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GV 10 VS 22 – Intanto ricorreva allora a Gerusalemme la festa della Dedicazione del tempio. Era inverno.


Primo tema - Intanto...


Argomenti: Rapporto vita, intenzione – L’intenzione di Dio – Il demonio è cieco – L’obbligo di scegliere – La luce e le tenebre – Unità spazio temporale – Il tempo è una quantità finita per ottenere l’infinito – La Gerusalemme interiore – Intenzione e intelligenza – Unità e molteplicità d’intenzioni – Passionalità del mondo – La polvere – La funzione della conflittualità esterna – La Parola di Dio determina il tempo – Il tempio di Dio nell’uomo -


 

5-6/ Maggio /1991


Anche in questa scena, in quanto ci viene presentata, c’è un messaggio.

Un messaggio di Dio per ognuno di noi.

Perché tutto quello che fa Dio, lo fa per noi personalmente.

Perché attraverso tutte le cose, Egli forma in noi, quell’anima capace di potere entrare nella vita eterna, di potere giungere a conoscere Lui.

Perché Dio è Colui che è, il Creatore, il Signore di tutte le cose.

Dio è Colui che opera in tutto ed è presente in tutto.

E fa ogni cosa per far conoscere Se Stesso.

Lui solo è.

Non opera per altri fini.

Gli uomini hanno tanti fini.

E abbiamo visto le volte precedenti che quanto più noi ci allontaniamo da Dio e tanto più noi moltiplichiamo le intenzioni e le finalità, poiché diventiamo succubi, schiavi, servitori di un infinità di signori.

È solo presso Dio che si ha un Signore solo.

Un Maestro solo.

Una Intenzione sola.

Ma solo presso Dio.

Ed abbiamo visto che là, dove c’è una intenzione sola, lì c’è la luce.

La Luce è questa grazia di potere contemplare tutto, in un solo Pensiero.

In un solo Fine.

In una sola Intenzione.

Questo è possibile solo presso Dio.

E proprio gli argomenti precedenti che abbiamo incontrato, questi ci hanno preparato all’argomento di oggi.

Soprattutto quel collegamento tra l’intenzione che ognuno di noi porta con sé e la nostra vita stessa.

C’è un legame strettissimo abbiamo visto.

Perché noi siamo costretti a fare delle scelte.

Tutti i giorni.

E nelle scelte si determina sempre una intenzionalità.

Prende corpo una intenzionalità.

Quando si fanno le scelte, si determina tutta la nostra vita.

C’è un rapporto strettissimo tra la vita e l’intenzione.

Ci siamo valsi dell’esempio dell’estrazione delle palline.

A seconda dell’intenzione che uno ha nell’estrarre delle palline, può rendersi la cosa terribilmente difficile.

Se uno pretende di estrarre una pallina rossa, là dove ci sono soltanto palline bianche, certamente si rende la vita impossibile.

E abbiamo visto che la vita assume tre aspetti.

L’impossibilità.

E l’uomo fa questa esperienza d’impossibilita, dei muri.

Quanti muri  lui incontra nella sua vita!

Fa esperienza di possibilità.

E c’è anche l’esperienza della certezza, della sicurezza.

Anzi, Dio ci ha creati per condurci in quel luogo in cui c’è la sicurezza, la certezza, la pace.

La nostra pace, si trova soltanto là, dove c’è la sicurezza.

Dove non ci sono più dubbi.

Ora, abbiamo visto che queste tre situazioni fondamentali che costituiscono la nostra vita sono determinate da una componente personale che è in ognuno di noi: l’intenzione.

Soltanto quando l’intenzione si deriva dalla realtà, soltanto lì, si accede alla certezza.

Se noi abbiamo come intenzione di estrarre palline bianche da un luogo in cui tutto è pallina bianca, noi siamo sicuri di estrarre una pallina bianca.

Il termine “estrazione”, nel campo dello spirito, vuol dire mettere qualcosa al di sopra di tutto il resto.

Vuol dire dare la precedenza.

Vuol dire amare.

Amare vuol dire scegliere.

Scegliere vuol dire estrarre.

Estrarre tra tutto qualcosa.

È questo che determina l’intenzione.

Ora, la certezza, la sicurezza, viene solo là, dove la nostra intenzione deriva dalla realtà maiuscola, cioè da Dio.

Dio è la vera grande realtà.

Perché se c’è un essere che nessuno può ignorare, che nessuno può cancellare dalla sua mente è Dio.

Ognuno di noi si può rompere la testa ma anche in una testa rotta resta sempre il pensiero di Dio.

E questo Pensiero di Dio può diventare un tormento, una tortura per l’uomo.

Può rendergli le cose impossibili e la vita insopportabile.

Ma il Pensiero di Dio rimane in noi.

Rimane, perché Lui è la Verità.

Lui è l’essere trascendente.

Quindi soltanto se la nostra intenzione deriva da Lui e non da altro, questa ci conduce nella vita e nell’esperienza della sicurezza, della certezza, della pace.

Soltanto lì.

Ma prima di arrivare a capire che la nostra intenzione deve essere dedotta dalla realtà Dio, quante intenzioni sbagliate dobbiamo esperimentare nella nostra vita.

Quanti vini dobbiamo assaggiare e di quanti vini ci dobbiamo ubriacare!

Prima di deciderci ad assaggiare il vino di Dio.

Ed è proprio attraverso tutte queste esperienze negative che si scopre il disegno, l’opera di Dio.

Perché proprio attraverso tutto questo sottosuolo di sbagli, di errori, di colpe, di egoismi, di orgoglio, di ambizioni, Dio sta formando qualche cosa dentro di noi.

Qui si dice che si celebrava la dedicazione del tempio.

Un importanza grandissima.

Ma collega questo fatto  della dedicazione del tempio, con quanto detto precedentemente, con un avverbio che abbiamo posto come tema per l’argomento di oggi.

Dice: “Intanto”.

Un avverbio di tempo.

E questo “intanto” collega che cosa?

Collega l’argomento precedente con questo.

E l’argomento precedente era la discussione tra i giudei che ascoltavano Gesù.

E gli uni dicevano che era un demonio, un pazzo, un ossessionato, uno che aveva perso il senno.

E altri che dicevano: “Può forse un demonio dare la luce ad un cieco”.

Un pazzo, un ossessionato può forse dare la luce a uno che non vede?

E Gesù che dice: “Nessun cieco può guidare un altro cieco”.

E ci fa capire che non bisogna avere paura di nessun demonio, non c’è nessun Lucifero che possa ingannare l’anima dell’uomo.

Perché l’anima dell’uomo si apre soltanto sulla Luce di Dio.

Non c’è nessun Lucifero che possa ingannare la nostra anima.

Perché la nostra anima è fatta per Dio.

Ora, quando Gesù dice: “Nessun cieco può guidare un altro cieco”, ci fa capire che non bisogna avere paura di nessun demonio.

Il demonio è cieco.

Il demonio è cieco per il semplice motivo che il demonio è un essere che ha tante intenzioni.

Ha tanti nomi.

Ha tante facce.

È legione.

Bisogna sempre tenerlo ben presente che solo presso Dio c’è una intenzione sola.

L’intenzione di Dio, il Pensiero di Dio è unigenito.

Qui abbiamo la massima semplicità.

E dove c’è una intenzione sola, lì c’è la luce.

Se la luce è là, dove c’è una intenzione sola, le tenebre sono là, dove ci sono molte intenzioni.

Più ci allontaniamo da Dio e più cadiamo sotto molteplici intenzioni e quindi sotto il dominio delle tenebre.

All’estremo opposto di Dio troviamo questa espressione che è un nostro io: il demonio che è infinità d’intenzioni.

Una infinità di nomi.

Quindi tutta notte.

Massima incomprensione.

Quindi il demonio non può dare la luce.

Un cieco non può guidare un altro cieco.

Soltanto se noi, non mettiamo il desiderio della luce al di sopra di tutto possiamo cadere nell’inganno ma allora la colpa è nostra.

La colpa è nostra perché non mettiamo il desiderio della luce al di sopra di tutto.

La nostra anima è fatta per la luce e per la luce assoluta.

Quindi la nostra anima è fatta unicamente per Dio.

E può essere illuminata soltanto da Dio.

Ho detto che la vita è essenzialmente elezione, scelta, amore.

È estrazione di qualche cosa da mettere prima di tutto.

E anche se noi non volessimo scegliere, noi siamo obbligati dalla vita a scegliere.

Tutti i giorni noi dobbiamo scegliere e nella scelta ci qualifichiamo.

E riveliamo la nostra intenzionalità.

Quando noi non mettiamo la passione, l’interesse per la luce al di sopra di tutto, siamo noi stessi che ci esponiamo all’inganno e all’errore.

Perché non abbiamo messo prima di tutto l’intenzione di Dio.

La luce è solo presso l’intenzione di Dio, là dove c’è l’intenzione unica.

Ecco per cui se la nostra intenzione non deriva dalla realtà Dio, ci rendiamo la vita difficile, addirittura impossibile.

E ci rendiamo anche insopportabile la luce stessa di Dio e il parlare di Cristo.

Perché noi abbiamo questo limite.

A un certo momento, noi non possiamo sopportare ciò che non coincide con la nostra intenzione.

Quando noi non mettiamo l’interesse per la luce al di sopra di tutto, appassionatamente, noi ponendo altro come scopo, fine, intenzione della nostra vita, noi stessi ci offriamo ad essere ingannati e allora lì, dobbiamo avere paura del demonio o di qualunque altra creatura.

Perché siamo noi che ci sottomettiamo e ci rendiamo succubi di intenzioni diverse da Dio.

Questo “intanto” ci mette in collegamento un quadro di conflittualità,  discordie,  contraddizioni dei discorsi di prima dei giudei, con un altro quadro.

Dice “intanto”, cioè mentre.

Mentre si facevano questi discorsi, queste guerre, queste diatribe fra giudei, a Gerusalemme c’era la festa della dedicazione del tempio.

Qui abbiamo due luoghi ed una unità.

E quello che determina l’unità è il tempo.

Dice “intanto”, cioè nello stesso tempo.

Nello stesso tempo che succedeva quello, qui succedeva questo.

E noi abbiamo detto molte volte che tutto, assolutamente tutto è opera di Uno solo.

Tutto è opera di Dio.

Uno solo è il Creatore.

Uno solo è il Signore.

Uno solo è Colui che parla in tutto e nulla accade che non sia voluto da Lui.

Niente esiste che non sia voluto da Lui.

Da Lui che ha una volontà unica, che ha un fine unico, una intenzione unica.

Ma se tutto è opera di Dio, come mai là succedeva quello e qui succede questo?

Come mai un popolo è in guerra contro l’altro se tutto è voluto da Dio?

Come mai uno fa un discorso e un secondo ne fa un altro?

E uno contraddice l’altro.

Come mai?

E noi dobbiamo tenere presente che il Creatore, l’Operatore è uno solo.

Ecco l’argomento di oggi è questo “Intanto”.

Capire questa unità che c’è in questa diversità.

 E perché c’è questa diversità?

Qui stiamo parlando di tempo e di spazio e nello spazio c’è una molteplicità di cose di fatti di avvenimenti.

Però l’opera di Dio è fatta a singolarità di tempi.

Dio opera a giornate.

C’è una unità di tempo, in cui avvengono un infinità di cose, ma nell’unità di tempo, nella stessa giornata.

Il significato del tempo è proprio questo che noi che siamo nello spazio, per passare da un posto all’altro dobbiamo impiegare del tempo, sempre del tempo.

Noi possiamo anche assumere delle velocità enormi ma c’è sempre del tempo.

Per cui oggi come oggi non si parla più  dell’esistenza dello spazio e del tempo ma si parla di una sola unità: l’unità spazio-temporale.

Perché il tempo e lo spazio formano una cosa sola.

Noi per ogni spostamento, per ogni movimento, per ogni cambiamento che facciamo nello spazio, noi dobbiamo pagare, spendere del tempo.

Noi crediamo che il tempo sia infinito, il tempo non è infinito, come lo spazio non è infinito.

Il tempo e lo spazio sono dei segni e come tali non sono infiniti.

Succede che con molta facilità, senza rendercene conto, noi spendiamo del tempo per andare da un luogo all’altro e noi non ci rendiamo conto che noi paghiamo con la nostra vita.

Noi diciamo “io vado da Torino a Parigi in tante ore” ma noi dovremmo dire: “io vado da Torino a Parigi e ci lascio un braccio”, se noi sapessimo che tutti gli spostamenti li dobbiamo pagare (tempo) con la nostra vita.

Perché il tempo è finito e se è finito, è un capitale, è una quantità da spendere per certe cose.

Questa mattina sentivo un ammiraglio che diceva che lui sta sveglio fino a mezzanotte sul suo computer, e io pensavo che sta pagando, sta pagando con il sangue della sua vita, perché sta perdendo il tempo, per che cosa? Per ottenere che cosa?

Il tempo è una quantità finita che Dio ci ha messo a disposizione per qualcosa di infinito da conquistare.

E tu ricorda bene che ogni spostamento che tu fai, ogni interesse, ogni libro che tu leggi, ogni cosa in cui ti impegno, la paghi e la paghi col tempo e il tempo è finito non lo puoi più riavere.

Se noi dicessimo che ad ogni cosa cui tu ti dedichi la devi pagare con una parte del tuo corpo: un dito, una mano, un braccio, una gamba o con la tua stessa vita, chissà quanto noi staremmo attenti, prima di pagare in quel modo se effettivamente ciò di cui stiamo occupandoci o per cui stiamo vivendo vale la perdita di una parte del corpo o della vita stessa.

Eppure nessuno spostamento nello spazio può avvenire senza una perdita di tempo, senza un pagamento del tempo.

Qui abbiamo detto che avvengono nello spazio fatti diversi.

Contraddizioni, conflittualità, discordie.

Pero, “intanto a Gerusalemme” c’era la dedicazione del tempio”.

In quello stesso tempo.

Tutto ha un senso.

Tutto ha un significato per la nostra vita personale.

E quando diciamo Gerusalemme ci riferiamo alla città santa, alla città di Dio.

Al centro di Gerusalemme c’è il tempio.

E la vera città di Dio non è fuori di noi.

Non c’è nessun luogo in cui si trovi Dio nel mondo esteriore.

Dio è la Verità e la Verità abita dentro di noi, dentro l’uomo.

La città di Dio non è fuori di noi.

La città di Dio è dentro di noi.

Allora questa Gerusalemme, rappresenta l’uomo interiore.

Allora dobbiamo ritradurre questa affermazione “intanto” nel campo dello spirito in “intanto nell’uomo interiore”.

Mentre nel luogo esteriore c’erano conflittualità, discordie, contraddizioni, guerra, nel luogo interiore era il tempo della celebrazione della dedicazione del tempio.

È lezione per ognuno di noi.

E noi dobbiamo cercare questo collegamento fra il mondo esterno e il mondo interno.

Nel mondo esterno c’è conflittualità.

Però mentre avviene questa conflittualità, dentro l’uomo si costruisce il tempio di Dio.

C’è la dedicazione al tempio di Dio.

Che cosa è che stabilisce questo rapporto?

Abbiamo avuto bisogno degli argomenti precedenti, soprattutto l’argomento che collega l’intenzionalità con la vita, per affrontare adesso questo.

L’anima di tutto abbiamo detto che è l’intenzione.

L’intenzione è ciò che l’uomo mette prima di tutto.

Ciò per cui vive.

Perché dall’intenzione viene l’intelligenza.

Ognuno di noi ha la capacità d’intendere in relazione a ciò che porta come sua intenzione.

L’unica capacità d’intendere.

Tutte le cose, i fatti e le parole che arrivano a noi, sono sempre filtrati dall’intenzione principale che ognuno di noi porta in sé.

Attraverso il fine che ognuno di noi porta nella sua mente.

E ognuno trattiene solo ciò che serve alla sua intenzione.

E ciò che non serve alla sua intenzione, l’uomo non lo può trattenere, anche se lo volesse trattenere.

Lo deve lasciare perdere, necessariamente.

Perché non entra nel suo fine.

Dio opera in tutto per farci giungere i suoi messaggi.

E uno dei suoi messaggi è questo “intanto” e noi dobbiamo cercare di capire cosa vuole dire.

Abbiamo detto che quello che collega è l’unità di tempo.

Nello spazio noi abbiamo una molteplicità di creature apparentemente all’infinito, ed è una significazione dell’infinito di Dio.

Ogni uomo può venirsi a trovare a livelli diversi.

Solo presso Dio c’è la luce.

E abbiamo detto che la luce sta nell’intenzione pura di Dio.

Ma per l’uomo la grande difficoltà, è vivere in una intenzione sola.

L’uomo è un essere terribilmente volubile.

Ma è  terribilmente volubile, perché Dio solo è stabile.

Dio solo è.

E noi abbiamo una terribile difficoltà a restare con Dio.

Perché non si può restare con Dio, se non si resta nella sua intenzione.

E non si resta nella sua intenzione, se non si sottomette tutto a quella.

Abbiamo visto le volte scorse il vicino e lontano nel campo dello spirito.

Si è vicini, soltanto quando si ha la stessa intenzione.

Per poco che uno si allontani dall’intenzione di Dio, dal fine di Dio, cioè per poco che uno si allontani dalla conoscenza di Dio posta al di sopra di tutto, l’uomo immediatamente cade sotto la schiavitù di una molteplicità d’intenzioni.

Perché diventa schiavo, dipendente da tutto ciò che gli si presenta.

Arriva il momento in cui l’uomo ha l’intenzione di tutte le creature che incontra.

Direi che è innamorato di tutte le creature che incontra.

Di tutte le cose che vede e che tocca.

Cioè diventa passionalità di tutto ciò che gli si presenta.

Solo che ciò che gli si presenta non è mai Dio.

Perché Dio non si vede e non si tocca.

Dio s’intende soltanto.

E abbiamo visto che la chiave dell’intelligenza è l’intenzione, l’intenzionalità.

E Dio si può capire solo con la sua intenzionalità.

Dio si rivela soltanto nel suo Pensiero.

Vista la grande difficoltà che abbiamo nel restare nell’intenzione di Dio, per poco che noi ci allontaniamo dall’intenzione di Dio, immediatamente noi perdiamo la consapevolezza della presenza di Dio, anche se non la possiamo annullare.

E cadiamo invece nell’evidenza di tutto ciò che non è Dio.

Le creature, la natura, i fatti e tutto il resto.

Il che vuol dire che noi diventiamo succubi, cioè passionalità di questo.

Quindi intenzionalità di questo.

A un certo momento, ogni creatura forma in noi una sua intenzione.

E qui abbiamo la massima dispersione.

Nel salmo 89 si dice: “Dio, tu riduci l’uomo in polvere e dici agli uomini: ritornate figli degli uomini”.

Notate bene perché questo non è senza significato: “Tu riduci l’uomo in polvere e poi dici: ritornate”, siamo passati dal singolare al plurare.

L’uomo è una singolarità, inconfondibile.

Nessuno può trasmettere la sua singolarità ad un altro.

Eppure questo uomo viene ridotto in polvere.

Ecco la molteplicità, la dispersione massima.

La polvere è morte.

È inconsistenza.

Quest’uomo che diventa polvere, che diventa inconsistente, per poco che si allontani da Dio.

Eppure c’è un significato ed arriviamo all’argomento di “intanto”.

“Tu riduci l’uomo in polvere” e c’è un significato in questo ridurre l’uomo in polvere, “perché poi gli dici; ritornate figli dell’uomo”.

Non dice mica: “Figli miei”.

Perché nella lontananza da Dio, l’uomo diventa figlio delle creature, del caso, dei sentimenti.

E qui abbiamo la massima dispersione.

Qui abbiamo la molteplicità, non abbiamo più l’uomo singolo.

Qui abbiamo la massa, abbiamo il gruppo.

E la Parola di Dio ci dice: “Ritornate figli”.

E ci fa capire che questa grande dispersione, questa ubriacatura è voluta da Dio.

È Dio che fa ubriacare l’uomo di tutti i vini del mondo, quando l’uomo si allontana da Dio.

E questa dispersione ha un significato profondo per la nostra vita, per la nostra salvezza.

Perché riducendo l’uomo in polvere, Tu dici:”Ritornate”.

Il versetto di questo salmo, ci aiuta a capire questo “intanto”.

Questo “intanto” che collega la conflittualità, la discordia, le contraddizioni degli uomini nel mondo esterno con il mondo interno.

La conflittualità nel mondo esterno è volontà di Dio, per insegnare all’uomo che soltanto presso Dio c’è la pace.

Solo presso Dio c’è la luce.

Solo presso Dio c’è la vita.

Il che vuol dire che non appena l’uomo si allontana da Dio, Dio gli dice: “Ritornate”.

Non appena l’uomo si allontana da Dio, l’uomo esperimenta la non più luce.

La non più pace.

E quando si dice non più pace, non più luce, l’uomo esperimenta la discordia, la conflittualità.

C’è l’uomo che divora l’altro.

L’uomo diventa lupo verso l’altro uomo.

Ma questo è disegno di Dio per dire agli uomini: “Ritornate”.

L’uomo che passa dall’unità, alla dispersione massima della molteplicità trova questa parola di Dio.

Tutte le opere di Dio sono fatte in una unità di tempo e il tempo è determinato dalla Parola di Dio.

È la Parola di Dio che determina il tempo.

La Parola di Dio determina il tempo perché?

Perché fa arrivare a noi un messaggio, un annuncio diverso da quello che noi vediamo e tocchiamo.

Diverso da quella che è la nostra realtà.

La più grande meraviglia della creazione di Dio è la parola.

Attraverso la sua Parola, Dio ci convoca: “Ritornate”.

Ci convoca dalla nostra dispersione “polvere” alla sua presenza.

Ci richiama alla sua presenza.

Noi che abbiamo dimenticato Lui, noi che lo abbiamo trascurato, noi che lo abbiamo offeso, ferito, ucciso, noi siamo dalla sua Parola convocati a Lui.

E qui abbiamo la misericordia.

Qui abbiamo l’amore.

Convocati alla sua Presenza.

Tutto questo campo di conflittualità, di cose molteplici nell’esterno ha lo scopo di edificare nell’uomo interiore, dentro di noi il tempio di Dio.

Di edificare in noi questa abitazione di Dio.

Gesù dice: “Noi verremo e faremo abitazione”.

Non è che loro si spostino, loro abitano in noi ma questa abitazione deve essere da noi edificata, dedicata.

Dio abita già in noi.

Se Dio non abitasse in noi, noi non potremmo percepire nessun discorso riguardo a Dio.

Se lo percepiamo è perché Dio è presente in noi.

Quindi è Dio che convince.

Io non convinco assolutamente nessuno.

Perché Dio abita dentro di noi.

È questo maestro interiore che dice: “Questo è vero”.

Tutto quello che avviene fuori, è collegato da questa unità di tempo, cioè da questa Parola di Dio con quello che avviene dentro di noi.

E tutto quello che noi incontriamo fuori e magari ci scandalizza (Se Dio ci fosse!) è tutta opera di Dio.

Cosa è questo mondo esterno?

È rappresentazione è significazione di tutto ciò che non è secondo l’intenzione di Dio.

E fintanto che noi viviamo per cose esterne a noi, certamente non siamo nell’intenzione di Dio.

Dentro è ciò che è secondo l’intenzione di Dio.

L’intenzione di Dio è una sola e qui c’è la luce.

Ciò che è fuori a questa unica intenzione, appartiene alle tenebre.

Il mondo esteriore è avvolto nelle tenebre, è avvolto nel mistero.

Ma proprio questa esperienza del mistero, delle inquietudini, delle contraddizioni, della conflittualità, della guerra che c’è nel mondo esterno è in questa unità di tempo con quello che avviene dentro di noi.
Non può essere disgiunto da quello che avviene dentro di noi.
Cioè non può essere disgiunto da questa passione d’assoluto che ogni uomo porta dentro di sé.
Per cui man mano che l’uomo sperimenta la vanità e la delusione di tutte le cose che sono fuori, questo evidenzia sempre di più dentro l’uomo, la necessità di una cosa sola, dell’assoluto.
Cioè che soltanto nell’Intenzione di Dio si edifica l’abitazione di Dio.
Qui possiamo capire qual’è questa pietra fondamentale su cui Dio edifica il suo tempio, la sua casa.
La pietra fondamentale è la sua Intenzione, il suo Pensiero, il suo Verbo.
Questo è quello che dobbiamo mettere a fondamento di tutto di noi, se vogliamo edificare questo tempio.


GV 10 VS 22 – Intanto ricorreva allora a Gerusalemme la festa della Dedicazione del tempio. Era inverno.


Secondo tema - La dedicazione al tempio.


Argomenti: Interno ed esterno – Il mondo esterno non è l’assoluto – Il problema dell’assoluto – La passione d’assoluto che ci fa interrogare – La funzione della creazione – Individuare il luogo di Dio – Il tempio di Dio – Il “dentro” dell’uomo – Il Pensiero di Dio in noi – La dedizione della mente a Dio  - La novità dello Spirito Santo è vita -


 

12-13/ Maggio /1991


Domenica scorsa ci siamo soffermati si questa prima parola “Intanto”.

Oggi dobbiamo soffermarci sulla seconda parte di questo verso e cioè: “A Gerusalemme si celebrava la dedicazione del tempio”.

Anche qui dobbiamo cercare il significato di questa dichiarazione.

È scena per noi che Dio ci presenta per la nostra vita essenziale,

Per cui dobbiamo cercare il pensiero di Dio per noi.

Abbiamo notato che Gerusalemme rappresenta la città di Dio, la città santa.

E la città di Dio è il luogo in cui Dio è.

In cui Dio regna.

Il Luogo in cui Dio è presente, non è fuori di noi ma è dentro di noi.

Per cui questa città di Dio, questa città santa, rappresenta l’interno dell’uomo.

Perché Dio è presente nell’uomo.

E allora questa affermazione; “A Gerusalemme si celebrava la dedicazione del tempio”, ci porta a considerare questa celebrazione della dedicazione del tempio, dentro ognuno di noi.

E subito qui si presenta il problema di cosa possa mai significare tutto questo.

Questa celebrazione è collegata con quello che avveniva fuori (“Intanto”).

E fuori abbiamo visto che c’erano discordie, discussioni, conflitti contraddizioni.

Ma tutto questo avveniva attorno alla Parola di Dio, al  Verbo di Dio, attorno a Cristo.

E la Parola di Dio è una sola, dentro e fuori.

E questo ci fa capire che mentre fuori la Parola di Dio provoca conflitti, contraddizioni, discussioni, disaccordi, dentro questa stessa Parola (“Intanto”, sta celebrando la dedicazione del tempio.

Dobbiamo chiederci che rapporto passa.

Perché evidentemente questa contemporaneità tra il fatto esterno e il fatto interno.

Perché alla discordia esterna, corrisponde invece nell’interno dell’uomo la celebrazione della dedicazione del tempio?

Evidentemente c’è un rapporto, una parentela, perché è la stessa Parola.

La stessa Parola fuori provoca questo e dentro provoca quest’altro.

Quella stessa Parola che poi presso Dio è una sola.

La Parola di Dio è unigenita, il Pensiero di Dio è uno solo.

E fuori invece provoca questa molteplicità.

Nella molteplicità c’è la conflittualità la discordia.

Che rapporto passa tra questo esterno e l’interno?

E come mai  quella conflittualità, quel volto della Parola di Dio che all’esterno è contraddizione, nell’interno diventa dedicazione del tempio?

Per capire questo rapporto tra mondo esterno e mondo interno, dobbiamo precisare in cosa consista il mondo esterno e in cosa consista il mondo interno.

Il mondo esterno è formato da tutta l’opera che Dio fa a noi, indipendentemente da noi.

È l’insieme di tutti i dati con cui Dio si annuncia.

La creazione è la prima grande rivelazione di Dio all’uomo.

Con cui Dio si annuncia all’uomo.

E si annuncia in un modo che l’uomo non può ignorare.

Infatti l’uomo sa certamente di non essere lui il creatore, l’autore di tutte le cose che egli ha attorno a sé.

Un altro le ha fatte.

Non sa chi sia quest’altro ma certamente un altro le ha fatte, un Altro le fa.

Quindi abbiamo questo annuncio, questo parlare di un Altro a noi, indipendentemente da noi.

Sia che noi lo ascoltiamo, sia che noi non lo ascoltiamo.

Tutto questo mondo esterno a noi, è Dio che si annuncia a noi.

E annunciandosi a noi ( e qui entriamo nell’interno) ci annuncia che la creazione non è l’assoluto.

L’uomo è essenzialmente caratterizzato da questa passione d’assoluto.

Il che vuol dire che il mondo interno dell’uomo, è costituito da questa presenza dell’assoluto.

L’assoluto è ciò che non dipende da nient’altro.

E quindi è infinito, perché non è limitato.

È eterno, perché non è condizionato dal tempo.

Quest’assoluto è presente nell’uomo e costituisce il mondo interiore dell’uomo.

Allora noi abbiamo il mondo esterno che è costituito da tutti i segni dell’assoluto ma il mondo esterno non è l’assoluto.

E come facciamo noi a dire che il mondo esterno non è l’assoluto?

Se qualcuno ci dicesse che l’acqua è Dio, che il sole è Dio, che la montagna è Dio, che gli uomini sono Dio, che le istituzioni sono Dio, noi certamente diremmo che non è vero: queste cose non sono Dio, non sono l’assoluto.

Come facciamo noi a dire che non sono l’assoluto?

Per dire che non sono l’assoluto, noi dobbiamo avere in qualche parte di noi l’assoluto, altrimenti non potremmo dire ciò che non è l’assoluto.

Se noi non sapessimo interiormente cosa è questo assoluto, cosa è Dio, noi certamente di fronte a uno che ci dicesse che la pietra è Dio, noi lo accetteremmo senza fiatare e invece diciamo che la pietra non è Dio.

Tutto il mondo esterno, certissimamente non è Dio.

Ma come facciamo noi a dire che non è Dio?

Per dire che non è Dio, noi facciamo un rapporto, un confronto tra ciò che noi abbiamo presente nella mente (l’assoluto) e ciò che ci viene presentato esteriormente e diciamo che il mondo estero non è l’assoluto.

Noi possiamo dire che una persona non è quella che cerchiamo, soltanto se abbiamo ben presente nel nostro pensiero la persona che cerchiamo.

Tutto il mondo esterno è segno, manifestazione, rivelazione dell’assoluto, di Dio ma non è l’assoluto.

Però proprio perché non è Dio, tutto il mondo esterno, arrivando a noi attraverso i sensi, entrando in noi cosa provoca?

Tutto il mondo esterno entrando nel nostro pensiero diventa problema.

Diventa problema in quanto chiede a noi di dire chi è Dio, chi è l’assoluto.

Tutto ciò che non è assoluto, arrivando a noi pone un problema.

Il problema dell’assoluto.

Poiché tutto quello che arriva a noi, viene da noi sempre valutato.

E questa valutazione noi la facciamo in base a che cosa?

In base a quella passione d’assoluto che portiamo dentro di noi.

Questa passione d’assoluto che caratterizza l’uomo e il suo mondo interiore, forma nell’uomo una interrogazione fondamentale.

È come colui che a un certo momento volesse incontrare una persona.

Sostanzialmente cercare una persona, diventa interrogazione su tutto ciò che mi viene incontro.

Tutto è punto interrogativo: “È quella persona? È quella persona?”.

La passione d’assoluto che portiamo in noi, costituisce interrogazione verso tutto ciò che ci si presenta e che arriva a noi indipendentemente da noi, ed è tutta la creazione di Dio.

La creazione è continua e tutta l’opera di Dio pone in noi questo interrogativo.

Profondamente diventiamo dei cercatori di Dio.

E diventando cercatori di Dio, noi interroghiamo tutte le creature, tutti i fatti che arrivano a noi: “Sei forse tu Dio? Sei forse tu Dio?”.

Ma lo interogghiamo con questa passione d’assoluto che portiamo dentro di noi.

È questa passione d’assoluto dentro di noi che ci fa interrogare.

Ci fa valutare.

E noi non possiamo ignorare il Creatore perché la creazione arriva a noi indipendentemente da noi, e se noi non lo ignoriamo, da questa interrogazione otteniamo la risposta.

Tutte le creature non sono l’assoluto.

Intanto però hanno compiuto una missione.

Facendoci interrogare circa l’assoluto, ci conducono a capire che nel mondo esterno non esiste l’assoluto.

Tutto il mondo esterno è soggetto al tempo e allo spazio, quindi ha delle limitazioni.

E in quanto ha delle limitazioni non può essere l’assoluto.

Se teniamo presente Dio che non possiamo ignorare, il mondo esterno ci fa entrare dentro noi stessi.

Perché quell’assoluto che noi cerchiamo in tutto, non lo troviamo fuori.

Questo è il compito di tutta la creazione di Dio, di tutto il mondo esterno.

Svolto questo compito, tutto il mondo esterno non può dirci altro.

Per cui noi perdiamo soltanto del tempo, continuando ad interrogare il mondo esterno, o a cercare l’assoluto nel mondo esterno.

Noi facciamo un errore e siamo in colpa.

La sola risposta che il mondo esterno può dare a noi che interroghiamo cercando Dio, l’assoluto è questa: “Noi creature non siamo Dio, ti annunciamo l’assoluto ma non possiamo dartelo”.

“Colui che tu cerchi, il Dio che tu cerchi, l’assoluto che tu cerchi non è tra noi, ci ha mandati Lui, ma non è tra noi”.

Ecco allora questa Gerusalemme, questa città di Dio che entra, s’interiorizza e che ci conduce a capire che il luogo di Dio non è fuori ma è dentro.

Colui che opera tutte le cose, Colui che si annuncia in tutte le cose, abita dentro di noi.

La Gerusalemme interiore.

Ora, questa Gerusalemme, questo Dio che è dentro di noi, è Dio che abita dentro di noi.

Quindi Lui abita in luogo ben preciso.

Il fatto di capire il luogo in cui si trova Dio, è un aiuto enorme per noi.

Nel senso che ci libera dalla dispersione, dalla perdita di energie dietro tante cose che non possono rispondere al problema essenziale della nostra vita.

L’uomo che scopre il luogo in cui si trova ciò che egli cerca, viene liberato dalla dispersione dal cercare quello che sta cercando in luoghi in cui non può trovarlo.

Quindi ecco la prima grande grazia, che ci viene dal tenere presente l’assoluto, dal tenere presente Dio, dal non trascurare Dio.

È quella di condurre noi ad individuare il luogo in cui si trova Dio.

La maggior parte degli uomini e di noi, sprecano tutta la loro vita, tutte le loro fatiche, tutta la loro mente per cercare l’assoluto là, dove l’assoluto non esiste e non può esserci.

E tutto questo per concludere in delusioni, tristezza e amarezza.

Dio, l’assoluto abita dentro di noi.

Dio abita dentro l’uomo.

Ma il fatto di sapere che Dio abita dentro noi, non significa aver trovato Dio.

Abbiamo trovato il luogo di Dio.

Certo aver individuato il luogo ci aiuta molto, ma non è con questo che noi abbiamo trovato Dio.

E il problema è trovare Dio.

Qui si parla di dedicazione del tempio.

Si celebrava la dedicazione del tempio.

E il tempio è dentro di noi.

Il tempio è il luogo che è consacrato a Dio.

E cosa vuol dire luogo consacrato a Dio?

È il luogo in cui, prima di tutto, Dio è presente.

Nel tempio di Dio, Dio è sempre esposto.

Questo tempio siamo noi.

La parola stessa di Dio lo dichiara.

Abbiamo anche considerato adesso che la stessa passione d’assoluto è nell’interno dell’uomo.

E se Dio abita all’interno dell’uomo, questo è il tempio di Dio.

Ma questo ci dice anche che nell’uomo Dio è sempre esposto.

Sempre presente.

Ecco per cui se l’uomo trascura Dio è in colpa.

È in colpa, perché Dio è sempre esposto.

Dio è sempre presente in questo tempio.

Ma non solo, il tempio è caratterizzato dal fatto che tutto è sacro.

E cosa vuole dire sacro?

Vuol dire che tutto è dedicato unicamente a questa presenza.

Non si può profanare il tempio di Dio senza colpa.

Profanare il tempio, vuol dire adibire ad altro dalla presenza di Dio, cioè senza tenere conto della presenza di Dio.

Tutto nel tempio è rivolto e dedicato a questa presenza, a questo Dio che è esposto.

E qui si dice che si celebrava la dedicazione del tempio.

Dio abita dentro di noi, ed è sempre presente in noi, quindi sempre esposto in noi e questo indipendentemente da noi, perché è Dio che ci ha creati.

Quindi anche la presenza di Dio in noi, è data a noi indipendentemente da noi.

Che Dio sia presente in noi, non è sufficente che noi si prenda consapevolezza della sua presenza.

Ecco perché si parla di celebrare la dedicazione del tempio.

Certo, nel cielo di Dio tutto è consacrato a Dio, tutto è rivolto alla presenza di Dio ma per l’uomo si richiede la celebrazione della dedicazione.

Dio è presente ed è una presenza data a noi senza di noi.

Ma, abbiamo visto molte volte, che Dio non può essere conosciuto senza di noi.

Il che vuol dire che noi non possiamo prendere consapevolezza di ciò che arriva a noi senza di noi, di ciò che è dato a noi senza di noi, se noi stessi non ci diamo.

Qui capiamo che Colui che si dona a noi, non ci conduce a scoprire il suo Dono e quindi a prendere consapevolezza della sua presenza, senza il nostro darci a Lui.

Dio abita dentro di noi.

Abita dove?

Perché il nostro “dentro” è molto complicato.

Il nostro “dentro” è fatto di sentimenti, è fatto d’intuizioni, è fatto di pensieri, è fatto di cuore, è fatto d’interessi.

È fatto di tante cose.

Ma Dio dove abita?

Abita in un punto ben preciso dentro di noi.

Ed è lì che Lui è eterno in noi.

C’è un punto in noi che già oggi appartiene all’eterno.

Ed è proprio questo punto in noi che appartiene all’eterno che ci fa vedere il tempo che passa e ci rende insoddisfatti di fronte a tutte le cose che passano.

Questo punto assoluto fa vedere a noi la relatività di tutte le cose e rende noi consapevoli che tutte le cose che vediamo non sono Dio.

Dio abita tra i nostri pensieri.

Dio è un pensiero in noi ed è il Pensiero stesso di Dio.

Ed è un punto verginale che ogni uomo porta in sé.

Un punto immacolato.

Un punto eterno.

A cui noi dobbiamo ancorarci.

È un punto immacolato, perché non può essere macchiato da nessun altro pensiero.

Noi non possiamo pensare contemporaneamente a Dio e al nostro io o alle creature.

Dio abita non nel cuore, non nei sentimenti, non nelle intuizioni, non nei nostri interessi, non nel nostro mondo, Dio abita nella nostra mente.

La nostra mente è il tempio di Dio.

Dio è un pensiero che abita nella nostra mente.

Ed è un pensiero immacolato, perché possiamo entrare in quel pensiero lì, con nessun altro amore o interesse.

Noi possiamo pensare Dio, solo con il pensiero di Dio.

Nella nostra mente noi possiamo pensare Dio ma solo con il Pensiero di Dio.

Con nessun altro pensiero.

Ecco questa celebrazione della dedicazione del tempio.

A questo unico pensiero.

Perché il tempio è caratterizzato dalla presenza di Dio, dal Dio che è esposto.

Ma proprio questa presenza di Dio richiede ad ognuno di noi questa consacrazione di tutto.

Per cui tutto va dedicato lì.

Per cui si richiede questo processo ascensionale, questo portare tutto, questo riferire tutto, questo ordinare tutto a questo Essere che è presente in noi indipendentemente da noi.

Perché soltanto celebrando questa dedicazione a Colui che è presente in noi indipendentemente da noi, noi siamo condotti a prendere consapevolezza di questa presenza.

“Chi con Me non raccoglie disperde” dice il Signore.

Tutti i nostri sforzi sono sempre per modificare, pulire, aggiustare il mondo esterno perché il mondo esterno va male, è fatto male con conflitti e guerre.

Siamo sempre lì a cercare di organizzare il mondo esterno in modo diverso e invece il mondo esterno non invoca da noi un azione, un fare ma segnala a noi il luogo cui rivolgere tutti i nostri sforzi e le nostre fatiche e il nostro impegno.

Tutte le nostre fatiche e tutto il nostro impegno, devono essere rivolti a questa dedicazione di tutte le cose a Colui che è presente in noi indipendentemente da noi, all’assoluto che è presente in noi.

Gesù dice di non preoccuparsi di pulire il bicchiere dall’esterno, poiché quella è tutta ipocrisia.

Pulire l’esterno del bicchiere rientra nella ipocrisia, nella recitazione.

É l’interno del bicchiere e dell’uomo che vanno puliti.

È questo mondo e questo tempio che portiamo dentro di noi che va consacrato a Dio.

Che va purificato e raccolto tutto a questa presenza di Dio.

Purificare il mondo interiore vuol dire purificarlo.

E purificarlo vuol dire ricondurlo tutto ad un unico pensiero, ad una unica intenzione.

E l’unico pensiero, l’unica intenzione che deve essere la preoccupazione di tutta la nostra vita è il Pensiero di Dio.

Ecco allora quest’ascensione verso la vetta, verso il punto centrale, questa consacrazione di tutte le cose, alla Presenza di questo Essere che noi non possiamo ignorare, che non possiamo annullare, che non possiamo negare.

La dedicazione è un lavoro della mente (tempio), diventa una dedizione della mente a Dio.

Quindi celebrare la dedicazione del tempio è dedicare i nostri pensieri a Dio.

È consacrarli a Dio.

È rivolgerli a Dio.

Ora, è solo con il pensiero che noi possiamo guardare le cose da Dio.

In questa meravigliosa creazione di Dio, Dio dà la possibilità di conoscere Lui e di prendere consapevolezza della sua presenza in noi.

In questa creazione Dio ha fatto il mondo del pensiero in noi.

Perché è soltanto con il pensiero che noi possiamo trasferirci dal nostro mondo di sentimenti e di impressioni, per portarci a guardare dal punto di vista di Dio.

Non si giunge a Dio senza questa celebrazione della dedicazione del tempio, senza questa dedizione del nostro pensiero a Colui che è presente in noi.

In caso contrario il Pensiero di Dio resta in noi indipendentemente da noi.

E tutto ciò che è dato a noi, indipendentemente da noi, non ci rende consapevoli di quello che Dio è.

La consapevolezza ci viene in quanto, noi guardiamo le cose dal suo punto di vista.

Quindi soltanto in quanto con il pensiero (dedicazione) possiamo guardare le cose dal punto di vista di Dio.

Ed è soltanto guardando dal punto di vista di Dio, che noi possiamo giungere a prendere consapevolezza e a capire, che cosa è il Pensiero di Dio in noi.

Perché il Pensiero di Dio in noi è il Figlio di Dio, ma il Figlio di Dio, può essere conosciuto solo dal Padre e solo per mezzo del Padre.

Il Pensiero di Dio in noi è dato a noi indipendentemente da noi.

Questo mistero che portiamo in noi, non può essere conosciuto per quello che è, se non dal Padre.

Solo il Padre conosce il Figlio.

Ecco per cui Cristo va al Padre con l’Ascensione.

Va al Padre per noi, non per Sé, perché soltanto dal Padre, noi possiamo prendere consapevolezza del Figlio.

Soltanto dal Padre, noi abbiamo la possibilità di vedere quello che il Padre genera, quello che il Padre opera.

E allora noi vediamo le cose nel loro principio.

Quando vediamo una cosa nel suo principio, noi possiamo prendere consapevolezza del Figlio di Dio.

Cioè noi possiamo prendere consapevolezza di cosa è, questo Dio che è esposto nel tempio della nostra mente.

Che cosa è questo Pensiero dell’assoluto sempre esposto in questo tempio.

E tutto questo: Padre e Figlio, Principio del Pensiero e Pensiero stesso, è la condizione essenziale per prendere coscienza della presenza di Dio.

Cioè dello Spirito Santo.

Lo Spirito Santo, procede dal Padre e dal Figlio.

Fintanto che il Figlio e il Padre sono in noi senza di noi, noi non ne possiamo prendere consapevolezza e così anche per lo Spirito Santo.

Lo Spirito Santo, cioè lo Spirito della Presenza del padre e del Figlio è in noi, ma noi non ne possiamo prendere consapevolezza, se non attraverso il Padre e il Figlio.

Per questo ho detto che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio.

Quindi soltanto attraverso il Padre (Principio) e il Figlio (generato dal Principio) possiamo ricevere la Presenza dello Spirito santo.

La presenza di un essere è una sintesi, è una composizione di due termini.

Domenica scorsa avevamo concluso dicendo che il tempio di Dio si costruisce nell’intenzione di Dio.

La Presenza di Dio si trova solo in quanto c’è l’intenzione di Dio.

Chi non porta in sé l’intenzione di Dio, posta al di sopra di tutto, quindi come sua intenzione, non può trovare la presenza del Padre, né arrivare a ricevere lo Spirito Santo, cioè quello Spirito della Presenza del Padre e del Figlio, che è lo Spirito che rinnova tutta la terra e fa nuove tutte le cose.

Se noi teniamo presente che proprio in questa novità recata a noi dallo Spirito Santo c’è la vita, noi capiamo che se non giungiamo a questa presenza dello Spirito Santo, noi non possiamo giungere alla nostra vita.


GV 10 VS 22 – Intanto ricorreva allora a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno.


Terzo tema – Era inverno.


Argomenti: Pentecoste: Spirito della Presenza – Dio abita nell’uomo – L’uomo è un campo dell’assoluto – Il bisogno di giustificare il relativo – Mondo esterno e interno – L’interrogazione del mondo finito – Il silenzio dell’inverno  - La fuga verso Dio - Il rifiuto della proposta di Dio - La crisi dell’uomo – Il rifiuto dell’infinito.


 

19-20/ Maggio /1991


Oggi dobbiamo soffermarci sulla terza parte del versetto: “Era inverno”.

E oggi è Pentecoste e noi dobbiamo tenere presente questo.

Tutto è opera di Dio.

Noi dobbiamo tenere presente quello che Dio ha scritto nel Vangelo e che oggi ci presenta e dobbiamo tenere presente che ce lo presenta oggi.

E oggi è Pentecoste.

E dobbiamo chiederci il significato di tutto questo.

Il significato di questo inverno, collegato con l’affermazione che a Gerusalemme si celebrava la dedicazione del tempio.

E dobbiamo tenere presente il giorno di Pentecoste che è oggi.

Il tempio, Gerusalemme, rappresenta il luogo in cui c’è Dio.

Gerusalemme è la città santa e Gerusalemme è il luogo in cui Dio è presente, sempre esposto.

Ora né nella Gerusalemme geografica, né nei templi materiali c’è questo Dio sempre esposto.

Perché la verità, come dice Sant’Agostino abita dentro l’uomo.

Dio è la Verità.

E Gesù stesso dice che il regno di Dio non dobbiamo aspettarlo fuori, non dobbiamo cercarlo fuori-

E noi facciamo un errore se lo cerchiamo fuori o lo aspettiamo nelle cose visibili.

Sbagliano i testimoni di Geova che aspettano il regno di Dio fuori.

Il Signore dice: “Non aspettate di vedere venire il regno di Dio tra le cose che si vedono e si toccano, perché il regno di Dio è già dentro di voi”.

Dio abita nell’uomo interiore.

Certo tutto il mondo esteriore, tutta la creazione (che è continua) e tutto l’universo, è tutta opera di Dio.

Tutto è segno e tutto è parola di Dio.

Certo, però abbiamo detto molte volte che Dio non abita nei suoi segni.

E noi ci affatichiamo invano, se cerchiamo Dio nei suoi segni.

I segni di Dio e tutto il mondo esteriore sono richiami alla presenza di Dio, sono testimonianza della presenza di Dio (noi non siamo i creatori), ma non ci danno Dio.

Tutte quante le creature ad una voce, dice Sant’Agostino, dicono: “Noi siamo creature, noi non siamo Dio, Dio è un Altro, cerca al di sopra di noi.”

Ma più che dirci “cerca al di sopra di noi”, tutte le creature ci dicono: “Cerca dentro di te”.

Quel Dio che tu cerchi ti sta chiamando dentro di te, ed è per questo che crea tutte le cose attorno a te e fuori di te.

È Dio che crea tutte le cose attorno a te, per ricondurre il tuo pensiero, la tua mente, il tuo interesse dentro di te.

Perché il tempio in cui Dio è sempre esposto è interiore, è dentro di te.

Ed è qui che tu devi rivolgere tutta la tua attenzione, se lo vuoi trovare.

Perché il problema sta lì, nel conoscere e nel trovare, Colui che nessuno può ignorare.

Perché Dio si annuncia a noi indipendentemente da noi per cui noi, non possiamo ignorarlo, ma il trovarlo, il conoscerlo, richiede molta dedizione da parte nostra.

Prima di tutto richiede il passaggio dalle cose esteriori alle cose interiori.

E poi non basta.

Perché il nostro mondo interno è fatto di emozioni, di sentimenti, di desideri, d’intuizioni, è fatto di tante cose.

E quando si è rientrati in se stessi, noi dobbiamo superare tutti i nostri pensieri, desideri, intuizioni, sentimenti.

Dobbiamo superarli tutti.

Perché Dio non abita lì.

Dio abita nel suo pensiero, il che vuol dire che tra i tanti pensieri che portiamo in noi, c’è anche il Pensiero di Dio e Dio abita in questo Pensiero.

Ed è lì che noi dobbiamo cercarlo, se vogliamo trovarlo.

L’anima che giunge a Pentecoste fa la scoperta della presenza in sé, senza alcun dubbio, senza alcuna ombra della presenza del Padre e del Figlio.

E questa presenza del Padre e del Figlio, è data all’anima dell’uomo, dallo Spirito della Presenza del Padre e del Figlio.

E questo Spirito è lo Spirito Santo, è lo Spirito di Dio, è lo Spirito della Pentecoste.

Per cui non si giunge a questa presenza, se non attraverso la sintesi della conoscenza del Padre, della presenza del Figlio, ed è dal rapporto del Padre con il Figlio che noi giungiamo allo Spirito della presenza.

Perché lo Spirito di Dio, della Presenza di Dio, procede dal Padre e dal Figlio.

E da nient’altro.

L’opera di Dio è rivolta ad un unico fine, per tutti gli uomini e per tutte le donne.

Il fine per tutti è la vita eterna.

E la vita eterna sta nel conoscere Dio.

Ed è nella conoscenza di Dio che si trova la presenza di Dio.

Ma a questa conoscenza, non si giunge senza di noi.

E allora, siccome non si giunge senza di noi, tutta l’opera di Dio, si svolge per condurre noi a questo interesse unico, a questo impegno unico.

Ed è qui che noi incominciamo a scoprire il significato, il senso di tutte le cose finite.

Tutto il mondo finito, tutta la creazione, tutte le opere che noi vediamo e tocchiamo, tutto è soggetto alle leggi del tempo e alle leggi dello spazio.

Il che vuol dire che tutto è molteplicità e che tutto è soggetto a mutamento.

Non c’è nessuna creatura che non sia soggetta a morte.

Che non sia soggetta a questo mutamento continuo.

E noi siamo in ansia, di fronte a tutto questo mutare.

Perché noi non siamo soddisfatti nel vedere che tutte le cose passano, che noi stessi passiamo, che si nasce, che si muore, che si soffre, tutte cose di cui non si capisce il significato.

Noi siamo insoddisfatti perché non si capisce il significato.

Questo bisogno di capire il significato, è la problematica che impone a noi il mondo creato da Dio.

Tutta la creazione di Dio, tutto il mondo esterno entrando dentro di noi, entra in un campo in cui domina l’assoluto.

L’uomo è un campo dell’assoluto.

L’uomo è passione dell’assoluto.

Il che vuol dire che al centro dell’uomo c’è questa presenza dell’assoluto che domina in lui e fa sentire tutte le sue esigenze.

L’uomo è un campo dell’assoluto.

E quando in questo campo di assoluto, arrivano dei segni che non sono assoluti ma, che sono soggetti a mutamento, al passare, provocano una crisi in questo campo d’assoluto che è l’uomo.

Perché l’uomo non accetta né il tempo, né lo spazio.

L’uomo non accetta le cose finite,

L’uomo non accetta il mutamento delle cose.

L’uomo ha bisogno di un “perché”.

Ha bisogno di una significazione.

Tutto il mondo finito, entrando nell’uomo, pone all’uomo questo grande problema: il bisogno di capire il significato, il senso, la giustificazione, il perché delle cose.

E proprio in questo bisogno di significato che si forma nell’uomo, c’è la ragione del mutare delle cose, c’è la ragione della molteplicità delle cose, c’è la ragione della creazione stessa.

Cioè tutta la creazione di Dio, ha come ragione, come giustificazione, questo formare in noi il bisogno di capire il pensiero che c’è in tutte queste cose.

Ha questo fine qui.

Se noi separiamo, tutta la creazione, tutte le opere di Dio, tutte le creature, da questo bisogno di capire il significato di esse, che si forma dentro di noi, noi perdiamo il significato stesso delle cose.

Il che vuol dire che il significato della creazione, di tutte le cose, di tutti gli avvenimenti che incontriamo o facciamo, sta dentro di noi, sta nella formazione in noi, di questo bisogno di capire il pensiero che c’è in esse.

Se noi separiamo questa interrogazione, questo bisogno di capire il significato delle cose, dalle cose stesse, le cose perdono significato per noi.

Perdendo di significato, cadono nel niente per noi.

La cosa senza significato è senza valore.

E una cosa senza valore, per noi non è più motivo di vita.

Non dà più vita.

Ecco come, a un certo punto, il mondo esterno, diventa per noi, non più motivo di vita.

Le cose, le creature, gli avvenimenti, arriva un momento della nostra vita in cui non ci dicono più niente.

Tutto questo perché?

Perché noi abbiamo separato il mondo esterno da questo bisogno che il mondo esterno stesso forma dentro di noi.

Bisogno di giustificare ciò che è relativo, ciò che passa, ciò che è temporaneo, ciò che è finito, con l’assoluto, con l’eterno, con l’infinito che portiamo dentro di noi.

E allora qui riconosciamo quello che dice Gesù che chi fa l’esterno è lo stesso che fa l’interno.

C’è una parentela stretta fra l’esterno e l’interno.

E l’esterno è subordinato al nostro interno.

Cioè è subordinato a questo rapporto che si deve stabilire dentro di noi tra il finito e l’infinito.

Il finito entra dentro di noi attraverso i sensi e arriva nella nostra mente nella nostra anima, bussa alle porte della nostra anima, ed è Dio che bussa alle porte della nostra anima.

E nella nostra anima c’è l’assoluto.

E bussando alle porte dell’assoluto che portiamo nella nostra anima, tutte le cose interrogano noi (per questo noi interroghiamo) e chiedono a noi: “Chi è l’assoluto?”.

“Chi è l’assoluto?”

“Chi è l’eterno?”.

“Chi è Dio?”.

Tutta la creazione, questa opera meravigliosa di Dio, arrivando a noi, pone a noi questo interrogativo.

Ecco questo bisogno di dare un significato, bisogno che si forma dentro di noi, a contatto con ciò che non è assoluto.

Dio quindi crea attorno a noi, tutto ciò che non è assoluto, tutto ciò che non è Lui, per dare a noi la possibilità d’identificare ciò che è Lui.

Tutta la creazione, non ha lo scopo di farci guardare la creazione, non di farci appassionare della creazione, ha lo scopo d’incentrare il nostro pensiero su che cosa è l’assoluto.

Su che cosa è l’infinito.

Su che cosa è l’eterno.

Assoluto, infinito ed eterno che portiamo in noi e che non possiamo smentire o annullare.

Noi siamo un campo di assoluto.

Ma non lo conosciamo, perché questo assoluto è dato a noi senza di noi.

E noi non sappiamo chi sia.

Tutta la creazione, invece sollecita noi a dire che cosa è.

Ecco questa opera meravigliosa che fa Dio.

Attraverso tutta la sua creazione, Dio ci fa fuggire dalla creazione stessa verso il nostro interno, verso il Pensiero di Dio perché Dio si conosce soltanto per mezzo di Dio.

Ed è soltanto in Dio, ed è soltanto da Dio, che noi possiamo dire che cosa è Dio.

Perché tutte le creature ci sollecitano, c’impongono di dire che cosa è Dio, ma noi Dio non sappiamo chi è.

Non possiamo smentirlo, ma non sappiamo chi è.

E non sapremo mai chi è, fintanto che non ci raccoglieremo in Lui, avendo la possibilità di raccoglierci in Lui.

Soltanto dall’infinito si conosce l’infinito.

Solo dall’eterno si conosce l’eterno.

Soltanto da Dio si conosce Dio.

Soltanto da Lui, noi possiamo finalmente conoscere, capire chi Lui è.

Se noi non arriviamo a conoscere e a capire chi è Dio, noi non possiamo restare con Dio.

E allora che cosa Dio ci vuole dire con questo: “Era inverno?”.

Questa celebrazione, questa dedicazione del tempio.

Dedicazione del tempio che vuole dire dedizione della nostra mente a Dio.

Se il tempio è dentro di noi, dedicazione vuol dire dedizione della nostra mente a Colui che è presente dentro di noi, per potere attingere da Lui, la risposta che tutta la creazione attende da noi.

E che noi stessi attendiamo da Lui.

Noi stessi siamo fame di Dio.

Noi siamo fame di assoluto ed abbiamo bisogno che qualcuno dia a noi il pane che soddisfa questa fame.

Quindi che dica a noi, che cosa è questo assoluto, questo eterno, questo infinito, questo Dio che noi portiamo dentro di noi.

Ci dev’essere un motivo, per cui nel Vangelo è stata associata la stagione “inverno” con questa dedicazione del tempio, con questo impegno a cercare e a conoscere Dio.

L’inverno effettivamente è questo silenzio che scende su tutta la natura e su tutta la creazione.

Il mondo tace.

La natura si riposa.

Il che vuol dire che non urla più, non si fa più sentire.

L’inverno è questo, è la natura che non si fa più sentire, che si riposa, che non esige.

Però c’è una parola di Dio che dice: “Pregate, perché la vostra fuga non avvenga d’inverno”

L’inverno rappresenta questa natura che tace, che si riposa, che non preme più su di noi.

Il che vuol dire che tutto il nostro mondo di sentimenti è stato messo a tacere.

È la “notte oscura” di San Giovanni della Croce: “stando già la mia casa tutta addormentata”.

Per cui non esige più, non pretende più niente.

I sentimenti sono superati.

Questo è l’inverno.

Questo superamento di tutti i sentimenti.

Non si fanno più sentire e allora l’anima è libera.

È un po’ come la notte.

Tutta la creazione di Dio è fatta all’inizio, ed è fatta ancora adesso, a periodi di giorno e di notte.

Nel giorno c’è la pressione di tutta l’opera di Dio, di tutta la creazione di Dio su di noi.

Ma la notte, tutta la creazione si ritira.

Si ritira, per lasciare noi liberi di pensare.

E abbiamo detto che tutta la creazione di Dio, essendo fatta a periodi di giorno e di notte, si conclude con un meraviglioso sabato.

La creazione è fatta a periodi di mattino e di sera e ogni giorno tramonta.

E poi, dopo avere creato l’uomo, sfocia, in questo riposo di Dio: il sabato.

E il sabato è senza sera.

E tutti noi, siamo invitati a entrare in questo sabato.

E questo sabato è anche l’inverno.

Però Gesù dice: “Pregate affinché la vostra fuga non abbia ad avvenire d’inverno”.

E aggiunge: “Nè di sabato”.

Ma il sabato è il giorno del riposo del Signore.

E l’inverno è questo silenzio, in cui tutte le cose sono messe a tacere.

E i nostri sentimenti finalmente non si fanno più sentire, sono stati allontanati in qualche modo.

E noi siamo fatti liberi di poter pensare.

È un po’ come la creatura che va in pensione.

Finalmente può pensare a Dio.

Però il Signore dice: “Pregate, perché questa fuga non avvenga d’inverno”.

Abbiamo detto che la celebrazione della dedicazione del tempio, si rappresenta come una fuga.

È una fuga.

Perché dedicazione che è uguale a consacrazione del tempio (mondo interiore) e quindi questa dedicazione è dedizione della mente a Dio, non ai nostri sentimenti, non alle creature, non al mondo.

Noi non siamo stati creati né per il mondo, né per le creature, né per il nostro prossimo.

Questi sono banchi di prova, sollecitazioni a fuggire in Dio.

La vita eterna è conoscere Dio.

Quindi tutto deve servire per questo fine dell’uomo.

Questa dedicazione del tempio in noi, si realizza come fuga.

Fuga da che cosa a che cosa?

Fuga dal mondo esterno, fuga dai nostri sentimenti, fuga da tutte le cose che si dicono nel mondo, fuga da tutte le nostre preoccupazioni del mondo, fuga da tutti i problemi del mondo.

Fuga da tutto questo per che cosa?

Verso che cosa?

Abbiamo detto che tutto c’interroga su Dio.

Chi è Dio?

Chi è l’assoluto?

Chi è l’eterno?

Fuga verso questo.

Fuga verso l’assoluto, l’infinito, l’eterno.

Fuga verso Dio.

C’è questa fuga che è richiesta ad ognuno di noi.

E il Signore che ci dice che questa fuga non abbia a venire d’inverno.

E allora cosa è questo inverno che è negativo.

È negativo per noi.

E perché è negativo per noi.

Perché è necessario che questa fuga avvenga prima che arrivi l’inverno?

Gesù dice: “State attenti, quando incomincerete a vedere queste cose, sappiate che l’estate è vicina”.

È come quando iniziate a vedere gli alberi che iniziano a mettere le foglie e i rami che s’inteneriscono e voi da questi segni dite che l’estate è vicina.

Quando s’incominciano a vedere i segni, vuol dire che la natura parla e che tutta la creazione di Dio s’affaccia a noi: “Sappiate che l’estate è vicina”.

Quindi Gesù ci propone questa fuga nell’estate, non nell’inverno.

La Parola di Dio (tutta la creazione) ci sollecita, c’invita a fuggire in Dio, a cercare Dio, a impegnarci a conoscere Dio.

Cristo è la grande sintesi di tutta l’opera di Dio in un unico segno, un segno meraviglioso che può essere letto anche dagli analfabeti.

Dio si è reso accessibile a tutti attraverso questo unico segno.

Dio dopo aver creato tutto l’universo lo ha sintetizzato in un punto unico: Cristo.

E il centro di tutto il messaggio di Cristo è questo: scappa.

“Scappa da tutto”, il suo messaggio è tutto qui!

“Scappa da tutto”.

“Io sono venuto a prendervi dal mondo, per questo il mondo vi odia”.

“Io sono venuto a prendervi e portarvi via”.

Il Figlio dell’uomo è venuto a darci un impegno grandissimo.

Ed è l’impegno a sprofondarci in questo mare d’infinito, di eternità, di assoluto che è Dio.

Perché Dio si conosce soltanto per mezzo di Dio.

Tutta la creazione si esaurisce in questo interrogativo che forma dentro di noi: “Chi è Dio?”.

E non può dirci altro.

Tutta la creazione e le creature ti dicono: “Noi non siamo Dio, è inutile che tu ti dedichi a noi, più ti immergi in noi e più tocchi il tuo niente, perché noi ti tradiremo necessariamente”.

Cioè “tradiremo la tua attesa di eternità, d’infinito, di assoluto, perché noi non siamo questo”.

Tutta la creazione e tutti i  nostri sentimenti si concludono in questa sollecitazione, in questo invito, in questa proposta che è Cristo stesso: questo fuggire da tutto per impegnarti con Dio.

La Parola di Dio è una proposta, un invito ad occuparci di Dio perché siamo stati creati per questo.

Tutta l’opera di Dio si conclude con questa proposta.

La proposta, evidentemente non è una imposizione.

Dio un giorno s’imporrà ma a quel punto per noi il tempo è scaduto.

Di fronte a questa proposta, l’uomo può dire: “Io ho i buoi i campi la moglie non posso venire”, cioè: “Io ho la creazione, le creature, non posso occuparmi di Dio”.

Teniamo presente che l’uomo è stato creato per diventare figlio di Dio, e Dio si è fatto oggetto di ricerca dell’uomo, quindi oggetto dell’opera dell’uomo, se l’uomo che diventa figlio delle sue opere si rifiuta di occuparsi di Dio, l’uomo diventa figlio del rifiuto della Parola di Dio.

L’uomo continuerà a preferire le creature al Creatore certo, seguirà i suoi sentimenti anziché impegnare l’intelletto per conoscere Dio, certo, però la pietra scartata, diventerà in lui quella pietra fondamentale che gli impedirà la costruzione di qualunque edificio.

Non gli darà la possibilità di costruire, non gli darà la possibilità di vivere.

Cioè l’uomo diventa figlio dei suoi rifiuti e viene soffocato dai suoi rifiuti.

L’umanità sta morendo nei suoi rifiuti.

E sono rifiuti a Dio.

Tutto è segno e Dio ci sta significando questo.

Infatti oggi una neonata è stata trovata nell’immondizia, è questo è segno.

Non abbiamo più un luogo noi, per ricevere la vita.

Il che vuol dire che andiamo a finire nella spazzatura, nell’immondizia, nei nostri rifiuti a quella Parola di Dio che c’impegna a fuggire  da tutte le cose, per occuparci di Dio.

Diventando figlio di questi rifiuti, l’uomo, anche se cerca Dio lo fa unicamente per giustificare i suoi sentimenti, le sue creature per le quali lui si è sottratto all’impegno per conoscere Dio.

Perché se le cose finite vengono staccate dall’infinito che portiamo dentro di noi, perdono di significato per l’uomo.

Tutto il mondo finito, riceve significato dal contatto con l’infinito, ma per poco che noi separiamo le cose finite dall’infinito, le cose finite cadono nel nulla.

L’uomo non può sopportare il nulla e quindi si forma l’ansia in lui per cercare di dare una ragione, una significazione, una giustificazione a ciò per cui lui sta vivendo.

Ma più lui si affanna e più tocca il nulla e entra in crisi.

Ogni uomo è soggetto a crisi.

La crisi dell’uomo è unicamente perché perde il significato delle cose.

E perde il significato delle cose perché ha rifiutato la Parola di Dio.

Quella Parola che lo impegnava a cercare l’assoluto, al di sopra di tutto e prima di tutto.

E l’uomo quando perde il significato delle cose, perde il valore delle cose.

E quando perde il valore delle cose, l’uomo non può più volerle.

La nostra volontà scatta in quanto vede l’importanza di una cosa per noi.

Come una cosa perde valore per noi, noi non possiamo più volerla.

Qui l’uomo incomincia ad esperimentare che non è più capace a volere le cose.

Incomincia a sperimentare che non è più capace di amare.

Incomincia a sperimentare che non è più neppure capace di pensare.

Non è neppure più capace di desiderare.

Ecco l’inverno che grava sull’uomo.

L’Ecclesiaste al capitolo dodici è un quadretto stupendo di questo inverno che cade sull’uomo, sull’uomo che ha separato il finito dall’infinito.

Che ha rifiutato quella parola di Dio che lo invitava a immergersi nell’infinito, nell’eterno, nell’assoluto per conoscerlo e quindi trovarlo.

Soltanto conoscendo la Verità, si trova la presenza della Verità.

La crisi dell’uomo è determinata da questa perdita di significazione delle cose, quindi perdita di valore per le cose.

E la perdita dei valori delle cose, è la perdita della presenza.

È la perdita dell’essere.

L’inverno è una perdita di essere.

È una crisi dell’essere.

A questo punto l’uomo non è più capace né di pensare, né di volere, né di amare.

Non ha neppure più desiderio.

Direi che non soffre più, se posso dire un paradosso.

Perché lui cade in questa apatia.

È l’inverno.

Non ha più capacità di volere, non ha più capacità di pensare, non è più capace di desiderare.

Non è più capace di vivere.

L’uomo perde la capacità di vivere.

E tutto questo perché?

Perché è diventato figlio di un suo rifiuto.

Il rifiuto dell’infinito.

Nei doni di Dio c’è la creazione, tutta la nostra esistenza, c’è il tempo da vivere, le creature ma soprattutto tra i doni di Dio, c’è il pensiero dell’assoluto, dell’infinito, dell’eterno che portiamo in noi, c’è il Pensiero di Dio che portiamo in noi.

Tutti questi doni di Dio che sono dati a noi senza di noi e che quindi e che non possiamo ignorare perché sono dati a noi senza di noi, non possiamo conoscerli se non ci diamo a ciò che Dio ci ha dato.

Quindi Dio ci fa il dono di Sé e di tutti i segni di Sé ma tutto questo, noi non possiamo arrivare a conoscerlo e non conoscendolo non possiamo arrivare allo Spirito di Verità che è figlio della conoscenza del Padre e del Figlio.

Quindi noi non possiamo giungere a conoscere Dio se non ci diamo a Dio.

Il dono che è dato a noi senza di noi, richiede a noi questo darci ad Esso, perché soltanto nella misura in cui ci diamo, noi abbiamo la possibilità di conoscere (dedicazione del tempio) e quindi di giungere a trovare Colui che è esposto e presente  in questo tempio.


GV 10 VS 22 – Intanto ricorreva allora a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno.


RIASSUNTI – Domenica – Lunedì -


Argomenti: Intenzione e presenza – La fuga nel Pensiero di Dio – L’anticipo – La giustificazione delle cose – La creazione annuncia l’assoluto – Sentimenti e conoscenza di Dio – Il mondo interno dell’uomo – Le vocali - 


 

26-27/ Maggio /1991