“…ma tutto quello che Giovanni ha
detto di Lui era vero, e molti credettero in
Lui.” Gv 10 Vs 42 Primo tema.
Argomenti: Concepire e
identificare.
Segni e parole. La Verità che salva
è dentro di noi. La formazione del Pensiero di Dio
in noi. Creazione, segni, parole, pensiero.
Nel Pensiero di Dio si rivela il Principio del Pensiero stesso. Noi vediamo le cose per differenza dall’Assoluto.
Il frammento è una categoria, un segno del "tutto".
Il segno è manifestazione di Dio alla nostra intenzione. La
"parola" è una manifestazione “di” un’intenzione. La Parola di Dio ci dà la possibilità di concepire Dio.
Concepire la singolarità di Dio. Dio si concepisce,
(Maria) attraverso il Pensiero puro di Dio. È l'intenzione di Dio che ci
fa concepire. La parola che si fa carne.
13-14/Dicembre/1992 Casa di preghiera Fossano.
Siamo giunti all’ultimo versetto del cap. X di san
Giovanni, il 42, in cui sì dice: "..ma tutto quello che Giovanni ha detto
di Lui (Gesù) era vero.
E molti credettero in Lui".
È l'ultimo versetto,
e se Dio vuole, ne concluderemo i commenti con l'ultima domenica di quest'anno.
È un
versetto che chiude il capitolo decimo, però mentre chiude nello stesso tempo
apre agli argomenti del cap. XI che è un capitolo caratteristico perché divide
tutto il Vangelo di san Giovanni in due parti: è una cerniera tra le due parti
del Vangelo di san Giovanni:
-la prima parte, fino al capitolo decimo, la "parte
dei segni"
-la seconda, dal dodicesimo in avanti, la "parte
delle parole”
Ecco: segni e parole. E proprio l'argomento di questa
sera verte su questo fatto: "segni e parole".
Per questo, dico, mentre chiude gli argomenti del
capitolo decimo apre agli argomenti del capitolo undecimo.
Qui prima la folla aveva affermato che certamente
Giovanni non fece alcun "segno", e siamo nel campo dei segni.
Adesso troviamo: "ma
tutto quello che Giovanni ha detto di Lui era vero” e siamo nel campo delle
parole.
Quindi fa una distinzione tra "segni":
"Giovanni non fece alcun segno”, e "parole": "tutto quello
che Giovanni ha detto (=parole) di Lui era vero!”.
Nell'ultimo argomento che abbiamo trattato, abbiamo
approfondito l'argomento della identificazione: identificazione dì Cristo,
identificazione di Dio, cioè identificazione della "realtà".
Ed abbiamo visto che l'identificazione di una cosa
dipende da un termine fisso che sì è formato nell'uomo, un termine interiore,
quindi personale: il termine del concepimento, del concetto di quella cosa.
Ognuno può identificare una realtà (abbiamo riportato
l'esempio della stella alpina e abbiamo insistito molto su di esso), ognuno può
identificare una realtà fuori di sé, quindi indipendente da sé, solo in
relazione a ciò che ha concepito dentro di sé.
Soltanto colui che ha capito cos'è una stella alpina in
modo da non confonderla con nessun altro fiore, ha la possibilità di
identificare la stella alpina quando la trova come realtà.
La realtà certamente non dipende da noi: non siamo noi a
farla!
Noi con tutte le nostre conoscenze, con tutte le nostre
scienze sulle stelle alpine, certamente non possiamo fare una stella alpina.
Però la condizione per poter identificare una stella alpina è che in noi si sia
formata la conoscenza, l’identificazione, si sia formato il concetto di che
cos'è una stella alpina.
I concetti si formano in noi per confronto tra le realtà
esterne ed è tutta misericordia di Dio che, data la nostra poca intelligenza,
ci aiuta a capire il concetto di una cosa mettendocela a confronto con altre:
ci aiuta a capire cos'è una stella alpina in quanto ce la fa confrontare con le
margherite, con le rose, con tutti gli altri fiori, e ci fa notare la
singolarità che c'è nella stella alpina. In noi si forma il concetto di una
cosa per differenza, per rapporto, in quanto possiamo mettere in evidenza
quello che caratterizza tra tutti gli altri fiori, quel fiore, la stella
alpina.
E così anche per tutte le altre conoscenze: il concetto
di chi è una persona, un esistente, ecc., si forma in noi per differenza, per
confronto.
Si forma così in noi la capacità di identificare quella
cosa quando troviamo nella realtà quella cosa.
Questo processo di identificazione come rapporto ci dà la
capacità di capire la differenza che passa tra i segni e le parole e di capire
la loro funzione: "segni" che Giovanni Battista non fece, leggiamo qui,
e "parole" che Giovanni battista disse su Gesù.
Giovanni Battista non fece alcun segno, ma anche Gesù ad
un certo momento si rifiutò di dare un segno, quando Gli chiesero: "Dacci
un segno, affinché noi possiamo credere in Te!"
Sembra che la richiesta sia giusta: "dacci un aiuto!
dacci un segno, affinché noi possiamo credere".
Gesù si rifiuta e dice: "Nessun segno sara dato a
questa generazione" (Mt 16,4).
E qual è questa generazione?
A questa generazione che chiede un segno per credere.
Allora possiamo anche intuire perché Giovanni Battista
non fece alcun segno, non diede alcun segno.
Mentre qui si dice che Giovanni non diede alcun segno e
Gesù si rifiuta di dare un segno, qui si dice anche: "tutto quello che
Giovanni Battista ha detto di Lui – cioè tutte le parole che ha detto su Gesù -
erano vere!"
Questo ci fa capire che c'è una differenza ed è una
differenza grande tra i segni e le parole, perché i segni Giovanni non li dà e
Gesù si rifiuta di darli, ma le parole Giovanni le dà in abbondanza: "tutto
quello che ha detto di Lui, era vero!”.
Che differenza c'è tra segni e parole?
Quante volte abbiamo detto che le parole sono dei segni,
ma se sono dei segni che differenza c'è?
Gesù dice che “I cieli e la terra passeranno, ma le mie Parole
non passeranno" (Mc 13,31).
Ora i cieli e la terra sono dei segni.
Tutta la creazione di Dio, tutto l'universo di Dio,
essendo tutto opera di Dio Creatore, tutto è segno di Dio.
Abbiamo detto che essendo segno è anche parola: dal segno
si arriva poi alla parola.
Però qui Gesù con queste sue parole fa una distinzione.
Evidentemente c'è una differenza tra i segni e le parole,
perché dice: “I cieli e la terra (=segni) passeranno (i cieli e la terra
passano, i segni passano), ma le mie Parole (= Parole di Dio) non passeranno
(non passano)".
Che differenza c'è tra questi segni che passano e questi
segni "parole" che non passano?
Ecco è necessario capire questa differenza per capire la
loro funzione, perché è ancora necessario approfondire la condizione essenziale
per giungere all'identificazione di Dio.
È
necessario capire la funzione dei segni e delle parole, proprio perché c'è
stata precedentemente questa riflessione sulla condizione per poter
identificare le cose, la realtà.
Chiamo "realtà" ciò che non dipende da noi né
dal nostro pensiero, né dai nostri pensieri.
L'identificazione di ciò che non dipende da noi è
dipendente, quindi presuppone la formazione in noi del concetto di ciò che noi
troveremo indipendentemente da noi.
Questo è facile per quel che riguarda il mondo esterno,
la realtà esterna, ma non è così semplice giungere all'identificazione della
Realtà interna.
C'è infatti tutta una realtà esterna (e anche questa è
concessione, misericordia di Dio data la nostra incapacità di restare con Lui
nello Spirito) che presuppone la formazione in noi del concetto di essa per
poterla riconoscere, identificare ed è preparazione per giungere
all'identificazione di quella “Realtà interna" che abita in noi e che è
quella che ci salva, perché la Verità non è fuori di noi e non la troviamo
fuori di noi.
Non basta riconoscere tutte le realtà esteriori, non
basta poter identificare tutte le cose, tutte le creature o tutte le persone
che fanno parte del mondo esterno attorno a noi: questo non ci salva!
Tutte le scienze di questo mondo non possono salvare noi.
Conoscessimo tutte le scienze del mondo non sarebbe
sufficiente per salvarci, assolutamente, anzi!
Perché?
Perché la Verità che salva non abita fuori di noi.
La Verità che salva è dentro di noi.
Ma abbiamo già accennato che se la Verità che ci salva è
dentro dì noi, questo ci fa correre un grande rischio ed è il rischio di
confondere la Realtà interiore con quello che noi pensiamo.
Perché, come facciamo noi a distinguere la Realtà interiore
dal nostro pensiero che è pure interiore?
Per noi è facile distinguere il filo d'erba da quello che
siamo capaci di fare, perché certamente il filo d'erba non l'abbiamo fatto noi
(e nel filo d'erba faccio rientrare tutto: stelle alpine, alberi, fiori, creature,
ecc.), quindi tutta la realtà esterna non siamo noi a farla. Noi possiamo sognare tutto quello che
vogliamo, ma certamente non siamo in grado di fare un granello di sabbia.
La "realtà" dipende da Dio Creatore.
È Dio
Creatore che forma la realtà davanti a noi, che fa la presenza delle cose.
Ho detto che però tutta questa realtà esterna non ci
salva, pur essendo necessaria per far capire a noi la nostra situazione, la
nostra vera dimensione, i nostri limiti e la grandezza di Dio, la presenza di Dio
che opera e parla in tutto.
È
necessaria, ma tutto questo non è sufficiente per la nostra salvezza.
La nostra salvezza sta nell'arrivare alla vita eterna e
la vita eterna sta nel conoscere Dio.
La conoscenza di Dio si ha soltanto per mezzo di Dio, e quindi
evidentemente, conoscessimo tutto ciò che non è Dio, avessimo quindi la scienza
di tutte le cose, questo non sarebbe sufficiente per la nostra salvezza.
Dio si conosce solo per mezzo di Dio e per trovarlo
dobbiamo conoscere il luogo in cui Lui è.
Dio non abita fuori di noi.
Abbiamo visto che Dio abita in un luogo ben preciso. Dio
non abita dappertutto.
Dio si annuncia in tutto, ma non abita dappertutto. Dio
abita in un luogo ben preciso.
E soltanto quando noi lo cerchiamo in quel luogo ben preciso,
noi Lo possiamo trovare.
Quel luogo ben preciso è dentro di noi ed è il Pensiero
di Dio.
Però, ho detto, qui c'è il rischio di confondere la
Realtà, la Verità con quello che noi pensiamo.
È come se
noi dicessimo: "io conosco, penso un filo d'erba e il filo d'erba c'è
perché sono io che lo penso", e faremmo un errore gravissimo perché il
filo d'erba esiste sia che io lo pensi o che non lo pensi.
E così: Dio esiste sia che lo pensi, sia che non lo
pensi.
Però Dio è dentro di me.
Dio è dentro di me, dentro ognuno di noi: non è fuori di
noi.
E allora come poter attingere questa Realtà oggettiva che
esiste indipendente da noi e che pur abita dentro di noi, per trovare la quale
non basta che noi la pensiamo?
È
assolutamente necessario che noi la pensiamo, però non basta.
Il pensiero è essenziale, altrimenti Dio non ce l'avrebbe
dato.
Il pensiero ha una funzione importantissima: guai a chi
disprezza il pensiero!
Perché il pensiero è l'unico canale attraverso cui noi
possiamo collegarci con Dio e giungere a conoscere la Verità.
Come per identificare una cosa è essenziale che noi prima
pensiamo quella cosa e la pensiamo in modo da poterla distinguere da ogni altra
cosa, così è per Dio.
La stella alpina dobbiamo imparare a conoscerla, quindi
ad a verla come nostro pensiero, ad averla presente nel nostro pensiero come
differente da ogni altro fiore e a conoscere la differenza che c'è tra la
stella alpina e ogni altro fiore.
Così è essenziale il pensiero, il Pensiero di Dio per
giungere a identificare Dio, quel Dio che abita dentro dì noi e dire: "sei
Tu”, per giungere a poter confermare, a poter dire (ed è un'esclamazione):
"sei tu!", quindi una constatazione di una Realtà.
Dico, per arrivare a questo è essenziale che in noi ci
sia questo Pensiero dì Dio, che in noi si sia formato il Pensiero di Dio e che
si sia formato il Pensiero di Dio in modo da distinguere Dio da ogni altro
esistente, perché fintanto che noi confondiamo Dio con qualche altro esistente,
certamente siamo in confusione e non potremo mai identificare Dio, come noi non
potremo mai identificare una stella alpina, se prima non abbiamo capito che
cos’è una stella alpina.
Quindi, dico, il pensiero è essenziale perché è la
condizione per poter capire cos'è Dio.
Soltanto quando in noi si sarà formata questa conoscenza
personale (il pensiero è personale, nostro) noi avremo la possibilità di
identificare Dio.
Si identifica in quanto si trova una Realtà che non
dipende né da noi né dal nostro pensiero: non dipende più dal nostro pensiero!
È una Realtà
che deriva da Dio, che dobbiamo dedurre da Dio, e soltanto quando questa Realtà
coincide con quel concetto di Dio che si è formato dentro di noi, noi possiamo
a quel punto dire: "sei Tu!".
Lì possiamo identificare Dio! In caso diverso noi eternamente se non avremo
interiorizzato Dio, ci troveremo di fronte a Dio, ma ci troveremo
nell’impossibilità di riconoscerlo, di identificarlo così come ci troveremo di
fronte ad una stella alpina senza aver la possibilità di dire: “questa è una
stella alpina”, perché non l'abbiamo dentro di noi.
Quindi ci sono questi due termini, ben chiari e ben
precisi che adesso ci aprono a capire questa distinzione tra quello che è il
segno e quello che è la parola e la loro funzione, in vista del concepimento e
dell'identificazione della Realtà Dio.
A questo punto dobbiamo chiederci: che cos'è un segno?
E dobbiamo dire cos'è un segno in modo da poterlo
distinguere dalla parola.
E soprattutto dobbiamo chiederci: che cos'è una parola?
E quand’è che c'è una parola?
E poi ha grande importanza capire qual è la funzione del
segno e qual è la funzione della parola.
Dobbiamo tenere ben presente sempre la parola del Cristo,
perché è quella che ci aiuta ad approfondire.
Gesù dice: "i cieli e la terra
passeranno".
Quindi i segni sono soggetti al passare: tramontano,
mutano, non possono restare.
Invece le parole di Dio non passano.
E allora dobbiamo chiederci: cos'è che distingue i segni
dalla parola al punto tale che i segni passano e le parole no?
E come possiamo capire che passano in modo che possiamo
distinguerli dalle parole di Dio che non passano?
E perché i segni passano e perché le parole di Dio non
passano?
Che significato ha tutto questo?
Tutto questo è per noi, perché tutto questo è fatto da
Dio per noi, ed è fatto da Dio per che cosa?
Perché Dio opera tutte queste cose per noi?
Perché Dio ci pone di fronte a segni meravigliosi che
passano?
Ha fondato i cieli, la terra, queste meraviglie che sono
attorno a noi, però sono tutte meraviglie soggette al tempo, meraviglie che
passano: segni! Segni e non parole!
Non parole perché Gesù dice che le sue Parole non
passano.
Tutta questa creazione di Dio, meravigliosa, stupenda,
che ci stupisce in ogni punto in cui noi ci fermiamo ad osservare, è tutto un
segno di Dio perché Dio in tutte le sue opere non fa altro che significare Se
stesso. Però tutti questi segni passano. Le parole non passano!
Dunque ci sono questi segni e ci sono le Parole di Dio.
Quindi abbiamo "segni" ed abbiamo parole.
Quando accenniamo al termine "parole",
immediatamente il pensiero corre al significato, al pensiero, all'intenzione di
colui che la dice, perché la parola è tale in quanto ci comunica un pensiero,
ci fa passare al Pensiero di Colui che la dice.
E allora abbiamo tutta questa opera meravigliosa di Dio
che è costituita da: creazione, segni, parole, pensiero.
E quando si arriva al pensiero, il passaggio a Dio è
molto vicino.
Il Regno di Dio è molto vicino nel pensiero. Perché?
Perché è nel Pensiero di Dio che si rivela il Principio
del Pensiero stesso.
È nel
Pensiero di Dio che si rivela il Padre.
Il Padre si rivela solo a suo Figlio!
Ora in quanto Gesù ci dice che il Padre si rivela solo a
suo Figlio e a nessun altro, al punto tale che il Figlio di Dio dice:
"Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me"(Gv 14,6), qui
abbiamo un passaggio obbligato: una singolarità.
Qui Dio ci rivela una grande cosa: ci rivela come noi
arriviamo al pensiero e al Pensiero di Dio, lì c'è la possibilità per noi di
capire il Padre, di conoscere il Padre, perché il Padre si rivela solo al suo
Pensiero.
È
assolutamente necessario a questo punto che noi ci rendiamo conto, che capiamo
che cos'è un segno e che cos’è una parola e che lo capiamo al punto tale da
poter dire: sì, è vero: i segni passano, le parole non passano.
I segni sono dati all'uomo.
E ci chiediamo: che cos'è un uomo?
L'abbiamo detto molte volte: l'uomo è un campo di
eternità; porta in sé la passione di assoluto perché porta l'Assoluto in sé.
L'uomo è un essere che tutte le cose che vede, tocca ed
esperimenta, le vede, le tocca e le esperimento nella categoria dell'Assoluto,
Infinito, ed Eterno.
Noi crediamo di vedere le cose così come sono, ma in
realtà noi vediamo le cose in quanto in continuazione le confrontiamo con
l'Assoluto, l'Infinito, l'Eterno che portiamo in noi, cioè, profondamente, le
confrontiamo con Dio.
Noi vediamo tutte le cose del nostro mondo e ne facciamo
esperienza in quanto abbiamo presente l'Eterno, l'Infinito, l'Assoluto, e
quindi le vediamo come differenza tra ciò che è Infinito, Eterno e Assoluto,
cioè tra ciò che è Dio e ciò che non è Dio! Noi vediamo le cose per differenza
da questo.
Ho detto molte volte: se noi vediamo il tempo, noi
vediamo il tempo per differenza dall'Eterno.
E allora dico: il tempo è una categoria dell'Eterno, un segno
dell'Eterno.
Le creature sono finite, certamente sono finite: occupano
spazio e tempo.
Tutte le creature che sono finite noi le vediamo come
categoria dell'Infinito, quindi come segno dell'Infinito.
Tutte le creature noi le vediamo come frammenti d'un
tutto.
Ma per vedere una cosa come frammento di un tutto, noi
dobbiamo aver presente il tutto.
Allora diciamo che il frammento di una cosa è una
categoria, quindi è un segno del "tutto".
Ecco, cosa comporta a noi questa presenza di Dio che
portiamo in noi!
Avendo presente Dio, noi vediamo tutto ciò che non è Dio
per differenza da Dio.
E proprio vedendolo come differenza da Dio, tutte le cose
noi le vediamo come segni di Dio.
Quindi se noi vediamo il tempo, lo vediamo come segno
dell'Eterno.
E le creature che le vediamo finite, le vediamo come
segno dell'Infinito.
Quindi quello che abbiamo veramente come termine fisso
ben presente in noi è questo Eterno, Assoluto, Infinito che è Dio.
Noi abbiamo presente Dio!
Tutte le creature noi le contempliamo in Dio; non ce ne
rendiamo conto, perché Dio si conosce soltanto per mezzo di Dio e fintanto che
noi non conosciamo Dio, noi non ci rendiamo conto di questo, però già adesso
noi tutte le cose le vediamo nel Pensiero e con il Pensiero di Dio, e le
misuriamo con Questo.
L'uomo avendo presente questo Assoluto, è una passione di
Assoluto.
Diciamo: è passione, è intenzione dell'Assoluto.
L'uomo porta questa intenzione, però non conoscendo Dio,
corre questo grande rischio: tende a fare assoluto tutto quello che vede e
tocca, e naturalmente prende delle cantonate solenni, perché tutto ciò che
vede, tocca ed esperimento non è assoluto, non è Dio. Però l'uomo porta questa
passionalità implicita.
Tutto il lavoro, tutte le fatiche, tutti gli studi degli
uomini sono tutti improntati da questo bisogno: bisogno di rendere assoluto,
bisogno cioè di vedere sotto un unico punto di vista.
Tutte le scienze noi vediamo che tendono a unificare
tutto in un unico punto di vista, in un'unica regola, in un'unica formula, in
senso matematico o fisico.
Tutto quanto tende sempre a riferire ad un unico punto.
E quante cantonate noi prendiamo e quante sciocchezze noi
diciamo parlando, perché affermiamo: "la cosa è cosi".
Quante volte noi diciamo: "la cosa è
così!".
Cioè, tendiamo a giudicare, ad affermare le cose sotto un
unico punto, un unico giudizio, e prendiamo delle cantonate solenni, perché le
cose non sono così.
Siamo noi che prendiamo il frammento e diciamo:
"questo frammento è tutto"; siamo noi che prendiamo un pezzo di
universo e diciamo: "questo è tutto", cioè universalizziamo tutte le
cose.
È in questa
nostra intenzionalità, prodotto della nostra passione di assoluto, che Dio fa
arrivare a noi i suoi segni.
Il segno non è altro che una manifestazione di Dio in una
nostra intenzione.
Dobbiamo stare attenti a questo: un segno è una
manifestazione “a” un'intenzione, è una manifestazione nell'intenzione dell'uomo:
nell'intenzione dell'uomo che sta cercando di rendere assoluto quello che non è
assoluto, che sta vivendo per un fine diverso da Dio.
A questa intenzione dell'uomo, Dio parla e significa che
ciò per cui l'uomo sta vivendo non è il vero fine, che l'intenzione che l'uomo
porta è un'intenzione sbagliata.
E come glielo dice?
Glielo dice attraverso un segno.
Cioè, ad esempio: l'uomo sta vivendo per una creatura?
quella creatura lì muore.
È un segno
di Dio, ma è un segno di Dio per far capire all'uomo che aveva idealizzato una
creatura o aveva assolutizzato una creatura, che quella creatura è relativa.
E così in tutte le cose: se stiamo attenti, Dio in
continuazione, ci fa arrivare dei suoi segni, ma i suoi segni sono fatti nelle
nostre intenzioni e se sono fatti nelle nostre intenzioni, sono per formare in
noi l'intenzione giusta, l'intenzione vera.
Ho detto, questi sono i "segni.
Passiamo ora alle "parole": la
"parola" è una manifestazione non “ad” un’intenzione.
La "parola" è una manifestazione “di”
un’intenzione.
Quindi, dico, la grande differenza che c'è tra i segni e
le parole sta in questo:
-i segni sono manifestazione “ad” una intenzione: là dove
c'è un'intenzione dell'uomo, Dio opera con dei suoi segni per cambiare
quell'intenzione, per far capire all'uomo che quell'intenzione è sbagliata;
-invece la parola è Manifestazione "di" una
intenzione, cioè manifestazione dell'intenzione di Dio: attraverso la parola
Dio fa arrivare a noi la sua intenzione, la sua volontà, il suo Pensiero.
Ecco, dico, parola che comunica pensiero.
Ecco, i segni modificano le nostre intenzioni.
Ora, il modificare le nostre intenzioni non è ancora
farci conoscere la vera intenzione, però è aprirci, è formare in noi la
capacità di ricevere la vera intenzione, perché fintanto che noi siamo chiusi
nella nostra intenzione e quindi siamo sicuri della nostra intenzione e
fintanto che Qualcuno non ce la mette in crisi, in dubbio, attraverso i suoi
segni, noi non siamo aperti a ricevere un'altra intenzione.
Quindi abbiamo i segni che operano in noi e, diciamo, ci
portano nella notte: operano, formano in noi il bisogno di capire qual è
l'intenzione vera che dobbiamo portare in noi.
La Parola è quella che ci dà questa intenzione
"vera".
Per cui noi abbiamo questi due grandi termini. segni e
parole, che sono la condizione essenziale per formare in noi quello che abbiamo
detto all'inizio: il concetto di Dio, cioè per formare in noi la capacità di
concepire Dio, la Verità di Dio: questa Verità che si annuncia a noi attraverso
questi due grandi termini: segni e parole (il sottotitolo dell'argomento di
stasera è appunto: "La Verità che si annuncia").
La Verità si annuncia a noi attraverso i segni prima, per
formare in noi la capacità di ricevere l'intenzione di Dio, altrimenti non abbiamo
la possibilità di ricevere l'intenzione di Dio, per formare in noi il vuoto,
per formare in noi la povertà, per formare in noi questa consapevolezza del
tutto che passa e del tutto che è vano.
Tutti i seghi di Dio che Dio opera su di noi sono volti a
questa formazione, affinché siamo fatti capaci di ricevere la Parola,
l'intenzione di Dio.
L'opera dei segni non ci salva, però è la premessa per
dare a noi la possibilità di ricevere la Parola; altrimenti ci troviamo
nell'impossibilità di ricevere la Parola di Dio, come comunicazione di
intenzione.
Quando uno è convinto di una sua intenzione, si trova
completamente chiuso, nell'impossibilità più assoluta di ricevere un'intenzione
diversa.
Quindi Dio opera attraverso i segni per sgretolare le
nostre intenzioni, per ridurci nella relatività delle cose che son tutte segni
e condurci nella possibilità, o meglio, nella capacità di ricevere la Parola di
Dio che comunica a noi l'intenzione di Dio.
Ora soltanto ricevendo la Parola di Dio abbiamo la
possibilità di concepire Dio.
Qui già possiamo intuire come tutto converte verso Maria,
Colei che concepisce Dio.
Ecco, tutto l'universo, segni e Parole, sono per formare
in noi quest'anima capace di concepire Dio.
Maria rappresenta la nostra anima, quest'anima che è
fatta per concepire Dio e rappresenta la condizione ideale per concepire Dio.
Ora, il termine "concepire Dio" è essenziale
per noi, perché, ho detto, è essenziale per noi capire che cos'è una stella alpina
se vogliamo identificare una stella alpina: e essenziale, altrimenti noi ci
troveremo sempre di fronte a stelle alpine, ma non capiremo assolutamente che
cos'è una stella alpina.
Come è essenziale per noi, nel mondo relativo, che in noi
si sia formato il concetto di una cosa (ad esempio, della stella alpina) per
poter identificarla, così è essenziale per noi (siccome tutto è segno) che in
noi si formi la capacità di concepire Dio, per poterlo identificare.
Concepire Dio vuol dire non confonderlo con nessuna altra
cosa: Dio è una singolarità.
È la
Singolarità assoluta.
Quindi concepirlo vuol dire non confonderlo con nessuna
altra cosa.
È questa Singolarità assoluta di Dio che si riflette
nelle singolarità individue in tutta la creazione, per cui in tutta la
creazione, quante volte l'abbiamo detto, in tutta la creazione, in tutte le
creature non ce n'è una uguale all'altra; c’è questa singolarità che si ripete
in tutte le cose: un filo d'erba non é uguale a nessun altro filo d'erba; un
granello di sabbia non è uguale a nessun altro granello di sabbia. Nessuna
creatura è uguale a un'altra creatura. Perché questo?
Tutto e segno di Dio.
Segno di che cosa? della grande singolarità di Dio. Dio è
questa Singolarità estrema, assoluta e in tutte le sue opere Lui non fa altro
che significare questa sua Singolarità: ecco perché noi ci troviamo con tutte
singolarità.
Tutta la creazione è fatta di singolarità, perché il
Creatore è singolo.
Ora, dico, la condizione per poter arrivare a dire:
"sei Tu!", per poter dire "Tu" a Dio, e si dice
"Tu" a Dio in quanto lo si riconosce, è quella di concepire Dio.
Come la condizione per poter dire "sei tu!" ad
una stella alpina, è di aver formato dentro di noi il concetto della stella
alpina, così, per poter dire a Dio: "sei Tu!", cioè per poter
individuare Dio, per poter riconoscere Dio (sapendo che Dio è presente) è
quella ai formare in noi il suo Pensiero. Dio è presente, eppure con tutta la
sua Presenza, noi non siamo capaci di dire: "sei Tu!". Ma perché
questo?
Perché in noi non abbiamo concepito Dio; perché nel
nostro mondo personale di pensiero, nel nostro pensiero, nella nostra anima,
noi non abbiamo concepito Dio, e fintanto che non abbiamo concepito Dio, noi
non saremo in grado di individuare Dio, di identificare Dio.
Adesso questo concepimento, questo "concetto"
("concetto" viene da "concepire") di Dio in noi si forma in
noi attraverso questi due grandi dati: i segni e le Parole.
I segni formano la condizione (la "culla") per
poter ricevere la parola di Dio come comunicazione di intenzione; ma è soltanto
attraverso la comunicazione dell'intenzione di Dio, quindi del pensiero di Dio
che si concepisce Dio. Maria ha concepito per opera dello Spirito Santo, cioè
attraverso la Parola di Dio.
E la Parola di Dio che cosa le ha trasmesso?
La Parola di Dio (l’Angelo) le ha trasmesso il Pensiero
di Dio, l'Intenzione di Dio: "tu concepirai!" (Lc 1,31).
Ecco, Maria ha concepito per mezzo del Pensiero di Dio.
Tutto è segno per noi che siamo fatti per concepire Dio e
che dobbiamo impegnarci per concepire Dio.
Dio si concepisce, ed è la lezione di Maria, attraverso
questo Pensiero puro di Dio.
Ecco quindi che abbiamo da parte di Dio tutti i segni di
Dio che operano sulle nostre intenzioni per svuotarci di questa passionalità e
renderci quindi capaci di ricevere l'intenzione di Dio attraverso la parola di
Dio. Ma poi abbiamo bisogno soprattutto della Parola di Dio, perché con tutto
il nostro vuoto noi certamente non possiamo concepire. Quello che ci fa
concepire è la Parola di Dio: la Parola di Dio che arrivando a noi comunica a
noi l'intenzione di Dio. Ho detto, la
parola si caratterizza in questo: in quanto comunica l'intenzione di chi la
dice.
È
l'intenzione di Dio che ci fa concepire!
Soltanto quando si è invitati a pranzo si ha la
possibilità di andare a pranzo.
Chi ci fa concepire questa capacità di andare a pranzo è
Colui che invita noi.
L'invito è comunicazione dì una intenzione.
È
l’intenzione che si comunica a noi che dà a noi la capacità di concepire.
È
l'intenzione che ci dà la capacità di concepire.
Però per ricevere questa intenzione bisogna avere l'animo
puro, cioè non inquinato da altre intenzioni.
Ecco allora perché Dio opera tutti i segni che ci
svuotano di tutte le nostre intenzioni.
Tutte le creature sono buone, però tutte le creature
possono diventare per noi oggetto di intenzione, quindi passione di assoluto,
per la passione dell'Assoluto che portiamo.
E allora abbiamo bisogno di tutta questa pera dei segni di
Dio che deve sgretolare tutte queste intenzionalità che inquinano la nostra
anima, tutti questi amori che inquinano la nostra anima e che impediscono
(l'anima inquinata non può concepire nel modo più assoluto) a noi di concepire:
c'è il bisogno di svuotare tutto per fare arrivare alla nostra anima la Parola
(l'Angelo): "Angelus domini nuntiavit Mariae".
Abbiamo detto che è questo il titolo dell'argomento di
questa sera: "Angelus Domini nuntiavit Mariae": l’“Angelus” cioè,
questa Parola che reca a noi il messaggio, cioè l'intenzione di Dio,
l'intenzione di Dio che feconda e che quindi fa concepire.
Alcuni
pensieri tratti dalla conversazione:
La distinzione tra segni e parole evidenziata dai
versetti 41 e 42, e l'approfondimento della loro funzione, ci aiutano a capire
le condizioni che si devono formare in noi per poter "concepire" Dio,
concepimento che è essenziale per identificare Dio come "Realtà".
Il concepimento, che precede l'identificazione, è
determinato dai segni e dalle parole: i segni preparano "la culla",
le Parole danno la possibilità di concepire Colui che dovremo identificare come
realtà. Ecco quindi che ora possiamo capire perché Gesù non fece alcun segno a
coloro che li pretendevano: li avrebbe confermati nella loro intenzione, mentre
invece i segni hanno la funzione di svuotarci dalle nostre intenzioni per
preparare in noi la capacita di ricevere la Parola che ci fa concepire Dio.
Non si concepisce l'intenzione di Dio, ma si concepisce
Dio. L'intenzione manifestata è l'invito al pranzo: "Vieni al pranzo di
nozze: conoscimi! cioè “concepiscími!” ci dice Dio.
“…ma
tutto quello che Giovanni ha detto di Lui era vero, e molti credettero in Lui.”Gv 10 Vs 42 Secondo tema.
Titolo: Il concepito diventa proposta.
Argomenti: Segni e parole – Il concepimento di Maria – Lo sgombero delle intenzioni diverse da Dio – La
Parola di Dio ci fa concepire – Concepimento e
identificazione – “Ecce Ancilla Domini: fiat mihi
secundum Verbum Tuum" -
La condizione per
poter costatare la Verità –
La singolarità – Concepire Dio per confronto –
L’inconfondibile volontà di Dio – I pastori a
Natale – Lasciare il gregge – Coincidenza
concepito e realtà – Dedizione e deduzione –
Lo Spirito di Verità.
20-21/Dicembre/1992 Casa di preghiera Fossano.
Restiamo ancora nell'ultimo versetto, il 42, del capitolo
decimo di s. Giovanni, in cui si dice: “... ma tutto quello che Giovanni ha
detto di Lui era vero, e molti credettero in Lui”.
Abbiamo già visto la prima parte: “... tutto quello che
Giovanni ha detto... "
Questa sera dobbiamo soffermarci sopra la seconda parte:
"era vero!".
Nella prima parte abbiamo visto le "parole":
"tutto quello che ha detto", cioè le parole che ha detto.
E abbiamo confrontato le "parole" con i
"segni", perché nel versetto precedente era stato affermato che
"Giovanni non fece alcun segno" (Gv 10,41).
Da questo confronto tra "segni" e
"parole" e approfondendo la loro funzione, siamo giunti a capire qual
è la condizione per concepire Dio.
Teniamo presente che per "segni" intendiamo
tutte quelle opere di Dio attraverso le quali Lui si manifesta sulle nostre
intenzioni; invece per "parole", noi intendiamo le opere (tutto è
parola di Dio) attraverso cui Dio manifesta a noi la sua intenzione.
Quindi abbiamo:
1) un'opera di Dio che è tutta rivolta sulle nostre
intenzioni: "segni";
2) e abbiamo un'opera di Dio che è rivolta a comunicare a
noi la sua intenzione: "parole".
Quindi c'è diversità tra "segni" e
"parole".
Lo scopo dei segni, cioè di quelle opere che sono rivolte
a manifestare Dio sulle nostre intenzioni, è formare in noi quell'anima capace
di accogliere il pensiero, la volontà, l'intenzione di Dio, di accogliere il
messaggio di Dio.
Fintanto che in noi ci sono altre intenzioni, noi siamo
nell'impossibilità di accogliere l'intenzione di Dio.
Non possono entrare in noi contemporaneamente due
intenzioni.
Allora abbiamo tutta un'opera di Dio che tende a
svuotarci di tutte quelle intenzioni per le quali noi viviamo: intenzioni
diverse da Dio.
Abbiamo visto che qui si rivela come tutta l'opera di Dio
tende a formare in noi Maria, l'anima capace di concepire Dio, capace di
ricevere l'intenzione dì Dio, di ricevere il Pensiero di Dio.
Certo, noi potremmo chiederci: perché nell'uomo si
formano intenzioni diverse da Dio, per cui Dio deve operare sull'uomo in modo
da svuotarlo di tutte quelle intenzioni che sono diverse da Dio, mentre siamo
stati creati per Dio e non per altro?
Perché in noi si formano altre intenzioni?
Come è possibile?
È che noi
per la passione di Assoluto che portiamo, tendiamo a far di tutto oggetto di
intenzione: vediamo una bella casa e diventa oggetto di desiderio, quindi
oggetto di pensiero, quindi intenzione nostra, vediamo una bella creatura e la
facciamo oggetto di intenzione nostra; vediamo una bella macchina e la facciamo
oggetto di intenzione nostra. ecc.
Ecco, data la nostra passione di assoluto, e data la
nostra imperfezione (nel senso che non siamo ancora giunti al fine, ma siamo in
cammino) facciamo questo errore.
Essendo noi in cammino e portando la passione di
assoluto, corriamo il rischio di desiderare come assoluto tutto quello che
incontriamo, e sono tutte opere di Dio, tutte le creature: 'li buoi, i campi,
la moglie" (Lc 14,18-20).
Noi tendiamo a trasformarle in assoluto, quindi a
trasformarle come fine, quindi come oggetto di intenzione.
È per la passione di assoluto che noi tendiamo ad avere
tante intenzioni.
Il nostro io è un moltiplicatore di amori, quindi un
moltiplicatore di intenzioni, per cui tende a renderci schiavi.
La maggior parte della nostra vita passa proprio in
questa schiavitù di intenzioni diverse da Dio, e c'è da ringraziare il Signore
se in punto di morte, noi scopriamo la vera intenzione che dobbiamo portare in
noi per giungere a Dio, per conoscere Dio.
Da parte dell'uomo c'è questa passionalità che tende ad
abbarbicarsi a tutto quello che incontra, a tutto quello che vede, cioè c'è
questa fatica nel tendere a fare suo tutto quello che vede, tutto quello che
tocca; e da parte di Dio c'è questa fatica per cercare di distogliere l'uomo da
questo suo abbarbicarsi a tutte le creature che incontra, per formare in lui,
nel suo cuore, nella sua anima quella capacità di poter finalmente accogliere
il Pensiero di Dio, di poter accogliere l'Intenzione di Dio, cioè di formare in
lui Maria, perché non è possibile nella nostra anima, fatta per l'Assoluto,
accogliere contemporaneamente due intenzioni. Intenzione vuol dire fine, e non
è possibile accogliere contemporaneamente due finalità.
Ecco perché prima è necessario questo lavoro di sgombero
nella nostra anima di tutte le intenzioni diverse da Dio, di tutte le finalità
diverse da Dio, per formare in essa la capacità di accogliere l’Intenzione di
Dio che viene comunicata attraverso la Parola. E questo lavoro Dio lo fa
attraverso i "segni".
La Parola di Dio è quella che reca a noi l'intenzione, il
Pensiero, il fine di Dio, ed è questo che ci fa concepire.
Maria ha concepito per la Parola di Dio recatale
dall'Angelo e conclude dicendo: "Si faccia di me secondo la tua
Parola" (Lc 1,38), secondo il Verbo di Dio che ha concepito. Tutto è
lezione di Dio.
Abbiamo avuto come tema domenica scorsa: “Angelus Domini
nuntiavit Mariae”: ecco l'annuncio a Maria che la fa concepire, come primo
tema.
Tema di oggi è la seconda parte dell'Angelus: “Ecce
Ancilla Domini: fiat mihi secundum Verbum Tuum".
Ecco, concependo per grazia della Parola di Dio, abbiamo
Maria che si apre: "Ecce ancilla Domini".
Dopo aver concepito, si apre, si mette a disposizione:
"fiat mihi secundum Verbum tuum".
Prima abbiamo la Parola dell'Angelo che annuncia, abbiamo
adesso il Verbo di Dio che si propone.
Dobbiamo chiederci: che cosa significa per noi questa
dedizione di Maria?
Ho detto che questa sera l'argomento è questa seconda
parte del versetto: “era vero!".
La folla dice: "tutto quello che Giovanni ha detto
di Lui, di Gesù, era vero!". Ecco, c'è questa constatazione di fronte alla
Realtà (Gesù).
Come fa la nostra anima, la nostra mente ad arrivare a
constatare e a dire: "questo è vero"?
Cosa deve succedere dentro di noi, perché ad un certo
momento si possa dire: "questo è vero"?
Domenica scorsa c'è stato l'argomento "La Verità si
annuncia".
Stasera è: "La Verità si propone": dopo essersi
annunciata, si propone.
Non si può proporre se prima non si annuncia, perché a
che cosa noi ci rivolgeremmo se prima, l'opera è sempre di Dio, quest'opera di
Dio non arrivasse a noi?
Noi dobbiamo arrivare a identificare Dio come Realtà, per
questo è necessario giungere a concepire.
Si concepisce per arrivare a identificare la Realtà, e
identificare vuol dire constatare: “è vero questo!”.
Cosa deve succedere nella nostra anima, dentro di noi,
per arrivare a questa testimonianza, a questa confessione, a questo
riconoscimento (: “è vero!")? che è la più grande grazia che l'uomo possa
ricevere, perché il più grande tormento è di non poter uscire dai propri dubbi:
Dio c'è o non è? Dio opera oppure sono gli uomini ad operare?
Siamo abbandonati a delle leggi di un universo che ci
ignora: tutto ci ignora, le stelle ci ignorano, le stelle stanno a guardare, ma
nessuno si Interessa al nostro destino, nessuno partecipa al nostro
destino"?
C'è Qualcuno che ci conosce e partecipa al nostro
destino, che partecipa alle nostre incertezze, alle nostre debolezze, alle
nostre confusioni e cerca di tirarci fuori, oppure noi siamo soli, sperduti in
questo grande universo in cui tutti ci ignorano?
Ecco, dico, il tormento dell'uomo è non poter uscire da
questi dubbi, mentre invece la grande gioia per l'uomo è poter giungere a
constatare e dire: "questo è vero!"
Dobbiamo chiederci: che cosa si richiede per poter
giungere a questo punto?
Ora, come per arrivare a concepire si richiedono due
termini ben precisi: i segni di Dio e le parole di Dio, così per arrivare a
identificare la realtà e a poter dire: "questo è vero!" si richiedono
anche due termini, due fattori.
Dobbiamo giungere a questa constatazione poiché abbiamo
bisogno di convincere noi stessi e la nostra coscienza della Verità. E che cosa
si richiede per giungere a questa convinzione della Verità?
Di questa Verità che è presente?
Nessuno la può ignorare.
È presente,
eppure noi non la vediamo.
Noi abbiamo bisogno di toccarla con mano, di vederla, di constatarla,
per poter dire: “è vero!”
Noi siamo salvati dalla Verità e abbiamo bisogno di
giungere a questo convincimento.
Il problema è questo: che cosa si richiede perché l'uomo
possa dire: "questo è vero!"?
Qui la folla ha detto in riferimento alle parole di
Giovanni Battista: “Tutto quello che Giovanni ha detto di Lui, di Gesù, era
vero! Non ha dato dei segni, ma tutto quello che aveva detto di Lui era
vero!"
Come hanno fatto costoro a dire: “era vero!”?
Evidentemente costoro hanno ascoltato le parole di
Giovanni, poiché dicono: "tutto quello che Giovanni ha detto di Lui",
quindi hanno ascoltato le parole, e, ascoltando le parole, che cosa è successo?
È successo
che hanno interiorizzato le parole udite e interiorizzando le parole hanno
accolto e concepito il messaggio di esse e ora, di fronte alla Realtà, Gesù,
riconoscono che era vero.
Teniamo presente che le parole ci recano sempre un
messaggio, e il messaggio ci comunica un'intenzione, ci comunica un
"essere" che si fa concepire.
Ritornando all'esempio della stella alpina, abbiamo il
concepimento della stella alpina che avviene dentro di noi, e questo
concepimento si deve formare prima per poter dire: "questa è una stella
alpina".
Così anche: nel campo dello Spirito, della Verità, per
poter arrivare a dire: "questo è vero!" bisogna aver concepito prima
la Realtà.
Se costoro non avessero ascoltato prima la parola di
Giovanni Battista, non avrebbero certamente potuto dire: "tutto quello che
Giovanni Battista ha detto di Lui era vero!".
Ora per poter dire: “è vero!”, bisogna aver dentro di noi
qualche cosa.
Ecco perché c'è la prima fase: poter concepire il
Pensiero di Dio, per poter constatare il Pensiero di Dio, perché se noi abbiamo
concepito il Pensiero, l'Intenzione di Dio, certamente noi ci troviamo
nell'impossibilità di riconoscere la Realtà di Dio.
La "realtà" viene da Dio, non viene certamente
da noi, però di fronte alla Realtà noi non avremmo mai la possibilità di dire:
"questo è vero", se non avessimo interiorizzato la stessa Realtà,
concepita dentro di noi, quindi se non l’avessimo conosciuta dentro di noi.
Dio è una singolarità, abbiamo detto.
Ora il concepimento di una singolarità avviene non in
quanto si conosce direttamente la singolarità, non in quanto si conosce
direttamente Dio, ma in quanto c'è la possibilità di confrontare quello che Dio
è con quello che Dio non è.
Ecco perché Dio mette attorno a noi tante creature, tante
cose.
E così avviene anche per la conoscenza delle singolarità
create.
E perché?
Ritornando, alle stelle alpine: abbiamo le stelle alpine,
ma ci sono tanti fiori. E come facciamo a concepire le stelle alpine? In quanto
le confrontiamo con gli altri fiori.
E confrontandole con gli altri fiori che cosa notiamo?
Notiamo quello che caratterizza, quindi la singolarità,
la stella alpina da ogni altro fiore.
Ecco, arriviamo a concepire una cosa in quanto abbiamo la
possibilità di confrontarla con tutti gli altri esistenti e notare la
singolarità di essa.
Abbiamo detto che Dio essendo singolarità è Creatore di
singolarità, quindi è Creatore di intelligenza, quindi è Creatore di
concepimenti: Lui attraverso le singolarità create dà a noi la possibilità di
concepire quella che è una singolarità.
Ora siccome Lui è l'Essere assoluto, Singolarità massima,
per dare a noi, (nel nostro nulla, nella nostra incapacità di fermarci con Dio
e di conoscere che cos’è Dio in Sé, la capacità di concepirlo), ci mette
attorno tante creature, tante singolarità con cui possiamo confrontarlo!
Noi non abbiamo la possibilità di conoscere che cos’è una
stella alpina in sé, però abbiamo la possibilità di confrontare la stella
alpina con altri fiori e notare la differenza che c'è tra una stella alpina e
altri fiori.
Così noi abbiamo la possibilità per la creazione stessa
di Dio, di confrontare l'Assoluto che è Dio (e l’Assoluto Lo portiamo tutti
dentro di noi , perché Dio è l'Essere che nessuno può ignorare) con tutti gli
altri esistenti.
E confrontandolo con gli altri esistenti, noi
incominciamo a dire: "no, questo non è Dio ... questo non è Dio ... questo
non è Dio ... questo non è Dio…"
Facciamo cioè dei confronti e facendo dei confronti che
cosa succede?
Ecco, succede che noi incominciamo a concepire Dio, cioè
incominciamo a notare la singolarità di Dio, perché dicendo: "questo non è
Dio, questo non è Dio, questo non Dio...",ad un certo momento arriviamo a
notare la singolarità dell'Essere assoluto.
Ecco, noi concepiamo Dio per confronto con ciò che non è
Dio, non per conoscenza diretta di Dio; questa sarà la meta, è la vita eterna!
Certamente noi siamo creati per questo, ma siccome è
necessario che si formi dentro di noi il concepimento di quello che Dio è per
poter poi arrivare a identificare, a dire: "questo è Dio!", è
necessario che si formi prima questo concepimento.
Questa prima formazione, cioè il concepimento, avviene in
noi attraverso il confronto tra l'Assoluto, il pensiero dell'Assoluto, il
Pensiero di Dio che portiamo dentro di noi, ma che non sappiamo che cosa è, con
tutti gli altri segni di Dio, con tutte le altre creature di Dio, con tutti gli
altri esistenti.
Ecco il motivo per cui Dio ci mette in questa creazione.
Dio ci mette in questa creazione perché noi abbiamo a
confrontare tutte le creature, e ogni creatura è una singolarità con quello che
Lui è.
Egli prima domanda: "Che cosa dice la gente che io
sia?" e poi: “chi dite che Io sono?”
“C’è chi dice che Tu sei il Giovanni Battista..... chi
dice che sei un grande Profeta, c'è chi dice che sei questo ... o
quell'altro...” (Mc 8,27-29).
Ecco, si fa un confronto!
Dal confronto a poco per volta si forma il concetto di
Dio.
Il concetto di Dio è una Singolarità estrema,
inconfondibile, per cui l'intenzione di Dio è inconfondibile con ogni altra intenzione.
Quante volte invece noi confondiamo le intenzioni di Dio con le nostre
intenzioni, con le intenzioni degli uomini, con le intenzioni di un'autorità o
di una istituzione.
La Volontà di Dio è inconfondibile con ogni altra
volontà!
Il Pensiero di Dio è inconfondibile con ogni altro
pensiero!
Ora, noi dobbiamo arrivare a capire questa Singolarità di
Dio.
Questo vuol dire concepire Dio, altrimenti ci troviamo
completamente tagliati fuori e non potremo mai dire: "questo è
vero!".
Quindi si deve formare in noi il concepimento di questa
singolarità con cui noi abbiamo la capacità di distinguere il Pensiero di Dio
da ogni altro pensiero, la Volontà di Dio da ogni altra volontà.
Quante volte noi diciamo: “sto facendo la Volontà di Dio,
perché Dio mi ha messo qui, in questa situazione.
Sto facendo la Volontà di Dio, abbimi per giustificato:
ho i buoi, i campi, la moglie.
Me li ha dati Dio, sto facendo la Volontà di Dio se curo
questi, perché questi me li ha dati Dio.
Dio mi ha messo in questo luogo, quindi faccio la Volontà
di Dio se resto in questo luogo…".
Quante cantonate noi prendiamo!
E perché?
Perché non abbiamo ancora colto la singolarità dì Dio,
non abbiamo ancora concepito Dio, per cui noi confondiamo la Volontà di Dio con
la volontà degli uomini, con la volontà delle creature, con la volontà della
situazione in cui ci troviamo.
Noi confondiamo l'intenzione di Dio con tutte le altre
intenzioni.
Dico, fintanto che in noi non si forma il concepimento
dell'intenzione di Dio, fintanto che non si forma in noi il concepimento della
Singolarità di Dio, noi ci troviamo nell'incapacità di concepire Dio, perché è
l'intenzione di Dio che mi rivela Dio.
E la sua intenzione, Dio, me la rivela attraverso la sua
Parola, se però nella nostra anima si è formato questo vuoto, questa apertura:
"si apra la terra e germini il Salvatore" (Is 45,8).
Ecco, si deve essere formata in noi questa apertura:
apertura a ricevere l'Intenzione dell'Essere assoluto, l'Intenzione di Dio.
Quando nella notte santa, abbiamogli Angeli che appaiono
ai pastori e dicono loro: "vi annunciamo una grande gioia ... è nato a
Betlemme il Salvatore, ecc…. Lo troverete in una mangiatoia ecc." (Lc
2,10-12), qui è riassunto tutto quello che costituisce la condizione per poter arrivare
a dire: "questo è vero!".
Ecco, prima abbiamo l'annuncio di Dio, questa Parola dì
Dio che arriva: "Vi annuncio una grande gioia".
È vero, uno
può non credere a questo.
I pastori hanno creduto e credendo che cosa hanno fatto?
Ecco, si ripete sempre lo stesso tema, che è il tema di
Maria: i pastori ascoltano la voce dell'Angelo (e abbiamo I’“Angelus Domini
nuntiavit Mariae") che dice loro: "Vi annuncio una grande gioia: è
nato il Salvatore!" Dove? "A
Betlemme; Lo troverete con questi segni: è deposto in una mangiatoia,
ecc.".
Ed essi cosa dicono?
Notate che erano pastori e quindi vegliavano sul gregge.
Ognuno di noi ha un suo gregge su cui veglia, ed è
proprio su questa veglia che arriva la voce dell'Angelo che annuncia la
salvezza. C’è il rischio di dire: “io ho il gregge e non posso partire”.
I pastori hanno detto: "Andiamo a vedere il Verbo
che ci è Stato annunciato" (Lc 2,15) (ed è la stessa risposta di Maria:
"Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundun Verbum tuum").
Ecco, è sempre lo stesso Spirito, la stessa scena: di
fronte all'annuncio dell’Angelo, Maria ad un certo momento dice: “Ecce ancilla
Domini, fiat mihi secundum Verbum tuum"; i pastori di fronte all’annuncio
dell'Angelo dicono: “Andiamo a vedere il Verbo che ci è stato annunciato".
Andare a vedere vuol dire lasciare il gregge e tutto
quanto per essere totalmente disponibili al Verbo: "sì faccia di me
secondo la tua Parola".
Ecco l’importanza del Verbo!
Se non ci fosse questo annuncio, questo Verbo, non si
potrebbe partire.
Per i pastori (e per Maria) c'è stato questo annuncio. I
pastori potevano non partire se quel legame con il gregge avesse superato il
problema proposto dall'Angelo l’annuncio della Verità.
Lasciarono il gregge per andare a vedere il Verbo.
Andarono e videro. E videro che cosa?
Videro che era vero quello che aveva detto l'Angelo.
E come hanno potuto dire: “è vero!"?
Hanno fatto il confronto tra quanto avevano udito e
quanto hanno trovato.
Ecco, per poter dire “è vero” è necessario fare il
confronto.
Quando si parla di confronto bisogna avere due termini.
C'erano i due termini nei pastori e c'erano due termini
in Maria: l'annuncio e la Realtà trovata: il Bambino Gesù.
I due termini nei pastori erano evidenti (come per
Maria): la voce dell'Angelo, l'annuncio dell'Angelo e la Realtà trovata.
La parola dell'Angelo era: "Vi annuncío...”. Ecco,
essi hanno concepito la parola, il Verbo annunciato dagli Angeli. L'hanno concepito.
Però non è sufficiente questo concepimento perché essi
avrebbero potuto dire: "Abbiamo sognato... o può essere stata una
visione.... potrebbe non essere vero...".
Per arrivare al “vero", e poter dire “è vero!”,
hanno dovuto partire e per partire hanno dovuto lasciare il loro gregge.
Sono andati a vedere e hanno trovato la
"Realtà".
La Realtà!
Quella Realtà, non è la Parola che la fa, quella non è il
sogno che la fa.
La realtà è opera di Dio.
Loro potevano partire e andare a Betlemme e non trovare
il Bambino.
Invece sono partiti; hanno lasciato il gregge, sono
andati a Betlemme seguendo la voce dell’Angelo e hanno trovato.
E cosa hanno trovato?
La Realtà che corrispondeva alla voce dell’Angelo, cioè
alla voce che essi avevano interiorizzato, a quella parola che portavano dentro
di sé.
Toccando con mano, constatando possono dire: “era vero!”
quello che ha detto l'Angelo.
Avevano detto: "Andiamo a vedere il Verbo che ci è
stato annunciato".
Sono andati e hanno visto il Verbo, la realtà del Bambino
annunciato.
Ecco, ci sono queste due grandi componenti:
- la dedizione all'annuncio: sono partiti, lasciando
tutto,
- e la Realtà: il Bambino.
Come nella formazione nell'anima della capacità di
concepire ci sono due grandi termini:
- i termini dei segni di Dio,
- e i termini della Parola di Dio che comunica
l'intenzione di Dio,
così anche nella formazione in noi del "vero",
della capacità di dire: "è vero!", di questa capacità che ad un certo
momento dice: "questo è vero! era vero!", ci sono questi due grandi
termini:
- il primo termine è la Parola dell'Angelo che arriva a
noi: l'annuncio della Verità che ci fa concepire la Verità e che forma in noi
la capacità della dedizione a ciò che si è concepito: “Ecce ancilla Domini,
fiat mihi secundum Verbum tuum" (oppure per i pastori: “andiamo a vedere
il Verbo che ci è stato annunciato").
Ecco, dedizione al Verbo, alla Parola che è arrivata e che è stata da
noi concepita.
È
assolutamente necessaria questa dedizione.
Dedizione che consiste in che cosa?
"Fiat mihi secundum Verbum tuum": sia fatto di
me secondo la tua Parola.
E che cosa vuol dire "fare di me secondo la tua
Parola?
Quel "me" cos'è? che cosa si intende per quel
"me"?
Il "me" significa tutti quei problemi che fanno
capo al nostro io.
Tutto va sottomesso al Verbo annunciato e concepito: “sia
fatto di me secondo la tua parola”, il che vuol dire vedere tutto dal punto di
vista della parola dell’Altro, della parola che è stata annunciata.
I pastori hanno detto: "sia fatto di me secondo la
tua Parola".
Perché?
Perché hanno lasciato il loro gregge: "sia fatto di me…":
a questo "me" faceva capo tutto il gregge!
Essi hanno dovuto superare tutto questo, altrimenti
certamente non sarebbero arrivati a constatare, a vedere il "vero",
la "Realtà". Sarebbero rimasti con il dubbio: "sarà stata una
parola vera o falsa?", perché uno riceve la parola, ma fintanto che non la
constata, non la vede, gli rimane il dubbio: vero o non vero?"
Per poter arrivare a dire: “vero!”, bisogna lasciare il
proprio gregge, bisogna partire dal proprio mondo.
È soltanto
partendo, quindi dedìcandosi a- (a ciò che si è concepito) che si arriva a
vedere.
Ma ho detto: non basta l'annuncio, non basta concepire,
non basta la dedizione, non basta andare a vedere per trovare la Realtà: la
Realtà non dipende da noi, la Realtà viene da-, è opera di Dio.
Non basta tutto questo.
Ritorno all'esempio delle stelle alpine: uno può sapere
cos'è una stella alpina, quindi ha ricevuto l'annuncio, può aver concepito che
cos'è una stella alpina, può andare a cercare una stella alpina, ma non è il
suo pensiero o il suo concepito o Il suo andare a cercare la stella alpina che
fa la stella alpina, certamente no.
La stella alpina è oggetto della creazione di Dio e la
creazione sfugge a noi: certissimamente non siamo noi i creatori. Quindi noi ci
troviamo di fronte ad una "realtà" che non è opera nostra.
Se noi troviamo la stella alpina, possiamo dire:
"questa è una stella alpina", ma chi dà a noi la possibilità di
riconoscere la stella alpina è quanto noi abbiamo interiorizzato, concepito di
essa.
Così anche i pastori: essi avevano interiorizzato la
parola dell'Angelo.
Andando a vedere, hanno visto la "Realtà", il
Bambino, ma la “Realtà” non sono loro che l’hanno fatta.
La “realtà” è opera di Dio.
Di fronte all’opera di Dio hanno avuto la possibilità di
dire: "era vero quello che aveva detto l'Angelo, cioè quello che portiamo
dentro di noi, l'annuncio cui abbiamo creduto!"
Ecco, la possibilità di dire: “è vero”, è data: prima di
tutto da questa dedizione al Verbo che ci è stato annunciato, a quello che ci
ha fatto concepire, e poi dalla Realtà
che viene da-, che si presenta a noi.
Quindi sì passa dal concepimento all'identificazione,
alla realizzazione attraverso la dedizione, altrimenti non si realizza niente.
Ora per passare dal concepimento all'identificazione, quindi
alla realizzazione, al riconoscimento della Realtà, quindi alla realizzazione
di quello che portiamo dentro di noi, perché altrimenti resta nostro pensiero e
il pensiero non fa niente, non crea niente e non convince nessuno, per passare
a questo noi dobbiamo incontrare quella Realtà che coincide con quello che
abbiamo concepito dentro di noi.
L'abbiamo concepito per opera di Dio, si capisce, però
non è sufficiente questo.
È
necessario che coincidano le due cose: l'annuncio concepito e la Realtà.
Qui nell'episodio dei pastori la “realtà” è data
dall'opera di Dio (e in realtà la “Realtà” che hanno trovato era Dio).
Di fronte alla Realtà, noi dobbiamo dirci: sì, la stella
alpina fuori è creazione di Dio (è facile riconoscerla), ma per quel che riguarda
la Verità in sé, per quel che riguarda la Realtà spirituale, interiore, come si
fa?
Ho detto che la Verità è interiore a noi, e come possiamo
allora constatarla come Realtà che non dipende da noi?
Non basta giungere all’identificazione in terra, cioè non
basta che quello che portiamo dentro di noi ad un certo momento noi lo
constatiamo fuori, per cui coincidono le due cose.
Non basta, perché la meta per noi è di arrivare a
conoscere Dio, a conoscere la Verità e la Verità non è fuori: la Verità non è
una stella alpina.
I pastori andarono e videro, e videro un Bambino secondo
le descrizioni dell'Angelo per cui hanno potuto dire: “era vero”, però per
passare dal Bambino a Dio, ci sarà in mezzo tutta la passione e la morte del
Cristo.
E sarà necessario che Cristo se ne vada, Lui stesso.
Perché tutto questo?
"Perché altrimenti non può venire in voi lo Spirito
di Verità".(Gv 16,7)
E lo Spirito di Verità come può venire?
"Ve lo manderò dal Padre" (Gv 15,26). Lo
Spirito di Verità viene dal Padre.
Fintanto che ci troviamo con realtà create, esterne, è
facile per noi: se abbiamo interiorizzato un concetto e lo troviamo nella
realtà creata, possiamo dire: "questo è vero" perché coincidono le
due cose (concetto e realtà) e possiamo nominarlo.
Ma nel campo dello Spirito come possiamo dire:
"questo é vero", "questa è la Realtà che ho concepito, che ho
dentro"?
Non la troviamo fuori!
Non troviamo fuori la Realtà che abbiamo concepito!
E come la troviamo?
La troviamo soltanto deducendola dal Padre. È dal Padre che viene la Realtà, lo
Spirito: "Ve lo manderò dal Padre", dice Gesù.
La Verità viene dal Padre.
Lo Spirito di Verità viene dal Padre.
Qui abbiamo la fusione di questi due grandi termini:
concetto e Realtà.
Per arrivare a poter dire: "questo è vero", nel
campo dello Spirito, nel campo dell'Assoluto e quindi poter dire: "Dio è
vero!", Dio è la Realtà, noi abbiamo bisogno:
1) prima di tutto di dedizione: "Sia fatto di me
secondo la tua Parola: ecce ancilla Domini, fiat..."; se non c'è questa
disponibilità ce la possiamo sognare la conoscenza della Verità.
Abbiamo bisogno assolutamente di questa dedizione (è il
tema di stasera), e quindi di questo superamento di tutto il nostro gregge per
poterci occupare di quello che abbiamo concepito;
2) soprattutto abbiamo bisogno di dedurre la Realtà dal
Padre perché è la deduzione della Realtà dal Padre che ci porta a constatare
che quello che portiamo dentro di noi coincide con quello che viene dal Padre,
ed è da questo rapporto, da questa coincidenza tra quanto abbiamo concepito e
quanto deduciamo dal Padre che noi possiamo dire: “è vero!”
"Vero" lo possiamo dire soltanto quando
coincidono le due cose, soltanto quando coincide quello che si deduce dal
Padre, da quello che il Padre è, con quanto abbiamo concepito in noi.
E questo, ciò che si deduce dal Padre, è opera del Padre:
non siamo noi che deduciamo, noi possiamo soltanto dedurre fantasie. Questo è
opera del Padre: quello che si deduce dal Padre è lo Spirito di Verità:
"Ve lo manderò dal Padre" dice Gesù.
Ma è assolutamente necessario per giungere a
identificare, a constatare la Realtà, la Verità (poiché lo Spirito di Verità
non viene come una stella alpina su di una montagna), è assolutamente
necessario che dentro di noi si sia formato per opera del Cristo il concepimento
di quello che si riceve dal Padre, perché soltanto in quanto si è formato
questo concepimento cresce in noi la dedizione, poiché questo concepito essendo
diventato in noi proposta richiede da noi la dedizione.
È
necessaria la dedizione poiché, essendo Dio una Singolarità, richiede da noi
questa dedizione a Dio, a quanto abbiamo concepito per mezzo della parola del
Cristo sul Padre, per dedurre (ecco ci vuole la dedizione e la deduzione), per
dedurre da Dio la Realtà. Soltanto quando questa Realtà che viene dedotta dal
Padre coincide in noi con quello che noi abbiamo concepito di Dio, abbiamo
concepito del Padre, per le parole del Cristo, lì abbiamo la possibilità di
dire: “questo è vero!”
Ecco, il problema della conoscenza della Verità richiede
questi due grandi fattori: dedizione e deduzione.
Abbiamo due grandi fattori nella formazione dell'anima
della capacità di concepire, e abbiamo due grandi fattori che, dopo aver
concepito, si devono formare dentro di noi
per giungere all’identificazione della Realtà:
- la dedizione nostra a Dio,
- la deduzione da Dio,
per poter (ecco la sintesi: lo Spirito di Verità) dire:
"è vero!"
Lo Spirito di Verità (sintesi, rapporto di questi due
fattori) è il rapporto tra Padre e Figlio.
Quindi dal Padre è generato il Figlio e il rapporto tra
Padre e Figlio è la Verità, lo Spirito di Verità che ci fa dire a questo punto:
"questo è vero!”.
E per noi diventa Vita Eterna.
“…ma
tutto quello che Giovanni ha detto di Lui era vero, e molti credettero in Lui.”Gv 10 Vs 42 Terzo tema
Titolo: La verità si presenta.
Argomenti: Il Verbo che si fa
carne –
Riconoscere la Verità – La capacità di sopportare
la Verità – I profeti e il Messia – I
pastori a Natale – Concepire e identificare –
Dedizione e realtà – La Parola fa concepire – Identificare
la salvezza in Cristo – Segni e Parola=concepire – L’intermediario fra terra e cielo -
27-28/Dicembre/1992 Casa di
preghiera Fossano.
Restiamo ancora, e concludiamo, sull’ultimo versetto del
capitolo decimo di s. Giovanni in cui si dice: " ... ma tutto quello che
Giovanni ha detto di Lui era vero. E
molti credettero in Lui".
Abbiamo visto le prime due parti.
Questa sera ci dobbiamo soffermare sopra l'ultima:
"…molti credettero in Lui', e con ciò terminiamo il capitolo decimo di s.
Giovanni il cui commento è durato quasi tre anni e mezzo (e precisamente dalla
domenica 4 giugno 1989) e ne ringraziamo il Signore.
Dopo questo, già abbiamo accennato domenica scorsa che ci
sarà il capitolo XI, il quale fa da cerniera tra le due grandi parti del
Vangelo di s. Giovanni:
Le prime dieci parti che si concludono stasera chiamate
“il libro dei segni”;
Le ultime dieci parti, dal XII capitolo in poi, “il libro
delle Parole”
Il capitolo XI ci terrà impegnati per quattro anni, se
Dio vorrà.
{ D) Non possiamo allora ancora morire...
L) Non abbiamo più tempo per morire... Ma noi cercheremo
di fare delle "lezioni brevi" nel capitolo XI; cercheremo di
accorciare, in modo da darci la possibilità di finirlo in minor tempo..
altrimenti non c'è più tempo per morire...
P) C'è tempo per vivere.
L) C'è solo tempo per vivere! }
Qui si dice: “Molti credettero in Lui”: ecco, ci si apre alla
scoperta della Verità che è tra noi, e abbiamo visto come Dio ci conduce a
questa scoperta, perché tutto è opera di Dio, Dio solo regna, Dio è il Creatore
di tutte le cose, Creatore ancora adesso dì tutte le cose, il che vuoi dire che
parta in tutto, opera in tutto, opera tutto, e in tutte le cose non fa altro
che:
annunciare Se stesso,
proporre Se stesso,
e presentare Se stesso.
Sono questi i tre argomenti che sono alla base di questo
versetto e che abbiamo tenuti presenti commentando le tre parti dell'
"Angelus":
"Angelus Domini nuntiavit Mariae, et concepit de
Spiritu Sancto": prima parte. È
la Verità che si annuncia e che fa concepire, perché l'annuncio dell'Angelo ci
fa concepire.
La seconda parte: “Ecce ancilla Domini, fiat mihi
secundum Verbuum tuum", cioè la dedizione: la Verità che si propone.
È la
dedizione di Maria che rappresenta la dedizione della nostra anima, perché qui
in Maria abbiamo la Maestra, la Madre che ci accompagna proprio nei nostri
rapporti con questo Dio che si annuncia, che si propone, che si presenta.
La terza parte è il tema di oggi: "Verbum caro
factum est": “Il Verbo si è fatto carne…”; concludiamo l’anno con: “et
Verbum caro factum est et habitavit in nobis”: “…ed abitò tra noi”.
Dobbiamo chiederci come si possa giungere a identificare
questo Verbo che si fa carne, e in quanto si fa carne si rende toccabile,
visibile: si fa carne.
Carne è cosa che si vede e si tocca, si esperimenta.
Abbiamo la prima lettera di s. Giovanni che dice: “Quello
che noi abbiamo visto con i nostri occhi, toccato con le nostre mani, la vita
che in Principio era presso Dio… il Verbo della Vita…”, lo scrive lui,
Giovanni, che aveva iniziato il suo Vangelo dicendo che in principio la “Vita
era presso Dio e la vita era la luce degli uomini” (cf Gv 1,1.4).
E ora dice: "questa Vita che era presso Dio, noi
l'abbiamo vista con i nostri occhi, l'abbiamo toccata con le nostre mani,
l’abbiamo esperimentata; e questo - aggiunge- vi annunciamo, affinché possiate
anche voi fare una cosa sola con noi” (1 Gv 1,1-5).
Questo Verbo che ad un certo momento si presenta in forma
di carne, come e in qual modo è dato a noi di identificarlo, in modo da poter
dire: "Sei Tu!"'?
Abbiamo visto proprio nelle domeniche precedenti tutta
questa preparazione per arrivare a identificare, perché il problema è dì
identificare una Verità che si rende presente, reale nella nostra vita e che ci
fa correre un grande rischio, perché quando la Verità si rende presente ci fa
correre il rischio di non poterla riconoscere: ecco perché c'è la Verità che si
annuncia.
La Verità si annuncia, si propone, si presenta.
Tutto è in funzione di questo: “la Verità si
presenta”.
Stiamo andando verso questo grande fine, unico fine,
perché siamo stati creati solo per questo: per trovarci a tu per tu con Dio, a
tu per tu con la Verità di Dio.
È
necessario giungervi preparati in modo da poter sopportare la sua Presenza.
"Ho tante cose da dirvi - dice Gesù - ma per ora non
le potete sopportare” (Gv 16,12), il che vuol dire che la Verità che viene a
noi richiede da parte nostra una capacità.
Questa capacità si forma attraverso questa Verità che si
annuncia.
I "segni" di Dio sono tutti finalizzati a
formare in noi la capacità di sopportare la Verità di Dio, quando si
presenterà.
Annunciandosi, la Verità si propone e qui è detto: “Molti
credettero in Lui”.
Chi sono questi “molti”?
Prima si dice: “Tutto quello che Giovanni ha detto di Lui
era vero”.
Ora qui, come scena, ci troviamo là dove Gesù (che il suo
popolo aveva cercato di lapidare) si era ritirato (là dove Giovanni aveva
battezzato), richiamando così la gente al battesimo di giustizia.
E qui “molti credettero in Lui”: “molti”, perché essendo
stati discepoli di Giovanni Battista avevano riconosciuto che "tutto
quello che Giovanni Battista ha detto di Lui era vero".
"Giovanni Battista non ha fatto nessun segno" –
dicevano, però "tutto quello che Giovanni Battista ha detto di Lui era
vero".
E conclude dicendo: "molti di costoro credettero in
Lui".
Ci fa capire come si giunge a credere al Cristo, al Verbo
incarnato.
Erano discepoli di Giovanni Battista, cioè avevano
ascoltato il messaggio, l'annuncio di Giovanni Battista.
E Giovanni Battista di che cosa parlava?
Giovanni Battista parlava del Messia e diceva: “È Lui che
deve crescere ed io debbo diminuire... Egli era prima di me... io non sono
degno nemmeno di legargli i legacci dei suoi calzari...” (Gv 3,30; Gv 1,30; Gv
1,27).
Che differenza c'è tra Giovanni, tutti i profeti, e il
Messia?
La differenza stava qui: "lo vi battezzo in acqua
–dice il Giovanni Battista - ma Lui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (Mt
3,11).
La gente che aveva ascoltato Il messaggio di Giovanni
Battista adesso ha la capacità di riconoscere il Messia, di individuare il
Cristo e di credere in Lui.
Ci fa capire che la capacità di individuare, di
riconoscere, richiede questa preparazione, questa interiorizzazione: Richiede
delle "parole".
Infatti: "tutto quello che Giovanni Battista ha
detto”.
Abbiamo commentato le domeniche scorse: "Ha
detto": quindi “parole"! Non “segni”, ma delle “parole”; le parole
ascoltate, meditate, capite, danno la capacità di riconoscere che in Cristo,
nel Messia, sono realizzate. "Quello che Giovanni ha detto di Lui era
vero!".
Cioè le parole interiorizzate formano in noi la capacità
di dire, di riconoscere quello che è vero.
La Verità per essere riconosciuta ha bisogno di una
dimensione interiore, altrimenti non possiamo identificarla, non possiamo dire:
"questo è vero!"
E come facciamo a dire "questo è vero" se non
l'abbiamo già dentro di noi?
Abbiamo fatto l’esempio delle stelle alpine che ha avuto
la sua efficacia, perché è sufficiente quello che si è commentato in questi
giorni scorsi (e precisamente nel giorno di Natale): «…come sono belli i piedi
sui monti di Colui che viene parlandoci di Sion, i piedi del messaggero di
lieti annunci… messaggero di bene che annuncia la salvezza, che dice a Sion:
“Regna il tuo Dio”» (Is 52,7): ecco, abbiamo detto che i piedi sui monti sono
proprio queste "stelle alpine", perché la "stella alpina"
si chiama “leontopodium", il che vuol dire "piede del leone", e
il Messia, Gesù Cristo, è chiamato "Leone di Giuda".
C'è un rapporto anche tra le stelle alpine e il Messia,
il Verbo fatto carne, e anche queste servono per glorificare Dio.
Abbiamo detto che la condizione per poter riconoscere,
individuare una stella alpina è di averla concepita personalmente dentro di
noi: uno che non sappia nel suo intelletto, che cosa sia una stella alpina, può
trovarsi di fronte a tutte le stelle alpine, ma certamente non può
individuarle, non può dire: "questa è una stella alpina".
Qui c'è già una lezione grande per portarci a capire come
avviene in noi la formazione di questa capacità di dire: "questo è vero!", oppure: "questo
è il Verbo incarnato!".
Ho detto che la stella alpina bisogna che prima sia
concepita da noi, e si concepisce in quanto si fa il confronto tra la stella
alpina e tutti gli altri fiori, e quindi si arriva a quello che determina la
singolarità della stella alpina.
Conosciuta questa "singolarità", allora adesso
trovando la "realtà", stella alpina (e la realtà è opera di Dio, non
è opera del nostro pensiero), possiamo riconoscerla.
La realtà non è opera del nostro pensiero, però il nostro
pensiero è la condizione essenziale per poter riconoscere la stella alpina, per
poterla individuare.
Ecco allora noi abbiamo la sintesi: la presenza della
stella alpina e quindi la sua individuazione è opera di Dio Creatore (perché se
Dio non crea la stella alpina noi ce la sogniamo), ma richiede il nostro
pensiero, per cui quando nel nostro pensiero si è concepito che cos’è una
stella alpina, trovando la “realtà”, stella alpina, a noi è data la possibilità
di nominarla, di darle un nome, di dire: "questa è una stella alpina",
quindi di individuarla.
Dalla stella alpina siamo poi passati alla scena dei
pastori a Betlemme.
È sempre la
stessa lezione, perché la lezione è unica e si ripete in tutto e la troviamo
anche in Maria, nella scena dei pastori ci siamo chiesto: come hanno fatto i
pastori a riconoscere il Messia?
Nella notte santa c'è stato un Angelo che apparendo ai
pastori ha annunciato l'avvenimento e ha anche detto loro il segno con cui
l'avrebbero riconosciuto; il che vuol dire che è arrivata loro una Parola dal
Cielo.
Questa parola è stata creduta, interiorizzata, ed abbiamo
l'identica lezione in questi "molti” (che qui si dice "credettero in
Lui”).
Questi "molti" hanno ascoltato la parola di
Giovanni Batti sta.
Gesù quando interrogherà i farisei (che gli chiederanno
con quale autorità aveva cacciato i profanatori del Tempio), dirà: “il
battesimo di Giovanni era dal Cielo o dagli uomini?"
E i Farisei risponderanno: "non lo
sappiamo!"(Mt 21,25.27).
Qui invece costoro hanno riconosciuto che il Battesimo di
Giovanni era dal Cielo, che le parole di Giovanni venivano dal cielo, che
questo Battesimo di giustizia era dal Cielo, che era secondo Dio, e proprio
questo li ha resi capaci di dire: “è vero!”, cioè di riconoscere il Verbo fatto
carne.
Così anche i pastori, ricevendo l'annuncio dell'Angelo,
hanno avuto la possibilità, la capacità di riconoscere il Messia, in quanto
hanno creduto all’annuncio dell’Angelo, l’hanno interiorizzato, l’hanno portato
nella loro mente.
Però c’è stato un altro grande fatto che li ha
caratterizzati: ad un certo momento hanno detto: “Andiamo a vedere il Verbo che
ci è stato annunciato dagli Angeli” (Lc 2,15), quindi opera divina: è arrivato
loro.
Però fu necessario che essi dicessero: “andiamo a
vedere!”.
Non è bastato e non basta l’annuncio! Bisogna andare a
vedere!
È nel vedere che uno si pacifica.
È nella luce che uno trova la pace.
Per andare a vedere hanno dovuto lasciare il gregge.
Ecco la cosa importante!
Abbiamo detto che ognuno di noi appartiene a un gregge,
piccolo o grande che sia, ma quando arriva l'annuncio, la Parola dì Dio, è
necessario lasciare il gregge, perché il cammino che si fa è un cammino
essenzialmente personale: è un cammino di amore, cammino di dedizione, di
ricerca, "Ecce ancilla Domini”. Ecco, ci vuole questa dedizione.
Maria è stata una ''singola": si è assunta la
responsabilità della risposta.
Di fronte all'Angelo, si è assunta la responsabilità e si
è messa a disposizione: dedizione!
Dico: è dalla sintesi di questa dedizione con la Realtà
che si avrà la capacità di dire: "questo è", cioè di realizzare
quello che è stato annunciato, cioè di identificare, riconoscere il Messia.
I pastori andarono e videro.
Ecco, hanno realizzato quello che è stato loro
annunciato.
Come hanno fatto a dire: "questi è il Messia? questi
è la salvezza del mondo?"
Avevano dentro di sé la Parola di Dio: "Vi annuncio
una grande gioia: è nata la Salvezza per tutti gli uomini!" Ecco!
Hanno visto che la Parola dell'Angelo ha coinciso con la
Realtà che essi hanno visto con i loro occhi e, da questa sintesi, tra quello
quello che hanno visto e quello che portavano dentro di sé come Parola
dell'Angelo, hanno avuto la capacità di individuare, di identificare il Messia,
per cui hanno detto: “questi é la salvezza di Dio” (Lc 3,6).
Se fosse mancato uno dei due termini, il termine
interiore o il termine esteriore, certamente non avrebbero avuto la possibilità
di dire: “questo è”.
Il tema è questo: “et Verbum caro factum est”: “Il Verbo
si è fatto carne”. E ci chiediamo: “Che cos’è che dà a noi la capacità, la
possibilità di riconoscere, di dire: “questi è il Figlio di Dio, questi è il
Messia, questa è la Salvezza per tutti gli uomini?”.
“Oh, Signore lascia ora che il tuo servo se ne vada in
pace, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza” (Lc 2,29), disse il vecchio Simeone.
“Perché I miei occhi hanno veduto la Salvezza di Dio”:
ecco, vedere la salvezza di Dio!
Poter vedere la salvezza di Dio, poterla riconoscere,
poter dire: "questa è la salvezza, il Messia!”.
Nei pastori questa capacità si è formata attraverso:
l'ascolto, la fede nella Parola dell'Angelo e il lasciare il gregge per andare
a vedere.
Non basta l'ascolto perché sarebbero rimasti in dubbio:
anche se essi avessero ascoltato la Parola dell'Angelo, ma non fossero partiti,
non avessero lasciato il loro gregge e non fossero andati a vedere quello che
l'Angelo aveva annunciato, sarebbero rimasti in un dubbio, perché non avrebbero
potuto constatare quello che l'Angelo aveva detto.
L'Angelo quindi annuncia, la Parola di Dio arriva a noi:
è un annuncio!
Ma è sempre necessario partire.
Ecco la fede di Abramo!
È quella
che ti fa partire.
Se uno non parte resta con l'annuncio.
L'annuncio non lo può smentire, ma resta condannato
dall'annuncio.
E condannato come?
Condannato nel senso che resta fuori dalla Verità: non
può arrivare a realizzare quello che gli è stato annunciato, e lì c'è il
giudizio: l'uomo non arriva a "realizzare" quello che ha ricevuto,
quello che gli è stato annunciato.
L'uomo corre questo rischio: di ricevere l'annuncio e di
non realizzarlo.
L'annuncio arriva dappertutto: non c'è luogo della terra
che non senta questo annuncio, perché tutto è opera di Dio.
Quindi l'annuncio arriva dappertutto.
Il grande problema dell'uomo è di partire dal suo gregge
e di andare personalmente a vedere ciò che gli è stato annunciato; soltanto
vedendo "realizza", constata: così come constata la stella alpina
quando, avendola concepita la trova come realtà per cui dice: "questa è
una stella alpina".
La "realtà" non sono i pastori che l'hanno
fatta e non sono nemmeno gli Angeli. Gli Angeli l'hanno annunciata, ma la
“realtà” è opera di Dio.
Quindi la "realtà" non è opera né degli Angeli,
né della parola degli Angeli, né della fede dei pastori.
Anche se fossero partiti, se Dio non avesse fatto quella
"Realtà", il Bambino Gesù, essi si sarebbero trovati con il vuoto, la
Parola di Dio non si sarebbe realizzata, non avrebbero trovato la Realtà che
coincideva con l'annuncio dell'Angelo.
Invece per opera di Dio hanno trovato la realtà che
coincideva con l'annuncio ricevuto e interiorizzato.
Abbiamo detto che la "presenza" la si trova
quando c'è una coincidenza: stiamo andando verso la grande Presenza di Dio che
è lo Spirito Santo e questa Presenza di Dio la si trova in quanto c'è una
coincidenza tra quello che viene dal Padre e quello che si porta dentro di sé.
Quando quello che viene dal Padre, dedotto dal Padre,
derivato dal Padre (e questo richiede la nostra partecipazione personale),
coincide con quello che dentro di noi stessi abbiamo concepito ascoltando il
Figlio (ecco perché è il Figlio che manda lo Spirito dal Padre), soltanto quando coincidono le due
cose (quando quello che viene dal Padre coincide con quello che si è formato in
noi ascoltando il Figlio di Dio), noi troviamo la Presenza dello Spirito Santo,
lì troviamo la Presenza di Dio.
È una
fusione, una sintesi, come è stata una sintesi l'incontro con il Messia da
parte dei pastori.
I pastori hanno concepito il Messia per opera
dell'Angelo, cioè della Parola di Dio; andando e vedendo la Realtà (Realtà che
è sempre opera di Dio Creatore, mai degli uomini), trovando questa Realtà che
coincideva con quello che essi avevano concepito per opera dell'Angelo, hanno
detto: "questi è il Messia".
Ecco la sintesi con cui si riconosce il Verbo che si fa
carne: la "carne" è un bimbo qualunque, quello che trovarono era un
bambino qualunque, però era preceduto da certi segni, da certi annunci.
È la
coincidenza di questi annunci con la Realtà che si presenta che dà la possibilità,
ha dato allora e dà ancora adesso, ad ognuno di noi, la possibilità di dire:
"questo il Figlio di Dio, questa è la salvezza di Dio tra noi”.
Gesù vuol dire "Salvezza di Dio": Colui che
parlandoci del Padre ci porterà alla Presenza dello Spirito Santo. È l'opera meravigliosa che Dio
compie nella nostra vita.
Tutto questo (la stella alpina e la scena dei pastori) è
lezione per ognuno di noi.
Due sono i grandi termini estremi che racchiudono tutta
la nostra vita: ritorno all'esempio delle stelle alpine; primo termine,
l'ultimo termine: lo Spirito Santo.
Abbiamo questi due grandi termini entro cui si svolge
tutta la nostra vita e si corre anche il rischio di non poter arrivare alla
conclusione.
Il primo termine è di riconoscere la presenza di una
realtà materiale.
Abbiamo una presenza, ad esempio la stella alpina, che
rappresenta tutte le altre presenze fisiche.
Noi non stiamo su senza presenze, perché siamo fatti di
presenza.
Abbiamo una presenza materiale, fisica, la presenza delle
cose del mondo che si sintetizza con le stelle alpine.
Quando abbiamo parlato di questo abbiamo detto che
l'individuazione di questa presenza richiede anche qui due termini: prima di tutto il concepimento, e poi la
realtà.
Bisogna concepire prima una cosa per poterla trovare: uno
che non abbia concepito la stella alpina, certamente non può trovare la stella
alpina.
Però per arrivare a concepire Dio abbiamo detto che anche
qui c'è bisogno di due termini:
prima di tutto c'è bisogno dei "segni" che ci
annunciano Dio.
E c'è bisogno della Parola, perché è la Parola che ci
comunica il pensiero, ci fa concepire: è la Parola di Dio che fa concepire Dio.
I "segni" non fanno altro che preparare in noi
(ed è tutta opera di Dio) la capacità di concepire Dio in quanto sgombrano,
purificano la nostra mente, perché fintanto che noi abbiamo altri interessi,
fintanto che noi viviamo per altro, noi ci troviamo nell’impossibilità di
concepire Dio. In quanto vivendo di altre intenzioni siamo inquinati.
Abbiamo la possibilità di avere un'intenzione sola e
abbiamo la possibilità di concepire se abbiamo un'intenzione sola: siamo fatti
per una cosa sola e quindi possiamo avere e seguire un'intenzione sola, per cui
abbiamo bisogno di tutta quest'opera dei "segni" per preparare in noi
l'ambiente a ricevere un'intenzione sola.
Ora, fintanto che noi siamo dominati da altri interessi,
da altre intenzioni, fintanto che viviamo per altre intenzioni, ci troviamo
nell'impossibilità di concepire, di ricevere il "seme", cioè di
ricevere la Parola di Dio. Noi non concepiamo per i segni di Dio: noi
concepiamo per la Parola di Dio.
È la Parola
di Dio che ci trasmette l'intenzione di Dio. La Parola di Dio è comunicazione
di intenzione. Quello che fa concepire è l'intenzione: è questa che fa
concepire Dio.
Ma il concepimento non basta. È necessario trovare la "Realtà" che
coincide con la nostra intenzione, con il nostro desiderio, per poter
realizzare la "Presenza".
Lo vediamo già nel campo dei segni, qui in terra:
riconosciamo una “presenza” in quanto troviamo una "realtà" che
coincide con un nostro desiderio, con una nostra intenzione.
Nello stesso modo esperimentiamo l'assenza: quando noi
desideriamo una rosa e ci vengono dati dei tulipani, diciamo: “le rose sono
assenti” non troviamo la presenza delle rose.
Nella presenza quindi c'è questa coincidenza, la
"presenza" è data da questa coincidenza; tra quello che portiamo noi
come intenzione e la "realtà" che troviamo di fronte a noi.
Soltanto in quanto abbiamo concepito l'intenzione (ad
esempio l'intenzione di trovare una stella alpina), a noi è data la possibilità
di far coincidere le due cose (intenzione e realtà) e di dire: "questa è
una stella alpina!"; e troviamo la "presenza" della stella
alpina, perché coincidono le due cose.
È la
“presenza" che determina tutto dì noi: il nostro corpo è dominato da
queste presenze naturali che sono però una sintesi di questi due termini
(intenzione e realtà), entrambi "terra", quindi "presenze terra
– terra”). Queste presenze naturali costituiscono il primo termine.
L'ultimo termine, il termine estremo, è la Presenza dello
Spirito Santo: la meta.
Infatti Dio opera ogni cosa non per farci concepire
"stelle alpine", non per farci concepire presenze fisiche: queste
sono pane sul nostro cammino.
Sono parola di Dio certamente: la stella alpina è una
parola di Dio sul nostro cammino, perché fintanto che noi non siamo capaci di
vivere della Presenza di Dio e alla Presenza di Dio, se Dio ci togliesse queste
altre presenze noi precipiteremmo nel vuoto.
Noi siamo fatti di presenza, ma dobbiamo affrettarci a
passare dalle presenze naturali, alla vera Presenza, perché tutto è messaggio,
tutto è segno. Le presenze naturali sono messaggio, sono segno, ed essendo
tutto messaggio, tutto segno, se noi non ci affrettiamo ad arrivare alla
presenza dello Spirito, ad un certo momento perdiamo tutto.
Anche questa Presenza dello Spirito richiede due grandi
termini: dedizione e deduzione.
Dedizione e deduzione che é l'opera di Maria.
Così, prima bisogna dedicarsi a quello che è stato concepito.
Alla Presenza dello Spirito si arriva soltanto per
dedizione al Padre (di cui ci ha parlato Cristo), Principio, e per deduzione
dai Padre, perché lo Spirito viene dal Padre, quindi si richiede la nostra
partecipazione a questa deduzione.
Soltanto quando quello che si deduce dal Padre coincide
con quello che noi abbiamo concepito per opera del Figlio di Dio (cioè del
Verbo incarnato, la nostra Salvezza), soltanto quando coincidono le due cose:
intenzione e realtà, noi troviamo lo Spirito Santo, troviamo lo Spirito di
Verità.
La sintesi di questi due termini di “cielo”, è la
“Presenza cielo - cielo”.
Questi, dico, sono i due grandi termini entro cui si
svolge tutta la nostra vita: un termine terreno ("terra - terra") e
un termine celeste: "cielo - cielo".
Il primo termine “terra – terra”, si concepisce facendo
il confronto tra realtà terrene: concepisco cos'è una stella alpina in quanto
faccio il confronto con tutti gli altri fiori e posso notare la differenza che
c'è tra gli altri fiori e la stella alpina.
Quando ho notato la singolarità della stella alpina ho
concepito la stella alpina.
Si concepisce in terra facendo il confronto tra una cosa
e l'altra, ed è quindi un concepimento intellettuale. Questo concepimento
intellettuale adesso mi rende capace quando troverò, per grazia di Dio, una
stella alpina di riconoscerla; naturalmente debbo partire dal mio gregge e
salire sui monti, se voglio trovare la stella alpina.
Quando per grazia di Dio troverò la stella alpina nel suo
luogo, potrò dire: "questa è una stella alpina!": trovo una presenza,
una presenza “terra – terra”.
Questo è il termine terreno ("terra – terra”).
Poi abbiamo invece l'altro termine che è tutto cielo:
"cielo - cielo", perché lo Spirito Santo si concepisce solo dal Padre,
quindi abbiamo ''cielo e cielo".
Sono questi i due termini estremi.
La grande difficoltà per noi è passare dall'uno
all'altro: ecco il problema della salvezza!
È lì che ci
viene chiesto di conoscere la salvezza dì Dio, conoscere "come" Dio
ci salva, cioè "come" Dio ci porta da queste presenze terrene a
quell'altra Presenza ''cielo- cielo”.
Ora, dico, noi partiamo da “terra – terra”, come
presenze, e l’ultimo termine è: “cielo – cielo” come Presenza. Evidentemente
abbiamo bisogno di un termine che faccia da intermediario, che ci colleghi, che
ci apra a quel “cielo – cielo” e ci prepari, perché per giungere qui bisogna
essere talmente puri da poter dedurre dal Padre, da poter essere affidati al
Padre e poter derivare dal Padre, per poter partecipare alla generazione del
Figlio dal Padre, perché soltanto così troviamo la Presenza dello Spirito
Santo.
Se il primo termine di presenze è “terra – terra”, e
l'ultimo temine è "cielo - cielo", il termine intermediario qual è?
È uno solo:
"terra - Cielo".
Soltanto quel temine, cioé quella “presenza" (siamo
sempre nel campo delle presenze, perché noi viviamo di presenze) che porta in
sé la "terra" e il "Cielo", lì noi abbiamo l'intermediario,
lì abbiamo la possibilità del passaggio dalla "terra" al
"Cielo".
Il passaggio richiede che ci sia la presenza di
"terra", ecco, il "Verbum caro factum est": questa
"carne", questa "terra"'
Ora noi diciamo "terra" quello che noi possiamo
vedere con i nostri occhi, toccare con le nostre mani: "Il Verbo di Dio
... quella Vita che era presso Dio - dice Giovanni nella sua prima lettera- noi
l'abbiamo vista con gli occhi e toccata con queste mani": quindi abbiamo
visto qualcosa di "terra", un termine, una "presenza" in
cui c'è la terra, ma in cui non c'è "terra - terra", perché l'estremo
termine deve essere "Cielo": quindi "terra e Cielo".
Quindi ci deve essere un termine "terra" che
porta in sé il termine "Cielo".
Soltanto a questa condizione noi abbiamo l'intermediario
e quindi la possibilità, attraverso di Lui, di passare al "Cielo -
Cielo".
Ma il termine "Cielo" nel termine
"terra" come è possibile riconoscerLo?
Ecco, l'abbiamo visto nei pastori.
I pastori per poter dire: “abbiamo visto! abbiamo capito!
questo è il Messia”, cosa hanno capito?
Portavano in sé il Cielo.
Qual è questo "Cielo" che portavano dentro di
sé?
Il "Cielo" che essi portavano dentro di sé era
l'annuncio dell'Angelo: "Vi annuncio una grande gioia...".
Ecco!
Non era un confronto come si fa per le stelle alpine, per
concepire le stelle alpine.
Non hanno fatto il confronto fra quel Bambino e gli altri
bambini ( poiché avremmo qui un concepimento "terra - terra").
Non hanno detto: "tutti gli altri bambini sono
bruni, questo Bambino è biondo, quindi è la salvezza di Dio". No!
Con la stella alpina invece noi facciamo così: tendiamo a
cogliere la singolarità della stella alpina nei confronti di tutti gli altri
fiorì.
Tutti gli altri fiori non sono fatti in questo modo,
questo invece è fatto in quel determinato modo, per cui questa è una stella
alpina.
Va benissimo, ma, dico, questo è "terra -
terra".
Questi concepimenti "terra - terra" non ci
servono per la salvezza: io posso conoscere tutte le stelle alpine di questo
mondo (e nelle stelle alpine c’è la sintesi di tutte le altre presenze
terrene), posso far la raccolta di tutte le stelle alpine, posso imbalsamare
tutte le stelle alpine, posso portarle con me, ma non mi salvano. Tutte le
conoscenze di questo mondo non servono per la salvezza!
Noi possiamo riempirci di tutte le scienze dì questo
mondo, conoscere tutto il mondo e non soltanto il mondo terreno, ma anche il
mondo celeste, possiamo conoscere tutto, non ci salva! non ci può salvare,
perché è tutto "terra - terra".
Quello che ci salva è quello che è questa fusione
"terra" e "Cielo".
Perché?
Perché soltanto con questa fusione "terra -
Cielo" noi abbiamo l'intermediazione e quindi abbiamo la possibilità di
passare dalla "terra - terra" al "Cielo - Cielo", abbiamo cioè
la possibilità di formare in noi questa capacità di superare tutto quello che è
"terra - terra" per poter vedere le cose dal punto di vista di Dio.
La salvezza l'abbiamo nel guardare le cose dal punto di vista di Dio, l'abbiamo
nella possibilità di guardare tutte le cose dal punto di vista di Dio.
Ma chi ci darà la possibilità di vedere le cose dal punto
di vista di Dio?
Come i pastori hanno visto il Messia (il "cielo -
terra") in quel Bambino, che era un "bambino" qualunque, bruno o
biondo, come tutti gli altri?
Non c'era nessuna singolarità che lo caratterizzasse da
poterlo distinguere e riconoscere: "questo è il Messia!". Non c'era
"la stella alpina" diversa da tutti gli altri fiori.
Lì avevamo un Bambino uguale a tutti gli altri bambini.
Non potevano sapere come fosse stato concepito, come
fosse nato, questo non potevano saperlo.
Da che cosa allora essi hanno avuto la possibilità di
caratterizzarlo, di scoprire la singolarità di questo Bambino?
In quel Bambino c'era qualcosa del Cielo e quel qualcosa
del Cielo l'aveva detto loro l'Angelo: “Vi annuncio una grande gioia... vi
annuncio la "salvezza di Dio ...troverete un bambino.. lì sta la salvezza
di Dio!: troverete un Bimbo avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia...”
(Lc 2,10-12).
Andando essi hanno trovato la coincidenza tra quello che
aveva detto loro l'Angelo e quello che hanno visto con gli occhi: quello che
hanno visto con gli occhi è un "segno", quindi "terra", e
come tutti i segni che noi vediamo, poteva essere rivestito di un’intenzione.
I segni debbono essere rivestiti di un'intenzione: noi il
più delle volte rivestiamo i segni delle nostre intenzioni.
È per
quello che noi non riusciamo ad evadere dal pensiero del nostro io, perché noi
rivestiamo tutti i segni di Dio delle nostre intenzioni. Quelli invece, i
pastori, hanno rivestito quel Bambino, il segno di quel Bambino,
dell'intenzione dell'Angelo ed è l'intenzione dell'Angelo che ha dato loro la
possibilità di caratterizzarlo, di scoprire la singolarità di quel Bambino e di
dire: "questa è la Salvezza del mondo".
Ora tutto questo per dire che cosa?
Che non si può, nel modo più assoluto, di fronte a tutti
gli annunci di Natale, di Gesù che nasce in una grotta di Betlemme, non
possiamo uscire dai nostri dubbi, dalla chiusura del pensiero del nostro io, il
quale conosce in base a esperienze, a conoscenze terrene.
Chi ci libera dal dubbio di dire: "questo è Figlio
di Dio, oppure è il Figlio di Maria... o e tutto è una novellistica?"
Chi ci libera da questo?
Ecco, dico, ci sono queste lezioni di Dio attorno a
Betlemme per dire a noi quali sono le condizioni per poter dire personalmente
anche noi: "Questi è il Verbo di Dio fatto carne, è la Parola di Dio
incarnata": non è “carne – carne” non è "terra - terra", non è
"fiore - fiore": questa è Parola di Dio incarnata!
Infatti i pastori andando a cercare a Betlemme, hanno
trovato la realizzazione della Parola di Dio: della Parola di Dio annunciata
dagli Angeli.
Era Parola di Dio annunciata dagli Angeli.
Per loro è stato un fatto straordinario, certamente,
perché è lezione per noi e tutto quello che è lezione è un fatto straordinario
per noi, e Dio opera tutte le cose per preparare in noi la capacità di
riconoscere la sua Salvezza.
Intanto ci fa capire che non si può arrivare a
individuare, a identificare il Messia, cioè il Verbo di Dio fatto carne, se noi
dentro di noi non abbiamo prima identificato, cioè se non abbiamo prima
concepito chi è Dio e “come” Dio ci salva.
Ho detto che i pastori sono arrivati carichi di un
messaggio: il messaggio dell'Angelo.
Quel messaggio dell'Angelo non è altro che il
concepimento in noi di ciò che Dio è e di come Dio ci salva: Dio ci salva solo
per mezzo di Se stesso, con la sua Presenza.
Soltanto se noi avremo intellettualmente e soltanto
intellettualmente concepito chi è Dio, che cosa è Dio e come Dio ci salva,
questo e soltanto questo, dà a noi la capacità, dì fronte a quel Bimbo
qualunque, di riconoscere la singolarità di quel Bimbo, e di dire, di poter
dire: "questi è la salvezza di Dio" e non a parole, non per sentito
dire, ma per convinzione perché coincide con quello che portiamo dentro di noi,
con quello che abbiamo concepito di Dio.
Come la stella alpina non si può identificare se non
l'abbiamo prima concepita dentro di noi, così è con Dio nella sua
realizzazione: non realizzazione finale, ma come mezzo, come intermediazione
per condurci alla soluzione finale che è quella di "Cielo - Cielo",
cioè Spirito di Presenza, Presenza del Padre.
È
necessario aver concepito da Dio chi è Dio e "come" Dio ci salva (Dio
ci salva soltanto per mezzo di Se stesso, con la sua stessa Presenza), per
poter identificare questa Singolarità, dell'intermediario tra la nostra terra e
il Cielo.
Soltanto se noi avremo concepito chi è Dio dentro di noi,
quel concepito dà a noi la possibilità di individuare e di confessare e di
testimoniare: "Questi è veramente il Figlio di Dio: la salvezza, l'aiuto
di Dio, il "Dio presente tra noi".
Alcuni
pensieri tratti dalla conversazione:
Solo se abbiamo concepito "come" Dio salva possiamo
riconoscere in quel bambino la salvezza di Dio, e quindi il Figlio di Dio,
poiché Dio ci salva solo per mezzo di Se stesso, della sua Presenza.
L'intermediario "terra - Cielo" ci porta al
"tutto Cielo": anche la terra viene spiritualizzata, quindi diventa
Cielo. Il Natale ci rivela che Dio ci salva affidandosi a noi come un bimbo
affidato a sua Madre: è un piccolo Pensiero tra tanti nostri pensieri: Lo
dobbiamo curare e far crescere fino ad assorbire tutto in Sé.
Quest'ultimo versetto, il 42, ci ha evidenziato come il
problema dell'identificazione, a tutti i livelli, dalla "stella
alpina" al "Verbo fatto carne" (esperienza dei pastori, dei
discepoli di Giovanni, ecc.) fino alla Presenza dello Spirito Santo, sia una
sintesi fra un concepimento (componente soggettiva) e una "realtà"
(componente oggettiva).
“…ma tutto quello che Giovanni ha detto di Lui era vero, e molti credettero in
Lui.”Gv 10 Vs 42
- RIASSUNTI –
Domenica – Lunedì -
Argomenti: Concepimento e
identificazione –
La singolarità – La conoscenza personale di Dio –
L’immondizia – Cielo e terra – Cristo è la
strada che conduce al Padre – Concepire nel
disordine della mente – La passione d’assoluto – Il pensiero di Dio dedotto dal Padre - La realtà che discende dal Padre – Il pensiero puro di Dio.
3-4/ Gennaio /1993
Casa di preghiera Fossano.
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- RIASSUNTO CAPITOLO 10 – Domenica – Lunedì -
Argomenti: La giustificazione del Figlio nel
Padre – Principio e conoscenza – Riconoscere
la Verità – Il concepimento – Dio in terra e
Dio in cielo – La presenza di Dio – Segni e
parole – Opere e persona – L’individuazione
di Cristo – Le 5 scene del capitolo – La
mappa del tesoro – Ladri e briganti – Le
pecore di Dio – La voce e l’esistente – La
vita del Pastore – Il potere del Figlio – Il
tempio di Dio – La disponibilità di Dio –
L’unità in cielo – Il sassolino -
10-11/ Gennaio /1993 Casa di preghiera Fossano.