GV 10 VS 22 – Intanto ricorreva allora a Gerusalemme la festa della
Dedicazione del tempio. Era inverno.
Primo tema - Intanto...
Argomenti: Rapporto vita,
intenzione – L’intenzione di Dio – Il demonio è cieco – L’obbligo di scegliere
– La luce e le tenebre – Unità spazio temporale – Il tempo è una quantità
finita per ottenere l’infinito – La Gerusalemme interiore – Intenzione e
intelligenza – Unità e molteplicità d’intenzioni – Passionalità del mondo – La
polvere – La funzione della conflittualità esterna – La Parola di Dio determina
il tempo – Il tempio di Dio nell’uomo -
5-6/ Maggio /1991
Anche in questa
scena, in quanto ci viene presentata, c’è un messaggio.
Un messaggio di
Dio per ognuno di noi.
Perché tutto
quello che fa Dio, lo fa per noi personalmente.
Perché
attraverso tutte le cose, Egli forma in noi, quell’anima capace di potere
entrare nella vita eterna, di potere giungere a conoscere Lui.
Perché Dio è
Colui che è, il Creatore, il Signore di tutte le cose.
Dio è Colui che
opera in tutto ed è presente in tutto.
E fa ogni cosa
per far conoscere Se Stesso.
Lui solo è.
Non opera per
altri fini.
Gli uomini
hanno tanti fini.
E abbiamo visto
le volte precedenti che quanto più noi ci allontaniamo da Dio e tanto più noi
moltiplichiamo le intenzioni e le finalità, poiché diventiamo succubi, schiavi,
servitori di un infinità di signori.
È solo presso
Dio che si ha un Signore solo.
Un Maestro
solo.
Una Intenzione
sola.
Ma solo presso
Dio.
Ed abbiamo visto
che là, dove c’è una intenzione sola, lì c’è la luce.
La Luce è
questa grazia di potere contemplare tutto, in un solo Pensiero.
In un solo
Fine.
In una sola
Intenzione.
Questo è
possibile solo presso Dio.
E proprio gli
argomenti precedenti che abbiamo incontrato, questi ci hanno preparato
all’argomento di oggi.
Soprattutto
quel collegamento tra l’intenzione che ognuno di noi porta con sé e la nostra
vita stessa.
C’è un legame
strettissimo abbiamo visto.
Perché noi
siamo costretti a fare delle scelte.
Tutti i giorni.
E nelle scelte
si determina sempre una intenzionalità.
Prende corpo
una intenzionalità.
Quando si fanno
le scelte, si determina tutta la nostra vita.
C’è un rapporto
strettissimo tra la vita e l’intenzione.
Ci siamo valsi
dell’esempio dell’estrazione delle palline.
A seconda
dell’intenzione che uno ha nell’estrarre delle palline, può rendersi la cosa
terribilmente difficile.
Se uno pretende
di estrarre una pallina rossa, là dove ci sono soltanto palline bianche, certamente
si rende la vita impossibile.
E abbiamo visto
che la vita assume tre aspetti.
L’impossibilità.
E l’uomo fa
questa esperienza d’impossibilita, dei muri.
Quanti
muri lui incontra nella sua vita!
Fa esperienza
di possibilità.
E c’è anche
l’esperienza della certezza, della sicurezza.
Anzi, Dio ci ha
creati per condurci in quel luogo in cui c’è la sicurezza, la certezza, la
pace.
La nostra pace,
si trova soltanto là, dove c’è la sicurezza.
Dove non ci
sono più dubbi.
Ora, abbiamo
visto che queste tre situazioni fondamentali che costituiscono la nostra vita
sono determinate da una componente personale che è in ognuno di noi:
l’intenzione.
Soltanto quando
l’intenzione si deriva dalla realtà, soltanto lì, si accede alla certezza.
Se noi abbiamo
come intenzione di estrarre palline bianche da un luogo in cui tutto è pallina
bianca, noi siamo sicuri di estrarre una pallina bianca.
Il termine
“estrazione”, nel campo dello spirito, vuol dire mettere qualcosa al di sopra
di tutto il resto.
Vuol dire dare
la precedenza.
Vuol dire
amare.
Amare vuol dire
scegliere.
Scegliere vuol
dire estrarre.
Estrarre tra
tutto qualcosa.
È questo che
determina l’intenzione.
Ora, la
certezza, la sicurezza, viene solo là, dove la nostra intenzione deriva dalla
realtà maiuscola, cioè da Dio.
Dio è la vera
grande realtà.
Perché se c’è
un essere che nessuno può ignorare, che nessuno può cancellare dalla sua mente
è Dio.
Ognuno di noi
si può rompere la testa ma anche in una testa rotta resta sempre il pensiero di
Dio.
E questo
Pensiero di Dio può diventare un tormento, una tortura per l’uomo.
Può rendergli
le cose impossibili e la vita insopportabile.
Ma il Pensiero
di Dio rimane in noi.
Rimane, perché
Lui è la Verità.
Lui è l’essere
trascendente.
Quindi soltanto
se la nostra intenzione deriva da Lui e non da altro, questa ci conduce nella
vita e nell’esperienza della sicurezza, della certezza, della pace.
Soltanto lì.
Ma prima di
arrivare a capire che la nostra intenzione deve essere dedotta dalla realtà
Dio, quante intenzioni sbagliate dobbiamo esperimentare nella nostra vita.
Quanti vini
dobbiamo assaggiare e di quanti vini ci dobbiamo ubriacare!
Prima di
deciderci ad assaggiare il vino di Dio.
Ed è proprio
attraverso tutte queste esperienze negative che si scopre il disegno, l’opera
di Dio.
Perché proprio
attraverso tutto questo sottosuolo di sbagli, di errori, di colpe, di egoismi,
di orgoglio, di ambizioni, Dio sta formando qualche cosa dentro di noi.
Qui si dice che
si celebrava la dedicazione del tempio.
Un importanza
grandissima.
Ma collega
questo fatto della dedicazione del
tempio, con quanto detto precedentemente, con un avverbio che abbiamo posto
come tema per l’argomento di oggi.
Dice:
“Intanto”.
Un avverbio di
tempo.
E questo
“intanto” collega che cosa?
Collega
l’argomento precedente con questo.
E l’argomento
precedente era la discussione tra i giudei che ascoltavano Gesù.
E gli uni
dicevano che era un demonio, un pazzo, un ossessionato, uno che aveva perso il
senno.
E altri che
dicevano: “Può forse un demonio dare la luce ad un cieco”.
Un pazzo, un
ossessionato può forse dare la luce a uno che non vede?
E Gesù che
dice: “Nessun cieco può guidare un altro cieco”.
E ci fa capire
che non bisogna avere paura di nessun demonio, non c’è nessun Lucifero che possa
ingannare l’anima dell’uomo.
Perché l’anima
dell’uomo si apre soltanto sulla Luce di Dio.
Non c’è nessun
Lucifero che possa ingannare la nostra anima.
Perché la
nostra anima è fatta per Dio.
Ora, quando
Gesù dice: “Nessun cieco può guidare un altro cieco”, ci fa capire che non
bisogna avere paura di nessun demonio.
Il demonio è
cieco.
Il demonio è
cieco per il semplice motivo che il demonio è un essere che ha tante
intenzioni.
Ha tanti nomi.
Ha tante facce.
È legione.
Bisogna sempre tenerlo
ben presente che solo presso Dio c’è una intenzione sola.
L’intenzione di
Dio, il Pensiero di Dio è unigenito.
Qui abbiamo la
massima semplicità.
E dove c’è una
intenzione sola, lì c’è la luce.
Se la luce è
là, dove c’è una intenzione sola, le tenebre sono là, dove ci sono molte
intenzioni.
Più ci
allontaniamo da Dio e più cadiamo sotto molteplici intenzioni e quindi sotto il
dominio delle tenebre.
All’estremo
opposto di Dio troviamo questa espressione che è un nostro io: il demonio che è
infinità d’intenzioni.
Una infinità di
nomi.
Quindi tutta
notte.
Massima
incomprensione.
Quindi il
demonio non può dare la luce.
Un cieco non
può guidare un altro cieco.
Soltanto se
noi, non mettiamo il desiderio della luce al di sopra di tutto possiamo cadere
nell’inganno ma allora la colpa è nostra.
La colpa è
nostra perché non mettiamo il desiderio della luce al di sopra di tutto.
La nostra anima
è fatta per la luce e per la luce assoluta.
Quindi la
nostra anima è fatta unicamente per Dio.
E può essere
illuminata soltanto da Dio.
Ho detto che la
vita è essenzialmente elezione, scelta, amore.
È estrazione di
qualche cosa da mettere prima di tutto.
E anche se noi
non volessimo scegliere, noi siamo obbligati dalla vita a scegliere.
Tutti i giorni
noi dobbiamo scegliere e nella scelta ci qualifichiamo.
E riveliamo la
nostra intenzionalità.
Quando noi non
mettiamo la passione, l’interesse per la luce al di sopra di tutto, siamo noi
stessi che ci esponiamo all’inganno e all’errore.
Perché non
abbiamo messo prima di tutto l’intenzione di Dio.
La luce è solo
presso l’intenzione di Dio, là dove c’è l’intenzione unica.
Ecco per cui se
la nostra intenzione non deriva dalla realtà Dio, ci rendiamo la vita
difficile, addirittura impossibile.
E ci rendiamo
anche insopportabile la luce stessa di Dio e il parlare di Cristo.
Perché noi
abbiamo questo limite.
A un certo
momento, noi non possiamo sopportare ciò che non coincide con la nostra
intenzione.
Quando noi non mettiamo
l’interesse per la luce al di sopra di tutto, appassionatamente, noi ponendo
altro come scopo, fine, intenzione della nostra vita, noi stessi ci offriamo ad
essere ingannati e allora lì, dobbiamo avere paura del demonio o di qualunque
altra creatura.
Perché siamo
noi che ci sottomettiamo e ci rendiamo succubi di intenzioni diverse da Dio.
Questo
“intanto” ci mette in collegamento un quadro di conflittualità, discordie,
contraddizioni dei discorsi di prima dei giudei, con un altro quadro.
Dice “intanto”,
cioè mentre.
Mentre si
facevano questi discorsi, queste guerre, queste diatribe fra giudei, a
Gerusalemme c’era la festa della dedicazione del tempio.
Qui abbiamo due
luoghi ed una unità.
E quello che
determina l’unità è il tempo.
Dice “intanto”,
cioè nello stesso tempo.
Nello stesso
tempo che succedeva quello, qui succedeva questo.
E noi abbiamo
detto molte volte che tutto, assolutamente tutto è opera di Uno solo.
Tutto è opera
di Dio.
Uno solo è il
Creatore.
Uno solo è il
Signore.
Uno solo è
Colui che parla in tutto e nulla accade che non sia voluto da Lui.
Niente esiste
che non sia voluto da Lui.
Da Lui che ha
una volontà unica, che ha un fine unico, una intenzione unica.
Ma se tutto è
opera di Dio, come mai là succedeva quello e qui succede questo?
Come mai un
popolo è in guerra contro l’altro se tutto è voluto da Dio?
Come mai uno fa
un discorso e un secondo ne fa un altro?
E uno
contraddice l’altro.
Come mai?
E noi dobbiamo
tenere presente che il Creatore, l’Operatore è uno solo.
Ecco l’argomento
di oggi è questo “Intanto”.
Capire questa
unità che c’è in questa diversità.
E perché c’è questa diversità?
Qui stiamo
parlando di tempo e di spazio e nello spazio c’è una molteplicità di cose di
fatti di avvenimenti.
Però l’opera di
Dio è fatta a singolarità di tempi.
Dio opera a
giornate.
C’è una unità
di tempo, in cui avvengono un infinità di cose, ma nell’unità di tempo, nella
stessa giornata.
Il significato
del tempo è proprio questo che noi che siamo nello spazio, per passare da un posto
all’altro dobbiamo impiegare del tempo, sempre del tempo.
Noi possiamo
anche assumere delle velocità enormi ma c’è sempre del tempo.
Per cui oggi
come oggi non si parla più
dell’esistenza dello spazio e del tempo ma si parla di una sola unità:
l’unità spazio-temporale.
Perché il tempo
e lo spazio formano una cosa sola.
Noi per ogni
spostamento, per ogni movimento, per ogni cambiamento che facciamo nello
spazio, noi dobbiamo pagare, spendere del tempo.
Noi crediamo
che il tempo sia infinito, il tempo non è infinito, come lo spazio non è
infinito.
Il tempo e lo
spazio sono dei segni e come tali non sono infiniti.
Succede che con
molta facilità, senza rendercene conto, noi spendiamo del tempo per andare da
un luogo all’altro e noi non ci rendiamo conto che noi paghiamo con la nostra
vita.
Noi diciamo “io
vado da Torino a Parigi in tante ore” ma noi dovremmo dire: “io vado da Torino
a Parigi e ci lascio un braccio”, se noi sapessimo che tutti gli spostamenti li
dobbiamo pagare (tempo) con la nostra vita.
Perché il tempo
è finito e se è finito, è un capitale, è una quantità da spendere per certe
cose.
Questa mattina
sentivo un ammiraglio che diceva che lui sta sveglio fino a mezzanotte sul suo
computer, e io pensavo che sta pagando, sta pagando con il sangue della sua
vita, perché sta perdendo il tempo, per che cosa? Per ottenere che cosa?
Il tempo è una
quantità finita che Dio ci ha messo a disposizione per qualcosa di infinito da
conquistare.
E tu ricorda
bene che ogni spostamento che tu fai, ogni interesse, ogni libro che tu leggi,
ogni cosa in cui ti impegno, la paghi e la paghi col tempo e il tempo è finito
non lo puoi più riavere.
Se noi
dicessimo che ad ogni cosa cui tu ti dedichi la devi pagare con una parte del
tuo corpo: un dito, una mano, un braccio, una gamba o con la tua stessa vita,
chissà quanto noi staremmo attenti, prima di pagare in quel modo se
effettivamente ciò di cui stiamo occupandoci o per cui stiamo vivendo vale la
perdita di una parte del corpo o della vita stessa.
Eppure nessuno
spostamento nello spazio può avvenire senza una perdita di tempo, senza un
pagamento del tempo.
Qui abbiamo
detto che avvengono nello spazio fatti diversi.
Contraddizioni,
conflittualità, discordie.
Pero, “intanto
a Gerusalemme” c’era la dedicazione del tempio”.
In quello
stesso tempo.
Tutto ha un
senso.
Tutto ha un
significato per la nostra vita personale.
E quando
diciamo Gerusalemme ci riferiamo alla città santa, alla città di Dio.
Al centro di
Gerusalemme c’è il tempio.
E la vera città
di Dio non è fuori di noi.
Non c’è nessun
luogo in cui si trovi Dio nel mondo esteriore.
Dio è la Verità
e la Verità abita dentro di noi, dentro l’uomo.
La città di Dio
non è fuori di noi.
La città di Dio
è dentro di noi.
Allora questa
Gerusalemme, rappresenta l’uomo interiore.
Allora dobbiamo
ritradurre questa affermazione “intanto” nel campo dello spirito in “intanto
nell’uomo interiore”.
Mentre nel
luogo esteriore c’erano conflittualità, discordie, contraddizioni, guerra, nel luogo
interiore era il tempo della celebrazione della dedicazione del tempio.
È lezione per
ognuno di noi.
E noi dobbiamo
cercare questo collegamento fra il mondo esterno e il mondo interno.
Nel mondo
esterno c’è conflittualità.
Però mentre
avviene questa conflittualità, dentro l’uomo si costruisce il tempio di Dio.
C’è la
dedicazione al tempio di Dio.
Che cosa è che
stabilisce questo rapporto?
Abbiamo avuto
bisogno degli argomenti precedenti, soprattutto l’argomento che collega
l’intenzionalità con la vita, per affrontare adesso questo.
L’anima di
tutto abbiamo detto che è l’intenzione.
L’intenzione è
ciò che l’uomo mette prima di tutto.
Ciò per cui
vive.
Perché
dall’intenzione viene l’intelligenza.
Ognuno di noi
ha la capacità d’intendere in relazione a ciò che porta come sua intenzione.
L’unica
capacità d’intendere.
Tutte le cose,
i fatti e le parole che arrivano a noi, sono sempre filtrati dall’intenzione
principale che ognuno di noi porta in sé.
Attraverso il
fine che ognuno di noi porta nella sua mente.
E ognuno
trattiene solo ciò che serve alla sua intenzione.
E ciò che non
serve alla sua intenzione, l’uomo non lo può trattenere, anche se lo volesse
trattenere.
Lo deve
lasciare perdere, necessariamente.
Perché non
entra nel suo fine.
Dio opera in
tutto per farci giungere i suoi messaggi.
E uno dei suoi
messaggi è questo “intanto” e noi dobbiamo cercare di capire cosa vuole dire.
Abbiamo detto
che quello che collega è l’unità di tempo.
Nello spazio
noi abbiamo una molteplicità di creature apparentemente all’infinito, ed è una
significazione dell’infinito di Dio.
Ogni uomo può
venirsi a trovare a livelli diversi.
Solo presso Dio
c’è la luce.
E abbiamo detto
che la luce sta nell’intenzione pura di Dio.
Ma per l’uomo
la grande difficoltà, è vivere in una intenzione sola.
L’uomo è un
essere terribilmente volubile.
Ma è terribilmente volubile, perché Dio solo è
stabile.
Dio solo è.
E noi abbiamo
una terribile difficoltà a restare con Dio.
Perché non si
può restare con Dio, se non si resta nella sua intenzione.
E non si resta
nella sua intenzione, se non si sottomette tutto a quella.
Abbiamo visto
le volte scorse il vicino e lontano nel campo dello spirito.
Si è vicini,
soltanto quando si ha la stessa intenzione.
Per poco che
uno si allontani dall’intenzione di Dio, dal fine di Dio, cioè per poco che uno
si allontani dalla conoscenza di Dio posta al di sopra di tutto, l’uomo
immediatamente cade sotto la schiavitù di una molteplicità d’intenzioni.
Perché diventa
schiavo, dipendente da tutto ciò che gli si presenta.
Arriva il
momento in cui l’uomo ha l’intenzione di tutte le creature che incontra.
Direi che è
innamorato di tutte le creature che incontra.
Di tutte le
cose che vede e che tocca.
Cioè diventa
passionalità di tutto ciò che gli si presenta.
Solo che ciò che
gli si presenta non è mai Dio.
Perché Dio non
si vede e non si tocca.
Dio s’intende
soltanto.
E abbiamo visto
che la chiave dell’intelligenza è l’intenzione, l’intenzionalità.
E Dio si può
capire solo con la sua intenzionalità.
Dio si rivela
soltanto nel suo Pensiero.
Vista la grande
difficoltà che abbiamo nel restare nell’intenzione di Dio, per poco che noi ci
allontaniamo dall’intenzione di Dio, immediatamente noi perdiamo la
consapevolezza della presenza di Dio, anche se non la possiamo annullare.
E cadiamo
invece nell’evidenza di tutto ciò che non è Dio.
Le creature, la
natura, i fatti e tutto il resto.
Il che vuol
dire che noi diventiamo succubi, cioè passionalità di questo.
Quindi
intenzionalità di questo.
A un certo
momento, ogni creatura forma in noi una sua intenzione.
E qui abbiamo
la massima dispersione.
Nel salmo 89 si
dice: “Dio, tu riduci l’uomo in polvere e dici agli uomini: ritornate figli
degli uomini”.
Notate bene
perché questo non è senza significato: “Tu riduci l’uomo in polvere e poi dici:
ritornate”, siamo passati dal singolare al plurare.
L’uomo è una
singolarità, inconfondibile.
Nessuno può
trasmettere la sua singolarità ad un altro.
Eppure questo
uomo viene ridotto in polvere.
Ecco la
molteplicità, la dispersione massima.
La polvere è
morte.
È
inconsistenza.
Quest’uomo che
diventa polvere, che diventa inconsistente, per poco che si allontani da Dio.
Eppure c’è un
significato ed arriviamo all’argomento di “intanto”.
“Tu riduci
l’uomo in polvere” e c’è un significato in questo ridurre l’uomo in polvere,
“perché poi gli dici; ritornate figli dell’uomo”.
Non dice mica:
“Figli miei”.
Perché nella
lontananza da Dio, l’uomo diventa figlio delle creature, del caso, dei
sentimenti.
E qui abbiamo
la massima dispersione.
Qui abbiamo la
molteplicità, non abbiamo più l’uomo singolo.
Qui abbiamo la
massa, abbiamo il gruppo.
E la Parola di
Dio ci dice: “Ritornate figli”.
E ci fa capire
che questa grande dispersione, questa ubriacatura è voluta da Dio.
È Dio che fa
ubriacare l’uomo di tutti i vini del mondo, quando l’uomo si allontana da Dio.
E questa
dispersione ha un significato profondo per la nostra vita, per la nostra
salvezza.
Perché
riducendo l’uomo in polvere, Tu dici:”Ritornate”.
Il versetto di
questo salmo, ci aiuta a capire questo “intanto”.
Questo
“intanto” che collega la conflittualità, la discordia, le contraddizioni degli
uomini nel mondo esterno con il mondo interno.
La
conflittualità nel mondo esterno è volontà di Dio, per insegnare all’uomo che
soltanto presso Dio c’è la pace.
Solo presso Dio
c’è la luce.
Solo presso Dio
c’è la vita.
Il che vuol
dire che non appena l’uomo si allontana da Dio, Dio gli dice: “Ritornate”.
Non appena
l’uomo si allontana da Dio, l’uomo esperimenta la non più luce.
La non più
pace.
E quando si
dice non più pace, non più luce, l’uomo esperimenta la discordia, la
conflittualità.
C’è l’uomo che
divora l’altro.
L’uomo diventa
lupo verso l’altro uomo.
Ma questo è
disegno di Dio per dire agli uomini: “Ritornate”.
L’uomo che passa
dall’unità, alla dispersione massima della molteplicità trova questa parola di
Dio.
Tutte le opere
di Dio sono fatte in una unità di tempo e il tempo è determinato dalla Parola
di Dio.
È la Parola di
Dio che determina il tempo.
La Parola di
Dio determina il tempo perché?
Perché fa
arrivare a noi un messaggio, un annuncio diverso da quello che noi vediamo e
tocchiamo.
Diverso da
quella che è la nostra realtà.
La più grande
meraviglia della creazione di Dio è la parola.
Attraverso la
sua Parola, Dio ci convoca: “Ritornate”.
Ci convoca
dalla nostra dispersione “polvere” alla sua presenza.
Ci richiama
alla sua presenza.
Noi che abbiamo
dimenticato Lui, noi che lo abbiamo trascurato, noi che lo abbiamo offeso,
ferito, ucciso, noi siamo dalla sua Parola convocati a Lui.
E qui abbiamo
la misericordia.
Qui abbiamo
l’amore.
Convocati alla
sua Presenza.
Tutto questo
campo di conflittualità, di cose molteplici nell’esterno ha lo scopo di
edificare nell’uomo interiore, dentro di noi il tempio di Dio.
Di edificare in
noi questa abitazione di Dio.
Gesù dice: “Noi
verremo e faremo abitazione”.
Non è che loro
si spostino, loro abitano in noi ma questa abitazione deve essere da noi
edificata, dedicata.
Dio abita già
in noi.
Se Dio non
abitasse in noi, noi non potremmo percepire nessun discorso riguardo a Dio.
Se lo
percepiamo è perché Dio è presente in noi.
Quindi è Dio
che convince.
Io non convinco
assolutamente nessuno.
Perché Dio
abita dentro di noi.
È questo
maestro interiore che dice: “Questo è vero”.
Tutto quello che
avviene fuori, è collegato da questa unità di tempo, cioè da questa Parola di
Dio con quello che avviene dentro di noi.
E tutto quello
che noi incontriamo fuori e magari ci scandalizza (Se Dio ci fosse!) è tutta
opera di Dio.
Cosa è questo mondo
esterno?
È
rappresentazione è significazione di tutto ciò che non è secondo l’intenzione
di Dio.
E fintanto che
noi viviamo per cose esterne a noi, certamente non siamo nell’intenzione di
Dio.
Dentro è ciò
che è secondo l’intenzione di Dio.
L’intenzione di
Dio è una sola e qui c’è la luce.
Ciò che è fuori
a questa unica intenzione, appartiene alle tenebre.
Il mondo
esteriore è avvolto nelle tenebre, è avvolto nel mistero.
Ma proprio
questa esperienza del mistero, delle inquietudini, delle contraddizioni, della
conflittualità, della guerra che c’è nel mondo esterno è in questa unità di
tempo con quello che avviene dentro di noi.
Non può essere disgiunto da quello che avviene dentro di noi.
Cioè non può essere disgiunto da questa passione d’assoluto che ogni uomo porta
dentro di sé.
Per cui man mano che l’uomo sperimenta la vanità e la delusione di tutte le
cose che sono fuori, questo evidenzia sempre di più dentro l’uomo, la necessità
di una cosa sola, dell’assoluto.
Cioè che soltanto nell’Intenzione di Dio si edifica l’abitazione di Dio.
Qui possiamo capire qual’è questa pietra fondamentale su cui Dio edifica il suo
tempio, la sua casa.
La pietra fondamentale è la sua Intenzione, il suo Pensiero, il suo Verbo.
Questo è quello che dobbiamo mettere a fondamento di tutto di noi, se vogliamo
edificare questo tempio.
GV 10 VS 22 – Intanto ricorreva allora a Gerusalemme la festa
della Dedicazione del tempio. Era inverno.
Secondo tema - La dedicazione al tempio.
Argomenti: Interno ed esterno –
Il mondo esterno non è l’assoluto – Il problema dell’assoluto – La passione
d’assoluto che ci fa interrogare – La funzione della creazione – Individuare il
luogo di Dio – Il tempio di Dio – Il “dentro” dell’uomo – Il Pensiero di Dio in
noi – La dedizione della mente a Dio -
La novità dello Spirito Santo è vita -
12-13/ Maggio /1991
Domenica scorsa
ci siamo soffermati si questa prima parola “Intanto”.
Oggi dobbiamo
soffermarci sulla seconda parte di questo verso e cioè: “A Gerusalemme si
celebrava la dedicazione del tempio”.
Anche qui
dobbiamo cercare il significato di questa dichiarazione.
È scena per noi
che Dio ci presenta per la nostra vita essenziale,
Per cui
dobbiamo cercare il pensiero di Dio per noi.
Abbiamo notato
che Gerusalemme rappresenta la città di Dio, la città santa.
E la città di
Dio è il luogo in cui Dio è.
In cui Dio
regna.
Il Luogo in cui
Dio è presente, non è fuori di noi ma è dentro di noi.
Per cui questa
città di Dio, questa città santa, rappresenta l’interno dell’uomo.
Perché Dio è presente
nell’uomo.
E allora questa
affermazione; “A Gerusalemme si celebrava la dedicazione del tempio”, ci porta
a considerare questa celebrazione della dedicazione del tempio, dentro ognuno
di noi.
E subito qui si
presenta il problema di cosa possa mai significare tutto questo.
Questa
celebrazione è collegata con quello che avveniva fuori (“Intanto”).
E fuori abbiamo
visto che c’erano discordie, discussioni, conflitti contraddizioni.
Ma tutto questo
avveniva attorno alla Parola di Dio, al
Verbo di Dio, attorno a Cristo.
E la Parola di
Dio è una sola, dentro e fuori.
E questo ci fa
capire che mentre fuori la Parola di Dio provoca conflitti, contraddizioni,
discussioni, disaccordi, dentro questa stessa Parola (“Intanto”, sta celebrando
la dedicazione del tempio.
Dobbiamo
chiederci che rapporto passa.
Perché
evidentemente questa contemporaneità tra il fatto esterno e il fatto interno.
Perché alla
discordia esterna, corrisponde invece nell’interno dell’uomo la celebrazione
della dedicazione del tempio?
Evidentemente
c’è un rapporto, una parentela, perché è la stessa Parola.
La stessa
Parola fuori provoca questo e dentro provoca quest’altro.
Quella stessa
Parola che poi presso Dio è una sola.
La Parola di
Dio è unigenita, il Pensiero di Dio è uno solo.
E fuori invece
provoca questa molteplicità.
Nella
molteplicità c’è la conflittualità la discordia.
Che rapporto
passa tra questo esterno e l’interno?
E come mai quella conflittualità, quel volto della
Parola di Dio che all’esterno è contraddizione, nell’interno diventa
dedicazione del tempio?
Per capire
questo rapporto tra mondo esterno e mondo interno, dobbiamo precisare in cosa
consista il mondo esterno e in cosa consista il mondo interno.
Il mondo
esterno è formato da tutta l’opera che Dio fa a noi, indipendentemente da noi.
È l’insieme di
tutti i dati con cui Dio si annuncia.
La creazione è
la prima grande rivelazione di Dio all’uomo.
Con cui Dio si
annuncia all’uomo.
E si annuncia
in un modo che l’uomo non può ignorare.
Infatti l’uomo
sa certamente di non essere lui il creatore, l’autore di tutte le cose che egli
ha attorno a sé.
Un altro le ha
fatte.
Non sa chi sia
quest’altro ma certamente un altro le ha fatte, un Altro le fa.
Quindi abbiamo questo
annuncio, questo parlare di un Altro a noi, indipendentemente da noi.
Sia che noi lo
ascoltiamo, sia che noi non lo ascoltiamo.
Tutto questo
mondo esterno a noi, è Dio che si annuncia a noi.
E annunciandosi
a noi ( e qui entriamo nell’interno) ci annuncia che la creazione non è
l’assoluto.
L’uomo è
essenzialmente caratterizzato da questa passione d’assoluto.
Il che vuol
dire che il mondo interno dell’uomo, è costituito da questa presenza
dell’assoluto.
L’assoluto è
ciò che non dipende da nient’altro.
E quindi è
infinito, perché non è limitato.
È eterno,
perché non è condizionato dal tempo.
Quest’assoluto
è presente nell’uomo e costituisce il mondo interiore dell’uomo.
Allora noi
abbiamo il mondo esterno che è costituito da tutti i segni dell’assoluto ma il
mondo esterno non è l’assoluto.
E come facciamo
noi a dire che il mondo esterno non è l’assoluto?
Se qualcuno ci
dicesse che l’acqua è Dio, che il sole è Dio, che la montagna è Dio, che gli
uomini sono Dio, che le istituzioni sono Dio, noi certamente diremmo che non è
vero: queste cose non sono Dio, non sono l’assoluto.
Come facciamo
noi a dire che non sono l’assoluto?
Per dire che
non sono l’assoluto, noi dobbiamo avere in qualche parte di noi l’assoluto,
altrimenti non potremmo dire ciò che non è l’assoluto.
Se noi non
sapessimo interiormente cosa è questo assoluto, cosa è Dio, noi certamente di
fronte a uno che ci dicesse che la pietra è Dio, noi lo accetteremmo senza
fiatare e invece diciamo che la pietra non è Dio.
Tutto il mondo
esterno, certissimamente non è Dio.
Ma come
facciamo noi a dire che non è Dio?
Per dire che
non è Dio, noi facciamo un rapporto, un confronto tra ciò che noi abbiamo
presente nella mente (l’assoluto) e ciò che ci viene presentato esteriormente e
diciamo che il mondo estero non è l’assoluto.
Noi possiamo
dire che una persona non è quella che cerchiamo, soltanto se abbiamo ben
presente nel nostro pensiero la persona che cerchiamo.
Tutto il mondo
esterno è segno, manifestazione, rivelazione dell’assoluto, di Dio ma non è
l’assoluto.
Però proprio
perché non è Dio, tutto il mondo esterno, arrivando a noi attraverso i sensi,
entrando in noi cosa provoca?
Tutto il mondo
esterno entrando nel nostro pensiero diventa problema.
Diventa
problema in quanto chiede a noi di dire chi è Dio, chi è l’assoluto.
Tutto ciò che
non è assoluto, arrivando a noi pone un problema.
Il problema
dell’assoluto.
Poiché tutto
quello che arriva a noi, viene da noi sempre valutato.
E questa
valutazione noi la facciamo in base a che cosa?
In base a quella
passione d’assoluto che portiamo dentro di noi.
Questa passione
d’assoluto che caratterizza l’uomo e il suo mondo interiore, forma nell’uomo
una interrogazione fondamentale.
È come colui
che a un certo momento volesse incontrare una persona.
Sostanzialmente
cercare una persona, diventa interrogazione su tutto ciò che mi viene incontro.
Tutto è punto
interrogativo: “È quella persona? È quella persona?”.
La passione
d’assoluto che portiamo in noi, costituisce interrogazione verso tutto ciò che
ci si presenta e che arriva a noi indipendentemente da noi, ed è tutta la
creazione di Dio.
La creazione è
continua e tutta l’opera di Dio pone in noi questo interrogativo.
Profondamente
diventiamo dei cercatori di Dio.
E diventando
cercatori di Dio, noi interroghiamo tutte le creature, tutti i fatti che
arrivano a noi: “Sei forse tu Dio? Sei forse tu Dio?”.
Ma lo
interogghiamo con questa passione d’assoluto che portiamo dentro di noi.
È questa
passione d’assoluto dentro di noi che ci fa interrogare.
Ci fa valutare.
E noi non
possiamo ignorare il Creatore perché la creazione arriva a noi
indipendentemente da noi, e se noi non lo ignoriamo, da questa interrogazione
otteniamo la risposta.
Tutte le
creature non sono l’assoluto.
Intanto però
hanno compiuto una missione.
Facendoci
interrogare circa l’assoluto, ci conducono a capire che nel mondo esterno non
esiste l’assoluto.
Tutto il mondo
esterno è soggetto al tempo e allo spazio, quindi ha delle limitazioni.
E in quanto ha
delle limitazioni non può essere l’assoluto.
Se teniamo
presente Dio che non possiamo ignorare, il mondo esterno ci fa entrare dentro
noi stessi.
Perché
quell’assoluto che noi cerchiamo in tutto, non lo troviamo fuori.
Questo è il
compito di tutta la creazione di Dio, di tutto il mondo esterno.
Svolto questo
compito, tutto il mondo esterno non può dirci altro.
Per cui noi
perdiamo soltanto del tempo, continuando ad interrogare il mondo esterno, o a
cercare l’assoluto nel mondo esterno.
Noi facciamo un
errore e siamo in colpa.
La sola
risposta che il mondo esterno può dare a noi che interroghiamo cercando Dio,
l’assoluto è questa: “Noi creature non siamo Dio, ti annunciamo l’assoluto ma
non possiamo dartelo”.
“Colui che tu
cerchi, il Dio che tu cerchi, l’assoluto che tu cerchi non è tra noi, ci ha
mandati Lui, ma non è tra noi”.
Ecco allora
questa Gerusalemme, questa città di Dio che entra, s’interiorizza e che ci
conduce a capire che il luogo di Dio non è fuori ma è dentro.
Colui che opera
tutte le cose, Colui che si annuncia in tutte le cose, abita dentro di noi.
La Gerusalemme
interiore.
Ora, questa
Gerusalemme, questo Dio che è dentro di noi, è Dio che abita dentro di noi.
Quindi Lui
abita in luogo ben preciso.
Il fatto di
capire il luogo in cui si trova Dio, è un aiuto enorme per noi.
Nel senso che ci
libera dalla dispersione, dalla perdita di energie dietro tante cose che non
possono rispondere al problema essenziale della nostra vita.
L’uomo che
scopre il luogo in cui si trova ciò che egli cerca, viene liberato dalla
dispersione dal cercare quello che sta cercando in luoghi in cui non può
trovarlo.
Quindi ecco la
prima grande grazia, che ci viene dal tenere presente l’assoluto, dal tenere
presente Dio, dal non trascurare Dio.
È quella di
condurre noi ad individuare il luogo in cui si trova Dio.
La maggior
parte degli uomini e di noi, sprecano tutta la loro vita, tutte le loro
fatiche, tutta la loro mente per cercare l’assoluto là, dove l’assoluto non
esiste e non può esserci.
E tutto questo
per concludere in delusioni, tristezza e amarezza.
Dio, l’assoluto
abita dentro di noi.
Dio abita
dentro l’uomo.
Ma il fatto di
sapere che Dio abita dentro noi, non significa aver trovato Dio.
Abbiamo trovato
il luogo di Dio.
Certo aver
individuato il luogo ci aiuta molto, ma non è con questo che noi abbiamo trovato
Dio.
E il problema è
trovare Dio.
Qui si parla di
dedicazione del tempio.
Si celebrava la
dedicazione del tempio.
E il tempio è
dentro di noi.
Il tempio è il
luogo che è consacrato a Dio.
E cosa vuol
dire luogo consacrato a Dio?
È il luogo in
cui, prima di tutto, Dio è presente.
Nel tempio di
Dio, Dio è sempre esposto.
Questo tempio
siamo noi.
La parola
stessa di Dio lo dichiara.
Abbiamo anche
considerato adesso che la stessa passione d’assoluto è nell’interno dell’uomo.
E se Dio abita
all’interno dell’uomo, questo è il tempio di Dio.
Ma questo ci
dice anche che nell’uomo Dio è sempre esposto.
Sempre
presente.
Ecco per cui se
l’uomo trascura Dio è in colpa.
È in colpa,
perché Dio è sempre esposto.
Dio è sempre
presente in questo tempio.
Ma non solo, il
tempio è caratterizzato dal fatto che tutto è sacro.
E cosa vuole
dire sacro?
Vuol dire che
tutto è dedicato unicamente a questa presenza.
Non si può
profanare il tempio di Dio senza colpa.
Profanare il
tempio, vuol dire adibire ad altro dalla presenza di Dio, cioè senza tenere
conto della presenza di Dio.
Tutto nel
tempio è rivolto e dedicato a questa presenza, a questo Dio che è esposto.
E qui si dice
che si celebrava la dedicazione del tempio.
Dio abita
dentro di noi, ed è sempre presente in noi, quindi sempre esposto in noi e
questo indipendentemente da noi, perché è Dio che ci ha creati.
Quindi anche la
presenza di Dio in noi, è data a noi indipendentemente da noi.
Che Dio sia
presente in noi, non è sufficente che noi si prenda consapevolezza della sua presenza.
Ecco perché si
parla di celebrare la dedicazione del tempio.
Certo, nel
cielo di Dio tutto è consacrato a Dio, tutto è rivolto alla presenza di Dio ma
per l’uomo si richiede la celebrazione della dedicazione.
Dio è presente
ed è una presenza data a noi senza di noi.
Ma, abbiamo
visto molte volte, che Dio non può essere conosciuto senza di noi.
Il che vuol
dire che noi non possiamo prendere consapevolezza di ciò che arriva a noi senza
di noi, di ciò che è dato a noi senza di noi, se noi stessi non ci diamo.
Qui capiamo che
Colui che si dona a noi, non ci conduce a scoprire il suo Dono e quindi a
prendere consapevolezza della sua presenza, senza il nostro darci a Lui.
Dio abita
dentro di noi.
Abita dove?
Perché il
nostro “dentro” è molto complicato.
Il nostro
“dentro” è fatto di sentimenti, è fatto d’intuizioni, è fatto di pensieri, è
fatto di cuore, è fatto d’interessi.
È fatto di
tante cose.
Ma Dio dove
abita?
Abita in un
punto ben preciso dentro di noi.
Ed è lì che Lui
è eterno in noi.
C’è un punto in
noi che già oggi appartiene all’eterno.
Ed è proprio
questo punto in noi che appartiene all’eterno che ci fa vedere il tempo che
passa e ci rende insoddisfatti di fronte a tutte le cose che passano.
Questo punto
assoluto fa vedere a noi la relatività di tutte le cose e rende noi consapevoli
che tutte le cose che vediamo non sono Dio.
Dio abita tra i
nostri pensieri.
Dio è un
pensiero in noi ed è il Pensiero stesso di Dio.
Ed è un punto
verginale che ogni uomo porta in sé.
Un punto
immacolato.
Un punto eterno.
A cui noi
dobbiamo ancorarci.
È un punto
immacolato, perché non può essere macchiato da nessun altro pensiero.
Noi non
possiamo pensare contemporaneamente a Dio e al nostro io o alle creature.
Dio abita non
nel cuore, non nei sentimenti, non nelle intuizioni, non nei nostri interessi,
non nel nostro mondo, Dio abita nella nostra mente.
La nostra mente
è il tempio di Dio.
Dio è un
pensiero che abita nella nostra mente.
Ed è un
pensiero immacolato, perché possiamo entrare in quel pensiero lì, con nessun
altro amore o interesse.
Noi possiamo
pensare Dio, solo con il pensiero di Dio.
Nella nostra
mente noi possiamo pensare Dio ma solo con il Pensiero di Dio.
Con nessun
altro pensiero.
Ecco questa
celebrazione della dedicazione del tempio.
A questo unico pensiero.
Perché il
tempio è caratterizzato dalla presenza di Dio, dal Dio che è esposto.
Ma proprio
questa presenza di Dio richiede ad ognuno di noi questa consacrazione di tutto.
Per cui tutto
va dedicato lì.
Per cui si
richiede questo processo ascensionale, questo portare tutto, questo riferire
tutto, questo ordinare tutto a questo Essere che è presente in noi
indipendentemente da noi.
Perché soltanto
celebrando questa dedicazione a Colui che è presente in noi indipendentemente
da noi, noi siamo condotti a prendere consapevolezza di questa presenza.
“Chi con Me non
raccoglie disperde” dice il Signore.
Tutti i nostri
sforzi sono sempre per modificare, pulire, aggiustare il mondo esterno perché
il mondo esterno va male, è fatto male con conflitti e guerre.
Siamo sempre lì
a cercare di organizzare il mondo esterno in modo diverso e invece il mondo
esterno non invoca da noi un azione, un fare ma segnala a noi il luogo cui
rivolgere tutti i nostri sforzi e le nostre fatiche e il nostro impegno.
Tutte le nostre
fatiche e tutto il nostro impegno, devono essere rivolti a questa dedicazione
di tutte le cose a Colui che è presente in noi indipendentemente da noi,
all’assoluto che è presente in noi.
Gesù dice di
non preoccuparsi di pulire il bicchiere dall’esterno, poiché quella è tutta
ipocrisia.
Pulire
l’esterno del bicchiere rientra nella ipocrisia, nella recitazione.
É l’interno del
bicchiere e dell’uomo che vanno puliti.
È questo mondo
e questo tempio che portiamo dentro di noi che va consacrato a Dio.
Che va
purificato e raccolto tutto a questa presenza di Dio.
Purificare il
mondo interiore vuol dire purificarlo.
E purificarlo
vuol dire ricondurlo tutto ad un unico pensiero, ad una unica intenzione.
E l’unico
pensiero, l’unica intenzione che deve essere la preoccupazione di tutta la
nostra vita è il Pensiero di Dio.
Ecco allora
quest’ascensione verso la vetta, verso il punto centrale, questa consacrazione
di tutte le cose, alla Presenza di questo Essere che noi non possiamo ignorare,
che non possiamo annullare, che non possiamo negare.
La dedicazione
è un lavoro della mente (tempio), diventa una dedizione della mente a Dio.
Quindi
celebrare la dedicazione del tempio è dedicare i nostri pensieri a Dio.
È consacrarli a
Dio.
È rivolgerli a
Dio.
Ora, è solo con
il pensiero che noi possiamo guardare le cose da Dio.
In questa
meravigliosa creazione di Dio, Dio dà la possibilità di conoscere Lui e di
prendere consapevolezza della sua presenza in noi.
In questa
creazione Dio ha fatto il mondo del pensiero in noi.
Perché è
soltanto con il pensiero che noi possiamo trasferirci dal nostro mondo di
sentimenti e di impressioni, per portarci a guardare dal punto di vista di Dio.
Non si giunge a
Dio senza questa celebrazione della dedicazione del tempio, senza questa dedizione
del nostro pensiero a Colui che è presente in noi.
In caso
contrario il Pensiero di Dio resta in noi indipendentemente da noi.
E tutto ciò che
è dato a noi, indipendentemente da noi, non ci rende consapevoli di quello che
Dio è.
La
consapevolezza ci viene in quanto, noi guardiamo le cose dal suo punto di
vista.
Quindi soltanto
in quanto con il pensiero (dedicazione) possiamo guardare le cose dal punto di
vista di Dio.
Ed è soltanto
guardando dal punto di vista di Dio, che noi possiamo giungere a prendere
consapevolezza e a capire, che cosa è il Pensiero di Dio in noi.
Perché il
Pensiero di Dio in noi è il Figlio di Dio, ma il Figlio di Dio, può essere
conosciuto solo dal Padre e solo per mezzo del Padre.
Il Pensiero di
Dio in noi è dato a noi indipendentemente da noi.
Questo mistero
che portiamo in noi, non può essere conosciuto per quello che è, se non dal
Padre.
Solo il Padre
conosce il Figlio.
Ecco per cui
Cristo va al Padre con l’Ascensione.
Va al Padre per
noi, non per Sé, perché soltanto dal Padre, noi possiamo prendere
consapevolezza del Figlio.
Soltanto dal
Padre, noi abbiamo la possibilità di vedere quello che il Padre genera, quello
che il Padre opera.
E allora noi
vediamo le cose nel loro principio.
Quando vediamo
una cosa nel suo principio, noi possiamo prendere consapevolezza del Figlio di
Dio.
Cioè noi
possiamo prendere consapevolezza di cosa è, questo Dio che è esposto nel tempio
della nostra mente.
Che cosa è
questo Pensiero dell’assoluto sempre esposto in questo tempio.
E tutto questo:
Padre e Figlio, Principio del Pensiero e Pensiero stesso, è la condizione
essenziale per prendere coscienza della presenza di Dio.
Cioè dello
Spirito Santo.
Lo Spirito
Santo, procede dal Padre e dal Figlio.
Fintanto che il
Figlio e il Padre sono in noi senza di noi, noi non ne possiamo prendere
consapevolezza e così anche per lo Spirito Santo.
Lo Spirito
Santo, cioè lo Spirito della Presenza del padre e del Figlio è in noi, ma noi
non ne possiamo prendere consapevolezza, se non attraverso il Padre e il Figlio.
Per questo ho
detto che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio.
Quindi soltanto
attraverso il Padre (Principio) e il Figlio (generato dal Principio) possiamo
ricevere la Presenza dello Spirito santo.
La presenza di
un essere è una sintesi, è una composizione di due termini.
Domenica scorsa
avevamo concluso dicendo che il tempio di Dio si costruisce nell’intenzione di
Dio.
La Presenza di
Dio si trova solo in quanto c’è l’intenzione di Dio.
Chi non porta
in sé l’intenzione di Dio, posta al di sopra di tutto, quindi come sua
intenzione, non può trovare la presenza del Padre, né arrivare a ricevere lo
Spirito Santo, cioè quello Spirito della Presenza del Padre e del Figlio, che è
lo Spirito che rinnova tutta la terra e fa nuove tutte le cose.
Se noi teniamo
presente che proprio in questa novità recata a noi dallo Spirito Santo c’è la
vita, noi capiamo che se non giungiamo a questa presenza dello Spirito Santo,
noi non possiamo giungere alla nostra vita.
GV 10 VS 22 – Intanto ricorreva allora a Gerusalemme
la festa della Dedicazione. Era
inverno.
Terzo tema – Era inverno.
Argomenti: Pentecoste: Spirito
della Presenza – Dio abita nell’uomo – L’uomo è un campo dell’assoluto – Il
bisogno di giustificare il relativo – Mondo esterno e interno – L’interrogazione
del mondo finito – Il silenzio dell’inverno
- La fuga verso Dio - Il rifiuto della proposta di Dio - La crisi
dell’uomo – Il rifiuto dell’infinito.
19-20/ Maggio /1991
Oggi dobbiamo soffermarci sulla terza parte
del versetto: “Era inverno”.
E oggi è Pentecoste e noi dobbiamo tenere
presente questo.
Tutto è opera di Dio.
Noi dobbiamo tenere presente quello che Dio
ha scritto nel Vangelo e che oggi ci presenta e dobbiamo tenere presente che ce
lo presenta oggi.
E oggi è Pentecoste.
E dobbiamo chiederci il significato di tutto
questo.
Il significato di questo inverno, collegato
con l’affermazione che a Gerusalemme si celebrava la dedicazione del tempio.
E dobbiamo tenere presente il giorno di
Pentecoste che è oggi.
Il tempio, Gerusalemme, rappresenta il luogo
in cui c’è Dio.
Gerusalemme è la città santa e Gerusalemme è
il luogo in cui Dio è presente, sempre esposto.
Ora né nella Gerusalemme geografica, né nei
templi materiali c’è questo Dio sempre esposto.
Perché la verità, come dice Sant’Agostino
abita dentro l’uomo.
Dio è la Verità.
E Gesù stesso dice che il regno di Dio non
dobbiamo aspettarlo fuori, non dobbiamo cercarlo fuori-
E noi facciamo un errore se lo cerchiamo
fuori o lo aspettiamo nelle cose visibili.
Sbagliano i testimoni di Geova che aspettano
il regno di Dio fuori.
Il Signore dice: “Non aspettate di vedere
venire il regno di Dio tra le cose che si vedono e si toccano, perché il regno
di Dio è già dentro di voi”.
Dio abita nell’uomo interiore.
Certo tutto il mondo esteriore, tutta la
creazione (che è continua) e tutto l’universo, è tutta opera di Dio.
Tutto è segno e tutto è parola di Dio.
Certo, però abbiamo detto molte volte che Dio
non abita nei suoi segni.
E noi ci affatichiamo invano, se cerchiamo
Dio nei suoi segni.
I segni di Dio e tutto il mondo esteriore
sono richiami alla presenza di Dio, sono testimonianza della presenza di Dio
(noi non siamo i creatori), ma non ci danno Dio.
Tutte quante le creature ad una voce, dice
Sant’Agostino, dicono: “Noi siamo creature, noi non siamo Dio, Dio è un Altro,
cerca al di sopra di noi.”
Ma più che dirci “cerca al di sopra di noi”,
tutte le creature ci dicono: “Cerca dentro di te”.
Quel Dio che tu cerchi ti sta chiamando
dentro di te, ed è per questo che crea tutte le cose attorno a te e fuori di
te.
È Dio che crea tutte le cose attorno a te,
per ricondurre il tuo pensiero, la tua mente, il tuo interesse dentro di te.
Perché il tempio in cui Dio è sempre esposto
è interiore, è dentro di te.
Ed è qui che tu devi rivolgere tutta la tua
attenzione, se lo vuoi trovare.
Perché il problema sta lì, nel conoscere e
nel trovare, Colui che nessuno può ignorare.
Perché Dio si annuncia a noi
indipendentemente da noi per cui noi, non possiamo ignorarlo, ma il trovarlo,
il conoscerlo, richiede molta dedizione da parte nostra.
Prima di tutto richiede il passaggio dalle
cose esteriori alle cose interiori.
E poi non basta.
Perché il nostro mondo interno è fatto di
emozioni, di sentimenti, di desideri, d’intuizioni, è fatto di tante cose.
E quando si è rientrati in se stessi, noi
dobbiamo superare tutti i nostri pensieri, desideri, intuizioni, sentimenti.
Dobbiamo superarli tutti.
Perché Dio non abita lì.
Dio abita nel suo pensiero, il che vuol dire
che tra i tanti pensieri che portiamo in noi, c’è anche il Pensiero di Dio e
Dio abita in questo Pensiero.
Ed è lì che noi dobbiamo cercarlo, se
vogliamo trovarlo.
L’anima che giunge a Pentecoste fa la
scoperta della presenza in sé, senza alcun dubbio, senza alcuna ombra della
presenza del Padre e del Figlio.
E questa presenza del Padre e del Figlio, è
data all’anima dell’uomo, dallo Spirito della Presenza del Padre e del Figlio.
E questo Spirito è lo Spirito Santo, è lo
Spirito di Dio, è lo Spirito della Pentecoste.
Per cui non si giunge a questa presenza, se
non attraverso la sintesi della conoscenza del Padre, della presenza del
Figlio, ed è dal rapporto del Padre con il Figlio che noi giungiamo allo
Spirito della presenza.
Perché lo Spirito di Dio, della Presenza di
Dio, procede dal Padre e dal Figlio.
E da nient’altro.
L’opera di Dio è rivolta ad un unico fine,
per tutti gli uomini e per tutte le donne.
Il fine per tutti è la vita eterna.
E la vita eterna sta nel conoscere Dio.
Ed è nella conoscenza di Dio che si trova la
presenza di Dio.
Ma a questa conoscenza, non si giunge senza
di noi.
E allora, siccome non si giunge senza di noi,
tutta l’opera di Dio, si svolge per condurre noi a questo interesse unico, a
questo impegno unico.
Ed è qui che noi incominciamo a scoprire il
significato, il senso di tutte le cose finite.
Tutto il mondo finito, tutta la creazione,
tutte le opere che noi vediamo e tocchiamo, tutto è soggetto alle leggi del
tempo e alle leggi dello spazio.
Il che vuol dire che tutto è molteplicità e
che tutto è soggetto a mutamento.
Non c’è nessuna creatura che non sia soggetta
a morte.
Che non sia soggetta a questo mutamento
continuo.
E noi siamo in ansia, di fronte a tutto
questo mutare.
Perché noi non siamo soddisfatti nel vedere
che tutte le cose passano, che noi stessi passiamo, che si nasce, che si muore,
che si soffre, tutte cose di cui non si capisce il significato.
Noi siamo insoddisfatti perché non si capisce
il significato.
Questo bisogno di capire il significato, è la
problematica che impone a noi il mondo creato da Dio.
Tutta la creazione di Dio, tutto il mondo
esterno entrando dentro di noi, entra in un campo in cui domina l’assoluto.
L’uomo è un campo dell’assoluto.
L’uomo è passione dell’assoluto.
Il che vuol dire che al centro dell’uomo c’è
questa presenza dell’assoluto che domina in lui e fa sentire tutte le sue
esigenze.
L’uomo è un campo dell’assoluto.
E quando in questo campo di assoluto,
arrivano dei segni che non sono assoluti ma, che sono soggetti a mutamento, al
passare, provocano una crisi in questo campo d’assoluto che è l’uomo.
Perché l’uomo non accetta né il tempo, né lo
spazio.
L’uomo non accetta le cose finite,
L’uomo non accetta il mutamento delle cose.
L’uomo ha bisogno di un “perché”.
Ha bisogno di una significazione.
Tutto il mondo finito, entrando nell’uomo,
pone all’uomo questo grande problema: il bisogno di capire il significato, il
senso, la giustificazione, il perché delle cose.
E proprio in questo bisogno di significato
che si forma nell’uomo, c’è la ragione del mutare delle cose, c’è la ragione della
molteplicità delle cose, c’è la ragione della creazione stessa.
Cioè tutta la creazione di Dio, ha come
ragione, come giustificazione, questo formare in noi il bisogno di capire il
pensiero che c’è in tutte queste cose.
Ha questo fine qui.
Se noi separiamo, tutta la creazione, tutte
le opere di Dio, tutte le creature, da questo bisogno di capire il significato
di esse, che si forma dentro di noi, noi perdiamo il significato stesso delle
cose.
Il che vuol dire che il significato della
creazione, di tutte le cose, di tutti gli avvenimenti che incontriamo o
facciamo, sta dentro di noi, sta nella formazione in noi, di questo bisogno di
capire il pensiero che c’è in esse.
Se noi separiamo questa interrogazione,
questo bisogno di capire il significato delle cose, dalle cose stesse, le cose
perdono significato per noi.
Perdendo di significato, cadono nel niente
per noi.
La cosa senza significato è senza valore.
E una cosa senza valore, per noi non è più
motivo di vita.
Non dà più vita.
Ecco come, a un certo punto, il mondo
esterno, diventa per noi, non più motivo di vita.
Le cose, le creature, gli avvenimenti, arriva
un momento della nostra vita in cui non ci dicono più niente.
Tutto questo perché?
Perché noi abbiamo separato il mondo esterno
da questo bisogno che il mondo esterno stesso forma dentro di noi.
Bisogno di giustificare ciò che è relativo,
ciò che passa, ciò che è temporaneo, ciò che è finito, con l’assoluto, con
l’eterno, con l’infinito che portiamo dentro di noi.
E allora qui riconosciamo quello che dice
Gesù che chi fa l’esterno è lo stesso che fa l’interno.
C’è una parentela stretta fra l’esterno e
l’interno.
E l’esterno è subordinato al nostro interno.
Cioè è subordinato a questo rapporto che si deve
stabilire dentro di noi tra il finito e l’infinito.
Il finito entra dentro di noi attraverso i
sensi e arriva nella nostra mente nella nostra anima, bussa alle porte della
nostra anima, ed è Dio che bussa alle porte della nostra anima.
E nella nostra anima c’è l’assoluto.
E bussando alle porte dell’assoluto che
portiamo nella nostra anima, tutte le cose interrogano noi (per questo noi
interroghiamo) e chiedono a noi: “Chi è l’assoluto?”.
“Chi è l’assoluto?”
“Chi è l’eterno?”.
“Chi è Dio?”.
Tutta la creazione, questa opera meravigliosa
di Dio, arrivando a noi, pone a noi questo interrogativo.
Ecco questo bisogno di dare un significato,
bisogno che si forma dentro di noi, a contatto con ciò che non è assoluto.
Dio quindi crea attorno a noi, tutto ciò che non
è assoluto, tutto ciò che non è Lui, per dare a noi la possibilità
d’identificare ciò che è Lui.
Tutta la creazione, non ha lo scopo di farci
guardare la creazione, non di farci appassionare della creazione, ha lo scopo
d’incentrare il nostro pensiero su che cosa è l’assoluto.
Su che cosa è l’infinito.
Su che cosa è l’eterno.
Assoluto, infinito ed eterno che portiamo in
noi e che non possiamo smentire o annullare.
Noi siamo un campo di assoluto.
Ma non lo conosciamo, perché questo assoluto
è dato a noi senza di noi.
E noi non sappiamo chi sia.
Tutta la creazione, invece sollecita noi a
dire che cosa è.
Ecco questa opera meravigliosa che fa Dio.
Attraverso tutta la sua creazione, Dio ci fa
fuggire dalla creazione stessa verso il nostro interno, verso il Pensiero di
Dio perché Dio si conosce soltanto per mezzo di Dio.
Ed è soltanto in Dio, ed è soltanto da Dio,
che noi possiamo dire che cosa è Dio.
Perché tutte le creature ci sollecitano,
c’impongono di dire che cosa è Dio, ma noi Dio non sappiamo chi è.
Non possiamo smentirlo, ma non sappiamo chi
è.
E non sapremo mai chi è, fintanto che non ci
raccoglieremo in Lui, avendo la possibilità di raccoglierci in Lui.
Soltanto dall’infinito si conosce l’infinito.
Solo dall’eterno si conosce l’eterno.
Soltanto da Dio si conosce Dio.
Soltanto da Lui, noi possiamo finalmente
conoscere, capire chi Lui è.
Se noi non arriviamo a conoscere e a capire
chi è Dio, noi non possiamo restare con Dio.
E allora che cosa Dio ci vuole dire con
questo: “Era inverno?”.
Questa celebrazione, questa dedicazione del
tempio.
Dedicazione del tempio che vuole dire
dedizione della nostra mente a Dio.
Se il tempio è dentro di noi, dedicazione
vuol dire dedizione della nostra mente a Colui che è presente dentro di noi,
per potere attingere da Lui, la risposta che tutta la creazione attende da noi.
E che noi stessi attendiamo da Lui.
Noi stessi siamo fame di Dio.
Noi siamo fame di assoluto ed abbiamo bisogno
che qualcuno dia a noi il pane che soddisfa questa fame.
Quindi che dica a noi, che cosa è questo
assoluto, questo eterno, questo infinito, questo Dio che noi portiamo dentro di
noi.
Ci dev’essere un motivo, per cui nel Vangelo
è stata associata la stagione “inverno” con questa dedicazione del tempio, con
questo impegno a cercare e a conoscere Dio.
L’inverno effettivamente è questo silenzio
che scende su tutta la natura e su tutta la creazione.
Il mondo tace.
La natura si riposa.
Il che vuol dire che non urla più, non si fa
più sentire.
L’inverno è questo, è la natura che non si fa
più sentire, che si riposa, che non esige.
Però c’è una parola di Dio che dice:
“Pregate, perché la vostra fuga non avvenga d’inverno”
L’inverno rappresenta questa natura che tace,
che si riposa, che non preme più su di noi.
Il che vuol dire che tutto il nostro mondo di
sentimenti è stato messo a tacere.
È la “notte oscura” di San Giovanni della
Croce: “stando già la mia casa tutta addormentata”.
Per cui non esige più, non pretende più
niente.
I sentimenti sono superati.
Questo è l’inverno.
Questo superamento di tutti i sentimenti.
Non si fanno più sentire e allora l’anima è
libera.
È un po’ come la notte.
Tutta la creazione di Dio è fatta all’inizio,
ed è fatta ancora adesso, a periodi di giorno e di notte.
Nel giorno c’è la pressione di tutta l’opera
di Dio, di tutta la creazione di Dio su di noi.
Ma la notte, tutta la creazione si ritira.
Si ritira, per lasciare noi liberi di
pensare.
E abbiamo detto che tutta la creazione di
Dio, essendo fatta a periodi di giorno e di notte, si conclude con un meraviglioso
sabato.
La creazione è fatta a periodi di mattino e
di sera e ogni giorno tramonta.
E poi, dopo avere creato l’uomo, sfocia, in
questo riposo di Dio: il sabato.
E il sabato è senza sera.
E tutti noi, siamo invitati a entrare in
questo sabato.
E questo sabato è anche l’inverno.
Però Gesù dice: “Pregate affinché la vostra
fuga non abbia ad avvenire d’inverno”.
E aggiunge: “Nè di sabato”.
Ma il sabato è il giorno del riposo del
Signore.
E l’inverno è questo silenzio, in cui tutte
le cose sono messe a tacere.
E i nostri sentimenti finalmente non si fanno
più sentire, sono stati allontanati in qualche modo.
E noi siamo fatti liberi di poter pensare.
È un po’ come la creatura che va in pensione.
Finalmente può pensare a Dio.
Però il Signore dice: “Pregate, perché questa
fuga non avvenga d’inverno”.
Abbiamo detto che la celebrazione della
dedicazione del tempio, si rappresenta come una fuga.
È una fuga.
Perché dedicazione che è uguale a
consacrazione del tempio (mondo interiore) e quindi questa dedicazione è
dedizione della mente a Dio, non ai nostri sentimenti, non alle creature, non
al mondo.
Noi non siamo stati creati né per il mondo,
né per le creature, né per il nostro prossimo.
Questi sono banchi di prova, sollecitazioni a
fuggire in Dio.
La vita eterna è conoscere Dio.
Quindi tutto deve servire per questo fine
dell’uomo.
Questa dedicazione del tempio in noi, si
realizza come fuga.
Fuga da che cosa a che cosa?
Fuga dal mondo esterno, fuga dai nostri
sentimenti, fuga da tutte le cose che si dicono nel mondo, fuga da tutte le
nostre preoccupazioni del mondo, fuga da tutti i problemi del mondo.
Fuga da tutto questo per che cosa?
Verso che cosa?
Abbiamo detto che tutto c’interroga su Dio.
Chi è Dio?
Chi è l’assoluto?
Chi è l’eterno?
Fuga verso questo.
Fuga verso l’assoluto, l’infinito, l’eterno.
Fuga verso Dio.
C’è questa fuga che è richiesta ad ognuno di
noi.
E il Signore che ci dice che questa fuga non
abbia a venire d’inverno.
E allora cosa è questo inverno che è
negativo.
È negativo per noi.
E perché è negativo per noi.
Perché è necessario che questa fuga avvenga
prima che arrivi l’inverno?
Gesù dice: “State attenti, quando
incomincerete a vedere queste cose, sappiate che l’estate è vicina”.
È come quando iniziate a vedere gli alberi
che iniziano a mettere le foglie e i rami che s’inteneriscono e voi da questi
segni dite che l’estate è vicina.
Quando s’incominciano a vedere i segni, vuol
dire che la natura parla e che tutta la creazione di Dio s’affaccia a noi:
“Sappiate che l’estate è vicina”.
Quindi Gesù ci propone questa fuga
nell’estate, non nell’inverno.
La Parola di Dio (tutta la creazione) ci
sollecita, c’invita a fuggire in Dio, a cercare Dio, a impegnarci a conoscere
Dio.
Cristo è la grande sintesi di tutta l’opera
di Dio in un unico segno, un segno meraviglioso che può essere letto anche
dagli analfabeti.
Dio si è reso accessibile a tutti attraverso
questo unico segno.
Dio dopo aver creato tutto l’universo lo ha
sintetizzato in un punto unico: Cristo.
E il centro di tutto il messaggio di Cristo è
questo: scappa.
“Scappa da tutto”, il suo messaggio è tutto
qui!
“Scappa da tutto”.
“Io sono venuto a prendervi dal mondo, per
questo il mondo vi odia”.
“Io sono venuto a prendervi e portarvi via”.
Il Figlio dell’uomo è venuto a darci un
impegno grandissimo.
Ed è l’impegno a sprofondarci in questo mare
d’infinito, di eternità, di assoluto che è Dio.
Perché Dio si conosce soltanto per mezzo di
Dio.
Tutta la creazione si esaurisce in questo
interrogativo che forma dentro di noi: “Chi è Dio?”.
E non può dirci altro.
Tutta la creazione e le creature ti dicono:
“Noi non siamo Dio, è inutile che tu ti dedichi a noi, più ti immergi in noi e
più tocchi il tuo niente, perché noi ti tradiremo necessariamente”.
Cioè “tradiremo la tua attesa di eternità,
d’infinito, di assoluto, perché noi non siamo questo”.
Tutta la creazione e tutti i nostri sentimenti si concludono in questa
sollecitazione, in questo invito, in questa proposta che è Cristo stesso:
questo fuggire da tutto per impegnarti con Dio.
La Parola di Dio è una proposta, un invito ad
occuparci di Dio perché siamo stati creati per questo.
Tutta l’opera di Dio si conclude con questa
proposta.
La proposta, evidentemente non è una
imposizione.
Dio un giorno s’imporrà ma a quel punto per
noi il tempo è scaduto.
Di fronte a questa proposta, l’uomo può dire:
“Io ho i buoi i campi la moglie non posso venire”, cioè: “Io ho la creazione,
le creature, non posso occuparmi di Dio”.
Teniamo presente che l’uomo è stato creato
per diventare figlio di Dio, e Dio si è fatto oggetto di ricerca dell’uomo,
quindi oggetto dell’opera dell’uomo, se l’uomo che diventa figlio delle sue
opere si rifiuta di occuparsi di Dio, l’uomo diventa figlio del rifiuto della
Parola di Dio.
L’uomo continuerà a preferire le creature al
Creatore certo, seguirà i suoi sentimenti anziché impegnare l’intelletto per
conoscere Dio, certo, però la pietra scartata, diventerà in lui quella pietra
fondamentale che gli impedirà la costruzione di qualunque edificio.
Non gli darà la possibilità di costruire, non
gli darà la possibilità di vivere.
Cioè l’uomo diventa figlio dei suoi rifiuti e
viene soffocato dai suoi rifiuti.
L’umanità sta morendo nei suoi rifiuti.
E sono rifiuti a Dio.
Tutto è segno e Dio ci sta significando
questo.
Infatti oggi una neonata è stata trovata
nell’immondizia, è questo è segno.
Non abbiamo più un luogo noi, per ricevere la
vita.
Il che vuol dire che andiamo a finire nella
spazzatura, nell’immondizia, nei nostri rifiuti a quella Parola di Dio che
c’impegna a fuggire da tutte le cose, per
occuparci di Dio.
Diventando figlio di questi rifiuti, l’uomo,
anche se cerca Dio lo fa unicamente per giustificare i suoi sentimenti, le sue
creature per le quali lui si è sottratto all’impegno per conoscere Dio.
Perché se le cose finite vengono staccate
dall’infinito che portiamo dentro di noi, perdono di significato per l’uomo.
Tutto il mondo finito, riceve significato dal
contatto con l’infinito, ma per poco che noi separiamo le cose finite
dall’infinito, le cose finite cadono nel nulla.
L’uomo non può sopportare il nulla e quindi
si forma l’ansia in lui per cercare di dare una ragione, una significazione,
una giustificazione a ciò per cui lui sta vivendo.
Ma più lui si affanna e più tocca il nulla e
entra in crisi.
Ogni uomo è soggetto a crisi.
La crisi dell’uomo è unicamente perché perde
il significato delle cose.
E perde il significato delle cose perché ha
rifiutato la Parola di Dio.
Quella Parola che lo impegnava a cercare
l’assoluto, al di sopra di tutto e prima di tutto.
E l’uomo quando perde il significato delle
cose, perde il valore delle cose.
E quando perde il valore delle cose, l’uomo
non può più volerle.
La nostra volontà scatta in quanto vede
l’importanza di una cosa per noi.
Come una cosa perde valore per noi, noi non possiamo
più volerla.
Qui l’uomo incomincia ad esperimentare che
non è più capace a volere le cose.
Incomincia a sperimentare che non è più
capace di amare.
Incomincia a sperimentare che non è più
neppure capace di pensare.
Non è neppure più capace di desiderare.
Ecco l’inverno che grava sull’uomo.
L’Ecclesiaste al capitolo dodici è un
quadretto stupendo di questo inverno che cade sull’uomo, sull’uomo che ha
separato il finito dall’infinito.
Che ha rifiutato quella parola di Dio che lo
invitava a immergersi nell’infinito, nell’eterno, nell’assoluto per conoscerlo
e quindi trovarlo.
Soltanto conoscendo la Verità, si trova la
presenza della Verità.
La crisi dell’uomo è determinata da questa
perdita di significazione delle cose, quindi perdita di valore per le cose.
E la perdita dei valori delle cose, è la
perdita della presenza.
È la perdita dell’essere.
L’inverno è una perdita di essere.
È una crisi dell’essere.
A questo punto l’uomo non è più capace né di
pensare, né di volere, né di amare.
Non ha neppure più desiderio.
Direi che non soffre più, se posso dire un
paradosso.
Perché lui cade in questa apatia.
È l’inverno.
Non ha più capacità di volere, non ha più
capacità di pensare, non è più capace di desiderare.
Non è più capace di vivere.
L’uomo perde la capacità di vivere.
E tutto questo perché?
Perché è diventato figlio di un suo rifiuto.
Il rifiuto dell’infinito.
Nei doni di Dio c’è la creazione, tutta la
nostra esistenza, c’è il tempo da vivere, le creature ma soprattutto tra i doni
di Dio, c’è il pensiero dell’assoluto, dell’infinito, dell’eterno che portiamo
in noi, c’è il Pensiero di Dio che portiamo in noi.
Tutti questi doni di Dio che sono dati a noi
senza di noi e che quindi e che non possiamo ignorare perché sono dati a noi
senza di noi, non possiamo conoscerli se non ci diamo a ciò che Dio ci ha dato.
Quindi Dio ci fa il dono di Sé e di tutti i
segni di Sé ma tutto questo, noi non possiamo arrivare a conoscerlo e non
conoscendolo non possiamo arrivare allo Spirito di Verità che è figlio della
conoscenza del Padre e del Figlio.
Quindi noi non possiamo giungere a conoscere
Dio se non ci diamo a Dio.
Il dono che è dato a noi senza di noi,
richiede a noi questo darci ad Esso, perché soltanto nella misura in cui ci diamo,
noi abbiamo la possibilità di conoscere (dedicazione del tempio) e quindi di
giungere a trovare Colui che è esposto e presente in questo tempio.
GV 10 VS 22 – Intanto ricorreva allora a
Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno.
RIASSUNTI – Domenica – Lunedì -
Argomenti: Intenzione e
presenza – La fuga nel Pensiero di Dio – L’anticipo – La giustificazione delle
cose – La creazione annuncia l’assoluto – Sentimenti e conoscenza di Dio – Il
mondo interno dell’uomo – Le vocali -
26-27/ Maggio /1991