GV 10 VS 33 - Gli
risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una
bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio».
Primo tema – La stagione dei frutti.
Argomenti: La singolarità di Cristo
– Il concetto di bontà in Gesù e nei giudei – I due aspetti dei doni di Dio –
La funzione della parte invisibile del segno: interesse per Dio – La
singolarità dell’intenzione di Dio – L’invisibilità di Dio – La parabola dei
vignaioli – L’io che vuole mettersi al posto di Dio -
5-6/ Aprile /1992
È la risposta che i giudei danno,
all’interrogazione che Gesù aveva rivolto loro.
Gesù aveva detto:”Vi ho fatto vedere molte
opere buone dal Padre mio, per quale di queste opere mi volete lapidate?”.
Questa sera dobbiamo fermarci alla prima
parte di questo versetto: “Non è per alcuna opera buona che ti lapidiamo”.
Anche qui dobbiamo chiederci il significato.
Tutto è opera di Dio.
Tutto è regno di Dio.
Nulla accade che non sia voluto da Lui
E nulla accade che non sia lezione personale
per ognuno di noi.
Per la nostra vita essenziale.
Perché Dio che ci ha creati è lo stesso Dio
che si fa Maestro e Maestro di vita eterna.
Personalmente, per ognuno di noi.
Dio è il vero Maestro di ogni uomo.
Saranno tutti ammaestrati da Dio.
E quindi dobbiamo chiederci che cosa questo
Maestro divino vuol dire a noi, comunicare a noi, attraverso questa lezione che
ci presenta con questi giudei che gli dicono: “No, noi non ti vogliamo lapidare
per un opera buona”.
Però qui già notiamo un difetto in questa
risposta.
I giudei dicono: “Non ti lapidiamo per
nessuna opera buona”, ma Gesù aveva detto: “Vi ho fatto vedere molte opere
buone dal Padre, per quale di queste mi volete lapidare”.
Tutto è carico di significato.
Perché loro non dicono: “Non ti lapidiamo per
nessuna opera buona che ci hai fatto vedere dal Padre”?
Non gli dicono questo.
“Che ci hai fatto vedere dal Padre” lo
omettono.
Anche le omissioni hanno un significato e
sono una lezione profonda per noi.
Allora che significato ha questa omissione?
Se loro avessero detto: “Non ti lapidiamo per
nessuna opera buona che ci Tu hai fatto vedere dal Padre”, implicitamente
avrebbero ammesso che Lui era Figlio di Dio.
E per loro questa è una bestemmia.
E allora scindono le opere buone che Gesù
aveva fatto loro, dalle opere buone viste dal Padre.
Questo non lo capiscono.
Non lo vogliono capire.
Non lo vogliono accettare.
Non lo vogliono accogliere.
E noi ci chiediamo perché?
Perché non entra in loro?
Anzi, loro dicono che questa è una bestemmia.
Abbiamo visto proprio la volta scorsa, che la
caratteristica della missione di Cristo (e qui si rivela il Figlio di Dio) è
proprio quella di far vedere le cose, dal punto di vista del Padre.
Di far vedere le cose dal Principio.
E abbiamo detto che, chi ci fa vedere le cose
dal Principio, ci dà l’intelligenza.
L’uomo è privo d’intelligenza, perché non
vede le cose dal Principio.
Tutte le cose arrivano all’uomo, ma l’uomo
non sa, né donde vengano, né donde vadano.
Le cose sono frammenti, frammenti di un
opera.
Chi fa vedere a noi le cose dal Principio, dà
a noi l’intelligenza che ci manca.
Perché avere la possibilità di vedere il
principio di una cosa, è avere l’intelligenza di quella cosa.
Cristo è Figlio di Dio proprio per questo.
Non per i miracoli che ha fatto.
Anche il demonio può fare dei miracoli, lo
dice il Signore.
Cristo non è Figlio di Dio per i miracoli.
Cristo è Figlio di Dio, perché fa vedere le
cose dal punto di vista di Dio.
Ora, soltanto Colui che è da Dio, può far vedere
le cose dal punto di vista di Dio.
Un cieco non può guidare, illuminare un altro
cieco.
È soltanto Colui che ha la luce che può far
vedere la luce.
Soltanto Colui che viene dall’alto, può
condurre in alto.
E quindi c’è una singolarità che caratterizza
Gesù e lo distingue da tutti gli uomini.
“Nessuno ha mai parlato come Lui”, questo lo
dicono i pagani, le guardie.
Quando vengono mandate ad arrestarlo e
ritornano senza averlo arrestato, perché?
”Perché nessuno ha mai parlato come Lui”.
E lo dicono gli apostoli, quando Gesù li
vuole licenziare: “Volete andarvene anche voi?”.
La gente trovava troppo difficile il suo
parlare.
E l’avevano abbandonato tutti: “Perché parla
in modo troppo difficile”.
Abbiamo detto molte volte che la difficoltà è
un test dell’amore.
E allora ai suoi apostoli Gesù aveva detto:
“Volete andarvene?”.
E Pietro a nome di tutti gli apostoli ha
detto: “E da chi? Non c’è nessuno che abbia parole di vita eterna, tu solo hai
parole di vita eterna”.
E la vita eterna sappiamo che è conoscere
Dio: “Tu solo ci fai conoscere Dio”.
Ecco la singolarità.
Presso Dio c’è questa singolarità.
Dio è singolarità.
Dio è uno.
E non si confonde con nessuno.
E le persone presso Dio sono singolarità.
E il Figlio è singolarità, inconfondibile.
La singolarità del Cristo è questa.
Parlando Lui comunica le cose, dal punto di
vista del Padre.
È Figlio del Padre.
Quindi guarda tutto dal punto di vista del
Padre.
E la parola non è altro che il segno di ciò
che uno vede.
Ognuno parla di ciò che vede.
E anche il Figlio di Dio parla di ciò che
vede.
E Lui vede tutte le cose dal Padre.
Lui stesso dice che non fa nulla, quindi non
dice nulla, se non lo vede dal Padre.
Ho detto che far vedere le cose dal
Principio, è comunicare intelligenza.
Ma è anche comunicare la vita.
Infatti Lui dice: “Io sono venuto a dare la
Vita”.
Ma dare la vita, non è dare la vita fisica.
Noi confondiamo sempre, perché traduciamo
sempre tutto in termini materiali.
Che uno dia la vita fisica, non è dia la vita
ad un altro.
Lui è venuto a dare la vita, in quanto è
venuto a dare la conoscenza del Padre.
Lui è venuto a dare la Sua Vita.
E Lui vive della conoscenza del Padre.
Presso Dio, si vive di conoscenza di Dio.
E il Figlio di Dio, vive di conoscenza del
Padre.
E Lui è venuto a dare a noi la vita, in
quanto è venuto a dare a noi la possibilità di conoscere il Padre.
La vita eterna sta nel conoscere Dio.
E senza Cristo questo non si può minimamente
raggiungere.
“Nessuno viene al Padre, se non per mezzo di
Me”.
Ecco la singolarità, l’unicità del Figlio:
“Nessuno viene al Padre, se non per mezzo di Me”.
Passaggio obbligato.
Questa è la caratteristica del Figlio.
Qui siamo all’introduzione della grande
Pasqua, della grande passione ebraica.
E qui si nota che i giudei scindono, spogliano
Cristo della sua singolarità, della sua caratteristica.
Loro dicono: “Non ti vogliamo lapidare per
alcuna opera buona”.
Questo problema è problema di tutti, perché
questo è teatro, scena, che ognuno ha voluto rappresentare per ognuno di noi.
Per presentare a noi lo specchio delle
vicende della nostra vita.
Questo è significazione, manifestazione di
quello che avviene nella vita di ogni uomo.
L’uomo scinde, separa, divide.
C’è una diversità enorme tra le “opere buone”
che dicono i giudei e il “buono” che dice Cristo.
Il Figlio dice: “Vi ho fatto vedere molte
opere buone dal Padre”
Ci fa vedere che la “bontà” viene dal Padre.
E invece loro rispondono: “Non ti vogliamo
lapidare per alcuna opera buona”.
Ma in quanto non dicono più “vista dal
Padre”, evidentemente stanno separando l’opera l’opera buona, quindi la bontà
delle cose dal punto di vista di Dio.
Qui, quello che caratterizza la bontà per i
giudei è quello che conviene a loro, quello che piace a loro.
Quello che risponde ai loro bisogni.
Ha guarito dei malati, è venuto incontro ai
loro bisogni, ha soddisfatto tanti desideri, per loro questa è la bontà
dell’opera.
Fare del bene al prossimo e ai fratelli.
Rispondere ai loro bisogni, questo è il
concetto di bontà che hanno i giudei.
Fintanto che Dio inonda di doni l’uomo,
l’uomo non ha nessuna difficoltà a credere in Dio.
Lo ringrazia, ne canta le lodi per
riconoscenza.
Qui Dio è un Dio simpatico, quando risponde
ai nostri bisogni e ai nostri desideri.
Quando c’inonda di doni.
E che Dio c’inondi di doni è evidentissimo.
Perché tutto l’universo e la vita in cui ci
troviamo è tutto dono di Dio.
E noi viviamo di questo
E questo ci fa capire che i doni di Dio
portano due aspetti.
C’è quello che riceviamo, che Dio dona a noi.
E noi lo riceviamo indipendentemente da noi.
Tutta la creazione esiste indipendentemente
da noi.
I fatti avvengono, indipendentemente da noi.
Noi stessi esistiamo, indipendentemente da
noi.
Quindi noi siamo bombardati di doni che Dio ha
fatto e che continua a fare quotidianamente a noi.
E fintanto che Lui ci carica di doni, tutto
va bene.
Non abbiamo troppa difficoltà a credere in
Dio.
Riceviamo tutto da Dio.
Fin quì a noi non viene alla mente il
pensiero di lapidarlo.
Abbiamo visto il problema delle pietre.
Come può mai succedere che in questo regno
meraviglioso di Dio, dove tutto è opera sua, a un certo momento ci sia questa
opposizione.
L’uomo che prende le pietre per gettarle
contro il suo Dio.
Il Dio che l’ha creato!
Il Dio che lo fa vivere.
Il Dio che lo ammaestra.
Il Dio che lo carica di doni.
Come si può immaginare che l’uomo, carico di
tutto questo ben di Dio, a un certo momento prenda le pietre per lanciarle
contro il suo Dio?
Come può accadere questo fatto inconcepibile.
Come può avvenire la nascita di un tale
sentimento nel cuore dell’uomo?
Eppure è lezione di Dio, è scena che Dio ci
presenta.
E lo vedremo soprattutto la settimana
prossima, nei giorni precedenti la Pasqua, questo scatenarsi di passioni
attorno a Cristo.
Mandarlo a morte.
Lo mandano a morte per la bestemmia.
Come si può scatenare questo, là dove c’è
tutto un regno di luce, di amore di bontà, di misericordia, di perdono.
Cosa è che scatena questo nel cuore
dell’uomo?
Fintanto che Dio manda i suoi doni, tutto va
bene.
I doni di Dio, hanno due aspetti.
C’è l’aspetto che arriva a noi,
indipendentemente da noi.
Ed è quello che noi esperimentiamo
sentimentalmente.
Tutto arriva a noi attraverso i sensi.
L’opera di Dio, arriva a noi attraverso i
sensi e arriva a noi indipendentemente da noi.
Noi vediamo, tocchiamo, esperimentiamo.
E naturalmente tutto questo sperimentare,
sentire le cose, provoca in noi gioia, piacere, dolore.
Assume aspetti diversi ma è sempre Dio che
dona a noi i suoi doni.
Indipendentemente da noi.
È la prima faccia della grande opera di Dio
che fa con tutti noi.
Però, ogni dono di Dio, porta in sé, un
aspetto che è invisibile.
E che è l’Intenzione, il Verbo.
Ogni dono di Dio, è fatto nel Verbo di Dio.
È fatto nell’Intenzione di Dio.
È fatto nel Pensiero di Dio.
Quindi ogni opera di Dio, reca in sé due
aspetti.
Un aspetto visibile, quello che noi vediamo e
tocchiamo: la natura, le creature, la storia, la nostra vita eccetera.
Ma soprattutto reca in sé, un aspetto
invisibile.
Ogni cosa è una parola e una parola è tale in
quanto reca in sè un pensiero, ha un anima, un verbo.
Ogni dono di Dio, reca in sé un intenzione.
Il dono lo esperimentiamo, l’intenzione no.
L’intenzione non la vediamo, l’intenzione è
invisibile.
Però c’è.
C’è al punto tale che fintanto che noi non
arriviamo a vedere l’intenzione di Dio nelle cose, le cose per noi sono notte.
Noi nella notte, sentiamo le cose,
esperimentiamo le cose.
Nella notte siamo tutto sentimento.
Però è notte.
Non capiamo niente.
Tutto è un punto interrogativo.
Perché?
Perché manca a noi l’intenzione.
Manca a noi il Verbo.
Manca a noi quel Pensiero in cui Dio fa tutte
le cose.
Testimonianza del nostro destino.
Ora, noi non siamo salvati dalla parte
sentimentale, sensibile dei doni di Dio.
Noi non siamo salvati dal vivere per i doni
di Dio.
Tutto quello che noi vediamo, tocchiamo ed
esperimentiamo non ci salva.
Noi siamo salvati dalla parte invisibile dei
doni di Dio.
Noi siamo salvati dal Verbo di Dio che è
nelle cose, che è nei suoi doni.
Dal Pensiero di Dio, dall’Intenzione di Dio,
noi siamo salvati da questo.
Ma questo è invisibile.
Il che vuol dire che noi siamo salvati
soltanto se arriviamo a vederlo.
Cercate le cose invisibili, perché lì sta la
vostra vita eterna, dice a noi la Parola di Dio per mezzo di San Paolo.
Non cercate le cose che passano, le cose
visibili.
Tutte le cose visibili sono soggette al
tempo, sono soggette al passare.
Sono annunci e gli annuci ci vanno
intelletti.
Gli annunci di per sé non ci salvano.
Sono del rumore.
Il rumore ci avvelena, non ci salva.
Sono annunci, quindi sono dei richiami.
Però noi siamo salvati dall’invisibile.
Dalla parte invisibile del dono.
Ma se questa parte che salva è invisibile,
come possiamo noi capire che c’è.
Noi capiamo che c’è proprio perché soffriamo
per l’assenza.
Ho detto molte volte che l’assenza di una
cosa è testimonianza di presenza.
Noi patiamo di non vedere, di non intendere,
di non capire il Pensiero, il Verbo, l’Intenzione di Dio nelle cose.
Infatti tutti quanti siamo sempre ad
interrogare: “Ma perchè?, Ma perché?, ma perché?”
E quando chiediamo il perchè?, cosa stiamo
cercando?
Stiamo cercando l’intenzione.
Il pensiero che c’è nelle cose.
Il fatto che noi patiamo e soffriamo il non
vedere l’Intenzione di Dio, in tutte le cose che Lui ci dà, è testimonianza a
noi dell’intenzione di Dio invisibile.
E se è testimonianza, allora noi dobbiamo
dire che tutte le cose visibili, sentimentali, tutte le cose che Dio fa
arrivare a noi con la sua opera creatrice, sono per formare in l’interesse per
quella parte invisibile dei segni.
Perché quella parte invisibile non può essere
raggiunta senza di noi.
Tutta questa opera creatrice di Dio, tutti
questi doni con cui Dio inonda la creatura, non formano in noi l’opposizione a
Dio, anzi.
Noi facciamo tanta poesia su Dio.
Ma facciamo poesia fintanto che possiamo
dire: “Signore come sei buono, come sei attento, come sei generoso”.
Fintanto che noi possiamo dire questo noi
facciamo tanta poesia e tanti canti a Dio ma questo non ci salva.
Noi non siamo salvati né dalla poesia, né
dalla bellezza, né dalla bontà.
Tutta questa opera creatrice di Dio, ha uno
scopo ben preciso.
Ed è quello di formare in noi, interesse per
la parte invisibile dei segni.
La parte visibile non ci salva, però forma in
noi l’interesse per la parte invisibile di Dio.
Noi siamo salvati dalla conoscenza della
parte invisibile, cioè dall’Intenzione di Dio.
E l’Intenzione di Dio è il Figlio di Dio.
Noi siamo salvati da Cristo, dal Figlio di
Dio, dall’Intenzione di Dio.
Questa Intenzione di Dio è quella che ci fa
vedere le cose dal punto di vista di Dio.
Però quando abbiamo parlato dell’intenzione,
abbiamo visto spesso che l’intenzione non si coglie nelle cose.
Come nell’esempio del tale che va alla
fontana, noi possiamo caricare le cose d’intenzionalità, ma sono solo fantasie
nostre.
L’intenzione di uno si coglie soltanto da
quell’uno.
Il Figlio di Dio è singolo, unigenito,
singolarità massima.
Quindi quello che è singolo, non si coglie
dagli altri.
Altrimenti non sarebbe più singolo.
Dio è singolarità massima.
Se io volessi trovarlo nel filo d’erba,
nell’albero, nel cielo, nelle stelle, nel monte o negli uomini, Dio non sarebbe
più singolarità.
Dio è singolarità perché può essere colto
solo in Se Stesso e soltanto da Lui.
Quindi Dio si annuncia in tutto, tutto è voce
di Dio ma bisogna stare attenti a non confondere mai la voce di Dio con Dio.
Dio si coglie soltanto nella sua singolarità,
soltanto in Lui stesso.
Ecco per cui Dio è invisibile e non lo
vediamo.
E il Figlio di Dio è singolarità, perché è
Dio.
Il che vuol dire che questo Pensiero, questo
Verbo, questa Intenzione di Dio, si coglie soltanto in Dio e da Dio.
Ecco per cui non lo troviamo in niente.
Tutti i doni di Dio, tutta la creazione di
Dio ci annuncia Dio ma non ci fa vedere l’Intenzione Dio.
C’è questa parte nascosta.
Perché è nascosta?
Non perché Dio ce la voglia sottrarre, anzi
la nasconde perché ce la vuole donare.
Perché si trova soltanto nella sua sorgente e
la sorgente è una sola e questa sorgente è soltanto in Dio.
Quest’Intenzione di Dio che oscura tutta la
creazione di Dio, che c’impedisce di capire qualcosa di tutta questa opera
creatrice di Dio, di questo universo.
Abbiamo visto che la scienza conclude nel
nulla proprio perché non tiene conto del Verbo di Dio.
Tutta questa opera creatrice di Dio che è
fatta in questo Verbo, è avvolta nella notte.
Perché ci annuncia che la luce, l’Intenzione,
il Pensiero, il Verbo di Dio si coglie soltanto in Dio.
E solo da Dio.
Quindi non nelle creature, non nell’opera di
Dio, non nell’opera buona di Dio.
“Vi ho fatto vedere le opere buone dal
Padre”, è soltanto dal Padre che si coglie
questo.
E allora qui arriviamo al punto.
Al punto in cui ci siamo chiesti come possa
mai sorgere questa opposizione dell’uomo a Dio.
L’uomo è felice di trovarsi con questo Dio
che tutti i giorni gli manda dei regali, che tutti i giorni pensa a lui.
È l’uomo che si sente pensato e conosciuto da
Dio.
Come può nascere questa opposizione?
C’è una parte dell’opera creatrice di Dio che
è Dio che dona all’uomo.
Ma c’è la parte dell’opera di Dio, in cui Dio
chiede all’uomo.
E qui succede il patatrac.
Ci sono questi due grandi tempi: Dio dona
all’uomo- Dio chiede all’uomo.
Fintanto che Dio dona all’uomo, l’uomo non ha
nessuna difficoltà nei suoi rapporti con Dio.
Ma nel momento in cui Dio comincia a chiedere
all’uomo, nel momento in cui Dio vuole entrare nella vita dell’uomo...qui
l’uomo ha i buoi, i campi e la moglie.
Ecco, l’uomo a un certo momento, di fronte ai
doni di Dio, diventa lui padrone dei doni di Dio.
È la perpetua che a un certo momento fa sue
le galline del parroco.
E così facciamo noi.
Noi ci appropriamo dei doni di Dio.
E appropriarsi dei doni di Dio vuol dire fare
quello che hanno fatto questi giudei, scorporare le opere buone da Dio.
Fintanto che ci inondano di regali non
lapidiamo nessuno.
È quando Dio comincia a dire: “Questo è mio”
che sorgono i problemi.
Dio incomincia a chiedere a noi qualche cosa.
Ed è lì che l’uomo non vuole mollare il suo
diritto di proprietà.
Ma tutto è di Dio.
Ma allora l’uomo è un ladro.
L’uomo ha rubato a Dio.
Quello che dice essere suo in realtà è di
Dio.
E quando Dio comincia a chiedere qualcosa
all’uomo, si scatena l’odio verso Dio.
Il tema di oggi è la stagione dei frutti.
Arriva nella vita di ogni uomo questa
stagione dei frutti.
E nella stagione dei frutti, Dio manda a
chiedere.
C’è un tempo in cui il regno di Dio, è quella
parabola che Gesù narrò circa quel padrone che aveva scavato la vigna, l’aveva
protetta e l’aveva affidata a dei vignaioli.
E la leggiamo.
Notate che tutte le parabole hanno un
fondamento che è la parabola del seminatore: “Se non capite questa non potete
capire le altre”.
E anche questa è fondata su quella.
C’era un padre di famiglia che aveva piantato
una vigna, l’aveva circondata di una siepe, vi aveva scavato un frantoio ed
edificato una torre.
E non l’aveva data in possesso, l’aveva data
da lavorare.
L’aveva data da lavorare a dei vignaioli ed
era partito per un paese lontano.
Come nella parabola dei talenti e delle mine,
quel signore dà i talenti e le mine ai servi.
E poi va in un paese lontano per ricevere
l’investitura del regno.
E siamo sempre nello stesso campo.
Giunta la stagione dei frutti, egli mandò i
suoi servi dai vignaioli per la parte che gli spettava.
Ma i coloni assaliti i servi, ne bastonarono
uno, un altro lo ammazzarono e un altro lo lapidarono.
Ecco l’opposizione.
Come può sorgere l’opposizione.
Lo lapidarono.
Ecco l’opposizione, perché.
L’opposizione nasce non quando il signore dà
la vigna da lavorare.
E la vigna l’ha costruita lui.
E l’ha protetta lui.
E ha messo lui il torchio e la torre.
Ha fatto tutto molto bene.
Poi l’ha offerta a lavorare e va benissimo.
È il momento in cui manda a chiedere i
frutti, è lì che incomincia il problema.
Qui l’uomo ha difficoltà ad accettare il
padrone.
È la solita lotta.
Lotta di classe.
L’uomo ha difficoltà ad accettare il padrone.
E qui si lapida.
Pietre.
Pietre contro.
Allora mandò altri servi, in maggiore numero
di prima.
Ma i coloni li trattarono allo stesso modo.
All’ultimo mandò suo figlio pensando: “Avranno
riguardo almeno di mio figlio”.
I coloni visto il figlio dissero tra loro:
“Costui è l’erede, venite uccidiamolo e l’eredità sarà nostra”.
Ecco il grande problema delle pietre, della
conflittualità, il problema dell’odio, il problema di tutto.
“L’eredità sarà nostra”.
Ecco il problema dell’uomo.
Ecco perché a un certo momento, l’uomo si
trova in opposizione a Dio.
“L’eredità sarà nostra”.
“Potremo vivere per quello che vogliamo”.
Allora Dio suscita questa conflittualità
quando?
Quando Dio impedisce a noi di vivere per
quello che vogliamo.
Per i nostri interessi, per il nostro lavoro,
per le nostre aziende, per le nostre famiglie, per la nostra politica.
Quando Lui entra e dice: “Tu devi vivere per
Me! Sei stato creato per conoscere me e devi impegnarti a conoscere Me!”.
Lì è il disastro: “L’eredità sarà nostra”.
L’uomo vuole avere per sè l’eredità.
E l’eredità quale è?
La vita.
Avere per sè la vita.
L’uomo rifiuta di vivere per il suo Signore,
per il suo Creatore, vuole vivere per sè!
Ma allora il problema centrale è l’io
dell’uomo che vuole mettersi al posto di Dio.
E qui siamo nel campo del demoniaco.
L’io nostro non è la Verità.
L’io nostro non è il Creatore.
Ma se non è il Creatore che razza di io è
questo io che, a un certo momento vuol far sua l’eredità, vuole mettersi al
centro di tutto.
Qui siamo nel campo del demoniaco e la
conclusione è quella, lo sapete benissimo.
S’impadronirono del figlio, lo cacciarono
fuori della vigna e lo uccisero.
È l’uomo che fa fuori Dio.
E Dio che si lascia mettere fuori.
Pasqua.
Ora quando verrà il padrone della vigna che
farà a quei coloni?
Sono i giudei, i sacerdoti, i farisei che gli
rispondono.
Stava parlando con loro.
“Farà perire senza pietà quei malvagi e
affitterà la vigna ad altri coloni, i quali a suo tempo gli diano il frutto”.
Avevano giudicato se stessi e si erano
condannati.
E Gesù disse:” Non avete mai letto nelle
scritture che quella pietra che i costruttori rifiutarono, questa è diventata
pietra angolare, dal Signore questo è stato fatto ed è una cosa meravigliosa ai
suoi occhi, per cui io vi dico che il regno di Dio sarà tolto a voi e verrà
dato a un popolo che ne produca i frutti, e chi cadrà su questa pietra sarà
sfracellato”.
I principi dei sacerdoti (notate) e gli scribi udite quelle parole, capirono
che parlava di loro.
La stagione dei frutti.
“Non ti lapidiamo per le opere buone, quindi
non ti lapidiamo per quello che Tu ci dai ma ti lapidiamo per quello che Tu ci
chiedi”.
L’uomo è sempre pronto a ricevere, ma trova
una difficoltà enorme a ridare.
C’è questo Verbo di Dio che fa vedere a noi
le opere buone dal Padre.
I giudei separano le opere buone dal Padre.
Quel far vedere dal Padre, diventa una
richiesta per l’uomo.
Facendo vedere le opere buone dal Padre,
chiedeva all’uomo di vedere le cose dal Padre.
Ecco la richiesta, non vedere le cose dal
pensiero del proprio io, in relazione ai sentimenti del proprio io, ma vedere
le cose dal punto di vista di Dio.
Le cose sono tutte di Dio.
Ecco l’opera del Figlio.
Questo Figlio che a un certo momento viene a
donare la vita, è proprio quello che a un certo momento ti chiede la vita.
Tu chiede la vita per inondarti di vita.
Perché ognuno, riceverà nella misura in cui
avrà saputo donare.
E chi avrà saputo donare la sua vita a Dio,
riceverà la vita da Dio.
GV 10 VS 33 - Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per
un’opera buona, ma per una
bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio».
Secondo tema – L'accusa.
Argomenti: Il deicidio –
L’opposizione a Dio – Il dono della richiesta di Dio – L’interesse maturato per
conoscere Dio – Il Pensiero unigenito di Dio – Dio viene a cercare in noi suo
Figlio – L’omicidio del Pensiero di Dio – Possesso e Verità – Il dono più
grande – Il rifiuto dell’io – La violenza – Il sacro – La bestemmia – La
menzogna dei giudei – Vedere dal padre – Spogliare Cristo della sua singolarità
– Cristo nudo, specchio dell’uomo -
12-13/ Aprile /1992
Oggi, dobbiamo soffermarci sulla seconda
parte del versetto: “Per la bestemmia”.
Ogni cosa avviene nel Pensiero di Dio.
E vedere le cose nel Pensiero di Dio, vuol
dire guardare le cose dal punto di vista di Dio.
Perché Dio opera tutto, per condurre noi, a
vedere le cose dal suo punto di vista.
Perché è dal suo punto di vista che procede
ogni conoscenza.
E nella conoscenza c’è la comunicazione, c’è
l’unione, c’è la comunione.
C’è la partecipazione a ciò che Dio è.
Dio ha fatto e fa ancora e per ognuno di noi
tutte le cose, per renderci partecipi di quello che Lui è.
E tutte le cose sono parole.
Questo è lo scopo di tutta la sua creazione e
della nostra esistenza.
Essere fatti partecipi di quello che Dio è,
per potere vivere nella sua pace.
Nella pace del suo volto
Alla sua presenza.
Non più soli.
L’uomo lontano da Dio, fa esperienza di
solitudine.
La morte è solitudine.
Dispersione di tutte le cose.
E Dio opera per raccoglierci dalla nostra dispersione,
in cui viviamo noi nella nostra notte.
Noi nella nostra notte viviamo di
impressioni, di sentimenti.
E quindi restiamo dispersi dalle stesse opere
di Dio, non viste dal punto di vista di Dio.
Dio fa tutte queste cose, per raccoglierci da
questa dispersione, soprattutto per avere in noi, questo pensiero puro che
guarda Lui, che guarda ogni cosa da Lui.
Perché Dio si comunica soltanto al suo
Pensiero.
Non si può comunicare dove c’è dispersione,
dove c’è morte.
Dio si comunica soltanto al suo Pensiero.
E Dio opera ogni cosa, per formare in noi
questo pensiero puro, in modo da potere ricevere da Lui la conoscenza e quindi
l’essere.
Abbiamo visto che Gesù, aveva interrogato
questi giudei.
“Vi ho fatto vedere molte opere buone dal
Padre mio”, abbiamo visto la caratteristica, la singolarità del Figlio di Dio.
Il Figlio di Dio ha questa singolarità: fa
vedere tutte le cose dal Padre.
Dal punto di vista del Padre.
Gesù aveva interrogato i giudei: “Vi ho fatto
vedere molte opere buone dal Padre mio, per quale di queste volete lapidarmi?”.
E loro avevano detto: “No, non è per alcuna
opera buona che noi ti lapidiamo ma è per la bestemmia”.
L’argomento di domenica scorsa, ci ha fatto
capire come nasca l’opposizione a Dio.
Il mondo è tutta opera di Dio, regno di Dio,
Dio non ha nemici.
Dio non può avere nemici.
Dio solo è Colui che regna, governa e conduce
tutte le cose al suo fine.
Non c’è una opposizione a Dio.
Eppure nell’anima dell’uomo nasce questa
opposizione a Dio.
E c’è una lezione di Dio per noi se nell’esperienza
dell’uomo c’è questa esperienza di opposizione a Dio.
E ci siamo chiesti come sia possibile e quale
significato abbia.
Perché un significato ci deve essere e un
significato positivo in questa opposizione a Dio.
Si arriva alla bestemmia, si arriva all’odio,
si arriva al delitto.
Si arriva al deicidio.
Da dove nasce questo?
“Non ti vogliamo lapidare per alcuna opera
buona”.
Quindi fintanto che Dio fa doni agli uomini,
non c’è opposizione, non ci può essere opposizione.
L’opposizione nasce quando Dio chiede
all’uomo qualche cosa.
Abbiamo detto che ci sono tre grandi tempi
nella vita dell’uomo.
Il tempo in cui Dio dà i doni all’uomo.
Il tempo per l’uomo di lavorare questi doni.
E il tempo in chi Dio viene a chiedere l’interesse:
la stagione dei frutti.
Fintanto che Dio offre la sua vigna agli
uomini, non c’è nessuna opposizione.
Anzi, gli uomini si sentono molto legati ai
doni di Dio.
E se hanno una religiosità, pregano, invocano
per ottenere doni da Dio.
Quindi gli uomini sono molto affezionati,
molto legati a tutto ciò che Dio dona a loro.
E quindi qui non sorge opposizione a Dio.
Ma però arriva questa stagione dei frutti.
Abbiamo visto la parabola dei vignaioli.
Arriva il momento in cui Dio manda a chiedere
i frutti.
E lì si trova l’opposizione.
E noi dobbiamo chiederci perché c’è questa
stagione dei frutti.
Per quale motivo ad un certo momento, Dio si
presenta a noi come richiesta?
Ci deve essere un significato a questo.
Dio non ha bisogno dei nostri doni.
Dio è autosufficiente.
L’unico essere autosufficiente è Lui.
Lui è l’assoluto e quindi non ha
assolutamente bisogno di altro da Sé.
Lui dona tutto all’uomo.
E allora perché, ad un certo momento, chiede
all’uomo qualche cosa?
Notiamo bene che l’opposizione dell’uomo a
Dio, nasce dalla richiesta di Dio.
È nel momento in cui Dio manda a chiedere i
frutti all’uomo, lì sorge l’opposizione.
E l’opposizione ha una motivazione:
“Uccidiamolo”.
Prima uccidono i servi e poi anche il figlio:
“Uccidiamolo”.
E dicono una cosa terribile: “Così, l’eredità
sarà nostra”.
L’opposizione nasce lì.
Nel momento che c’è una richiesta.
Perché c’è questa richiesta?
Non certamente perché Dio abbia bisogno di
noi, questo è da escludere.
Allora la richiesta è per noi che la fa Dio, è
ancora un dono che Dio ci fa.
Lì ci fa un grande dono a chiederci i frutti
e noi la vediamo come una offesa.
Come uno che sia concorrente nostro.
Come uno che sia invidioso dei doni che noi
abbiamo.
Noi molte volte vediamo Dio come un
concorrente, come uno che sia geloso di quello che noi abbiamo e che Lui ci ha
dato!
Tanto geloso da chiedercelo indietro.
Dio non ha bisogno di questo.
Allora avviene per noi.
Ma se avviene per noi, la richiesta di Dio è
ancora un dono.
Un dono che Dio ci fa.
E perché questa richiesta?
Perché senza questa richiesta, noi non
possiamo entrare nella conoscenza di Dio.
Senza questa richiesta, noi non possiamo
giungere a conoscere Dio.
È assolutamente necessario che Dio chieda a
noi i frutti, l’interesse, dei dono che Lui ci ha dato.
E questo ci ha aperto sulla panoramica di
tutti i doni che Dio ci fa.
Dio non ci fa tutti i doni perché noi abbiamo
a possedere la terra, a edificare sulla terra, a moltiplicarci sulla terra e a
vivere per le cose del mondo.
Evidentemente, tutti i doni che Dio ci fa,
hanno un pensiero, hanno una finalità.
E questa finalità, noi la scopriamo quando
Lui ci viene a chiedere i frutti.
Abbiamo visto che la richiesta dei frutti, è
la richiesta dell’interesse che noi abbiamo saputo maturare (talenti, mine) dai
doni che Dio ha dato a noi durante tutta la vita.
Questo ci rivela l’anima di tutta l’opera che
Dio fa e che è tutto dono di Dio a noi.
Dio ci dona tutte le cose, per formare in noi
interesse per Lui.
E viene un certo momento in cui Lui viene da
noi a cercare questo interesse.
E abbiamo la stagione dei frutti.
Cioè quanto interesse abbiamo saputo maturare
per conoscere Lui.
Allora tutti i doni sono finalizzati e se noi
non li vediamo in questo fine, noi sbagliamo.
Perché adoperiamo i doni per un fine diverso.
Dio ci dà i doni per uno scopo ben preciso:
far maturare in noi interesse per conoscere Lui.
Se noi adoperiamo i suoi doni per altro
scopo, evidentemente noi falliamo il nostro destino.
E quando Dio manda a chiederci i frutti,
evidentemente ci troviamo in difficoltà.
Come si sono trovati in difficoltà i
vignaioli che hanno dovuto uccidere.
Ed è il problema di tutta questa settimana,
la settimana santa.
Questo problema è l’anima della settimana
santa.
L’uomo che uccide il suo Signore, perché Dio
si presenta a noi come uno che chiede.
Che chiede a noi.
Capita quale è l’anima di tutti i doni di
Dio: far maturare in noi l’interesse per conoscere Lui, evidentemente questo
interesse è condizione essenziale per giungere a conoscere Dio.
“Colui che ti crea senza di te, non ti può
salvare senza di te” diceva Sant’Agostino.
E la salvezza sta nel giungere alla
conoscenza di Dio.
Per cui Colui che ti crea senza di te, non si
può far conoscere da te senza di te.
Senza di te, cioè senza il tuo interesse.
Questo interesse per conoscere Lui.
E questo interesse per conoscere Lui cosa
vuol dire?
Vuol dire mettere Lui al di sopra di tutto.
Mettere questo questo interesse per conoscere
Lui, al di sopra di tutto, prima di tutto.
E abbiamo visto che è un prima di tutto che
non ha un secondo.
Perché è la condizione essenziale.
Perché proprio mettendo quel prima di tutto,
quell’interesse diventa oggetto del nostro pensiero, oggetto del nostro
pensare.
E proprio in quanto la conoscenza di Dio,
diventa in noi oggetto del nostro pensare, per cui diventa il nostro pensiero
principale, lì si forma il Figlio di Dio.
Quel Figlio di Dio, al quale unicamente Dio
fa conoscere Se stesso e rivela il suo volto.
Il volto di Dio è conoscibile soltanto da suo
Figlio.
Ma quando diciamo suo Figlio cosa diciamo?
Diciamo Pensiero unico di Dio.
Unico cosa vuol dire?
Unigenito.
Quindi un pensiero solo, singolare.
Singolare vuol dire che è inconfondibile con
altro.
E perché Dio si fa conosce soltanto a suo Figlio
cioè a questo Pensiero puro che lo guarda (pensare vuol dire guardare a-)?
Pensiero puro vuol dire unico.
Noi non siamo intelligenti perché abbiamo una
molteplicità di pensieri.
Noi abbiamo tanti volti, tanti nomi, tanti
pensieri.
Ed è questa molteplicità che ci limita, ci
limita immensamente.
E ne vedremo anche le conseguenze di questa
limitazione.
È questa limitazione che, a un certo momento
ci rende feroci gli uni con gli altri perché ci fa afferrare al nostro osso.
Ci fa afferrare alle cose di questo mondo,
perché senza di esse, noi non siamo più in grado di vivere.
Ed è per questo che si entra in conflitto con
Dio.
Noi ci leghiamo alle cose del mondo ma
proprio per la nostra finitezza, perché ci accorgiamo che senza queste cose,
non siamo più capaci a vivere.
Dio si riserva soltanto a suo Figlio,
soltanto al Pensiero unico di Lui.
Perché nel Pensiero unico c’è l’infinito.
Nella molteplicità c’è la finitezza.
Noi siamo finiti, appunto perché siamo
molteplici.
E nella molteplicità c’è questa limitazione,
questa finitezza.
Ed è assolutamente impossibile passare dal
finito all’infinito.
Dio non si comunica al finito, si annuncia al
finito ma non si fa conoscere.
L’infinito si fa conoscere solo all’infinito.
È impossibile comunicare il finito all’infinito
o l’infinito al finito.
L’infinito si può annunciare al finito.
Infatti la finitezza è segno, annuncio
dell’infinito.
Come il tempo è segno, annuncio dell’eterno.
Segno ma non è l’eternità.
Tutto si annuncia ma la possibilità di
conoscere l’infinito c’è soltanto se in noi si forma il pensiero unico.
Soltanto se in noi c’è la possibilità di
diventare un pensiero unico, cioè di avere un pensiero al di sopra di tutto.
Ecco perché c’è questa richiesta da parte di
Dio dei frutti.
La stagione dei frutti è Dio che viene a
cercare in noi suo Figlio.
Siccome il Padre tutti i doni ce li ha fatti
in suo Figlio, viene a cercare quanto in noi abbiamo maturato di suo Figlio.
Noi siamo fatti per concepire il Pensiero di
Dio, il Figlio di Dio.
Perché solo nel Pensiero unico di Dio,
soltanto lì c’è l’infinito.
Dove c’è l’uno c’è l’infinito.
Dove c’è la molteplicità c’è il finito.
E dove c’è l’infinito, lì c’è la
comunicazione dell’infinito.
Lì, Dio può finalmente rivelare il suo volto.
E la sua presenza.
E la sua conoscenza.
Ecco per cui Dio viene a chiedere a noi
l’interesse, se noi abbiamo saputo trarlo dai suoi doni, capendo che dobbiamo
mettere Dio al di sopra di tutto.
Tanto al di sopra di tutto, da averlo come
nostro pensiero principale.
Come unico pensiero di vita.
Come nostra preoccupazione principale.
Come unica cosa necessaria.
E fintanto che non è diventato l’unica cosa
necessaria, noi siamo nel campo del finito.
E nel campo del finito noi siamo tagliati
fuori dalla possibilità di conoscere Dio.
È in questo punto in cui Dio viene a noi
cercando i frutti maturati da quello che Lui ci ha donato che avviene la crisi
che abbiamo visto nella parabola.
Gli uomini si oppongono.
Gli uomini hanno avuto la vigna da Dio, hanno
ricevuto tutto dal padrone che ha protetto la vigna e costruito una torre.
Il padrone ha fatto tutto quello che era
necessario perché questa vite potesse produrre.
L’hanno lavorata.
Hanno ottenuto dei frutti.
Quando Dio manda a chiedere i frutti, scatta
la violenza.
Ecco, l’uomo non riesce a offrire i frutti a
Dio.
Nasce l’opposizione al punto di uccidere il
Figlio di Dio, cioè uccidere il Pensiero stesso di Dio.
“Facciamo fuori il Pensiero di Dio, non
occupiamoci di Dio.
Spiritualmente si uccide in quanto uno non si
occupa di-, non s’interessa di-.
Quindi il rifiutare di dedicarci alla
conoscenza di Dio è uccidere Dio.
Noi non conosciamo il rapporto che ci può
essere tra la non conoscenza e la morte ma c’è questo rapporto profondo nella
vita dello spirito tra la non conoscenza e la morte.
E rifiutarci di conoscere Dio, è rifiutare la
vita.
La vita è essenzialmente una scelta.
Scegliere vuol dire mettere qualcosa al di
sopra di tutto.
Dio è Colui che va messo prima di tutto, se
vogliamo imparare a vivere.
Colui che si rifiuta di scegliere,
profondamente si rifiuta di vivere.
E fa esperienza di morte.
Quindi si apre all’esperienza di morte.
L’opposizione nasce, perché l’uomo non vuole
separarsi da quei doni che Dio gli ha dato.
Come mai l’uomo non vuole dare a Dio ciò che
è di Dio?
Tutto è di Dio.
Anche il lavoro che l’uomo ha fatto nella
vigna, è stato tutto dono di Dio.
Il lavorare è dono di Dio.
E come mai l’uomo, a un certo momento, di
fronte alla richiesta di Dio, l’uomo dice: “Uccidiamolo!”.
Cioè uccidiamo questa richiesta.
Facciamo fuori questa richiesta.
“Così l’eredità sarà nostra”.
Il desiderio di possesso si oppone al
desiderio di giustizia.
Cioè si oppone alla conoscenza.
Abbiamo questo contrasto.
Il desiderio di possesso, si oppone al
desiderio di conoscere la Verità, al desiderio di conoscere Dio.
E qui si apre la tragedia in ogni uomo.
Fintanto che l’uomo riceve doni da Dio, loda,
canta e glorifica Dio, non ha nessuna difficoltà.
Fintanto che Dio sta fuori, lontano nei
cieli, ci mandi pure tanti doni, noi siamo ben felici.
Ma quando Dio fa sentire le sue esigenze e
vuole entrare nella vita dell’uomo, quando vuole entrare in casa nostra, vuole
entrare nei nostri interessi, nei nostri affari, lì inizia tutta la difficoltà
per l’uomo.
Eppure è necessario che Dio faccia a noi
questa richiesta, anzi bisogna capire che questa richiesta è un grande dono che
Dio ci fa.
Dio ci fa un grande dono, il più grande dei
doni.
È quello di chiedere a noi, l’interesse che
abbiamo per Lui.
Se Lui non ce lo chiedesse, noi non ce lo
sogneremmo neppure di occuparci di Dio.
Invece Dio ci fa la richiesta di occuparci di
Lui.
Soltanto occupandoci di Lui, noi abbiamo la
possibilità di ricevere quei doni maggiori che sono la vita eterna, la
conoscenza del suo volto, che è la conoscenza della sua presenza, che è la
conoscenza di Dio, padre, Figlio e Spirito Santo, un essere unico in tre
persone.
Questa conoscenza, questi doni maggiori che
sono eterni quindi non soggetti a mutamento, non possono essere dati a nessuno se
non sono cercati, se non sono desiderati, se non sono voluti.
E se non sono cercati, desiderati e voluti,
come debbono essere cercati, desiderati e voluti.
Cioè come l’unica cosa necessaria per noi.
Dio viene a cercare questo da noi.
Però qui nasce l’opposizione.
Perché l’uomo non è intelligente e non
essendo intelligente non vede, non può capire che la richiesta che Dio gli fa,
è un grande atto d’amore che Dio fa verso l’uomo.
È un grande dono di Dio, è il più grande di
tutti i doni chiedere a noi qualche cosa.
Noi invece nel pensiero del nostro io, noi
vediamo solo quello che noi perdiamo.
Anziché vedere il dono che Lui ci vuole fare,
noi vediamo soltanto quello che Lui ci vuole togliere.
Perché noi siamo dominati dal pensiero del
nostro io.
E questo perché abbiamo trascurato Dio.
Perché in tutti i doni che Lui ci faceva, noi
ci siamo abbarbicati ai doni, ma abbiamo trascurato Lui.
È nel pensiero dell’io che nasce
l’opposizione.
Non è nel regno di Dio ma è nel pensiero
dell’io.
Abbiamo detto domenica scorsa che qui siamo
nel demoniaco.
È l’io che si afferma.
È l’io che non vuole mollare quello che lui
ha avuto da Dio.
Perché non può capire che se Dio gli chiede
qualcosa di finito è per poterli dare l’infinito.
L’uomo nel pensiero dell’io diventa gretto e nella
sua grettezza, vede soltanto quello che Dio gli vuole portare via, gli vuole
sottrarre, gli vuole togliere.
Non vede il dono che Dio gli vuole offrire,
chiedendogli di separarsi dal mondo per offrirli il pensiero.
Perché il problema è poi tutto di pensiero.
Dio non chiede a noi i distacchi materiali,
questi interessano relativamente.
Dio non ha bisogno di beni materiali, Dio ha
bisogno soltanto che noi ci separiamo dal mondo con il pensiero, per poterci
dedicare a Lui.
Perché soltanto con il pensiero avviene la
comunicazione.
Attraverso il pensiero che pensa Dio, avviene
la comunicazione e quindi la comunione e quindi la conoscenza.
Questo ci fa capaci, capendo come nasce
l’opposizione, di affrontare l’argomento di oggi.
La bestemmia.
Questo massimo di opposizione a Dio.
Qui i giudei dicono: “Non ti vogliamo
lapidare per le opere buone ma per la bestemmia”.
È assolutamente necessario capire come nasca
l’opposizione a Dio, nel cuore dell’uomo.
E come questa nasca in conseguenza della richiesta
che Dio fa all’uomo.
Per capire adesso l’anima di questa
bestemmia.
Bestemmia di cui i giudei accusano Gesù: “Tu
bestemmi”.
Lo vedremo domenica prossima: “Perché tu
essendo uomo ti fai Dio”.
Loro non potevano minimamente capire che Lui
non era uomo che si faceva Dio ma era Dio che si faceva uomo.
Avrebbero visto un dono stupendo,
meraviglioso.
E come mai loro vedono l’uomo e non vedono
Dio.
Loro vedono l’uomo che pretende di farsi Dio.
E dicono: “Tu bestemmi”.
La bestemmia è una violenza.
È una opposizione, una pietra.
È una pietra contro Dio.
Si fa violenza in quanto si usa un argomento
inferiore verso un argomento superiore.
Ma si usa l’argomento inferiore verso
l’argomento superiore, perché uno non ha la capacità di comprendere.
Quando uno non ha la capacità di comprendere,
diventa violento.
Perché l’incapacità di comprendere, di
conoscere provoca in noi l’insopportabilità.
“Ho tante cose da dirvi ma per ora non siete
in grado di portarle”.
Ecco l’uomo fintanto che è abbarbicato alle
cose finite, l’uomo è un essere finito, incapace di portare l’infinito.
E quando l’uomo si trova nella incapacità di
conoscere, di comprendere, l’uomo diventa violento.
Perché appunto non riesce a sopportare.
Ed è qui che nasce la bestemmia.
La bestemmia è una violenza contro Dio,
contro ciò che è sacro.
Ogni uomo porta con sé un sacro.
Anche questi giudei avevano con sé un sacro.
La maggior parte della nostra sacralità è il
lavoro, il denaro, la famiglia.
Sacro è ciò per cui noi viviamo.
Ciò a cui dedichiamo la nostra vita, diventa
il nostro sacro.
Sacro per noi vuole dire fuori discussione.
E colui che cerca d’intaccare il sacro della
nostra vita, quello bestemmia per noi.
La bestemmia è violenza contro ciò che è
sacro.
Sacro è uno solo.
Sacro è Dio.
Ma per noi è sacro ciò a cui noi dedichiamo
la vita.
Noi dovremmo dedicare la vita a Dio, per cui
tutto è sacro, tutto è adorabile, perché tutto è di Dio.
E tutto è per portarci a Dio.
E Dio dovrebbe essere il nostro fine.
È su quello che dovremmo misurare la
bestemmia.
Questi giudei hanno misurato la bestemmia,
sulle loro ragioni umane.
Su quello che per loro era sacro.
Non hanno capito che c’era Dio che stava
parlando con loro.
Per noi a posteriori è facile vedere questo,
perché abbiamo molte testimonianze per cui Cristo è Dio.
Loro non potevano saperlo, però era Dio che
si faceva uomo per loro.
E loro accusano Dio di bestemmia.
Questo Dio che parla con loro, lo accusano di
bestemmia.
Avendo capito come nasce l’opposizione a Dio,
che l’opposizione nasce in conseguenza della richiesta di Dio e che per l’uomo
questa richiesta è un invito a separarsi dalle cose visibili, per occuparsi
delle cose invisibili.
Abbiamo visto domenica scorsa che la
salvezza, non ci viene dal possesso delle cose finite, dalle cose che vediamo e
tocchiamo.
L’uomo ritiene di sì ma fa un errore.
Ed un errore che paga molto caro.
L’uomo ritiene di trovare la vita nelle cose
finite che vede e tocca.
Ritiene di trovare la vita se riesce a
possedere una creatura, l’uomo la donna e la donna l’uomo.
Ad assicurarsi il possesso.
L’uomo ritiene di trovare la vita e di essere
felice se riesce a possedere una casa, ad avere un posto di lavoro, ad
abbarbicarsi a cose finite.
Ma è tutto un errore che paga molto caro.
Lo paga a prezzo di sangue questo errore, e
quanto sangue!
Ogni uomo lo sa.
Perché i nostri errori, noi li paghiamo con
l’anima, col sangue, con tutta la nostra vita.
E l’uomo fa questo errore qui.
Per cui l’opposizione nasce dal fatto che Dio
si presenta come uno che chiede all’uomo questo distacco da ciò che l’uomo
vuole possedere,
Il vero movente dell’opposizione a Dio sta
lì.
L’uomo è in opposizione a Dio, perché non
vuole separarsi dalle cose, non vuole lasciarsi rubare le cose.
Soprattutto l’uomo non vuole lasciarsi rubare
il pensiero.
Perché l’uomo vuole dedicare il pensiero alle
cose per cui lui vive.
Avendo capito questo, qui possiamo capire che
questa accusa di bestemmia verso Gesù, era coperta di menzogna.
Non era quello il movente per cui volevano
lapidarlo.
“Noi non ti lapidiamo per i doni buoni che ci
hai dato ma per la bestemmia”.
Non è quello il movente.
Qui c’è la menzogna.
E la menzogna ci viene illuminata, chiarita
proprio dall’aver capito da cosa nasce l’opposizione verso Dio.
L’opposizione nasce dal fatto che noi
vogliamo possedere.
“Uccidiamolo e così la vigna sarà nostra”.
Ecco il movente.
Qui è dichiarato apertamente.
Qui dicono: “Uccidiamolo perché Lui è un
bestemmiatore”.
E no!
Qui i bestemmiatori sono loro, sono loro che stanno
bestemmiando Dio.
Qui nascondono una menzogna.
Perché quell’uomo che stava parlando con loro
aveva detto: “Io vi ho fatto vedere molte opere buone dal Padre mio”.
“Dal Padre mio”!
Far vedere le cose dal Padre, è una proposta,
è una richiesta.
È una richiesta di Dio.
È far vedere la Verità.
La singolarità del Figlio di Dio è proprio
questa: Lui solo fa vedere le cose dal Padre.
Tutti gli altri non fanno e non possono far
vedere le cose dal Padre.
Ecco perché questi giudei bestemmiano e
bestemmiano Lui.
Bestemmiano questo far vedere dal Padre.
Ho detto che far vedere dal Padre è una
richiesta per l’uomo.
Lì sta la richiesta.
Perché facendo vedere le cose dal Padre,
invita, sollecita, chiede all’uomo, di vedere tutto dal Padre.
Perché lì sta la Verità.
Il Figlio di Dio, proprio perché parla a noi
dal punto di vista del Padre, parla a noi per condurre noi a vedere le cose
come le vede Lui.
Per intenderle,
Altrimenti non intendiamo niente.
Allora questo parlare dal punto di vista del
Padre, è la richiesta dei frutti.
Che Dio Padre manda a noi attraverso suo
Figlio.
E la richiesta dei frutti è questa: guardate
tutte le cose dal punto di vista del Padre.
Perché soltanto guardando così, si forma in
noi quel pensiero puro, unico di Dio.
Si forma in noi il Figlio di Dio ed è lo
stesso Cristo che lo forma in noi questa unicità di pensiero, per dare a noi la
possibilità di guardare dal Principio.
E allora gli uomini rifiutando di guardare
dal punto di vista del Padre, cosa stanno facendo?
Per questo dico che sono loro coloro che
bestemmiano e stanno dicendo una bugia.
È una menzogna quando dicono di volerlo
lapidare perché un bestemmiatore.
Erano loro che stavano bestemmiando contro
Colui che faceva vedere loro le cose dal punto di vista del Padre.
Un punto di vista che loro non volevano
accettare, perché avevano il loro punto di vista.
Ora, quando si toglie a Dio quello che è di
Dio, lì c’è la bestemmia.
La bestemmia è questo.
La bestemmia è negare ciò che Dio è.
Qui stavano togliendo a Dio, ciò che era di
Dio.
Stavano togliendo a Dio il punto di vista di
Dio.
Stavano spogliando il Figlio di Dio della sua
singolarità.
Lo facevano uomo come tutti gli altri.
Gli stavano togliendo la singolarità.
Lui non era uno come tutti gli altri.
Non c’è nessuno che ha mai parlato come Lui e
non ci sarà mai nessuno che parlerà come Lui.
Non è uno come tutti gli altri!
“Nessuno ha mai parlato come Lui”, lo dicono
i pagani.
Non è una sviolinatura che gli apostoli fanno
al loro Maestro.
Quando le guardie (pagani) vengono mandate ad
arrestare Gesù, ritornano senza averlo arrestato.
“Perché non lo avete condotto?”.
“Nessuno ha mai parlato come uomo”.
C’è una singolarità.
Altro che uomo!
E questa singolarità, impedisce a noi di dire
che Cristo è un uomo.
Gli uomini spogliando Gesù di questa
singolarità, di questa parola che fa vedere le cose dal punto di vista del
Padre, spogliandolo di questo, sono loro che bestemmiano.
La bestemmia sta nel sottrarre a Dio la sua
essenza, quello che Lui è.
È una violenza.
Violenza è quando uno pone cose inferiori a
ciò che è superiore.
Quando uno vuol giustificarsi con argomenti
inferiori verso ciò che è superiore.
Vuole giustificare il suo non avere tempo per
Dio.
Lo stanno spogliando dei suoi abiti.
Della sua singolarità.
Così si uccide il Figlio di Dio tra noi.
È l’anima di tutta questa settimana di
Pasqua.
Per cui Cristo spogliato messo a nudo,
crocifisso e ucciso diventa.....
Il Pensiero di Dio che è velato e che deve
essere velato, perché vedere il Pensiero di Dio è tutta la vita per noi.
Ma questo pensiero di Dio non può essere
svelato se non al pensiero puro di Dio.
Soltanto l’infinito, può ricevere lo
svelamento dell’infinito.
Altrimenti l’infinito è velato.
Dio non si vede.
Eppure Dio ha trovato il modo, lasciandosi
denudare dall’uomo, crocifiggere e mandare a morte, ha trovato il modo di
rendersi presente all’uomo, Lui denudato come Pensiero puro.
Perché?
Perché il Figlio di Dio spogliato dei suoi
vestiti, della sua singolarità, diventa la realizzazione di quello che l’uomo
è.
L’uomo in Cristo sta vedendo se stesso.
È l’uomo che ha operato questo spogliamento.
Pilato lo presenta: “Ecco l’uomo”.
Cristo è lo specchio dell’uomo.
È quello che l’uomo fa, a Colui che gli sta
parlando, dal punto di vista del Padre.
A questa Singolarità, per renderlo uno come
tutti gli altri.
Uno che non ha più singolarità.
Ma questo avviene soltanto in quanto l’uomo
ha la possibilità di spogliare Dio di questa singolarità, di questo parlare dal
punto di vista di Dio.
Però succede che l’uomo spogliandolo di
questo, vede il suo volto, vede la realizzazione di questa bestemmia che l’uomo
porta dentro di sé.
Vede il volto dell’uomo, vede se stesso ma la
realizzazione e nella realizzazione c’è il Pensiero puro di Dio.
C’è questo pensiero puro di Dio.
Quello che era velato, diventa svelato,
aperto.
L’uomo nella realtà non trova Dio, trova se
stesso, vede la sua violenza, vede la sua bestemmia, vede il suo io, vede la
sua volontà realizzata, ma vedendo la sua volontà realizzata, lui vede il Pensiero
di Dio.
Puro!
Quel Pensiero puro di Dio, il frutto che lui,
avrebbe dovuto portare con sè per giungere a vedere Dio nel cielo di Dio, nella
Verità di Dio e non morto qui in terra.
GV 10 VS 33 - Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per
un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio».
Terzo tema - Dallo spogliamento alla gloria.
Argomenti: L’interesse per
conoscere Dio – “Entra nella gioia del tuo Signore” – La passione di potere –
Vedere dal Padre – La bestemmia: togliere a Dio quello che è di Dio – La
comunicazione della volontà di Dio – La singolarità di Cristo – Il rifiuto di
Dio – Le giustificazioni dell’io – L’unico punto di passaggio all’infinito –
Spogliare Dio della sua voce – Cuore e intelletto – Frutti e albero – Mandare a
morte la nostra vita – Il Pensiero puro di Dio -
19-20/ Aprile /1992
L’ultima parte del versetto è questa:
“Essendo tu uomo, ti fai Dio”.
Oggi dobbiamo soffermarci su questa parte.
È Pasqua.
Tanti anni fa, proprio in questo pomeriggio,
a quei due discepoli che stavano ritornando a Emmaus, a un certo momento si
affianca un viandante che vedendoli tristi l’interroga su quale fosse
l’argomento di cui stavano parlando.
E alla conclusione, Gesù dice a questi
viandanti, suoi discepoli: “Stolti e tardi di cuore a capire le scritture e che
era necessario che Cristo patisse e soffrisse tutto quello che ha sofferto”.
Loro erano delusi e quasi scandalizzati,
perché il loro Maestro Gesù era morto e tutte le sue promesse erano svanite.
E Gesù gli dice: “Stolti, a non capire che
tutto questo era necessario, perché Cristo entrasse nella sua gloria”.
Ecco, esprime questa necessità.
È l’argomento su cui ci dobbiamo fermare
questa sera, perché è l’argomento della conclusione del versetto 33.
Cioè, era necessario che Cristo patisse tutte
queste cose e morisse per entrare nella sua gloria.
Cosa si intende per gloria?
Che rapporto c’è tra la morte e la gloria di
Cristo in modo da rendere necessaria la sua sofferenza?
Necessaria per chi?
Mica per Dio.
È necessaria per il compimento del disegno di
Dio.
E l’argomento di oggi è proprio dallo
spogliamento alla gloria.
Spogliamento del Cristo a cui abbiamo già
accennato domenica scorsa, alla gloria di Cristo.
Ecco era necessario questo spogliamento.
Abbiamo visto che tutti i doni di Dio,
portano in sé un intenzione, un anima.
Tutto ciò che Dio ci fa arrivare e tutto ciò che Dio ci ha dato, ha un senso, ha
una direzionalità.
Quando quel signore, quel padrone dà le mine
o i talenti, li dà con uno scopo preciso: fateli produrre.
Poi tornerà a cercare l’interesse che avevano
saputo produrre da quello che avevano ricevuto.
Ci fa capire che tutti i doni di Dio ci
vengono dati con questo senso, con questo significato: devono produrre un
interesse.
E questo interesse, dove lo devono produrre?
Lo devono produrre dentro di noi.
Dentro ogni uomo.
Devono far maturare dentro ogni uomo,
l’interesse per che cosa?
L’interesse per Dio.
L’interesse per il padrone della parabola, è
l’interesse per Dio.
L’interesse per conoscere Dio.
Abbiamo detto che nella fase in cui Lui ci dà
i suoi doni, non ci sono problemi per noi.
Perché noi riceviamo sempre molto volentieri.
È sempre un arricchimento avere e avere di
più.
Tutti i doni che Dio ci fa, ce li fa per far
sorgere e crescere in noi l’interesse per conoscere Dio.
E questo ci fa capire che la nostra vita qui
in terra, vale in quanto fa maturare in noi interesse per conoscere Dio.
E ogni giorno (anche questo) vale per la nostra
vita e quindi dà senso alla nostra vita (altrimenti è un giorno non vissuto,
senza senso), se produce interesse per conoscere Dio.
Interesse che deve crescere al punto tale che
deve assorbire tutto di noi.
Assolutamente tutto.
Deve diventare una passione.
E Dio premia questo interesse che noi avremo
saputo trarre dai suoi doni.
Perché abbiamo visto che due sono le grandi
fasi dell’opera di Dio con ogni uomo.
La fase in cui Dio dona i suoi doni e poi se
ne va lontano e la fase in cui Dio torna per vedere quanto interesse abbiamo
maturato.
Quando Lui dà i suoi doni, li dà ai servi.
Quando Lui torna a cercare l’interesse, torna
per elevare i servi al rango di amici, a suoi famigliari.
E abbiamo detto la volta scorsa che la
ricerca dell’interesse, la seconda fase in cui Dio viene a richiedere a noi,
quello che noi abbiamo saputo trarre da quello che Lui ci ha mandato, è il più
grande dono di Dio, anche se noi, nel pensiero dell’io, lo vediamo come
richiesta, quindi lo vediamo come un Dio che anzichè donare, viene a noi a
chiedere.
Tanto che, da questa visione di richiesta,
può sorgere in noi l’opposizione a Dio.
Ecco l’opposizione, le pietre, la
lapidazione, la passione e la morte di Cristo.
L’opposizione non nasce nella fase in cui Dio
dona a noi le cose, ma nella fase in cui Dio viene a chiedere a noi qualcosa.
Lì scatta il problema.
Perché se noi abbiamo fatto sorgere interesse
per Dio, noi non vediamo la richiesta di Dio come la richiesta di uno che
voglia portare via a noi qualche cosa di quello che Lui ci ha dato, ma la
vediamo come l’occasione per manifestargli l’interesse, l’amore, l’intelligenza
nell’amministrare ciò che Lui ci ha dato.
Quindi direi che è una occasione per essere
valutati.
Infatti dietro questa richiesta
dell’interesse che uno ha saputo trarre, c’è Dio che dice: “Entra nella gioia
del tuo Signore”.
Ecco il passaggio dal servo all’amico, alla
famigliarità: “Entra nella gioia del tuo Signore”.
Evidentemente questo ci fa capire che quel
servo che non ha saputo trarre interesse dal talento, dalla mina, non si sente
dire: “Entra nella gioia del tuo Signore”.
Questo ci illumina fortemente su quella che
sarà la conclusione.
Se non ci sentiamo dire: “Entra nella gioia
del tuo Signore”, vuol dire che noi non possiamo entrare e quindi restiamo fuori
a bussare inutilmente a questa porta che non si apre.
Solo chi ha maturato un interesse può udire
quella voce del Signore.
Come colui che, per grazia di Dio è giunto al
Pensiero puro di Dio, si sente dire personalmente da Dio: “Questo è mio”, solo
colui che ha maturato interesse, soltanto lui e personalmente lui, può sentirsi
dire: “Entra nella gioia del tuo Signore”.
Il problema è questo “entrare”.
Ed è proprio per darci la possibilità di
entrare che, ad un certo momento, è contemplata in Dio, anche questa fase della
opposizione a Dio.
Tanto è contemplata che Gesù stesso dirà ai
suoi discepoli di Emmaus: “Era necessario”
È necessaria questa passione e questa morte.
È necessario che l’uomo rifiuti.
Rifiuti che cosa?
Qui c’è un rifiuto forte perché accusano Gesù
di bestemmia.
“Perché Tu essendo uomo ti fai Dio”.
È terribile.
L’avevano accusato di essere un pazzo, un
alienato, un fissato, l’avevano accusato di essere un demonio ma qui, adesso lo
accusano di bestemmia.
Di bestemmia verso Dio.
Però noi abbiamo visto la volta scorsa che
c’era la menzogna qui sotto.
C’è la menzogna.
Il problema per loro non era la bestemmia, il
problema per loro non era Dio.
L’opposizione dei giudei a Dio, sorge perché
c’è una richiesta di Gesù.
Se non ci fosse la richiesta, non ci sarebbe
motivo di opposizione.
I vignaioli dicevano: “Facciamolo fuori, così
l’eredità sarà nostra”.
“Così la vigna sarà nostra”.
Ecco dove, noi troviamo il vero movente.
Il movente è qui.
L’uomo nel pensiero dell’io, è scatenato
nella passione di possesso.
Che è passione di potere.
E quando incontra qualcuno che viene a
ledere, che viene a sminuire questa passione di potere, questo posto di potere
che l’uomo si assicura, attraverso il possesso delle cose, ecco che l’uomo
ricorre alle pietre.
Abbiamo visto che le pietre sono le ragioni
del mondo.
“I buoi, i campi, la moglie”.
Ecco le ragioni del mondo.
Sono pietre.
Notate che Gesù, Figlio di Dio, si sente dire
dalle sue creature: “Tu bestemmi”.
E sono pietre.
Ho detto che il vero motivo era altro.
Era Gesù che li stava spiazzando dal loro
posto di potere.
Avevano un posto di potere, in campo
religioso, nel tempio.
Nell’essere maestri: “Razza di vipere,
sepolcri imbiancati”.
Qui abbiamo il vero movente.
Loro non volevano essere spiazzati.
C’era il pensiero dell’io che dominava in
loro.
Qui Gesù aveva fatto loro una richiesta ben
precisa: “Io vi ho fatto vedere molte opere buone dal Padre”.
E loro diranno che non lo lapidano per le
opere buone, per i doni che gli dà.
Ma proprio in questo presentare le “opere
buone dal Padre” c’era la richiesta di guardare dal Padre.
Infatti abbiamo notato che i giudei non
dicono più: “Noi non ti lapidiamo per le opere buone che ci fai vedere dal
Padre”, e no!
Loro dicono: “Noi non ti lapidiamo per le
opere buone”.
Non dicono: “Noi non ti lapidiamo per le
opere buone che ci hai fatto vedere dal Padre”.
Perché?
Perché il far vedere le cose dal Padre, il
far vedere le cose da Dio, era una richiesta.
Era Dio che chiedeva loro qualcosa.
Primo: si presentava come Figlio di Dio: “Vi
ho fatto vedere molte opere buone dal Padre”.
Tant’è vero che Lui concluderà dicendo: “Io e
il Padre siamo Uno”.
Bestemmia.
Il far vedere dal Padre, il far vedere dal
Principio, era richiedere ai giudei che lo ascoltavano, di vedere, guardare dal
Principio.
Cioè offriva a loro e quindi chiedeva a loro
di vedere le cose dal punto di vista di Dio.
Ecco la grande richiesta.
Anziché vedere le cose dal punto di vista dei
loro schemi teologici, dal punto di vista delle loro tradizioni, autorità e
istituzioni, Lui chiedeva loro di guardare le cose dal punto di vista di Dio.
“Nessuno mai ha parlato come Te”.
Ed è qui che nasce il concetto di bestemmia:
“Tu che sei uomo ti fai Dio”.
Il dubbio sorge.
Qui abbiamo un Dio che si fa uomo o un uomo
che si fa Dio?
Anche noi siamo infarciti di schemi teologici
e rispondiamo subito che è Dio che si fa uomo, ma queste sono parole.
Se Dio ci parla e ci presenta queste cose, ce
le presenta per farci entrare, per dirci: “Entra nella gioia del tuo Signore!”.
Cioè per farci capire.
Il problema non è rispondere come un disco: è
figlio di Dio, non è figlio di Dio.
Il problema è capire, ed è capire con la
nostra testa, non con la testa degli altri.
Il Signore ama coloro che vogliono capire con
la loro testa.
E che s’impegnano a capire con la loro testa.
Dio ama terribilmente la creatura e quando
uno ama molto, vuole che sia la creatura stessa a giocare la propria vita, a
giocare la propria convinzione.
Cioè vuole che la creatura capisca, e capisca
personalmente, non per sentito dire.
Qui ci troviamo certamente con un uomo che
parla con altri uomini che lo accusano di farsi Dio, essendo uomo.
E in noi nasce il dubbio se sia un uomo che
si fa Dio o Dio che si fa uomo.
È inutile che ci appelliamo ai miracoli.
Non è un motivo sufficiente.
Anche il demonio può fare miracoli.
Noi dobbiamo piuttosto vedere qui che cosa
Gesù propone.
Gesù propone semplicemente il punto di vista
di Dio.
“Vi ho fatto vedere molte opere buone dal
Padre”.
Cioè presentava la volontà di Dio, il punto
di vista di Dio.
Presentava l’intenzione di Dio.
Ma allora era la volontà di Dio che stava
scendendo agli uomini.
Gli uomini possono rivestire tutte le opere
di Dio di una intenzionalità, ma saranno sempre nel dubbio.
È soltanto l’Autore, il Creatore, il
Principio di tutto che può comunicare a noi la sua intenzione, il suo pensiero,
la sua volontà.
Chi è che può comunicare la volontà di Dio in
modo così netto e deciso?
Al punto che nessuna la creatura può
smentirlo.
Dato Dio, la volontà di Dio è questa.
E Cristo te la comunica in modo trasparente.
Qui abbiamo Dio che si comunica all’uomo.
Non abbiamo l’uomo che sale a Dio.
Abbiamo Dio che si comunica all’uomo.
Ma allora i bestemmiatori sono loro.
Non è Cristo che bestemmia.
Qui non abbiamo un uomo che si fa Dio,
abbiamo Dio che sta parlando con gli uomini, è evidentissimo, perché sta
comunicando a loro la volontà di Dio.
E soltanto Dio può conoscere la sua volontà.
L’intenzione è personale della persona
stessa.
E soltanto la persona mi può comunicare
quella volontà.
E quando la persona me lo comunica, me lo
comunica con il sigillo della Verità, perché dico che è vero, e non posso dire
in modo diverso.
Perché il Dio che nessuno di noi può
ignorare, il Dio che ciascuno di noi porta in sè, quando trova Colui che
collega, il Dio che portiamo dentro di noi, con l’intenzione, con la volontà di
Dio, non può fare altro che vedere la coincidenza dell’esterno con l’interno.
Erano quei giudei che stavano facendosi Dio.
Perché non si può non riconoscere che quello
che Lui dice è vero.
Dato Dio, Dio è il Creatore di tutte le cose,
Lui è l’essere assoluto, Lui è il principio di tutto e questa è la sua volontà.
E nessuno la può incrinare.
Soltanto Dio ci presenta con questa purezza
la sua intenzionalità, la sua volontà, il suo pensiero.
Inconfondibile quindi.
Bestemmiare vuol dire togliere a Dio quello
che è di Dio.
Soltanto Colui che ha la luce può illuminare.
Questi giudei stanno togliendo a Dio quello
che è di Dio, per questo dico che stanno bestemmiando.
In Cristo c’è questa singolarità, quindi
unigenicità.
Cristo è Figlio di Dio, perché fa vedere a
noi il punto di vista di Dio.
Ecco per cui nessuno mai ha parlato come Lui
e nessuno mai parlerà come Lui.
Cristo ha questa singolarità: fa vedere le
cose dal punto di vista di Dio, dal Padre.
E l’uomo ha la possibilità di spogliare
Cristo di questa sua singolarità.
Spogliare Cristo di questa sua singolarità,
vuol dire non volere vedere che ascoltandolo, Lui conduce noi a vedere le cose
dal punto di vista di Dio.
Questi giudei, lo hanno spogliato di questa
sua singolarità.
E questi giudei sono specchio per ognuno di
noi.
È misericordia di Dio per noi.
Hanno spogliato Gesù della sua divinità.
Una volta che noi abbiamo fatto di Cristo un
uomo, state tranquilli che lo possiamo cucinare come vogliamo.
Quando Lui si presenta con quella sua
singolarità, la sua ragione è indiscutibile.
Ma se noi trascuriamo questo aspetto, lo
spogliamo di questo aspetto, vuol dire che in noi c’è una intenzionalità
diversa da Dio.
“Questo viene dalla Galilea, non può portarci
niente di buono”, ecco l’etichetta.
Lo vediamo come uno falso, perché noi siamo
falsi: “Vai a Gerusalemme a far vedere i miracoli che fai”.
C’è questo declassare, questo abbassare, questa
entropia spirituale che l’io dell’uomo stesso provoca nel Divino che sta
arrivando a noi.
L’uomo che spoglia Dio.
Ci sono uomini che vogliono essere come Dio o
che sognano di essere Dio.
E Gesù che dice: “Stolti a non capire che
questo spogliamento era necessario”.
Spogliare Cristo della sua divinità è
uccidere Dio e Gesù dice che è necessario.
Per cui Lui si offre.
Dio che scende a noi, Dio che parla con noi.
Noi abbiamo i nostri argomenti umani: i buoi,
i campi, la moglie ma di fronte al Cristo che muore in croce diventano
ridicoli.
Quindi tutti i nostri argomenti sono fasulli.
Non giustificano assolutamente niente.
Il che vuol dire che a fondo di tutto questo
appare una cosa sola: il nostro io che dice no a Dio.
Non c’è un argomento valido su cui il nostro
io si possa appoggiare per dire no a Dio.
Apparentemente l’io si appoggia sui suoi
doveri nella società....apparentemente.
Cristo deve morire affinché “i segreti dei
cuori siano svelati”.
Ecco, quei segreti che prima si nascondevano
dietro i buoi, i campi e la moglie e i doveri, di fronte a Lui che muore in
croce crollano, non tengono perché quelli sono soltanto dei paraventi, dietro
cui si nasconde il pensiero del nostro io.
Perché il nostro io vuole essere al centro e
quindi dice no a Dio.
Ma questo io che vuole mettersi al centro e
non riferisce le cose a Dio ma a se stesso, questo io non ha nessuna
giustificazione.
Il si a Dio ha la giustificazione, il no a
Dio non ha nessuna giustificazione.
Il nostro io non ha nessuna giustificazione
in sé.
Se non questa ribellione a Dio.
Ecco perché costoro che stanno accusando Gesù
di bestemmia, sono loro che stanno bestemmiando.
La singolarità del Cristo è vedere tutto dal
punto di vista del Padre.
La caratteristica del Figlio è questa che
contempla e guarda tutto dal punto di vista del Padre.
E l’uomo nel pensiero dell’io, vede questo
Dio come un Dio che gli vuole portare via il pensiero, il tempo, la vita.
Noi nel pensiero dell’io vediamo quello che
Dio ci toglie, non vediamo quello che Dio ci dà.
La singolarità di Cristo è l’unico punto
dell’universo in cui si può passare dal finito all’infinito.
Questa offerta di Cristo a noi, di guardare
le cose dal punto di vista del Padre, è l’offerta di questo punto, per passare
dal nostro finito, all’infinito di Dio.
Noi spogliando Cristo di questa sua
singolarità, non solo bestemmiamo ma ci priviamo della possibilità di passare
dal finito all’infinito di Dio.
Ecco la porta che si chiude.
“Entra nella gioia del tuo Signore”, si entra
soltanto attraverso il Figlio.
Quello è il punto essenziale, è la
singolarità.
È il punto attraverso cui si passa
all’infinito di Dio.
Se noi ci priviamo di questo, non vedendo o
spogliando Cristo di questa singolarità qui, facendolo uomo, noi mandiamo a
morte il Cristo e ci priviamo così della possibilità di passare dal nostro
finito all’infinito di Dio.
Finito e infinito rimangono.
Noi perdiamo la possibilità di passare, ma
quelli rimangono.
E dove rimangono?
Rimangono in noi.
Ho fatto molte volte l’esempio dell’acqua.
La voce è un punto in cui può passare dalla
sua sete all’acqua.
Però l’uomo con tutta la sua sete, può
entrare in una discoteca per non sentire la voce dell’acqua.
Cosa succede?
La voce dell’acqua non si sente più, perché
la musica nasconde, copre la voce dell’acqua.
Ho spogliato l’acqua della sua voce.
Ho fatto un gran affare!
Entrando in discoteca e non sentendo più la
voce dell’acqua, mi sono privato della possibilità di trovare l’acqua.
È questo che l’uomo fa!
L’uomo non è che faccia fuori Dio, non fa
fuori Dio per niente.
E non è che faccia fuori la sua sete
d’assoluto.
Lui si priva soltanto di arrivare all’acqua,
di dissetarsi
Priva la sua sete di assoluto della
possibilità di giungere all’assoluto.
Perde la possibilità del passaggio dal finito
all’infinito.
L’infinito resta infinito, l’assoluto resta
assoluto e l’uomo resta con la sua fame, la sua sete, la sua povertà, la sua
miseria.
Questo Dio che rimane, e questa fame
d’assoluto che rimane nell’uomo, dove sono?
L’uomo ha fatto fuori Gesù, ha fatto fuori la
voce di Dio che dà a noi la possibilità (singolarità) di vedere le cose dal
punto di vista del Padre, di Dio.
L’abbiamo fatto fuori e cosa abbiamo trovato?
Facendo fuori
Gesù, abbiamo fatto fuori la possibilità del passaggio a Dio,
all’infinito.
Però Dio, l’assoluto rimane e rimane la
nostra fame di Dio, d’assoluto.
Il Pensiero di Dio rimane.
E dove rimane?
Rimane nella nostra coscienza, nella nostra
mente, nel nostro intelletto.
Rimane lì.
Rimane in quel luogo dove noi non lo possiamo
cancellare.
Noi possiamo cancellare Cristo che parla tra
noi.
Tutto il mondo esterno arriva a noi senza di
noi ed arriva a noi attraverso i nostri sensi e fa tutto parte dell’opera
del Cristo, della voce di Dio che arriva
a noi.
Noi lo facciamo fuori, il che vuol dire che
facciamo esperienza che è morto.
“Io non sento più Dio, il mio cuore non lo
sente più, faccio esperienza delle creature, del mondo, però Dio non c’è, è
assente”.
E posso costruire una teoria perfettissima sull’assenza
di Dio e dimostrare che Dio non c’è.
Perché ho dei dati e i dati sono quelli che
io vedo e tocco.
Vedo con i miei occhi, tocco con le mie mani.
“Se io non vedo con i miei occhi e non tocco
con le mie mani, io non credo”, diceva Tommaso.
È una teoria, è una filosofia.
È la vita della maggior parte degli uomini.
Noi facciamo fuori Gesù e non ci accorgiamo
che noi facciamo fuori quella singolarità che sta parlando a noi di Dio, dal
punto di vista di Dio.
Noi lo facciamo fuori perché Dio si offre ad
essere fatto fuori.
Quindi noi esperimentiamo l’assenza di Dio.
Però c’è un luogo in noi, in cui nel modo più
assoluto non possiamo fare fuori Dio.
E questo luogo è l’intelletto.
Noi non possiamo nel modo più assoluto
dimostrare che Dio sia assente nel campo dell’intelletto.
Quindi Dio ha creato in noi questi due grandi
campi.
Il campo dell’intelletto, dell’intelligenza,
del pensiero.
Lì noi portiamo il Pensiero di Dio e non
possiamo minimamente dimostrare che Lui sia assente.
Poi c’è il campo del sentimento, il campo del
cuore e lì noi possiamo tranquillamente dimostrare che Dio è assente.
Perché abbiamo dei dati.
Abbiamo l’assenza di Dio.
Cristo ci dimostra morendo in croce che in
quell’assenza di Dio, centra la nostra volontà.
Ho fatto spesso l’esempio del vaso cinese.
Il vaso cinese c’è e poi per la nostra
distrazione, per il nostro errore, per la nostra colpa si rompe in frantumi.
Le due realtà sono queste: vaso intero prima,
vaso rotto dopo e in mezzo c’è il pensiero del mio io.
Non posso minimamente ignorarlo.
O come l’esempio della mamma che si distrae e
il bambino cade e muore e la madre si trova di fronte a queste due realtà che
non può ignorare.
Bambino vivo prima, bambino morto dopo e in
mezzo il pensiero della mamma con la sua distrazione.
È una realtà che s’impone.
Noi ci troviamo con Gesù prima che parla e ci
fa vedere le cose dal punto di vista di Dio.
Noi (l’io) bestemmia, lo accusa.
Noi (pietre) lo spogliamo, separiamo in Cristo
la sua singolarità, da quella realtà che vediamo e tocchiamo: il suo corpo.
Lo separiamo.
E qui abbiamo quel “peccato dello spirito” di
cui parla Gesù: Frutti e alberi.
Loro dicono che il frutto è buono: “Non ti
lapidiamo per le opere buone” ma l’albero è cattivo: “Tu bestemmi”.
Ecco l’opera del demonio: la divisione.
Il frutto è buono ma l’albero è cattivo.
Così noi ci troviamo con Gesù (una pagina
della storia) che parla a noi le cose dal punto di vista di Dio e poi ci
troviamo con un altra realtà: Gesù che è morto, che non parla più.
Morto.
Tra queste due realtà c’è il nostro io in
mezzo.
Il nostro io perché?
Perché lo ha denudato, lo ha spogliato.
L’ha spogliato di che cosa?
Della sua singolarità.
E questo ci fa capire questa cosa tremenda:
noi rifiutandoci di conoscere Dio, mandiamo a morte Cristo.
Ecco il collegamento che c’è tra la
conoscenza e la vita.
Noi rifiutandoci a questo Dio che scende a
noi parlandoci le cose dal punto di vista di Dio, perché lo vediamo come una
pretesa, noi perdiamo la vita.
Noi togliendo la singolarità a Colui che
parla a noi dal punto di vista di Dio, noi mandiamo a morte Lui e ci priviamo
noi della vita.
“Avete mandato a morte la vostra vita, perché
la vostra vita era lì”.
Perché lì era la possibilità di fare il passaggio
dal nostro finito all’infinito di Dio.
Lì, c’era la possibilità di arrivare alla
conoscenza di Dio.
E noi ci siamo privati della conoscenza di
Dio.
Ecco, noi ci troviamo di fronte a queste due
realtà e a questo io che in mezzo ha
provocato la morte e non lo possiamo
ignorare.
Va bene, Gesù dice che era necessario.
È necessario che l’uomo faccia questa
esperienza.
Esperienza nel campo del sentimento, nel
campo del cuore.
Questa esperienza della morte del Cristo.
Cristo è morto come uomo.
E io faccio esperienza dell’assenza.
Non trovo più Dio.
Dio è assente, Dio è morto, Dio non parla
più.
Ma che io faccia esperienza dell’assenza di
Dio con gli occhi, con i sentimenti, col cuore, questo non mi annulla mica Dio
dall’intelletto.
Nell’intelletto, nessuno di noi può
cancellare Dio.
Per cancellare Dio dovrebbe poter dimostrare
che nell’intelletto Dio non c’è.
E nessuno di noi può dimostrare che Dio non
sia nel nostro pensiero.
E allora cosa succede?
Succede che Dio, attraverso la sua morte ci
rivela la sua esistenza.
E la sua esistenza è là, dove noi non
possiamo fare assolutamente niente.
È quella Verità che noi portiamo in noi, in
modo indiscutibile.
Ed è quella Verità che ci salva.
Cioè Cristo, lasciandosi spogliare, si lascia
spogliare da tutti quei segni che sono esterni e rimane un pensiero solo: il
Pensiero di Dio in noi.
Quindi noi abbiamo il Pensiero di Dio
(l’acqua) in noi, questo pensiero centrale, tutto il resto è tutto segno,
parola di Dio, voce di Dio (voce dell’acqua) che arriva a noi.
Noi spogliamo Dio della sua voce ma non
possiamo spogliare Dio di Sé.
Noi con le nostre discoteche, possiamo
annullare la voce dell’acqua, ma non possiamo annullare l’acqua e non possiamo
annullare la nostra sete.
Noi annulliamo soltanto la possibilità di
passare dalla voce all’acqua.
Noi mandando a morte Cristo e Cristo
lasciandosi uccidere da noi, ci fa entrare nella sua gloria.
La gloria del Figlio di Dio è il Pensiero
stesso di Dio, puro.
Noi annulliamo la voce e ci resta la realtà:
il Pensiero puro di Dio che portiamo in noi e che non possiamo annullare.
Cristo che muore in croce ci annulla tutte le
voci di Dio, ma resta nudo in noi come Pensiero puro di Dio
Però notate bene che questo Pensiero puro di
Dio in noi, che ci viene svelato, come ci viene svelato dal Cristo che muore in
croce, diventa una tragedia per noi.
Perché noi ci siamo privati della possibilità
di passare dal finito all’infinito.
È il Pensiero puro di Dio, non visto dal
Padre.
E questo ci mette nella impossibilità
assoluta di potere conoscere Dio.
Di poterci riposare in Dio.
Di poter capire che cosa è questo Pensiero
puro di Dio che portiamo in noi.
Il Pensiero puro di Dio in noi è Dio stesso.
Ma se noi ci siamo privati della possibilità
del passaggio (singolarità) dal nostro finito all’infinito, il Pensiero puro di
Dio lo costatiamo perché col Cristo che muore in croce si svela, però soltanto
il Padre conosce il Figlio.
E se noi non siamo passati a vedere le cose
dal punto di vista del Padre, dal Padre, questa presenza di Dio in noi, costituisce
il nostro inferno.
Era necessario.
Era necessario che il Cristo patisse e
morisse, quindi si facesse opera nostra perché facendosi opera nostra si
interiorizzava,
Quindi noi abbiamo scoperto, attraverso la
sua morte della Realtà.
Noi siamo portatori del Pensiero di Dio in
noi e non sappiamo cosa sia questo Pensiero di Dio.
Questo pensiero di Dio in noi, è Dio che
entra nella sua gloria.
Però la gloria di Dio in noi non capita può
diventare un inferno.
Se capita invece questa ci porta nella gioia.
“Entra nella gioia del tuo Signore”.
Pinuccia A.: Noi possiamo spogliare Cristo
della sua singolarità, perché così se lo riduciamo a uomo ne facciamo quello
che vogliamo.
Solo così possiamo ucciderlo e uccidendolo lo
interiorizziamo e resta in noi come Pensiero di Dio.
Però questo Pensiero di Dio noi non possiamo
cancellarlo.
Luigi: E non possiamo giustificarlo.
Non abbiamo giustificazione.
Perché non siamo passati a vedere la cose dal
punto di vista del Padre.
Abbiamo tolto la singolarità.
La singolarità è il punto di passaggio dal
nostro finito all’infinito.
“Nessuno può venire al Padre se non per mezzo
di Me”.
Quindi abbiamo questa singolarità
caratteristica, punto fondamentale per il passaggio dal finito all’infinito.
Il nostro finito è tutto sete d’infinito,
passione d’assoluto, perché portiamo questo assoluto in noi.
Ora, Cristo che parla con noi, parla e ci fa
vedere le cose dal suo punto di vista, se noi aderiamo, appunto perché ci fa
vedere le cose dal suo punto di vista, passiamo all’infinito e quindi abbiamo
la possibilità di giustificare.
In caso diverso no.
Il Pensiero di Dio non possiamo
giustificarlo.
Questo Pensiero di Dio prima è velato in noi,
con Cristo che muore in Croce è svelato, cioè abbiamo la voce di Dio che si
estingue.
Noi soffochiamo la voce di Dio, togliamo la
singolarità a Cristo, noi ci priviamo della possibilità del passaggio, però i
due termini rimangono: l’infinito rimane e il mio finito rimane.
L’infinito si svela ma io non posso
attingerlo.
Il Pensiero di Dio lo porto in me
indiscutibilmente ma io non posso conoscerlo, perché soltanto il Padre conosce
il Figlio.
E se io non ho fatto il passaggio a guardare le cose dal punto di vista del
Padre, io subisco questo Pensiero di Dio senza avere nessuna possibilità di
conoscerlo.
Uccidendo il Cristo interiorizzo il problema, e la sua nudità è la mia nudità,
cioè non sono giustificato, non ho giustificazioni.
Quindi mi trovo con una realtà in cui il mio io è causa, movente,
Però questo movente non ha nessuna giustificazione in sé della cosa.
Quindi tu hai introdotto una cosa che nel pensiero del tuo io, tu non puoi
minimamente giustificare.
E tu non puoi uscire dal pensiero del tuo io.
Perché il passaggio obbligato per uscire dal pensiero del tuo io è solo quello
che ti offre il Figlio di Dio.
In quanto ti parla dal punto di vista del Padre, in quanto ti fa vedere le cose
dal Padre.
Facendoti vedere le cose dal Padre ecco che ti assorbe dal pensiero dell’io, al
Pensiero di Dio, a vedere le cose dal punto di vista di Dio, Dio è un infinito
e fai il salto dal finito all’infinito.
In caso diverso no.
Pinuccia A.: Ritrovandomi con questo Pensiero puro di Dio in me, che possibilità ho di
fare il passaggio?
Luigi: Non hai nessuna possibilità.
Se non hai accolto il Padre, cioè il punto di vista di Dio in te e quindi lo
hai fatto fuori, tu non hai alcuna possibilità di fare il passaggio.
San Paolo, mi pare in una lettera ai Filippesi dice: “Tutte le volte che voi
mangiate questo pane e bevete questo vino, voi annunciate la morte del Signore,
fino a quando Egli verrà”.
Il che vuol dire che noi annunciamo la morte del Signore, non annunciamo mica
la Resurrezione, annunciamo la morte.
E fino a quando Egli non viene, noi non facciamo altro che annunciare sempre la
morte a noi stessi,
Quella morte che è stata causatata da me, perché ho spogliato il Figlio di Dio
della sua singolarità.
Cioè non ho visto che in questo Figlio di Dio che mi faceva vedere le cose dal
Padre, c’era l’offerta a me, dedicandomi alle sue parole, di passare al Regno
della conoscenza da Dio.
Poiché è soltanto da Dio che si entra nel Regno di Dio.
Se io ho escluso questo, non ho nessuna possibilità.
Per cui la presenza di Dio in me, diventa un inferno.
Diventa la presenza di Colui che non posso capire.
Presenza che non posso capire e presenza che non posso annullare.
E tu sei costretta a convivere con una presenza che non capisci.
Noi non facciamo altro che annunciare sempre la morte del Figlio di Dio, la
morte di questo annuncio, fino a quando Egli verrà.Dice: “Era necessario che tutto
questo avvenisse, affinche potesse entrare nella sua Gloria”.
Cioè perché potesse rivelarsi come Pensiero di Dio.
Però la manifestazione della gloria di Dio può essere per noi un inferno.
Il problema è un problema di conoscenza.
Franco: Era necessario che entrasse nella sua gloria, per dare anche agli uomini
la possibilità di vedere la sua Gloria e invece da come l’hai presentata
sembrerebbe che non c’è più speranza, mentre la morte di Cristo dovrebbe essere
ancora motivo di salvezza.
Luigi: Tutto quello che fa Dio, anche la sua offerta di essere annientato è
sempre per salvare l’uomo.
Tutto va sempre inteso nel Pensiero di Dio, nell’Intenzione di Dio che fa tutte
le cose perché l’uomo possa giungere alla salvezza, possa giungere a conoscere
Dio.
Cosa vuol dire questo?
Che la morte di Dio intelletta, vista dal Padre, ti dà la possibilità di
salvezza.
Non intelletta diventa motivo d’inferno per te.
Perché tu resti solo.
Quello che tu hai fatto fuori che era fuori, e tutto il mondo esterno si sintetizza
in Cristo, s’interiorizza in te.
Tu uccidendo una persona fuori, tu dici che l’hai fatta fuori ma tu l’hai
interiorizzata, fuori non ce l’hai più, fuori era un aiuto per te.
Tu hai fatto fuori un aiuto ma adesso tu la porti dentro di te.
E la porti dentro di te, come una condanna.
Come una ossessione.
Perché se tu non riesci a giustificare da Dio la cosa, quello ti condanna,
perché tu non puoi giustificare.
Però tu non puoi annullarlo.
Tu lo hai annullato fuori, non puoi annullarlo dentro.
Il tuo delitto, tu lo fai fuori ma lo interiorizzi.
E non c’è nessuna possibilità di cancellarlo questo delitto.
Franco: Però c’è ancora la possibilità di capirlo...
Luigi: Se tu lo vedi dal Padre.
Franco: Però hai detto che in quel punto già si è ucciso il punto di vista del
Padre.
Luigi: Ecco, appunto tu non devi ucciderlo.
Franco: Ma uccidendo il Cristo ho ucciso proprio il punto di vista del Padre...
Luigi: Ho detto che se tu uccidendo Cristo, lo vedi ancora dal punto di vista di
Dio, hai la possibilità, in caso diverso questo s’interiorizza, diventa tuo
pensiero.
Ma un pensiero senza giustificazione.
Tu hai un pensiero in te che non puoi minimamente giustificare.
Allora attraverso la morte del Cristo fuori, Cristo è entrato dentro di te, è
divenato tuo pensiero ma è un pensiero ossessivo, perché sei tu che lo hai
ucciso, prima ce lo avevi, parlava con te e adesso non parla più.
È diventato tuo pensiero ma è un pensiero che non riesci a giustificare nel
pensiero del tuo io.
È soltanto con Dio che tu puoi giustificarlo.
Questo in quanto è avvenuto, è avvenuto per dare a noi la possibilità della
salvezza, per farci capire l’importanza della conoscenza da Principio, l’importanza di guardare le cose dal punto di
vista di Dio.
Si parla di conoscenza in quanto tu hai un principio di una cosa.
L’importanza della conoscenza per la tua
vita.
Altrimenti se tu non metti prima di tutto
nella tua vita la conoscenza di Dio, quindi questo guardare le cose dal Principio,
altrimenti quello che entra dentro di te, non è più giustificabile e diventa
motivo di condanna.
Cioè Cristo che muore in croce è motivo di
salvezza ma anche motivo di condanna.
Franco: Quindi lì l’unica uscita è ritornare alla giustizia essenziale.
Luigi: Cioè, se tu colleghi ogni avvenimento, anche
la morte del Cristo con Dio Creatore.
Se noi notiamo a fondo, in Cristo che muore
in croce, c’è una parola di salvezza.
Cristo muore in croce non per mia volontà ma
per volontà del Padre.
E offre a me che lo chiamavo bestemmiatore,
la possibilità di vedere dal Padre, perché Lui è morto per volontà del Padre.
Cioè nel Cristo che muore in croce, c’è
ancora una singolarità.
Franco: Il fatto che la sua morte è volntà di Dio.
Luigi: Ecco, se io non spoglio Cristo, non proietto
soltanto il pensiero del mio io sulla sua morte, ma accolgo la parola che Lui
mi dice morendo e se io guardo questo mio delitto dal punto di vista del Padre
a cui Lui mi rimanda: “Padre nelle tue mani io rimetto il mio Spirito”.
Cosa vuole dire?
Cioè affida al Padre lo spirito di questa
morte che Lui sta subendo.
Quasi a dire che pone nel Padre la
giustificazione di questa morte.
Per cui per chi ascolta, c’è una singolarità
lì.
Non muore come muore ogni uomo.
Muore come singolarità, come Figlio di Dio.
Muore come uomo ma muore come Figlio di Dio,
in quanto mi presenta una singolarità, cioè la possibilità di vedere la sua
morte dal punto di vista del Padre.
E se io metto la conoscenza prima di tutto,
ho la possibilità d’intendere la sua morte in funzione del mio passaggio,
quindi ho il passaggio.
Altrimenti mi resta il pensiero nudo, perché
vengo spogliato da tutte le opere che Dio ha fatto a cui ho tolto la
singolarità del Dio che parla in me in tutte le cose e io resto con il mio
delitto e il Pensiero di Dio che non posso cancellare.
Io posso cancellare tutte le opere di Dio
poiché mi arrivano attraverso i sensi ma non posso cancellare il Pensiero di
Dio.
Perché Dio è nell’intelletto.
Ed è da questa presenza di Dio che io resto
condannato.
Franco: Davanti alla croce sentimentalmente sono io
che l’ho ucciso, intellettualmente c’è la parola di Cristo che mi dice che è
morto per volontà del Padre.
Luigi: Certamente.
GV 10 VS 33 - Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera
buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio».
RIASSUNTI Domenica – Lunedì
Argomenti: Lo spogliamento di
Cristo - La singolarità di Cristo – Giustificare l’assenza di Dio – I due tempi
dell’opera di Dio –L’ossessione – Spaziotemporale – Possesso e comprensione –
Singolare e banale – Il demonio – Vedere dal Padre -
26-27/ Aprile /1992