perché ti porta all'albero della vita.

PPP.: A questo punto si capisce che tutto quello che Dio ha creato, sentimenti compresi, sono come una pedana di lancio...

Luigi: Per capire.

Per cui ecco la proibizione: “Tu non nutrirai la tua vita di questi frutti”.

I frutti sono i sentimenti, tu non ti nutrirai però di questi frutti.

PPP.: Cercherai di capirli.

Luigi: Cercare di capirli vuol dire passare all'albero della vita.

PPP.: L'albero della vita è l'albero del pensiero di Dio.

Luigi: Certo.

PPP.: L'albero della scienza del bene e del male si è chiamato così dopo il peccato o già prima si chiamava così? Perché prima tutto era buono.

Luigi: Dio quando ha creato l'uomo ha riconosciuto che tutto era fatto molto bene.

Quindi non c'era il male.

Alla sera di ogni giorno Lui riconosce che le cose sono fatte molto bene.

Al termine di tutta la sua opera creatrice, quindi dopo aver creato l'uomo, riconosce che tutto è fatto molto bene.

Il che vuol dire che tutto serve al fine per cui l'uomo è creato: conoscere Dio e renderlo partecipe di quello che Dio è. Per cui il male non esiste.

Il male sorge dentro di noi.

Per cui nella creazione di Dio c'è tutta un opera che noi non dobbiamo fare scopo della nostra vita.

Io non debbo lasciarmi dominare dai miei sentimenti.

I sentimenti li avverto ma questi devono essere motivo per cercare di capire che cosa Dio mi sta facendo arrivare.

PPP.: Non sono oggetto di vita ma sono oggetto di lettura.

Luigi: Si, lettura per capire il pensiero di Dio.

PPP.: Se mi fermo alla lettera e non passo al pensiero resto bloccata.

Luigi: Certamente.

PPP.: Il cibo che Dio ci offre è proprio la possibilità di interrogare.

Non basta pensare Dio per avere il TU di Dio, perché il TU non viene dal nostro pensiero ma da Dio.

Luigi: Per quanto io pensi, io non riesco mica a creare una presenza.

Io posso pensare continuamente al pane e morire di fame.

Il creatore non sono io, il creatore è un altro.

Il Creatore è Colui che mi rende presente il pane, che si rende presente.

Quindi la presenza mi viene dall'altro, non viene da me.

Io posso sentire il bisogno della presenza.

Se tu però tieni presente che la vita mi viene dalla presenza, è l'altro che mi fa vivere, ecco l'importanza di giungere a questa Presenza.

PPP.: E lì c'è anche la certezza, la sicurezza.

Luigi: La sicurezza mi viene dall'oggettività, altrimenti sono sempre del campo della soggettività.

Dio c'è veramente o sono io che lo penso?

Da quello tu non ne esci mica.

NNN.: Interrogare sempre Dio è pregare.

BBB.: Chiedete e otterrete, vuol dire interrogate per avere la luce.

Luigi: Dio dopo averci presentato tutte le cose, dopo aver creato per noi tutte le cose, Lui stesso dice a noi quello che dobbiamo fare: “Bussa, domanda, insisti”.

BBB.: Per farci avere quello che ci vuol dare.

Luigi: Certamente, perché se noi non interroghiamo non possiamo ricevere nel modo più assoluto, perché anche se ce lo desse, noi non possiamo riceverlo.

BBB.: Pensare da Dio.

Luigi: Guardare da Dio, perché la certezza mi viene DA, non da io che penso A.

 

LUNEDI

GGG.: Noi siamo sempre dominati dalle presenze. Però la presenza di Dio non l'abbiamo.

Luigi:  Come non l'abbiamo?

Ho detto che ci sono due presenze.

C'è la presenza del creato e c'è la presenza del Creatore.

Il creato è una presenza sensibile, cioè l'avverti attraverso i sensi, il sentimento.

Il creatore lo avverti attraverso la mente, lo spirito, il pensiero.

Dio abita nel tuo pensiero.

Dio è presente indipendentemente da te, però non lo vedi e non lo tocchi e quello che vedi e tocchi sono i segni di Dio ma non è Dio.

Dio si fa sentire, infatti tu hai la passione dell'assoluto, la passione della verità, però Dio non lo vedi e non lo tocchi.

Perché per vederlo bisogna pensarlo.

La Verità se tu vuoi vederla devi conoscerla e per conoscerla devi dedicarti a essa ma la verità è già presente.

Se non fosse presente non potresti nemmeno pensarla.

Dio si conosce soltanto per mezzo di Dio.

Ma se si conosce solo per mezzo di Dio, se tu non puoi guardare Dio, pensare Dio, tu sei tagliata fuori da Dio.

Se Dio si conosce solo per mezzo di Dio, o tu hai la possibilità di pensare Dio o altrimenti sei nell'impossibilità di conoscere Dio.

GGG.: Noi abbiamo questa presenza nel pensiero.

Luigi: È già dato a noi prima di noi ed è quello che forma l'uomo.

L'uomo è formato da Dio, dalla presenza di Dio.

Non è che Dio faccia l'uomo fuori di Sé.

Dio fa l'uomo con la sua stessa presenza.

Quindi l'uomo è formato, caratterizzato dalla presenza stessa di Dio.

Dio non lo vediamo sensibilmente, non lo vedi con gli occhi e se lo vedessi con gli occhi non sarebbe Dio.

Ma anche nel paradiso non lo vedrai mica con gli occhi Dio.

Comunque sia non lo vedrai certo sensibilmente.

La presenza con lo Spirito Santo non è mica una presenza con li occhi, è una presenza spirituale, è una presenza però non è certamente una presenza esteriore.

Adesso abbiamo presente le creature ma abbiamo anche presente la parola di Dio che ti dice che tu non devi nutrirti della presenza delle creature.

Così come ti dice di vedere gli avvenimenti ma di non giudicare, così ti fa vedere le creature ma ti dice che tu non devi vivere di queste, non devi mangiare questi frutti.

Allora come devi considerare le creature?

Le creature sono segni di Dio, sono parole di Dio, che Dio mi presenta affinché io abbia ad interrogare Lui, abbia a cercare Lui, a conoscere Lui.

Quindi abbia ad elevare la mente a Dio.

Elevare la mente vuol dire pregare.

Solo se elevo la mente a Dio non mi nutro dei frutti del mio sentimento ma se vedo una cosa che mi fa piacere (sentimento), se non tengo presente Dio la faccio mio fine di vita, per averla sempre a mia disposizione.

Io mi sto nutrendo , sto mangiando quello che soddisfa il mio sentimento.

Vivo di sentimento.

Questo mi porta alla perdizione.

Se io cerco di capire, sono sulla via difficile che mi salva, se cerco di possedere quello che mi piace, io sono sulla via della perdizione.

Perché mi sto nutrendo dei frutti dell'albero della scienza del bene e del male.

GGG.: Dio ci salva con la via difficile così ci prova...

Luigi: No, non è motivo di prova.

La via è difficile perché a Dio si arriva attraverso l'intelligenza.

Dio essendo verità lo trovi soltanto conoscendolo.

Per cui Dio ti salva attraverso la conoscenza.

Possedere tante creature non ti salva, tu le possiedi sensibilmente.

Quello che ti salva è la conoscenza, è l'entrare nella vita eterna.

La vita eterna è conoscenza, alla conoscenza arrivi attraverso la via difficile.

Perché tu non arrivi a conoscere una cosa se non ti dedichi a essa.

Dedicarsi!

Dedicare la mente è la via difficile.

Dire che io sento così, che il mio cuore mi dice così, quello è facile.

Non faccio nessuno sforzo per cercare di capire ma Gesù dice che devi capire.

La maggior parte della gente, rifiuta di impegnarsi a capire, a meno che non ci sia un suo interesse personale, altrimenti se possono farne a meno si lasciano guidare da ciò che sentono e giustificano tutto in “io sento così” e quello ti porta alla perdizione.

Invece per giungere alla salvezza, devi impegnarti a capire e il capire mi viene solo da Dio.

GGG.: Devo superare tutto il resto.

Luigi: Devo superarlo nel senso che se mi devo dedicare a Dio, non mi posso dedicare a altre cose.

Tutto l'universo non è Dio....e allora non puoi pensare contemporaneamente a due cose.

O pensi al creatore o pensi a qualcosa o qualcuno del creato.

E se pensi Dio non puoi pensare al mondo, alle cose del mondo.

Devi pensare a Dio.

Il capire ti viene soltanto da Dio e allora ti devi impegnare a pensare Dio, ecco che allora lì diventa difficile.

GGG.: Il guaio è quando le cose che esperimentiamo diventano nostro pensiero.

Luigi: Diventano pensiero perché le cose che vediamo e tocchiamo sono sensibili e devono sollecitare il nostro pensiero ad elevarsi a Dio, ad interrogare Dio.

Ma al centro dei tuoi pensieri ci deve essere Dio, non ci deve essere il sentimento.

Se invece io ricolgo il mio pensiero alle creature, se faccio entrare nel mio pensiero la creatura, succede che il mio pensiero (per la passione d'assoluto) vuole che questa creatura sia assoluta.

Allora subentra questo lavoro, questa fatica per cercare di rendere assoluto, quello che assoluto non è e non può essere.

È la fatica per restare sempre con una persona ad esempio, per sposarsi, per convivere con una persona.

A un certo momento diventa una fatica enorme, perché si tende a rendere assoluto quello che assoluto non può essere.

Questa è la via facile, perché tu ti lasci guidare da quello che senti, anziché essere intelligente per cercare di capire.

Se a te piace la bignola, la bignola adesso entra nel pensiero e adesso ti organizzi per costruirti un magazzino di bignole per avere sempre le bignole a disposizione.

GGG.: Magari faccio pure sacrifici.

Luigi: Certamente è logico. Però non cerco il significato presso Dio di questa bignola che mi piace, io cerco soltanto di possederla.

In quanto sono separato da Dio, tendo a possedere il mondo.

Quando invece sono con Dio cerco di capire che cosa Dio mi dice attraverso le cose del mondo.

Allora capisco che tutto è parola di Dio se tengo presente Dio.

E sapendo che è parola di Dio non mi interessa possederla.

Non serve possedere le parole, è necessario capirle le parole.

SSS. Quale è la differenza tra l'essere con il TU di Dio, con la presenza costatata e l'essere con il TU di Dio per fede?

Luigi: Per fede, tu sei con il TU di Dio in quanto sapendo che tutto è creazione di Dio e che quindi Dio è il principio di tutto, ogni cosa la riporti a Dio, la dai a Dio e cerchi di vederla secondo Dio, da Dio.

Allora quando cerchi di vedere la cosa da Dio e sei nel campo della fede, hai Dio come principio.

Tu pensi a Dio, sei tu che pensi a Dio.

Quindi siamo nel campo della fede.

Pensi a Dio, perché Dio è il creatore di tutte le cose.

Allora pensando a Dio, per fede prendi consapevolezza che Dio è il creatore di tutte le cose, che è il principio di tutto, anche del tuo pensare.

Ed è qui che vieni capovolta.

Prima sei partita dal “io penso a Dio” ma pensando a Dio non puoi fare a meno di tendere a guardare le cose da Dio.

Dio è il principio di tutte le cose,quindi anche del tuo pensare e quindi Dio diventa il soggetto del tuo pensare.

È Dio che si fa pensare da te, ecco che nasce il TU.

Nel tuo pensiero sorge il TU di Dio.

Sorge per fede, da Dio Creatore.

Ma quando sei giunta qui, prima no, prima sei con il tuo TU.

Prima non sei mica con il TU di Dio.

Fintanto che sei tu che pensi a Dio, tu non sei con il TU di Dio.

Si per fede se dico che Dio è presente non lo puoi negare, però non lo esperimenti, non lo tocchi, non c'è la consapevolezza di avere il TU di Dio presente.

SSS.: Però già nell'interrogazione posso giungere a capire che Dio è il principio del mio pensiero, perché è Dio che fa sorgere in me l'interrogazione.

Luigi: No, nell'interrogazione sei sempre tu che stai guardando a Dio e Dio ti fa sorgere l'interrogazione ma non ti rendi mica ancora conto.

Quando tu interroghi una persona cosa succede?

Tu interroghi una persona e gli dici “dimmi il tuo pensiero”, cioè “fammi vedere le cose dal tuo punto di vista”, tu ti rendi disponibile a guardare le cose dal punto di vista dell'altro.

Ed è guardando dal punto di vista dell'altro che ti rendi conto che è Lui che ti fa interrogare.

È guardando dall'altro che scopri che l'altro è il soggetto e non è l'oggetto di quello che tu cerchi o di quello che tu pensi.

Per cui è Lui che si fa pensare da te.

È Lui che mette in te la sua interrogazione.

Qui tratti con il TU ma perché ti ha fatto scoprire che è Lui il soggetto.

Tu tratti con un tu, in quanto ti trovi di fronte a uno che è soggetto di te, non oggetto di te.

Fintanto che l'altro è oggetto di te, tu sei con il tuo tu, non sei con il tu dell'altro.

A quel punto, se tu continui a pensare a te, tu strumentalizzi l'altro, tu rubi all'altro il suo tu, lo strumentalizzi.

Quando si strumentalizza cosa succede?

Che tu cosifichi l'altro e perdi la persona, perdi la personalità, diventa una cosa.

Ad esempio il padrone che considera gli operai come mezzo per raggiungere il suo fine, strumentalizza gli operai, per lui gli operai non sono mica persone, non sono un tu, per lui gli operai sono delle cose, son dei mezzi, il suo tu è il suo fine.

E noi corriamo anche il rischio di cosificare Dio.

Per cui noi stessi rubiamo a Dio il suo TU e lo perdiamo.

Perché il TU di Dio non viene da noi, il TU di Dio viene soltanto da Dio.

E fintanto che tu non passi da “tu che stai guardando a Lui”, al “guardare da Lui”, tu non scopri questo TU.

Per cui non basta interrogare per trovare Dio.

L'interrogazione ti deve portare a guardare da Dio, perché in quanto tu interroghi, cerchi di guardare le cose dal punto di vista dell'altro.

Ed è quando guardi dall'altro che scopri il tu dell'altro.

O meglio: è l'altro che ti fa scoprire il suo tu.

Prima no.

SSS.: Nel Dio messo prima di tutto è facile cercare Dio in quanto questo diventa il nostro interesse.

Luigi: È Dio che determina l'interesse.

Se io tengo presente Dio vuol dire che metto Dio prima di tutto, in tutto.

Perché Lui è il creatore per cui mettendolo prima di tutto lo metto al suo posto.

Se metto Dio prima di tutto, Dio stesso mi fa capire che tutto quello che arriva a me, è opera sua.

Se tengo presente Dio, nell'opera che Dio mi fa arrivare vedo il bisogno d'interrogare, quindi è Lui che fa sorgere in me l'interrogazione, per cercare di capire che cosa Lui mi vuole dire.

Ma, ogni passaggio richiede sempre la presenza di Dio.

Se io trascuro Dio, cessa il cammino, mi fermo al punto in cui mi trovo, per cui decado, non posso avanzare.

È Dio che mi fa avanzare.

Devo sempre tenere presente Dio.

Dio non mi fa avanzare automaticamente, perché noi non siamo ingranaggi di una macchina.

Dio ci fa avanzare, in quanto lo teniamo presente.

Dio non è presente in me automaticamente.

Dio è presente in me e questo è scontato, perché Lui non è uno che si muove da un luogo all'altro.

Però non basta che Lui sia presente a me, bisogna che io sia presente a Lui.

E per essere presente a Lui devo pensarlo.

E il pensiero non è una cosa automatica.

Io posso pensare a Lui ma posso pensare ad altro.

Allora io ho Dio prima di tutto se penso a Lui, se in tutto tengo sempre presente Lui, è Lui che opera, è Lui che parla, è Lui che mi interroga ma è sempre Lui.

Allora resto nella sua iniziativa.

Se resto in Lui faccio il cammino e passo dall'accettare tutto da Dio, ascoltare, interrogare, al cercare di vedere le cose dal suo punto di vista e quello diventa il capire.

PPP.: Questa scoperta del pensiero oggettivo di Dio coincide con la scoperta del TU di Dio o non necessariamente?

Luigi: Noi non ci rendiamo conto di cosa è questo TU.

Tu come ti rendi conto che sei di fronte a una persona? Ad un tu dell'altro?

E come ti rendi conto di perdere la presenza del TU.

Perché io perdo la presenza del TU quando guardo l'Altro nel mio pensiero.

Se io guardo l'altro nel mio pensiero, io perdo la presenza del tu.

Considero l'altro come una cosa.

Perché il tu dell'altro, non è opera del mio pensare.

Il tu dell'altro non dipende da me.

Dipende dall'altro.

Ma allora si richiede che in me ci sia tutta questa attenzione all'altro.

A quello che mi viene dall'altro.

Ma se invece io rivolgo la mia attenzione a me stesso, all'altro io rubo il suo tu, glielo porto via.

PPP.: Però è rubato solo per me.

Luigi: Certo, l'altro è tale e quale, però io glielo rubo.

Io non faccio più esperienza del tu dell'altro.

Io divento figlio delle mie opere.

Tant'è vero che io perdo il tu dell'altro ma lo perdo perché glielo rubo.

PPP.: Questo rubare il tu detto con altre parole significa appropriarsi della presenza dell'altro?

Luigi: Mi approprio della presenza dell'altro.

Io non me ne rendo conto ma mi approprio della presenza dell'altro.

Perché la presenza è dono dell'altro e io me ne approprio perché la faccio servire a una mia presenza.

E mi metto in un errore infinito perché la mia stessa presenza è opera della Sua presenza, per cui inauguro qui un errore che va all'infinito.

La mia presenza è effetto della Sua presenza e se io rubo a Lui la sua presenza, quindi la strumentalizzo alla mia presenza, io inauguro un errore che mi porta alla perdizione eterna.

Perché annullo me stesso.

Io più guardo all'Altro e più esisto, perché è l'Altro che mi fa essere, perché la mia presenza dipende dalla sua presenza, se io invece rubo all'Altro la Sua presenza, io distruggo me stesso.

PPP.: La morte del Cristo che è la morte dell'autore della nostra vita.

Luigi: Certo l'autore della nostra vita.

PPP.: Dio ha trovato il modo di restituirci questo TU che noi abbiamo rubato, attraverso il Cristo che muore in croce...non poteva fare diversamente?

Luigi: Dio non è mica costretto...

PPP:: Quando io uccido Dio in me stessa, esperimento necessariamente l'assenza oppure questa assenza è un dono d'amore di Dio che ce la fa esperimentare? Non è costrizione esperimentare l'assenza di Dio.

Luigi: Noi non possiamo nel modo più assoluto renderci conto che l'assenza è un dono di Dio.

Noi esperimentiamo l'assenza, il silenzio, la morte di Dio.

PPP.: Per noi non è dono...

Luigi: No, no,no, per noi è proprio esperienza d'assenza, è presenza, la esperimento come realtà.

L'assenza di Dio è la realtà in cui io mi trovo.

“Dio non lo vedo, per me non esiste perché quando chiedo, invoco e supplico Lui non risponde o risponde in modo negativo, quindi per me non esiste”.

E questo mi crea un dubbio eterno dal quale non posso mica uscirne.

Perché faccio esperienza del “non Dio”.

È un anti-mondo quello che io esperimento.

È un anti-realtà.

Come c'è l'antimateria c'è l'anti-realtà e io faccio esperienza di questo.

PPP.: E vista da Dio questa esperienza...

Luigi: Vista da Dio è tutta un altra cosa...

Ma questo è soltanto da Dio e per arrivare a vedere le cose da Dio ci vuole tutta una vita...

Visto da Dio tutto è positivo.

Ma quando tu sei schiava di te stessa tu non puoi vedere da Dio.

PPP.: Il dono con cui Dio mi fa esperimentare la sua assenza è un dono libero di Dio, Dio non è costretto a farmi questo dono.

Luigi: L'esperienza della Sua assenza, è conseguenza di un mio peccato e per me è costrizione, io esperimento questo, vado all'inferno ma non ne esco.

Non ne esco perché è costrizione, lo subisco.

Adamo quando ha mangiato il frutto dell'albero proibito, è stato costretto a uscire dal paradiso terrestre, cioè ha perso il rapporto con Dio, non ha mica fatto un atto libero.

PPP.: Solo la morte in croce di Cristo mi fa capire che questo è un dono di Dio.

Luigi: Mi dà la possibilità.

Ma vedendo le cose da Dio tutto è positivo.

Se vedo le cose da Dio, Dio è presente sempre in tutto, sia nei doni che mi fa, sia nei doni che non mi fa.

Ma il vedere da Dio non dipende mica dalla tua volontà o dal tuo pensare.

PPP.: Il passaggio per arrivare lì è cercare di capire la morte di Cristo in croce.

Luigi: Solo attraverso quello.

Altrimenti si resta tagliati fuori.

Perché tu hai un dato che non puoi ignorare e se tu lo ignori ti spacchi la testa.

È come se tu volessi ignorare una curva, vai avanti con la macchina e finisci nel burrone.

Perché la realtà è realtà.

Ora, questa assenza di Dio è una realtà che piomba addosso a noi.

Tu puoi anche dire che credi che c'è la presenza di Dio nella sua assenza ma la realtà è che tu ne esperimenti l'assenza. E necessariamente arriva il momento in cui sbatti contro il dubbio.

Il dubbio perché tu non puoi eliminare Dio dal tuo intelletto, però fai esperienza che Dio non c'è e quindi ti resta il dubbio.

Il dubbio è dato da due cose in contrasto che non si risolvono e quello non si risolve.

Da una parte Dio non puoi negarlo, dall'altra invece c'è la negazione di Dio, e chi ti libera da quello?

Quando una creatura è nel dubbio, resta minata nell'intelletto, nell'intelligenza, nella volontà e in tutti i suoi rapporti di vita, perché è una persona che si sgretola.

Nel dubbio tu perdi ogni capacità e a un certo punto la tua volontà è paralizzata.

Non puoi più volere, non puoi più vivere.


Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Gv 10 Vs 9 Riassunti Domenica, Lunedì.


- RIASSUNTI -


Argomenti: I passi di Dio – Paura, gioia e conoscenza – Sopportare Dio – Il cieco di Gerico – L’interrogazione – I tre volti della paura – Violenza, fuga, stress – La sicurezza di Dio – Raccogliere o disperdere – Il settimo giorno – Il frutto della terra – La pace dell’uomo è nella Luce – La vanità del tutto – Il riposo di Dio – I misteri della creazione – Il peccato di Adamo e la paura – L’interrogazione della croce – Fermarsi ai sentimenti – Assoluto e segni dell’assoluto – L’albero della vita e della scienza del bene e del male – Il dialogo di Adamo con Dio – Il settimo giorno è il compimento – La caduta di Adamo – La funzione dei sentimenti – Il TU di Dio, il suo dono – Il furto del TU di Dio – La cacciata dal paradiso terrestre – L’assenza di Dio – Schiavi del peccato – Il Figlio del peccato dell’uomo – La vittima e l’assassino – La resurrezione con Cristo – L’entrare e l’uscire – L’opera di Dio interna ed esterna – Il respiro dell’anima – Partecipare alla generazione del Figlio dal Padre – Essere e persona -


 

13-14/Maggio/1990 Casa di preghiera Fossano.