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GV 10 VS 36 - A colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”?


Primo tema – Il sigillo del Padre.


Argomenti: L’assenza è relativa al pensiero – Giustificare l’assenza – La moltiplicazione dei pani – Realizzare il pensiero – L’abitudine uccide lo spirito – La presenza di Dio nell’assenza – Il principio della realizzazione è Dio – Esperimentare il nulla – Ciò che è imposto non si può capire – L’assenza-presenza di Dio – Il pensiero umano non realizza nulla – La presenza di Dio viene da Dio – Consacrare è fare proprio – Dio consacra il nostro pensiero che pensa Lui – Il principio del Pensiero di Dio – Il mistero – Il libro dell’Apocalisse -  L’opera dello Spirito santo.


 

28-29/ Giugno /1992


Ci fermiamo alla prima parte di questo versetto e precisamente a questa affermazione di Gesù:” A colui che il Padre ha consacrato”.

Il tema di oggi è: Il sigillo del Padre.

Abbiamo visto la volta scorsa il capolavoro dello Spirito Santo che sta proprio nel dimostrare la presenza di Dio, là dove noi vediamo l’assenza di Dio.

Se c’è una esperienza che l’uomo fa, è proprio quella dell’assenza.

Si esperimenta la presenza di tutte le cose e tutte le creature ma, Dio non lo si vede e non lo si tocca, non lo si esperimenta.

E ci siamo anche chiesti il significato di questa esperienza d’assenza, perché tutto ha un significato.

E se c’è questa esperienza d’assenza di Dio nella vita di ogni uomo, evidentemente questa assenza deve avere un senso per la vita essenziale, cioè per lo scopo per il quale Dio ci ha dato l’esistenza.

Tutto quello che accade, in quanto accade, accade in relazione al fine per il quale Dio ci ha creati.

Dio ci ha creati per conoscere Lui.

La conoscenza di Dio è la vita eterna, per cui tutto quello che accade serve per orientarci, per indirizzarci verso il fine per cui siamo stati creati: la conoscenza di Dio.

Nel chiederci il significato di questa esperienza dell’assenza di Dio, abbiamo visto che l’assenza, come il vuoto, come il niente, non esistono in assoluto.

Non esiste il niente.

Non esiste l’assenza.

Non esiste il vuoto.

Tutte queste esperienze sono relative a un pensiero che c’è nell’uomo.

L’uomo pensando desidera e desiderando fa esperienza d’assenza, cioè non trova ciò che desidera.

Quindi l’assenza è sempre in relazione al pensiero, è relativa al pensiero.

Se è relativa, vuol dire che è giustificata nel pensiero dell’uomo.

Perché c’è un errore nel pensiero dell’uomo.

Per questo errore l’uomo fa esperienza dell’assenza, perché l’assenza in assoluto non c’è.

In assoluto invece c’è la presenza.

Abbiamo visto che se non ci fosse il pensiero in noi, noi certamente non esperimenteremmo l’assenza.

Come non esperimenteremmo il vuoto.

Come non esperimenteremmo lo zero.

Come non esperimenteremmo il nulla.

Quindi ciò che esiste indipendentemente dal nostro pensiero, quello è assoluto.

Indipendentemente dal nostro pensiero c’è la presenza, c’è la realtà delle cose o delle creature.

Questa esperienza d’assenza è relativa ad un pensiero che è in noi.

E c’è un errore.

Questo errore sta nel non tenere conto di Dio.

Quando l’uomo non tiene conto di Dio è in colpa, perché non tiene conto di Colui che non può ignorare.

Ora, quando non si tiene conto di ciò che non si può ignorare, si è responsabili e si è in colpa.

Ora l’uomo nel suo pensiero,  può non tenere conto di Dio, non può ignorarlo ma può non tenerne conto.

E quando non tiene conto di Dio, l’uomo fa esperienza dell’assenza di Dio.

Questa esperienza d’assenza di Dio è una parola di Dio, è una lezione di Dio, per farci capire che le cose sono in relazione al nostro pensiero.

Per farci capire l’importanza del nostro pensiero, importante a tal punto che se noi non teniamo conto di Dio, noi esperimentiamo l’assenza di Dio.

Questo per metterci in evidenza l’importanza grande del nostro pensiero.

Tant’è vero che il nostro pensiero non riuscirà mai a trovare la sua realizzazione nel mondo esterno.

Nel nostro pensiero c’è una dimensione assoluta.

Tutte le cose, tutte le creature arrivano a noi attraverso i sensi, sono opera di Dio, quindi arrivano a noi indipendentemente da noi e arrivano a noi attraverso i sensi.

Il mondo che noi vediamo e tocchiamo, il mondo sentimentale è tutto relativo ai nostri sensi.

Ma entrando in noi, acquista la dimensione del nostro pensiero.

Diventa pensiero nostro.

Il mondo diventa oggetto del pensiero.

Le creature diventano oggetto del pensiero.

Noi ieri  vediamo un fiore e oggi quel fiore è già diventato oggetto del nostro pensiero a tal punto che noi passando, cerchiamo col pensiero quel fiore che abbiamo visto ieri.

E se non lo vediamo più, noi siamo inquieti.

Ecco esperimentiamo l’assenza.

E abbiamo bisogno di una giustificazione, di una ragione se non lo troviamo.

E una giustificazione comunque noi la diamo, perché senza giustificazione, noi non possiamo sopportare le  cose.

Generalmente le nostre giustificazioni sono tutte fasulle.

Facciamo delle diagnosi e crediamo di avere ragione.

Ma siamo lontanissimi dalla conoscenza del vero motivo delle cose.

Comunque questa esperienza d’assenza è in relazione a un nostro pensiero, in quanto ad un certo momento tende a realizzare nel mondo esterno quello che porta dentro di sé.

C’è sempre l’esempio valido del giorno dopo la moltiplicazione dei pani.

Gesù moltiplica i pani il primo giorno a tutti coloro che lo avevano seguito e il giorno dopo costoro vengono ancora a cercare Gesù, ecco, il pane che avevano mangiato il giorno prima, è diventato loro pensiero.

E adesso stanno seguendo quello che portano nel pensiero.

E desiderano ritrovare quel pane, cioè realizzare quello che hanno nel pensiero.

Ma Gesù li rimprovera: “Voi mi cercate per il pane che avete mangiato ieri”.

“Non lavorate (Parola di Dio!) per il pane che passa, affaticatevi per avere il pane che non passa e che il Figlio dell’uomo vi darà”.

Ecco il rimprovero.

Perché Gesù li rimprovera?

Prima moltiplica i pani e poi li rimprovera di cercare ancora il pane che Lui aveva dato a loro.

Perché loro lo cercano non perché hanno capito il significato di quello che aveva fatto.

Ecco il rimprovero di Dio all’uomo.

L’uomo mangia un pane, ne è soddisfatto e adesso quella soddisfazione è entrata nel suo pensiero.

Diventa oggetto del pensiero e adesso questo pensiero del pane domina l’uomo.

E l’uomo va a cercare la ripetizione di quello che ha esperimentato.

Ecco il mondo che si chiude in un cerchio per effetto del nostro pensiero.

E perché Gesù li rimprovera?

Gesù li rimprovera perché lo cercano non perché hanno visto il significato del segno della moltiplicazione dei pani.

È come il rimprovero che Gesù a dodici anni fa a sua Madre e a Giuseppe: “Non lo sapevate che Io mi debbo trovare nelle cose del Padre?”

E questa è una lezione stupenda per tutto il silenzio di Dio che c’è nel mondo.

In 30 anni Gesù ha fatto silenzio e ha detto quella sola parola che ha illuminato tutti i problemi della nostra vita.

Quello che ha detto a Maria e Giuseppe lo dice a noi, perché tutti gli uomini sono dei terribili cercatori di Dio.

Tutti stanno cercando Dio e c’è questo rimprovero di Dio “Non lo sapete che Io mi debbo trovare nelle cose del Padre?”.

Per cui se noi vogliamo trovare Cristo, il Figlio di Dio, è là che dobbiamo cercarlo, nelle cose del Padre.

Con questo Lui esclude tutto il campo del mondo esterno, del sentimento, delle funzioni esteriori e dell’ufficialità.

Il Figlio di Dio si trova nelle cose del Padre.

Quindi soltanto colui che ha interesse, che è attratto dal Padre, soltanto costui può trovare Cristo, perché il Figlio di Dio si trova lì.

E qui nel giorno successivo alla moltiplicazione dei pani, quando rimprovera quelli che lo seguivano, per riavere il pane del giorno prima, ci fa capire che noi siamo sulla linea dello Spirito dell’opera di Dio, se in tutte le cose che Dio ci fa arrivare, non ci fermiamo al sentimento, alle sensazioni che le cose provocano su di noi ma cerchiamo il senso delle cose.

Tutto ciò che esiste in quanto esiste, tutto ciò che accade in quanto accade avviene nel Verbo di Dio.

Come il nostro pensiero prende contatto con quello che Dio fa arrivare a noi come segno, il nostro pensiero deve passare alla ricerca del significato, se tiene conto di Dio.

Quindi se uno tiene presente Dio, non può separare nulla di ciò che accade dal Pensiero di Dio e quindi in tutte le cose va a cercare il Pensiero di Dio.

Che cosa Dio mi vuole dire?

Perché questa è opera di Dio.

E se è opera di Dio che cosa Dio mi vuole significare di Sé?

Perché Dio in tutte le cose non fa altro che parlare di Sé.

Come i fatti arrivano al pensiero, qui assumono un altra dimensione, la dimensione dello Spirito.

E nella dimensione dello Spirito, l’anima interroga Dio.

“Signore, perché mi hai mandato questo?”

“Che cosa mi vuoi significare con questo?”.

E non basta: che cosa mi vuoi significare di Te?

E l’anima non si acquieta fintanto che non si riposa nel significato di Dio, nel Pensiero di Dio, perché l’anima è fatta per questo.

L’anima è fatta per capire, per conoscere le cose in Dio e da Dio.

Se invece non tiene conto di Dio, ecco che nel pensiero, l’uomo tende a realizzare la cosa e a realizzarla in quello che per lui è la realtà.

E la realtà è quella che vede e tocca.

Per l’uomo che trascura Dio, la realtà è quella che vede e tocca e non può farne a meno: l’uomo è fatto di presenze e non può assolutamente trascurare le presenze.

Quindi per l’uomo o la realtà è Dio, o la realtà sono le creature, non può farne a meno.

E allora quando non si tiene conto di Dio, tutto quello che portiamo nel pensiero, ci costringe a realizzarlo e quindi noi siamo costretti a una ripetizione di fatti piacevoli che abbiamo esperimentato, oppure ci costringe a una fuga da fatti spiacevoli che abbiamo esperimentato.

Il pensiero stesso che tende a realizzarsi ci porta a rinnovare, a ripetere.

E tutti i giorni noi mangiamo, dormiamo, lavoriamo, è tutta una ripetizione a cui siamo costretti dal pensiero.

E diventa routine, diventa abitudine, ma nell’abitudine lo spirito se n’è andato a quel paese, non c’è più.

Il problema è che il pensiero in noi, da solo non sta su, ha bisogno di realizzarsi.

Ed è qui che c’è il bivio.

Se nel nostro pensiero noi teniamo presente Dio, qui s’infila una certa direzione.

E la direzione è quella di passare alla ricerca della volontà di Dio, del significato, del Pensiero di Dio.

Il che vuol dire che si tende alla realizzazione di ciò che si porta nel pensiero in Dio e da Dio.

C’è l’altra strada: se il nostro pensiero non tiene conto di Dio, tende a realizzarsi nel mondo estero, in quella che per noi è la realtà.

Nel mondo estero l’azione dell’uomo è quella di tendere a possedere le creature, quello che l’uomo porta nel pensiero tende a esteriorizzarlo nel possesso delle creature.

Questo è un errore colpevole, perché si trascura un elemento fondamentale di cui l’uomo non può fare a meno e cioè Dio Creatore.

Con questo errore si conclude nell’assenza, nel vuoto, nel non significato.

Con tribolazione si entra nel regno di Dio.

Il regno di Dio è il regno dei significati e del senso delle cose e su questa strada si va se si tiene presente Dio.

Se non si tiene presente Dio si va verso il non significato delle cose.

Perché quando uno possiede una cosa, la cosa perde di significato, di senso, si va verso il vuoto, verso la non sopportabilità della vita.

Perché là, dove non c’è significato, la vita non è più sopportabile.

È la legge del contrappasso.

Ma c’è un errore all’origine, alla biforcazione del bivio: l’uomo che non tiene conto di Dio.

Ora, come mai l’uomo esperimenta il vuoto, quando il vuoto non c’è?

Quando il nulla e l’assenza in realtà non ci sono.

C’è sempre qualche cosa.

C’è sempre qualche presenza.

È il capolavoro dello Spirito Santo.

È Dio che fa capire all’uomo l’importanza del tenere presente Lui.

De fare conto su di Lui.

È Parola di Dio, quindi è un messaggio di Dio.

L’assenza è ancora un messaggio di Dio per noi.

Per noi quando facciamo questo errore.

È Dio che tiene presente il nostro errore.

Ora, siccome questo errore è essenzialmente personale perché è un errore di pensiero, qui abbiamo un messaggio di Dio personale, per l’uomo che fa questo errore.

È Dio che tratta personalmente l’uomo.

Lì è il capolavoro dello Spirito Santo, perché dimostra la presenza anche nell’assenza di Dio.

Là, dove l’uomo fa l’esperienza dell’assenza di Dio, dimostra la Presenza di Dio, dimostra la Parola di Dio, dimostra il Messaggio di Dio personale.

Lo Spirito Santo è uno spirito che tratta personalmente con le anime, con le creature perché convince.

Ma allo stesso tempo ci fa capire che se non teniamo presente Dio, noi esperimentiamo la non realizzazione.

Perché in fondo noi non realizziamo il nostro pensiero.

Il nostro pensiero vorrebbe trovare, realizzarsi.

Realizzarsi vuol dire trovare la cosa.

Tutto è questione di rapporto.

Anche nell’assenza c’è un rapporto, ma un rapporto che non si conclude.

Mentre invece la presenza è un rapporto che si conclude, che si realizza.

Quando non tenendo conto di Dio, non cerchiamo di realizzare qualche cosa nel mondo estero (una creatura o una cosa) e non la troviamo (assenza), questa è una dimostrazione che la realizzazione delle cose avviene soltanto da Dio e per mezzo di Dio.

E quando noi non teniamo conto di Dio, questa realizzazione non si verifica.

Non è che trascurando Dio noi realizziamo qualche cosa, noi non realizziamo niente.

Realizziamo il niente che non esiste.

E Dio che dice: “Senza di Me fate niente”.

Ecco la parola di Dio.

Senza di Lui è fatto niente tutto ciò che è fatto, si annulla tutto.

È una lezione importante perché ci fa capire che nulla si realizza senza Dio.

E quando noi non teniamo conto di Dio nel nostro pensiero, non realizziamo niente.

Questo ci fa capire che il principio della realizzazione è Dio stesso.

E il principio della non realizzazione, del vuoto, dell’assenza, è il non tenere conto di Dio.

È logico: Dio è il Creatore, Dio è Colui che fa tutte le cose.

Quindi è Dio che realizza tutte le cose.

E questo va benissimo, qui siamo nel campo della Verità.

Dio è il Creatore, quindi se è il Creatore vuol dire che è Lui che realizza le cose.

Le creature è Lui che le fa ed è Lui che ce le presenta.

Le fa dal nulla.

Noi stessi siamo opera, pensato di Dio.

Però Dio realizza e crea le cose indipendentemente da noi e tutto quello che è fatto indipendentemente da noi ha una caratteristica: siccome è fatto indipendentemente da noi, noi non lo possiamo ignorare.

Lo subiamo, quello che subiamo non lo possiamo ignorare.

Però non lo possiamo capire.

Dio non ci ha creati affinchè noi abbiamo a non ignorare le cose e a non capirle.

Dio ci ha creati per renderci partecipi di Sé.

E quindi ci ha creati per darci la possibilità di giungere a capire le cose, a conoscere le cose, soprattutto a conoscere Lui.

Ma la conoscenza non è più un subire.

Là dove c’è la creazione di Dio, fatta indipendentemente da noi (Pensiero di Dio in noi compreso), la cosa è subita, non può essere ignorata,  però non può essere capita.

Non possiamo ignorarla però non sappiamo che cosa sia.

Dio quindi è presente in noi e allo stesso tempo non sappiamo che cosa sia.

Non possiamo ignorarlo e non sappiamo che cosa sia.

Ecco, Dio è presente ed assente.

C’è una presenza di Dio in noi indipendentemente da noi e c’è un assenza di Dio in noi che noi esperimentiamo.

E in quale campo è quest’assenza?

Nel campo della conoscenza.

Nel campo della conoscenza non esperimentiamo, non capiamo Dio.

Pur non potendolo ignorare, non troviamo la presenza di Dio.

Quando noi tendiamo a realizzare fuori il nostro pensiero, ad essere cioè noi i creatori, il nostro pensiero trova il vuoto, trova l’assenza.

Io vedo un fiore, passo il giorno dopo e il fiore non c’è più e quel fiore che non c’è più mi sta dimostrando una cosa enorme: il mio pensiero non può realizzare niente.

Il mio pensiero non è creatore, non realizza.

Questa esperienza ci fa capire che Colui che realizza le cose indipendentemente da noi, è anche Colui che realizza la nostra conoscenza.

Senza di Lui noi non possiamo realizzare nè la conoscenza di Dio, né realizzare la presenza di Dio: ecco perché ne esperimentiamo l’assenza.

Perché noi dobbiamo capire che la presenza e la conoscenza di Dio vengono da Dio, ma vengono da Dio non più senza di noi, come tutta la creazione di Dio.

Vengono da Dio ma richiedono il nostro pensiero.

Perché senza il nostro pensiero, noi non possiamo intendere niente.

Ecco per cui il pensiero ci fa correre un rischio enorme.

Se noi non avessimo il pensiero, noi non esperimenteremmo né l’assenza, né il vuoto, né il non significato delle cose.

È per la presenza del nostro pensiero che noi facciamo esperienza del vuoto, dell’assenza e quindi corriamo verso il suicidio, è per il nostro pensiero!

È per il Pensiero di Dio che portiamo in noi che noi non troviamo Dio.

Questo per farci capire che anche la presenza e la conoscenza di Dio, derivano da Colui che realizza tutte le cose, cioè derivano da Dio.

Il pensiero è essenziale ma questo pensiero deve portarci a Dio, a guardare le cose da Dio.

Perché soltanto guardando le cose da Dio, si riceve quel supplemento, quella conoscenza, quella presenza che Lui non può esperimentare in modo diverso.

Quindi Dio crea tutte le cose per annunciarci che tutto è opera sua, affinché là, dove non vediamo la sua presenza, noi capiamo che questa sua presenza e conoscenza, si realizzano in noi da Dio.

E realizzarsi da Dio cosa vuol dire?

Vuol dire che noi dobbiamo vedere le cose da Dio.

Soprattutto dobbiamo vedere il nostro pensiero da Dio.

Perché fintanto che non vediamo il nostro pensiero da Dio, noi restiamo fregati dal nostro pensiero.

Questo pensiero ci è dato, non perché noi abbiamo a realizzarlo nel mondo esterno ma perché noi abbiamo a realizzarlo in Dio e da Dio.

Cioè a capire che cosa è questo pensiero di Dio che noi portiamo in noi.

Perché se noi non realizziamo questo pensiero in Dio e da Dio, questo diventa per noi motivo di dannazione.

E allora arriviamo alla consacrazione di cui si parla qui.

Il Pensiero di Dio, visto da Dio, è consacrato da Dio.

Consacrare, vuol dire “dedicare a-“.

E chi consacra fa proprio.

Dio quando consacra una cosa la fa propria.

La fa sua.

Dio già all’inizio della creazione ha consacrato il sabato, l’ha fatto suo.

Il che vuol dire che se è suo, non è più nostro.

E cosa vuol dire?

Vuol dire che noi non possiamo adoperarlo per quello che vogliamo.

Fintanto che Dio non consacra il nostro pensiero, noi possiamo adoperare il nostro pensiero come vogliamo, per quello che vogliamo e facciamo una infinità di errori.

Ma quando Dio fa suo il nostro pensiero, dà a noi la possibilità di guardare le cose dal punto di vista di Dio.

È Dio che consacra, Dio consacra il Suo Pensiero, il che vuol dire che fintanto che pensiamo ad altro da Dio, non arriviamo a questa scoperta del Dio che fa suo il nostro pensiero.

E fintanto che Dio non fa suo il nostro pensiero, noi certamente non possiamo ricevere niente da Dio, in quel campo della presenza e della conoscenza di Dio.

Perché abbiamo detto che la conoscenza e la presenza di Dio si realizzano da Dio.

Quindi vengono da Dio e per venire da Dio, noi dobbiamo potere guardare le cose dal punto di vista di Dio.

Ecco Dio che fa suo qualcosa di noi, come ha fatto suo nella creazione il sabato, uno su sette.

E così in tutte le cose.

Come nell’eucarestia fa suo un pezzo di pane: “Questo è mio”.

E voglio vedere di fronte a Dio che dice: “Questo è mio”, che cosa le creature possono obbiettare.

Dio fa suo un punto.

Creando noi, Dio fa suo un punto.

E quel punto è il pensiero.

Ed è il Pensiero di Dio che portiamo in noi, che è poi Cristo tra noi, ed è attraverso questo punto che dà a noi la possibilità di realizzare la conoscenza e la presenza di Dio.

È un passaggio obbligato.

La consacrazione è necessaria per giungere alla realizzazione delle cose da Dio.

Soltanto il Figlio di Dio, cioè soltanto il Pensiero di Dio realizza le cose da Dio.

Perché?

Perché ha presente il Principio.

Il Pensiero di Dio, ha presente il suo Principio.

Il Pensiero di Dio in noi non consacrato dal Padre, difetta del principio di Sé.

E quando difetta del principio di Sé, anche questo Pensiero di Dio è un pensiero sbandato.

Il pensiero quando è separato da Dio, quando non si realizza quindi in Dio, tende a realizzarsi nelle cose esteriori.

Quindi con tutti gli sbandamenti, con l’esperienza dell’assenza, con l’esperienza del vuoto.

Dio è il principio di ogni cosa.

Di tutto ciò che arriva a noi senza di noi, ma soprattutto di tutto ciò che non arriva a noi senza di noi, cioè senza il nostro pensiero.

Soltanto se il nostro pensiero si dedica a Dio e quindi diventa pensiero di Dio, qui Dio fa suo e quindi consacra.

In questa consacrazione del nostro pensiero che diventa Pensiero di Dio, l’uomo ha la possibilità di giungere alla realizzazione della conoscenza e della presenza di Dio.

Tutto questo avviene attraverso questo passaggio del riportare tutto al Principio, tutto al Padre.

È dal Padre che c’è la consacrazione.

È dal Padre che si ottiene la conoscenza e la presenza poi dello Spirito santo.

Abbiamo detto che il tema di oggi è il sigillo del Padre.

Il che vuol dire che tutte le cose sono segnate da questo sigillo.

E il sigillo del Padre è la realtà in cui ci troviamo.

La realtà in cui ci troviamo, è tutta sigillata.

È mistero.

Non si capisce.

E dice l’Apocalisse che di fronte a questo libro sigillato che è tutta l’opera di Dio, l’anima piange, perché non si trova nessuno che apra questi sigilli e che legga...tanto siamo fatti per capire, per leggere, per intendere!

L’anima piange.

L’unico degno di aprire i sigilli è l’Agnello di Dio, il Pensiero di Dio, il Figlio di Dio.

Colui che è stato consacrato dal Padre.

L’Unico degno di aprire.

Perché?

Perché questa opera di Dio può essere intelletta soltanto dal Padre e quindi soltanto Colui che è tutto sguardo rivolto al Padre, che guarda solo al Padre, soltanto Costui può aprire i sigilli.

Quindi soltanto Colui che è consacrato al Padre ha la possibilità di leggere.

In caso diverso tutto è sigillato dal sigillo del Padre.

Il sigillo vuol dire che c’è una garanzia.

Il che vuol dire che soltanto Colui che ha posto quel sigillo lì, garantisce l’autenticità di quello che è contenuto, ma solo Lui può aprire.

Il che vuol dire che soltanto dal Padre, noi possiamo aprire questi sigilli e leggere il libro, e intendere l’opera del Padre.

Questo sigillo del Padre è la realtà in cui ci troviamo ed è il mistero in cui noi ci troviamo.

Questo mistero che è la realtà di tutti e che ogni uomo costata.

Tutti quanti, capiscono di non capire.

Corrono per il mondo, si agitano, guadagnano fortune o le perdono ma c’è una cosa fondamentale, tutti sanno che si trovano sprofondati in un mare di mistero.

Non si capisce perché si nasce.

Non si capisce perché si muore.

Non si capisce perché c’è l’universo.

Siamo immersi in un mistero.

Questo mistero è il sigillo del Padre.

Ed è in questo sigillo che si rivela che tutta l’opera di Dio è fatta nella Trinità di Dio.

Il sigillo del Padre, nasconde questa Trinità di Dio in tutte le cose.

Perché in tutte le cose c’è un opera di Dio che arriva a noi indipendentemente da noi e lo sperimentiamo tutti, perché tutti i giorni arrivano a noi fatti indipendentemente da noi.

Poi c’è il pensiero, che è il passaggio obbligato per arrivare a guardare le cose dal punto di vista del Padre.

Perché soltanto guardandole dal Padre con questo Pensiero di Dio, noi arriviamo a intendere il significato delle cose: lo Spirito Santo.

Ecco, ci sono Padre, Figlio e Spirito Santo sotto questo sigillo.

Ecco per cui noi non capiamo le cose.

Perché per capire le cose dobbiamo vedere questa Trinità di Dio e dobbiamo ricevere da questa Trinità di Dio: Padre Creatore, Pensiero che guarda dal Padre, che contempla dal Padre, che riceve dal Padre la conoscenza e la presenza e lo Spirito Santo.


GV 10 VS 36 - A colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”?


Secondo tema – Il sigillo del Padre sul Figlio.


Argomenti: Il bisogno di capire dell’uomo – Il mistero – Il sigillo del Padre Creatore – L’assenza è data da un rapporto – Non tenere conto di Dio – La chiave di lettura – D.O.C. – La moltiplicazione dei pani – I rimproveri di Gesù – L’intelligenza è un dovere– L’assenza della Luce – Il luogo di Dio – Restare nel Principio – Il principio del Figlio – Dio principio del nostro pensare – Il potere del Figlio -


 

5-6/ Luglio /1992


Tutto è opera di Dio ancora oggi.

E abbiamo visto che tutti i fatti e tutti gli avvenimenti, siano sotto un sigillo.

Cioè non siano intellegibili, non siano leggibili.

Ciò che è sotto sigillo è sotto una garanzia, ma allo stesso tempo è chiuso.

Non è abbordabile.

E noi ci troviamo di fronte ad un universo che non possiamo smentire sia tutto opera di Dio, però è tutto mistero.

Non capiamo soprattutto il senso e il significato di tutto questo mondo.

Non soltanto del mondo ma anche di tutti gli avvenimenti.

Noi sì con facilità, gli avvenimenti li attribuiamo agli uomini o al caso, però evidentemente le nostre interpretazioni sono fittizie, non colgono l’anima delle cose.

Non vedono il significato delle cose.

Soprattutto quello che non si vede è il significato del nostro nascere e del nostro morire.

Perché si nasce?

Perché si soffre?

Perché si muore?

Perché la vita di ognuno è un mare immenso di tempeste e di bonacce?

Perché nella vita di ognuno si devono avvicendare tante cose tristi e tante cose allegre?

Che senso ha?

Che senso ha tutto questo per poi morire?

Ma il problema ancora più interessante è capire perché l’uomo sente il bisogno di capire il significato delle cose.

La cosa più interessante nella vita dell’uomo, non è tanto il suo bisogno di capire e il suo bisogno d’interrogare, quanto piuttosto perché interroga.

Cosa c’è nell’uomo che lo fa interrogare?

E soprattutto cosa c’è nell’uomo che gli fa avvertire il mistero delle cose?

Perché l’uomo avverte il mistero?

E perché l’uomo soffre nel non potere rispondere a questo bisogno che egli porta dentro di sé?

Cosa ci deve essere nell’uomo che lo spinge al bisogno di capire le cose? Di dare un senso, un significato alle cose?

Perché l’uomo interroga?

Cos’è che lo fa interrogare?

Tutto questo, abbiamo visto domenica scorsa è il sigillo del Padre Creatore: l’interrogazione dell’uomo.

L’uomo si trova in una realtà di cui non riesce a capire il significato.

E nessun uomo può convincersi di non trovarsi immerso in questo mistero.

Tutte le cose sono misteriose.

Eppure l’uomo ha questo bisogno di leggere e di capire.

Questo sigillo che chiude tutte le cose, mentre da una parte ci mette con le spalle al muro, in quanto ci fa capire di non capire, ci mette anche di fronte a quella che è la chiave di lettura.

Perché se noi avvertiamo un problema, vuol dire che la soluzione del problema c’è.

Se noi avvertiamo il mistero, vuol dire che la possibilità di capire questo mistero c’è.

Altrimenti non avvertiremmo neppure il mistero.

Ho detto che la domanda più interessante è chiedersi perché l’uomo s’interroghi sul significato delle cose.

Cos’è che fa sentire all’uomo questo?

E quanta disperazione si forma nell’animo dell’uomo, quando l’uomo si trova di fronte a degli avvenimenti di cui non può capire minimamente il senso il significato.

Quello che dà forza e che salva l’uomo, è sempre trovare un perché alle cose.

Questo bisogno che l’uomo sente, testimonia all’uomo stesso, la presenza nell’uomo della verità, la presenza della luce, la presenza della risposta stessa, cioè della chiave di lettura dell’universo, del mondo, della vita stessa.

Se l’uomo non avesse in sé la Luce, se l’uomo non avesse in sé la sorgente della Verità, l’uomo non avvertirebbe il senso del mistero.

Perché avvertire il mistero, vuol dire avvertire l’assenza della luce.

L’uomo si trova di fronte a questo mondo e non riesce a capire, gli manca la luce.

Gli manca la chiave di lettura abbiamo detto.

Quando abbiamo parlato dell’assenza, abbiamo visto che nessuno scoprirebbe la mancanza di un qualcosa se non lo avesse presente nel pensiero.

L’uomo certamente sente il mistero e il mistero è assenza di comprensione, di significato, di luce.

Questo è prova e testimonianza che l’uomo ha in sé la luce, la sorgente della luce, ha in sé la chiave di lettura, ha in sé la possibilità di rispondere al suo perché.

Se l’uomo sente un perché significa che l’uomo può rispondere a questo perché.

Ma se l’uomo ha la possibilità di rispondere a questo perché, come si spiegano tante tragedie?

La tragedia e la sofferenza sta nel fatto che l’uomo ha a disposizione la fonte della luce, ha nelle mani la chiave per aprire questo segreto dell’universo, questo sigillo sulla sua stessa vita ma non interroga.

Abbiamo visto domenica scorsa che l’errore di tutti gli uomini sta nel fatto che tendono a realizzare quello che hanno nel loro pensiero nel mondo esterno.

Parlando dell’assenza, abbiamo visto che l’assenza è sempre data da un rapporto di due termini che non si fondono.

Uno cerca una cosa in un luogo, non la trova ed esperimenta l’assenza.

Ma esperimenta l’assenza non perché non ci sia una realtà attorno ma perché lui non trova quello che lui desidera.

La chiave di tutto sta in questo pensiero che l’uomo porta dentro di sé.

L’uomo non trova l’assoluto, perché lo cerca in un luogo sbagliato.

C’è un errore profondo nell’uomo.

L’uomo esperimenta l’assenza, cioè il fallimento di ciò per cui vive.

Ogni uomo tende ad un fine, quindi tende a realizzare qualche cosa.

E la conclusione è che noi, nonostante tutte le nostre fatiche ed i nostri sforzi, noi non riusciamo a realizzare il desiderio che portiamo dentro di noi.

La vita si conclude sempre con un fallimento.

Ma ci deve essere un motivo per cui la nostra vita non si realizza.

E il motivo è che noi senza rendercene conto, stiamo trascurando Dio.

È Dio il fattore principale, la chiave di lettura di tutte le cose.

Perché nessuno può ignorare che è Dio il Creatore di tutte le cose.

Non siamo certamente noi a creare le cose.

Le cose arrivano a noi indipendentemente da noi e sono proprio queste che creano il mistero.

Perché se noi fossimo il principio delle cose, le cose non sarebbero avvolte nel mistero.

Noi invece decidiamo di fare una cosa e poi dopo ne otteniamo un altra, e chi è che ci mette i bastoni fra le ruote?

Però di quest’Altro che crea tutte le cose, noi non ne teniamo conto nel nostro vivere.

Noi progettiamo, decidiamo, scegliamo ma non teniamo mai conto di Dio.

È Dio il fattore principale di tutti i nostri problemi nella nostra vita.

Se Lui è il Creatore, perché non teniamo conto di Dio???

È Lui che fa tutto, altrimenti non è più Creatore.

E se è Lui che fa tutto, perché noi in tutti i nostri problemi non teniamo conto di Dio?

Questo è l’errore fondamentale di ogni uomo, per cui l’uomo si trova di fronte ad una notte di tenebre impenetrabili.

Non è perché la Luce gli sia negata.

Non è perché Dio lo abbia creato male.

Non è che Dio lo abbia creato con un libro davanti, senza dargli la possibilità di leggerlo.

Dio le cose le ha fatte bene.

Dio ha creato l’uomo, lo ha messo di fronte a questo libro meraviglioso che è tutto l’universo, che è la storia, che è la vita di ognuno di noi con tutti i fatti, grandi o piccoli che accadono nella vita personale di ognuno di noi, ma ci ha dato anche una lampada, ci ha dato anche una chiave per aprire.

Ci ha dato la possibilità di leggere e di capire.

Il fatto è che noi trascuriamo proprio questo.

Noi non teniamo conto di Dio.

Ho detto che anche il mistero in cui ci troviamo è una esperienza di assenza, assenza di luce, assenza di significato.

E questo è conseguenza di un errore.

E Dio sta parlando con noi attraverso il mistero per farci toccare con mano che facciamo niente. E che troviamo niente.

Lui lo ha detto in modo aperto: “Senza di Me fate niente”.

E noi stiamo facendo niente e stiamo trovando niente, perché quando noi non riusciamo a dare un significato vero alle cose, è tutta una risposta che Dio sta dando a noi, per evidenziare l’errore fondamentale che portiamo in noi: non tenere conto di Lui.

La chiave di tutto sta in Dio, la chiave della nostra vita, la chiave per leggere l’universo.

La Luce ci è data.

Ma questa luce noi dobbiamo interrogarla.

La sorgente della luce ci è data ma noi dobbiamo attingere a questa sorgente.

Altrimenti sbagliamo tutto e facciamo niente.

Ecco l’argomento di oggi è questa luce che è data all’uomo.

Abbiamo visto domenica scorsa l’affermazione: “Colui che il Padre ha consacrato”.

Abbiamo visto cosa vuol dire consacrare: “E inviato nel mondo”.

Domenica scorsa abbiamo visto il sigillo del Padre.

Il tema di oggi è il sigillo del Padre sul Figlio.

Su questo Figlio che ha mandato nel mondo, cioè che ha dato tra noi.

Che è in noi, che abita con noi.

Che è questa sorgente che abbiamo a disposizione.

Che è questa chiave di lettura che è messa nelle nostre mani.

E se noi non apriamo con quella chiave, noi possiamo sudare 77 camicie ma non c’è niente che si apra nella nostra vita.

Ma se noi apriamo con quella chiave che è data a noi dal Padre (suo Figlio), non c’è nessuna ragione o logica nel mondo che possa chiudere quello che quella chiave ha aperto, ha illuminato in noi.

Ecco, il tema di oggi è questo sigillo con cui il Padre ha sigillato suo Figlio mandandolo nel mondo.

Il sigillo è un segno che garantisce (D.O.C.) che quello è autentico.

E come ce lo garantisce che quello è autentico?

Ce lo garantisce con il fatto che non c’è nessuna logica umana, non c’è nessuna ragione di uomo, non c’è nessun pensiero di uomo che possa infirmarlo, che possa guastarlo che possa confonderlo.

La Luce di Dio ha con Sè il sigillo di garanzia e non  c’è nessun argomento di uomo che possa offuscare questa garanzia.

Per cui c’è la certezza.

E noi dobbiamo quindi chiederci che significato ha, questa dichiarazione di Gesù che dice che il Padre, dopo averlo consacrato lo ha mandato nel mondo.

Lo ha mandato perché consacrato e perché consacrato è mandato.

Noi abbiamo visto che Gesù il giorno dopo la moltiplicazione dei pani, quando la gente va nuovamente a cercarlo, Lui rimprovera quella gente: “Voi mi cercate per il pane che vi ho dato ieri, ma voi mi cercate non perché avete visto il segno (è importantissimo questo) ma perché avete mangiato e vi siete saziati del pane che vi ho dato”.

E poi aggiunge: “Non cercatemi per il pane che passa ma cercatemi per il pane che resta in vita eterna che il Figlio dell’uomo vi darà, perché su di Lui il Padre ha posto il suo sigillo”.

Ecco: “Su di Lui ha posto il suo sigillo”.

Sigillo è garanzia.

Ecco, c’è questa garanzia su Cristo.

E Cristo è il Dio tra noi.

Quindi su questo Pensiero di Dio che portiamo in noi c’è questo sigillo di garanzia.

Dato dal Padre, non ce lo siamo dati noi.

Il Pensiero di Dio nessuno di noi se lo è posto.

Fa parte della creazione dell’uomo e la creazione è opera del creatore.

Quindi è Dio stesso che creando l’uomo pone nell’uomo il suo Spirito, pone nell’uomo il suo pensiero, pone nell’uomo suo Figlio.

E su questo Figlio pone questo sigillo di garanzia, di autenticità: è Pensiero di Dio.

Gesù fa un rimprovero qui alla gente ma nel Vangelo, noi abbiamo tre grandi rimproveri che Gesù fa e sono lezioni molto efficaci per farci capire la missione del Figlio di Dio tra noi nel mondo e quindi la missione di questo pensiero di Dio tra noi e quindi anche la responsabilità e la colpa da parte nostra se non ne teniamo conto.

Perché senza di Lui si fa niente.

E si esperimenta il niente.

Ci sono tre grandi rimproveri nel Vangelo, a tre grandi categorie.

Partendo dall’alto c’è il rimprovero a Maria e Giuseppe.

E a dodici anni Gesù fa questo rimprovero a Maria e Giuseppe quando lo stanno cercando in Gerusalemme: “Perché mi cercavate con tanto affanno, non lo sapevate che io debbo trovarmi nelle cose del Padre mio?”.

Evidentemente è un rimprovero.

Rimprovero di scarsa intelligenza, del non sapere: “Non lo sapevate?”, il che vuol dire che dovevano saperlo.

Dovevano saperlo!

Ma se fa un rimprovero su una cosa che dovevano sapere, questo ci fa capire che l’intelligenza non è un dono, l’intelligenza è un dovere.

È un dovere essere intelligenti.

Le vergini stolte, nonostante avessero la fede, andassero incontro allo sposo, fossero vergini, sono rimaste chiuse fuori per stoltezza, quindi l’intelligenza è un dovere.

Non sono state conosciute: “Non vi conosco”.

Quindi non conta tanto né la virtù, né il camminare verso lo sposo, non conta tanto avere la fede ma conta soprattutto l’essere intelligenti.

Il dovere di essere intelligenti.

Abbiamo un secondo grande rimprovero che Gesù fa ai suoi apostoli.

I suoi apostoli sono quelli che hanno lasciato tutto per seguire Gesù.

Lo dicono loro: “Noi abbiamo lasciato tutto per seguire Te”.

Avevano lasciato tutto per seguire Lui, eppure Lui fa un rimprovero e quante volte ripete questo rimprovero: “Anche voi non siete intelligenti?”.

“Ancora non capite?”.

E poi abbiamo un terzo grande rimprovero che Gesù fa a tutti.

Lo fa a quella gente che aveva mangiato del pane il giorno successivo alla moltiplicazione dei pani ma lo fa a tutti: “Non cercatemi per il pane che passa ma cercatemi per il pane della vita eterna”.

Vita eterna è conoscere Dio come vero Dio.

Quindi pane di vita eterna è quello che dà a noi la possibilità di conoscere Dio come vero Dio.

È un rimprovero che Dio fa a tutti.

Perché in questo rimprovero rientrano anche coloro che cercano la vita nel possesso delle cose del mondo.

Perché sotto un certo aspetto, coloro che cercano Lui per assicurarsi il pane materiale, rientrano nella stessa categoria di coloro che vivono per possedere, per assicurarsi la vita.

E assicurarsi la vita vuol dire anche assicurarsi la salute, assicurarsi il benessere, assicurarsi la pensione, assicurasi la vita qui in terra.

E magari si prega Dio, si pensa Dio per ottenere aiuto per i beni materiali.

E qui c’è questo grande rimprovero che Gesù fa a tutti, perché?

Perché la vita non viene dalle cose che si posseggono.

Per quanto noi possiamo cercare di proteggerci da disgrazie, povertà, malattie, pregando il Signore.

Quando cerchiami di assicurarci cose, creature o salute, noi costatiamo che c’è sempre un fallimento.

Là, dove noi siamo sicuri di esserci assicurati l’amore di una persona o la fedeltà di una persona, il giorno dopo già siamo con il fiato sospeso perché quello che era un sogno si sta trasformando in un incubo.

Le cose non soddisfano le nostre attese,

E così anche non basta la sicurezza del posto di lavoro, c’è sempre l’incertezza, questa spada di Damocle che grava sulla vita di ognuno di noi.

Ed è la Parola di Dio che dice che non lo dobbiamo cercare per questo.

Quindi di fronte a Maria e Giuseppe che cercavano Lui, abbiamo il rimprovero di Gesù che dice che non basta cercare Lui, non basta cercare Dio, bisogna essere intelligenti e sapere il luogo dove va cercato.

Per cui noi abbiamo delle persone che devono essere rimproverate perché non vivono per cercare Dio, vivono per possedere e qui Gesù fa questo grande rimprovero: “Non cercatemi per cose che passano ma cercatemi per la vita eterna”.

Quindi orienta la nostra vita.

La nostra vita ci è stata data per cercare e conoscere ciò che è eterno.

Siamo stati creati per l’eterno e il nostro destino è nella vita eterna, noi dobbiamo vivere per raggiungere il nostro destino, noi dobbiamo impegnarci per conoscere Dio.

Quindi per coloro che non vivono per conoscere Dio, scende questo rimprovero del Figlio di Dio che dice: “Voi dovete vivere per conoscere Dio”.

Per coloro che s’impegnano per conoscere Dio abbiamo questo rimprovero di Gesù che dice: “Voi dovete sapere il luogo in cui si trova Dio”.

Bisogna essere intelligenti nel cercare Dio, non basta cercare Dio.

Bisogna cercare là, dove Dio è.

Noi invece ci esaltiamo con la natura, gli avvenimenti, Dio che parla in tutto: tutto sentimento!

Dio non si trova con il sentimento.

Dio certamente parla con noi in tutto ma Dio certamente non si trova nella natura o nelle creature.

Dio si trova in un luogo ben preciso: “Non lo sapevate che Io mi trovo nelle cose del Padre?”.

Dio si trova cioè nel Padre stesso e Dio solo è rivelatore di Sé.

Il che vuol dire che Dio si trova soltanto in Dio e per mezzo di Dio.

Ora la creazione per quanto sia bella e buona e tutti i fatti della nostra vita sono opera di Dio ma non sono Dio e Dio non si trova lì.

Dio si trova soltanto nel Pensiero di Dio.

Dio si trova soltanto in Dio stesso.

Ecco gli errori che gli uomini possono fare e i rimproveri di questo “inviato” da Dio.

Di questa Parola di Dio che arriva a noi e ci corregge.

E se noi non cerchiamo Dio ci orienta a cercare Dio e se noi siamo orientati a cercare Dio, ci impegna a capire il luogo in cui Dio si può trovare.

Perché e l’abbiamo detto fin dall’inizio, noi facciamo l’esperienza di non trovare Dio.

Noi siamo come Maria e Giuseppe che cercano il loro figlio per tre giorni, dopo averlo trascurato un giorno solo.

E questo è segno di tutta la nostra anima, di tutta la nostra vita.

Stiamo cercando Dio, però esperimentiamo che in tutti i luoghi dove noi lo cerchiamo (parenti, amici, autorità, istituzioni) noi non troviamo Dio, Dio è l’assente.

Noi facciamo esperienza dell’assenza di Dio.

E questa esperienza dell’assenza di Dio, ci rivela un fatto molto importante ed è questo: siccome Dio è il principio di tutto, nessuno può stare nel principio se non l’ha come suo principio.

Il sigillo del Figlio di Dio è qui, noi non siamo capaci a trovare Dio, a restare con Dio, perché Dio non è il nostro principio.

Non l’abbiamo come nostro principio.

E se noi non abbiamo Dio come nostro principio, Dio per noi non può essere principio.

Noi abbiamo come principio, quindi come movente, ragione, fine, scopo della nostra vita ben altro da Dio.

E allora possiamo sognarcelo di trovare Dio e di restare con Dio.

Dio è il principio di tutto, si può restare con il Principio, soltanto se lo abbiamo come nostro principio.

Dio è il Padre e Dio stesso ci ha insegnato a dire “Padre nostro”.

Ma noi non possiamo restare con Dio Padre, se non lo abbiamo come nostro padre.

E a coloro che si vantavano di avere come Padre Dio, Gesù stesso fa un altro rimprovero: “Voi avete come Padre il demonio”.

Quindi noi possiamo pregare Dio come nostro padre, noi possiamo ritenere, credere di avere Dio come Padre e poi trovarci di fronte a questa verità di Dio che dice a noi: “No, tu hai come padre il demonio”.

E notate che la Parola di Dio, quando parla convince.

Perché dimostra?

Perché convince?

Perché dimostra la Parola di Dio?

Perché a diversità delle nostre parole e a diversità del nostro vivere, il Figlio di Dio, ha Dio come suo padre.

Il Figlio di Dio, ha Dio come suo principio.

Ecco perché il Figlio di Dio resta sempre con il Principio, perché l’ha come suo principio.

Ed ecco perché noi non troviamo Dio, perché non lo abbiamo come nostro principio.

Non l’abbiamo soprattutto come principio del nostro pensare.

Se Dio è il Principio, noi dobbiamo averlo come nostro principio.

Non dobbiamo partire dai nostri sentimenti, dai nostri interessi, dai nostri argomenti, dalla nostra logica per arrivare a Dio.

Se Dio è il Principio va messo come principio.

E quindi deve essere il principio dei nostri pensieri.

E come conseguenza sarà il principio del nostro parlare, del nostro scegliere, del nostro operare e del nostro vivere.

Perché si resta con il Principio, soltanto se lo si ha come nostro principio.

Il sigillo con cui il Padre caratterizza suo Figlio è questo: il Figlio ha Dio come suo principio.

Infatti Gesù dice che il figlio non fa niente se non lo vede fare dal Padre.

Certo perché il Padre è il movente del Figlio, il principio del Figlio.

Ma Gesù dice anche ad ognuno di noi che senza di Lui, noi facciamo niente.

Cioè senza quel Pensiero che ha il suo principio nel Padre, noi facciamo niente e infatti noi esperimentiamo questo niente.

Ecco quindi questo grande potere che il Padre dà al Figlio mandandolo a parlare tra noi.

Il figlio di Dio ha questa grande caratteristica, questo sigillo: il Figlio di Dio si distingue da tutti gli altri uomini perché Lui ha come principio Dio, ha come principio il Padre.

Il che vuol dire che il Figlio accoglie tutto dal Padre e riporta tutto al Padre.

Lui è Colui che parla tra noi il Principio.

“Chi sei Tu?”

“Io sono Colui che parla a voi il Principio”.

Ecco il sigillo del Padre sul Figlio che lo contraddistingue da tutti gli altri uomini: Lui ha come principio il Padre.

Il che vuol dire che Lui riferisce tutte le cose al Padre, riceve tutto dal padre e riporta tutto al Padre.

“Chi sei Tu?”

“Io sono Colui che parla a voi il Principio”.

Ecco il sigillo.

La Parola che ci salva è quella parola che ci riporta in continuazione al Principio.

E lì sta la luce, per leggere, per intendere il mistero dell’universo.

Il grande potere che il Padre ha dato al Figlio mandandolo tra noi è proprio questo.

“Hai dato potere a Lui su tutti gli uomini, affinché Egli dia la vita eterna”.

Quale è      questo potere che il Padre dà al Figlio su tutti gli uomini?

È il potere della Luce.

Perché Colui che ha come principio il Principio, ha la possibilità di portare tutto a compimento in questa Luce.

La mancanza di Luce è la mancanza del Principio.

Noi non conosciamo le cose, perché non abbiamo il Principio delle cose.

Ecco, il Figlio di Dio, viene a portare a noi questo Principio.

E parla a noi questo Principio.

E tutto il suo potere sta lì, ed è il potere della Luce.

Quel potere che dà, a tutti coloro che lo seguono e lo ascoltano, il potere di diventare figli di Dio.

Si diventa figli di Dio appunto in quanto si ascolta e si segue, Colui che porta a noi la Luce del Principio.


GV 10 VS 36 - A colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”?


Terzo tema - Il sigillo dello Spirito Santo sull'uomo.


Argomenti: Il sigillo del Padre sulla creazione: il mistero – Il sigillo del Padre sul Figlio: il Principio – La Luce nel mondo – L’assenza di Dio – Restare nel Principio – L’uomo principio di menzogna – Passaggio dalla menzogna alla bestemmia – Guardare da Dio – La capacità di sopportare Dio – La fame di novità – Il rifiuto della novità – La vita viene dalla novità -


 

12-13/ Luglio /1992


Oggi ci troviamo nell’ultima parte di questo versetto, dove Gesù dice ai giudei: “Voi dite Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”?

Essendo Parola di Dio, anche qui dobbiamo chiederci il significato per la nostra vita personale, soprattutto che cosa Dio ci vuole dire di Sé, attraverso questa affermazione che è posta in relazione a quanto aveva affermato precedentemente.

“Non è forse detto nella scrittura che Dio ha detto voi siete dei, a coloro ai quali la scrittura è rivelata?”.

Dobbiamo chiederci che cosa Dio voglia rivelarci di Sé, perché anche attraverso le bestemmie degli uomini Dio ci rivela qualcosa di Sé, che non ci rivelerebbe se non ci fossero queste bestemmie.

Tutto ciò che accade ha un senso e un significato.

E tutto assume un aspetto positivo se è visto nel fine.

E il fine è la vita eterna, cioè giungere a conoscere Dio.

E noi abbiamo visto in questo versetto, prima di tutto il sigillo del Padre creatore su tutta la sua opera, su tutta la creazione di Dio.

Abbiamo visto che questo sigillo è caratterizzato sopratutto dal senso del mistero.

L’uomo si trova di fronte ad una opera di cui non capisce il senso, il significato.

Il sigillo è un segno di garanzia per dire a noi che ciò che è sotto quel sigillo è di origine controllata e non può essere falsificato.

L’uomo non può metterci le mani.

L’uomo da solo, per quanto studi, per quanto pensi o faccia delle scienze, l’uomo non arriverà mai, nel modo più assoluto a capire il significato dell’opera di Dio.

L’uomo non può capire, appunto perché l’opera di Dio è sotto sigillo.

C’è quindi la garanzia e la garanzia stessa di Dio sull’opera stessa di Dio.

E questo segno di garanzia, questo sigillo ci rivela anche quale è la chiave di lettura di quello che è contenuto sotto questo sigillo.

Abbiamo detto che la chiave di lettura delle opere di Dio è Dio stesso.

Ecco per cui tutte le creature, per quanto sapienti siano o per quanto si diano da fare, non riusciranno mai a capire il senso dell’opera di Dio.

Potranno capire i rapporti che passano tra una cosa e l’altra ma, non potranno mai, nel modo più assoluto trovare il vero senso e significato delle cose e della loro vita.

E questo è il sigillo del Padre sulla creazione: il mistero.

Poi abbiamo visto il sigillo del Padre sul Figlio.

Il Figlio è Colui che parla a noi il Principio.

Solo Colui che viene dal Principio, ha la possibilità di parlare a noi il Principio.

Ed è Gesù stesso che si definisce tale, perché quando gli chiedono chi è, Lui risponde: “Io sono Colui che parla a voi il Principio”.

E infatti: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”.

Ed essendo in principio il Verbo, il Verbo tra noi parla il Principio.

Il che vuol dire che annuncia a noi tutte le cose dal Principio e le riporta al Principio.

Per questo è Luce.

Le cose per noi non sono illuminate, perché non vediamo il principio di esse.

Non vedendo il principio, non vediamo neppure il fine e allora per questo noi diciamo di non capire le cose.

Colui che invece parla a noi del Principio nel nostro mondo è Luce.

E fintanto che parla nel nostro mondo è Luce nel mondo, perché annuncia a noi le cose dal Principio e quindi ce le fa vedere nel fine.

Nel fine c’è il significato, c’è il senso di tutte le cose.

Per questo il Figlio di Dio è Luce in questo mondo, per tutti gli uomini.

E fuori di Lui non c’è luce.

Soltanto Colui che parla il Principio, reca la Luce agli uomini.

Questa sera abbiamo il terzo sigillo ed è il sigillo dello Spirito sull’uomo.

Il tema di oggi è questo, il sigillo dello Spirito di Dio sull’uomo.

E lo ricaviamo proprio da questa affermazione che fa qui Gesù, perché Dio dialoga con tutti, anche con i suoi nemici, anche con coloro che lo accusano di bestemmiare.

Tutto è regno di Dio, tutto è gloria di Dio, come può esserci in questo campo di glorificazione di Dio, la creatura che bestemmia?

Tutto ha un significato.

Quando abbiamo parlato dell’assenza, abbiamo visto che quando l’uomo non tiene conto di Dio, fa esperienza dell’assenza di Dio.

Perché siccome Dio è il principio di tutto, di tutto e quindi anche della sua conoscenza, se l’uomo non tiene conto di Dio fa esperienza del rovescio.

Anziché della presenza, l’uomo fa esperienza dell’assenza di Dio.

La conoscenza, la presenza di Dio viene solo da Dio.

La presenza di Dio viene da Dio.

La conoscenza di Dio viene da Dio.

Solo da Dio, è tutto sotto sigillo.

Per cui nel nostro mondo non vediamo la presenza di Dio, non vediamo Dio camminare sulle nostre strade, non vediamo Dio come vediamo le creature.

Dio per noi è l’assente, non lo vediamo, non lo tocchiamo e non lo esperimentiamo.

Per cui chi non tiene conto di Dio fa l’esperienza del rovescio, per cui anziché la presenza costata l’assenza.

E si costata l’assenza perché non si fa conto su Dio.

Come nel campo della presenza e dell’assenza, l’assenza è ancora una testimonianza di Dio all’uomo, quindi una parola personale di Dio all’uomo, per fargli capire che se non tiene conto di Lui, quindi se non parte dal Principio, se non guarda le cose dal Principio, se non deriva dal Principio, lui non può nel modo più assoluto esperimentare la presenza di Dio, trovare la presenza di Dio.

Perché abbiamo visto la volta scorsa che la condizione essenziale per restare con Colui che è il Principio di ogni cosa, è quello di averlo come proprio principio.

E si ha Dio come proprio principio, in quanto si deriva da Dio.

Derivare da Dio, vuol dire guardare tutte le cose da Dio.

Dal punto di vista di Dio.

Se non si guarda tutto dal punto di vista di Dio, non si può nel modo più assoluto restare col Principio.

Per questo l’uomo perde il Principio con facilità, e ha molta difficoltà a restare nel Principio.

Perché nel principio non si resta invocando: “Signore Signore”, né supplicando, né piangendo, si resta nel Principio in quanto si deriva dal Principio.

Cioè si guarda dal punto di vista del Principio.

E non si può guardare dal punto di vista del Principio se non si supera tutto di noi stessi.

Non si può restare nel Principio, se non si ha Dio come proprio principio.

Dio è il Principio, quindi non si può restare con Dio se non si ha Dio come proprio principio.

Cioè se non si deriva da Dio, se non si guarda da Dio.

Soltanto che se non si resta con il Principio, si perde la Luce.

L’abbiamo detto prima che la Luce sta nel vedere le cose dal Principio.

Là, dove noi vediamo soltanto l’effetto delle cose ma non possiamo vedere il principio delle cose stesse, noi non capiamo niente.

Quindi soltanto in quanto uno ha la possibilità (ed è grazia) di vedere la cosa dal Principio, lì ha la Luce.

Il Verbo di Dio abbiamo accennato, che essendo Colui che viene a parlare a noi il Principio, è Luce nel nostro mondo, ci fa vedere il Principio.

Però anche se Lui ci fa vedere il Principio e  illumina ognuno di noi, noi non possiamo restare col Principio.

Ecco per cui quando il Signore condusse quei tre apostoli sul monte Tabor, loro non poterono restare sul monte.

Gesù gli ha fatto vedere qualcosa del Principio, loro hanno provato gioia (sentimento) ma non poterono restare, perché non si può restare col Principio se non lo si ha come proprio principio.

E basta un avvenimento solo, una parola sola non collegata con il Principio che si perde il Principio.

E perdendo il Principio si precipita nella notte, nelle tenebre.

E nelle tenebre si va a tentoni.

Andare a tentoni nella vita cosa vuol dire?

Vuol dire andare avanti per impressioni, per sentimenti, per sentito dire e si prendono delle cantonate a non finire.

Fino alla perdita completa della vita e la grande confusione nella mente.

Perché senza di Lui facciamo niente e l’uomo esperimenta questo niente.

Andare a tentoni vuol dire lasciarsi guidare dai sentimenti, dalle impressioni, da quello che pare a noi, da quello che esperimentiamo ma questo non è principio di nulla e quindi non è Luce.

Perché per restare con il Principio e quindi per avere la Luce, bisogna guardare dal Principio e certamente non si può guardare dal Principio con i nostri sentimenti o con quello che dicono gli altri.

Si guarda dal Principio solamente con l’intelletto, con la mente, ecco per cui Gesù dice che a coloro che ascoltano la Parola di Dio e non pongono mente, il demonio porta via la Parola seminata in loro.

Il che vuol dire che non si può restare con il Principio.

Allora il fatto di non restare con il Principio, ci conduce a fare l’esperienza della assenza di Dio.

Naturalmente facendo esperienza dell’assenza di Dio, ci si carica di dubbi circa l’esistenza o meno di Dio.

Ma c’è un altro grave avvenimento che si forma in noi in conseguenza di non tenere conto di Dio e quindi di non guardare dal punto di vista di Dio.....

Dio è Verità, Dio è la Verità

La Verità è ciò che ha in se la ragione e la giustificazione di tutte le cose.

Dio è il Principio Creatore di tutte le cose e tutte le cose vengono da Lui, non ci sono due principi creatori, uno solo è il Creatore, il che vuol dire che Dio ha in Sé la ragione di tutte le cose.

Buone o cattive che siano.

E può essere uno scandalo per noi.

Chi con facilità riesce a credere a queste parole: “C’è forse nella città una disgrazia che non sia voluta da Dio?”.

È Parola di Dio e poi dopo diciamo parole ben diverse durante la nostra giornata.

Eppure l’affermazione della Parola di Dio è questa: “C’è forse nella città una disgrazia che non sia voluta da Dio?”.

Tutte le cose sono fatte per mezzo di Lui.

Beni e mali.

Cose simpatiche e cose antipatiche, piacere e dolore, vita e morte, tutto ci viene da Dio.

Anche la morte ci viene da Dio.

Perché tutto è Parola di Dio.

Ed abbiamo visto che anche l’esperienza dell’assenza di Dio che ogni uomo fa necessariamente, quando non tiene conto di Dio, è una parola di Dio per l’uomo.

Per far capire all’uomo l’errore che l’uomo fa a non tenere conto di Dio, quindi è una lezione di Dio, è una parola di Dio.

Tutto questo ci conduce a capire che, se Dio è la Verità, come Dio è la Verità, perché ha in Sé la ragione di tutto, quando noi non teniamo conto di Dio, noi non possiamo restare nella Verità.

Come non possiamo esperimentare la presenza di Dio, così, senza Dio, noi non possiamo restare nella Verità.

E se noi non possiamo restare nella Verità, cosa succede?

Succede che noi diventiamo principio di menzogna.

Non c’è alternativa.

Verità o menzogna.

Quindi noi dobbiamo dire che naturale all’uomo è la menzogna, naturale a Dio è la Verità.

Naturale, cioè secondo la natura di Dio è la Verità e secondo la natura dell’uomo è la menzogna.

L’uomo non è altro che menzogna.

L’uomo staccato da Dio, che vive cioè secondo la sua natura, secondo i suoi sentimenti, non può fare altro che essere sorgente di menzogna, principio di menzogna.

L’uomo non è libero.

L’uomo è costretto a fare la menzogna quando non tiene conto di Dio.

Necessariamente.

Perché il nostro io è un principio che deforma ogni cosa.

Altera le cose.

È una passione d’assoluto e come passione d’assoluto qualunque cosa lui guardi, qualunque cosa lui osservi necessariamente la deforma: è una lente d’ingrandimento.

Se non la collega con Dio, se non la deduce da Dio, se non ha Dio come principio.

Solo Dio preserva l’uomo dal fare e dal dire la menzogna.

Perché Dio è la Verità e l’uomo ha la possibilità di conoscere, di capire la Verità, soltanto nella misura in cui partecipa di ciò che Dio è.

Per cui l’uomo dovrà sempre riconoscere che è grazia di Dio se conosce qualcosa della Verità.

Se l’uomo invece non tiene conto di Dio, necessariamente deve alterare le cose, deve fare la menzogna, deve dire la menzogna.

Ma come l’esperienza dell’assenza di Dio, quando l’uomo non tiene conto di Dio, è ancora una parola di Dio, anche la menzogna è una parola di Dio per fargli capire che senza Dio l’uomo fa niente.

Abbiamo già detto molte volte che il niente in assoluto non esiste, eppure l’uomo fa il niente.

Il niente è una menzogna.

Il niente è una parola di Dio per far capire che l’uomo senza Dio fa niente, che senza Dio, l’uomo fa la menzogna.

Ora, il passaggio dalla menzogna alla bestemmia è corto.

La bestemmia è un azione di rigetto verso quello che non si riesce a capire.

L’uomo può trascurare Dio, l’uomo può non tenere conto si Dio, con ciò però non è che Dio se ne vada dall’uomo.

Dio essendo l’assoluto, non è condizionato dall’uomo.

Se l’uomo non tiene conto di Dio, non è che Dio non tenga conto dell’uomo.

E proprio perché tiene conto dell’uomo che Dio fa esperimentare all’uomo l’assenza di Dio.

Dio non è condizionato dall’uomo.

L’uomo può scappare da Dio.

Dio non scappa dall’uomo.

Se Dio scappasse dall’uomo, Dio sarebbe come l’uomo.

Subirebbe le passioni dell’uomo.

Che l’uomo creda in Dio o non creda in Dio, questo non condiziona minimamente Dio.

Che l’uomo conosca o non conosca Dio,che lo ami o non lo ami, questo non condiziona minimamente Dio.

Che l’uomo sia presente o assente a Dio, questo non condiziona minimamente Dio.

L’uomo trascura Dio, Dio non trascura l’uomo.

Nel modo più assoluto.

Perché Dio non è condizionato dall’assenza dell’uomo.

L’uomo è condizionato invece dall’assenza di Dio.

Che l’uomo conosca o non conosca Dio, questo non cambia niente in Dio.

La Verità è quella che è: uno andando in macchina può trascurare una curva, la curva rimane e lui va fuori strada.

Quindi l’errore dell’uomo non condiziona la Verità.

L’errore dell’uomo ricade sull’uomo ma non cambia la Verità.

Non cambia la realtà.

La realtà è quella che è.

Dio è la Realtà, è quello che è.

Tutte le menzogne e le bestemmie dell’uomo, non condizionano minimamente Dio.

Miliardi di uomini possono urlare che Dio non esiste ma questo non tocca minimamente Dio.

Dio è sempre lì.

E nessuno lo può cancellare.

La Verità è trascendente l’uomo, il che vuol dire che non è condizionata e non è condizionabile dall’uomo.

Tutte le parole degli uomini non toccano minimamente Dio.

L’atteggiamento dell’uomo non può infirmare Dio, però condiziona l’uomo.

C’è un abisso, una differenza enorme tra l’uomo che conosce Dio e l’uomo che non conosce Dio.

Vedete la differenza che c’è tra chi cerca Dio e chi non cerca Dio.

La parola del profeta dice a Dio: “Tu non fai differenza tra chi ti cerca e chi non ti cerca!”.

Noi vediamo nell’Ecclesiaste: “Che uno cerchi o non cerchi la sapienza, che uno voglia la ricchezza o la conoscenza di Dio, si muore tutti allo stesso modo”.

E no! C’è una differenza enorme, c’è un abisso tra chi cerca Dio e chi non cerca Dio, tra chi conosce Dio e chi non conosce Dio.

Tra chi può pensare Dio e chi non può pensare Dio.

Pensare Dio è una grazia immensa.

Quindi l’uomo sì, è condizionato dal tenere conto di Dio o dal non tenere conto di Dio.

Perché soltanto tenendo conto di Dio si può conoscere Dio.

Dio è il principio di tutto, anche della conoscenza di Dio.

Anche la conoscenza di Dio viene da Dio.

Anche la presenza di Dio viene da Dio.

E c’è una differenza enorme tra chi non può vedere la presenza di Dio e chi può vedere la presenza di Dio nelle cose e negli avvenimenti.

La presenza di Dio non è un vedere sentimentale o un atto di fiducia o di fede, è costatare la realtà, è poter giustificare la realtà nel Pensiero di Dio, è poter vedere il Pensiero di Dio.

Due persone possono essere vicinissime, nello stesso letto, alla stessa tavola e uno può vedere il Pensiero di Dio e l’altro può trovarsi nella impossibilità di vedere il Pensiero di Dio.

Anche se il primo lo dice al secondo, il secondo non la può vedere.

Perché è un fatto personale.

Ed è personale perché?

Perché soltanto da Dio si vede il Pensiero di Dio.

Soltanto da Dio si vede la Presenza di Dio.

Soltanto da Dio si riceve la Luce di Dio.

Da Dio!

E il fatto di derivare da Dio, di guardare da Dio, è essenzialmente personale, perché è un fatto di pensiero.

Si tratta di passare dal pensiero del nostro io, al Pensiero di Dio, perché il Pensiero di Dio guarda tutto da Dio.

È un fatto essenzialmente personale, incomunicabile.

Si può annunciare però non si può comunicare.

Solo se la creatura alza il suo sguardo, il suo pensiero da ciò che esperimenta e che costituisce il suo io, al Pensiero di Dio (che nessuno può ignorare), per guardare le cose dal punto di vista di Dio.

Quindi si entra in una sfera che è essenzialmente personale.

Quindi più ci si avvicina a Dio e più ci si avvicina ad una sfera che è essenzialmente intelletuale e personale.

Più ci si allontana da Dio e più si vive di sentimento, d’impressioni, di sentito dire.

Il passaggio dalla menzogna alla bestemmia è molto breve.

Quando uno viene a trovarsi nella menzogna, viene a trovarsi nella impossibilità di sopportare la Parola della Verità.

Ma qui non è l’uomo che bestemmia, qui è l’uomo che accusa Dio di bestemmiare.

Siamo arrivati a questo punto!

Qui abbiamo l’uomo che accusa Dio, che accusa la Parola di Dio, il Figlio di Dio di bestemmiare.

“Tu stai bestemmiando”, lo dicono a Dio!

Come è possibile che avvenga questa aberrazione immensa?

La bestemmia è una azione di rigetto di qualcosa che non riesce ad entrare nel nostro corpo.

C’è questa azione di rigetto in medicina: tutto è segno.

Il nostro corpo opera una azione di rigetto, quando non riesce a sopportare qualcosa di estraneo.

La bestemmia testimonia che a un certo momento, Dio per noi diventa qualcosa di estraneo.

Qualcosa che non riesce ad essere assorbito dal nostro corpo.

E come può succedere questo?

C’è il rigetto in quanto non si riesce a inserire una cosa nel proprio corpo, cioè è una cosa che non si riesce ad assimilare, a comprendere.

Teniamo presente che per comprendere Dio e le opere di Dio, noi abbiamo bisogno di Dio stesso.

Senza Dio noi non possiamo nel modo più assoluto comprendere Dio.

L’infinito si comprende soltanto per mezzo dell’infinito.

L’assoluto si comprende soltanto per mezzo dell’assoluto.

L’eterno si conosce soltanto per mezzo dell’eterno.

Dio si conosce solo per mezzo di Dio.

Dio da Dio, luce da luce.

Se noi non teniamo conto di Dio noi veniamo a trovarci nel campo della creazione, delle opere di Dio.

Ma le opere di Dio sono finite, perché arrivano a noi attraverso i sensi e quindi non possiamo inserire l’infinito di Dio, l’assoluto di Dio, l’eterno di Dio nel campo del relativo.

Non possiamo inserire Dio nel campo del finito.

E allora abbiamo questa azione di rigetto.

Qui non riuscivano a capire come un uomo qualunque potesse affermare: “Io e il Padre siamo uno”, era una bestemmia per loro.

E invece era Dio che parlava con loro.

Tanto che Gesù ci fa capire che nel giorno del giudizio, la grande meraviglia starà nel trovarci di fronte a un Dio che ci dirà: “Ero Io, ero Io, ero Io”.

Cioè tutte le cose che abbiamo incontrato nella nostra vita, tutte le creature con cui abbiamo avuto a che fare nella nostra vita era Dio che parlava con noi e Dio ce lo dimostrerà: “Sono Io che parlo con te”.

Dio  ci dirà che in tutte le situazioni e le creature in cui ci siamo venuti a trovare era Lui che dialogava con noi e nessuno di noi potrà smentirlo.

Qui in terra noi possiamo dire a Dio: “Tu bestemmi”.

Ma state tranquilli che nel regno della Verità, di fronte a Dio, nessuno può dirgli: “Tu bestemmi”.

Potremo arrossire o piangere ma certamente non potremo dirgli: “Tu bestemmi”.

Comunque la bestemmia è questa azione di rigetto che avviene in noi in conseguenza del fatto che non possiamo comprendere la Parola di Dio.

Quando non possiamo comprendere, assimilare un qualcosa, questo qualcosa provoca in noi un azione di rifiuto, di rigetto.

Noi non la possiamo sopportare, ecco per cui anche nella vita eterna c’è questo inferno, questa incapacità di sopportare la presenza di Dio.

E l’incapacità di sopportare la presenza di Dio è conseguenza del fatto che non si conosce Dio.

Quindi là, dove non si può conoscere, dove non si può comprendere, si sviluppa una azione di rigetto, di rifiuto perché non si può sopportare.

Per quello che può, l’uomo fugge da Dio.

L’uomo è in fuga da Dio.

Ma ho detto già all’inizio che la bestemmia che dice l’uomo, che fa l’uomo, anche questa è una parola di Dio.

Perché tutto è parola di Dio.

È una parola di Dio, come è una parola di Dio l’esperienza dell’assenza di Dio.

La bestemmia è una parola di Dio per far capire all’uomo che senza Dio, l’uomo deve rifiutare Dio, perché senza Dio, l’uomo non può sopportare Dio.

Perché la capacità di sopportare Dio viene da Dio.

E se l’uomo non guarda Dio, se non tiene conto di Dio, non può sopportare Dio.

Io vorrei vedere quando non si può sopportare Dio, dove si va a finire...

Perché non c’è luogo dove non ci sia Dio.

Infatti il demonio che rappresenta l’io che non può sopportare Dio, non trova un luogo di pace, da nessuna parte.

Perché ogni luogo è caratterizzato dalla presenza di Dio.

Colui che non può sopportare la presenza di Dio è in fuga da tutto: non ha un luogo di pace.

Non ha un luogo in cui sostare.

Tutto questo è parola di Dio per noi, per farci capire che anche la capacità di sopportare Dio, viene a noi da Dio.

Per cui nella misura in cui noi ci interessiamo di Dio, cresciamo nella conoscenza di Dio, si forma in noi questa capacità di sopportare le parole di Dio.

Perché tutto quello che arriva a noi sono parole di Dio.

E abbiamo detto che la parola di Dio ha un sigillo particolare e arriviamo al tema di oggi che è il sigillo dello Spirito sull’uomo.

La parola di Dio si differenzia completamente dalla parola degli uomini.

Parola di Dio che se l’uomo non conosce Dio, non ha la capacità di sopportare.

Per cui la parola di Dio, a un certo punto, dall’uomo che non può sopportarla, viene tacciata come bestemmia.

A un certo momento il parlare di Dio, l’operare di Dio, diventa scandaloso per l’uomo.

L’uomo non lo può sopportare, per cui non può restare.

E questo succede soprattutto in coloro o in quelle istituzioni che sono più religiose.

Perchè dove è maggiormente esaltato l’aspetto religioso, l’uomo si trincera su delle verità che non sono Dio, su delle verità che sono delle regole, delle norme, dei dogmi ma non sono Dio.

Ed è poi in nome di questi dogmi, di queste regole, di questa legge del sabato, del tempio che si accusa la parola di Dio di bestemmia.

E abbiamo visto che tutto è lezione di Dio non per i giudei allora ma per ognuno di noi.

Perché tutto quello che è successo allora, è scena e teatro per ognuno di noi oggi.

E Cristo fu condannato per la bestemmia, da chi?

Da coloro che erano sicuri di essere con Dio.

E avevano cambiato la conoscenza di Dio con una regola, con la legge, con una tradizione, con una autorità.

Ecco quello che succede nella vita dell’uomo, quando l’uomo non mette l’interesse per conoscere Dio al di sopra di tutto.

Dio non è una regola, Dio non è una autorità, Dio non è né un istituto, né una istituzione.

Lo  Spirito di Dio ha una caratteristica particolare e stupenda: è novità per noi.

Il sigillo dello Spirito di Dio è questo per l’uomo: è novità.

Il bambino è attratto dalla novità.

Però succede un fatto strano nella vita dell’uomo.

Arriva un momento in cui l’uomo sfugge la novità.

L’uomo ha bisogno di novità per vivere e l’uomo va a elemosinare la novità.

Se al mattino si apre radio, Tv e giornali, è semplicemente per vedere quali novità ci sono.

Perché questa ansia, questo bisogno di novità?

Perché l’uomo si sente morire di noia dentro.

L’inferno è costituito da una grande noia.

Perché non ci sono novità.

Lo Spirito di Dio è lo spirito che rinnova e fa nuove tutte le cose.

Anche le cose antiche, le cose vecchie le fa nuove tutte.

Dio è Spirito di novità, ed è caratterizzato da questo: rinnova tutto.

Il che vuol dire che è sorgente di vita per tutto.

Però ad un certo momento succede una inversione, l’uomo si chiude alla novità.

L’uomo si fossilizza, non riesce più ad ascoltare una novità.

Pur sentendo il bisogno di novità, non riesce più a trovare novità.

Perché la novità contraddice il suo io.

A allora vediamo che a un certo punto, l’uomo non fa latro che ripiegarsi su se stesso e vivere di cose vecchie, di cose che Lui ha vissuto e esperimentato e parlerà soltanto di questo e si rifiuta a ogni novità.

Ecco la chiusura che si forma nell’uomo.

Abbiamo quindi il passaggio dalla menzogna, alla bestemmia, al rifiuto della novità.

È l’uomo che si chiude e così perde la vita.

Il sigillo dello Spirito di Dio sull’uomo è la novità.

Ma anche la capacità di apertura alla novità ci viene da Dio.

Per cui se noi non facciamo conto su Dio, a un certo punto non siamo più capaci di accogliere una novità.

Noi ci chiudiamo sulle nostre verità antiche, su quello che noi abbiamo visto, toccato ed esperimentato, su quello che noi abbiamo lasciato entrare nella nostra vita.

E quella diventa la nostra verità che impedisce a qualsiasi novità di penetrare.

E noi non ci accorgiamo che rifiutando la novità, rifiutiamo Dio.

E rifiutiamo quindi la vita, la Luce.

Dio è il principio di vita e quindi di ogni novità per l’uomo, il nostro io invece si costruisce sulle cose vecchie, il nostro io è fatto di cose vecchie.

Ecco per cui il nostro io sta camminando verso la morte.

Ecco per cui vivendo per il nostro io, noi ci scaviamo la fossa.

L’io non va verso la vita, va verso la morte.

Dio solo è principio di vita, Dio solo è principio di novità.

L’uomo si costruisce sul vecchio.

Dio si costruisce sul nuovo.

E come mai il nostro io si costruisce sul vecchio?

Direi di più, il nostro io è costituito dalle cose vecchie.

Che cosa è il vecchio?

La cosa vecchia è quella che tu hai già conosciuto, hai già incontrato, già esperimentato.

E quindi dici: “Questo l’ho già visto”.

Ma come l’uomo dice: “Questo l’ho già visto”, già lì, ha perso il contatto con la vita.

Perché il già visto gli impedisce di vedere.

L’uomo non direbbe “già visto” se non fosse nel pensiero dell’io.

È pensando a noi stessi che diciamo di avere già visto qualcosa.

“Io l’ho visto”.

Che io l’abbia visto non conta assolutamente niente.

Quello che conta è Dio che me lo sta presentando.

Noi dobbiamo superare il pensiero del nostro io.

Perché il pensiero del nostro io, a un certo momento mi fa dire: “Io ho visto tutto” e non trovo più niente di nuovo e quindi non trovo più nulla che mi dia vita, mi annoio di tutto, perché: “Io l’ho visto”.

Questo unicamente perché noi trascuriamo Dio.

Se Dio mi presenta la cosa, io non debbo dire: “Io lo già vista”, io debbo dire: “Signore, che cosa mi vuoi dire di Te, presentandomi questa cosa?”.

E lo devo interrogare me la presentasse anche 5 , 500 o 5 milioni di volte.

E lì c’è la novità.

La novità sta nel cercare che cosa Dio ci vuole dire, sta nel cercare il Pensiero di Dio, la volontà di Dio, che cosa Lui ci vuole comunicare di Sé.

E fosse anche la milionesima volta che Dio ci presenta una cosa, si presenta sempre il problema del “perché Signore?”, quindi vuol dire che non conosco.

Vuol dire che non ho ancora capito.

E questo mi apre alla novità dello Spirito.

E quindi mi apre alla vita.

Ma se io penso a me stesso dico: “Che noia, è la milionesima volta che mi dice la stessa cosa!”.

Per questo dico che il pensiero dell’io si costruisce sul vecchio e perde la vita.

Soltanto con Dio e da Dio noi abbiamo la possibilità di questa apertura.

Noi abbiamo la possibilità di riconoscere la Verità e di non dire menzogne, noi abbiamo la possibilità di non bestemmiare, perché si bestemmia in quanto non si ha la possibilità di sopportare la novità che viene da Dio.

Soltanto da Dio, abbiamo la possibilità di questa apertura allo Spirito di Dio che è lo Spirito della Verità.


GV 10 VS 36 - A colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”?


RIASSUNTI - Domenica – Lunedì -


Argomenti: La capacità di sopportare Dio – Lo Spirito Santo – Il mistero – L’intenzione e le opere di Dio – La novità viene da Dio – La Luce è il Fine – Il rifiuto della novità -  La superficialità – I sette sigilli -


 

19-20/ Luglio /1992