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“E molti vennero a lui e dicevano: «Certamente Giovanni non fece alcun segno»”. Gv 10 Vs 41 Primo tema.


Titolo: Il parcheggio di fronte all’eterno.


Argomenti: La fuga di Dio dalle ragioni umane – La vera preghiera – Il battesimo di giustizia condizione necessaria per seguire Cristo – Il prima di tutto – La presenza è condizionata dal luogo -  Il luogo è mediazione – L’uomo vive di presenza – La presenza assoluta – Il passare delle cose – L’assenza di Dio – La rete in mare – Sopportare la presenza di Dio – Derivare da Dio – La noia infinita – Pesci buoni e cattivi – La partecipazione della creatura all’opera di Dio – Il purgatorio -


 

15-16/Novembre/1992 Casa di preghiera Fossano.


Questa sera iniziamo un versetto nuovo, il versetto 41 del cap. X di s. Giovanni, dove si dice: “E molti vennero a Lui e dicevano: «Certamente Giovanni non fece alcun segno!»”.

Ci fermiamo sulla prima parte: “E molti vennero a Lui”.

È una scena che Dio ci presenta. 

Dio è il Creatore, quindi tutto è opera sua, tutto è parola sua, ed è parola sua per ognuno di noi.

Dio parla personalmente, ci tratta come persone, e in tutto non fa altro che significare qualche cosa di Sé per formare in noi la capacità di Sé, la capacità della vita eterna.

Dio ci ha creati per conoscere Lui. 

Lo scopo della nostra vita, il nostro destino è giungere a conoscere Lui e nella conoscenza di Lui c'è la vita eterna.

E noi dobbiamo sforzarci ogni giorno di entrare nella vita eterna, cioè nella conoscenza di Dio, altrimenti la nostra giornata è inutile: guadagnassimo anche miliardi al giorno, la nostra giornata sarebbe perfettamente inutile se noi non ci affatichiamo per entrare nella vita eterna, perché se non si entra oggi non si entra domani.

Il tempo va a senso unico, lo vedremo stasera, e ci conduce ad una meta ben precisa.

Qui ci viene detto: “Molti vennero a Lui”.

Anche qui dobbiamo cercare, essendo Parola di Dio per noi, che cosa Lui vuole significare a noi attraverso questo annuncio.

Dopo che i Giudei avevano cercato di impadronirsi di Lui a Gerusalemme, ci è stato detto che Lui sfuggì dalle loro mani, non si lascio prendere.

Avevamo detto che questo Gesù che non si lascia prendere dalle mani dell'uomo è segno di Dio che non si lascia prendere dall'uomo.

Noi tendiamo sempre a mettere le mani, a possedere creature e Divinità.

Dio non si lascia prendere dalle nostre ragioni, dai nostri argomenti, dalle nostre giustificazioni.

Eppure Lui è venuto per farsi conoscere, per donarsi, però Dio si conosce soltanto per mezzo di Dio: quindi non si può calare Dio nelle nostre ragioni, nei nostri argomenti.

Non è Dio che deve diminuirsi.

Siamo noi che dobbiamo crescere.

Dio diceva a s. Agostino: “Io sono cibo degli uomini adulti; non sono lo che mi debbo mutare in te, ma sei tu che ti devi mutare in Me.  Cresci e mi mangerai!".

Ecco, l'uomo è fatto per nutrirsi di Dio.

“L'uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”: quindi a voler strumentalizzare Dio, a volerlo far servire ai nostri scopi, ai nostri fini, anche se pregassimo da mattino a sera, noi concluderemmo sempre in un niente, perché non è Dio che deve essere posto a servizio nostro; ma se vogliamo metterci in un rapporto giusto, e ciò che è giusto è vero, quindi è eterno, dobbiamo considerare noi al servizio di Dio.

Quindi non dobbiamo cercare di piegare Dio alla nostra volontà, ma dobbiamo cercare di piegare la nostra volontà a Dio.

Lo scopo principale del nostro vivere è prima di tutto quello di capire qual è la volontà di Dio: perché Dio crea? perché Dio ci ha creati? perché Dio ci mantiene in vita?

E questo lo si deve dedurre da Dio, perché la volontà di Dio, l'intenzione di Dio, il Pensiero di Dio si conoscono solo da Dio, per cui si richiede questa elevazione della nostra mente a Dio per conoscere da Dio la sua volontà, il suo Pensiero.

Elevare la mente a Dio vuol dire pregare.

La vera preghiera è questa.

È cioè questa mente che si eleva verso Dio per conoscere da Dio qual è la sua volontà, qual è il suo Pensiero, qual è la sua intenzione, ché soltanto in quanto entriamo in sintonia con la sua intenzione noi abbiamo la possibilità di ricevere le comunicazioni di Dio.

I Giudei avevano cercato di impadronirsi di Lui, e Lui era sfuggito alle loro mani; non solo, ma addirittura era andato al di là del Giordano.

Qui leggiamo: “Tornò nuovamente al di là del Giordano, là dove Giovanni Battista aveva battezzato”, ed abbiamo visto qual era il significato di questo andare al di là del Giordano.

Il Giordano segna il confine tra la Palestina, la Terra Promessa, e la terra pagana.

Questo andare al di là del Giordano è Gesù che se ne va al di là del suo popolo, perché il suo popolo si era accecato con il Tempio, con la Legge, con le sue autorità, e, accecato così, non aveva più la capacità di seguire Gesù.

Aveva messo prima di tutto altro da Dio e si era reso quindi incapace, impotente a capire il Cristo, a capire Dio.

E lo manderanno a morte in nome della loro Legge, della loro autorità.

Gesù se ne era andato al di là del Giordano, in terra pagana “là dove Giovanni Battista aveva battezzato”, cioè richiamava il tempo in cui alla gente (e quindi ad ognuno di noi) che vive dietro le cose del mondo, c'era la proposta alla giustizia essenziale, cioè a mettere Dio prima di tutto, a questo togliere il pensiero del nostro io dal centro del nostro vivere, dal centro del nostro pensare, perché il nostro io non è il centro e non è giusto che sia al centro. 

Dio deve essere al centro, perché Dio è il Creatore!

Dio è il massimo valore.

Noi viviamo sempre, anche quando pensiamo Dio, anche quando supplichiamo Dio, anche quando siamo religiosi e preghiamo Dio da mattino a sera, noi pensiamo sempre a noi stessi.

Invece è assolutamente necessario che questo pensiero del nostro io sia tolto dal centro dei nostri pensieri, dal centro del nostro vivere, e sia messo Dio, e questo è un problema di giustizia.

Senza questa giustizia è assolutamente impossibile seguire Cristo, capire il Cristo: non c'è l'intelligenza. Manca a noi l'intelligenza.

Quindi ecco perché Giovanni Battista fu il precursore, come tutto l'Antico Testamento fu precursore all'incontro con Cristo.

Soltanto coloro che accolsero e accolgono questo battesimo di giustizia, cioè questo togliere il pensiero del nostro io dal centro per mettere Dio al centro, soltanto costoro hanno la capacità di riconoscere il Cristo, di individuare il Cristo, perché il primo processo di individuazione del Cristo (siccome Cristo non si presenta con la scritta sulla fronte "Io sono Figlio di Dio") la prima individuazione del Cristo avviene in relazione all’interesse, alla fame che ognuno di noi porta dentro di sé.  

E soltanto coloro che hanno interesse per Dio al disopra di tutto, che hanno fame di Dio, fame di conoscere Dio al disopra di tutto, questi, incontrando il Cristo, dicono: “è quello che io aspettavo!”, perché Lui è Colui che risponde alla nostra fame, non fame di pane, non fame di interessi o fame di giustizia nel mondo, ma fame di conoscere Dio, fame di ascoltare parole di Dio.

E siccome il mondo parla di tutt'altro che di Dio, ecco che soltanto coloro che hanno questo interesse al disopra di tutto, interesse per conoscere Dio, interesse per conoscere la verità, fame di conoscere la Verità, soltanto costoro che portano questa fame possono individuare, possono riconoscere il Cristo, perché è Colui che risponde alla loro fame.

Quindi la prima individuazione avviene in base a questo riconoscimento determinato dall'interesse che uno porta dentro di sé.

Ecco allora perché se uno non ha posto Dio al di sopra di tutto, viene a mancargli la possibilità di individuare il Cristo, di riconoscere il Cristo, di intenderlo.

Ad un certo momento Cristo diventa insopportabile: bisogna mandarlo a morte, bisogna crocifiggerlo, c'è niente da fare!

Ora, Gesù si era riportato di nuovo al di là del Giordano là dove si poneva il problema del "prima di tutto": il battesimo di Giovanni Battista. 

“E là si trattenne”, il che vuol dire che Lui non si muove più di lì!

Si trattenne, e quando Uno si trattiene e non si muove di lì c'è una soluzione sola: o si va a Lui o si perde contatto, ogni rapporto con Lui.

Là si trattenne per farci rapire che è là; cioè in questo “prima di tutto Dio”', il luogo in cui si può trovare Dio.

Dio abita in questo “prima di tutto”: prima di tutto che vuol dire farlo oggetto del nostro pensiero, ché noi quando pensiamo, in quanto pensiamo ad una cosa, noi la privilegiamo (in quanto non possiamo pensare a due cose contemporaneamente), quindi la mettiamo prima di tutto.

Dio è Colui che dobbiamo privilegiare, Dio è Colui al quale dobbiamo dedicare il nostro pensiero, e soltanto in quanto dedichiamo il nostro pensiero a Dio, lì possiamo trovare Dio.

Dio abita in un luogo ben preciso.

Abbiamo detto: non è vero che Dio abita in tutti i luoghi.

Dio parla in tutto, per cui vedendo un fiore, un filo d'erba, un albero, o le stelle, il sole; ecc., tutto è parola di Dio, tutto è annuncio di Dio.

Ma nessuno si illuda che esaminando il sole o il fiore o il filo d'erba possa trovare Dio.

Dio si trova soltanto nel suo Pensiero, Dio si trova soltanto in suo Figlio.

Dio abita lì!

Soltanto in quanto noi andiamo nel luogo in cui una cosa esiste e vive noi possiamo trovare quella cosa. Quindi il trovare la presenza di una cosa è condizionata dal luogo, al sapere il luogo in cui essa si trova. Anche Dio, poiché tutto è segno di Dio, anche Dio per essere trovato va cercato nel suo luogo. Il suo luogo è il Pensiero di Dio e il Pensiero di Dio è Il Figlio di Dio in noi.

Noi abbiamo la possibilità di pensare Dio, ma quando pensiamo Dio, noi pensiamo Dio con il Pensiero di Dio e il Pensiero di Dio non è nostro pensiero.

Pensiero di Dio è Pensiero di Dio, ed è soltanto lì che noi possiamo conoscere Dio.

Ho detto che il luogo è mediazione: in quanto è mediazione deve essere presente a chi cerca ed è presente a chi è cercato, ed è soltanto attraverso questa mediazione che si arriva a trovare quello che si cerca.

Quindi Dio abita in quel luogo preciso: in suo Figlio, nel suo Pensiero.

Ecco perché Gesù dice: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me”. appunto perché il Padre abita nel suo Figlio, e suo Figlio abita nel Padre.

È la conclusione di tutto.

Il lungo discorso che abbiamo trovato qui nel capitolo decimo in cui Gesù dice: “Affinché sappiate e conosciate che il Padre è in Me e che Io sono nel Padre”: ecco il luogo!

Dio è in suo Figlio, nel suo Pensiero, e suo Figlio è in Dio.

Questo è il luogo: “Affinché sappiate e conosciate...”. cioè affinché sappiate e conosciate il luogo in cui si trova Dio e possiate trovarlo.

“Affinché sappiate...”, il che vuol dire che Dio opera tutto per farsi trovare, opera tutto per farsi conoscere, però bisogna sapere il luogo in cui si trova.

Allora qui, dopo averci indicato dove Gesù sfuggendo dalle mani di coloro che Lo volevano prendere, si era recato, dice: “molti vennero a Lui”.

Vennero a Lui, cioè, dove?

Al di là del Giordano.

E noi dobbiamo chiederci: qual è la molla che sospinse, che sospinge molti ad andare a Lui, a Lui che si sottrae alla gente?

Lui che fugge alla gente?

Tutte le volte che gli uomini cercano di prendere la Verità, la Verità sfugge, e sfugge non per sottrarsi: ma sfugge per indicare a loro (e a noi) il luogo in cui la possono trovare.

Evidentemente noi stiamo cercando Dio in un luogo sbagliato, e tutti coloro che hanno interesse per Dio, stanno cercando Dio in un luogo sbagliato: ecco perché non trovano Dio.

Dobbiamo chiederci qual è la molla che spinge molti ad andare a Lui, che spinse molti allora ad andare a Lui, che spinge oggi molti ad andare a Lui.

Andare a Lui vuol dire arrivare a quel “prima di tutto”.

Ad un certo momento nella vita si forma questo pensiero dominante, principale, “che io possa capire se Dio c'è o non c'è, se è vero o non è vero, se è tutto fantasia degli uomini o fantasia nostra oppure se questa è la Verità in cui noi ci troviamo”.

Cos'è questa molla che spinge gli uomini a pensare Dio, a cercare di capire Dio, a cercare di conoscere Dio?

Ho detto la volta scorsa che se c'è una cosa che l'uomo non sopporta è l'assenza: l'uomo è essenzialmente costituito di, presenza, è fatto di presenza, e vive di presenza!

Dio che è il Presente, si significa in tutto manifestandoci la presenza delle creature: sono le creature che fanno vivere noi.

Noi abbiamo bisogno di presenza. Dico: noi non sopportiamo l'assenza. 

L'assenza per noi è morte.

E Dio per sostenerci lungo il cammino ci offre la presenza dei segni suoi, segni suoi che sono le creature e noi viviamo di queste presenze.

E poi ad un certo momento ci accorgiamo che queste presenze se ne vanno; e man mano che una presenza di cui noi viviamo e per cui siamo vissuti, se ne va, noi entriamo in crisi, ma una crisi tale che ad un certo momento anche lo stesso vivere ci diventa insopportabile.

E questo è segno, un grande segno di Dio: la nostra insopportabilità della vita quando vengono meno le presenze principali con cui e per cui siamo vissuti, è segno che noi siamo stati creati per vivere con una Presenza.

E se tutte le presenze per cui e di cui noi oggi viviamo, queste sono soggette al tempo, per cui ad un certo momento se ne vanno, scompaiono dalla nostra vita e ci mettono in crisi, tutto questo è segno per dire a noi che dobbiamo scoprire un'altra Presenza: la Presenza immutabile, la Presenza che non è più soggetta al tempo, alla vanità, all'annullamento.

Se tutte le presenze per cui e di cui noi viviamo sono soggette a mutamento, per cui ci deludono, oppure addirittura sono soggette alla morte, per cui noi entriamo in crisi, in tragedia, tanto da renderci la vita insopportabile, dico, tutto questo è perché queste presenze sono soltanto dei segni: segni! segni di un'altra Presenza, e noi dobbiamo arrivare ad un'altra Presenza!

Sono voci queste presenze: sono voci che ci convocano ad un'altra Presenza!

Ecco perché noi sbagliamo tutta la nostra vita: in quanto viviamo per le presenze create.

Noi dobbiamo capire il significato delle presenze create, il significato della creature che Dio ci mette attorno per sostenerci sul cammino, dobbiamo capirne il significato, e il significato è questo: tutte le creature arrivano a noi e ci dicono: “noi non siamo Dio”.

E ce lo dicono in tutti i modi.

In quanto dicono a noi “noi non siamo Dio”, vuol dire: “noi non siamo quella Presenza di cui tu hai bisogno”. Tutte le creature ad una voce ci dicono: “Alza gli occhi! Non siamo Dio, noi non siamo eterni.

Noi siamo soltanto compagni di cammino per un tratto di strada, per sostenerti, perché tu non abbia a morire lungo la strada; ma noi tutte ad una voce ti diciamo: alza gli occhi, perché un altro è Dio!”.

Se l'assenza per noi è insopportabile, possiamo capire qual è la molla che sospinge questi "molti" ad andare a Gesù, a cercare Gesù, quando Lui si sottrae.

Sottraendosi si rende assente, e l'assenza è insopportabile, per cui: questo crea il movimento, la domanda: “dov'è andato?”.

Qui abbiamo anche il significato del perché tutte le creature muoiono.

Tutte le creature muoiono e quindi ci fanno mordere l'assenza, l'esperienza dell'assenza, affinché noi ci mettiamo in movimento e chiediamo: “dove sono andati?”.

Ecco, tutte le cose sulla nostra terra passano per farci alzare i nostri pensieri al Cielo, là dove sono andati, perché soltanto in quanto eleviamo la nostra mente al Cielo, lì noi possiamo capire: lì c'è il significato del tempo che passa, del mutare delle creature, della morte che opera in tutte le cose.

La morte non è la conclusione della vita; la morte è un momento della vita ed è un momento per la nostra vita, cioè un momento per farci passare dalla nostra vita vissuta per delle cose che si vedono e si toccano, alla vita per le cose che non si vedono e non si toccano, alle cose del cielo, perché queste sono eterne.

Le cose che si vedono e si toccano invece non sono eterne perché sono relative a noi e ai nostri sensi: per cui io dico: “quella cosa esiste, quella creatura esiste, perché io la vedo, la tocco, la esperimento” e finisco di vivere per quella.

Ecco l'errore fondamentale.

Nel regno della Verità si arriva con l'intelligenza, si arriva con la mente e tutte le cose che arrivano a noi attraverso i sentimenti, i sensi e si fanno esperimentare da noi, sono tutte voci che ci convocano all'intelligenza, al pensiero, a pensare, perché alla Verità si giunge soltanto attraverso il pensiero, e a questo pensiero che pensa Dio.

Ecco allora che ritorniamo al punto di prima: il luogo in cui abita Dio.

Il Cielo è il luogo in cui Dio abita.

Ma questo Cielo non é il cielo astronomico, quello che noi possiamo osservare alzando gli occhi materialmente.

Questo Cielo è dentro di noi! perché il Pensiero di Dio è dentro di noi!

Quindi è inutile che noi cerchiamo Dio correndo a destra o correndo a sinistra, o studiando o cercando di capire tutto quello che dicono gli uomini o tutti i pensieri degli uomini. 

Servono assolutamente niente!

Tutti gli uomini, tutti, e tutte le creature e tutto il mondo ti possono dire una cosa sola: “noi non siamo Dio! se vuoi trovare Dio, alza gli occhi ad un Altro!”.

E in quanto ti hanno detto questo, ti hanno detto tutto.

Noi possiamo studiare tutti i pensieri degli uomini, tutte le parole degli uomini, impararle tutte a memoria, avere tutta la cultura di questo mondo, ma in tutto ciò che ci dicono non c'è altro che questo: “noi non siamo Dio!

Dio è un Altro, e se vuoi trovare Dio, tu personalmente devi pensare Dio, perché Dio solo è il Rivelatore di Sé”.

Non c'è nessun uomo che ti possa far conoscere Dio.

Dio solo è il Rivelatore di Sé.

Solo l'Infinito è rivelatore dell'Infinito.

L'Eterno è il solo rivelatore dell'Eterno.

Quindi se noi ci troviamo nel tempo, nelle cose finite, nelle cose relative, nei frammenti, ecc., tutto questo ci sospinge alla ricerca dell'Infinito, dell'Assoluto, dell'Eterno, ma l'Assoluto, l'Infinito, l’Eterno noi li troviamo soltanto in Dio e solo da Dio.

E allora, dico, questa molla che sospinge questi molti ad andare là dove Lui è, là in quel “prima di tutto”, è l'assenza di Dio nella loro vita!

Qui capiamo allora anche perché Dio si renda assente, perché in effetti noi esperimentiamo le creature, non esperimentiamo Dio.

Qui capiamo anche perché non vediamo Dio.

Dio è il grande assente!

Dio è Colui che tace!

Parlano tutti, ma Dio non parla.

Noi non lo sentiamo parlare, noi non troviamo Dio passeggiare sulle nostre strade, sulle strade del mondo.

Dio è assente, il grande assente; ma questa assenza di Dio è una forza terribile, perché viene esperimentata da uomini che non sopportano l'assenza, e allora questa assenza mette in movimento a cercare di riempire questo vuoto con una presenza.

Dico, questa è la molla che sospinge ad andare a Lui.

E allora qui, a questo punto, noi possiamo capire quanto Gesù dice: “Il Regno di Dio è simile ad una rete gettata in mare!”(Mt 13,47-48).

E abbiamo detto che attraverso tutte le parabole che rappresentano tappe successive della nostra vita, Dio ci fa maturare a quella grande contemplazione della Verità e della gloria di Dio che ci avvolge perché noi siamo avvolti dalla gloria di Dio, dalla Verità di Dio!

Inizia con la parabola del seminatore (nella quale il seme è la proposta di luce) e via via, attraverso altre parabole, cioè altre tappe successive, giunge ad un certo momento a dirci che il Regno di Dio è come una rete gettata in mare.

Sono tappe successive, ed è solo a questo punto qui, cioè quando noi incominciamo a capire che quello che ci mette in movimento alla ricerca di Dio è l'assenza di Dio (e che quindi c'è una positività nell'esperienza di assenza), è a questo punto qui che noi incominciamo a capire che veramente il Regno di Dio è simile ad una rete gettata in mare: “una rete gettata in mare che – dice Gesù - raccoglie ogni specie di pesci (“ogni specie di pesci”: è Gesù che lo dice!), e poi – dice - i pescatori conducono questa rete piena di ogni sorta di pesci sulla spiaggia del mare”.

Ecco, prima di tutto dobbiamo capire che cosa significa questo mare.

Il mare è la metafora della nostra vita.

Nella nostra vita, in questo mare della nostra vita, c'è questa rete e la rete è l'assenza di Dio.

C'è questa rete che raccoglie ogni sorta di pesci.

Noi siamo questi pesci! Raccoglie ogni sorta di pesci e li porte su di una spiaggia.

Qual è questa spiaggia su cui tutti, volenti o nolenti (poiché dice “ogni sorta di pesci”) sono portati?

Tutti! 

Ecco i “molti che vanno a Lui”.

Noi tutti siamo condotti su questa spiaggia.

Qual è questa spiaggia?

Qual è questa moltitudine di pesci buoni e cattivi?

Sulla spiaggia avviene la cernita dei pesci.

E dice: “i pesci buoni vengono messi nei canestri; i pesci cattivi vengono gettati di nuovo in mare”.

È Parola di Dio! e le parole di Dio sono di una profondità enorme!

Sono lezioni di vita, perché è quello che noi esperimentiamo nella nostra vita!

C'è questa rete nel nostro mare, nel mare della nostra vita, che ci prende, volenti o nolenti, che ci trascina!

II tempo passa inesorabilmente e a senso unico.

Noi non vogliamo che il tempo passi, eppure quello passa, e dove ci conduce?

Il tempo è una strada a senso unico, e in quanto è a senso unico va verso una meta ben precisa.

Va verso una spiaggia.

La rete raccoglie i pesci anche se i pesci non lo vogliono.

Anzi, i pesci tentano di scappare, ma ad un certo momento la rete li prende e li conduce sulla spiaggia.

Qual è questa spiaggia?

Cos'è questa spiaggia in cui avviene questa cernita? e questi pesci cattivi che vengono rigettati e i pesci buoni che vengono invece trattenuti nei canestri? 

Ecco, ad un certo momento c'è questa cernita nella vita di ognuno di noi.

Ci sono questi pesci, che siamo noi che o vengono trattenuti nei canestri o vengono rigettati in mare, e qui incomincia la tragedia: pesci che non vengono raccolti nei canestri divini, ma vengono rigettati in mare!

Rigettati in mare, a questo punto questa vita (il mare rappresenta la nostra vita) diventa vita senza senso, diventa routine, in una noia senza fine. 

Vengono gettati in questo mare in cui le cose non hanno più significato, perché nel momento in cui dovevano avere un significato, forse anche solo nel momento in cui il pesce è stato portato sulla riva, nel momento in cui dovevano avere un significato poiché si va a senso unico, ecco, il pesce era cattivo!

Pesce cattivo perché non è in grado di sopportare quella Verità che si trova su quella spiaggia, perché la spiaggia sulla quale tutti sono convocati da questa rete divina, cioè da questa assenza di Dio, è la Presenza stessa di Dio.

La spiaggia è la Presenza di Dio!

Giunti alla presenza di Dio, e mi richiamo all'argomento della volta scorsa, ci siamo chiesti: e chi è che è capace di restare alla presenza di Dio? 

Che cosa si richiede per restare alla presenza di Dio? 

Ed è qui che le anime incominciano a qualificarsi, a distinguersi.

Chi è che è in grado di sopportare la sua Presenza?

Cos'è che rende capaci di restare alla sua Presenza?

La volta scorsa avevamo concluso che se per recarsi nel luogo di Dio bisogna lasciar tutti gli altri luoghi, e questa è la condizione per trovare la presenza di Dio; trovata la presenza di Dio, per restare quindi con la presenza di Dio, e la presenza di Dio è vita eterna, bisogna imparare a dedurre tutto da Dio.

E qui c’è un problema grosso, perché Gesù dice che soltanto i figli restano sempre nella Casa del Padre, cioè restano con il Padre, alla presenze del Padre.

Dico, c'è un problema grosso, e il problema sta in questo: i figli di Dio non nascono come i figli qui sulla terra.

Qui sulla terra i figli nascono in modo magico, a loro insaputa, e tutto quello che accade a nostra insaputa per noi è magico. I figli di Dio nascono consapevolmente da Dio.

Presso Dio tutto è consapevolezza, perché si è persone. Presso Dio si è consapevoli e si nasce consapevolmente.

E qui la cosa diventa difficile, perché se si nasce consapevolmente vuol dire che non si nasce senza di noi. Quindi da Dio non si nasce per atto magico.

Nella vita eterna, nella partecipazione alla Verità si nasce consapevolmente, il che vuol dire con la partecipazione nostra.

E se noi non siamo capaci a derivare da Dio, a dedurre da Dio, noi non siamo capaci a nascere da Dio, perché nascere consapevolmente vuol dire pensare le cose dal Principio, da Dio, vuol dire partecipare all'opera di Dio.

Tutta la difficoltà degli uomini sta lì: giunti su questa spiaggia possono essere incapaci a derivare le cose da Dio, a nascere da Dio, perché si richiede la partecipazione consapevole.

E allora qui ci troviamo con degli uomini che non sopportano la presenza di Dio (pesci cattivi) e vengono buttati in mare.

Quando si è ributtati in mare, dopo aver incontrato la Parola di Dio che ti conduce e che ti presenta la Verità, come una proposta (la Parola di Dio è sempre una proposta), quando tu incontri la proposta dell'Assoluto, della Verità, la proposta di Dio e non riesci a seguirla, non riesci a stare con quella, quel mare adesso diventa di una noia infinita, perché è una vita senza più significato.

Prima c'era una speranza: “Forse incontrerò… forse troverò quel che dà senso alla vita”. 

Ma dopo non c'è più questa speranza, perché nel momento in cui c'è stata la proposta del passaggio alle cose eterne, del passaggio e dell'impegno con Dio, a quel punto tu non sei stato in grado di sopportare il viaggio e allora ricadi nella routine di prima, ma senza più speranza.

Ricadi nella noia!

Adesso incominci, sì, a guadagnare, a lavorare, a vivere, a mangiare, a vestire, ecc., però senza senso, senza significato: non hanno più senso le cose.

E ho detto, quando la vita perde di significato, questa diventa insopportabile.

Ecco questo essere rigettati in mare dei pesci cattivi.

Ma ci sono anche i pesci buoni, e sono quelli che hanno messo Dio prima di tutto, che hanno sognato Dio, e questi vengono trattenuti nel canestri.

Però qui il problema diventa difficile perché si richiede la partecipazione della creatura all'opera stessa di Dio.

“Il Figlio non fa niente se non lo vede fare dal Padre”, dice Gesù. Tutta l’opera di Dio è di formare in noi questa capacità di poter partecipare all'opera stessa di Dio perché soltanto nella misura in cui si partecipa all'opera stessa di Dio dal Principio si è fatti consapevoli.

Infatti abbiamo intitolato il tema di questa sera: il parcheggio eterno, cioè il parcheggio di fronte all’eterno: si è in zona di parcheggio.

Quando dico “Parcheggio eterno” non dico un parcheggio che è eterno, no!

È un parcheggio di fronte all'Eterno.

È diverso!

Qui siamo nel parcheggio di fronte all'Eterno.

Si parcheggia di fronte all’Eterno in attesa di capire l'Eterno!

Perché fintanto che non si capisce l'Eterno, fintanto che non si conosce Dio personalmente non si può partecipare all'opera di Dio, non si può nascere da Dio, non si può dedurre, derivare da Dio, il che vuol dire che non si può restare con Dio.

E allora siccome la creatura ha messo Dio prima di tutto, ecco che c'è questo tempo di sosta di fronte all'Eterno, e che una sosta che non è eterna (è un purgatorio), un parcheggio che non è eterno, ma è di fronte all'Eterno, per imparare a sottomettere tutto, perché evidentemente se c'è incapacità da parte della creatura di conoscere Dio è perché la creatura non ha ancora sottomesso tutto al Pensiero di Dio.

Abbiamo detto molte volte che il Figlio di Dio conosce Se stesso in quanto nasce consapevolmente dal Padre. E come nasce consapevolmente dal Padre? è perché conosce il Padre.

Questo ci fa capire che soltanto in quanto noi siamo fatti capaci di conoscere il Padre e conoscendo il Padre vedere quello che il Padre fa, soltanto lì noi possiamo derivare da Dio, soltanto lì noi possiamo nascere da Dio, soltanto lì noi possiamo diventare figli di Dio e diventando figli di Dio possiamo restare nella casa di Dio sempre.

Allora questo parcheggio è quel punto di attesa in cui l'anima avendo messo Dio prima di tutto, al di sopra di tutto (e quindi è a contatto con Dio, è alla presenza di Dio, perché Dio si trova nel “prima di tutto”), ha bisogno di sottomettere tutto a questo Pensiero di Dio, e fintanto che non sottomette tutto a questo Pensiero, lei non può essere consegnata al Padre, non può essere affidata al Padre, cioè non può conoscere il Padre, e non potendo conoscere il Padre, non può derivare dal Padre.

Per cui c'è questa sosta che è un purgatorio: è un purgatorio che nella vita di ognuno di noi, quando si mette Dio prima di tutto, si incomincia ad esperimentare.

È questo parcheggio eterno, in attesa di imparare a conoscere il Padre, perché soltanto conoscendo il Padre si impara a nascere dal Padre, a derivare dal Padre.

E soltanto coloro che derivano dal Padre, che deducono dal Padre, hanno la possibilità di restare sempre con Dio.

Alcuni pensieri tratti dalla conversazione:

L'approdo su questa spiaggia non rappresenta ancora il giudizio definitivo.

Questo ci fa pensare che l'esperienza di essere ributtati in mare, nella vita di routine e di noia, è ancora un'opera dì Dio per ricuperare la creatura.

Si può restare sulla spiaggia, in questo parcheggio davanti all'Eterno, in questo "purgatorio", solo se si è messo Dio prima di tutto e quindi se si è morti al pensiero dei nostro io. In questa sosta dobbiamo imparare a sottomettere tutto al Pensiero di Dio per poter giungere a conoscere l'Eterno, e quindi a nascere dall'Eterno.


“E molti vennero a lui e dicevano: «Certamente Giovanni non fece alcun segno»”. Gv 10 Vs 41 Secondo tema.


Titolo: Imparare a tradurre.


Argomenti: Il seminatore – La supericialità – L’assenza della creature e di Dio – Non si diventa figlio di Dio per opera nostra – I figli di Dio nascono da Dio – Il popolo eletto – La rete in mare – Raccolti in un solo pensiero – Derivare da Dio – L’interesse per conocere Dio – L’assenza di Dio – L’invito al pranzo di nozze – “Io e il Padre siamo uno”.


 

22-23/Novembre/1992 Casa di preghiera Fossano.


Ci troviamo nel versetto 41 del cap.  X di s. Giovanni. Qui si dice: “E molti vennero a Lui e dicevano: «Certamente Giovanni non fece alcun segno»”.

Ci siamo già soffermati sulla prima parte, in quel “molti vennero a Lui”.

Ma non possiamo ancora andare avanti, perché approfondendo quel “molti che vennero a Lui” ci siamo trovati con la parabola di Gesù che parla di questa rete gettata in mare che prende ogni sorta di pesci, buoni o cattivi e li conduce a riva e che richiede ulteriori sviluppi.

Abbiamo visto che i tempi del Regno di Dio sono vari, assumono aspetti diversi, segnando tappe successive per la nostra vita verso Dio.

Tempo fondamentale è quello di cui parla Gesù con la prima parabola, quella del seminatore, per farci capire che tutta la nostra vita è una seminagione da parte di Dio, di questo Dio che tutti i giorni passa sulla nostra terra, nella nostra vita e semina.

E Gesù dice che questo seme è la Parola di Dio, e la Parola di Dio arriva a noi e arriva a noi tutti i giorni: tutti i giorni noi siamo tempestati da parole di Dio.

Però Lui dice che questa Parola di Dio incontra terreni diversi:

terreni che sono come strada asfaltate, strade su cui tutti passano, ma niente penetra, e, soprattutto niente produce.

Molte nostre vite e molte nostre anime sono come strade asfaltate: il seme cade, ma non penetra, non gemina, non produce nulla;

ci sono anche anime come terreni pietrosi,

oppure terreni con cespugli spinosi;

e poi ci sono anche terreni profondi, terreni che amano andare a fondo.

La Verità abita in profondità, e la trovano soltanto coloro che amano andare a fondo nelle cose.

Andare a fondo vuol dire non fermarsi in superficie.

Quando ci si ferma in superficie, non si matura niente e si resta portati via da tutte le cose.

L'uomo superficiale è un uomo incostante, volubile, perché subisce gli effetti di tutto ciò che incontra, subisce la molteplicità delle cose.

Questa, del seminatore, è la parabola fondamentale perché il Signore dice: “Se non intendete questa, non potete intendere tutte le altre”.

Dicendoci questo ci fa capire che c'è uno sviluppo nelle sue parabole, ed abbiamo visto che una delle parabole in cui si manifesta questo sviluppo è quella che abbiamo incontrato qui, in questi “molti che vennero a Lui”. 

Abbiamo visto che questi “molti che vennero a Lui”', vennero dopo che Gesù si era allontanato dal suo popolo, dal suo paese.

Era fuggito, ed era fuggito addirittura in terra pagana, al di là del Giordano, ed aveva quindi creato questo senso di assenza, di vuoto.

Ora, l'uomo non sopporta l'assenza, non sopporta il vuoto.

L'uomo è fatto di presenza ed ha bisogno di presenza.

E abbiamo capito lì il perché dell'esperienza di assenza che Dio fa fare all'uomo. 

Prima fa fare all'uomo l'esperienza di assenza delle creature.

Prima ci unisce a delle persone e persone care: padre, madre, sposa, figli, ecc., ci unisce ad esse e poi ce le toglie, per cui si prova il senso di vuoto e di assenza, perché la nostra vita è fatta di presenze, e quando una presenza viene meno, noi ci sentiamo svuotati, non stiamo più su.

Questa assenza che Dio ci fa esperimentare ha un significato profondo.

Prima ce la fa esperimentare con le creature e poi con Se stesso.

Ad un certo momento l'uomo è una creatura che esperimenta l'assenza di Dio, il vuoto: vorrebbe toccare qualche cosa di Dio, vorrebbe essere sicuro che Dio c'è: “potessi toccare anche soltanto un lembo del suo vestito –diceva  I’emorroissa - e sarei guarita”.

Questa è la voce di tutta l’umanità.

Tutto il mondo soffre per questo, perché non riesce a toccare niente di Dio!

Il problema dell'uomo non è un problema sociale. 

Noi ci facciamo tanti problemi: Politici, Sociali di economia, ecc.

Vediamo in questi giorni cosa sta succedendo con tutte le nostre problematiche, con tutti i nostri impegni, con tutte le nostre risorse, cosa sì conclude!

È Dio che ci mette in queste confusioni, in questi problemi, in queste problematiche da cui noi non usciamo nel modo più assoluto.

È Dio, per farci capire, esperimentare la nostra incapacità, la nostra impotenza soprattutto per farci capire che senza di Lui noi non facciamo assolutamente niente e non stiamo facendo niente, stiamo esperimentando il niente, e stiamo mordendo il niente!

Poiché la vita dell'uomo, la vita di ognuno di noi, la vita di tutti gli uomini, non è fatta per il mondo, non è fatta per organizzare le nazioni, i popoli, le genti.

Noi non siamo stati creati per gli altri!

Noi siamo stati creati per Dio.

Il problema principale, della nostra vita, il problema sostanziale della nostra vita è Dio.

Dio è l'anima di tutto, ed è Dio che ci fa mordere la polvere quando noi trascuriamo Lui, per farci capire che senza di Lui noi facciamo niente.

Il problema principale della nostra vita non è il problema dell’uomo o deglí uomini: questi sono effetti, effetti da capire.

Sono segni da capire.

Il problema principale della nostra vita è Dio.

Noi siamo stati creati per conoscere Dio.

La vita eterna, quindi la vita vera sta nel conoscere Dio.

Questo è il nostro destino, questo è il nostro scopo, questa è la ragione per cui noi abbiamo l'esistenza.

Se questo è il nostro destino noi siamo degli scemi solenni a vivere per altro, perché roviniamo tutto e perdiamo il significato della vita, e perdiamo noi stessi.

Quando si assegna un destino ad una persona intelligente, evidentemente questa deve vivere per quel destino ed organizzarsi per raggiungere quel destino se non vuol fallire tutto.

Dico, noi siamo stati creati con questo fine preciso: conoscere Dio!

E dobbiamo chiederci: che cosa facciamo per conoscere Dio?

Ecco perché ad un certo momento Dio ci fa esperimentare la sua assenza!

Ci fa mordere la polvere! “Cenere sei e cenere ritornerai!”, ci dice la Scrittura. Ci fa mordere la polvere, ci fa toccare con mano il nostro niente!

Dio, questo Essere meraviglioso, stupendo, infinito, assoluto ed eterno, questo Essere che parla in tutto, che opera tutto, che è sempre presente con noi in tutto, ad un certo momento ci fa toccare con mano il suo silenzio, la sua assenza, la sua morte.

Ci fa toccare con mano che Lui non c'è!

Ed ha una funzione importantissima questo! perché noi che siamo fatti per la presenza, non sopportiamo l'assenza.

Dio ci fa esperimentare l’assenza per farci toccare con mano il bisogno che abbiamo di Lui, per farci toccare con mano che senza di Lui, non concludiamo niente, assolutamente niente!

Ecco perché quando Gesù si allontana dal suo popolo, che era il Popolo di Dio ed aveva capito niente, assolutamente niente (come noi capiamo niente: non basta essere popolo di Dio per capire qualcosa: ci vuole ben altro!), crea un senso di vuoto.

Questo Gesù, questo Dio tra noi che si rende assente, che se ne va in un paese lontano, addirittura tra i pagani, perché i pagani hanno più fede, più umiltà, più grandezza di cuore di tanti che si dicono “popolo di Dio”, dico, se ne va tra i pagani e crea questo vuoto, quest'assenza...

E qui il Vangelo ci fa notare:  “molti vennero a Lui”. 

Ecco!

Ho detto che l'uomo quando esperimento l'assenza incomincia a correre per cercare di supplire, per cercare una presenza, per cercare di giustificare, per cercare di capire qualche cosa.

È il disegno profondo del Cristo che muore.

Cristo che muore rappresenta il Dio che si rende assente, il Dio che fa silenzio, il Dio che non parla più con noi e non risponde a noi, né alle nostre preghiere, né alle nostre interrogazioni.

Ha una funzione molto precisa, ed è quella di farsi cercare.

Dio ha creato tutte le cose e ancor oggigiorno crea tutte le cose affinché ognuno di noi lo cerchi: lo cerchi come a tentoni: “in un primo tempo come a tentoni”. dice s. Paolo, nelle tenebre, nella notte, ma lo cerchi.

L’uomo è fatto per cercare Dio, e vive in quanto cerca Dio, altrimenti si scava la morte, semina la morte nella sua vita.

Gesù allontanandosi (tutto è segno in Gesù dei nostri rapporti con Dio), ha creato questo vuoto e allora molti gli corrono dietro: “molti vennero a Lui”.

Questo è segno di questa nuova prospettiva del Regno di Dio, segno di una nuova tappa, ed è quello che Gesù dice: che arriva un momento: “allora quando voi esperimenterete questa assenza, questo vuoto, questa esperienza dell'assenza e del silenzio di Dio, allora il Regno di Dio sarà simile ad una rete gettata in mare che raccoglie tutti!”

E già! 

L'uomo che esperimenta l'assenza è un uomo che o muore disperato o incomincia a cercare Dio.

Abbiamo detto che il mare rappresenta la nostra vita e che questa rete in mare che raccoglie ogni specie di pesci (e i pesci significano noi), buoni e cattivi, e che li trascina su questa riva è il tempo, è l'esperienza di assenza di Dio.

E ci siamo chiesto: e questa spiaggia, questa riva del mare che cosa significa? 

Significa la presenza dell'Eterno, dell'Assoluto, di Dio, il che vuol dire che il tempo che passa nella nostra vita è questa rete che ci sta raccogliendo, nolenti, anche se noi non vogliamo (infatti questa rete "prende" i pesci; i pesci non vogliono entrare in rete! nessuno vuole entrare in rete!), eppure c'è questa opera di Dio che attraverso il tempo ci raccoglie sulla sua spiaggia, e sulla sua spiaggia c'è Lui, assoluto, infinito ed eterno! 

C'è la sua Presenza!

Infatti se noi osserviamo il senso della vita di ogni persona, di ogni uomo, noi ci accorgiamo che man mano che il tempo passa crollano tutti i valori.

Andate a parlare di politica o di società o di economia ad un uomo malato di tumore sul letto di morte! ve ne accorgete! 

E cosa succede? 

Succede che l'uomo a poco per volta, nolente, viene raccolto in un unico pensiero: Dio!

Ogni uomo ad un certo momento si trova lì a tu per tu, fronte a fronte con Dio: è sulla spiaggia del mare.

È questa rete che ha portato i pesci sulla spiaggia del mare!

Gesù in questa parabola dice che, giunti sulla spiaggia, i pescatori fanno la cernita dei pesci: i pesci cattivi li ributtano in mare e abbiamo visto domenica scorsa cosa vuol dire questo essere ributtati in mare, con tutte le conseguenze che ne derivano, e i pesci buoni vengono messi nei canestri di Dio.

Ecco, questi "molti" sono trascinati, portati a riva alla presenza di Dio!

Qui però si presenta un problema, perché presso Dio, davanti a Dio, non c'è più nulla di automatico.

Presso Dio si è fatti partecipi consapevolmente, e quando si è portati alla presenza di Dio, il grande problema che si presenta per la nostra anima per ognuno di noi è: come fare per restare a questa Presenza?

Come poter restare in questa Presenza?

Come durare in questa Presenza?

Gesù stesso qui, abbiamo visto domenica scorsa, ci precisa che soltanto i figli di Dio restano sempre nella Casa del Padre: solo i figli di Dio restano sempre!

Ci fa capire che si resta alla presenza di Dio, soltanto se si è figli di Dio.

Si apre quindi l'altro problema: come si diventa figli di Dio?

Molti pensano che si diventa figli di Dio con un rito o per opera nostra, perché c'è una grande confusione in questi termini. 

Siamo sempre superficiali in tutte le cose!

Non si diventa figli di Dio per atti magici, e non si diventa figli di Dio per sacrifici, per rinunce o per penitenze, non si diventa figli di Dio col sentimento o col cuore.

Il sentimento e il cuore non producono nessun figlio di Dio.

Non si diventa figli di Dio rinunciando a tutto o diventando poveri! non si diventa figli di Dio così! 

Non si diventa figli di Dio nemmeno pregando, dicendo tante preghiere, parlando tanto.

Gesù ad un certo momento ha questa espressione: “Non chi dice: 'Signore, Signore', entrerà nel Regno di Dio!”.

Non chi dice: “Signore, Signore”, da mattino a sera resta con Dio. 

Ma allora: come si diventa figli di Dio?

È il problema che ci apre all'argomento di questa sera, che abbiamo intitolato: l'abito delle nozze.

Gesù qui è chiarissimo, perché se noi restiamo con le parole di Gesù capiamo.

Gli uomini parlano, dicono niente o confondono tutto, ma con Gesù non è così: la Parola di Dio è di una nettezza stupenda e meravigliosa: non ti lascia mai nella notte.

Ora, noi troviamo già fin nel Prologo del Vangelo di s. Giovanni, queste Parole di Dio stupende.

Dice che “quanti credono nel Figlio di Dio, credono in Cristo, Lui dà loro la possibilità di diventare figli di Dio”.

“Dà loro la possibilità di diventare figli di Dio”: il che vuol dire che non si diventa figli di Dio per nostra volontà, per i nostri impegni, per i nostri sacrifici.

Con tutti i nostri sforzi noi non diventiamo figli di Dio.

Per quanti sforzi faccia una donna non si fa sposare da un uomo, e viceversa: è l'uomo che deve prendere la donna oppure è la donna che deve prendere l'uomo; comunque non è la decisione di uno che determina l'unione.

Così è con Dio.

È sempre Colui che prende che determina l'unione.

L'opera è di Dio!

Noi con tutti i nostri sforzi non possiamo diventare figli di Dio.

"Figli di Dio" vuol dire che nascono da Dio: sono figli “di” Dio! 

Nascono da Dio!

Quindi su iniziativa di Dio, per opera di Dio, non per opera dell'uomo.

E infatti nel Vangelo di s. Giovanni proprio in quella parte del Prologo, dopo aver detto che a quanti credono in Cristo, Cristo stesso, Lui che è Dio, dà loro la possibilità di diventare figli di Dio, si precisa: “i quali non nascono né dalla carne (sentimento! Non si nasce dal sentimento! per quanto sentimento noi facciamo verso Dio e ne possiamo fare tanto! questo non ci fa diventare figli di Dio; il problema non è sentire), non nascono per diritto di sangue (non è un problema di generazione o di pelle: non si diventa così, per generazione, figli di Dio), non nascono per atti magici, non nascono per volontà di uomini (non sono gli uomini che fanno i figli di Dio, né noi), né per nostra volontà": né noi con tutti i nostri sforzi, con tutti i nostri impegni, con tutte le nostre fatiche, non possiamo diventare figli di Dio.

I figli di Dio, proprio perché sono figli di Dio, nascono da Dio, nascono da Dio!

Non nascono dall'uomo, non nascono dalla società, non nascono dalle istituzioni: “I figli di Dio nascono da Dio”.

Questa è la Parola di Dio e noi dobbiamo sempre camminare in essa, perché è la Parola di Dio che è lampada per i nostri passi, luce per la nostra vita.

È sempre la Parola di Dio che ci fa capire e ci fa camminare.

Infatti Gesù dice: “Sarete veri miei discepoli non se vi vestirete di nero o di bianco, non se avete un distintivo piuttosto che un altro, non se andrete in un luogo piuttosto che in un altro.

Sarete veri miei discepoli se resterete nelle mie parole”.

Qui è detto chiarissimo: quello che caratterizza il discepolo di Cristo è restare nelle parole del Cristo, sono le parole di- che ci fanno discepoli di-. Sono le parole che ci conducono. 

È Lui che conduce! è Lui che parlando ci conduce.

È Lui che parlando ci lava, ci purifica, ci illumina, ci libera, ci introduce nella luce, ci fa diventare figli di Dio!

Si entra nel Regno di Dio ascoltando Dio! 

Si entra nella luce ascoltando Dio.

Si diventa figli di Dio ascoltando Dio, per cui quanti entrano nella luce di Dio, nel Regno di Dio, e trovano la vita eterna, diranno sempre: “Signore, è stato tutto dono tuo, perché sei Tu che parlando mi hai fatto arrivare qui”.

È Lui che parlando ci unisce a Sé e ci raccoglie dall'infinito nostro allontanarsi da Lui: noi veniamo sempre da lontano! sono abissi che ci separano da Dio, eppure non c'è nessun abisso in cui Dio non faccia arrivare la sua Parola; fossero anche le nostre tombe: Dio anche nelle nostre tombe fa arrivare la sua Parola e quanti incominciano ad ascoltare la sua Parola e vanno dietro a questa Parola, superano tutti gli abissi che noi possiamo immaginare e non immaginare, possono superare tutte le distanze ed arrivano là da Lui, seguendo la Parola. 

Ecco perché nessuno potrà dire: “è stato merito mio, è stata opera mia”. 

Nessuno potrà dire questo davanti a Dio.

E fintanto che uno dice “opera mia” sarà sempre fuori.

Si entra nel Regno di Dio, nella luce di Dio, nella Verità, dicendo: “Signore, è stato tutto dono tuo, è stata tutta grazia tua, è stato tutto opera tua!”.

Ecco perché c'è quel salmo stupendo e meraviglioso (Salmo 135) che ripete, ricordando tutte le opere di Dio, quel ritornello: “perché è eterna la tua misericordia… perché è eterna la tua misericordia...”.

E sembra di sentire tutti gli uomini, tutte le creature che arrivando lì su questa spiaggia, di fronte a Dio, all'eternità di Dio, dicono: “per la tua misericordia... per la tua grande misericordia... perché Tu sei misericordioso”.

Sì, perché è Dio che inizia l'opera, è Dio che crea, è Dio che ci vuole, è Dio che ci fa passare dal niente all'esistenza! ieri non eravamo e adesso incominciamo a parlare, a sentire, a capire qualche cosa o a non capire qualche cosa, ma tutto è sempre dono suo, ed è Lui che porta a compimento l'opera.

Dobbiamo vivere in questa consapevolezza, come pesci in un mare.

Noi siamo creature immerse nella Verità di Dio, nella grandezza di Dio, nell'infinito di Dio, come i pesci sono immersi nell'acqua del mare.

Si diventa figli di Dio ascoltando Dio, per opera di Dio, per grazia di Dio, nascendo da Dio.

L'opera qui, è chiarissimo, l’opera è di Dio!

Non siamo noi con tutta la nostra volontà che possiamo diventare figli di-. 

No! è il nostro padre che ci fa figli.

Dio è il Padre, quindi è Dio che fa i figli.

Ma qui c'è una condizione che viene richiesta a noi e passiamo ad un'altra parabola. 

Ho detto che tutte le parabole si integrano una con l'altra fino a portarci alla grande conclusione: farci capire come si diventa figli di Dio.

Dio è un Artista, Dio è stupendo e opera in un modo meraviglioso, ma il guaio è questo: che noi non abbiamo mai tempo per fermarci con Lui, soprattutto per fermarci con le sue parole stupende e meravigliose.

Qui passiamo dalla parabola della rete gettata in mare che raccoglie pesci, buoni e cattivi, conducendoli sulla spiaggia di fronte all'Eterno, a quella parabola di s. Matteo (cap. 22) del re che fa il pranzo per le nozze di suo Figlio (nozze del Figlio! è tutto da approfondire!).

Ora questa la debbo leggere perché serve per l'argomento di questa sera.

Dice: “Gesù rispondendo ai loro pensieri, disse questa parabola: il Regno dei cieli è simile ad un re che fece le nozze di suo figlio e mandò i suoi servi a chiamare gli invitati al festino, ma quegli non vollero venire.

Mandó ancora altri servi con questi termini: dite agli invitati: «ecco che ho preparato il mio banchetto; sono stati ammazzati i miei buoi e gli anima li ingrassati, e tutto è pronto! venite alle nozze!».

Ma quelli non se ne curarono e se ne andarono chi alla propria campagna (l'uomo ha sempre una campagna da curare, da portate avanti!), chi ha i propri affari; altri invece sequestrarono gli inviati e, dopo averli oltraggiati li uccisero.

Il re informato di tutto ciò si sdegnò, e per mezzo delle sue truppe sterminò quegli omicidi e mise alle fiamme le loro città.

Poi disse ai servi: “Le nozze sono pronte, ma gli invitati non ne erano degni! 

Andate dunque nei crocicchi delle vie e chiamate alle nozze quanti incontrate!”

Usciti quei servi nelle vie, raccolsero tutti quanti trovarono, cattivi e buoni (ecco la rete in mare!) e s'empì la sala nuziale di commensali”.

Ora entrato il re per vedere i convitati, ne osservò uno che non era vestito dell'abito nuziale, e gli disse: «Amico, come sei entrato qui senza indossare l'abito prescritto per le nozze?»

Ma quegli ammutolì. 

Allora il re disse ai suoi servi: «Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre, dove è pianto e stridore di denti.

Perché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti»”.

Ho detto che l'argomento di questa sera è questo abito delle nozze.

I figli di Dio (si parla qui di "nozze con il figlio di Dio": opera del Padre), i figli di Dio nascono per opera di Dio. 

Però al figlio si richiede (per essere figlio, e per poter restare alla presenza di Dio) un abito, appunto l'abito delle nozze (abito che è donato dal Padre, ma non senza di noi).

Già domenica scorsa abbiamo accennato che la condizione per poter restare alla presenza di Dio è di derivare tutto da Dio.

Solo i figli restano, perché i figli derivano da-, nascono da-.

Il "parcheggio" di fronte all'Eterno è necessario per imparare a dedurre tutto da Dio.

E ci siamo chiesti: ma come si fa a derivare tutto da Dio?

Non è opera nostra.

I figli di Dio nascono da Dio, non è quindi opera nostra.

Come si fa a derivare tutto da Dio?

Ecco perché noi abbiamo tanta difficoltà e non sappiamo cosa vuol dire derivare tutto da Dio, discendere da Dio.

La Città Santa, la nuova Gerusalemme, discende da Dio, discende dall'Alto.

Gesù precisa (non dobbiamo mai scostarci dalle parole di Gesù) con Nicodemo: “Chi non nasce dall'Alto non può vedere il Regno di Dio”, il che vuol dire che il vedere, il conoscere, il trovare il Regno di Dio, è una conseguenza di questo nascere dall'Alto.

Ma cosa vuoi dire questo nascere dall'Alto, questo derivare tutto da Dio, perché Dio è il Principio e deve essere il nostro Principio?

E perché abbiamo tanta difficoltà in questo? 

Domenica abbiamo concluso: perché non tutto è sottomesso di noi al Pensiero di Dio.

Le nozze, per dare a noi la possibilità dell’unione con Dio, le nozze sono stabilite dal Padre con il Figlio di Dio! e questo Figlio di Dio è un dono stupendo che Dio dando a noi l'esistenza, dando a noi la vita, ha messo lì a nostra disposizione: ha dato a noi il suo Figlio, il suo Pensiero!

Abbiamo detto che il Figlio di Dio, che è il Pensiero di Dio tra noi, è il luogo di Dio, e abbiamo detto, quando abbiamo parlato del luogo, che il luogo è intermediario tra noi che cerchiamo e ciò che cerchiamo.

Quando cerchiamo una cosa, e non sappiamo il luogo in cui trovarla, noi andiamo a vuoto; per cui il sapere il luogo in cui una cosa si trova è intermediazione tra la nostra ricerca e il trovare.

Tutto è segno di Dio: Dio ha un suo luogo.

È inutile dire: "Dio è dappertutto, Lo si trova dappertutto", perché quando diciamo "Dio è dappertutto", diciamo: "Dio non è da nessuna parte". 

Dio ha un luogo ben preciso: "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me", e Gesù prima di arrivare a questi discorsi qui, cioè alla conclusione del grande discorso a cui ci ha condotto attraverso i pensieri di questi versetti, Lui ha detto: “affinché sappiate che il Padre è in Me e che Io sono nel Padre”.

Ecco il luogo di Dio!

Dio abita in un suo luogo ben preciso, ed è suo figlio, il che vuol dire che se noi vogliamo trovare Dio dobbiamo andare nel suo Pensiero: ecco le nozze del Figlio!

È lì l'intermediario, tant’è vero che il Figlio di Dio è intermediario, è il luogo intermediario.

Dio ha posto in noi il suo Pensiero, e tutti noi portiamo in noi il suo Pensiero.

Ecco perché noi abbiamo questa passione di assoluto, questa passione di infinito, questo bisogno di trovare Dio, perché se abbiamo questo bisogno di toccare qualche cosa di Dio è perché portiamo in noi il Pensiero di Dio.

Noi non siamo il Pensiero di Dio.
Noi siamo pensiero di tante di quelle cose che non ci immaginiamo nemmeno.

In tutto questo cielo di pensieri che portiamo in noi c'è anche il suo Pensiero.

Dio abita non nei cieli naturali, materiali, ma abita nel cielo nostro interiore, cioè  in quel cielo in cui c'è la mente, ci sono i pensieri, e tra tutti i pensieri (stelle) che sono in questo nostro cielo c'è anche il Pensiero di Dio (il Sole)!  Dio si è fatto Uno tra tanti, Uno come tanti!

Cioè un Pensiero tra tanti pensieri. 

Però Lui facendosi pensiero tra tanti nostri pensieri, dice a noi: “Mettimi prima di tutto se mi vuoi trovare”.  Ecco il luogo di Dio: il suo Pensiero messo prima di tutto!

Dio si è dato a noi come suo Pensiero, come Pensiero di Dio, ma dice a noi: “Mettimi al di sopra di tutto, prima di tutto, se mi vuoi trovare”, perché infatti quando noi vogliamo trovare una cosa se sappiamo il luogo in cui si trova lasciamo tutti gli altri luoghi se vogliamo recarci in quel luogo.

Non si può andare in un luogo senza lasciare tutti gli altri.

Il problema sostanziale della nostra vita è tutto lì: si tratta di andare in un luogo in cui si trova Dio, in cui è disponibile. 

Dio è disponibile in suo Figlio, cioè nel suo Pensiero. 

Noi dobbiamo imparare a recarci in quel luogo.

E siccome il suo Pensiero non è il nostro pensiero, allora dobbiamo lasciare tutti i nostri luoghi, tutti i nostri pensieri per pensare Lui, se vogliamo trovare Lui.

Ecco quello che si richiede da parte nostra! 

Ecco questo abito nuziale, questo che ci rende degni di restare, perché se non c'è questo abito, siamo cacciati fuori, fossimo anche già dentro, fossimo anche già entrati. 

Ecco perché Gesù dice che ad un certo momento il regno di Dio è simile a queste nozze, e la nostra vita diventa questo: siamo invitati a nozze, e invitati a nozze vuol dire unirci a-: siamo invitati ad unirci al Figlio di Dio, al Pensiero di Dio, ma la condizione appunto per unirci a-     è questo abito di nozze: “Amico - disse il re- come sei entrato qui senza l'abito di nozze?"

L'abito di nozze è questo mettere Dio prima di tutto, è questo interesse per conoscere Dio, per guardare tutto dal punto di vista di Dio. 

È questo che unisce! 

È questo interesse per conoscere Dio, interesse che nasce da Dio.

Tutti i nostri grandi problemi della nostra vita, soprattutto della nostra vita familiare, ecc. è che ad un certo momento non sappiamo più restare uniti, non sappiamo perché, non sappiamo come, ma non riusciamo più a restare assieme, e la maggior parte delle famiglie diventano convivenza, diventano sopportazione, diventano ristorante, diventano albergo: non sono comunione. 

E cosa manca? 

Perché noi abbiamo fatto motivo di unione atti magici, atti di volontà, di promessa di impegni e non abbiamo capito che l'anima dell'unione è questo interesse per l'altro, è guardare le cose dal punto di vista deIl’altro, e fintanto che noi non ci decidiamo a guardare le cose dal punto di vista dell'altro, noi non possiamo nel modo più assoluto mantenere l'unione.

Così è con Dio: l'unione ci viene dall'Altro, da Dio. E fintanto che noi non ci decidiamo a guardare tutte le cose dal punto di vista di Dio, quindi a superare tutti i nostri punti di vista per guardare le cose dal punto di vista di Dio, noi ce la possiamo sognare l'unione con Dio! 

L'unione ci viene da Dio! e ci viene da Dio non senza di noi, perché presso Dio non ci sono atti magici; presso Dio non c'è materialità, presso Dio non c'è meccanismo.

Più noi ci allontaniamo da Dio, e più noi entriamo nel meccanismo, perché più ci allontaniamo da Dio e più siamo schiavi, perché soltanto presso Dio c'è libertà; ma più ci allontaniamo da Dio e più noi siamo schiavi, e noi esperimentiamo la schiavitù, la routine. 

Lontano da Dio c'è la routine, c'è il meccanismo, e quanti, quanti soffrono e penano perché si sentono ruote di un meccanismo!  E già!  È segno della distanza in cui ci troviamo da Dio. 

Se noi vogliamo uscire dai nostri meccanismi, cerchiamo Dio prima di tutto.  Presso Dio c'è libertà, piena libertà! pascoli infiniti di libertà! perché Dio non dà il suo Spirito a misura.

Però si richiede da parte nostra questo: imparare a guardare le cose dal punto di vista di Dio: questo è l'abito nuziale.

L'abito nuziale è questo interesse per conoscere Dio da Dio, perché Dio si conosce soltanto da Dio; quindi è questo imparare a guardare le cose dal punto di vista di Dio, ad accantonare quindi tutti i nostri punti di vista, tutto quello che noi conosciamo, ecc. per prendere contatto con il Pensiero di Dio: le nozze sono indette con il Figlio di Dio! sono le nozze del Figlio di Dio!

Ma si richiede questo abito! 

Quindi il dono è di Dio, perché soltanto guardando da Dio noi siamo fatti una cosa sola con Dio, con il Figlio di Dio.

E allora possiamo capire anche perché il Figlio di Dio dice: “Io e il Padre siamo Uno", insegnandoci la via dell'unione: “Io e il Padre siamo Uno”: quello che ci unisce è il Pensiero! è quel Pensiero che guarda dal punto di vista dell'Altro, del Padre, ed è soltanto guardando dal punto di vista dell'Altro, conoscendo "come" conosce l'Altro (il Padre), che c'è la comunicazione dell'Essere e si fa una cosa sola con il Figlio, il suo Pensiero, la comunione si forma in quel modo.

È questo l'abito delle nozze che ci rende capaci di restare, di partecipare alle nozze del Figlio e formare una cosa sola con Dio.

Alcuni pensieri tratti dalla conversazione:

Il parcheggio è per imparare a sottomettere tutto al Figlio di Dio, ma non è sufficiente: bisogna imparare a dedurre tutto dal Padre, perché è questa "deduzione" che ci unisce al Figlio. 

Quindi si passa dal "parcheggio" alla "sala nuziale".



“E molti vennero a lui e dicevano: «Certamente Giovanni non fece alcun segno»”. Gv 10 Vs 41 Terzo tema.


Titolo: L’individuazione del Dio in terra: Cristo e l’individuazione del Dio in Cielo: il Padre


Argomenti: L’identificazione di Giovanni -  La rete in mare -  I figli di Dio nascono da Dio -  L'abito per le nozze è l’interesse per vedere le cose dal punto di vista di Dio -  Il luogo e l’oggetto -  L’errore di luogo o di conoscenza dell’oggetto -  Sapere chi è Dio -  Concepire nel pensiero -  L’ultimo dei profeti -  Identificare Cristo -  L’opera di Dio per formare in noi il volto di Cristo -  L’antico testamento -  L’opera di Dio è per formare in noi la fame di Cristo -  In terra l’identificazione di Cristo è trovare ciò che risponde al nostro bisogno -


 

29-30/Novembre/1992 Casa di preghiera Fossano.


Stiamo arrivando alla fine del cap.  X di s. Giovanni, e precisamente all'ultima parte del versetto 41 dove si dice: "E molti vennero a Lui e dicevano: «Certamente Giovanni non fece alcun segno»".

Abbiamo già visto di questo versetto le due prime parti nelle domeniche precedenti; questa sera ci resta l'ultima; cioè questa dichiarazione della gente: "Certamente Giovanni non fece alcun segno”.

Qualche traduttore qui al posto di “segno” mette la parola "prodigio" o "miracolo", ma la parola “segno” è più secondo lo spirito (Gesù rimprovera coloro che cercano dei miracoli, dei prodigi) ed è più significativo in quanto ci evidenzia che Giovanni Battista non fece dei segni, ma lesse il Segno (nel versetto seguente leggiamo: "ma tutto quello che Giovanni ha detto di Lui era vero”: segnalò, individuò, identificò il Cristo. Infatti ad un certo momento, quando Gesù venne verso di Lui, lo riconobbe e disse: “Ecco l'Agnello di Dio!  Ecco Colui che porta su di sé i peccati del mondo”. 

Aveva individuato la salvezza: la salvezza per tutti gli uomini; aveva capito “come” Dio salva gli uomini: Cristo, l'Agnello di Dio, è la salvezza per tutti gli uomini.

Lui stesso, Giovanni, che aveva passato tutta la sua vita nel deserto diceva: “Colui che mi ha mandato dal deserto a battezzare mi disse: “Colui su cui vedrai lo Spirito scendere e fermarsi quegli è il Messia”.

E Giovanni testimoniava: “lo ho visto lo Spirito scendere su di Lui e dico: questi è il Figlio di Dio".

Questa identificazione di Giovanni ci apre a questo grande problema che è il tema principale di questa sera, ed è il tema al quale siamo approdati attraverso gli argomenti precedenti: il tema della individuazione del Cristo, il problema della identificazione del Padre. 

C'è infatti una identificazione di Dio in terra e c'è una identificazione di Dio in Cielo.

E questa identificazione è chiesta ad ognuno di noi.

È chiesta ad ognuno di noi perché attraverso gli argomenti precedenti abbiamo visto che nella nostra vita c'è questa “rete in mare che raccoglie ogni sorta di pesci”.

Il mare rappresenta la nostra vita, i pesci siamo noi e c'è questa rete che rappresenta il tempo della nostra vita che raccoglie noi su di una spiaggia, e la spiaggia è data dalla presenza di Dio. 

Tutti quanti noi, volenti o nolenti, sia che crediamo o non crediamo, sia che lo sappiamo o non lo sappiamo, in un modo o nell'altro, siamo condotti ad un certo momento a tu per tu con il problema di Dio, con il Pensiero di Dio, con la presenza di Dio.

Non è detto che sappiamo stare a questa Presenza, o che sappiamo sopportare questa Presenza. Infatti il problema subito che ne derivò fu: “come” restare alla presenza di Dio?

E lì abbiamo visto che soltanto i figli di Dio possono restare alla presenza di Dio.

“Soltanto i figli restano sempre nella Casa del Padre”, dice Gesù.

Soltanto i figli restano sempre. 

E ci siamo chiesto: chi sono questi figli che possono restare sempre nella Casa del Padre, mentre gli altri non possono restare? Se non possono restare vuol dire che non possono restare alla presenza di Dio, non possono sopportare la presenza di Dio. Abbiamo detto che i figli di Dio sono coloro che nascono da Dio. Ecco, è necessario nascere, derivare da Dio per essere figli di Dio.

E qui ci siamo trovati di fronte al problema enorme: come fare per nascere da Dio? come fare per derivare da Dio?

Da Dio non si nasce in modo magico, con degli atti magici. 

Da Dio non si nasce, ed é proprio il Vangelo che lo dice, né per opera di carne, né per opera di sangue, non si nasce per volontà di uomini, non si nasce dicendo delle parole.

Il Signore Gesù dice: “Non chi dice: “Signore, Signore” ( e lo dicesse anche da mattino a sera) entrerà nel regno dei Cieli”. 

Non chi dice: “Gesù, Gesù!”, non chi dice: “Signore, Signore!”' da mattino a sera entra nel regno di Dio. Quindi non si nasce da Dio attraverso le parole, dicendo tante parole o tante preghiere vocali. 

Non si nasce in questo modo qui!

E il Vangelo ci precisa, nel "prologo" di s. Giovanni: “I figli di Dio nascono da Dio”. 

Quindi non si nasce attraverso il sentimento, non si nasce attraverso delle promesse, attraverso dei sacrifici, attraverso delle rinunce, attraverso dei voti, non si nasce correndo a destra o correndo a sinistra, non si nasce appartenendo ad un istituto o ad un'istituzione piuttosto che ad un'altra. 

Non si nasce da Dio in questo modo. I figli di Dio nascono da Dio!

Abbiamo visto subito il grande problema di "come" si nasce da Dio. 

Come si può nascere da Dio? 

Escluso ogni altro argomento, resta questo problema: se noi siamo di quaggiù e Dio è di lassù, come si nasce da Dio?

Il Vangelo dice che a quanti credono a Cristo, al Figlio di Dio (e credere in Lui vuol dire seguirlo),Lui dà la possibilità di diventare figli di Dio, cioè solo il Figlio di Dio dà la possibilità a quanti credono in Lui di diventare figli di Dio.

Ecco perché Cristo è la salvezza per tutti gli uomini!

Simeone disse: “I miei occhi hanno visto la salvezza di Dio preparata per tutti gli uomini”. 

Per questo dice: “Ora posso andarmene in pace, perché i miei occhi hanno visto la salvezza di Dio!”

Ecco, la salvezza di Dio è il Figlio di Dio che viene tra noi e dà a quanti credono in Lui la possibilità di diventare figli di Dio, il che vuol dire di nascere dal Padre, di derivare dal Padre.

E qui, come abbiamo visto domenica scorsa, si presenta la condizione: “l'abito delle nozze”. 

La condizione, il passaggio obbligato, l'ha già accennato Gesù stesso perché, presentandosi come salvezza dei mondo, dice: “Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me”: questo “Me” è la salvezza, perché Lui solo dà a noi la possibilità di diventare figli di Dio. 

La parabola di Gesù di quell'invito a nozze ce ne fa capire la condizione. In essa ci dice che soltanto chi ha l'abito per le nozze, può restare alle nozze del Figlio di Dio, cioè può realizzare l'unione con il Figlio di Dio e quindi diventare figlio di Dio.

Ci siamo chiesti: cos'è questo abito?

Ed abbiamo concluso la volta scorsa che l'abito per le nozze è l’interesse per vedere le cose dal punto di vista di Dio.

Questo richiede il superamento di tutti i nostri punti di vista, ma non solo di tutti i nostri punti di vista, ma anche dei punti di vista degli altri (fossero anche di Angeli, di autorità, ecc.); richiede il superamento di tutto ciò che non è Dio, il superamento di tutti i punti di vista diversi da Dio, perché i figli di Dio nascono solo da Dio.

Fintanto che non si ha questo interesse per vedere le cose dal punto di vista di Dio non si ha l'abito per le nozze.

L'abito delle nozze è questo interesse per vedere le cose da Dio, per cui soltanto vedendo le cose da Dio, quindi avendo questo interesse per vedere le cose da Dio, si ha l'abito per le nozze, altrimenti si è cacciati fuori.

E qui si presenta adesso il problema, che è il problema di stasera e che coincide con quello che viene dichiarato in questo versetto: “Molti dicevano: certamente Giovanni non fece alcun segno... “, però indicò, individuò il Cristo.

Se il problema sta nell'avere interesse per guardare le cose dal punto di vista di Dio, il problema principale che si presenta è questo: come individuare Dio?

Perché se io debbo guardare le cose dal punto di vista di un altro debbo poter individuare quell'altro, debbo poter identificare quell'altro, altrimenti corro il rischio di vedere o di guardare le cose dal punto di vista di chi sa chi.

Quindi soltanto in quanto noi abbiamo la possibilità di identificare Dio, abbiamo la possibilità di guardare dal punto di vista “di” Dio, altrimenti guardiamo dal punto di vista di un altro.

Siccome soltanto guardando dal punto di vista di Dio si nasce da Dio. cioè si ha la possibilità di derivare, di discendere, i figli di Dio nascono consapevolmente, quindi nascono per intelligenza: guardando da-. 

Non nascono per atto magico, ma nascono per intelligenza, per conoscenza, il che vuoi dire che soltanto in quanto uno ha la capacità di individuare, di identificare Dio, ha la possibilità di guardare le cose dal punto di vista di Dio e quindi di nascere da Dio.

Tutti noi uomini abbiamo la possibilità di guardare dal punto di vista di un altro per il fatto che abbiamo il pensiero in noi.

Avere il pensiero vuoi dire avere la possibilità di guardare dal punto di vista di un altro.

Noi fisicamente siamo tutti qui, ma con il pensiero ognuno chissà dov’è!

Il che vuol dire che con il pensiero noi possiamo uscire dalla situazione ambientale in cui ci troviamo e possiamo portarci con il pensiero a guardare le cose dal punto di vista di qualcun altro.

Dio ha dato a noi questa possibilità di pensare che vuol dire trasferirci a guardare le cose dal punto di vista di-.

Noi abbiamo la possibilità con il Pensiero di Dio, di guardare le cose dal punto di vista di Dio.

Soltanto guardando le cose dal punto di vista di Dio abbiamo l'abito per le nozze, in caso diverso non possiamo restare alla presenza di Dio.

È questo abito che ci dà la possibilità di diventare figli di Dio, appunto perché l'abito è questo guardare da-: quindi si nasce da-.

L'abito per le nozze è questa possibilità di guardare ogni cosa dal punto di vista di Dio, quindi non dai nostri sentimenti, non dalle nostre impressioni, non dai nostri interessi, e non soprattutto dal pensiero del nostro io.

Tutto questo va tutto superato, col pensiero.

Non si tratta di un distacco materiale dalle cose: io lascio il mondo, lascio le ricchezze, lascio i parenti, lascio la famiglia, ecc. i problemi non si risolvono così.

Il problema non si risolve partendo da un luogo per andare in un altro.

Non si diventa figli di Dio in questo modo.

Si diventa figli di Dio soltanto attraverso il pensiero ed il pensiero che pensa dal punto di vista di Dio, che guarda ogni cosa dal punto di vista di Dio.

Tema principale al quale siamo approdati attraverso gli argomenti precedenti e attraverso l'argomento di oggi che ci     viene presentato da questa dichiarazione su Giovanni Battista che non fa nessun segno, ma che legge il Segno (cioè identifica il Cristo) è proprio questo: l'identificazione di Cristo e l'identificazione di Dio, del Padre.

Soltanto identificando Cristo noi abbiamo la possibilità di seguire Cristo, e seguendolo Cristo ci porta a identificare il Padre e quindi a guardare le cose dal punto di vista del Padre da cui si nasce come figli di Dio.

Ecco, bisogna arrivare nella nostra vita a questa percezione, a questa consapevolezza: bisogna arrivare a poter dire: “sei Tu! ho sentito parlare tanto di Dio, ho sentito parlare tanto di Cristo, ma era tutto voce, tutto un sentito dire”.

Dobbiamo arrivare a poter dire personalmente: “Sei Tu!”.

E allora il problema è questo: com'è, quand’è che noi possiamo identificare una persona, identificare una cosa?

Quand'è che noi possiamo, incontrando una cosa, una persona, dire: “sei tu!”.

Quand’è che possiamo dire questo?

Quand’è soprattutto che noi possiamo dire a Dio: “sei Tu!”?

Abbiamo detto che la condizione per trovare una cosa è di sapere il luogo in cui c'è quella cosa. 

Però possiamo sapere il luogo in cui si trova una cosa, ma non sapere cos'è quella cosa.

Se io parlo di stelle alpine ad uno che non sa che cosa siano le stelle alpine, posso anche condurlo nel luogo in cui ci sono le stelle alpine e dirgli: “questo è il luogo in cui ci sono le stelle alpine”, ma se lui non sa (non sa! e questo è importante) che cosa sono le stelle alpine, lui tutti i fiori che può trovare in quel luogo può confonderli con le stelle alpine.

E questo avviene proprio perché non sa che cosa sono le stelle alpine.

C’è quindi il problema di sapere il luogo in cui si trova una cosa (e anche Dio, abbiamo detto, appartiene ad un luogo ben preciso, occupa un luogo ben preciso e se vogliamo cercare Dio dobbiamo cercarlo nel suo luogo), ma c'è anche il problema di sapere che cosa è quella cosa, quindi il problema di sapere chi è Dio.

È necessario sapere il luogo in cui si trova Dio per cercarLo nel suo luogo: tutti gli uomini cercano Dio, perché sono tutti appassionati di Dio, volenti o nolenti, lo sappiano o non lo sappiano, sono tutti appassionati di Assoluto e tutti i problemi degli uomini, di oggi, di ieri, di domani, sono tutti problemi di Dio.

Essi possono anche non saperlo, perché non possono fare la diagnosi dei loro mali, però in fondo tutti i problemi degli uomini sono problemi di Dio.

Dio occupa un suo luogo e tutti gli errori che fanno gli uomini sono di cercare l'Assoluto, l'Eterno, l'Infinito in luoghi sbagliati.

Per questo non Lo trovano!

Ecco l'errore fondamentale dell'uomo! di cercare Dio, l'Assoluto, l'Eterno in luoghi sbagliati.

E fintanto che si cerca in luoghi sbagliati non si trova.

Però c'è l'altro aspetto del problema: si può sapere il luogo in cui si trova una cosa, ma si può non avere l'idea di quella cosa.

Ho detto prima: se uno non conosce un fiore, è inutile portarlo nel luogo in cui c'è quel fiore.

Qui si fa la scoperta della prima condizione per identificare una cosa, ed è questa: per identificare, per individuare una cosa, bisogna già averla dentro di noi.

Cioè per cercare una cosa bisogna prima sapere bene che cosa è quella cosa.

Certo, è necessario sapere anche il luogo per evitare di cercarla invano, ma è anche necessario avere nel pensiero la conoscenza della cosa.

Quindi allora sono due le condizioni che si richiedono a noi per trovare una cosa, per individuarla:

bisogna sapere il luogo in cui si trova la cosa, e bisogna sapere che cosa è la cosa che si cerca.

Se noi vogliamo individuare Dio, identificare Dio, la prima cosa è questa: sapere chi è Dio! perché fintanto che noi non sappiano chi è Dio, è come colui che cercasse un fiore e non sapesse che cos'è quel fiore.

Non lo conosce e allora non potrà mai dire: “è questo!”.

Ora noi per poter dire di una cosa: “è questo!”, dobbiamo già averla dentro di noi, nel nostro pensiero, nella nostra anima, nella nostra mente.

Dobbiamo averla presente e per averla presente dobbiamo conoscerla in qualche modo.

Ma questo non basta: è necessario sì averla nel nostro pensiero, ma poi bisogna trovarla come “realtà”. 

Noi possiamo avere presente nel nostro pensiero una cosa e non trovarla fuori.

Ora fintanto che una cosa noi l'abbiamo nel pensiero ma non la troviamo fuori, noi non possiamo dire: “è questo!”.

Così anche nei riguardi di Dio: noi possiamo interessarci di Dio, cercare Dio, ma non sapere, non avere presente in noi il concetto di Dio, non sapere chi è Dio: lo cerchiamo invano!

Possiamo anche trovarLo, ma non riconoscerLo, non individuarlo, come uno può anche trovare una stella alpina ma non sapere che cosa sia una stella alpina, per cui non può dire: “questa è la stella alpina!”.

Quindi è necessario avere il concetto di Dio, aver concepito Dio, ma è necessario anche trovarlo come “Realtà”.

Quindi, dico, la prima condizione per poter identificare una cosa, una persona è di portarla già dentro di noi. Tutte le volte che noi vediamo una persona la prima volta, non la identifichiamo affatto! non sappiamo chi sia! 

Quello che ci fa conoscere, ci fa identificare una persona (o una cosa) è in quanto la portiamo già dentro di noi, portiamo già dentro di noi il suo volto, per cui quando la incontriamo nella realtà diciamo: “sei tu!”.

Per poter identificare una persona o una cosa è necessario quindi conoscerla nel nostro pensiero, averla presente in noi.

Poi bisogna trovarla come “realtà”.

Il nostro pensiero non fa la realtà, non realizza niente.

Ecco il motivo per cui non basta che noi pensiamo Dio, perché infatti diciamo: “se potessi vedere Dio! potessi trovare Dio!”.

Ci accorgiamo che fintanto che siamo noi che Lo pensiamo portiamo in noi un dubbio terribile, per cui diciamo: “ma Dio esiste veramente o sono soltanto io che Lo penso?”.

E chi ci libera da questo dubbio? 

Perché noi ci accorgiamo che il pensiero è nostro: “sono io che penso!” e non possiamo evitare questo: “sono io che penso!”.

Ma se sono io che penso, chi mi convincerà che Dio esiste veramente?

Ritornando sull'esempio delle stelle alpine: penso alla stella alpina e capisco cos'è una stella alpina, però non troverò la stella alpina fintanto che non la vedo fuori, nel mondo reale, nel mondo che posso vedere, toccare, esperimentare; e allora trovandola, dico: “ecco una stella alpina!”.

Ma questo riconoscimento è possibile perché ho il concetto, ho il pensiero già di che cosa è una stella alpina e la distinguo da una margherita.

Quindi sapere che cosa è una cosa è la premessa per poterla identificare: è necessario averla come pensiero e nel nostro pensiero, non confonderla con altro.

Fintanto che noi confonderemo Dio con le creature, con qualcos'altro, ecc., certamente non possiamo identificare Dio.

Però il nostro pensiero ci lascia un terribile dubbio: il nostro pensiero non fa la “realtà” e guai se facesse la Realtà: il giorno in cui il nostro pensiero potesse fare la "realtà" noi saremmo nell'inferno!

Il nostro pensiero può aver presente una cosa o una persona, ma non può renderla reale: uno può desiderare di sentirsi chiamare al telefono, ma se dall'altra parte (realtà!) qualcuno non chiama, il telefono non suona, non squilla. Così anche: noi portiamo una cosa nel pensiero, ed è necessario portarla nel pensiero, ma chi fa la realtà non è il nostro pensiero, non siamo noi.

La realtà è opera di Colui che è il Creatore, è opera di Dio Creatore.

Quindi noi possiamo avere fame, ma tutta la nostra fame non ci fa trovare il pane; il pane è opera di Dio Creatore!  La realtà è opera di Dio Creatore.

È Dio Creatore che realizza le cose! Noi con tutti i nostri sogni, con tutti i nostri pensieri non possiamo fare un granello di sabbia, perché la realtà è opera di Dio Creatore, non è opera nostra, tanto meno del nostro pensiero.

Quindi per identificare, per individuare una cosa è necessario:

averla nel nostro pensiero,

trovarla come realtà, come opera di Dio.

Noi identifichiamo una cosa o una persona in quanto troviamo quella realtà che coincide con quello che noi portiamo nel nostro pensiero.

Ritorno all'esempio delle stelle alpine: io ho presente che cos'è una stella alpina; il giorno in cui vedo una stella alpina (realtà),e la realtà è Dio che me la presenta, dico: “è una stella alpina”.  Ecco, la identifico. Quindi l'identificazione presuppone due dati:

primo dato: la presenza di una cosa nel nostro pensiero: se noi non sappiamo che cosa stiamo cercando, certamente non possiamo trovarlo;

secondo dato: che la cosa sia realtà: questa realtà è opera di Dio.

Quindi è necessario che l'opera di Dio, che arriva a noi senza di noi e non per opera nostra, né del nostro pensiero, coincida con quello che c'è nel nostro pensiero.

È qui che noi possiamo arrivare a identificare il Cristo: è quanto avviene in Giovanni Battista che ad un certo momento disse: “'Eccolo lì!”. Giovanni Battista identificò Cristo perché lo portava già dentro di sé, per cui quando il Creatore glielo presentò lo riconobbe, lo identificò.

E questo non è detto solo per il popolo di allora, ma è per tutti noi, perché Giovanni Battista è l'ultimo dei Profeti, quindi è la sintesi di tutti i Profeti.

Diciamo meglio: è la sintesi di tutto l'Antico Testamento.

Ma quando noi diciamo che Giovanni battista è la sintesi di tutto l'Antico Testamento, che cosa diciamo?  Tutto quello che è avvenuto, è avvenuto per noi, quindi se Giovanni Battista è la sintesi dell'Antico Testamento, vuol dire che tutto l'Antico Testamento (cioè tutta l'opera di Dio prima di Cristo) è finalizzata lì, a questo riconoscimento del Cristo, cioè, tutta l'opera dì Dio prima di Cristo è finalizzata a formare in noi la capacità di dire: “è Lui!”; capacità cioè di individuare il Cristo.

I primi discepoli infatti ad un certo momento esclamarono: “Abbiamo trovato!”. E chi avevano trovato? “Abbiamo trovato Colui di cui hanno parlato Mosé e i Profeti!”.

Ecco Giovanni Battista, sintesi di Mosé e i profeti!

Tutto l'Antico Testamento si sintetizza in questa formazione nell'uomo della capacità di identificare il Cristo, Colui che è salvezza per tutti gli uomini.

E fintanto che noi non abbiamo la possibilità di identificare il Cristo, anche se lo incontriamo, non lo riconosciamo. 

Possiamo incontrare il Cristo tutti i giorni sulle nostre strade, ma non riconoscerlo affatto! 

Che cosa ci manca? 

Perché non lo riconosciamo? 

Cristo non si distingue perché ha i capelli biondi, oppure la barba o il naso in quel modo! Cristo non si presenta con un certificato di nascita: “io sono il Cristo”. Non si presenta così. Si presenta come un uomo qualunque.

E chi è che allora ha la possibilità di riconoscerlo?

Ecco, dico, la necessità che si sia formato nel nostro pensiero "chi" deve essere il Cristo perché soltanto se in noi si è formato "chi" deve essere il Cristo, chi deve essere la salvezza, noi incontrandolo, Lo possiamo riconoscere. “Abramo desiderò vedere il mio giorno”: ecco la formazione dentro di noi della identificazione, della conoscenza della salvezza di Dio!

Fintanto che noi non capiamo “come” Dio salva noi, “come” Dio porta noi alla conoscenza dell'eternità e della vita eterna, alla liberazione da tutto quello che ci rende schiavi e ci tiene in prigione, fintanto che noi non capiamo “come” Dio ci salva (“ecco l'Agnello di Dio, Colui che prende su di sé tutto di noi!”), noi non possiamo identificare il Cristo!

Quando i primi discepoli hanno detto: “Abbiamo trovato il Messia”, avevano trovato - dice il Vangelo - Colui che l'Antico Testamento aveva disegnato dentro di loro: “Abbiamo trovato Colui di cui hanno parlato Mosé e i Profeti”. Quindi tutta l'opera di Dio, rappresentata per noi da tutto l'Antico Testamento (l'Antico Testamento rappresenta per noi tutta l'opera di Dio nella nostra vita, perché noi possiamo essere ancora nell’Antico Testamento; anche se noi possiamo ritenere di essere dopo Cristo, in realtà noi possiamo essere benissimo prima di Cristo (e chissà quanto prima di Cristo!), tutta l'opera di Dio è per disegnare in noi il volto di Cristo, perché soltanto in quanto questo disegno si è formato dentro di noi, noi incontrandolo diciamo: “è Lui!”, perché corrisponde al disegno!

Quindi senza questo disegno interiore, senza questo Volto che si è disegnato dentro di noi attraverso le opere che Dio ha fatto, che Dio Creatore ha fatto, per tutte le lezioni della vita che noi vivendo abbiamo subito, ricevuto (perché ho detto, l'Antico Testamento è tutto quello che precede l'incontro personale) non abbiamo la capacità di identificare il Cristo.

Per questo dico che molti di noi, la maggior parte di noi, sono ancora nell'Antico Testamento: sono in questa formazione.

Vivendo stiamo ricevendo ogni giorno delle lezioni di Dio e queste lezioni che cosa tendono a fare?

Tendono a disegnare in noi il Volto del Messia, il volto di Cristo; tendono a formare in noi quel bisogno essenziale, bisogno di Dio che è la condizione per riconoscere Cristo, tendono a convincerci: “che io possa soltanto vedere il tuo Volto!”, bisogno di vedere il Volto di Dio! bisogno di conoscere Dio!

Tutte le lezioni della vita che noi subiamo in bene o in male, tutte le traversie, i dolori, le tribolazioni, le sofferenze, tutti questi problemi che ad un certo momento diventano in noi un peso enorme, problemi enormi cui non riusciamo mai a dare una risposta, di cui non riusciamo mai a capire il significato, tendono a formare in noi questo bisogno, questa povertà: “Signore, che io possa soltanto vedere il tuo Volto! che io possa soltanto conoscenti! che io possa soltanto capire che veramente Tu ci sei!”.

Ecco come si forma in noi il Volto del Cristo! 

Bisogno di capire che Dio c'è! che c'è come Realtà!  E la "realtà", ho detto, non dipende da noi, perché fintanto che dipende da noi o è pensata da noi, noi restiamo nel dubbio, e nessuno ci libera da questo dubbio. Attraverso tutte le lezioni che Dio ci presenta (e attraverso cui ci fa passare) attraverso tutti i problemi che si scatenano attorno a noi, Dio forma in noi questo bisogno.

Ho detto la prima identificazione del Cristo avviene attraverso questo: Cristo è Colui che risponde al mio bisogno. Come faccio a capire se ho bisogno di trovare un pezzo di pane?

Soltanto quando in me si è formata una grande fame.

E quando si è formata questa fame, la fame non crea il pane, però mi dà la capacità di individuare il pane. È la tanta fame che uno ha che gli dà la possibilità di individuare il cibo; altrimenti lui può trovare il cibo tutti i giorni, ma se non ha fame non sa cosa farsene.

Nell'Antico Testamento tutta l’opera di Dio è finalizzata a formare in noi la fame di Dio, e quindi la capacità di riconoscere il Cristo.

Ho detto che c'è un problema di identificazione prima di Cristo, cioè identificazione di Dio in terra.

In terra il processo di identificazione avviene attraverso il trovare ciò che risponde al nostro bisogno. Fintanto che in noi non si è formato al di sopra di tutto, come prima cosa, il bisogno di conoscere Dio, di trovare Dio, noi non abbiamo la capacità di individuare il Cristo.

Quello che dà a noi la possibilità di individuare il Cristo è questo pensiero che si forma dentro di noi, che Dio forma dentro di noi: bisogno di conoscere Dio!

“Cercate prima di tutto il regno di Dio” ci dice Gesù “Non preoccupatevi del mangiare o del vestire…” e lo dice a noi che tutti viviamo per il mangiare, per il vestire, per il guadagnare, per la posizione, per la famiglia, per la figura, ecc.

Tutti questi problemi attraverso le lezioni della vita, a poco per volta scadono, muoiono, passano, scompaiono, ecc.: sorge allora imponente in noi soltanto questo bisogno: capire che ci sia Dio.

Quanti muoiono dicendo: “Che io possa soltanto essere convinto che Dio c'è, poi non mi interessa morire! ma che io possa essere convinto che Dio c'è!”

Ecco la fame! ecco come Dio ci porta ad avere la fame di Lui.

Prima ci interessiamo di politica, di società, di problematiche, di economia, di lavoro, di prezzi, di fatiche, ecc., a un certo momento tutto questo finisce, tutto sparisce e rimane soltanto questo bisogno: “che io possa capire che Lui veramente c'è!”.

Ecco la funzione dell'Antico Testamento: che ci porta al Giovanni Battista, che ci porta a questa fame, a questo bisogno: bisogno di trovare qualcuno che mi aiuti a conoscere Dio!

E quando incontro il Cristo, Colui che parla di Dio, perché Cristo parla soltanto di Dio, solo del Padre (supera tutti gli altri problemi: problemi di giustizia, problemi di amore, ecc. supera tutto!  “una cosa sola è necessaria”.

Egli dice: “cercare e conoscere Dio”, quando lo incontro dico: “Ho trovato il Messia! Ho trovato il mio Messia! ho trovato la mia salvezza! Ho trovato Uno che risponde al mio bisogno!”

Dico, questa è la identificazione del Cristo, la capacità di identificare il Cristo.

È l'identificazione di Dio in terra.

Cristo è opera di Dio tra noi, in terra, segno di Dio. Cristo è segno di Dio!

Ma come Dio, noi non lo vediamo; noi vediamo il corpo del Cristo, vediamo il Cristo morto e tutte le vicende della sua vita: sono segni di Dio, opera di Dio.

Ma noi dobbiamo arrivare a vedere Dio! a individuare Dio!

Per questo ho detto che c'è una individuazione, una identificazione del Cristo in terra tra noi, ed è necessaria, perché è la via per condurci alla identificazione di Dio in Cielo, ma la meta è di poter identificare il Padre, di poter identificare Dio, cioè la possibilità di identificare il Cielo.

Ora qui, nel Cielo,  Dio non è più davanti a noi, attorno a noi, non è fuori di noi.

Cristo noi lo troviamo in quanto ad un certo momento entra nella nostra storia, e Giovanni Battista ad un certo momento se l'è visto davanti a sé con quelle caratteristiche tali che rispondevano a quel disegno che Lui portava dentro di sé per opera dello Spirito, per cui ha detto: “È Lui”, ma nel campo dello Spirito, nel Cielo di Dio (Padre nostro che sei nei cieli...), Dio non Lo troviamo fuori, Dio non c'è fuori. Dio è dentro di noi!

I cieli di Dio sono dentro di noi. Dio, la Verità, abita dentro di noi e noi dobbiamo arrivare lì, ad identificarlo, a poter dire: “è Lui!”. Ma come possiamo dire: “È Lui!” quando questo “Lui”, è solo dentro di noi, nel nostro pensiero? In quale modo possiamo arrivare?

Abbiamo prima questa identificazione del Cristo che avviene in terra, e questa e lezione per condurre noi a identificare Dio nel suo Cielo, cioè dentro di noi, tra i nostri pensieri.

È necessario giungere a identificare Dio dentro di noi, tra i nostri pensieri, perché fintanto che siamo nei nostri pensieri, noi siamo nel dubbio, perché diciamo: “sono io che penso”.  Però, dico, è necessario pensare Dio, perché anche nel Cielo di Dio questa è la premessa.

Avere il pensiero di Dio, sapere chi è Dio, non confonderlo con nessun altro è la condizione per poter individuare, per poter identificare Dio nel cielo. È la premessa. Questa è assolutamente necessaria, il che vuol dire che senza di noi non possiamo arrivare a conoscere Dio.

Sapere chi è Dio è premessa necessaria affinché noi possiamo arrivare a identificare Dio. Ma anche qui, nel Cielo di Dio, questo non è sufficiente. Si richiede l'incontro con la "Realtà" di Dio, e questa è solo opera di Dio, viene solo “da” Dio, deriva da Dio.

L'identificazione richiede sempre una componente soggettiva personale e una componente reale che non dipende più da noi, ma che dipende da Dio; che dipende da Dio! 

Solo da Dio, perché la realtà è Lui che la fa.

Anche la realtà di Dio, anche la presenza di Dio è opera di Dio, non è opera nostra, come le stelle alpine sono opera di Dio, non sono opera nostra.

Ma quelle le troviamo fuori, Dio non Lo troviamo fuori.

Noi possiamo correre tutto il mondo o possiamo andare nella luna o nelle stelle, ovunque andiamo noi Dio certamente non Lo troveremo mai fuori, perché Dio non è fuori di noi.

Dio è Spirito e lo Spirito è dentro di noi.

Ma se Dio è dentro di noi il problema è questo: come posso arrivare a identificare tra i miei pensieri Dio, Dio Padre, Principio di tutte le cose, di ogni realtà? E identificare Dio come realtà, quindi non più come pensiero! Il pensiero mio è necessario, certamente è necessario per poter identificare Dio, ma l'identificazione deve essere oggetto di una Realtà che non esiste perché io la penso, perché altrimenti resto nel dubbio, ma mi deve venire da Dio.

Ecco l'importanza della realtà! 

La “realtà” è Dio che la fa.

Allora qui prima si deve formare dentro di noi il concetto di chi è Dio (dobbiamo concepire Dio!), perché senza questo concetto noi non abbiamo il Volto di Dio dentro di noi. 

Dobbiamo quindi avere in noi il pensiero preciso di Dio. 

Ecco perché non si arriva a Dio senza il Pensiero dì Dio. Ma non sappiamo ancora che cosa sia questo Pensiero di Dio, però deve formarsi in noi questo pensiero, questo pensiero di Dio: Dio non è una creatura, Dio non è ciò che muta, Dio non è nelle parole degli uomini, ecc... ma chi è Dio?

Chi è Dio? 

È dentro di noi che si deve formare questo Volto di Dio! 

Ecco perché ci deve essere questa ricerca personale. È dentro il nostro pensiero che si deve formare questo pensiero: chi e Dio?

Dio, questo Eterno, questo Essere assoluto, questo essere infinito, questo Essere che è Principio di tutte le cose e in cui c'è la ragione di tutte le cose! senza di Lui nulla accade né in bene né in male: tutto è opera sua! e tutto ha la sua ragione, il suo significato in Lui.  Tutto! 

Chi è questo Essere, questo Dio?

E c'è veramente oppure sono soltanto io che lo penso?

Questo pensiero di Dio è assolutamente necessario che si formi in noi e non si forma senza di noi, però non basta, come non basta che io sappia che cosa è una stella alpina, che io sappia col pensiero, nel mio pensiero, distinguere una stella alpina da una margherita o da una rosa; non basta che io lo sappia.

È necessario questo, perché altrimenti io non identificherò mai una stella alpina. 

È necessario che io sappia che cos'è, come è necessario che io sappia conoscere quali sono i funghi buoni, altrimenti raccolgo i funghi avvelenati: funghi avvelenati che mi mandano a morte! perché c'è questo rischio! Se io non so cos’è il vero fungo, quello buono, io corro il rischio di andare a cercare funghi e di morire.

Tutto è segno!

Quindi è assolutamente necessario che dentro di noi sappiamo chi è Dio se vogliamo identificare Dio.

Prima ho detto della necessità di identificare Cristo.

Adesso dobbiamo identificare Dio, il Padre, perché Cristo è venuto per portarci a Dio e a Dio Padre, per portarci a identificare Dio Padre.

E per identificare Dio Padre, dobbiamo sapere chi è Dio Padre dentro di noi.

E a questo ci porta il Cristo che ci dice come è il Padre. Però ci devono essere due componenti:  prima il nostro pensiero che sa: che sa, senza averlo trovato, sa chi è Dio,

e poi la Realtà.

La Realtà, per poter dire: “è Lui!” mi deve venire da Dio e solo da Dio. E questo devo saperlo, così come so che tutte le creature in quanto le incontro sono opera di Dio.

Incontrandole, se le porto dentro di me posso identificarle, riconoscerle, ma so che la “realtà” di esse mi viene da Dio.

Così anche nei riguardi di Dio: la Realtà “Dio”, quella che dà a me poi la possibilità di dire: “sei Tu!”, mi viene solo da Dio.

E se io so che mi viene solo da Dio, Cosa succede? Succede che io debbo guardare Dio per vedere da Dio quello che viene, perché la realtà viene da Dio, non viene dal mio pensiero.

Io debbo avere sì, debbo avere il concetto di chi è Dio, però debbo guardare da Dio per vedere quello che viene da Dio.

Il Figlio di Dio, che è Cristo, tutte le cose che ha detto le ha dette per noi; Lui dice che tutto quello che conosce, lo conosce perché lo vede dal Padre.

Insegna a noi.

È per noi che lo dice! e ce lo dice per dare a noi la capacità di diventare figli di Dio.

Lui conosce Se stesso dal Padre!

Lui conosce il Padre dal Padre!

E insegna a noi come si giunge a riconoscere Dio, a individuare Dio, a identificare Dio.

L'identificazione di Dio non viene da nessun altro!

Non c'è nessuna creatura che mi possa dire chi è Dio e identificare Dio per me, perché sarà sempre una creatura.

Non c'è nemmeno un Angelo, non c'è nessuna autorità del mondo che possa insegnare a noi a identificare Dio, perché l'identificazione di Dio viene soltanto da Dio.

E allora se questo ci convince, ci fa capire che la conoscenza di Dio ci viene soltanto da Dio, questo ci deve far guardare a Dio. Dico, soltanto guardando a Dio e guardando da Dio, da Dio discende quella Realtà che corrisponde al "pensiero" che portiamo in noi.

È da questa coincidenza che noi diciamo: “ah, sei Tu!  Sei Tu! Io ti portavo dentro, però non sapevo... Adesso da Te, ho visto...”.

Ecco, è una Realtà interiore, ma e una Realtà che non viene a noi senza Dio, cioè che viene solo da Dio.

Quello che discende da Dio, adesso ha il carattere della realtà, non sono più io che lo penso.

Questo viene da Dio e non può arrivare a me dal mio pensiero.

Viene da Dio! e quando discende da Dio, ecco discendendo da Dio, adesso sì, se questo coincide con quella conoscenza che porto nel mio pensiero di Dio, dico: "sei Tu!".

Ecco, è questa identificazione, è questa individuazione che dà a noi la possibilità di restare con Dio.

Dio si conosce solo per mezzo di Dio, però è necessario che in noi si sia formato il Pensiero di Dio, in modo da poter evitare di confondere Dio con altra cosa, altrimenti noi incominciamo a dire: “ma io sento Dio.. forse questo è Dio! ma quell'altro mi parla di Dio, forse quello è Dio!...” e facciamo delle grandi confusioni. Dio si conosce solo per mezzo di Dio.

Dico, in questa conoscenza, nel trovare questa conoscenza, nel trovare Dio e nel poter dire: “sei Tu!”, lì solo, c'è la possibilità per noi di iniziare la vita eterna, perché noi siamo fatti per questo.

Alcuni pensieri tratti dalla conversazione:

In terra è il bisogno che mi fa identificare il Cristo.  Nel Cielo è la Realtà stessa che mi fa identificare Dio.

 

Gesù rimprovera chi cerca miracoli e prodigi, chi chiede dei segni, perché se non sappiano leggere i segni che già abbiamo, è inutile chiederne altri.

 

Giovanni non fece alcun segno, ma ha saputo leggere il "Segno" .


“E molti vennero a lui e dicevano: «Certamente Giovanni non fece alcun segno»”. Gv 10 Vs 41


- RIASSUNTI – Domenica – Lunedì -


Argomenti: Il punto d’incontro con Dio – La possibilità di pensare Dio – Concepire Dio – Solo Dio è rivelatore di Sé – Amare Dio per ciò che Dio è – Il concepimento – Il pensiero e il filo d’erba – Le nozze di Cana – La prova d’esame -


 

6-7/Dicembre/1992 Casa di preghiera Fossano.