A lui il portinaio gli apre e le pecore ascoltano la sua voce egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori.
Gv 10 Vs 3 Primo tema.
Titolo: La
funzione del portinaio.
Argomenti: Il
vero Pastore propone il fine e lo rende possibile. Lontano e vicino a Dio. La trasparenza è data dal fine unico. Il fine dà identità alla vita. Chi è il portinaio? Ascolto e attenzione. Pensare è scegliere. La veglia. Il
Figlio di Dio è il passaggio per giungere a vedere il Padre.
6/agosto/1989 Casa di preghiera
Fossano.
Dall’esposizione
di Luigi Bracco.
Questa sera ci fermiamo alla prima parte di questo
versetto: "A Lui il portinaio apre".
Anche qui essendo Parola di Dio, e quindi parola
personale per ognuno di noi, dobbiamo chiederci quale lezione per la
nostra vita essenziale Gesù, Figlio di Dio, vuole dare a noi, presentandoci
questa scena, questa figura del portinaio.
Già precedentemente aveva detto, parlando dell'ovile, che
c'è chi passa per la porta dell'ovile e c'è chi entra altrove e aveva
precisato:"Chi non passa per la porta è ladro e brigante, non viene altro
che per rubare e uccidere".
Quando ci siamo soffermati su questa affermazione,
abbiamo visto che coloro che non passano per la porta dell'ovile sono quanti si
presentano a noi proponendoci come fine altro dalla conoscenza di Dio.
Siamo stati creati per conoscere Dio, la vita eterna sta
nel conoscere Dio, la salvezza sta nel conoscere Dio.
"Dio vuole che tutti si salvino e giungano a
conoscere la Verità."
La
Parola di Dio fa coincidere la salvezza con il vedere la Verità,
con la conoscenza di Dio, poiché Dio è Verità.
La Verità d'altronde la si trova solo conoscendola.
Dio si trova solo conoscendolo.
E aveva precisato che Colui che passa per la porta
dell'ovile è Colui che propone come fine, ad ogni uomo, la conoscenza di Dio.
Questo è il vero Pastore che viene a dare la vita.
La nostra vita è nascosta in Dio.
Chi viene a dare a noi la possibilità di conoscere
Dio viene a darci la vita.
Ora il vero Pastore che propone ad ogni uomo il fine per
cui Dio stesso lo ha creato (conoscere Dio), non soltanto lo propone ma lo
rende possibile.
Il
vero Pastore propone il fine e lo rende possibile.
Abbiamo anche visto in cosa consiste questa possibilità.
Perchè gli uomini esperimentano che non basta proporre (o
proporsi) una cosa per poterla fare.
Se c'è una cosa che esperimentano gli uomini è l'impossibilità,
è l'impotenza.
Non basta dire a uno: "Fa questo!".
Perchè lui lo faccia o lo possa fare.
Ci sono molti limiti.
Però la parola stessa di Dio dice che presso Dio tutto è
possibile.
E questo ci fa capire perchè ci sono le impossibilità.
L'impossibilità che l'uomo esperimenta è segno di
lontananza da Dio.
Perchè presso Dio tutto è possibile.
Colui che viene a noi proponendoci la conoscenza di Dio
che all'uomo è impossibile, per renderla possibile ci avvicina a Dio, poiché
presso Dio, cioè vicino a Dio tutto è possibile.
Quando abbiamo parlato di lontananza e di vicinanza, ci
siamo anche chiesti in che cosa consiste questo essere vicini e questo essere
lontani.
Ed
abbiamo visto che la lontananza è data dalla molteplicità di interessi, molteplicità
di amori, molteplicità di fini.
La vicinanza invece è data dall'unicità del fine,
dall'unico amore, per cui tanto più noi ci avviciniamo quanto più noi
semplifichiamo la nostra vita.
Il Pastore per rendere possibile a noi la conoscenza di
Dio, viene a semplificare la nostra vita, a raccoglierla in una cosa sola.
Infatti Lui dice: "Una cosa sola è necessaria,
cercate prima di tutto il Regno di Dio e tutto il resto vi sarà dato in
sovrappiù".
È Parola di Dio!!
Parola del Creatore!!
Parola del Signore dell'universo, del protagonista di
tutti gli avvenimenti, di tutta la storia e della nostra stessa vita!
Lui dice:"Cercate prima di tutto il Regno di Dio e
tutto (tutto, quindi niente escluso!) vi sarà dato in sovrappiù".
Lo dice per semplificare la nostra vita.
Colui che viene come Pastore per rendere possibile la
conoscenza di Dio, quindi per dare all'uomo la possibilità di entrare nella
vita eterna, perchè la vita eterna è conoscere Dio, viene a darci la
possibilità di vivere per una cosa sola, un interesse unico, un fine unico, un
amore unico.
Perchè soltanto in questa unicità, in questa semplicità
c'è la vicinanza a Dio, quella vicinanza in cui tutto è possibile.
Dove l'amore è unico, l'interesse è unico, dove il fine è
unico.
Lì c'è la trasparenza.
E dove c'è la trasparenza c'è la comunicazione, c'è la
partecipazione.
Per questo noi troviamo tanto difficile giungere a questa
presenza, a questa comunione, a questa partecipazione di Dio, che pur non
possiamo negare perchè nessun uomo la può negare.
Troviamo tanto difficile perchè abbiamo tanti interessi,
abbiamo troppi amori e dobbiamo buttare via tante cose.
Dobbiamo semplificare se vogliamo giungere là dove le
cose si rendono possibili.
E poi siamo giunti all'identificazione di questo Pastore che
propone e rende possibile questo.
E proprio nel terzo tema del versetto 2 abbiamo visto che
questo Pastore è il Figlio di Dio: identificazione del Pastore.
Gesù dice: "Li riconoscerete dai loro frutti".
Il
processo di identificazione delle persone si ha conoscendone il fine.
È il fine che dà identità alla nostra vita.
Se ci sono crisi di identità negli uomini è perchè a un
certo momento non sanno più per che cosa vivere.
Quando non si sa più per che cosa vivere, tutte le cose
perdono di significato.
Anche la nostra stessa vita, anche noi stessi.
Non sappiamo più chi siamo, crisi di identità!
Perchè la consapevolezza di quello che siamo non è in
noi.
Viene da altro.
È l'altro che ci rende consapevoli.
Viene dal fine per cui noi viviamo, se l'altro per noi è
il nostro fine.
Ora Gesù dice: "Li riconoscerete dai frutti",
da ciò che vi propongono come fine.
Abbiamo visto che chi propone come fine altro dalla
conoscenza di Dio è ladro e assassino perché porta via la vita.
E a un certo momento ci fa incontrare la crisi di
identità, la vanità del tutto, l'inutilità del vivere.
E quando l'uomo scopre l'inutilità del vivere, non riesce
più a sopportare la sua vita.
Perchè la vita è possibile ed è sopportabile fintanto che
ha un significato.
È il significato che rende valida la nostra vita.
Ma a un certo momento i valori si rendono evidenti e il
centro di ogni significazione viene da Dio, e se noi non abbiamo Dio come fine
della nostra vita, tutti gli altri valori vengono annullati, perchè è
necessario che si renda evidente l'unico vero valore e l'unica sorgente dei
valori.
Evidenziandoci il vero valore, c'è il giudizio su tutti
gli altri valori e chi è vissuto per altro, esperimenta l'inutilità, la vanità
e quindi l'insopportabilità del vivere che non ha più un perchè, che non
ha più un significato.
Ora qui entra un'altra figura, oltre al Pastore abbiamo
la figura del portinaio.
Qui Gesù dice che al Pastore il portinaio apre.
Abbiamo detto che è Parola di Dio e quindi dobbiamo
chiederci quale significato, quale lezione, sopratutto che cosa Dio ci vuol
rivelare di Sé, poiché vale soltanto ciò che è eterno.
In ogni Parola di Dio c'è qualcosa di eterno che arriva a
noi, e noi non dobbiamo fermarci all'effimero, a quello che passa, non dobbiamo
fermarci ai sentimenti.
I sentimenti e le sensazioni passano, non dobbiamo
fermarci a ciò che vediamo e tocchiamo, dobbiamo andare oltre.
Oltre fino a quando non vediamo nel segno ciò che di
eterno Dio ci vuol comunicare in esso.
E qui dobbiamo chiederci che cosa di eterno Dio ci vuol
comunicare presentandoci questa figura: il portinaio.
Quello che è strano è questo, il Padrone dell'ovile si
sottomette al portinaio.
Abbiamo visto che il Pastore si caratterizza in questo:
ha le chiavi dell'ovile, ma non le tiene per Sé.
La meraviglia di Dio è questa: che dà le chiavi a coloro
che lo ascoltano, dà le chiavi del Suo Regno!
Gesù precisa:"Non temere piccolo gregge, perchè
piacque al Padre vostro dare a voi il Regno": dato nelle mani!
È l'autorità del mondo che tiene le chiavi per sé ed
esercita il potere.
Il Pastore non esercita il potere, il Pastore serve e
consegna le chiavi.
Lui stesso si sottomette alla creatura, al portinaio
(portinaio è colui che ha le chiavi) e attende che il portinaio apra.
Gesù stesso si definisce nell'Apocalisse come Colui che
bussa alla porta e dice "Se qualcuno ode la mia voce e mi apre, Io
entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con Me.
Dice: "Se qualcuno ode la mia voce e mi
apre...."
Dobbiamo
chiederci chi è questo portinaio cui Dio affida le chiavi per aprire a Lui che
viene?
Dio essendo Colui che è, è Colui che viene.
Il tempo che passa è Dio che viene.
Nella vita di ogni uomo c'è un portinaio e noi tutti
facciamo esperienza della presenza di questo portinaio perchè ognuno apre a
certe cose e chiude ad altre.
E dobbiamo chiederci come mai?
Come mai non tutti aprono allo stesso e come mai non
tutti chiudono allo stesso?
C'è una diversità infinita nelle scelte degli uomini.
E cosa è che determina questo?
Gli uomini si giustificano dicendo che è il libero
arbitrio, ognuno apre a chi vuole.
Eh no, non si apre a chi si vuole.
Si è determinati in questa apertura.
Una cosa che l'uomo esperimenta è proprio questa
impotenza, questa impossibilità a seguire certe proposte.
L'uomo non è libero di volere.
Allora chiediamoci: cos'è che fa aprire a certe
proposte e fa chiudere a altre?
Cosa è questo portinaio che è in ogni uomo?
Ogni uomo si caratterizza per il fine, per ciò che mette
al di sopra di tutto nella vita.
È il fine che caratterizza l'uomo.
La personalità di ognuno è determinata da ciò per
cui vive.
Ed è proprio ciò per cui vive che determina il portinaio
che apre e chiude nella vita di ognuno di noi.
Anche qui dobbiamo chiederci come mai ci sono tanti fini?
L'uomo è stato creato per un fine unico e come mai ci
sono tanti fini?
E chi è questo portinaio che apre al Pastore?
Evidentemente se abbiamo fini diversi da Dio il portinaio
che portiamo dentro di noi non apre al Pastore, apre ad altri.
Apre cioè a coloro che corrispondono al nostro fine.
Ognuno andrà alla ricerca di quei maestri che soddisfano
i suoi interessi.
Per cui ognuno di noi apre a quei maestri che rispondono
agli interessi della sua vita.
Dobbiamo chiederci, quando è che in noi c'è il portinaio
che apre al Figlio di Dio?
Al Pastore delle pecore?
Che apre cioè a Colui che viene a proporre come fine la
conoscenza di Dio.
Perchè se noi abbiamo altri fini, abbiamo altri portinai.
Dio può bussare alla porta della nostra casa, può proporci
come fine la conoscenza di Dio, ma noi non possiamo volerlo perchè abbiamo
"i buoi i campi e la moglie...".
Siamo impossibilitati.
Il portinaio è colui che ha le chiavi.
Ma dobbiamo chiederci a chi Dio dà le chiavi?
Troviamo
nel Vangelo l'episodio di Pietro, a un certo momento Dio dà
le chiavi a Pietro.
Ma quando e perchè gliele dà?
Gliele dà perchè a un certo momento Pietro dice su
interrogazione di Gesù (perchè l'iniziativa è sempre di Dio, è Dio che ci
interroga) chi fosse il Messia (qualcuno aveva detto :”Il Messia deve essere
Giovanni Battista oppure un grande profeta").
Pietro risponde:"Sei Tu Figlio del Dio vivo".
È qui che Gesù dice: "Beato te Pietro perchè non la
carne, non il sangue, non la tua volontà, non l'uomo o non gli uomini, non le
istituzioni, non la legge ma è il Padre mio che te lo ha rivelato".
D'altronde Gesù sarà chiarissimo quando dirà:
"Nessuno conosce il Figlio se non il Padre".
Quindi nessuno può riconoscere il Cristo, il Figlio di
Dio se il Padre non glielo rivela.
Questo ci fa capire una cosa importante : come si forma
il portinaio che apre al Figlio di Dio: ascoltando il Padre.
Anche qui dobbiamo chiederci, forse il Padre non parla a
tutti?
Il Padre è Dio Creatore e Dio Creatore parla con tutti.
E perchè il Padre a un certo momento rivela a Pietro che
Gesù di Nazareth è il Figlio di Dio?
Se parla a tutti, tutti quanti hanno questa possibilità.
Sì il Padre parla con tutti, ma c'è una differenza
grandissima tra colui che parla e si fa sentire (perchè in quanto parla si fa sentire)
e l'uomo che ascolta.
Tutti quanti noi sentiamo l'opera di Dio, tutti quanti
noi subiamo la creazione di Dio: e questo è sentire la Parola di Dio, perchè
tutto è Parola di Dio.
Tutti quanti noi siamo spettatori delle opere di
Dio che Dio fa nell'universo e fa nella nostra vita personale.
Però c'è una grandissima differenza tra il Dio che parla
e l'uomo che ascolta.
Dio parla, tutti subiscono il suo parlare.
Pochi lo ascoltano.
E chi è che ascolta?
Ascolta
colui che pone attenzione a ciò che gli giunge.
Non solo ma ponendo attenzione collega ciò che gli giunge
con Colui che glielo fa giungere.
Questo congiungimento tra il segno, il rumore, la parola,
tra la creatura e Dio avviene solo nella mente.
Perchè è solo con la mente che noi possiamo uscire dalla
contingenza delle cose.
È solo con il pensiero che noi possiamo superare i segni,
il rumore delle cose, le parole ed elevarci a Colui che fa queste cose,
che fa giungere a noi le sue parole, i suoi segni.
È solo con il pensiero e Dio ha dato a noi questo
pensiero, questa possibilità di congiungere le sue opere con Lui stesso.
Qui abbiamo l'ascolto.
Ascolta colui che cerca di capire il significato delle
cose.
Che non si ferma al rumore delle cose.
Che non si ferma ai sentimenti.
Il sentimento è un rumore.
Non si ferma ai sentimenti che le cose o le creature
provocano nella sua vita.
Non si ferma ai segni ma va oltre e cerca il significato.
E il significato c'è solo presso Uno solo: presso Colui
che opera queste cose.
Si tratta di elevare la mente a Colui che fa queste cose.
Questi è colui che ascolta il Padre.
Ma elevare la mente, siccome, vuol dire fare una
scelta e questa è una grande rivelazione.
Non possiamo servire a due padroni, sopratutto nel
pensiero.
Si pensa a una sola cosa per volta.
E quando si pensa a una cosa sola, si mette questa prima
di tutto, perchè tutte le altre si mettono in secondo ordine.
E quindi si fa una scelta.
Ecco, la scelta avviene nel pensiero.
Di fronte alla proposta di Dio (il nostro pensiero da
solo non fa niente, il nostro pensiero non è libero, così come la nostra
volontà non è libera), a Dio che si annuncia (si annuncia attraverso tutte le
sue opere, le sue parole), di fronte all'iniziativa di Dio la nostra mente si
può elevarsi a Lui, può mettere Lui prima di tutto, al di sopra del lavoro, al
di sopra dei buoi, dei campi, degli interessi, al di sopra della moglie, al di
sopra di tutto: pensa Dio!
E quando uno pensa a Dio non può pensare ad altro.
È proprio nel pensare a- che si prende consapevolezza
di-.
È proprio nel pensare a Dio Creatore, nel pensare al
Padre che si ha la possibilità di riconoscere il Pastore (viene dal Padre!).
"Perchè non la carne, non il sangue, non la tua volontà,
non il tuo amore, non i tuoi sentimenti t'hanno fatto capire chi Io sono, ma il
Padre" e il Padre non si confonde con nessuna creatura, con nessuna
istituzione, con nessuna società, con nessun sentimento: "Il Padre te lo
ha rivelato!"
Qui c'è la comunicazione.
C'è il Figlio che dà le chiavi.
Ora colui che riceve le chiavi non è un figlio, è un
servo.
Il portinaio è un servo.
E il compito di colui che ha le chiavi, cioè il compito
del portinaio è quello di vegliare in attesa del padrone.
Sarà il Vangelo della liturgia di domenica prossima .
Troveremo proprio questa lezione di Gesù.
Del servo che deve vegliare nella notte in attesa che
arrivi il padrone.
Qui Gesù ha una affermazione stupenda, bellissima.
Prima dice:"Guai a quel servo che a un certo momento
si stanca di vegliare, perchè se smette di vegliare, quando il padrone arriverà
lo metterà tra gli infedeli" (cioè non fedeli).
E invece dice:"Beato quel servo che sarà stato
fedele nel vegliare e appena il padrone arriverà subito gli aprirà".
E qui dice una cosa bellissima questa: "Perchè
allora il padrone metterà il servo a tavola, lo vestirà dei suoi abiti e lo
servirà".
A
questo punto scopriamo che il servo non è più il servo, il servo è diventato
figlio.
Ecco dico la cosa meravigliosa.
Se il portinaio che ha ricevuto le chiavi perchè ha
ascoltato il Padre e veglia in attesa che arrivi il padrone e appena arriva
subito gli apre, ci sarà un passaggio di qualità, passaggio da servo ad amico,
passaggio da servo a figlio.
La condizione essenziale è questa: la veglia.
Abbiamo parlato molte volte dell'importanza di questo
vegliare che distingue e caratterizza il portinaio fedele.
Perchè proprio attraverso questa veglia si forma
l'anima capace.
Capace di accogliere il Figlio e di essere servita dal Figlio
fino al punto di ricevere la partecipazione al Figlio stesso.
Il Figlio lo serve fino a farlo diventare figlio, una
sola cosa con Lui.
E qui sorge il problema.
Se ha già ascoltato il Padre, che bisogno c'è di passare
dal Padre al Figlio?
Perchè se è già in ascolto del Padre, che bisogno c'è a
un certo momento di questo passaggio dal Padre al Figlio, perchè attraverso il
Figlio si diventi figli di Dio?
Chi ascolta il Padre forse non è già figlio?
La caratteristica del Figlio è proprio questa: essere in
ascolto del Padre.
Anche qui abbiamo la Parola di Dio che ci fa capire
perchè c'è la necessità di questo passaggio dal Padre al Figlio.
Gesù dice:"Erano tuoi e Tu li hai dati a Me".
Con questo non chiarisce perchè se erano del Padre il
Padre adesso li dà al Figlio.
Per quale motivo?
Abbiamo una altra Parola di Dio che ci dice: "Chi ha
ascoltato il Padre viene a Me".
Chi ha ascoltato il Padre viene a Lui.
Infatti abbiamo visto che a Pietro (Pietro rappresenta
ognuno di noi, perchè è tutto segno per ognuno di noi), che ha ascoltato il
Padre, Gesù dice: "Beato te perchè è il Padre che te lo ha rivelato".
Avendo ascoltato il Padre riconosce in Gesù il Figlio di
Dio.
Gesù dice: "Chi ha ascoltato il Padre viene a Me,
ecco perchè voi non ascoltate, perchè voi non potete seguirmi, non mi potete
ascoltare perchè non siete da Dio".
Ma anche lì il problema non è risolto perchè dice:
"Chi ha ascoltato il Padre viene a Me", ma perchè?
Abbiamo la terza Parola di Dio che finalmente ci dice:
"Nessuno ha mai visto il Padre se non il Figlio"
Solo il Figlio ha visto e vede il Padre.
Ah qui sì!
Qui incominciamo a capire qualche cosa.
Se la nostra vita eterna, la nostra salvezza sta nel
giungere a vedere il volto di Dio.
Quindi a conoscere Dio.
Quindi a conoscere il Padre.
Perchè soltanto il Padre conosce il Figlio.
E dalla conoscenza del Padre e del Figlio viene lo
Spirito Santo.
Qui abbiamo la cosa chiarita.
Se solo il Figlio di Dio vede il Padre e nessun altro lo
ha mai visto e nessuno lo vede, evidentemente il passaggio per giungere a
vedere il Padre è obbligato: è il Figlio di Dio.
Ma allora salta fuori un altro problema, ed è questo, non
basta ascoltare, quando si ascolta si ascolta ma non si vede.
Ecco, la condizione per arrivare al Figlio è di aver ascoltato
il Padre.
Ma chi ascolta il Padre ascolta Uno che non vede .
Però soltanto ascoltandolo va al Figlio.
Perchè soltanto il Figlio vede.
Tutto è opera di Dio Padre, di Dio Creatore, tutto è
segno di Dio e abbiamo detto che tutti i segni sono dei rumori.
Ora noi possiamo ascoltarli questi rumori.
Però evidentemente quando noi ascoltiamo dei rumori, non
vediamo la sorgente.
Se noi vogliamo passare dal rumore alla sorgente del
rumore, dobbiamo porre attenzione ed andare a cercare.
"Dove è la sorgente di questo rumore?".
Notate che noi siamo inquieti fintanto che non vediamo la
sorgente del rumore.
O la sorgente del segno.
O la sorgente della parola.
Soltanto quando troviamo questa sorgente troviamo la
pace.
"Ho visto, ecco, il rumore viene da quel punto là".
Quando vediamo il pensiero: "Ho capito!".
"Questa parola viene da quel pensiero là, da
quell'intenzione là".
Questo ci fa capire una grande cosa.
La nostra pace non sta nella parola, non sta nel rumore,
non sta nell'ascolto.
L'ascolto ci mette in movimento, il rumore ci mette in
movimento.
Ci mette in movimento se siamo disponibili sia chiaro.
Perchè se pensiamo ai buoi ai campi e alla moglie noi,
non entriamo in movimento, non ci interessa.
L'ascolto ci mette in movimento.
Ma chi è in movimento è inquieto, non è arrivato a casa.
Si arriva a casa quindi si trova la pace, quando si vede
la sorgente del movimento.
La sorgente del movimento è Dio Creatore .
Ma Dio Creatore, il Padre, lo vede soltanto il Figlio.
Ecco perchè chi ha ascoltato il Padre va al Figlio.
Va al Figlio perchè il Figlio è quello che risponde alla
sua inquietudine.
Che risponde al suo bisogno di vedere la sorgente del
rumore.
Il Figlio dice: "Nessuno viene al Padre se non per
mezzo di Me".
Passaggio obbligato.
E dicendo "Me" dice una persona e una
persona è inconfondibile.
Questo ci fa capire che non c'è nessuna regola al mondo
che ci possa condurre al Padre.
Che ci possa condurre a conoscere Dio.
Solo il Figlio di Dio ci conduce a Dio.
Ecco allora la funzione di questo portinaio.
La funzione proprio di aprire personalmente a noi
questo incontro con il Figlio.
Di lasciare entrare questo Figlio in noi.
Perchè questo Figlio è Colui che conduce noi a vedere
quello che Lui vede.
Perchè solo Lui può condurre noi a veder questo.
"Nessuno può salire al cielo se non Colui che
discende dal cielo".
Però Colui che discende dal cielo si subordina al
portinaio che gli apra.
E fintanto che questo portinaio che portiamo dentro di
noi, non coincide con l'interesse di vedere il volto del Padre, non apre al
Figlio, non aprendo al Figlio certamente non si può giungere alla conoscenza di
Dio.
E non si può nemmeno volerla.
E quindi non si può giungere alla vita eterna.
A lui il portinaio gli apre e le pecore ascoltano la sua voce egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori. Gv 10 Vs 3 Primo tema. Riassunto Lunedì.
Titolo: La
funzione del portinaio.
Argomenti: Ovile luogo di riposo – La proposta della conoscenza di Dio – Ladri e assassini – I valori relativi – Il sale della terra – Il Pastore delle pecore – Il come – Il potere di diventare figli di Dio – Il Pastore si sottomette al portinaio – Le chiavi
del Regno – Il potere che impone – Il bussare
di Cristo – Colui che è e Colui che viene –
Il portinaio è l’interesse che apre e chiude a certe proposte – L’uomo non è libero di volere – L’uomo si
caratterizza per il fine – I fini diversi da Dio –
I maestri che soddisfano i nostri interessi – Le chiavi
del portinaio – Le chiavi di Pietro – Riconoscere
in Cristo come Figlio di Dio – L’ascolto del Padre – Pensando si prende consapevolezza – Il linguaggio
della nostra mente – Pensando si elegge – Il linguaggio
binario – Il compito del portinaio – La veglia
del servo – Servi, amici e figli di Dio – Il portinaio
non fedele – Partecipare al Figlio – Ascolto e
visione del Padre – Ascolto e interesse -
7/agosto/1989 – LUNEDI - Casa di preghiera Fossano.
A lui il portinaio gli
apre e le pecore ascoltano la sua
voce egli chiama le sue pecore per nome
e le conduce fuori.
Gv10 Vs 3 Secondo tema.
Titolo: La
voce del Pastore.
Argomenti: Riconoscere
la voce del Pastore.
Appartenenza.
Libertà
(campo) di ascolto e di parola. Interesse
per Dio. Voce
del Padre e voce del Figlio. Ascolto. La pace
dell'uomo sta nel vedere. Organismo.
Cos'è una voce?
13/agosto/1989 Casa di preghiera
Fossano
Dall’esposizione
di Luigi Bracco.
Domenica scorsa ci siamo soffermati sulla prima parte di
questo versetto: "A Lui il portinaio apre".
Oggi dobbiamo soffermarci sulla seconda parte.
Cioè: "Le pecore sentono la sua voce".
Il tema di oggi è la voce del Pastore.
In quanto qui si dice "sentono la sua voce"
("sua!"), ci fa
capire che c'è una selezione di voci.
C'è chi sente la voce del Pastore e chi sente la voce
degli uomini, c'è chi sente la voce della società o della politica o di tante
altre cose, c'è chi sente la voce di Dio.
Il problema che si pone è: come riconoscere la voce del
Pastore, come distinguere una voce da un'altra?
E perché si sente la voce di uno piuttosto che di
un'altro?
Sopratutto come poter giungere a riconoscere la voce del
Padre e la voce del Figlio, perché ogni esistente ha la sua voce: gli uomini
parlano e Dio parla; anche le cose parlano, anche gli animali hanno la loro
voce: tutto ha una voce; anche le pietre parlano e hanno una loro voce.
Qui dice che le pecore, cioè le sue pecore, sentono e
riconoscono la sua voce.
Lo mette in relazione a quanto aveva detto prima :
"A Lui (ciò al Pastore) il portinaio apre"
Ricordiamo che Pastore è Colui che entra per la porta
dell'ovile e quando ci siamo soffermati su questo pensiero, abbiamo visto che
Colui che entra per la porta dell'ovile è Colui che propone come fine la
conoscenza di Dio, dandoci così la possibilità di riconoscere, di distinguere,
tra il Pastore e tutti gli altri.
Vero Pastore è Colui che propone agli uomini come fine la
conoscenza di Dio.
Tutto coloro che propongono altro dalla conoscenza di Dio
(la conoscenza di Dio è la vita eterna quindi la vita vera), propongono non la
vita vera, ma altro, in quanto propongono non la vita vera e in quanto
propongono altro non vengono che per rubare e uccidere.
Qui dice: "A Lui questo Pastore, il portinaio
apre" e poi c'è una relazione "le pecore sentono la sua voce".
Fa pensare che il sentire la voce del Pastore sia
una conseguenza del fatto che il portinaio abbia aperto al Pastore.
Domenica scorsa abbiamo visto perché il Pastore, che è il
Padrone delle pecore, il Padrone dell'ovile, si faccia aprire dal portinaio,
quasi si renda dipendente dal portinaio.
Già qui c'è un accenno al fatto che Dio stesso dice di
essere Uno che bussa alla porta dell'uomo e se qualcuno gli apre, "Lui
entrerà e cenerà con lui ed egli con Me."
Abbiamo un Dio che si sottomette, bussa.
Dio può entrare tranquillamente, dove vuole.
Come vuole, quando vuole.
Tutto è opera sua.
Tutto è casa sua.
Eppure Lui bussa.
Alla porta di casa sua.
E aspetta che qualcuno gli apra.
Aspetta che l'uomo gli apra.
Abbiamo qui una raffigurazione di questo Pastore che aspetta
che il portinaio gli apra per entrare nell'ovile.
Ci deve essere un significato.
Proprio per il problema che stiamo osservando adesso.
Circa
la capacità di riconoscere la voce del Pastore da parte delle pecore.
Sembra che la capacità di riconoscere la voce del Pastore
da parte delle pecore dipenda dal fatto che il portinaio abbia aperto al
Pastore.
È necessario approfondire.
Abbiamo visto che cosa è il portinaio.
Ogni uomo ha il suo portinaio.
Abbiamo visto che il portinaio in ognuno di noi è il fine
per cui viviamo.
È l'interesse principale della nostra vita.
È questo che apre e chiude.
A seconda del fine che noi perseguiamo, noi ci apriamo a
certe proposte e ci chiudiamo ad altre.
Ci apriamo all'ascolto di certe parole e ci chiudiamo ad
altre.
Gesù dice: "Chi è dal cielo ascolta le parole del
cielo e parla parole del cielo".
"Ma chi è della terra ascolta e parla parole della
terra."
Ecco il condizionamento che subiscono gli uomini.
A seconda del luogo da dove sono.
Dal cielo o dalla terra.
Qui Gesù ci fa capire che si può essere dal cielo o dalla
terra.
E allora dobbiamo chiederci quando è che l'uomo è dal
cielo e quando è che l'uomo è dalla terra.
Quando è che viene da-.
Ognuno
di noi appartiene a-, cioè viene da-.
Ognuno di noi appartiene a ciò per cui vive.
Ogni uomo è creato da Dio.
Ogni uomo viene dal cielo.
Ogni uomo appartiene a Dio.
Però succede che l'uomo vivendo fa delle scelte.
E finisce per vivere per dei fini diversi.
Si finisce di vivere non più per il cielo dal quale si
viene.
Si finisce per vivere o per se stessi o per il denaro o
per il mangiare o per la figura o per correre per il mondo.
Si può anche vivere per cercare di conoscere Dio.
Ĕ proprio il vivere per-, che determina nell'uomo
l'appartenenza.
Ogni uomo nato da Dio finisce di appartenere a ciò per
cui vive.
E vivendo per-, ecco viene da-.
Appartenendo a-, viene da-.
Gli uomini che vengono dal cielo sono quelli che vivono
per le cose del cielo.
Gesù dice: "Non accumulate tesori in terra, dove i
ladri rubano e le tignole consumano ma accumulate tesori in cielo".
Cioè vivete per le cose del cielo.
Vivere per il cielo vuol dire avere come fine le cose del
cielo.
E le cose del cielo sono la conoscenza di Dio.
E allora qui Gesù esorta: "Vivete per conoscere Dio
se volete essere dal cielo, se volete diventare figli di Dio, perché se vivete
per le cose che passano, cioè per la terra, appartenete alla terra."
Quest’appartenenza che si forma in noi alla terra, condiziona in noi il campo di
ascolto e condiziona in noi il campo del parlare, per cui chi è della terra
ascolta e parla di cose della terra.
Cosa vuol dire questo?
Vuol dire che il nostro orecchio si chiude, noi non siamo
liberi di volere, ma non siamo nemmeno liberi di ascoltare quello che vogliamo.
Non siamo liberi di ascoltare quello che vogliamo!
Come non siamo liberi di parlare di quello che vogliamo.
Che noi non siamo liberi di parlare ciò che vogliamo è
facile a capirsi perché non possiamo parlare, dire cose che non conosciamo.
Ma non siamo liberi nemmeno nel campo dell'ascolto.
Arriva un certo momento che noi non possiamo ascoltare
quello che vogliamo.
Il nostro orecchio è formato dal campo di ascolto che si
determina da ciò per cui noi viviamo.
A seconda di ciò per cui noi viviamo, si forma in noi il
condizionamento dell'orecchio, per cui noi diventiamo incapaci, impotenti ad
ascoltare altro da quello che è il nostro interesse principale.
Saremo costretti ad ascoltare quello che avremo voluto
ascoltare.
Ecco già questo ci fa intuire come ci siano uomini che
riconoscono la voce del Pastore.
E abbiamo visto che il Pastore è il Figlio di Dio.
Perché solo Colui che è Dio e che viene da Dio, dal
cielo, può proporre agli uomini la conoscenza di Dio.
Perché la conoscenza di Dio è una cosa che non si vede.
Tutti gli altri uomini propongono altro.
"Nessuno ha mai parlato come Lui".
Come questo Pastore.
Perché?
Perché tutti gli altri uomini possono proporre solo cose
che si vedono e si toccano.
Gli uomini propongono come fine il denaro, la gloria del
mondo, la politica, il benessere perché sono cose che si vedono e si toccano.
Solo Colui che viene dal cielo può proporre le cose
invisibili di Dio.
Il Figlio di Dio non è solo uno che viene a dire agli
uomini: "Cercate prima di tutto il Regno di Dio".
Non è soltanto uno che dice agli uomini:
"Impegnatevi a conoscere Dio".
Perché l'uomo, l'abbiamo visto molte volte, di fronte a
questa proposta, viene a trovarsi nella più grande impotenza.
È la segnalazione di una meta che per lui può rivelarsi
impossibile.
Dico, il Figlio di Dio, il Pastore si caratterizza in questo:
propone la conoscenza di Dio all'uomo ma la rende anche possibile.
E come la rende possibile?
La condizione perché il Pastore entri nella nostra vita è
che ci sia il portinaio che apra.
Il portinaio che è dentro ogni uomo.
Il portinaio che è dentro di noi.
Il portinaio è l'interesse.
Il portinaio è il fine.
Soltanto quell'uomo che ha interesse per Dio, ha il
portinaio in sé che apre alla proposta del Pastore di conoscere Dio.
Chi è
l'uomo che ha dentro di sé questo portinaio che ha interesse per Dio?
L'uomo che ha questo portinaio che apre al Pastore che
gli fa la proposta della conoscenza di Dio, è colui che ha ascoltato il Padre.
Infatti, Gesù dice: "Chi ha ascoltato il Padre viene
a Me".
Forse che il Padre non parla con tutti?
Il Padre è Dio Creatore.
Dio Creatore parla con tutti e parla a tutti.
Non c'è luogo della terra in cui non si oda la sua
parola.
"Chi ha ascoltato il Padre..."
Allora
c'è una differenza tra il Padre che parla e chi ascolta la voce del Padre.
La differenza sta in questo: Dio parla e la sua parola
entra indipendentemente dall'uomo, cioè gli annunci di Dio arrivano
indipendentemente da noi.
Noi vediamo le cose, assistiamo agli avvenimenti,
incontriamo le creature indipendentemente da noi.
C'è una volontà diversa che ce le fa incontrare.
Tutti i giorni noi subiamo i messaggi, gli annunci, le
parole di un essere diverso da noi, che impone a noi queste cose.
Le impone.
Tutta la creazione è un’imposizione.
Nessuno ha chiesto a noi il permesso per farci nascere.
La nostra nascita è un’imposizione.
Qualcuno ci ha imposto di vivere e questi è il Creatore.
Quindi le cose, le opere, gli annunci, i messaggi di Dio
Creatore si impongono all'uomo.
Tant'è che quando l'uomo vuole chiudere gli occhi o vuole
non udire è perché ha già visto, è perché ha già udito.
Quindi ciò che lui vede e che incontra e che ascolta, lo
incontra, lo vede, lo ascolta prima di poter fare una scelta.
Poi fa la scelta perché tutto ciò che Dio opera, essendo
Parola di Dio è una proposta per l'uomo.
Dico: c'è una differenza tra il Dio che parla e l'uomo
che ascolta.
L'uomo ascolta quando pone mente a ciò che Dio gli
annuncia.
A ciò che Dio Creatore, Padre gli fa incontrare.
Soltanto colui che pone mente, ecco ascolta il Padre.
Si ascolta ponendo mente.
E chi ha ascoltato il Padre, dice Gesù "Viene a
Me".
Perché?
Perché
ascoltando il Padre, si va al Figlio?
Perché Gesù dice: "Nessuno ha mai visto il Padre se
non il Figlio".
Questo ci fa capire che tutti ascoltano il Padre ma
nessuno ha mai visto il Padre.
La Parola di Dio s’impone, quindi tutti ascoltano il
Padre.
Ascoltano, sentono, subiscono, non possono ignorarlo.
Dio Creatore è Colui che nessuno può ignorare.
La voce di Dio si fa sentire a tutti.
Non tutti ascoltano il Padre.
Ascoltano il Padre soltanto coloro che pongono mente.
Questi che pongono mente, ecco, pongono mente a un
annuncio.
A un annuncio di uno che non vedono.
Quando si
pone mente a un segno, a un segnale, a una voce di uno
che non si vede, cosa si forma nell'uomo?
Il desiderio di vederlo.
L'uomo è inquieto quando sente delle voci e non sa di
dove vengono.
Si quieta quando vede la sorgente.
La pace dell'uomo sta nel vedere.
L'ascolto non lo mette in pace, anzi, l'ascolto dei segnali
lo mette in movimento.
Ciò gli fa desiderare di vedere la sorgente dei segnali
stessi.
È proprio questo desiderio di vedere il Padre, che parla,
che si annuncia che porta gli uomini al Figlio, al Pastore.
Ad aprire al Pastore.
Che porta gli uomini ad aprire al Figlio di Dio.
Perché solo il Figlio di Dio vede il Padre.
Ora quando si lascia entrare qualche cosa in noi, noi
seminiamo in noi.
Abbiamo detto che una cosa entra in noi in quanto noi
dedichiamo il pensiero, dedichiamo la mente a.
Ascoltando (ma precisiamo, ascoltare significa porre
mente), ponendo mente, noi seminiamo in noi una creatura nuova.
Un seme.
Ed è il seme della Parola di Dio.
Il seme del desiderio di vedere il Creatore.
L'attrazione per il Padre.
Sarà quest’attrazione per il Padre che ci condurrà al
Figlio.
In quanto si semina in noi un seme, si semina una
creatura nuova.
Ecco l'inizio di una creatura nuova nell'uomo.
Un
seme ha una caratteristica meravigliosa.
Perché è l'inizio di un organismo.
Quando si dice organismo, s’intende un insieme che è
strettamente organizzato al raggiungimento di un fine.
Ora proprio in quanto c'è questo"strettamente
organizzato al raggiungimento di un fine", c'è nel seme, nello sviluppo
del seme stesso, una capacità meravigliosa, anzi due capacità:
-La capacità di assimilare tutto quello che serve al
fine.
-La capacità di rigettare tutto quello che non serve al
fine.
Ecco, l'organismo che viene dal seme.
Da questo seme che l'uomo semina nella sua vita quando
dedica la sua mente all'ascolto di ciò che Dio gli fa giungere.
Ciò che Dio Creatore gli fa giungere.
Si semina una creatura nuova.
Una creatura che è organizzata al raggiungimento di un
fine e che assimila tutto quello che gli serve, quindi distingue tutte quelle
voci, tutte quelle cose che servono per il fine.
E rigetta invece tutto quello che non serve per il fine.
Qui incominciamo già a capire le pecore che riconoscono
la voce del Pastore.
Pecore di Dio.
Sue pecore.
Quindi che appartengono al Padre.
"Erano tuoi e Tu li hai dati a Me".
Quindi appartengono al Padre.
L'appartenenza è data dalla finalità e quindi in quanto
hanno posto nella loro vita (dedicando il pensiero) questo seme della Parola di
Dio che fa crescere un organismo tutto organizzato, tutto orientato verso una
finalità.
È questo seme al quale noi abbiamo dedicato il pensiero
che forma in noi la capacità di riconoscere quelle parole, quegli argomenti,
quelle voci che servono al raggiungimento del fine (e un’organizzazione in
atto!) e di respingere, di rigettare quelle parole, quei segni, quegli
argomenti che non servono per il fine.
Gesù in seguito dirà'"Le pecore non conoscono la
voce degli altri, conoscono solo la voce del Pastore".
Perché?
Perché proprio la voce del Pastore è quella che le aiuta
a raggiungere il fine.
Ma il fine devono averlo già dentro di sé.
Ecco perché il Pastore aspetta che sia il portinaio ad
aprire.
Il portinaio è quest'interesse, questa finalità che
l'uomo deve già avere dentro di sé.
L'ha dentro, in sé solo se ha ascoltato il Padre.
Se ha dedicato il pensiero a ciò che il Padre ha fatto
giungere a lui indipendentemente da lui creatura.
Qui si forma la capacità di riconoscere la voce del
Pastore, la voce del Figlio di Dio.
Ogni esistente ha la sua voce.
Ogni esistente è formato da due fattori:
-la singolarità, l'unità dell'essere stesso che lo
caratterizza, la pietra è una pietra, l'albero è un albero, l'uomo è un
uomo...eccetera.
-E poi è formato dal segno di sé. Abbiamo detto che anche
le pietre hanno la loro voce, la voce delle pietre è la gravitazione.
Tutto ha una voce, l'elefante ha una sua voce, le rondini
hanno la loro voce, anche l'uomo ha la sua voce.
Che cosa è una voce?
La voce è segnalazione di presenza.
Ogni esistente per esistere deve poter segnalare la sua
presenza.
Anche Dio ha la sua voce: segnala la sua presenza.
Un essere che non avesse la possibilità di segnalare la
sua presenza a tutto il mondo diverso da sé cesserebbe di esistere.
Un essere esiste in quanto ha la possibilità di segnalare
la propria presenza.
E cosa vuol dire segnalare la propria presenza?
La voce è un corridoio che conduce alla presenza di colui
che parla o di colui che fa sentire la sua voce.
Quindi la voce è un richiamo a una presenza.
Gli uomini fanno sentire la loro voce per richiamare la
loro presenza.
Dio fa sentire la sua voce per richiamare, per
convogliare, per convocare alla sua presenza.
E
qui dobbiamo distinguere la voce del Padre dalla voce del Figlio.
Il Padre fa sentire la sua voce, convoca alla sua
presenza.
Ma noi la sua presenza non la vediamo, non possiamo
vederla.
Perché solo il Figlio di Dio vede la presenza del Padre.
Solo il Figlio di Dio conosce il Padre.
Il che vuol dire che noi sentiamo la voce del Padre, desideriamo
vedere chi parla, perché la voce è un corridoio, è una strada che ci convoca a
un fine, a una presenza.
Ma questa presenza noi non possiamo vederla perché solo
il Figlio di Dio la vede.
Allora chi ha ascoltato il Padre e noi possiamo
riconoscere se in noi c'è stato quest’ascolto del Padre, ascolto di Dio
Creatore (teniamo presente che si ascolta in quanto si dedica la mente) chi ha
ascoltato il Padre ha maturato in sé un interesse per vedere uno che non riesce
a vedere, di vedere cioè Colui che fa sentire la sua voce.
Non solo, ma chi ha ascoltato il Padre, proprio perché ha
ascoltato il Dio Creatore, ha capito, perché ascoltando, si prende
consapevolezza di, ha capito che Dio è il Creatore di tutto, di beni e mali.
Quando in noi si è formata la consapevolezza, la
coscienza, questo capire che Dio è il Creatore di tutte le cose, beni e mali, e
questo non può avvenire se noi non abbiamo ascoltato il Padre cioè se noi non
abbiamo dedicato il nostro pensiero a ciò che Dio Creatore annuncia di Sé (anche
se non lo vediamo), questa è la caratteristica che noi abbiamo ascoltato la
voce del Padre.
-Interesse per vedere il Padre.
-Convinzione che tutto nell'universo, tutto quello che
accade, tutte le creature, beni & mali, tutto è voluto da Dio Creatore,
tutto è fatto da Lui.
Queste sono le caratteristiche dell'aver ascoltato la
voce del Padre.
La voce del Padre si fa sentire ma il Padre non lo si può
vedere perché il Padre si rivela solo al Figlio.
E allora qui abbiamo la voce del Figlio.
Ecco perché chi ha ascoltato il Padre, va al Figlio.
Perché, ed è il Figlio stesso che lo dice: "Nessuno
può venire al Padre se non per mezzo di Me".
Qui dobbiamo riconoscere la voce del Figlio.
"Le pecore di Dio, quelle che hanno ascoltato il
Padre, riconoscono la voce del Pastore, riconoscono la voce del Figlio di
Dio".
E in cosa sta questa voce del Figlio di Dio?
Figlio di Dio è Colui che vede il Padre.
Ora se il Figlio di Dio è Colui che vede il Padre, la sua
voce è quella che ci conduce in quel luogo, in quel punto in cui si vede il
Padre.
Perché questa è la caratteristica del Figlio.
Il Figlio di Dio vedendo il Padre parla di quello che Lui
vede e quindi parla delle condizioni (luogo) per poter vedere il Padre.
La parola è una strada, il Figlio di Dio dice: "Io
sono il cammino, Io sono la strada!".
Ecco le sue parole, la sua voce è questa strada.
Chi l'ascolta viene condotto, portato in quel luogo in
cui si trova il Figlio di Dio, in quel luogo cioè in cui si vede il Padre.
A lui il portinaio
gli apre e
le pecore ascoltano la sua voce egli chiama le sue
pecore per nome e le conduce fuori. Gv 10 Vs 3 Secondo tema.
Riassunto Lunedì.
Titolo: La
voce del Pastore.
Argomenti: La voce del Padre e la voce del Figlio – La voce delle pietre – L’ascolto del Pastore – Il Pastore si sottomette al
portinaio – Riconoscere la voce del Pastore – L’interesse
è il portinaio – Essere dal cielo o dalla terra –
Il fine determina l’interesse – La libertà d’ascolto e
di parola – Il campo d’ascolto – La proposta di
conoscere Dio e il come del Pastore – Ascolto e visione del Padre – La Sorgente del rumore della creazione – Il test dell’ascolto
– Il seme è principio di una creatura nuova – Lo
sviluppo del seme -
14/agosto/1989 – LUNEDI
- Casa di
preghiera Fossano
A lui il portinaio gli apre e le pecore ascoltano la sua voce egli chiama le sue pecore per nome e le
conduce fuori.
Titolo: Passaggio dall'ascolto al
vedere/In fondo al corridoio.
Argomenti: Il
vedere è una conseguenza dell'ascolto. Voce
e attrazione. L'alimento
dell'uomo. A chi apre il portinaio? Cosa apre il nostro orecchi a Dio? Voce e esistente.
La voce è
mutamento. Una
sola è la voce.
Voce
e mondo. Appartenenza. La
voce diventa intenzione.
1)
L'andare a Cristo è condizionato dall'ascolto del Padre.
2)
Cristo si sottomette al nostro fine-portinaio
3) Se
il portinaio apre le pecore ascoltano la voce del Pastore.
4)
Ascoltare la voce del pastore e vedere l'opera di Dio.
20/agosto/1989 Casa di preghiera Fossano.
Dall’esposizione
di Luigi Bracco.
Le domeniche scorse,
abbiamo visto le prime due parti di questo versetto e cioè "A Lui il
portinaio apre".
E abbiamo visto chi è il
portinaio e qual è il suo significato.
E poi "le pecore
sentono la sua voce".
Il tema è stato la voce del
Pastore.
Adesso ci rimane l'ultima
parte: "Egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori".
Ma gli argomenti di
quest’ultima parte sono profondi e richiedono molto tempo per cui dobbiamo
dividere questo versetto in due parti, l'ultima parte la riserveremo per
un'altro ciclo.
In quest’ultima parte
dicendoci "Egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori" ci
presenta l'opera del Pastore.
Evidentemente la visione di
quest'opera è collegata al fatto che le pecore sentono la Sua voce.
Cioè fa dipendere la
visione dell'opera del Pastore dall'ascolto della voce del Pastore.
Questo è l'argomento su cui
ci dobbiamo fermare oggi.
Per poterci poi aprire ai
successivi argomenti dell'ultima parte.
Cioè del Pastore che chiama
le sue pecore per nome e le conduce fuori.
Dobbiamo chiederci qual è
il passaggio dall'ascolto al vedere, vedere le opere.
Tutto è segno e quindi
dobbiamo considerare il passaggio dall'ascolto di Dio al vedere le opere di
Dio, e come il vedere le opere di Dio sia condizionato, conseguenza
dell'ascolto.
Sappiamo che nel Regno di
Dio, nel Regno della Verità ognuno vedrà in relazione a quello che avrà
ascoltato.
Già questo ci fa capire
come il vedere sia una conseguenza dell'ascolto.
In questo versetto tre il
problema dei rapporti è molto importante.
Abbiamo già visto come non si
può ascoltare, non si può nemmeno individuare il Pastore se non si è attratti
dal Padre.
Il Pastore è il Figlio di
Dio perché solo il Figlio di Dio può condurci a vedere il Padre.
Il Pastore è Colui che
propone la conoscenza di Dio.
E non soltanto la propone
ma, dà la possibilità di giungere a essa.
Questa proposta e questa
possibilità ci vengono dal Figlio di Dio.
Solo il Figlio di Dio, solo
Lui che è in cielo, solo Colui che contempla il Padre può condurre noi a questa
meta.
A questo fine.
Dico, il problema dei
rapporti è molto importante.
1) Prima di tutto, tutto
viene da Dio Padre.
"Nessuno può venire a
Me se non è attratto dal Padre".
L'andare al Cristo,
l'incontrare il Cristo, il poterlo ascoltare, il poterlo
seguire è condizionato ( è questo il primo rapporto) dall'attrazione per il
Padre.
Il Padre parla a tutti.
Dio Padre è il Creatore di
tutte le cose ed essendo il Creatore di tutte le cose, tutto è sua voce, tutto
è parola sua.
"Non è una voce di cui
non si oda il suono...giunge in tutti i confini della terra" dice il
salmo.
Ecco, la voce del Padre si
fa sentire ovunque.
Tanto che Dio Creatore è
Colui che nessuno può ignorare.
Che Dio faccia giungere la
sua voce a tutti, non è detto che tutti ascoltino la voce di Dio.
Coloro che ascoltano la
voce di Colui che parla in tutto, ecco, costoro entrano in quest'attrazione che
li condurrà all'incontro con Cristo.
Come?
Ascoltando la voce di Dio
si ascolta una voce ma non si vede Dio, cioè non si vede la fonte, la sorgente
di questa voce: ecco il rapporto!
"Nessuno ha mai visto
Dio, solo il Figlio vede Dio".
Però quanti hanno ascoltato
Dio "Vengono a Me".
Ecco, qui allora c'è questa
grande differenza.
Tutti possono ascoltare Dio
perché Dio parla a tutti.
Se parla a tutti, tutti
hanno la possibilità di ascoltare Dio.
Tutti hanno la possibilità
di ascoltare la voce del Padre.
Quindi la possibilità è
data a tutti.
"Quanti l'ascoltano
(ecco! Quanti l'ascoltano!) vengono a Me".
Ora, quando abbiamo parlato
di questo, abbiamo detto che si ascolta non con le orecchie, ma dedicando la
mente, il pensiero.
Dio Creatore è Colui che
nessuno può ignorare.
Colui che dedica il
pensiero a Dio Creatore, quindi che pensa Dio, questi entra nell'attrazione di
Dio.
Questi fa la giustizia
essenziale.
Questi mette Dio in alto.
E mettendo Dio in alto
resta attratto.
Perché resta attratto?
È semplice, quando si sente
una voce e non si vede la fonte di questa voce si resta attratti.
L'attrazione è la
conseguenza dell'aver ascoltato uno che non si vede.
Chi ha ascoltato desidera
vedere il volto, la presenza di Colui che parla, di quella voce che ha
ascoltato.
È quest’attrazione, questo
desiderio di vedere la presenza di Colui che ha fatto arrivare a noi la sua voce
che ci condurrà al Cristo.
"Nessuno può venire a
Me se non è attratto dal Padre."
Attratto dal desiderio di
vedere il Padre, di conoscere Dio.
È questo il primo rapporto
che abbiamo visto.
2) È questo desiderio di
vedere Dio che forma in noi il portinaio che apre al Pastore.
Per cui il secondo rapporto
è questo:
il Pastore, cioè il Figlio
di Dio, Cristo tra noi, Presenza di Dio tra noi, si sottomette al portinaio che
apre a Lui.
Perché se il portinaio
apre, Lui entra e cenerà con Lui, e renderà quindi partecipe la creatura di ciò
che Lui è venuto a recare: la cena, il cibo, l'alimento.
L'alimento dell'uomo è la verità
L'uomo è fatto per la
verità.
La nostra anima è
essenzialmente fame di verità, bisogno di verità: si nutre di verità.
Questo il cibo che nutre la
nostra anima.
Ora notiamo che la nostra
anima è quella che mantiene su il nostro corpo.
Non è il nostro corpo che
tiene su l'anima.
Se la nostra anima è
malata, il nostro corpo non sta su e presto corre al suicidio.
Non può farne a meno.
Non si può sopportare la
vita quando manca il principio della vita.
Il principio della vita del
corpo è l'anima, ma l'anima da sola non sta su.
Il grande errore che fanno
gli uomini è di ritenere che la loro anima stia su da sola.
La nostra anima da sola non
sta su.
Poiché anche la nostra
anima è una creatura e come tutte le creature ha bisogno di alimentarsi.
La nostra anima ha bisogno
di un cibo per stare su, per mantenersi in vita.
Cibo della nostra anima è
la verità.
Se noi lasciamo mancare
questo cibo alla nostra anima, la nostra anima deperisce e muore.
E morendo trascina dietro
di sé la vita del nostro corpo.
La vita di tutto il nostro
mondo.
Perché centro del nostro
corpo e del nostro mondo, è la nostra anima e centro della nostra anima è
Dio, è la verità.
Cristo viene a portare
questo cibo: "Io entrerò e mangerò con Lui e Lui con Me ".
Però l'entrata del Pastore
dell'ovile nella nostra vita è subordinata (ed è questo il secondo rapporto) al
portinaio.
Ognuno di noi ha un
portinaio in sé e questo portinaio
apre soltanto a coloro che corrispondono a quello che è l'interesse
principale della nostra vita.
Perché il portinaio è il
fine della nostra vita.
Il portinaio è ciò per cui
viviamo.
Per cui vivendo per una
cosa determiniamo in noi questo portinaio.
Diamo le chiavi a questo
portinaio.
Il quale apre soltanto a
coloro che servono al fine della nostra vita.
Abbiamo accennato al fatto
che la nostra esistenza è un organismo che si costruisce sulle finalità.
Per cui è un principio di
scelta.
Come una pianta.
Sceglie tutto quello che
serve al suo fine e rigetta tutto quello che non serve al suo fine.
A seconda del fine che
portiamo in noi, noi diventiamo un principio di scelta: scegliamo tutto quello
che serve per il nostro fine.
Soltanto se il nostro fine
è Dio il portinaio che è in noi, apre a Cristo.
Perché soltanto se il
nostro fine è Dio, il nostro portinaio lascia entrare ciò che serve al fine.
Cristo è proprio ciò che
serve al fine, perché soltanto se noi siamo attratti dal Padre, soltanto se
abbiamo desiderio di conoscere Dio, apriamo a chi ci propone Dio.
Ecco perché il Pastore è
Colui che viene a proporci come fine la conoscenza di Dio.
Le due cose collimano.
Se in noi si è formato il desiderio
di conoscere Dio, il portinaio apre al Pastore che viene a offrire a noi come
fine la conoscenza di Dio.
3) E abbiamo visto e qui
troviamo il terzo rapporto, che soltanto se il portinaio apre al Pastore, le
pecore ascoltano la voce del Pastore.
Perché?
Perché il Pastore non viene
soltanto a proporre come fine la conoscenza di Dio, ma da anche la possibilità
di giungere a conoscere Dio.
Dare la possibilità di
conoscere Dio, vuol dire farsi strada per i nostri passi.
Condurre a conoscere Dio,
quel Dio che ci ha proposto come fine.
Noi abbiamo la possibilità
si ascoltare e quindi seguire la voce di Cristo solo se il portinaio in noi ha
aperto a Cristo.
Ecco perché Cristo si
sottomette.
Perché soltanto
sottomettendosi, in noi forma il principio dell'ascolto.
Perché quello che apre i
nostri orecchi all'ascolto è quello che coltiviamo dentro di noi.
Ecco perché il Pastore si
sottomette a quello che portiamo dentro di noi: è la condizione per aprire il
nostro orecchio ad ascoltare le sue parole.
Noi possiamo anche aver
incontrato il Cristo ma non è che il portinaio in noi abbia aperto al Cristo,
perché noi non abbiamo interesse per ascoltare le sue parole.
Apre soltanto se in noi c'è
questo interesse principale per conoscere Dio.
È la conoscenza di Dio quindi,
in noi come fine, che apre a noi l'orecchio per ascoltare la voce del Pastore.
Perché?
La voce è un corridoio.
Il fatto stesso che ci
siano questi rapporti, uno subordinato all'altro, uno condizionato dall'altro,
ci fa capire questo grande significato: è tutto un cammino a senso unico.
Se manca ad esempio il
principio, il primo anello, tutto il resto parte.
Se non si è attratti dal
Padre, se non si desidera conoscere Dio, tutto il resto parte.
E se si desidera conoscere
Dio ma non si pone questa conoscenza di Dio come fine e come fine
principale tutto il resto parte: non c'è l'orecchio preparato per ascoltare la
voce del Pastore.
4) E sopratutto e ultimo
rapporto (che vedremo le volte prossime) se non si ascolta la voce del Pastore,
non si giunge a vedere l'opera del Pastore, perché il vedere
è subordinato all'ascolto.
Tutta questa serie di
rapporti ci rivela che il cammino è a senso unico, e in quanto a senso unico va
verso un fine una meta.
E il fine qual è?
Abbiamo detto che l'anima
di questo cammino è la voce che conduce.
"Sarete veri miei
discepoli se resterete nelle mie parole."
"Conoscerete la verità
e la verità vi farà liberi".
Quest’ascolto che è a senso
unico ci conduce verso una meta ben precisa.
E qual è questa meta ben
precisa?
Quando si ascolta una voce,
la meta è una sola: vedere Colui che parla con noi.
Vedere il volto di Colui
che parla con noi.
Questo è al termine di
questo corridoio che rappresenta la voce.
La voce del Pastore.
Vedere il volto, la
presenza di Colui che parla con noi.
Perché noi sentiamo la
voce, ma non vediamo il volto di Dio, il volto di Colui che parla con noi.
È un cammino a senso unico,
però abbiamo anche accennato che le voci sono tante.
Ci sono le voci delle cose,
ci sono le voci delle piante, ci sono le voci degli animali, ci sono le voci
degli uomini e c'è anche la voce di Dio!
E Dio è in tre persone.
E allora c'è la voce del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
La voce è il segno di un
esistente, ogni esistente è costituito da:
-Una singolarità: ogni cosa
essendo espressione di Dio è una singolarità.
Dio è uno e in tutte le sue
opere manifesta, significa questa sua unità, per cui ogni cosa è differente
dall'altra.
Quindi ogni cosa è
costituita da una singolarità.
-Dalla voce di questa
singolarità.
Quindi abbiamo questi due
fattori che costituiscono ogni esistente.
Ogni esistente si distingue
dall'altro e la voce di ogni esistente si distingue dall'altra.
Tutti gli esistenti
parlano, però se notiamo a fondo, diciamo: "Cosa è una voce?"
E perché la voce ci fa
desiderare di vedere chi è colui che parla?
Infatti, la voce è un
richiamo di un esistente perché ce lo annuncia: la voce è un annuncio.
Perché la voce ci fa
desiderare di vedere la presenza di colui che parla?
Perché?
La voce è voce in quanto è
cosa che muta.
E quando noi ci troviamo di
fronte a qualche cosa che muta, noi andiamo a cercare chi fa mutare questa
cosa.
Anche il nostro parlare è
tutta una modulazione, è tutto un continuo mutare.
E quando noi sentiamo qualcuno
parlare, andiamo alla ricerca di che cosa è che fa mutare queste parole,
andiamo a cercare il pensiero.
Teniamo presente che la
voce è voce in quanto è presenza di ciò che muta e tutto ciò che muta ci mette
in movimento, alla ricerca di ciò che lo fa mutare.
Adesso noi scopriamo
questo, sì tutti parlano, ogni esistente ha la sua voce, però tutti gli
esistenti che noi vediamo e troviamo (pietre, animali, uomini...) mutano, anche
loro mutano.
Ma se cambiano, se mutano
allora sono voci.
La voce è ciò che muta e se
io noto che un esistente muta dico: "Questa è la voce di qualcuno, chi lo
fa mutare?".
La conclusione è questa:
noi ci troviamo alla presenza di tante voci ma in realtà è Uno solo che parla.
In realtà c'è una voce
sola, perché Uno solo è l'essere immutabile.
Perché tutto ciò che muta a
sua volta, anche se parla, è una voce e quindi è tutto voce di uno solo.
Una sola è la voce che
parla nell'universo in realtà.
Attraverso tutte le voci,
c'è una sola voce che arriva a noi.
Ma allora dobbiamo
chiederci questo: perché se una sola è la voce che arriva a noi, noi sentiamo
tante voci?
Per cui si forma in noi il
problema di arrivare a distinguere tra la voce di Dio e la voce degli uomini
per non confondere.
E poi arriviamo a
preoccuparci e dire così: "Ma quando è che sono sicuro di essere alla
presenza di Dio?"
"Quando è che sono
alla presenza di un Tu?".
Per non confondere questo
Tu con qualche mio pensiero o con il pensiero di qualcun'altro o con la voce di
qualcun'altro?
E dico: perché noi abbiamo
questa difficoltà: presenza di tante voci?
In realtà c'è una voce sola
che parla in tutto, ed è la voce di Dio.
Gesù stesso dice: "Chi
è dal cielo ascolta le parole del cielo e parla parole del cielo, ma chi è
della terra, ascolta e parla parole della terra".
Questo ci fa capire perché
noi abbiamo questa difficoltà e perché per noi ci sono tante voci.
Non c'è la voce vera, la
voce reale, perché non siamo dal cielo.
Ci fa capire che ognuno
ascolta, ha l'orecchio capace di ascoltare la voce del mondo al quale lui
appartiene.
Chi appartiene al cielo,
ascolta la voce del cielo in tutto, quindi ascolta la voce di Dio in tutto e
solo la voce di Dio.
"Chi è da Dio ascolta
le Parole di Dio" dice Gesù.
Ascolta Parole di Dio.
Quindi non ascolta più
parole di uomini, non ascolta parole di animali, non ascolta parole di alberi,
non ascolta parole di cose: ascolta Parole di Dio perché Dio parla in tutto.
Ma soltanto se Lui è da
Dio.
Chi invece non è da Dio
ascolta le parole del mondo al quale Lui appartiene.
Se io appartengo al mondo
degli uomini io, ascolto parole di uomini e non ascolto Parole di Dio.
E se io appartengo alla
società, io ascolto parole della società, e se io appartengo al mondo della
politica, ascolto parole di politica.
Perché il nostro orecchio,
la nostra capacità di ascolto è condizionata dal mondo al quale apparteniamo.
E cosa è che ci fa
appartenere a un mondo piuttosto che a un'altro?
Forse che non apparteniamo
tutti a Dio?
E perché noi possiamo
appartenere alla terra e ascoltare le voci della terra e non ascoltare più la
voce di Dio?
Dio parla in tutta la
terra, ma io non ascolto le Parole di Dio nella terra, io ascolto parole della
terra, parole degli uomini.
E perché questo?
Chi è che mi fa appartenere
a questo mondo piuttosto che all'altro?
Ognuno appartiene a ciò per
cui vive.
Per cui fintanto che in noi
non c'è, e ritorniamo al primo rapporto, fintanto che non c'è Dio come fine
nostro, noi apparteniamo ad altri e ascoltiamo altri, ascoltiamo parole di altri.
Quando Dio per noi non è lo
scopo principale, essenziale, unico nella nostra vita, noi non apparteniamo a
Dio, noi apparteniamo a ciò per cui viviamo.
E appartenendo a ciò per
cui noi viviamo, ascoltiamo le voci del mondo cui noi apparteniamo.
Il cerchio si chiude e non
ne usciamo più.
"Chi fa il male resta
schiavo di esso".
Soltanto se in noi c'è la
conoscenza di Dio come fine personale nostro, proprio nostro, unicamente
nostro, noi apparteniamo al cielo, cioè apparteniamo a Dio e appartenendo a Dio
noi ascoltiamo Parole di Dio in tutto e in tutti perché uno solo è Colui che
parla in tutto.
Tutto, voci e non voci
creature e non creature eccetera...
Tutto quanto è voce unica
di Dio.
Dio essendo il Creatore è
Colui nel quale c'è la ragione di tutto ciò che muta e tutto ciò che muta è
voce.
Se tutto ciò che muta ci
lascia inquieti, ci mette in movimento, ci introduce in questo corridoio al
fondo del quale c'è la presenza di Colui che fa giungere a noi la sua Voce.
Soltanto chi cerca Dio, chi
ha messo Dio come fine essenziale della propria vita, costui ascolta in tutto
le Parole di Dio e solo Parole di Dio, perché questa è la Realtà.
Qui abbiamo l'uomo che
conosce la realtà, gli altri invece vivono nell'immaginazione, perché ritengono
si tratti della voce di uno e della voce di un'altro e invece sia l'uno che
l'altro mutano e sono voci a loro volta di un UNO.
La realtà è questa: la voce
è una sola: è la voce di Dio!
Questa voce è un corridoio:
chi ascolta questa voce, cammina a senso unico verso il fondo del corridoio.
L'anima di questo movimento
è dato dal desiderio di vedere Colui che parla con noi, di Colui che fa sentire
la sua Voce.
Ma in fondo al corridoio
cosa troviamo?
Il desiderio è quello di
arrivare alla presenza e noi ci aspettiamo, arrivando al fondo del corridoio di
vedere la presenza di Dio.
Si però Dio è invisibile.
La voce che si sente in
questo corridoio è la voce del Figlio di Dio e il Figlio di Dio ci conduce al
fondo del corridoio, perché chi ascolta cammina a senso unico e naturalmente se
si va a senso unico si va verso un fine e si arriva al fondo del corridoio.
Ma al fondo di questo
corridoio....Dio è invisibile, Colui che parla con noi è invisibile, perché
soltanto il Figlio vede il Padre.
E allora questa voce cosa ci
fa trovare in fondo al corridoio?
Questa voce in fondo al
corridoio ci manifesta una meraviglia: non il volto del Padre, perché soltanto
il Figlio può vedere il volto del Padre.
La voce che parla con noi
in fondo al corridoio diventa "Intenzione".
Cosa vuol dire che diventa
intenzione?
Noi seguiamo una voce, a un
certo momento scopriamo che questa voce è un'intenzione su di noi: rapporto
personale!
Diventa
"intenzione" in quanto la voce infonde in noi un'intenzione.
Quando noi ci troviamo
(ecco il problema della persona) di fronte a una voce che si trasforma in
richiesta d’intenzione in noi, noi ci troviamo di fronte a una persona.
La voce a un certo momento
rivela un’intenzione, e un'intenzione su di noi.
Qui subentra la meraviglia
e la crisi, perché fintanto che noi siamo nel pensiero del nostro io, noi
ascoltiamo la voce (perché la voce si ascolta nel pensiero del proprio io,
altrimenti non è più voce, sarebbe luce) e questa voce ci rivela una sorpresa.
La sorpresa della necessità
di morire al nostro io, di dimenticare il pensiero del nostro io, per
immergerci nel pensiero di un'Altro.
Perché questa è la
condizione per vedere.
Noi nel pensiero del nostro
io non vediamo e non possiamo vedere, Dio non si vede nel pensiero del nostro
io.
Nel pensiero del nostro io
si ascolta la voce, la voce si fa sentire anche nei sepolcri, la voce arriva
dappertutto, però ascoltare la voce non vuol dire vedere, tant'è vero che
ascoltando la voce, la voce mi mette in movimento per arrivare a vedere Colui
che parla.
Però proprio ascoltando la
voce, a un certo momento la voce mi dice: "Guarda che per vedere Colui che
ti parla tu devi fare un salto di qualità: tu devi superare il pensiero del tuo
io e immergerti nel Pensiero di un'Altro, perché soltanto nell'Altro tu
vedrai".
Ecco.
Altrimenti non si arriva a
vedere.
Si vede Dio guardando da
Dio.
Si conosce il Figlio,
guardando dal Padre.
Si conoscono le opere del
Figlio guardando da-.
Ecco perché al fondo del
corridoio noi non troviamo la presenza di Colui che parla con noi.
Noi troviamo la rivelazione
dell'Intenzione di Dio.
Per dare a noi la
possibilità di vedere Colui che parla con noi.
Cristo all'ultimo non ci fa
vedere il Padre ma ci rivela l'intenzione, la condizione per giungere a vedere
il Padre.
Infatti, Lui all'ultimo non
ci fa vedere il Padre ma ci affida al Padre.
E cosa vuol dire questo?
Vuol dire che soltanto
guardando dal punto di Vista del Padre, soltanto dando a noi la possibilità di
guardare dal punto di vista del Padre, noi abbiamo la possibilità di vedere il
Figlio che parla con noi e di vedere le opere del Figlio.
Soltanto conoscendo
un'intenzione si ha la chiave per vedere, per capire le opere di uno.
Ecco qui nel fondo del
corridoio abbiamo la rivelazione dell'Intenzione di Dio e l'Intenzione di Dio è
quella di farci passare dal pensiero del nostro io al suo Pensiero
per guardare dal suo Pensiero.
perché soltanto da quel
punto di vista noi abbiamo la possibilità di vedere Colui che parla con noi e
di vedere tutte le opere che Lui ha fatto per noi: quelle opere che qui
sono accennate e che vedremo in seguito:"Chiama per nome le pecore e le
conduce fuori."
A lui il portinaio gli apre e le pecore ascoltano la sua voce egli chiama le sue pecore per nome e le
conduce fuori. Gv 10 Vs 3 Terzo tema. Riassunto
Lunedì.
Titolo: Passaggio dall'ascolto al
vedere/In fondo al corridoio.
Argomenti: Il vedere è conseguenza dell’ascolto – L’attrazione
del Padre – Il desiderio di vedere il volto di Dio –
Il Pastore sottomesso al portinaio – Il cibo dell’anima
– Anima e corpo – Il seme della creatura
nuova – La selezione per il fine – Il maestro
e le passioni – La possibilità di seguire la voce di Cristo – Il fine seminato in noi da Dio – La coce è il
corridoio che ci conduce alla presenza – La voce e
l’opera del Pastore – Vedere il volto di Dio –
La voce è mutamento – La fonte del mutamento –
Il principio della voce – La voce di Dio in tutto e tutti – La presenza di Colui che parla – La Voce diventa
intenzione su di noi – La persona è caratterizzata
dall’intenzione – Immergerci nel Pensiero di Dio – Passaggio dalla Voce alla Luce – La Voce giunge ovunque – L’affidamento al Padre – L’intenzione è la
chiave per capire le opere – Superare il pensiero
dell’io -
21/agosto/1989 - LUNEDI - Casa
di preghiera Fossano.
A lui il portinaio gli apre e le pecore ascoltano la sua voce egli chiama le sue pecore per nome e
le conduce fuori. Gv 10 Vs 3 Riassunti Domenica.
RIASSUNTI DOMENICA
Argomenti: Il vedere è la conseguenza dell’ascolto – Il vedere
del bambino – Il Pastore e i briganti – La proposta
del fine – Il seme e il frutto – La capacità
di accogliere la proposta del Pastore – L’attrazione
del Padre forma in noi il portinaio che apre al Pastore – Il portinaio
che apre e chiude – La libertà dell’uomo è
determinata dal fine – La giustizia essenziale – L’ascolto del Padre condizione per seguire Cristo – L’interesse
per conoscere Dio – Riconoscere il Figlio di Dio
– Le chiavi che aprono al Pastore – La veglia del
servo – Il cibo dell’anima – L’uomo
sottomesso a Dio e Dio sottomesso all’uomo – Il seme e la finalità – La voce del Pastore – Singolarità e voce – La voce è segnalazione di presenza – La Voce del
Padre e la Voce del Figlio – La voce e la presenza –
La voce è un corridoio – Visione e ascolto – I
tre rapporti – Vedere il volto di Dio – Il Fine
del cammino a senso unico – La Voce e le voci –
Vedere Colui che parla con noi – La pace sta nel
vedere – La voce di Cristo giunge a noi nel pensiero dell’io – La voce infonde in noi una intenzione – Il Tu
del Figlio – La morte al pensiero dell’io per
immergersi nel Pensiero di Dio – Il passaggio dal finito all’infinito – L’affidamento al Padre – L’intenzione e le opere
– Capire le opere di Dio -
27/agosto/1989 Casa di
preghiera Fossano.
A lui il portinaio gli apre e le pecore ascoltano la sua voce egli chiama le sue pecore per nome e
le conduce fuori. Gv 10 Vs 3 Terzo tema. Riassunti Lunedì.
RIASSUNTI LUNEDI
Argomenti: Il Figlio non fa niente se non lo vede fare dal Padre –
Le nozze con Dio – Il Padre parla con tutti, il
Figlio no – Le false sicurezze dei cristiani –
La voce della forza di gravità – L’infinito è in ogni punto – Dio è già adesso e qui – Il buco nero – L’anticipo di Cristo – La reincarnazione – Cristo ci raccoglie nel Principio – Il saluto di
Dio – La purezza di sguardo – Vedere Dio che
ci chiama per nome – La molteplicità di presenze –
L’uomo e l’animale – La coscienza di essere –
Il tempo nello spirito – Cristo è il centro dell’opera
di Dio – Il limbo dei patriarchi – Tutto è
già scritto – Vedere il Pensiero di Dio – L’ascolto
della voce del Pastore – Il vedere è in relazione all’ascolto – Si vede con il pensiero – Le proposte del
Pastore e dei briganti – La fedeltà del servo –
La manifestazione dell’unità – Singolarità e voce –
La voce è segnalazione di presenza – La voce del
Figlio – La voce è un corridoio – Il cammino
a senso unico – Vedere il volto di Dio – Tutto
ciò che muta è voce – Tutto è voce di Dio – Ascoltare
parole di Dio o parole di uomini – La sorgente del mutare – Le cause secondo sono effetti -
28/agosto/1989 Mindino
A lui il portinaio
gli apre e le pecore ascoltano la sua voce egli chiama le sue pecore per nome e le
conduce fuori
Gv 10 vs 3 Quarto tema.
Titolo: Dio
ci chiama per nome-Le stelle stanno a guardare?
Argomenti: La
solitudine dell'uomo. Chiamare
per nome vuol dire essere conosciuti. Corridoio. Segnalazione
di un'intenzione. Guardare
a e guardare da. Il
punto di vista. Esperienza
o Parola di Dio? Chiamare
per nome è conoscere il problema.
3/settembre/1989 Casa di preghiera
Fossano
Dall’esposizione
di Luigi Bracco
Abbiamo visto la prima parte di questo versetto: "A
Lui il portinaio apre e le pecore sentono la sua voce”.
Adesso ci rimane la seconda parte: "Egli chiama le
sue pecore per nome e le conduce fuori".
Oggi in questa seconda parte considereremo la prima
affermazione: "Egli, il Pastore, chiama le sue pecore per nome".
C'è una relazione, un rapporto con la frase precedente:
l'abbiamo già visto la volta scorsa.
D'altronde tutto il parlare di Dio è un parlare unitario
e tende all'unità e ci raccoglie nell'unità: così si va di luce in luce.
Dio opera confermando.
Qui la frase precedente dice: "Le pecore sentono la
sua voce".
E l'argomento delle ultime domeniche è stato proprio
questa voce del Pastore e la conclusione di essa, poiché la voce del Pastore
che abbiamo paragonato a un corridoio, va verso una conclusione, un termine.
Adesso dopo aver detto che le sue pecore ascoltano la
voce del Pastore dice: "Egli chiama le sue pecore per nome".
Ci vuol rivelare che il capire che Dio, il Pastore ci
chiama per nome dipende dall'ascoltare la sua voce.
Pastore è il Figlio di Dio, è Colui che arriva a noi proponendo
a noi il fine vero: fine vero è Dio stesso, è la conoscenza di Dio, quindi la
nostra vita eterna.
Soltanto il Figlio di Dio può proporre a noi questo.
Soltanto Colui che viene dal cielo può proporre a noi il
cielo.
Gesù dice che il Figlio di Dio chiama le sue pecore per
nome.
Lo mette in relazione al fatto che le pecore ascoltano la
sua voce, quindi fa capire che noi ci accorgiamo di essere chiamati per nome
solo come conseguenza dell'ascolto della voce del Pastore, quasi a dire che la
voce del Pastore conduce noi a prendere consapevolezza che Dio ci chiama per
nome.
Il problema che subito si affaccia, ed è la prima
difficoltà di fronte a questa dichiarazione ("Dio ci chiama per
nome") è il fatto che a noi sembra la cosa ben diversamente.
Tutt'altro che sentirci chiamare per nome, facciamo
proprio l'esperienza di non essere chiamati per nome.
Il tempo passa e non ci conosce.
L'universo esiste e non ci conosce.
Le stelle
stanno a guardare: che l'uomo nasca o che l'uomo muoia, le stelle
continuano indifferenti il loro cammino e così tutto l'universo intorno a noi
rivela questa indifferenza.
Il mondo, il tempo, le creature esistono
indipendentemente da noi, come se noi non ci fossimo.
È la sensazione che noi avvertiamo.
Quando noi moriamo, le cose continuano come prima, come
se noi non ci fossimo stati.
Dico: la prima grande difficoltà di fronte a questa
affermazione meravigliosa della Parola di Dio (Dio chiama gli uomini per nome)
è questa: noi vediamo, tocchiamo, esperimentiamo di non essere conosciuti,
quindi di non essere chiamati per nome.
Noi ci sentiamo soli, soli di fronte a questo grande
mistero dell'universo.
Soli di fronte al grande mistero della vita.
Soli di fronte ai veri grandi problemi della vita e poi
sopratutto di fronte al problema della morte.
Di fronte alla morte l'uomo fa esperienza di essere solo.
Anche se fosse attorniato da amici e da parenti, da gente
che conosce, che lo ama, tutto quello che si vuole, lui solo, vive la sua
esperienza.
Lui solo, deve affrontare sopratutto la morte.
Il problema della vita e il problema della morte è un
problema che si affronta personalmente.
Tutto il mondo attorno a noi ci può esortare, ci può
confortare però le scelte sono personali.
Dico: proprio questo ci fa toccare con mano la grande
solitudine in cui di trova ogni uomo di fronte al mistero dell'universo, di
fronte al mistero di Dio.
E questa solitudine ci impone il problema, il dubbio di
non essere chiamati per nome.
Di non essere conosciuti.
Eppure c'è la Parola di Dio che dice che Lui chiama le
sue pecore (sue pecore sono gli uomini), chiama gli uomini per nome.
A questo punto cosa dobbiamo privilegiare?
Dobbiamo privilegiare la nostra esperienza?
Quello che vediamo e tocchiamo?
Dobbiamo privilegiare la nostra solitudine?
Dobbiamo privilegiare questa consapevolezza che il mondo
ci ignora, che tutto ci ignora attorno a noi?
Non c'è niente che ci chiama per nome.
Le pietre non ci chiamano per nome.
Gli alberi non ci chiamano per nome perché ci ignorano
nel nostro problema essenziale.
Dobbiamo privilegiare quello che noi sentiamo, i nostri
sentimenti, quello che noi esperimentiamo, quello di cui tutti i giorni
facciamo esperienza, oppure dobbiamo privilegiare la Parola di Dio che noi non
vediamo e non tocchiamo e che ci annuncia una cosa che a noi sembra
impossibile?
Chiamare per nome vuol dire conoscere, vuol dire essere
conosciuti e conosciuti personalmente da Dio.
La Parola di Dio ci afferma una cosa che noi non vediamo
e non tocchiamo, non esperimentiamo.
Anzi ci afferma una cosa che è completamente contraria a
quello che noi vediamo, tocchiamo, esperimentiamo.
Nello stesso tempo non possiamo dire che non è vero se
crediamo in Dio.
Se non crediamo in Dio, è vero proprio il rovescio: noi
non siamo conosciuti.
Ma anche se crediamo in Dio, non è che noi esperimentiamo
di essere chiamati per nome da Dio.
Anche credendo in Dio, il mondo continua il suo corso, il
tempo continua a passare a senso unico, le stelle continuano a guardarci.
Però se crediamo in Dio, anche se non esperimentiamo di
essere chiamati per nome o esperimentiamo a un certo momento il rovescio: il
silenzio di Dio, la morte di Dio, dico, anche se esperimentiamo il rovescio,
noi non possiamo smentire questa parola che afferma che Dio ci chiama per nome.
Non possiamo capirla, però non possiamo smentirla.
Una delle grandi esperienze dell'uomo è proprio questa,
quella che l'uomo chiama "senso del
mistero", ed è proprio questa: che l'uomo non può smentire una verità
che si annuncia a lui, ma non può vederla, non può capirla, non può
comprenderla, perché quello che vede, quello che tocca è testimonianza
contraria a quello che dice la parola.
A questo punto noi ci troviamo di fronte a questi due
termini.
Abbiamo detto: si tratta di privilegiare uno dei due.
Dobbiamo privilegiare quello che noi esperimentiamo?
Quello che noi vediamo e tocchiamo.
O dobbiamo privilegiare la Parola di Dio?
La conclusione dell'ultimo argomento che abbiamo visto
nella prima parte di questo versetto è stato quello che si trova al termine del
corridoio, nella fine del corridoio.
"Corridoio", abbiamo visto è la voce di Dio che
ci conduce alla conclusione di un discorso.
Tutto è voce di Dio.
Tutto l'universo è voce di Dio, proprio perché tutto
muta.
Infatti, abbiamo chiamato con il nome di voce non solo il
rumore delle parole che arrivano a noi ma anche tutta la creazione, perché
tutto muta.
Tutta la voce che arriva a noi ci convoca a una presenza.
Tutto è rumore.
Il rumore rappresenta ciò che muta.
Noi di fronte a ciò che muta non siamo in pace finché non
giungiamo alla sorgente del rumore, alla sorgente della voce, e fintanto
che non giungiamo a vedere Colui che parla.
Quindi tutta la voce che arriva a noi è la voce del
Padre: se l'ascoltiamo si forma in noi la fame,l'attrazione del Padre, il
desiderio di vedere Colui che parla a noi e questa attrazione ci fa riconoscere
il Cristo e seguire la voce del Cristo, il Pastore: la conclusione della voce
del Pastore, se la seguiamo è la presentazione di una intenzione.
La conclusione al termine del corridoio di questa voce
che parla, abbiamo detto, è la presentazione di un'intenzione, l'invito, cioè,
che la voce stessa ci fa a superare noi stessi per guardare dal punto di vista
di Dio.
Questo invito è l'ultimo segno che la voce lascia a noi.
Quindi
se teniamo presente che tutto è voce di Dio, tutto è
Parola di Dio, possiamo capire che l'universo finisce con quest'ultimo segno
per ognuno di noi: segnalazione di un’intenzione.
Tutto il mondo finisce invitando noi ad avere
un’intenzione, ad avere un pensiero.
E
quest’intenzione non è invito a guardare a, ma è
invece un invito a guardare da-, perché soltanto guardando da-, si trova la
presenza di Colui che parla con noi, si trova la presenza di Colui che fa giungere
a noi la sua voce.
Certo, fin dall'inizio noi siamo invitati a guardare a-,
e tutta la creazione dice a noi: "Noi non ci siamo fatti da soli, non ci
hai fatti tu, ci ha fatti un'Altro, alza gli occhi a Colui che ci ha fatti, a
Colui che ci fa".
La creazione è continua e ogni giorno Dio, per
ognuno di noi fa tutta la creazione e parla con noi.
E tutta questa creazione dice a noi ogni giorno:
"Non ci hai fatti tu, non ci siamo fatti da noi, ci ha fatti un'Altro,
alza gli occhi, guarda a- "
Ma quando arriviamo al termine del corridoio al termine
della voce che ci convoca alla presenza, a quel punto lì, dove tutto finisce,
la voce dell'universo, la voce di Dio (voce del Padre e voce del Pastore), si
conclude nella manifestazione di un’intenzione che è invito a noi a guardare da-, a guardare dal punto di vista di Dio, di
Colui che parla con noi.
S’incomincia, altrimenti non si comincia nemmeno, la vita
dello Spirito guardando a-, perché sollecitati da questa voce che ci giunge a
noi come un rumore che ci invita, ci sollecita a cercare la sua sorgente, la
sorgente di questa voce.
Però man mano che noi ascoltiamo, ecco, abbiamo le pecore
che ascoltano la voce, cui il portinaio, cioè l'interesse per Dio, apre.
È necessario che ci sia questo interesse personale per
Dio, perché nessuno può andare al Pastore (Pastore è il Figlio di Dio), nessuno
può andare a Cristo se non è attratto dal Padre: per aprire a Cristo, al
Pastore, bisogna che in noi si sia formata quest’attrazione per il Padre,
questo interesse per vedere il volto di Dio, per conoscere il Creatore.
Quando si è formato in noi questo interesse per il
Creatore, allora, cioè questo portinaio che è in noi, apre a quel Pastore che
parla a noi del Padre e ci convoca.
Ma tutte le voci, quindi anche la voce stessa del
Pastore, terminano, concludono, e Cristo stesso conclude con ognuno di noi,
invitandoci a questo passaggio: dal guardare a- (che è nostra intenzione) a
guardare da-, perché Dio si conosce solo per mezzo di Dio.
La presenza di Dio alla quale ci convoca la voce di Dio
si trova, si conosce soltanto in Dio e per mezzo di Dio.
Abbiamo detto che in questa conclusione c'è una
meraviglia e c'è anche un grande rischio (la crisi), perché per guardare da-,
si richiede il superamento di tutto di noi, il superamento di tutti i nostri
punti di vista, sopratutto il superamento del punto di vista del nostro io.
Qui capiamo che cosa deve succedere, perché l'universo,
il mondo, la realtà che noi esperimentiamo tutti i giorni attorno a noi, tutto è conseguenza del punto di
vista da cui noi guardiamo.
L'universo stesso assume aspetti molto diversi a seconda
del punto di vista da cui noi lo guardiamo, c'è una finestra ottica che ci fa
vedere l'universo come noi lo vediamo con i nostri occhi, ma c'è anche una
finestra ai raggi infrarossi, a onde radio che ci fa vedere un universo tutto
diverso da come noi lo vediamo con gli occhi.
L'universo può essere visto affacciati alla finestra del
pensiero del nostro io, ma può anche essere visto affacciati alla finestra del
Pensiero di Dio, dell'Intenzione di Dio.
Si tratta, però, di affacciarsi a una finestra.
All'ultimo noi saremo chiamati ad affacciarci alla
finestra, quindi a guardare tutte le opere di Dio, l'universo, con l'occhio del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, tutto deve essere visto nel Padre nel
Figlio e nello Spirito Santo, perché lì è la visione della verità, lì è la
visione del Regno di Dio.
L'universo cambia secondo i punti di vista da cui noi lo
guardiamo.
Tutte le esperienze che noi facciamo, quelle esperienze che
ci dimostrano ben il rovescio di quello che ci dice la Parola di Dio, per cui
noi facciamo esperienza di non sentirci chiamati per nome, di essere soli,
tutte queste esperienze, tutto quest’universo, sono visti così perché sono
visti sotto il punto di vista del pensiero del nostro io.
Ma evidentemente, siccome il nostro io non è il Creatore,
il nostro io non giustifica niente, quindi questo punto di vista è soltanto
sensazione, è sentimento, non è verità perché è nel pensiero del nostro io.
Il nostro io non giustifica niente quindi non è verità.
Allora il nostro io non giustifica nemmeno il fatto di
non essere chiamati per nome, non è verità.
La verità è ciò in cui tutto è giustificato.
Ora certamente non siamo noi il Creatore, basta un filo d'erba
per convincersene.
Quindi noi non giustifichiamo niente.
Noi subiamo tutta l'opera del Creatore ma non
giustifichiamo niente.
Quindi allora, se vogliamo trovare la verità (la verità è
ciò in cui tutto è giustificato), noi dobbiamo superare il punto di vista del
pensiero del nostro io e quindi dobbiamo superare anche la nostra esperienza.
Ecco, dicevo prima, cosa dobbiamo privilegiare?
Quello che noi vediamo e tocchiamo?
Quello che noi sentiamo?
Questa solitudine di cui ognuno di noi fa esperienza?
Dobbiamo privilegiare questo e quindi scartare la Parola
di Dio e dire: "La Parola di Dio è pazzia, non è vera"?
La Parola di Dio ci impegna a superare il pensiero del
nostro io e come conseguenza dobbiamo superare anche tutto quello che è nostro
sentimento, tutto quello che è nostra esperienza, anche l'esperienza della
nostra solitudine.
Anche l'esperienza di non sentirci chiamare per nome da
nessuno.
Anche l'esperienza di sentirci soli di fronte al grande
mistero dell'universo.
Noi dobbiamo superare questo perché dobbiamo superare il
pensiero del nostro io: non è vero che noi siamo soli.
Questa è sensazione.
Sentimento.
Vale allora la Parola di Dio perché la Parola di Dio ci
dice una cosa che noi non possiamo smentire.
Difficilmente possiamo capirla.
Però non possiamo smentirla.
Però certamente sappiamo che tutto quello che vediamo
affacciati alla finestra del nostro io, non è giustificato nel pensiero del nostro io e se non
è giustificato, va superato, come?
Ecco la conclusione della voce che parla con noi: "Alza
gli occhi e guarda dal punto di vista dell'altro".
Altro chi?
Colui che fa tutte le cose.
Non sei tu che fai le cose, non sono le cose che si fanno
da sole, sopratutto non sono le cose che parlano con te.
Ecco perché le cose ci ignorano.
Le cose non parlano con noi.
Il filo d'erba non parla con noi, gli alberi non parlano
con noi e noi ci accorgiamo che non parlano con noi, perché proseguono nel loro
vivere o nel loro moto indifferenti, sia che noi moriamo o sia che noi viviamo,
sia che noi abbiamo problemi, sia che noi siamo angosciati: le stelle se ne
stanno indifferenti, fanno il loro giro, ci ignorano.
Ma c'è un dubbio: che qualcuno per mezzo di loro parli
con noi.
Loro non parlano ma c'è il dubbio che qualcuno parli con
noi.
Dio
creando Adamo l'ha invitato a dare il vero nome alle cose e
invitandolo gliene ha dato la possibilità.
Adamo diede il vero nome alle cose alla presenza di Dio.
Cosa è che ha dato ad Adamo la possibilità di dare il
nome alle cose?
È la presenza stessa di Dio, cioè, Dio creando Adamo ha
invitato Adamo a guardare da (presenza di Dio, da), a guardare da Dio le cose,
le creature e quindi a dare il vero nome, e la Parola di Dio ci dice che questo
che Adamo ha dato è il vero nome.
Adamo ha dato il vero nome alla creazione, alle creature
di Dio guardando da Dio, secondo l'Intenzione di Dio e alla presenza di Dio,
guardando da Dio ha detto che cosa le cose significavano di Dio.
A chi? A lui!
Allora Dio ha invitato Adamo a capire che Lui lo sta
chiamando attraverso tutte le cose.
Attraverso quelle cose che ignoravano Adamo, come
ignorano noi nel pensiero del nostro io.
E quando a un certo momento ci fu la crisi, Adamo
incominciò a scoprire che più nessuno parlava con lui e questo fu in
conseguenza del fatto che incominciò a guardare il mondo affacciato dalla
finestra del pensiero del proprio io.
Ma in un primo tempo Dio ha dato la possibilità ad Adamo
di guardare tutte le cose dal punto di vista di Dio, secondo l'Intenzione di
Dio, perché soltanto guardando con l'Intenzione di Dio e non con l'intenzione
nostra, possiamo vedere e intendere che Dio ci chiama per nome.
È l'intenzione quella che ci illumina tutte le cose.
È l'intenzione che ci fa capire se c'è uno che parla con
noi.
Essere
chiamati per nome non è usare il nome che noi abbiamo all'anagrafe o che ci
hanno dato all'inizio della nostra vita: quella è convenzione.
Ci accorgiamo di essere chiamati per nome perché è la
cosa più abituale con cui ci si rivolge a noi.
Ma questo non è il vero nostro nome.
Il vero nome di ogni uomo è ciò per cui vive: il suo
problema principale.
Ecco per cui dico: l'uomo esperimenta la solitudine,
perché non c'è nessuna creatura e non c'è nessun uomo che possa rispondere al
suo problema principale.
E il problema principale di ogni uomo è un problema
Assoluto, è un problema di pace, è un problema di trovare il significato della
vita, è il problema della luce, è il problema di capire se veramente c'è Dio o
non c'è.
È un problema di verità.
Non c'è nessuna creatura nell'universo che possa rispondere
a questo problema dell'uomo.
Ecco perché l'uomo esperimenta la solitudine.
Ecco perché l'uomo sente di non essere chiamato per nome
da nessuno.
Anche da nessun uomo, perché il problema dell'uomo è il
problema di ogni uomo e se è il problema di ogni uomo, di tutta l'umanità, non
c'è nessun uomo che possa rispondere al problema dell'uomo.
Se non c'è nessuno che possa rispondere al problema
dell'uomo, tanto meno potranno rispondere al problema dell'uomo le stelle (ecco
per cui tutte stanno a guardare), il sole...tutti stano a guardare, nessuno ci
può chiamare per nome.
Però dico, anche qui c'è una meraviglia, perché quello
che nel pensiero del nostro io è esperienza, è sentimento, è vedere e toccare
la nostra solitudine, proprio questo, questa esperienza che tutto è
indipendente da noi, che tutto ci ignora, proprio questa esperienza ci rivela
una cosa meravigliosa.
Il mondo è indipendente da noi, non dipende da noi, ma il
fatto che non dipende da noi ci rivela che Uno sta parlando con noi e sta
parlando con noi chiamandoci per nome, proprio attraverso quelle cose che nel
pensiero del nostro io ci fanno sentire la solitudine, l'abbandono, il non
trovare nessuno che ci chiami per nome.
Proprio attraverso queste cose, se noi teniamo presente
Dio, scopriamo che Dio ci sta chiamando a Sé.
Nel pensiero del nostro io è fatale, noi non possiamo
uscire da questa solitudine, poiché nessuno può rispondere al nostro problema.
Ma se teniamo presente Dio e se attraverso tutta la
creazione, o semplicemente guardando una pietra, io sono costretto (sono
costretto!) a cercare il significato di questa pietra, perché non sono io che
ho fatto la pietra: che cosa mi vuol significare attraverso questa pietra, che
cosa mi vuol significare Colui che ha creato questa pietra, scopro che Dio mi
sta chiamando a Sé attraverso quello che io ho presente.
Ora io ho presente un problema: se uno viene a me e mi
conosce in questo mio problema e risponde a questo mio problema, questo mi
chiama per nome.
Non mi chiama per nome dicendomi Antonio, Giovanni o
Luigi o che so io: mi chiama per nome in quanto mi conosce nel mio pensiero.
Natanaele è stato conosciuto per nome non in quanto è
stato chiamato Natanaele, ma in quanto Gesù gli ha detto: "Ti ho visto ieri
sotto il fico".
Ecco, noi abbiamo bisogno di essere veduti, veduti in
questo problema essenziale.
Il nostro problema essenziale è quello di capire, di
capire il significato delle cose, che cosa il Creatore ci vuol dire attraverso
tutto ciò che ci presenta.
Ma se attraverso tutto ciò che ci presenta, che è
indifferente a noi perché non dipende da noi, quindi ci ignora, noi siamo
sollecitati ad alzare il nostro pensiero a Colui che presenta a noi queste
cose, qui noi, ci troviamo conosciuti, noi scopriamo di essere chiamati per
nome.
Perché chi chiama per nome, è uno che vede il nostro
problema e invita noi a passare dal nostro pensiero al suo pensiero, perché
soltanto nel Suo Pensiero noi abbiamo la soluzione del problema.
Costui mi chiama per nome.
Costui risponde al mio bisogno principale.
Costui parla con me e allora io scopro, che attraverso la
pietra, le stelle, il filo d'erba, l'albero, l'acqua, i monti, le creature, gli
uomini e tutte le vicende degli uomini che Dio che forma in noi un problema per
far alzare a Lui i nostri occhi.
Quindi chiama noi dal nostro pensiero al suo pensiero,
affinché noi abbiamo a guardare Lui.
Ecco chi chiama per nome!
È uno che ci prende là in ciò che abbiamo presente e ci
fa passare alla sua presenza.
Lì capiamo il significato di tutto quello che Lui ha
fatto.
Lui ha fatto tutto per portarmi a guardare Lui, per
portarmi a pensare Lui.
È lì che scopro che Lui mi ha chiamato per nome fin dal
principio.
A lui il portinaio gli apre e le pecore ascoltano la sua voce egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori
RIASSUNTO LUNEDI.
Argomenti: Il Me di Cristo è l’Intenzione di Dio – Morire al nostro io – L’occhio della Trinità – Vedere in tutto la
visione dell’Unità e della Trinità di Dio – Il nostro
io non giustifica niente – La voce delle cose e la voce di Dio – Il principio d’immutabilità – Rispondere al
bisogno di assoluto – Il vero nome delle cose alla
presenza di Dio – Dominare la terra – Dio in
tutto manifesta Se stesso – Il peccato originale fu guardare il mondo
dal pensiero dell’io – L’intenzione illumina le
cose – Nulla nella creazione può chiamarci per nome – L’universo esiste indipendentemente da noi – Natanaele
– Il bisogno di essere conosciuti – Scoprire
di essere chiamati per nome – L’interesse e il
maestro – Dio parla sempre personalmente con noi – La voce giunge ovunque il vedere è solo in un luogo – Tutto è
voce di Dio – La pace è vedere Colui che ci chiama –
Dare il nome secondo Dio e non secondo i nostri sentimenti – La vera conoscenza – Il vero nome – Dio non si trova nel sentimento -
4/settembre/1989 - LUNEDI - Casa
di preghiera Fossano
A lui il portinaio gli apre e le pecore ascoltano la sua voce egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori
Titolo: La
tromba dell'Apocalisse.
Argomenti: La
Giustizia. La
Parola di Dio non intelletta. Le
opere del Pastore. "Fuori".
Chiamare
per nome & cambiare luogo.
Fuori
dal nostro mondo Passione di possesso e passione per capire.
10/settembre/1989
Casa di preghiera Fossano
Dall’esposizione di
Luigi Bracco.
Siamo ancora nel versetto 3 del capitolo 10 di San
Giovanni, qui Gesù dice: "A Lui il pastore, il portinaio apre e le pecore
sentono la sua voce, ed Egli chiama le sue pecore per nome e le conduce
fuori".
Abbiamo già visto le parti
precedenti.
Oggi ci troviamo
nell'ultima parte di questo versetto: "Le conduce fuori".
Anche qui dobbiamo
chiederci il significato per la nostra vita essenziale, poichè è Parola di Dio
per noi, che cosa Dio ci vuole significare di Sé, poichè è Lui che regna in
tutto, dicendoci che questo Pastore (dopo esser entrato nell'ovile perché il
portinaio gli ha aperto e le sue pecore sentono la sua voce), chiama le sue
pecore per nome e le conduce fuori.
Ecco, chiediamoci quale significato
ha questo condurre fuori le pecore dall'ovile da parte del Pastore.
Domenica scorsa abbiamo
visto che il Pastore chiama le pecore per nome e abbiamo considerato in cosa
consista questo chiamare per nome.
Il Pastore rappresenta il
Figlio di Dio, poiché è il Figlio di Dio che conduce, guida (è il Maestro).
Le pecore rappresentano gli
uomini.
Cosa significa questo
essere chiamati per nome?
Tutte le parole che
arrivano a noi sono voci, voci di Dio, ma le voci che arrivano a noi,sono da
noi intese (intese nel senso che sono udite), ma non sono capite.
Per noi tutto arriva come
parabola.
Infatti, in ogni cosa noi
dobbiamo sempre cercare il significato se vogliamo rapportare le cose a Dio, se
vogliamo mantenere la giustizia.
La giustizia sta nel dare a
Dio quello che è di Dio e dare a Dio quello che è di Dio
vuol dire riportare sempre tutto nel principio: le cose arrivano a noi senza di
noi, non sono riportate nel principio senza di noi, per cui c'è sempre
quest’opera d’integrazione che è affidata a noi, tra Dio e la sua parola.
Dio fa arrivare a noi la
sua voce, Dio fa arrivare a noi la sua parola e poi l'affida nelle nostre mani
e dice a ognuno di noi:"Adesso portala a Me, offrila a Me sul Mio
altare".
L'altare su cui si offrono
le offerte a Dio è la nostra mente.
"Portale a me - ci
dice Dio -nella tua mente alla mia presenza affinché Io ti faccia vedere il mio
Pensiero, il significato che ho posto in esse per te".
Perché la vita, la salvezza,
la liberazione della nostra anima non stanno nell'ascolto della Parola di Dio.
Certo, è necessario
ascoltare le Parole di Dio.
Ma non basta ascoltare le
Parole di Dio, perché tutto quello che noi ascoltiamo, se non lo intendiamo e
noi non possiamo intenderlo senza Dio, per noi è perduto, sono segni che
arrivano a noi ma che non fecondano la nostra terra, sono aborti, progetti di
vita falliti.
Tutto quello che noi
perdiamo non ci lascia come prima, brucia!
Ci lascia come terra
desolata e deserta, terra bruciata che non produce più niente.
Quindi non è sufficiente
ascoltare la Parola di Dio ma è necessario passare a intendere il Pensiero di
Dio, quel Pensiero che Dio vuol far giungere a noi, facendo giungere a noi la
sua Parola, facendo giungere a noi la sua voce.
Per cui abbiamo il compito
di realizzare, di intendere la Parola che Dio fa giungere a noi.
Non si tratta di
"fare" nel senso di creare qualcosa, di operare qualcosa di nuovo, si
tratta di intendere il significato della Parola di Dio, perché la realtà è Dio
che la fa e la realtà è già fatta.
Quando qui si dice che il
pastore chiama le sue pecore per nome, ci dice che Dio chiama gli uomini per
nome: sue pecore sono gli uomini, tutti gli uomini.
Perché Dio vuole salvare
tutti: "Dio vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la
verità".
Il che vuol dire che la
realtà è questa.
Non si tratta di fare
qualcosa di nuovo, si tratta di scoprire quello che già è.
Soltanto che per scoprire
quello che già è, noi dobbiamo passare attraverso l'intelligenza del Pensiero,
dell'Intenzione di Dio, perché è l'Intenzione di Dio che fa vedere a noi la
realtà in cui ci troviamo.
E la realtà in cui ci
troviamo è questa: Dio parla con noi tutti i giorni e in tutte le cose e in
tutte le cose Dio ci chiama per nome, il che vuol dire che in tutte le cose,
ogni giorno c'è una parola per noi personalmente da Dio.
Questo è l'annuncio, questa
è la Parola di Dio.
Ma dico, noi sentiamo
questo annuncio, sentiamo queste parole: "Il pastore chiama le sue
pecore per nome": sono parole, noi possiamo anche crederle, però non
vediamo questo pastore che ci chiama per nome, sopratutto non lo
esperimentiamo.
Questa è la realtà com’è
realtà che Dio è presente.
Che sia presente è una
parola, però noi abbiamo presente ben altro.
Eppure non possiamo
smentire, non possiamo dire: Dio non è presente perché io vedo e tocco altro.
La verità di Dio che si
annuncia a noi è più forte di noi e non può essere smentita da noi, però
difficilmente è esperimentata, difficilmente è intelletta.
E perché?
Che cosa ci manca?
Quello che dà a noi la
possibilità di intendere e quindi di vedere le opere di Dio è l'Intenzione di
Dio, e fintanto che non giungiamo a quest'Intenzione di Dio, noi ci troveremo
sempre immersi in parole che non capiamo, che possiamo sentire perché sono più
forti di noi, superiori a noi, perché sono creazione di Dio.
Però ci troveremo sempre in
un mondo che è diverso da queste parole, in un mondo che smentisce queste
parole, in un mondo che ci confonde, che ci lascia dei dubbi, in un mondo che
ci impedisce di servire Dio, per cui ci fa sentire in prigione, in carcere,
carichi di catene, per cui vediamo quello che dovremmo essere ma non possiamo
perché la realtà che ci domina è un'altra, ci sentiamo schiavi.
La Parola di Dio che arriva
a noi e che non viene da noi intelletta, ci fa
sentire il peso, la schiavitù, l'impotenza perché non vediamo Dio, ma vediamo
altro da Dio.
E quell'altro da Dio che
noi vediamo ci schiaccia.
La materia ci schiaccia, ci
soffoca in una tomba.
Eppure anche la materia è
una Parola di Dio, ma una parola non intelletta e fintanto che non sarà
intelletta noi non potremo superarla come non potremo superare le presenze
fisiche e saremo dominati da queste presenze fisiche, degli altri e nostra.
Questo ci fa capire che la
via della liberazione dai nostri pesi, dalle nostre schiavitù sta nell'arrivare
a realizzare la parola ascoltata, nel giungere a intenderla.
È l'intelligenza, è la
conoscenza di quello che ci è annunciato che ci libera, perché ci fa vedere, ci
fa toccare con mano la presenza di Colui che è annunciato, perché ci fa vedere,
ci fa toccare con mano che Dio ci chiama per nome.
Per giungere a costatare
che Dio ci chiama per nome, non dobbiamo aspettare o aspettarci di sentirci
chiamati per nome da Dio, non lo sentiremo mai.
Ma dobbiamo invece cercare
di capire "come" Dio ci chiama per nome, e soltanto quando
conosceremo come Dio ci chiama per nome, scopriremo di essere chiamati per nome
in tutto da Dio.
Proprio quel mondo che ci
fa esperimentare la solitudine, perché nessuno ci conosce, proprio questo mondo
che non ci conosce e che l'uomo esperimenta, se visto con gli occhi di Dio,
dall'Intenzione di Dio, dal Pensiero di Dio, ci fa invece capire che
proprio attraverso esso, Dio sta parlando con noi ogni giorno e ci sta
chiamando per nome: proprio perché esso non dipende da noi.
Le opere di Dio, le opere
del Pastore per essere viste devono passare attraverso il Pensiero di Dio,
attraverso l'Intenzione di Dio e quindi debbono passare attraverso il superamento del
pensiero del nostro io.
Le opere del Pastore sono
due ed è annuncio, Parola di Dio:
-La prima opera è questa:
il pastore chiama le sue pecore per nome.
-La seconda è: le conduce
fuori.
C'è un rapporto fra le due
perché le cose Dio le fa sempre con intelligenza, sempre con misura e quindi
sempre in un certo rapporto.
Se prima Lui dice che
chiama gli uomini per nome e poi dice che li conduce fuori è perché in questo
prima e in questo poi si significa il rapporto.
Ci fa capire che non
possiamo intendere cosa vuol dire condurre fuori se prima non abbiamo capito
che cosa vuol dire chiamare le pecore per nome.
Il concetto di fuori è un
concetto ambiguo.
È per questo che è
spiegato, condizionato da un altro.
Infatti, noi ci
aspetteremmo che Dio ci conduca dentro, non che ci conduca fuori.
Il concetto di fuori è un
concetto di non intelligenza delle cose, uno è fuori in quanto non capisce.
Allora perché qui dice che
conduce fuori le pecore dall'ovile?
Proprio da quell'ovile in
cui loro stanno al sicuro, sono in pace?
Ho detto che l'intelligenza
di questo condurre fuori dipende dall'aver capito cosa vuol dire chiamare le
pecore per nome e chiamare le pecore per nome dipende a sua volta dall'aver
ascoltato la voce del Pastore.
Tutto è un rapporto perché tutto
è strada, tutto è cammino.
Le parole del Signore sono
un sentiero e man mano che noi assimiliamo una parola, noi percorriamo un
tratto del sentiero e percorrendo un tratto del sentiero siamo fatti capaci di
percorrere il successivo.
La voce di Dio, del Pastore
essendo un corridoio ci conduce, se l'ascoltiamo, a un certo termine in cui si
rivela l'intenzione di Colui che parla con noi, di Colui che fa arrivare a noi
la sua voce.
E quest'intenzione è un
invito, una proposta a passare dal pensiero del nostro io al Pensiero di Dio, a
passare cioè dal guardare le cose dal punto di vista del nostro io a guardare
le cose dal punto di vista di Dio.
Perché solo guardando le
cose dal punto di vista di Dio noi, abbiamo la possibilità di incominciare a
vedere bene.
E quando incominciamo a
guardare dal punto di vista di Dio, lì incominciamo a capire cosa vuol dire
chiamare per nome.
Dio chiama per nome in
quanto ci conosce.
Noi non dobbiamo aspettarci
di sentirci chiamare da Dio con il nostro nome convenzionale (che è il nome che
ci è dato nel pensiero del nostro io): Dio non sottoscrive le nostre
convezioni.
Dio parla nella sua verità
e ci chiama per nome non secondo il nome che ci hanno dato gli uomini nel
mondo, ma ci chiama per nome secondo il nome che Lui ha dato a noi.
E qual è questo nome che
Dio da all'uomo?
È il nostro destino, questo
è il vero nostro nome.
È il nostro fine, ciò per
cui dobbiamo vivere, è ciò cui Lui ci ha destinati.
Lui ci ha dato il suo nome
perché noi siamo destinati a Lui.
Chiamarci per nome allora
vuol dire chiamarci nel nostro destino, vuol
dire chiamarci nel nostro fine, in ciò per cui viviamo.
Quando si chiama uno per
nome, lo si chiama dal luogo in cui quell'uno si trova e gli si fa arrivare la
nostra voce, fino a farlo passare, se lui ascolta, da ciò che lui ha presente
alla presenza di colui che lo chiama.
Questo vuol dire chiamare
per nome, vuol dire far trasferire uno dal luogo in cui si trova al luogo in
cui si trova colui che lo chiama.
È una meraviglia questo
chiamare per nome perché ci rivela l'immensità e la meraviglia dell'opera di
Dio, Dio che crea l'uomo dal niente ha creato anche in quest’uomo questa
meravigliosa possibilità di passare dal luogo in cui l'uomo si trova o si
disperde nel suo niente al luogo in cui si trova Colui che lo chiama per nome.
Il che vuol dire che l'uomo
ha questa possibilità, non per opera sua, non per volontà sua, ma ha la
possibilità, se ascolta la voce di Chi lo chiama di passare dal suo finito
all'infinito di Dio, a quell'infinito nel quale Dio stesso dice: "Dove Io
sono voi non potete venire".
L'uomo non può passare dal
finito all'infinito, però ha la possibilità, se ascolta
la voce di Dio, quando la voce di Dio gli giunge, se ascolta la voce di Dio che
lo chiama per nome, di passare dal luogo in cui si trova, dal suo finito, al
luogo in cui si trova Colui che gli fa giungere la sua voce, di passare dal
luogo in cui si trova (mondo creato, mondo finito), all'infinito di Dio, all'eternità
di Dio, all'Assoluto di Dio.
Il concetto di fuori è
dipendente da questa intelligenza del chiamare le pecore per nome.
Se noi vediamo questo
condurre fuori insieme al concetto di chiamare per nome vuol dire far passare
dal luogo in cui uno si trova al luogo in cui si trova colui che lo chiama,
adesso possiamo definire in che cosa consiste questo fuori, questo condurre
fuori che il Pastore fa.
È proprio portare l'uomo
dal luogo in cui si trova al luogo in cui si trova il Pastore.
Al luogo in cui si trova
Dio.
E per far uscire l'uomo dal
suo mondo, cioè per far uscire l'uomo da tutto ciò che non è Dio, perché tutto
ciò che non è Dio, è il mondo dell'uomo, per portarlo là dove è Dio.
È la tromba dell'Apocalisse
che ci chiama dal nostro mondo, ci fa uscire dai nostri sepolcri e ci
convoca alla presenza di Dio, là dove Dio è, al trono di Dio.
Ora, mondo dell'uomo è
questa soggezione a tutte le cose che si dicono nel mondo, a tutte le cose che
dicono gli uomini, a tutte le cose che possono dire padre, madre, famiglia,
istituzioni, regole, leggi eccetera... a tutti i nostri interessi, a tutte le
nostre figure, a tutte le nostre problematiche, e farlo uscire di qui e
liberarlo da tutte queste schiavitù che condizionano l'uomo al punto da
incatenarlo e da impedirgli di fare il minimo passo verso Dio, perché lo
rendono indisponibile, sopratutto interiormente indisponibile, perché gli
portano via il tempo interiore per Dio.
Ecco, il pastore fa uscire
le pecore e le conduce fuori dal loro ovile, da questi luoghi di sicurezza, da
questi luoghi di tranquillità in cui l'uomo muore, per farlo camminare e per
condurlo ai pascoli liberi di Dio.
Dunque lo libera da-.
Se l'uomo ascolta la sua
voce.
Lo libera da- e lo conduce
a-.
Sopratutto lo libera dal
pensiero del proprio io, perché quello che ci rende schiavi del mondo (del
mondo che è opera di Dio) è il pensiero del nostro io che si ferma ai
sentimenti, alle sensazioni, alle cose che vede e tocca e non li riporta in
Dio.
L'anima di tutta questa
schiavitù è il pensiero del nostro io.
E il pastore chiamandoci
per nome, ci fa uscire dall'ovile, dal luogo in cui noi ci troviamo, cioè dal
pensiero del nostro io e ci conduce ... dove?
Il pastore fa uscire le
pecore dall'ovile e le conduce nei pascoli, le conduce alle sorgenti.
E tutto è parabola.
E quali sono questi
pascoli?
E quali sono queste
sorgenti?
Pascolo di Vita, sorgente
di vita è lo Spirito stesso di Dio, è il Padre, perché il Pastore (e il Pastore
è il Figlio stesso di Dio), chiamando le pecore per nome, le fa uscire dal
luogo in cui si trovano e le conduce nel luogo in cui Lui è.
E qual è questo luogo in
cui Lui è?
Il luogo in cui il Figlio
è, è il Padre.
Ecco l'opera del Pastore!
E da cosa ci accorgiamo se
stiamo seguendo questo pastore?
Ho detto che tutto il
nostro mondo è il pensiero del nostro io, perché: "Principe di questo
mondo è il demonio " dice Gesù.
E il demonio è il pensiero
del nostro io quando non si mantiene unito a Dio.
Ora quando il pensiero del
nostro io è staccato da Dio, per la passione d'Assoluto che porta in sé,
diventa passione di possesso: tende a proiettare questa passione di possesso su
tutto e su tutti.
Qualunque forma di azione
opera parola del nostro io nel mondo è sempre dominata da questo desiderio di
possedere.
Possedere le creature,
possedere le cose eccetera...
Nel desiderio di possesso
non si rispettano più le persone per quello che sono.
Perché ogni persona è tale
in quanto è destinata a Dio.
Appartiene a Dio ed è
destinata a Dio.
Abbiamo detto che il nome
vero della persona è questo destino.
Ora dico, invece, quando il
nostro io non si rapporta a Dio, nel pensiero di sé, in tutte le forme, sia che
voglia esercitare autorità, sia che si sottometta come servo, sia che faccia il
prepotente, sia che faccia l'umile, in tutte le forme, questo pensiero del
nostro io è dominato dal desiderio di possedere.
Lo chiama anche amore, però
è desiderio di possesso, è di possesso, quindi è strumentalizzazione.
Diciamo una parola non
bella... di cosificazione di tutte le persone, anche di Dio.
L'uomo tende a fare cosa
tutte le persone, non le considera più come persone, perché la persona è sacra.
È sacra in quanto è
intangibile.
Ed è intangibile in quanto
ha un suo destino.
È orientata a Dio e nessuno
la deve portare via da Dio.
Quando invece noi pensiamo
a noi stessi, al nostro io, noi portiamo via a Dio le persone e le facciamo
cose.
Per questo offendiamo le
persone e tutti si sentono offesi.
Ecco perché nel mondo non
c'è la comprensione.
Ecco per cui nel mondo
nessuno ci conosce.
Perché non c'è questo
rispetto del nome dell'uomo, del destino dell'uomo.
Ogni uomo vuole mettere le
mani sull'altro e possedere l'altro e quindi lo trasforma in cosa e lo offende.
Dico, c'è un test che ci
rivela se abbiamo capito che Dio ci chiama per nome, e il test sta in questo.
Quando camminiamo verso Dio
noi, cessiamo di essere dominati dalla passione di possedere le creature, le
cose. Assolutamente non si desidera più il possesso delle creature, il possesso
delle cose.
Subentra un'altra passione,
la passione di capire.
Non si desidera più
possedere, si desidera capire, si desidera capire gli uomini, cioè cosa Dio ci
significa negli uomini, che cosa Dio ci significa nelle creature, ma non si
desidera più mettere le mani sugli uomini o sulle creature.
E proprio qui, in questo
desiderio di comprendere, di capire il Pensiero di Dio, il significato di Dio
in tutte le sue opere, in tutte le creature.
È qui che noi rispettiamo
veramente le creature, è qui che veramente le creature si sentono amate, perché
si sentono comprese.
Questo è il test che Dio ci
offre per misurare se noi siamo in ascolto della sua parola che ci chiama per
nome, perché quando ci chiama per nome, ci fa uscire da questo mondo in cui
siamo dominati dalla passione di possesso per condurci nel suo mondo in cui si
è dominati (ma qui si è liberi) dalla passione di capire le cose nella luce di
Dio, nella sapienza di Dio.
A lui il portinaio gli apre e le pecore ascoltano la sua voce egli
chiama le sue pecore per nome e le
conduce fuori
Gv 10 vs 3 Quinto tema.Riassunto
Lunedì.
Titolo: La
tromba dell'Apocalisse.
Argomenti: Come Dio ci chiama per nome – La salvezza sta nel capire – Gli aborti ci cambiano – Ascolto e comprensione – Il Pensiero della Parola – La realtà è già fatta
– Scoprire la Realtà in cui siamo – Dominati
dalle presenze fisiche – Realizzare la Parola
ascoltata – La pietra e Dio – Il problema
essenziale dell’uomo – Le opere del Pastore –
Dentro e fuori – Guardare DA Dio – Dio ci
conosce nel nome che Lui ci ha dato – Il destino dell’uomo – Passaggio dal finito all’infinito – “Dove Io
sono” luogo – Il nostro luogo e il luogo di Dio –
Il luogo del Pastore è il Padre – Comprendere la
creazione – Il cambiamento di luogo – Alla presenza
di Dio – Solo il Figlio vede il Padre -
11/settembre/1989 - LUNEDI - Casa di preghiera Fossano
A lui il portinaio gli apre e le pecore ascoltano la sua voce egli
chiama le sue pecore per nome e le
conduce fuori
Titolo: Dal
nuovo mondo.
Argomenti: I tre
mondi della realtà. Gli uomini sono analfabeti. Nuovo
e Vecchio. Non capire la Parola di Dio. Dio
ci parla personalmente.
Compenetrazione
di pensiero.
17/settembre/1989 Casa di
preghiera Fossano.
Dall’esposizione
di Luigi Bracco
Domenica scorsa abbiamo considerato l'ultima frase della
seconda parte del versetto, cioè questo: "Le conduce fuori" da parte
del Pastore delle pecore.
"Pastore" abbiamo visto, significa il Figlio di
Dio.
E la Parola di Dio (il Figlio di Dio è Colui che parla
tra noi di Dio), giungendo a noi, ci conduce fuori: fuori dal nostro ovile,
fuori dalle nostre sicurezze, fuori dal nostro mondo, dalle nostre mentalità.
Ci dobbiamo chiedere e ci siamo chiesti, perché questo
condurre fuori?
La nostra mentalità si forma sulla realtà del mondo in
cui ci troviamo, mondo sensibile, mondo che esperimentiamo giorno dopo giorno,
mondo fatto di uomini che sono creature di Dio.
Eppure la Parola di Dio ci conduce fuori da questo mondo,
come il Pastore conduce fuori le pecore dell'ovile.
Ci siamo chiesti: "Dove le conduce?"
Le conduce al pascolo al pascolo e alle sorgenti di acqua
viva.
Il Figlio di Dio facendo sentire a noi la sua parola ci
conduce nei pascoli.
E quali pascoli?
I pascoli di Dio, alle sorgenti di acqua viva.
Così noi scopriamo che il nostro mondo, la realtà in cui
noi ci troviamo, non è costituito soltanto dal mondo che vediamo e tocchiamo,
dal mondo sensibile, dalle cose che esperimentiamo.
Non è costituito soltanto da ciò che ci piace e da ciò
che non ci piace, non è costituito solo dalle gioie e dai dolori.
La
realtà in cui noi ci troviamo è costituita essenzialmente da tre mondi:
1) C'è questo mondo sensibile delle cose che noi vediamo
con i nostri occhi, tocchiamo con i nostri sensi.
2) C'è poi il mondo della Parola di Dio, un mondo che ci
annuncia cose che non vediamo e che non tocchiamo, ma che non si possono
smentire.
La Parola di Dio fa ancora parte del nostro mondo
sensibile perché si fa sentire, è voce, abbiamo detto.
E la voce di Dio arriva a noi indipendentemente da noi,
si fa sentire da noi e ci annuncia cose però che non vediamo e che non
tocchiamo ma che come abbiamo detto non si possono smentire.
3) Poi abbiamo un terzo mondo, che è il mondo della
verità, il mondo di Dio, il cielo di Dio.
Questa verità, questo cielo di Dio è la vera realtà per
cui noi siamo fatti, tant'è vero che noi siamo inquieti fintanto che non
possiamo giungere a contemplare questa verità, a vedere questo Dio.
Allora qui capiamo che il mondo della Parola di Dio è un
mondo che fa da ponte tra gli altri due, tra il nostro mondo sensibile cioè tra
il mondo che vediamo, che tocchiamo, tra il mondo che fa la mentalità della
maggior parte degli uomini del mondo e l'altro mondo.
Perché il mondo sensibile noi, è vero, lo vediamo, lo
tocchiamo ma non sappiamo cosa sia.
È un mondo che vediamo e tocchiamo ma non lo intendiamo.
Tanto che sempre chiediamo: "Perché questo?"
"perché quell'altro?".
Il grande problema è arrivare al significato delle cose.
Perché il significato delle cose è più importante delle
cose stesse.
Ma il significato delle cose lo attingiamo solo da Dio e
in Dio.
Perché ciò che dà significato alle cose è il pensiero che
è nelle cose, è l'Intenzione di Dio.
Le cose, anche tutte quelle che appartengono al nostro
mondo sensibile, sono create da Dio, esistono indipendentemente da noi.
E fintanto che noi non arriviamo a vedere l'Intenzione,
il Pensiero di Colui che fa queste cose, noi non possiamo intendere il
significato delle cose stesse.
Ecco la ragione per cui c'è il mondo della Parola di Dio,
che fa da ponte, che ci annuncia le cose dello Spirito e se noi crediamo, se
noi ascoltiamo questa Parola e crediamo in essa e cerchiamo di capirla
(perché non basta ascoltarla, non basta accoglierla, non basta crederla,
bisogna cercare di capirla).
Dico: se noi cerchiamo di capirla, questa, anche se con
fatica, ci fa uscire dai nostri schemi, dalle nostre sicurezze, e ci conduce
nei pascoli dello spirito.
In che cosa consistono questi pascoli dello spirito?
Consistono nel vedere le cose dalla finestra di Dio, dal
punto di vista di Dio.
E cosa vuol dire vedere le cose dal punto di vista di
Dio?
Vedere le cose dal Pensiero di Dio.
Forse che noi non possiamo vedere le cose dal Pensiero di
Dio?
Il Pensiero di Dio è dato a ogni uomo, proprio per dare a
ogni uomo la possibilità di passare dal suo pensiero o dai suoi pensieri, di
passare dai suoi punti di vista, che possono anche essere i punti di vista di
tutti gli uomini, al punto di vista di Dio, perché solo guardando dal punto di
vista di Dio, si vede bene, si vede la verità, si legge sopratutto il
significato delle opere di Dio, si legge, s’impara a leggere.
Sapessero anche tutte le lingue del mondo.
Sono dei grandi analfabeti.
Non sanno leggere le opere di Dio.
E fintanto che non vedono il Pensiero di Dio e non
guardano dal punto di vista di Dio, non possono nel modo più assoluto
intendere, leggere le opere di Dio.
Succede questo: che gli uomini credono di interpretare,
di leggere le opere, i fatti, gli avvenimenti che avvengono nella loro vita,
nel mondo, secondo quello che hanno nella testa, non secondo Dio.
E allora abbiamo un analfabeta che non sa leggere.
Ma che però osservando una scrittura la interpreta
secondo quello che lui ha in testa.
Dico: nel mondo la maggior parte degli uomini fa così.
Invece la Parola di Dio ci invita prima di tutto e sopra
tutto a cercare la Volontà di Dio, l'Intenzione di Dio, il Pensiero di Dio,
perché, quello che illumina l'opera e il parlare di una persona è l'intenzione
di quella persona e fintanto che noi non giungiamo a conoscere
l'intenzione di una persona, noi assistiamo alle cose che fa quella
persona, assistiamo alle parole di quella persona ma non possiamo intendere.
È l'intenzione che illumina e l'intenzione di un essere
dipende da ciò che uno è.
L'Intenzione di Dio dipende da ciò che Dio è.
Ecco per cui è assolutamente necessario passare dal
nostro mondo a Dio, per vedere da Dio, per conoscere da Dio il Pensiero,
l'Intenzione di Dio che ci permette, che ci dà la possibilità di leggere la
scrittura di Dio.
Di conoscere il significato delle opere di Dio, di vedere
le opere di Dio, altrimenti non le vediamo.
Abbiamo visto qui le prime opere: il Pastore chiama le
pecore per nome e le conduce fuori.
E abbiamo visto che il chiamare per nome non è il
sentirsi chiamati con il proprio nome.
I nostri nomi sono convenzionali.
E Dio non opera nel mondo convenzionale.
O meglio opera nel mondo convenzionale, ma non
sottoscrive il nostro mondo convenzionale.
Dio non condivide la nostra mentalità
Dio opera nella nostra mentalità, ma per trasformarla
nella sua mentalità.
Per capire questo chiamare le pecore per nome, dobbiamo
vedere dal punto di vista di Dio, come Dio chiama per nome.
Soltanto guardando da Dio (il tema di oggi è appunto dal
nuovo mondo), soltanto guardando da Dio si scopre il significato delle Parole
di Dio.
E una delle prime scoperte è questa: come Dio chiama per
nome gli uomini.
Chiamare per nome abbiamo visto vuol dire far passare
l'uomo da ciò che ha presente alla presenza di colui che lo chiama.
Questo è il vero chiamare per nome.
Farlo passare da ciò che ha presente, alla presenza di
Colui che lo chiama.
Per cui Dio ci chiama per nome convocandoci alla sua
presenza, facendosi pensare.
Dio ci dà la possibilità di pensarlo.
E tutte le volte che noi pensiamo Dio, non siamo noi a
pensare Dio ma è Dio che ci chiama per nome, è Dio che ci convoca alla sua
presenza e convocandoci alla sua presenza... ecco che noi capiamo
anche cosa vuol dire questo far uscire le pecore dall'ovile: ci fa
passare da ciò che noi abbiamo presente alla presenza di Dio.
Ci fa uscire quindi da ciò che noi abbiamo presente.
Quello che noi abbiamo presente, è il mondo sensibile, è
la realtà che noi vediamo e tocchiamo e che magari anche ci scandalizza.
Perché è necessario che l'uomo sia scandalizzato.
Ci scandalizza perché noi siamo troppo sicuri e allora è
necessario che a un certo momento Dio butti delle pietre in questo lago delle
nostre sicurezze per farci uscire, per metterci in movimento, perché Lui ci
vuole condurre fuori da quello che ci fa invecchiare.
Noi
vivendo nel mondo, infatti, costruiamo la nostra vecchiaia
fino alla nostra morte, perché il mondo del pensiero del nostro io diventa
sempre più vecchio e Dio invece è una novità continua.
Dio è sorgente di vita perché è sorgente di novità.
Noi nel mondo vediamo per la prima volta le cose solo una
volta, la seconda volta è già una seconda volta perché noi diciamo: "L'ho
già vista ieri questa cosa".
E come noi diciamo: "L'ho già vista ieri questa
cosa", per noi è finito.
Per noi la cosa è diventata vecchia e non ci dà più vita.
La vita viene dalle cose nuove.
Quando noi diciamo novità, cosa s’intende per novità?
Nuovo è ciò che noi vediamo per la prima volta o che non
abbiamo ancora capito.
Sostanzialmente nuovo per noi è ciò che noi non abbiamo
ancora capito.
Nel tempo, nel nostro mondo, succede una sola volta che
noi incontriamo una cosa nuova: la prima volta e poi non più.
Perché poi tutto è ripetizione.
Per questo le cose per noi diventano vecchie, e più
diventano vecchie e più ci portano via la vita.
All'ultimo a noi resta un senso di grande stanchezza
perché non c'è più novità.
È questa la morte di cui muoiono gli uomini nel mondo,
perché non trovano più novità, ma non trovano più novità perché sono rimasti
chiusi nel loro ovile, perché non si sono impegnati nella Parola di Dio.
Questa parola che annuncia loro un mondo superiore, un
mondo diverso, un mondo che non si vede e non si tocca ma solo s’intende.
Perché la Verità si trova solo conoscendola.
Chi ci dicesse che la Verità si trova toccandola o
esperimentandola o correndo qui o andando là o in un certo tempo, ci direbbe
menzogne, perché la Verità certamente non si trova andando qui o correndo là e
non appartiene al tempo.
Quindi non ci sarà mai un tempo in cui si vedrà la Verità
se noi l'aspettiamo.
Ecco per cui la nostra vita vivendo nel mondo si conclude
con il vuoto, la tristezza, la noia, cioè fondamentalmente
la delusione: "Noi speravamo....".
Ci resta questo: "Noi speravamo" ed è tutto
delusione.
La Parola di Dio ci vuole condurre alla novità.
Ho detto: nel tempo la novità si trova una prima volta
soltanto.
Soltanto una prima volta.
Poi tutto è seconda volta e non serve più.
Invece nell'infinito di Dio, proprio perché è infinito,
non c'è mai una seconda volta.
È sempre tutto prima volta.
La Parola di Dio ci vuole condurre qui: una novità
continua e quindi una novità eterna.
Perché Dio è infinito.
La
Parola di Dio ci conduce, in quanto ce le annuncia, a cose
che ancora non capiamo ed è proprio questa la prima esperienza e la prima
novità che noi esperimentiamo, che noi vediamo quando prestiamo orecchio e
attenzione alla Parola di Dio: non capiamo.
Perché fintanto che uno mi dice: "Sai cos'è un
albero?" io rispondo di sì, so cosa è l'albero.
Infatti, lo vedo, lo tocco e lo posso anche definire.
Ma se qualcuno mi chiede, ed è la Parola di Dio che me lo
chiede: "Che cosa dice Dio a te attraverso l'albero?" faccio scena
muta, non capisco.
Ecco, la Parola di Dio ci invita a questo: ci invita a
superare quello che è la cosa secondo i nostri occhi, secondo i nostri sensi, a
superare il mondo come lo vediamo e tocchiamo e a vedere invece il mondo come
segno di Dio, come Parola di Dio, perché in realtà tutto è Parola di Dio,
perché il mondo è creato da Dio, ed essendo creato da Dio, tutto è Parola di Dio.
Ma se è Parola di Dio allora cosa ti dice questa parola?
Per cui di fronte a una semplice pietra io mi debbo
chiedere che cosa Dio mi dice attraverso la pietra e di fronte all'acqua mi
debbo chiedere che cosa Dio mi dice attraverso l'acqua e di fronte a un monte,
a un uomo, di fronte a una sventura, di fronte a una disgrazia, di fronte al
male, mi debbo chiedere: "Che cosa Dio mi dice di Sé attraverso tutte
queste cose?".
Perché è Dio che parla.
Noi siamo spettatori del Dio Creatore, quindi del Dio che
parla a noi.
La prima cosa che si vede da questo "mondo
nuovo" è proprio questo senso di non capire niente.
Per noi potrebbe essere desolazione e sconforto, invece è
un primo segno per noi di consolazione e conforto.
Perché se teniamo presente che novità è ciò che non
capiamo, se Dio attraverso la sua Parola ci conduce a capire di non capire, è
la prima grazia che Dio ci fa.
La prima grazia che Dio fa all'uomo che lo ascolta, è
quella di accecarlo.
Quella di fargli capire che è cieco e che ha bisogno di
luce.
È la prima grazia che viene a noi dal nuovo mondo quando
noi prestiamo ascolto alla Parola di Dio.
La crediamo e alziamo gli occhi a Dio, è la prima grazia.
Facendoci capire di non capire, Dio già ci mette in
movimento.
Perché noi sostanzialmente siamo desiderio di capire,
anche se disprezziamo, anche se rifiutiamo, ma in fondo in fondo noi siamo
desiderio di capire perché siamo una passione di Assoluto, siamo passione di
luce, la nostra anima si nutre di verità e guai a lasciare mancare un giorno
solo, una parola di verità per la nostra anima, perché noi condanneremmo la
nostra anima alla morte.
La nostra anima, infatti, da sola non sta su, non vive in
modo autonomo.
La nostra anima come tutte le creature ha bisogno di
cibo, ha bisogno di nutrirsi e noi non dobbiamo lasciar mancare questo cibo
alla nostra anima.
Ogni giorno vale in quanto offriamo alla nostra anima una
parola che ci annunci qualcosa di Dio che ancora non conosciamo.
Perché soltanto quello che non conosciamo di Dio, ci
porta nella novità.
Novità è cosa che ancora non conosciamo, che ancora non
capiamo, per cui è impegno.
Se la Parola di Dio ci fa passare dalle nostre sicurezze,
da quello che noi vediamo e tocchiamo, al capire che non vediamo e tocchiamo,
dico, qui è Dio personalmente che ci chiama per nome.
La
seconda novità che noi incontriamo guardando dal nuovo mondo
di Dio è questa la scoperta che Dio parla personalmente con ognuno di noi.
E ci chiama per nome.
Se Dio parla personalmente con ognuno di noi, qui noi
troviamo una liberazione immensa: è la liberazione dalla dipendenza di tutti i
maestri.
La liberazione dalla dipendenza da tutto il mondo.
Da tutto quello che dicono gli uomini.
Qui scopriamo che ogni uomo è veramente ammaestrato da
Dio.
Qui realizziamo questa Parola di Dio, perché c'è questa
Parola di Dio che dice: "Saranno tutti ammaestrati da Dio".
La Parola di Dio ci dice un futuro ma noi sappiamo che
presso Dio non c'è futuro, Dio è il presente, tutto presenza.
Il futuro è per noi, è per noi perché attualmente non
capiamo ancora questa parola, ma il giorno in cui capiremo questa parola,
capiremo che gli uomini sono (sono=presente) tutti, attualmente ammaestrati da
Dio.
E allora scopriamo questo che ascoltando la Parola di Dio
e guardando le cose da Dio, si supera il tempo, il futuro diventa presente e
anche il passato diventa presente.
Si recupera tutto.
Abbiamo già visto: non c'è più il "quando Dio ti
chiama per nome", se tu guardi le cose dal punto di vista di Dio, scopri
che Dio oggi ti chiama per nome.
In tutto ti chiama per nome.
E quando vedi una foglia, vedi un albero, una goccia
d'acqua, vedi un monte, una persona, un uomo vedi un avvenimento e attraverso
quella cosa, quell'avvenimento senti dentro di te questo bisogno di capire il
significato, di capire che cosa Dio ti vuol dire attraverso quella cosa, è Dio
che ti chiama per nome, oggi, subito.
Ecco che noi superiamo la situazione (attraverso la
visione del come Dio chiama per nome) del tempo.
Noi nel pensiero del nostro io o restiamo nel tempo e ci
aspettiamo un giorno in cui Dio ci chiamerà per nome, oppure un giorno in cui
Dio ci ammaestrerà personalmente.
Ma guardando le cose da Dio, noi realizziamo le Parole di
Dio, perché è per mezzo di Dio che tutto si realizza e quello che era passato o
futuro, diventa presente.
E lì noi capiamo che Dio è il vero Maestro, oggi, in ogni
uomo.
È la seconda novità che scopriamo affacciati alla
finestra del Pensiero di Dio.
E poi c'è una terza novità, perché se Dio parla
personalmente con noi, e parlando personalmente con noi, abbiamo detto, conduce
noi alla sua presenza, a guardare le cose in Lui, qui avviene un fatto
straordinario e meraviglioso, proprio perché a Dio si arriva solo con il
pensiero.
Non si arriva a Dio con il sentimento.
Non si arriva con il cuore.
Non si arriva correndo o agitandoci.
Ed
è infantile credere di trovare la verità facendo o spostandosi.
Noi crediamo di "fare" nel mondo, ma noi non
facciamo assolutamente niente, noi siamo spettatori di quello che Dio fa.
Poiché Dio è il creatore, ed è un errore gravissimo nella
nostra vita quello di tentare di fare cioè di voler rendere Assoluto ciò che
Assoluto non è.
Il problema essenziale nella nostra vita non sta nel
cercare di rendere Assoluto ciò che Assoluto non è, altrimenti sprechiamo tutta
la nostra vita in un'azione che si conclude nel vuoto.
Nel fallimento.
Poiché dobbiamo capire che tutte le cose che non sono
assolute, non si presentano "non assolute" alla nostra passione di
Assoluto (noi siamo passione di Assoluto) per essere trasformate in Assoluto.
Ma si presentano "non assolute" a noi perché
noi abbiamo a cercare che cosa è l'Assoluto.
Così, dico, come dobbiamo evitare l'errore di voler
trasformare in Assoluto ciò che Assoluto non è, perché tutto questo è per farci
capire che cosa è l'Assoluto, così dobbiamo evitare l'errore di aspettarci di
essere chiamati per nome da Dio, perché Dio ci chiama già per nome adesso.
Invece dobbiamo cercare di capire come Dio ci chiama per
nome.
Perché soltanto capendo questo noi, scopriamo la realtà,
cioè di essere già ora chiamati per nome.
Dico,
la terza novità è questa meraviglia, che fintanto che noi non
guardiamo le cose da Dio, anche nei riguardi di Dio, noi siamo io e Tu, uno di
fronte all'altro.
Ma come incominciamo a guardare le cose da Dio, dico, noi
scopriamo questo da Dio, ed è la grande realtà del nuovo mondo nel quale tutti
noi siamo chiamati a entrare, noi scopriamo che l'io e il Tu sono dentro uno
dell'altro reciprocamente.
Perché a Dio si giunge offrendo a Dio il nostro pensiero
e Dio facendo suo il nostro pensiero ci rivela il suo pensiero, e abbiamo così
questo scambio reciproco di pensiero.
Contrariamente a quanto avviene nel mondo in cui il
contenuto non può essere il contenente, e il contenente non può essere il contenuto,
in Dio invece c'è questa meraviglia che il contenuto che siamo noi, in Dio,
diventa anche contenente.
Dico, abbiamo il passaggio dall'io al Tu, l'uno di fronte
all'altro all'io e al Tu l'uno dentro l'Altro in uno scambio reciproco di
pensiero.
Pensiero della creatura che offre a Dio il suo pensiero e
Pensiero di Dio che facendo suo il pensiero della creatura dice: "Questo è
il mio pensiero".
A lui il portinaio gli apre e le pecore ascoltano la sua voce egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori
Gv 10 Vs 3
Sesto Tema. Riassunto Lunedì.
Titolo: Dal
nuovo mondo.
Argomenti: I tre mondi dell’uomo – Mondo sensibile, della Parola e della
Verità – L’intenzione dà significato alle cose –
La Parola capita è ponte tra i due mondi – I pascoli
dello Spirito – La nuova visione delle cose –
Guardare da Dio – Solo conoscendo l’Intenzione possiamo capire le Opere – L’analfabetismo dell’uomo – L’intenzione di Dio
viene dall’essere di Dio – Il nome dell’uomo –
Convocati alla presenza di Dio – Dal mondo
sensibile verso il mondo della Verità – La vecchiaia e la morte dell’io –
Il nuovo è ciò che non è ancora capito –
Morire di noia – Impegnarsi nella Parola di Dio –
La Verità si trova solo conoscendola – La novità
eterna – Capire di non capire – Il contenuto e il contenente – Lo scambio reciproco con Dio – L’io e il Tu uno
dentro l’altro – La presenza oggettiva del Pensiero
di Dio -
18/settembre/1989 - LUNEDI - Casa
di preghiera Fossano.
A lui il portinaio gli apre e le pecore ascoltano la sua voce egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori Gv 10 Vs 3
Argomenti: Ciò che muta è voce – La visione delle opere di Dio – L’ascolto della voce del Figlio di Dio – Visione
e ascolto – Vedere ciò che è fin dal principio – Dio
ammaestra personalmente ogni uomo – Come Dio ci
chiama per nome – L’esperienza vs la Parola di Dio – La menzogna o la
Verità – La morte al pensiero dell’io –
Adeguarsi alla Verità – Chiamare per nome –
La voce è un corridoio che conduce alla presenza – Dentro
e fuori – Uscire dal mondo dell’io per andare al mondo di Dio – Strumentalizzare gli altri e Dio – I tre mondi:
sensibile, Parola, Verità – La Parola è ponte fra
tenebre e luce – La Verità si trova solo conoscendola – L’Intenzione illumina le Opere – Capire di non
capire – Vedere la novità guardando da Dio –
Il principio di novità – Il capito diventa vecchio –
Dio ci chiama per nome nel nostro bisogno di assoluto –
Scoprire il Maestro -
24/settembre/1989 Casa di
preghiera Fossano.
A lui il portinaio gli apre e le pecore ascoltano la sua voce egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori Gv 10 Vs 3
Argomenti: La voce è mutamento – Il principio della voce – La funzione dell’antico
testamento – La Parola che acceca –
Riconoscere il Figlio – L’incarnazione del Verbo –
Il rapporto personale con Dio – L’attrazione per il
Padre – Sottomissione al Figlio – Il rapporto
giusto e vero – La presenza oggettiva di Dio –
La conoscenza della Verità – L’ascolto della Voce – Visione e ascolto – Il vedere è relativo all’ascolto
– Solo il Figlio vede il Padre – Il vedere è
condizionato dal luogo, la voce no - La luce
materiale e spirituale – Il radio – La luce
rispetta i corpi - La Sindone – L’io nuovo – I colori delle creature – La voce è un esistente che muta – La teoria e la
pratica – Si pensa Dio con il Pensiero di Dio –
Offrire, consacrare il pensiero – “Questo è il mio
Pensiero” – Contenente e contenuto – L’ascolto
e l’interesse – L’attrazione per il Padre e Cristo -
25/settembre/1989 - LUNEDI - Casa di preghiera Fossano.