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Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.   Gv 10 Vs 14 Primo tema.


Titolo: Continuità e discontinuità.


Argomenti: Il campo della conoscenza – Il cielo e la terra – Le cause seconde – La capacità di capire Dio – Le cose imposte e le cose proposte – Il Pensiero di Dio Creatore – Dio prima di tutto – La scelta decisiva -  Attraverso la scelta si forma la capacità di capire – La motivazione della persona – Unità e frammentazione del pensiero -


 

7-8/Ottobre/1990 Casa di preghiera Fossano.


Prima aveva detto: “Io sono il buon pastore e il pastore offre la sua vita per le pecore”.

Adesso dice: “Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”.

È sempre lo stesso “buon pastore”.

È un approfondimento.

Adesso ci fa capire che conosce le sue pecore e le sue pecore lo conoscono.

Quindi il termine fisso è il “buon pastore”

Il pastore offre la sua vita e il suo dono sta nel conoscere le sue pecore.

E le sue pecore conoscono Lui.

Cioè ci fa capire che essere conosciuti da Dio, il poter conoscere Dio, questo è il dono, la vita che il pastore offre.

Più avanti Gesù preciserà che la vita vera, la vita eterna sta nel conoscere Dio.

Avere la grazia di conoscere Dio e di essere conosciuti da Dio.

Questa è la vita che il buon pastore offre alle sue pecore.

Offre agli uomini.

Offre cioè a coloro che lo ascoltano.

Evidentemente qui salta fuori un grande problema che ci occuperà a lungo: il campo della conoscenza.

È un campo decisivo nella vita di ogni uomo.

C’è una scelta decisiva nella vita di ogni uomo.

Di fronte all’eterno, per ogni uomo, chè questa scelta decisiva.

Una cosa è decisiva, quando da essa, dipende tutto di noi.

Quello che determina tutto della nostra vita.

Qui ci fa capire che la conoscenza è questa scelta decisiva.

Noi stiamo andando tutti verso una grande conclusione.

Che è una situazione terminale.

Compiuta.

E questo compimento di tutte le cose, è caratterizzato dalla conoscenza.

E questa conoscenza si caratterizza in anime che hanno la capacità di conoscere Dio e anime che non hanno questa capacità.

Questa è la situazione conclusiva della vita di ogni uomo.

Ecco per cui dico che il problema della conoscenza è un problema decisivo.

Perche nella vita di ogni uomo il problema finale sarà la conoscenza.

Anime che sono capaci di conoscere e anime che non sono capaci di conoscere.

Come può succedere questo?

La volta scorsa, le parole di Gesù ci avevanmo dichiarato che ciò che avremo unito in terra, sarà unito anche in cielo.

E ciò che noi avremo disunito qui in terra, lo troveremo disunito anche in cielo.

Il cielo è la situazione definitiva dell’anima di ognuno.

E il cielo si determina qui in terra.

Quello che noi avremo unito, quello che noi non avremo unito.

Tutto il problema sta lì.

Quello che noi avremo unito a Dio qui in terra. Quello che non avremo unito a Dio qui in terra.

Allora quello che noi avremo unito a Dio qui in terra, formerà in noi la capacità di conoscere Dio in cielo.

Quello che noi non avremo unito a Dio qui in terra, ci porterà via la capacità di conoscere Dio nel suo cielo.

Di fatto ce la porta via già adesso in terra.

È un argomento che è ancora da approfondire.

Se il Signore parla, parla per convincerci.

E quindi parla per renderci coscienti di quanto accade nelle nostre anime qui in terra, man mano che noi viviamo.

Giorno dopo giorno.

Perché giorno dopo giorno, o manteniamo le cose unite a Dio, o le disuniamo.

E ci giochiamo la vita eterna così.

In quanto teniamo presente Dio o in quanto non teniamo presente Dio.

La terra è caratterizzata dal fatto che tutte le cose, apparentemente sono disunite da Dio.

Il cielo è caratterizzato dal fatto che tutto è dipendente da Dio, tutto è unito a Dio.

Cielo che è già qui adesso.

Perché il cielo è dentro di noi.

Se noi arriviamo in questo cielo di Dio, in cui tutte le cose dipendono da Dio ma con l’incapacità di conoscere Dio, noi ci troviamo nella assoluta incapacità di potere intendere le cose.

Perché noi qui in terra, riteniamo (illusoriamente) di capire certe cose, perché mettiamo in relazione una cosa con l’altra.

Piove perché ci sono le nuvole, oppure perché c’è bassa pressione.

Fa caldo perché splende il sole.

Noi ci giustifichiamo così.

E crediamo di capire.

Nel cielo di Dio, non ci sarà, nel modo più assoluto, possibilità di capire e giustificare le cose attraverso cause seconde.

Le cause seconde saranno tutte sparite.

Al centro, come un sole, splenderà unicamente Dio.

E tutte le cose saranno poste, unicamente in dipendenza da Dio.

Se noi non avremo imparato a leggere, se in noi non si sarà formata la capacità di capire, noi ci troveremo nell’impossibilità di capire Dio.

E posti nella impossibilità di capire Dio, noi non potremo restare alla presenza di Dio.

Pur non potendo negare la presenza di Dio.

Lì è l’aspetto tragico.

Perché c’è l’anima che non può capire Dio, che non può conoscere Dio.

E non può negare Dio.

Il demonio e tutto l’inferno, non possono negare Dio.

Lo riconoscono.

Credono in Dio.

Ma la tragedia è che non possono capirlo.

Non possono conoscerlo.

E non potendo capire e non potendo conoscere Dio, non possono capire e non possono conoscere tutte le opere di Dio.

E siccome tutte le opere di Dio sono le creature, vengono a trovarsi anche nella impossibilità di conoscere tutte le creature.

Il che vuol dire che ci sarà impossibilità di comunicazione tra una creatura e l’altra.

Perché non si possono capire.

Perché non c’è comunicazione.

Questo ci fa ancora capire che nel cielo, anche la comunicazione tra le creature, avviene attraverso Dio.

Dio è il punto fisso di riferimento.

Se noi qui in terra, non sappiamo porre in noi questo punto di riferimento di tutte le cose, noi perdiamo la capacità di capire.

Perdiamo la capacità di conoscere Dio.

Il capire, il conoscere è sempre un rapportare.

E quando si parla di rapporto, si presuppongono sempre due termini.

I due termini ci sono dati, sono la terra ed il cielo.

Due termini che sono imposti all’uomo e che l’uomo non può ignorare.

Anche il demonio non li può ignorare.

Esiste Dio ed esiste l’opera di Dio.

Esiste il Creatore ed esistono le creature.

Questi sono i due grandi termini, in cui ogni uomo è posto.

Le creature, ognuno le vede, le tocca, le esperimenta, le sente.

Sentimento.

Tutte le creature appartengono al campo del sentimento.

Dio invece non si vede, non si tocca e non si esperimenta.

Dio è uno che si trova solo conoscendolo.

Dio è la Verità.

La Verità si trova solo conoscendola.

Il che vuol dire che Dio appartiene al campo dell’intelletto.

Perché certamente non si arriva a conoscere la Verità con i sentimenti.

O con i sensi, con le cose che si vedono e si toccano.

Tutte le visioni.

Tutte le cose che esperimentiamo con i sensi ma non le capiamo.

Ci accorgiamo che ci troviamo nella notte, nel mistero e abbiamo bisogno della luce.

E la luce sta sempre nel Principio, nella Causa.

Nell’Origine di tutte le cose.

E l’origine e il principio di tutte le cose è Dio.

E Dio non si vede e non si tocca.

E non si può vedere o toccare perché altrimenti non sarebbe più Dio.

Ecco che noi esperimentiamo le tenebre, la non conoscenza.

Però, non possiamo ignorare Dio.

Dio abita nella nostra mente, per questo non possiamo ignorarlo.

Noi a parole possiamo bestemmiarlo, possiamo dire di non sentire Dio.

Noi possiamo anche dire che Dio non esiste.

Però Lui è sempre lì, come un macigno.

Presente nella nostra mente. 

Presente nell’intelletto.

Perché dobbiamo escludere i sensi e i sentimenti, perché certamente lì non lo troviamo.

 Quindi Dio è presente nell’intelletto, nella mente e non lo possiamo ignorare.

Così succede che ogni uomo si trova con questi due grandi dati.

I dati che arrivano a lui attraverso i sensi, i sentimenti, le opere di Dio.

E poi Dio stesso.

E questi due dati, sono offerti a all’uomo per un rapporto.

Ma il rapporto non è dato all’uomo.

Abbiamo già accennato che nella vita dell’uomo ci sono delle cose che sono imposte e delle cose che sono proposte.

Le cose imposte l’uomo le subisce.

E tutte le cose imposte all’uomo le possiamo riassumere in due grandi campi.

Le cose che arrivano a noi attraverso i sensi, quello che vediamo, tocchiamo ed esperimentiamo.

E poi ciò che appartiene all’intelletto.

Anche questo ci è imposto.

Il Pensiero di Dio creatore ci è imposto.

Anche nell’inferno Dio s’impone, perché Dio regna dapperutto.

A anche il demonio non può ignorare Dio.

Il demonio non può annullare Dio.

Per cui il Pensiero di Dio creatore s’impone su tutti.

Non si esperimenta, non si tocca, non si vede, perché non appartiene ai sentimenti.

Appartiene all’intelletto.

Allora abbiamo questi due grandi dati, imposti.

Però abbiamo anche detto che l’uomo riceve delle proposte.

E  l’uomo non riesce a stare con due cose separate.

L’uomo è soprattutto passione d’assoluto.

L’uomo è soprattutto pensiero.

Tutte le grandi tragedie dell’uomo avvengono nel pensiero.

Noi facciamo questioni politiche sociali, economiche.

Ma andando a fondo c’è sempre un pensiero d’orgoglio, di ambizione, di egoismo, quindi c’è un problema di pensiero.

E a fondo, il problema del pensiero è uno solo: Dio o non Dio.

L’uomo essendo passione d’assoluto e quindi di unità, non riesce a sopportare due cose.

Non può sopportare due cose.

L’uomo deve sempre privilegiarne una, cioè deve metterne una prima dell’altra.

D’altronde abbiamo visto che nel mondo del pensiero, quindi della mente, dell’intelletto. Là dove abita Dio, c’è una porta sola.

Dove si entra uno per volta.

E soltanto uno per volta.

Le cose e le creature non entrano in massa.

Nessuno va in gruppo.

Lì si entra uno per volta.

E quando si entra uno per volta, c’è sempre un diritto di precedenza.

E se non rispettiamo questo diritto di precedenza da dare a Dio, noi siamo in colpa.

Nel mondo del pensiero, il diritto di precedenza è già stabilito.

La precedenza è dovuta a Colui che prima di tutto.

Se vogliamo restare nella verità.

La precedenza è dovuta a Dio.

Dio è il Creatore, Dio è il Principio di tutto, noi se vogliamo restare nella verità, doobbiamo dargli la precedenza nelle mente.

Se vogliamo restare nella verità.

Abbiamo due campi e abbiamo una proposta.

Metti prima di tutto, quello che va messo prima di tutto.

Di fronte alla proposta nessuno di noi può non rispondere.

Quindi necessariamente una risposta la diamo.

Anche se ci rifiutiamo di rispondere, una risposta la diamo.

E la risposta è un sì a Dio o un no a Dio.

Ma sia ben chiaro, il problema non è dire sì o dire no.

Di fronte a Colui che mi propone di mettere Dio prima di tutto, si dice di sì, ponendo Dio prima di tutto.

E cosa vuol dire mettere Dio prima di tutto?

Vuol dire ritenerlo importante.

Dargli quella importanza che Lui ha.

Importanza vuol dire importare nel nostro pensiero.

In quel luogo in cui si entra uno per volta.

E qui nel pensiero io devo dare importanza a Dio.

Soltanto così io dico sì a Dio.

Io dico sì, in quanto faccio entrare il Pensiero di Dio, prima di tutti gli altri problemi, pensieri o preoccupazioni.

E cosa vuol dire fare entrare il Pensiero di Dio nella nostra mente, nel nostro pensiero?

Vuol dire incominciare a guardare dal punto di vista di Dio.

Pensare vuol dire trasferirsi a-.

Quando si pensa ad una persona amata ci si porta a guardare le cose dal punto di vista della persona amata.

Ecco perché c’è la sofferenza.

Si soffre fintanto che non si riesce a vedere dal punto di vista dell’altro.

Il nostro pensiero è fatto per questo.

E Dio ce lo ha dato per questo.

E dicendoci di mettere prima di tutto ciò che va messo prima di tutto, c’invita a superare il nostro punto di vista, per cominciare a guardare dal punto di vista di Dio.

Questo problema non si risolve nel cielo.

Non si risolve dall’altra.

Questo problema si risolve qui in terra.

Cioè qui, fintanto che in noi ci sono questi due termini, ci sono questi due mondi.

Dall’altra c’è un mondo solo.

Si risolve fintanto che in noi c’è la terra e c’è il cielo.

Fintanto che in noi c’è il mondo dei sentimenti, delle creature e c’è il mondo della mente, del pensiero.

Dio abita nella mente.

E qui nella mente, noi dobbiamo dare questa precedenza a Dio.

Cioè dobbiamo imparare a guardare da Dio.

È nella misura in cui noi guardiamo da Dio, che in noi si forma la capacità di conoscere e di capire Dio.

Questa capacità di capire, ci renderà capaci di conoscere Dio nel cielo di Dio.

O incapaci di conoscere Dio.

Quindi capaci di restare con Dio o incapaci di restare con Dio.

E questa capacità si determina in terra.

Guardare ogni cosa da Dio vuole dire sottomettere tutto a Dio.

E soltanto nella misura in cui noi abbiamo sottomesso a Dio e quindi guardato ogni cosa dal punto di vista di Dio che si forma in noi la capacità di conoscere e tutto ciò che è sottomesso a Dio.

Questa capacità si forma fintanto che uno ha la possibilità di scegliere.

Arriva certamente un momento, in cui questa capacità di scelta non ci sarà più.

E perché non ci sarà più?

Non è che Dio a capriccio, ad un certo momento chiude la porta e ci dice che il tempo è scaduto.

No.

Il fatto è che si va, verso un termine unico.

Noi attualmente qui in terra abbiamo due termini.

Abbiamo la realtà del mondo che vediamo e tocchiamo, che per noi è realtà: avere i piedi per terra.

Ed abbiamo il mondo dello spirito nel quale si entra solo intendendo.

Tutto il mondo delle creature lo si trova senza intenderlo, lo si trova esperimentandolo.

E noi siamo giocati da questo.

Perché noi esperimentando le cose, diciamo che la realtà è ciò che si vede e si tocca.

E non ci preoccupiamo più di capire.

A noi basta sentire le cose.

Ecco il grande errore.

All’uomo basta il sentimento.

All’uomo basta sentire le cose, provare le cose.

E non si preoccupa di capire.

E non si rende conto che in questo modo si priva della capacità di capire, escludendo il capire.

Mentre invece il mondo essenziale si costruisce proprio nella conoscenza e lo abbiamo visto.

Vediamo che qui il Signore ci sta portando verso questo grande campo della conoscenza.

Che è il campo della vita vera.

Però in questo campo della conoscenza, si entra soltanto in quanto uno, per grazia di Dio, ha formato in sé la capacità di conoscere, di capire.

Perché se uno viene a trovarsi nel regno della conoscenza, senza possibilità di capire, viene a trovarsi tutto nel regno delle tenebre.

Nella confusione.

Una confusione eterna.

Quindi il momento essenziale nella vita dell’uomo è qui in terra.

La scelta decisiva è qui in terra.

Ed è fintanto che l’uomo ha la possibilità di scelta.

Ed ha la possibilità di scelta, fintanto che ha due cose davanti a sé.

La nostra vita, come tutte le cose, va verso una grande conclusione.

E nella conclusione non ci sono più due cose, c’è una cosa sola.

Restiamo solo davanti a Dio.

Dio è l’assoluto.

Dio è l’Essere.

Tutto il resto sono significazioni di Dio.

Sono segni di Dio.

Ma l’essere è uno solo.

Prima che questo essere Uno solo si manifesti a noi, in noi si deve già essere formata la capacità di portare la sua luce.

Si deve essere formata in noi la capacità di capirlo.

Altrimenti non potremo sopportarlo.

Perché non potremo?

Perché essendo Uno solo, noi non possiamo più scegliere.

E quando non c’è possibilità di scelta, la cosa ci è imposta.

Arriva un momento in cui Dio s’impone.

La verità di Dio s’impone.

E una cosa s’impone quando è sola.

Quando è sparito l’altro termine.

Ora prima che tutto il mondo sensibile sparisca (l’altro termine) in noi, noi abbiamo l’offerta da parte di Dio, per darci la possibilità di scegliere.

E soltanto attraverso questa scelta personale, non imposta, noi abbiamo la possibilità di formare in noi la capacità di capire.

Dobbiamo approfondire.

Perché attraverso la scelta si forma in noi la capacità di capire?

Perché l’uomo quando sceglie, introduce sempre dentro di sé un motivo.

L’uomo è persona, per questo Dio non si fa conoscere ai fiori, alle stelle o agli animali.

Dio per farsi conoscere ha dovuto creare la persona.

Una persona.

Tutto l’universo serve per questa persona.

Tutta la creazione Dio l’ha fatta per una persona.

Perché soltanto nella persona e in modo personale, Dio si può fare conoscere.

Dio ha creato tutto l’universo per farsi conoscere.

Ma non per farsi conoscere alla luna, al larice o al leone.

Dio ha creato tutto l’universo per farsi conoscere dall’uomo.

Il che vuol dire che tutto l’universo è per l’uomo.

Ma quando diciamo uomo, non diciamo un essere qualunque, diciamo una persona.

La persona è un essere che ha in sé la motivazione di ciò che vuole.

La persona è l’essere che ha in sé il motivo di ciò che vuole ed è molto importante.

Abbniamo visto che l’uomo non può non scegliere, perché non può sopportare due cose essendo fatto per l’unità.

Tutte le cose entrano nel suo pensiero ed entrano con un diritto di precedenza.

L’uomo necessariamente sceglie.

Noi tutti i giorni facciamo infinite scelte.

Tutti i giorni.

Dal giornale che apriamo, al canale della televisione, alle persone che incontriamo.

Da ciò cui noi stessi dedichiamo il nostro tempo e il nostro pensare.

È tutto uno scegliere in continuazione.

E in ogni scelta, l’uomo non può scegliere senza avere in sé il motivo.

Il che vuol dire che ogni scelta che fa l’uomo, la fa introducendo dentro di sé un motivo.

Perché fai questo?

“Perché mi piace”, ha un motivo dentro di sé.

Perché compri questo?

“Perché mi conviene”, ed ha un motivo dentro di sé.

Ecco, cosa l’uomo si gioca, attraverso il campo di scelta.

E la scelta avviene soltanto qui in terra, non avviene mica nel cielo.

Perché nel cielo c’è una cosa sola e di fronte a una cosa sola non c’è possibilità di scelta.

Quindi fintanto che noi abbiamo davanti a noi due cose, noi abbiamo la possibilità di scelta.

Ed è Dio che ci offre questa scelta e noi siamo impegnati a scegliere e noi siamo obbligati a scegliere.

Ma mentre scegliamo, noi introduciamo dentro di noi un pensiero, un motivo in cui noi giustifichiamo la nostra scelta.

E tutti i motivi diversi da Dio che noi scegliendo, introduciamo dentro di noi, ci portano via la capacità di conoscere Dio.

Perché Dio si conosce soltanto con il suo Pensiero.

E soltanto se noi scegliamo, motivati da Dio, con il Pensiero di Dio, solo lì, noi abbiamo la capacità di conoscere Dio, la capacità di capire Dio.

Dio si conosce soltanto con il suo Pensiero.

Soltanto con il suo Motivo.

Quindi tutti gli altri motivi, ci rendono impossibile capire Dio.

Ecco per cui Dio ci pone di fronte alla scelta, ma ci pone anche di fronte al suo Pensiero.

E il suo Pensiero ce lo ha imposto.

Nessuno di noi può ignorare Dio.

E noi siamo in colpa se lo trascuriamo.

Il che vuol dire che tutte le volte che noi facciamo una scelta non motivata da Dio, noi seminiamo una colpa dentro di noi.

Colpa non perché lo dica Dio, ma perché in questo modo, ci priviamo della capacità della vita eterna.

Ci priviamo della capacità di capire Dio.

E quindi se noi entriamo nel cielo di Dio, là dove tutto è sottomesso a Dio, senza la capacità di capire Dio, noi siamo completamente fuori.

Siccome tutto è fatto nel Pensiero di Dio, noi motivati da Dio, abbiamo seminato in noi l’intenzione di Dio.

E avere in noi il Pensiero di Dio, vuol dire avere la capacità di vedere in tutto il Pensiero di Dio.

Di conoscere tutta l’opera di Dio.

Perché l’opera è fatta nel Pensiero di Dio.

Tutte le cose sono fatte da Dio indipendentemente da noi e se noi abbiamo un altro pensiero, un altra intenzione diversa da Dio in noi, noi non possiamo restare con Dio, perché non possiamo vedere il Pensiero di Dio in cui sono fatte tutte le cose.

Il che vuol dire che noi siamo fatti a pezzi.

Mentre noi con il Pensiero di Dio restiamo in continuazione in Dio.

C’è questa continuità di un opera unica, di un pensiero unico che si manifesta in tutto.

Senza il Pensiero di Dio, con altri motivi, noi siamo costretti a saltare da una cosa all’altra.

Siamo costretti ad una vita di frammenti ma soprattutto siamo costretti a un pensiero frammentato.

Non abbiamo la possibilità di un pensiero unico, continuo.

Noi siamo costretti a dei frammenti di pensiero.

E quando il nostro pensiero è a frammenti, la nostra vita è a pezzi.

Notate che tutte le scelte che l’uomo fa, le fa per restare nell’unità.

L’uomo sceglie per mantenere una identità.

Per affermare una unità.

L’unità vera è soltanto Dio.

Perché l’uomo fa delle scelte?

Fa delle scelte per affermare un suo fine, quindi per restare in un suo fine, per mantenere una sua identità.

Per non essere fatto a pezzi.

L’uomo sceglie in continuazione per evitare di essere fatto a pezzi.

Ma se l’uomo, dentro di sé, ha un motivo, ha un pensiero diverso da Dio, he costretto alla frammentarietà.

Perché il pensiero dell’uomo non può sostenersi.

Il pensiero dell’uomo non può vedere tutte le cose dall’unità.

Perché per vedere tutte le cose da un punto di vista unico, bisogna guardare tutte le cose dal punto di vista di Dio.

E se noi guardiamo da un altro punto di vista, necessariamente i nostri pensieri sono frammentati.

Non possono sostenersi.

Quando uno è frammentato, salta da una cosa all’altra con la mente, non può sostenere niente.

E quindi non può vivere, poiché la vita sta essenzialmente in continuità di pensiero.

Nella possibilità di parlare un pensiero solo, di parlare soltanto Dio.

Si entra nel cielo di Dio, in quanto uno ha la possibilità di parlare solo di Dio.

E per parlare di Dio, bisogna avere la possibilità di contemplare Dio in tutto.

E per contemplare Dio in tutto, bisogna avere la possibilità di contemplare il Pensiero di Dio in tutto.

E se questo pensiero di Dio non si è formato dentro di noi, perché noi abbiamo dato la preferenza ad un altro pensiero, ad un altro motivo, noi certamente non potremo restare in questa unità, in questa continuità di Pensiero che si manifesta in tutto e nel quale tutto è fatto da Dio.

Perché Dio è il creatore e se è Lui il Creatore, tutto è fatto da Lui e solo da Lui.

E noi siamo spettatori di questa opera fatta da Dio in un unico pensiero, ma se questo pensiero non si sarà formato dentro di noi, in noi non ci sarà la capacità di leggere questa opera di Dio nella vita eterna.

Di contemplare l’opera di Dio nella vita eterna.

Cioè ci troveremo nella impossibilità di potere restare con Dio.


Franco: È possibile restare sempre con il Pensiero di Dio nella fede?

Luigi: No.

Perché la fede è un cammino.

Quindi ti sollecita.

Qui ci troviamo in un campo di cose imposte e di cose proposte.

Quale è la funzione delle cose imposte?

La funzione delle cose imposte è per costringerti a scegliere.
Le cose imposte sono una molteplicità.

Abbiamo due campi.

Il campo dei sentimenti e il campo dell’intelletto.

Di fronte a due cose tu sei costretto a scegliere.

Quindi le cose imposte, hanno la funzione di metterti in movimento.

Di costringerti a scegliere.

Tu costretto a scegliere puoi sbagliare.

Allora c’è la proposta di Dio.

Allora quale è la funzione delle cose proposte?

È quella di segnalarti quello che devi scegliere.

E segnalandotelo ti rende responsabile.

Per cui le cose imposte le subisci ma non le conosci.

Anche la presenza di Dio in te, ti è imposta, tu non puoi ignorarla, però non sai chi è.

Quindi le cose imposte arrivano a te senza di te e in quanto imposte non le puoi conoscere.

Anche nel cielo, quando Dio s’impone tu non lo puoi più conoscere.

Quindi la funzione delle cose che ti vengono imposte è quella di costringerti a fare una scelta.

L’uomo è caratterizzato da questo; l’uomo è costretto a scegliere.

Noi siamo costretti a scegliere.

Però scegliere che cosa?

Ecco che allora abbiamo il campo delle cose proposte.

Dio ha fatto le cose meravigliosamente bene.

Dio ti costringe a scegliere però ti fa la proposta di scegliere Lui, la Vita.

E te lo dice in modo da renderti responsabile, per cui se tu scegli in modo diverso, è perché tu trascuri Dio.
E se trascuri Dio, trascuri una cosa che non puoi ignorare e sei in colpa.

E siamo nel campo della fede.

La fede t’impegna a cercare di capire, cercare di conoscere.

E se tu non cerchi di capire e di conoscere, tu perdi la fede.

Se tu aderisci alla proposta, questa proposta ti deve far camminare verso la sorgente del Pensiero stesso di Dio.

Perché il Pensiero di Dio è la condizione per potere conoscere Dio ma non è mica ancora conoscenza di Dio.

Tu devi arrivare al principio di questo Pensiero: il Padre.

Dio fa di noi la sua abitazione ponendo in noi il suo Pensiero.

Noi dobbiamo sottomettere tutto a Dio Creatore.

Al Pensiero di Dio.

Perché soltanto avendo in noi il Pensiero di Dio, si forma in noi la capacità di conoscere Dio.

Nella vita eterna cosa è che t’impedisce di essere schiacciato da Dio?

Perché nella vita eterna si presenterà Dio, si presenta Dio.

Per cui tu puoi trovarti di fronte a Lui solo, senza possibilità di scelta, senza possibilità di capire.

Perché è una imposizione.

Quando una cosa s’impone tu sei fuori, non puoi capire, non puoi conoscere.

E non puoi conoscerlo perché non hai in te la capacità di capirlo.

I due termini che ti danno la possibilità di capire (rapporto), sono dati dal Pensiero di Dio e da Dio Padre.

Se in te c’è il Pensiero di Dio, di fronte a Dio Padre, tu hai la possibilità di conoscerlo.

Se in te non c’è il Pensiero di Dio, di fronte a Dio Padre, tu non puoi conoscerlo.

Perché il Padre si conosce solo nel Pensiero di Dio.

Portato nell’eternità questa capacità di capire diventa il Pensiero di Dio, che di fronte alla Verità di Dio, ha la possibilità di conoscere.

Perché soltanto nel Figlio si conosce il Padre.

Ecco per cui non ti devi fermare al Pensiero di Dio.

Franco: Cristo viene proprio per darci la possibilità di essere tutto Pensiero di Dio.

Luigi: Cristo chi è?

Cristo è il Figlio del Padre e appunto perché Figlio del Padre, guarda tutto dal punto di vista del Padre.

E parlando con noi cosa fa?

Ci comunica quel punto di vista da cui Lui guarda tutte le cose.

Quando uno parla non fa altro che comunicarti il suo punto di vista.

Il Figlio di Dio parlando con noi, ci comunica il suo punto di vista.

Il suo punto di vista è il Padre.

Lui guarda tutto dal Padre.

Se noi ascoltiamo Lui ascoltando Lui cosa facciamo?

Siamo condotti da Lui a guardare tutto dal Padre.

Franco: Guardare dal Padre non è più fede...

Luigi: Fintanto che Lui parla è fede.

Soltanto che parlando, forma in noi la capacità.

Cioè forma in noi il suo stesso Pensiero che guarda tutto dal Padre.

Quando ha formato questa capacità ci affida al Padre, perché Lui stesso se ne va, perché soltanto dal Padre si riceve quello che il Figlio è.

Perché il Figlio riceve tutto dal Padre.

Per cui se vuole fare anche noi figli di Dio, deve portarci a quel livello tale in cui noi riceviamo non più dal Cristo per sentito dire, ma riceviamo direttamente dal Padre come il Figlio.

Il Figlio riceve tutto dal Padre e anche noi attraverso il Figlio, siamo condotti a ricevere dal Padre tutto quello che riceve il Figlio.

E allora lì, si forma una cosa sola con il Figlio.

Cristo ti forma il Pensiero di Dio ma tu, a un certo momento, questo Pensiero lo devi ricevere dal Padre.

Perché se non lo ricevi dal Padre, questo Pensiero che è in te per fede, non lo puoi tenere.

Tu tieni il Pensiero di Dio in te, in quanto Cristo parla.

Se io sono stato sulla punta del Monviso, fintanto che ti parlo, ti faccio vedere le cose dal punto di vista del Monviso.

E tu se mi ascolti sei condotto da me a vedere le cose dal punto di vista della cima del Monviso, se io sono capace a comunicartele.

Ma come io cesso di parlarti del Monviso, immediatamente tu sei preso dal tuo mondo, dalla tua realtà.

Il che vuol dire che è colui che ti parla che ti sostiene a guardare dal punto di vista di-.

Il segreto del Cristo è questo che, mentre ti parla e ti porta a guardare tutte le cose dal punto di vista del Monviso, conduce te ad essere sulla punta del Monviso.

Al punto che tu stesso vedi, come vede Lui.

A un certo punto tu vedi non più per sentito dire, a quel punto lì vedi il Padre.

L’opera del Cristo è questa.

Per cui fintanto che Lui parla ti dà la possobilità, se Lui cessa di parlare, tu ricadi nel tuo mondo.

Se tu resti nell’ascolto di Lui, Lui ti porta fino a quel punto in cui Lui ti affida al Padre, in modo che tu possa ricevere da Padre, quello che il Figlio riceve e lì sei sulla punta del Monviso.

Ed è lì che si giunge alla stabilità, per cui tu formi una sola cosa con il Figlio.

Lì tu non vivi più di sentito dire dal Figlio.

Rita: Se nella creatura non si è formato il Pensiero di Dio, la creatura non potrà capire Dio.

Luigi: Sì, perché se non c’è il Pensiero di Dio, vuol dire che c’è un altro punto di vista.

C’è un altro pensiero, necessariamente.

Perché l’uomo necessariamente sceglie e scegliendo introduce una sua motivazione, un suo pensiero.

Rita: Pero il Pensiero di Dio è già presente in noi latente...

Luigi: Deve diventare il nostro pensiero.

Perché c’è la scelta?

Perché scegliendo io dedico il mio pensiero a qualcosa di specifico.

E incomincio a guardare da quel punto di vista.

Noi non guardiamo mica dal punto di vista di Dio.

Nessuno di noi può smentire che Dio sia presente ma noi guardiamo dal punto di vista delle nostre esperienze, del nostro mondo, di quello che esperimentiamo, di quello che dice l’autorità.

Ogni scelta che noi facciamo, diventa in noi un punto di vista.

Anche nei riguardi di Dio, io posso scegliere Dio per un motivo diverso da Dio.

E fintanto che io scelgo Dio per un motivo diverso da Dio, in me non c’è il Pensiero di Dio, c’è un pensiero diverso da Dio.

E quest’altro pensiero scaccia il Pensiero di Dio perché è più forte.

Rita: Il nostro problema è sempre il pensiero dell’io...

Luigi: Ma l’io è la persona.

E un essere che non sia persona non può conoscere Dio.

Proprio per la presenza di questo io e per difenderne la sua unità, noi facciamo delle scelte in continuazione.

Perché se io non potessi scegliere, io perderei la mia identità.

Noi non ce ne rendiamo conto ma nelle scelte che facciamo, noi non facciamo altro che difendere questo io, questa identità.

Quindi è per essere uno che noi facciamo delle scelte.

Se noi le scelte le facciamo secondo l’io di Dio, ecco che è l’Io di Dio adesso che mi fa scegliere tutto.

Pinuccia B.: Tutte le scelte che facciamo hanno una giustificazione in noi...

Luigi: Qualsiasi cosa fai ha una giustificazione in te.

Il semplice “mi piace” è una motivazione che porto in me.

E quel motivo, diventa motivo del mio pensiero.

Pinuccia B.: Quando il mio motivo è Dio, è già un guardare da Dio o è soltanto un riportare a Dio?

Luigi: No, perché Dio può essere scelto da me per un motivo diverso da Dio.

Io posso essere religiosissimo ma per un motivo diverso da Dio.

Io introduco in me un motivo diverso da Dio, un pensiero diverso da Dio e questo m’impedirà di conoscere Dio nel modo più assoluto.

Il motivo per cui scelgo Dio, deve essere Dio.

Allora introduco il Pensiero di Dio, il motivo di Dio in me.

Per quello che Dio è.

Perché se io cerco Dio per i doni di Dio, perché mi fa felice, perché mi dà pace e serenità o mi fa saggio, io ho una motivazione, cioè un pensiero diverso da Dio.

Quel pensiero diverso da Dio, per cui io scelgo Dio, m’impedisce di conoscere Dio.

Ecco per qui qui siamo nel campo della scelta decisiva.

Perché decisiva?

Perché la vera conoscenza non è che la vita nella scelta decisiva.

Il che vuol dire che è la vita vissuta guardando tutto dal punto di vista di Dio.

Questa è la conoscenza.

E quando uno dice sì alla proposta di Dio, incomincia a guardare tutto dal punto di vista di Dio.

È guardando tutto dal punto di vista di Dio che si forma la capacità di conoscere Dio.

Ma fintanto che io guardo anche Dio, ma da un punto di vista diverso (sentito dire, piacere, tradizione), io certamente mi metto fuori di Dio.

Perché non scelgo Dio motivato da Dio.

Perché quando si arriva di fronte a Dio, bisogna già arrivare con il Pensiero di Dio in noi.

Soltanto con il Pensiero di Dio posso sopportare Dio.

Con un altro pensiero non posso sopportare Dio nel modo più assoluto.

È solo con il Pensiero di Dio che posso comprendere Dio.

Pinuccia B.: Ma in noi ci può essere questo desiderio di riportare le cose a Dio ma di essere distratti da altro.

Luigi: Mettiamo subito le cose in chiaro.

Non è un problema di volontà.

È un problema di mente, di valutazione.

Pilato quando ha dovuto valutare tra l’innocenza di Gesù di cui era convinto e l’amicizia con Cesare, Pilato ha fatto una valutazione.

E la valutazione non l’ha mica fatta con la volontà.

Il problema è nella mente.

La volontà non è altro che una serva delle nostre valutazioni.

Quindi stiamo attenti a quando valutiamo.

Perché è lì che noi ci giochiamo tutto.

Noi stiamo valutando alla presenza di Dio come Pilato.

Nella mente io non posso ignorare Dio e se lo ignoro sono in colpa.

La mente è il vero altare in cui si offrono i sacrifici a Dio.

È nella mente che avviene la valutazione.

È nella mente che io metto sulla bilancia Cesare e Gesù.

E se io ignoro Gesù sono in colpa.

Perché io ignoro ciò che non posso ignorare.

E quando io trascuro una cosa che non posso ignorare, io mi sento in colpa.

Se io trascuro un segnale stradale che non posso ignorare io sono in colpa.

Quindi è nella mente.

La volontà è una serva.

E quando tu ti lasci guidare dal sentimento sei finita.

Sei completamente fuori.

Quando con la mente si riconosce il massimo valore, la volontà ubbidisce, è una serva tranquilla.

Marisa: Dio non ci lascia in balia di nessuno.

Luigi: Ma se noi pensiamo Dio, Dio non ci lascia neppure in balia di noi stessi o della nostra volontà.

Dio è un protettore meraviglioso.

Ma dobbiamo tenerlo presente, non dobbiamo trascurarlo.

Se io lo trascuro, io resto in balia di tutto e di tutti, perché tutto mi sembra bello, buono e giusto.

E mi lascio attrarre e ne resto dominato.

E non sono più libero.

Ma se tengo presente Dio, Dio è un protettore meraviglioso.

Mi difende anche da me stesso.

Con Dio noi siamo guidato dalla Verità ma senza Dio noi siamo un principio di erranza.

E restiamo schiavi dell’errore che facciamo.

Giovanna: Quando noi scegliamo nel pensiero del nostro io, scegliamo per essere uno...

Luigi: Sempre.

Noi non ce ne rendiamo conto ma scegliamo sempre per restare uno.

Se io sposto questo libro adesso, questa scelta è determinata da tutte le scelte che ho fatto nella mia vita.

C’è questa unità.

Noi crediamo di essere liberi ma in questo momento qui, io sono condizionato da tutte le scelte che ho fatto nella mia vita.

C’è questa unità meravigliosa, per cui noi scegliamo per mantenere la nostra identità.

Altrimenti noi perderemmo la consapevolezza di quello che noi siamo.

Tu non sapresti più chi sei.

Tu mantieni l’unità di Giovanna in quanto c’è una unità.

È come se tu volessi andare a Cuneo.

Cosa fai?

Fai delle scelte in continuazione per andare a Cuneo.

Quindi per mantenere il fine (andare a Cuneo), per restare in questa unità, tu fai una infinità di scelte.

A chi ti propone altri fini scegli di dire di no, poi a ogni bivio scegli la strada e tutte queste scelte sono per mantenere l’unità del fine.

Se noi avessimo come fine Dio, per restare nell’unità di questo fine, tutte le scelte sarebbero conseguenti.

Lì si faremmo la volontà di Dio.

Noi ci facciamo sempre il problema di quale sia la volontà di Dio, non la conosciamo perché noi non abbiamo come fine Dio.

E allora sto sempre nel dubbio su cosa Dio vuole e non vuole da me.

Questo accade perché non vuoi Dio.

Se vuoi Dio come vuoi andare a Cuneo, t’accorgi che lì, per mantenere l’unita, l’identità di questo fine, fai tutte le scelte benissimo e fai la volontà di Dio, perché è Dio che ti guida.

Giovanna: Si questo nel Pensiero di Dio ma nel pensiero dell’io, l’unità è illusoria.

Luigi: No, no, non ci illudiamo mica, perché il nostro io è una creatura di Dio.

Altrimenti noi perderemmo l’identità, noi non sapremmo chi siamo.

Se noi sappiamo chi siamo è perché c’è una unità, dalla nostra nascita fino alla nostra morte.

Ed è per mantenere questa unità che noi facciamo tutte le scelte.

Per mantenere l’identità del mio io.

Franca: La scelta definitiva...

Luigi: La scelta decisiva, non definitiva.

La conoscenza è un fatto decisivo per la vita dell’uomo.

Per noi è decisivo capire o non capire.

Che differenza c’è tra una persona che ha la possibilità di capire e una che non ha la possibilità di capire?

Sembra niente...eppure c’è la differenza fra inferno e paradiso.

C’è un abisso tra il capire e il non capire.

La realtà non è quella che appare.

Se tu credi in Dio e t’impegni con Dio, tu passi dalla incapacità di capire alla incapacità di capire.

E c’è un abisso che è invalicabile.

Perché noi non possiamo passare dai frammenti al tutto.

Non possiamo passare del finito all’infinito.

Se tu sei con Dio, con Dio riempi tutti gli abissi, perché da Dio tu riesci a raccogliere tutti i frammenti nell’unità.

Tu nello spirito riesci anche a raccogliere la materia.

Ma se tu parti dalla materia, dal mondo sensibile cerchi di arrivare allo spirito, un abisso invalicabile ti separa.

Ecco per cui diventa decisiva la cosa.

Portarsi a guardare le cose dal punto di vista di Dio.

E lo possiamo fare solo quando Dio ce lo propone.

Franca: E solo la persona ha questa possibilità.

Luigi: Solo la persona.

Perché se dici motivo, l’unico vero motivo è Dio.

Certo la persona corre un rischio gravissimo.

Certo tu dentro di te puoi avere un motivo diverso da Dio.

Ma puoi avere Dio.

Teresa: L’uomo è obbligato a scegliere di fronte alla proposta di Dio.

Luigi: Nella proposta Dio indica all’uomo quello che deve scegliere.

E Cristo ci propone di mettere Dio prima di tutto.

Perché Lui è il creatore e non possiamo ignorarlo.

Se noi mettiamo altro, trascuriamo quello che non possiamo ignorare e siamo in colpa.

Quindi noi siamo costretti a scegliere perché non sopportiamo la molteplicità delle cose.

Potendo pensare a una sola cosa per volta faccio una scelta continua su cosa privilegiare nel pensiero.

Non posso leggere contemporaneamente tutti gli articoli del giornale, devo dare la precedenza a uno.

E così in tutte le cose.

Ed è lì che ci giochiamo tutto.

La proposta di Dio, mi dice quello che devo mettere prima di tutto.

“Cerca prima di tutto il regno di Dio”.

Neppure il mangiare che per noi è un problema di sopravvivenza è giustificato.

La Parola di Dio ci assicura di darci tutto quello di cui abbiamo bisogno.

Tu metti prima di tutto il regno di Dio.

E se io non lo metto prima di tutto, io trascuro quello che Dio mi dice e io sono in colpa.

Io non posso ignorare che è Dio che me lo dice.

È Parola di Dio.

Teresa: E se tradisco Dio sono fatta a pezzi.

Luigi: Prima di tutto il mio pensiero viene frammentato.

E la mia vita è fatta a pezzi.

E noi assistiamo a questo, perché la morte è essere fatti a pezzi.

Morire non è un annullamento.

Morire è semplicemente essere fatti a pezzi.

La vita con Dio invece è continuità meravigliosa nell’unità.

Invece con un pensiero diverso da Dio, tu non puoi essere continua.

Tu devi saltare, sei discontinua.

Ecco fatta a pezzi.

Sei discontinua nel pensiero, discontinua nelle scelte e sei discontinua nel vivere.

Il che vuol dire che sei dominata dagli avvenimenti, dalle impressioni, dai sentimenti.

Perché subisci gli avvenimenti senza conoscerli.

Non siamo liberi.

Maria: Non capisco...c’è il pensiero, i sentimenti, la ragione, l’intelletto...

Luigi: Non pasticciare tanto.

Nella tua mente c’è tutto quello che non vedi, non tocchi e non senti.

Tutto quello che tu vedi, tocchi e senti, appartiene al sentimento.

Perché entra in te attraverso i sensi.

Dio non lo vedi, non lo tocchi e non lo senti.

Però lo sai che c’è.

Non lo puoi ignorare.

Dove è allora?

È nella tua mente.

Non lo puoi ignorare, è nell’intelletto, nel pensiero.

Tanto che se tu lo trascuri e non ne tieni conto, ti lasci guidare dai tuoi sentimenti.

E tu sei in colpa, non sei innocente.

Perché non tieni conto di una cosa che non hai presente nella mente.

E cosa c’è che è più vicino a te della mente?

Non sono mica i sentimenti.

I sentimenti appartengono al tuo corpo ma nulla è più intimo in te di quello che porti nella tua mente, nel tuo pensiero.

Tanto che tu puoi essere in questa stanza con noi e il tuo pensiero può essere chissà dove.

È la mente quello che gioca tutto.

Ora, Dio è più vicino a te dei tuoi stessi pensieri.

E se tu lo trascuri e non ne tieni conto sei in colpa.

Perché Dio è più vicino a te dei tuoi stessi pensieri.

Allora Dio è in mezzo ai nostri pensieri.

“Padre nostro che sei nei cieli” è Padre nostro che sei nei miei pensieri.

Perché il Cielo è la mente.

Dio è nel mondo dei nostri pensieri, tra tutti i nostri pensieri.

La nostra mente è un po’ come un cielo stellato, tra tutte queste stelle (pensieri), c’è anche Dio e non lo puoi ignorare.

E Dio ti dice di metterlo prima di tutto perché Lui è il Principio.

E per giustizia tu lo devi mettere prima di tutto.

E non devi dividere niente da Dio, perché quello che dividi da Dio in terra, t’impedirà di restare con Dio in cielo.


Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.   Gv 10 Vs 14 Secondo tema.


Titolo: La conoscenza del Pastore.


Argomenti: Conoscenza: rapporto fra due termini: Creatore & creazione di cui uno punto fisso. Continuità  di pensiero. Pecore non di Dio. Il nome delle pecore. Gli animali: il bisogno di essere conosciuti. Nome & conoscenza. Il bisogno di essere conosciuti & l'esperimentare di essere conosciuti da Dio.


 

14-15/Ottobre/1990 Casa di preghiera Fossano.


Ci troviamo nel Regno di Dio.

Regno di Dio vuol dire regno di Colui che opera in tutto e parla quindi in tutto.

Eppure noi siamo sempre lì a chiederci: "Ma forse Dio parla, forse Dio mi conosce?" e invochiamo il Signore che parli, invochiamo il Signore che ci dia qualche segno.

Quando chiedono al Signore di dargli un segno, il Signore disse: "Nessun segno (quindi nessuna parola) sarà data a questa generazione perversa".

Colui che ci inonda di segni, che ci inonda di parole da mattina a sera e dalla sera al mattino, dice: "Nessun segno verrà dato a questa generazione perversa".

Noi ci troviamo in questa situazione: inondati di Parole di Dio noi supplichiamo Dio che ci faccia sentire la sua voce, che ci faccia sentire la sua parola, che Dio ci dia la sua luce.

E non vediamo di quanta luce, in realtà Dio ci inondi.

Qui Lui afferma che è il buon pastore.

Il pastore è colui che assume la responsabilità delle pecore, le guida ai pascoli, alle sorgenti dell'acqua viva, le conosce: "Io conosco le mie pecore".

Superando la parabola, Dio è il buon pastore, le pecore sono gli uomini.

E Lui dice che ha cura di questa pecore.

Abbiamo visto domenica scorsa in che cosa sta il tema della conoscenza.

Conoscere è essenzialmente fare un rapporto e un rapporto presuppone sempre due termini.

A fondamento di un rapporto c'è sempre un termine fisso a cui tutto rapportare.

Ed è qui che scatta la responsabilità di ogni uomo.

L'uomo si trova in un campo di cose che gli vengono imposte e di cose che gli vengono proposte.

Le cose che sono imposte all'uomo e quindi che sono proposte a ognuno di noi sono la creazione, l'opera di Dio.

È tutto ciò che arriva a noi indipendentemente da noi e quindi che noi subiamo.

Tutto ciò che noi subiamo non lo possiamo conoscere, appunto perché lo subiamo.

Lo sentiamo però non capiamo, non conosciamo.

Tra tutte le cose che ci sono imposte, c'è anche il Pensiero di Dio Creatore in noi, ci è imposto.

L'uomo è un essere che porta in sé la presenza di Dio.

L'uomo è il luogo dell'abitazione di Dio.

Che l'uomo sia portatore del pensiero del Dio Creatore lo testimonia in tutto.

L'uomo lo testimonia in tutto.

In tutto perché ha la passione dell'Assoluto.

Lui tutto ciò che ama, tutto ciò che cerca, tutto ciò per cui lui vive, l'uomo vuole che sia Assoluto e se c'è una tristezza che grava sull'uomo e lo porta alla morte è il dover costatare ciò che non è Assoluto.

Costatare che tutto passa, che tutto delude e che tutto muta, che tutto ciò che vede non è ciò che egli cerca.

Ma perché l'uomo cerca quest'Assoluto?

Questo bisogno dell'Assoluto che l'uomo porta in sé, è testimonianza e prova della presenza dell'Assoluto nell'uomo.

Però quest'Assoluto è imposto all'uomo, qui abbiamo il Dio Creatore che s'impone all'uomo.

E proprio perché s'impone all'uomo, l'uomo non può capire, non può conoscere.

Lo subisce e in quanto lo subisce porta in sé la passione.

La passione è una cosa che uno subisce.

L'uomo subisce l'Assoluto e lo cerca in tutto ciò che vede ed è lì che sbaglia perché sbaglia luogo.

Sono due i grandi termini che sono imposti all'uomo, affinché l'uomo possa conoscere.

Abbiamo visto ieri sera le due testimonianze cui fa appello Gesù con il suo parlare.

Due sono le testimonianze che l'uomo porta in sé.

La testimonianza di tutta la creazione che non può ignorare e la testimonianza del Dio Creatore, del Pensiero di Dio che l'uomo non può ignorare.

Sono queste le due testimonianze che gravano sull'uomo e che rendono l'uomo responsabile se l'uomo ne trascura una.

Conoscere è fare un rapporto, è unificare uno nell'altro.

Evidentemente se l'uomo trascura uno dei due termini del rapporto, si mette nella impossibilità di conoscere.

Ecco perché Gesù chiama: "Generazione perversa e malvagia" quella generazione che chiede un segno a Dio quando è inondata di segni di Dio.

E chiede un segno perché trascura uno dei termini del rapporto, termine di cui porta la testimonianza in sé.

L'uomo porta in sé questi due grandi termini: l'opera di Dio e Dio Stesso, questi sono termini che l'uomo subisce, esperimenta ma che non può capire e conoscere.

E nessun uomo può rispondere al perché ci sia questa creazione attorno a noi, al perché le cose siano così come sono e nessuno di noi può rispondere su cosa sia questo Dio Creatore che non possiamo ignorare ma che non sappiamo chi è e non lo possiamo ignorare perché s'impone.

L'uomo si trova di fronte a questi due termini ed è colpevole e responsabile se ne trascura uno sia chiaro, perché trascura una cosa che non può ignorare.

All'uomo che si trova di fronte a questi due termini giunge la Parola di Dio che gli dice: "Metti prima di tutto Dio, sei autorizzato a trascurare tutto (genitori, lavoro,impegni, doveri) ma metti prima di tutto Dio".

L'uomo si trova di fronte a questi due grandi termini (Dio, creazione di Dio) e la Parola di Dio che gli dice: "Metti prima di tutto Dio".

E dicendogli questo, gli dice di mettere come punto fisso di riferimento (nel rapporto che deve fare) Dio.

Lo dice la Parola di Dio.

Metti come punto fisso di riferimento non la creatura, non il pensiero del tuo io, non i tuoi bisogni, metti prima di tutto Dio.

Questo è il termine fisso che la Parola di Dio ci dice, per iniziare questo cammino della conoscenza, per poter cioè incominciare a fare il rapporto di tutte le cose con Dio.

E dove bisogna metterlo questo punto fisso di riferimento?

Non nei tuoi sentimenti, non nel tuo mondo esterno, poiché tutto questo lo subisci, soltanto nella tua mente.

È qui nella tua mente che tu devi avere come punto fisso di riferimento, tra i tuoi pensieri, come punto fisso a cui rapportare tutte le cose, il Pensiero di Dio Creatore se tu vuoi entrare nella conoscenza e quindi nella vita eterna.

Se vuoi entrare nel Regno di Dio tu devi mettere come punto fisso di riferimento il Pensiero di Dio Creatore.

Riferire tutto a questo, sottomettere tutto a questo.

E quando ci dice questo ci dice di iniziare a guardare ogni cosa dal punto di vista di Dio.

Ecco l'inizio della conoscenza sta qui: incomincia a guardare tutte le cose non dal punto di vista dei tuoi sentimenti, non dal punto di vista delle cose che appaiono a te o di cui tu fai esperienza, non dal punto di vista di quello che ti dicono gli altri, fossero anche degli angeli, comincia a guardare tutto unicamente dal Pensiero di Dio.

Questo mettere prima di tutto Dio, evidentemente è una proposta da parte di Dio.

Non è una imposizione, è una proposta.

Ed è una proposta proprio perché è questa la condizione per farci entrare nella conoscenza.

Dio non  ce lo impone questo, Dio ci impone i dati, perché senza dati noi non esistiamo neppure e non sentiremmo neppure il problema di unificare.

Dio i dati ce li impone ma ci propone quello che dobbiamo mettere prima di tutto, perché soltanto in quanto ce lo propone, dà a noi la possibilità di entrare nel regno della conoscenza, incominciando a guardare da Dio io incomincio a conoscere.

E allora la conoscenza diventa una vita, perché ti propone di guardare da-.

Diventa una vita secondo questa decisione, secondo questa scelta decisiva.

Guardare tutto dal punto di vista di Dio per entrare nel regno della conoscenza che è il regno della vita, perché in principio la vita era la conoscenza, era la luce degli uomini.

Ecco la Parola di Dio che giunge a noi, ecco il segno di Dio.

Guai a quel giorno in cui questo prima di tutto, questo principio si imporrà, perché verrà certamente un momento nella nostra vita in cui il principio s'impone: ciò che è, è ciò che viene e se viene, arriva certamente un giorno in cui questo principio che viene in noi s'imporrà.

Ma quando una cosa s'impone, noi siamo esclusi dalla conoscenza, non possiamo più conoscere, perché la conoscenza è effetto di un rapporto e quando s'impone non abbiamo più il rapporto.

Non abbiamo più la possibilità di fare il rapporto, subiamo solamente.

E quando subiamo non possiamo più capire.

Anche Dio non possiamo più conoscerlo.

Non potremo capirlo perché non si sarà formato in noi il Pensiero di Dio, non si sarà formata in noi questa intenzione, questo Pensiero di Dio, perché questo pensiero e questa Intenzione di Dio si può formare in noi soltanto quando Dio si propone a noi, cioè quando noi abbiamo la possibilità di compiere una scelta.

Noi siamo persone e ogni scelta che noi facciamo, non possiamo farla se non con una motivazione.

Quindi se non con un intenzione, se non con un pensiero.

Dio ci propone di mettere Lui prima di tutto, perché proprio mettendolo prima di tutto, noi abbiamo la possibilità di introdurre in noi il Pensiero di Dio, perché?

Perché alla proposta di Dio: "Metti Me prima di tutto", tu che sei persona devi dare una motivazione a questa scelta.

E la vera motivazione per cui metti Dio prima di tutto, è soltanto perché Dio è il prima di tutto.

Se tu metti Dio come principio, tu lo puoi mettere soltanto perché Dio è il principio.

È questa motivazione qui che ti salva.

Tu hai la possibilità di mettere dentro di te, di introdurre in te la motivazione di Dio, la motivazione per cui metti Dio prima di tutto: è per rispettare quello che Dio è e se Dio è Principio, io lo debbo rispettare come Principio.

E lo dobbiamo mettere prima di tutto perché lo dobbiamo mettere come principio.

Ecco il pensiero, il motivo, l'intenzione per cui ubbidisco alla Parola di Dio che mi dice di mettere prima di tutto Dio nel rapporto Creatore/creazione.

Soltanto facendo così noi introduciamo la premessa per poter conoscere Dio.

Dio si conosce soltanto nel suo Pensiero e se noi giungeremo al giorno in cui Lui s'impone e non avremo in noi il suo Pensiero ma avremo altri pensieri, l'imporsi di Dio ci renderà insopportabile la luce di Dio.

Dio si conosce solo nel suo Pensiero.

Abbiamo detto che la vita sta nel conoscere, nel guardare dal punto di vista di-.

E se guardare dal punto di vista di Dio è conoscenza e quindi diventa vita, ecco che qui è un continuo che dà noi la possibilità di guardare in tutto e sempre (ecco il continuo) il Pensiero di Dio.

Fintanto che noi abbiamo in noi pensieri e punti di vista diversi da Dio, questi altri pensieri o intenzioni o punti di vista non danno a noi la possibilità di vedere in tutto questo pensiero qui.

Per cui arriva sempre un giorno in cui noi ci troviamo di fronte alla frattura, al discontinuo e  là dove c'è il discontinuo, dove c'è la frattura, dove c'è il frammento c'è l'ignoranza: non possiamo capire, non possiamo più affermare, non possiamo più sostenere il pensiero che portiamo in noi.

Soltanto se in noi portiamo il Pensiero di Dio quindi abbiamo messo Dio prima di tutto, soltanto con il Pensiero di Dio, noi abbiamo la possibilità di questo continuo, cioè di vedere il Pensiero di Dio in tutto e in tutti, perché?

Perché tutto e tutti sono fatti nel Pensiero di Dio e solo nel Pensiero di Dio.

Tutto è fatto nel Pensiero di Dio, perché uno solo è il Creatore.

Uno solo è Colui che regna e se uno solo è il Creatore, tutte le cose che Dio fa e tutti i fatti di cui Lui ci fa spettatore, tutti sono fatti nel suo Pensiero.

Ecco per cui dico che soltanto se noi abbiamo in noi il Pensiero di Dio, abbiamo in noi la possibilità di vedere il Pensiero di Dio sempre, in tutto e in tutti.

Quindi non dovremo assistere alla contraddizione, alla frattura, al discontinuo, non saremo smentiti in eterno.

Con questi argomenti: dove sta la conoscenza, guardare dal punto di vista di Dio e questo sguardo continuo che è vita possiamo affrontare l'argomento di oggi.

La vita è un continuo, ecco perché noi a un certo momento vediamo la nostra vita a pezzi, perché portiamo con noi dei pensieri che non sono il Pensiero di Dio.

E tutto ciò che non è Pensiero di Dio, necessariamente ci frattura come mente e come pensiero.

E quando noi siamo fratturati nella mente, noi dobbiamo assistere alla nostra vita fatta a pezzi.

Soltanto là, dove noi possiamo portare un pensiero unico e vedere un pensiero unico in tutto e in tutto c'è questa conferma, ecco che la nostra vita è un tutto unico.

Il nuovo argomento di oggi lo afferma qui Gesù, dicendo: "Il pastore conosce le sue pecore", "Io conosco le mie pecore".

Cosa vuol dire questo conoscere da parte di Dio (il pastore è Dio) e cosa vuol dire essere conosciuti da Dio?

Più avanti addirittura, troveremo che le sue pecore conoscono Lui.

Dicendo: "Le mie pecore" ci fa pensare che ci siano delle pecore che non sono sue.

E allora quand'è che le pecore sono sue e quand'è che le pecore non sono sue?

Teniamo presente che le pecore sono gli uomini.

Il primo dilemma è qui: forse che non tutto è di Dio?

L'abbiamo detto prima che Dio è il Creatore di tutto.

E se è il Creatore di tutto è il Creatore anche delle pecore e se è il Creatore delle pecore, le pecore sono sue.

Quando abbiamo parlato del "suo", del "proprio" abbiamo visto che una cosa è propria di uno in quanto deriva da quell'uno, in quanto ha in quell'uno il suo principio.

E se diciamo che Dio è il Creatore, Dio è il principio di tutto.

Dio è il principio di tutti gli uomini e se è il principio di tutti gli uomini, tutti gli uomini sono suoi.

Com'è allora che con il suo parlare Dio ci sottintende che ci sono pecore che non sono sue?

Abbiamo detto che "proprio" di Dio è ciò che ha il suo principio in Dio.

Certamente tutto è di Dio e anche i demoni sono di Dio e Dio è Colui che regna in tutto, però non tutti gli uomini hanno il loro principio in Dio.

Quando la Parola di Dio dice a noi: "Metti Me prima di tutto" ci dice di metterlo come principio, come punto fisso di riferimento.

È una proposta e se è una proposta vuol dire che noi possiamo non aderire a questa proposta e possiamo non mettere Dio prima di tutto.

In realtà tutti quanti noi ci accorgiamo che nella nostra vita, nel nostro pensare, nel nostro scegliere, nel nostro parlare non mettiamo Dio prima di tutto.

Perché non mettiamo Dio prima di tutto?

Ecco che qui incomincia a formarsi la distinzione.

Noi mettendo altro da Dio prima di tutto, noi abbiamo altro come padre.

Altro come principio e finiamo per appartenere a ciò per cui viviamo, a ciò che abbiamo messo prima di tutto.

Quando io dico: "Ho i buoi, i campi e la moglie e non posso venire" dichiaro di non avere tempo.

Con questo io rivelo che ho messo altro prima di tutto.

Con questo io rivelo che appartengo ai buoi, ai campi, alla moglie ma non appartengo a Dio.

E i buoi, i campi e la moglie non sono Dio.

Ecco come, nel Regno di Dio in cui tutto è di Dio, come nascono delle pecore che non sono di Dio.

Perché l'uomo è soggetto a proposte ed essendo soggetto a proposte può rispondere positivamente o negativamente.

Può mettere altro da Dio prima di tutto.

E può diventare figlio di altro da Dio.

Ognuno di noi appartiene a ciò per cui vive.

Diciamo meglio: ognuno di noi appartiene per ciò cui ha sempre tempo.

E non si possono servire due padroni.

Qui dice che il buon pastore conosce le sue pecore.

Ma in che cosa sta questa conoscenza che il pastore ha delle pecore?

Il pastore conosce le pecore perché sono sue ma cosa vuol dire che sono sue?

Le chiama per nome dirà dopo.

Noi possiamo chiamare per nome una pietra ma ci accorgiamo che la pietra non è nostra, non risponde.

Possiamo chiamare per nome una stella o una formica ma quando la chiamiamo per nome non rispondono.

Noi ci accorgiamo che non sono nostre, ci ignorano o perlomeno abbiamo l'impressione che ci ignorino.

In realtà ci ignorano.

E invece qui dice che il pastore conosce le sue pecore.

E che diversità c'è tra una pecora e una formica o una stella o una pietra?

Il pastore chiama la pecora per nome e la pecora va da lui.

Evidentemente qui la pecora ha ricevuto il nome dal pastore.

Il che vuol  dire che ha ricevuto il suo principio dal pastore.

Noi quando diamo il nome a una pietra, la pietra non riceve, non riceve e non dà frutto.

Se dai il nome a una pecora, le dai il nome e questa viene da te.

Dai il nome a un cane, lo chiami per nome e lui ti agita la coda.

Cosa succede?

Succede che l'uomo vede nell'animale se stesso, quello che lui ha posto nell'animale lo ritrova: ha dato un nome e la pecora ha registrato quel nome e tutte le volte che l'uomo la chiama, la pecora risponde a quel nome.

Qui è un fatto di associazione di suoni, siamo d'accordo, però tutto è segno di Dio.

Tutto è segno per insegnare a noi qualche cosa.

Perché nel pastore è significato Dio e nelle pecore siamo significati noi.

Evidentemente il pastore ama le sue pecore perché in loro ritrova se stesso.

Noi quando amiamo gli animali e diamo un nome agli animali è soltanto perché amiamo noi stessi e ci leghiamo ad essi perché amiamo noi stessi.

Perché ritroviamo noi stessi in loro.

Diciamo meglio: troviamo nell'animale una esaltazione di noi.

È l'animale che dice a noi: "Tu sei" e siccome noi siamo terribilmente affamati di essere e di trovare qualcuno che ci dica: "Tu sei" ci legniamo a esso.

Ecco che non potendo trovare Dio che è l'unico essere che può dire a noi: "Tu sei", noi a un certo momento andiamo ad elemosinare dal gatto, dal cane o dal canarino il nostro essere: qualcuno che ci agiti la coda quando noi parliamo.

Qualcuno che ci strofini le gambe e con questo ci dica a noi: "Tu sei".

E lì ci sentiamo confermati ma perché? Perché noi ci sentiamo morire, ci sentiamo vuoti, ci sentiamo senza vita ma c'è almeno un cane che mi guarda, un cane che mi dice che io sono.

Con questo noi riveliamo la grande fame che noi abbiamo.

La fame di Assoluto, il bisogno di essere.

Il bisogno di essere conosciuti.

Noi abbiamo bisogno di essere conosciuti.

Noi andiamo a elemosinare un po' di essere, una scintilla di vita, una scintilla di essere conosciuti, di essere amati, di essere guardati da qualcuno e se non è una persona almeno che ci sia un animale che ci guardi o che ci sia una pianta che ci guardi e che dia l'impressione di rispondere a un nostro segno.

Tutto questo è Parola di Dio per dire a noi dove dobbiamo cercare Colui che dice a noi il vero: "Tu sei".

E allora il problema si trasferisce dalla parabola dal rapporto della creatura con il Creatore, al rapporto tra la nostra anima e Dio.

Perché è Parola di Dio.

Evidentemente se Dio fa arrivare a noi queste parole non è per farci una poesia bucolica sopra il pastore che ha questi buoni sentimenti verso le sue pecore, è per ben altro.

Lui ci sta parlando di una cosa sola.

Cristo è venuto a salvarci.

E Dio opera tutto per salvarci e  quindi ci parla delle parole che sono essenziali per la nostra vita.

Lui che dice che il pastore conosce le pecore, dice a noi che Lui ci conosce.

Ma conosce le sue pecore.

E noi possiamo non essere sue pecore.

Noi possiamo essere pecore del mondo.

Noi possiamo avere per padre il mondo, i buoi, i campi, la moglie.

Noi possiamo avere come principio del nostro vivere altro da Dio.

Quando abbiamo osservato che il pastore conosce le pecore, abbiamo detto che il pastore conosce le pecore perché trova nelle pecore il nome che lui ha dato alle pecore.

Cioè trova nelle pecore qualcosa di sé.

È quel qualche cosa di sé che crea la conoscenza.

Noi ci stupiamo di esperimentare che Dio non ci conosce.

Quante volte noi invochiamo e Dio tace?

Quante volte lo supplichiamo e Dio non interviene?

Dio è assente?

Dio è morto?

Evidentemente è un segno da parte di Dio per dire a noi che noi non siamo sue pecore.

Cioè che Lui non ci conosce.

Ma se ci dice che non ci conosce, è ancora una grazia per dire a noi: "Guarda che in te non c'è il mio Nome, in te non ci sono Io come principio, non ci sono Io come padre,tu hai altri padri, altri principi, altri nomi".

È una grazia, perché ci invita a ritrovare il principio, a ritrovare il Padre, a ritrovare Dio Creatore ed a metterlo prima di tutto.

E metterlo prima di tutto vuol dire incominciare a guardare dal suo punto di vista.

E non più dal punto di vista di altri o di noi stessi e allora ci accorgeremo che siamo conosciuti.

Ci accorgeremo che Lui ci conosce.

Il problema è di come possiamo accorgerci che Lui ci conosce.

Perché se Lui ci conosce, noi dobbiamo anche esperimentare di essere conosciuti, prima ancora di conoscere Lui: "Le mie pecore conoscono Me".

Ma da che cosa esperimentiamo che Dio ci conosce?

Da che cosa esperimentiamo che noi siamo conosciuti da Dio?

Il pastore conosce le sue pecore perché c'è qualche cosa nelle pecore del pastore.

Altrimenti il pastore non le riconoscerebbe.

Il pastore chiama per nome le pecore ma quel nome lo ha dato lui alle pecore.

Quindi lui è principio delle sue pecore, ha posto un nome e adesso le pecore rispondono a quel nome.

Il che vuol dire che soltanto se in noi c'è il nome che Dio ha dato a noi, Lui ci conosce e noi possiamo esperimentare che Lui ci conosce.

Cioè se in noi c'è lo stesso pensiero che è Pensiero di Dio.

È questo che stabilisce poi la continuità.

In matematica abbiamo la proporzione continua e la proporzione continua vuol dire che c'è, in due rapporti uno stesso termine.

È lo stesso termine che stabilisce l'uguaglianza, che stabilisce quindi la conoscenza.

Soltanto se in noi c'è lo stesso che è in Dio si stabilisce la conoscenza.

Soltanto se noi contempliamo il nome nostro in Dio e da Dio, lì noi ci troviamo conosciuti.

Soltanto se noi siamo portatori del pensiero che è in Dio, allora noi troviamo che c'è un pensiero in Dio e questo stesso pensiero è in noi.

E soltanto se lo stesso pensiero che è in Dio è il pensiero che è in noi, lì noi ci troviamo conosciuti, lì Dio ci conosce, lì c'è il vero nome.

Il nome che Dio dà ad ognuno di noi e con il quale ci chiama.

Ma le pecore rispondono al nome del pastore in quanto lo hanno "registrato".

Le pecore hanno registrato a loro insaputa il nome che il pastore ha dato a loro, sono animali.

Noi il nome di Dio non lo registriamo a nostra insaputa.

E da lì nascono tutti i nostri guai.

Perché il nome che Dio dà a noi (ed è il suo stesso nome) ce lo propone e ce lo propone dicendoci: "Metti Me prima di tutto, metti Me come principio", perché mettendolo come principio noi lo mettiamo come motivo, come pensiero suo e questo Pensiero suo in noi coincide con il suo Pensiero e da questa uguaglianza c'è la conoscenza.

Solo qui noi possiamo capire (perché portiamo in noi lo stesso pensiero) che Dio ci conosce.

Uno porta in sé il Pensiero di Dio prima di tutto se guarda ogni cosa da Dio e guardare ogni cosa da Dio vuol dire sottomettere ogni cosa a Dio, al Pensiero di Dio.

Soltanto se noi guardiamo tutto da Dio, lì noi prendiamo consapevolezza che Dio ci conosce.

Noi prendiamo consapevolezza che siamo conosciuti da Dio.

Ma solo in questo pensiero.

Perché la consapevolezza nostra viene solo da Dio, ecco per cui soltanto se noi mettiamo Dio come principio in noi, noi abbiamo la possibilità di arrivare a quella consapevolezza di essere conosciuti da Dio.

Questa consapevolezza che noi invano supplichiamo anche da Dio, a parole, con preghiere, con pianti, con lacrime, quella consapevolezza di essere conosciuti.

Ed è perfettamente inutile che noi andiamo ad elemosinare la conoscenza da un cane, da un gatto o da una pecora, quando questo bisogno di conoscenza noi lo possiamo vedere soddisfatto solo da Dio, perché Dio in realtà è il nostro principio, é il nostro Padre.


A.: L'uomo porta in sé l'opera di Dio e Dio stesso e questi due termini danno all'uomo la possibilità di iniziare il processo di conoscenza che gli permette di entrare nella vita e l'uomo deve mettere prima di ogni giudizio e di ogni scelta il Pensiero di Dio, il Pensiero di Dio deve diventare cioè l'unità di misura di tutto il resto. Altrimenti l'uomo farebbe una manomissione della realtà ed è un po' quello che stiamo facendo tutti noi.

Ogni cosa va guardata quindi dal punto di vista di Dio Creatore.

Il principio di Dio Creatore, l'ha posto anche la filosofia pagana, non è piuttosto un principio più ampio di quello del solo Creatore?

Amore che si dona e che vuole entrare in rapporto personale con la creatura, sopratutto che vuole entrare nel pensiero della creatura che è dotata di facoltà raziocinanti.

Dio ha dato la possibilità al pensiero umano di giungere a riconoscere che c'è un Creatore.

Non è una possibilità, è una imposizione.

Il Pensiero di Dio Creatore è ciò che l'uomo non può ignorare: gli basta un filo d'erba.

A.: Ma non è implicito, ci va il rapporto personale.

No, il rapporto personale viene dopo.

L'amore viene dopo, il donarsi di Dio verso di noi viene dopo, è tutta una conseguenza.

Abbiamo questi due grandi termini che sono imposti a noi, è proprio una imposizione: la creazione che è fatta da uno che non siamo noi.

Per cui c'è la creazione che arriva a noi attraverso i sensi e poi questa passione d'Assoluto che portiamo in noi come effetto della presenza del'Assoluto in noi, l'Assoluto del Dio Creatore.

Noi abbiamo questi due grandi termini che sono imposti, per cui io non li posso ignorare.

E se li trascuro sono in colpa, come sono in colpa se trascuro il segnale stradale, perché mi è imposto.

Arriva a me, quando arriva a me, lo rifiuto in quanto già è entrato in me.

Quando rifiuto Dio, quando non voglio tenere conto di Dio, io rifiuto Dio perché Dio si è già annunciato, si è già affermato su di me e io gli dico di mettersi da parte perché non voglio tener conto di Lui.

Ma io non posso fare un atto di volontà, di rifiuto se io non ho presente ciò che rifiuto.

Dio Creatore mi presenta la sua opera, la creazione e me la impone, e poi mi impone la mia vita, la mia esistenza.

Noi subiamo questa esistenza e così come mi impone la creazione mi impone anche il suo Pensiero.

Io non posso ignorarlo e se lo trascuro sono in colpa.

Per cui debbo tenere presente la creazione (opera di Dio) e debbo tenere presente Dio.

Dio Creatore di questa opera.

Dio che m'impone questa opera.

Me la fa sentire e me la fa arrivare tutti i giorni.

Dio m'impone il tempo che passa.

Dio m'impone la vita e m'impone anche la morte.

È sempre Dio che me lo impone e io non posso ignorarlo.

Perché è uno che s'impone sulla mia volontà: io non vorrei morire.

A.: Ma è Dio o il suo Pensiero, perché il suo Pensiero è una figliazione.

Noi portiamo in noi il Pensiero di Dio.

A.: Ma questo pensiero non è conoscenza?

No, dove c'è imposizione non c'è conoscenza.

C'è la creazione che arriva a me attraverso i sensi ma, Dio non arriva a me attraverso i sensi.

Dio io non lo trovo fuori, non lo incontro tra le creature.

Le creature certamente non sono opera mia come il tempo non è opera mia e io lo subisco nolente.

E Dio dove lo trovo? Solo nel pensiero.

Abbiamo queste due grandi imposizioni, l'imposizione dei sensi, del corpo, della materia e l'imposizione nel campo dello spirito, della mente, del Pensiero di Dio Creatore di tutte le cose.

Però in quanto sono imposizioni io non so cosa siano, non so cos'é la creazione e non so cos'è il Pensiero di Dio, dell'Assoluto che porto in me.

Per cui io sto elemosinando Assoluto a destra e a sinistra.

Noi andiamo ad elemosinare l'Assoluto dai cani e dai gatti.

Perché portiamo questo bisogno di essere.

Noi ci accorgiamo che stiamo perdendo l'essere.

Abbiamo bisogno di qualcuno che ci guardi.

Ma la creazione che ci guarda non basta a soddisfare questa nostra fame di essere, di Assoluto.

Abbiamo bisogno di qualcuno che ci chiami per nome e ci dica: "Tu esisti".

Perché mi accorgo che io sto perdendo l'esistenza.

Noi viviamo in realtà in quanto partecipiamo all'altro.

È l'altro che mi fa essere.

Noi siamo mendicanti di essere, mendicanti di uno sguardo, noi lo chiamiamo amore, chiamalo come vuoi ma, è bisogno di trovare qualcuno che mi guardi e che mi dica: "Tu ci sei", che mi saluti, perché se non mi saluta io mi sento sprofondare nel niente, nel nulla.

L'uomo è un essere terribile perché fa esperienza del niente e perché fa esperienza del niente?

Perché è a contatto con l'Assoluto.

Fintanto che l'uomo cerca l'Assoluto in ciò che non è Assoluto, l'uomo è condannato a fare esperienza del niente.

Per questo lui va a elemosinare a destra e a sinistra.

Perché andrebbe a elemosinare se non avesse presente questo Assoluto che ha dentro di sé?

Quindi queste cose qui sono imposte.

Adesso però la conoscenza è tutta un'altra cosa.

La conoscenza è una cosa proposta ed è conoscenza solo in quanto ti è proposta.

E per essere proposta bisogna che ci sia una parola che ti faccia fare una scelta, che ti inviti a scegliere e l'uomo è un essere che è costretto a scegliere.

È costretto a scegliere perché riceve delle proposte.

Quando io ricevo una proposta, io sono costretto a scegliere.

In un modo o nell'altro sono costretto a scegliere.

Quindi l'uomo è costretto a scegliere, però la Parola di Dio ti dice quello che devi scegliere.

"Io ti metto fra le mani la vita e la morte, però io ti dico di scegliere la vita".

Ma cosa vuol dire scegliere la vita?

L'abbiamo visto che la vita è conoscenza.

E cos'è la conoscenza?

La conoscenza è un rapporto.

Il rapporto è determinato essenzialmente da quello che devi mettere prima di tutto e Dio ti dice quello che devi mettere prima di tutto.

Questa è la proposta.

È lì che incomincia adesso la conoscenza.

È lì che comincio a capire cos'è la creazione e cos'è questo Pensiero di Dio Creatore che portiamo in noi.

E lì che incomincio a capirlo, prima no, prima subisco e sono in colpa se trascuro.

E quando mi viene detto di scegliere e mi si dice cosa scegliere, questo mi fa responsabile.

Prima no, è quando sono costretto a scegliere e non potrei essere costretto a scegliere se la Parola di Dio non giungesse a me e mi dicesse quello che devo mettere prima di tutto.

La Parola di Dio mi fa questa proposta per farmi entrare nella vita vera, cioè nella conoscenza.

Solo mettendo Dio prima di tutto io ho la possibilità adesso, di guardare le cose dal punto di vista di Dio e guardando dal punto di vista di Dio incomincio a scoprire di essere conosciuto e non vado più a elemosinare a destra e manca qualcuno che mi conosca.

Perché è Dio che mi conosce ed è tutto e la vita mi viene soltanto da Dio.

Tutto il resto essere conosciuti, essere chiamati per nome, essere amati è tutto una conseguenza di Dio Creatore.

Siamo nel campo della fede, sia chiaro.

Campo della fede in quanto noi partiamo da cose che ci sono imposte.

Per cui io dico che esiste un Dio Creatore perché c'è la creazione, qui siamo nel campo della fede.

......Non mi importa che ci siamo altri uomini che pensano, non mi importa niente.

A questo punto qui il rapporto è diretto tra me e Dio.

C'è qualcuno che fa le cose perché non sono io che le faccio.

Io devo mettere l'interesse per questo qualcuno al di sopra di tutto.

Perché se non metto questo, implicitamente io metto me come punto fisso di riferimento.

E certamente questo è sbagliato perché sarebbe come dire che sono io che faccio tutte le cose.

Le riferisco a me e guardo tutte le cose dal mio punto di vista.

Guardare tutte le cose dal mio punto di vista certamente è sbagliato perché non sono io che faccio tutte le cose che esperimento.

A.: Ed è il pastore che conduce l'anima a porre il Pensiero di Dio Creatore al di sopra di tutto?

Certo, perché è il pastore che fa la proposta, è il pastore che dà il nome.

Il primo nome che Dio ci dà è: "Metti prima di tutto Dio, il mio pensiero, come punto fisso di riferimento, comincia a guardare le cose dal punto di vista dell'eterno e non dal punto di vista delle cose che passano."

Questa è la prima proposta che Lui mi fa.

Quando mi fa una proposta, in quanto mi fa una proposta io già mi sento l'interessato e quindi mi sento conosciuto, Dio non mi ignora se mi fa una proposta.

È già lì quindi, il primo nome che mi dà.

In quanto si degna di dire a me, umile paria di mettere Lui prima di tutto.

Come? A me creatura, a me niente, a un certo momento Dio mi dice di mettere Lui prima di tutto nei miei pensieri, in modo da guardare tutto dal suo punto di vista per entrare nella conoscenza.

A.: Ma avviato nella conoscenza, l'uomo è ancora condotto dal Creatore.

Ma tutto è opera del Creatore.

"Io conosco le mie pecore", questa conoscenza inizia con la proposta: guardare le cose dal suo punto di vista per capire che Lui mi conosce.

Perché soltanto se guardo dal suo punto di vista io capisco che Lui mi conosce.

Altrimenti io faccio esperienza di non essere conosciuto da Lui.

Io magari chiedo che il Signore mi aiuti in questo e Lui non mi aiuta.

E io mi sento ignorato, non mi sento conosciuto.

A.: Ma sono io che non conosco Lui.

Ma esperimento di essere ignorato da Lui.

Io posso anche capire di non essere conosciuto da Lui in quanto Lui non risponde a me (finge di ignorarmi), se io capisco che quello è un atto per dire a me: "Guarda che non hai messo le cose a posto, non hai messo prima quello che dovevi mettere prima.".

Ma questo lo posso capire solo se guardo da Lui ma se non guardo da Lui, stai pur certo che io non capisco questo e mi sento ignorato e quando mi sento ignorato mi sento solo e quando mi sento solo e nessuno mi guarda, io mi sento morire.

Perché non c'è nessuno che mi guardi, perché noi da soli non stiamo su.

Noi stiamo su in quanto c'è qualcuno a noi che dice :"Tu sei" fosse anche un animale.

Ma noi abbiamo bisogno di qualcuno che dica a noi: "Tu sei".

A.: Quindi il nome con cui il pastore ci chiama sottolinea un livello, un grado di conoscenza che noi abbiamo di Dio? Solo per questo noi lo intendiamo, altrimenti come potremo conoscerlo?

Ho detto che  la conoscenza viene sempre dopo...

A.: Ma la conoscenza può essere anche di fede.

Noi possiamo venirci a trovare in una situazione d'impossibilità di conoscenza.

La fede è una cosa che viene imposta, anche il demonio crede in Dio, stai pur tranquillo.

Anche il demonio deve credere in Dio, non può farne a meno ma non può conoscere.

Però non può ignorare Dio.

Tant'è vero che Dio è tanto padrone che può convocare il demonio alla sua presenza.

Quando e come vuole.

Se lo può convocare vuol dire che il demonio non può ignorare Dio.

E il demonio non può ignorare Dio, come nessuno di noi può ignorare Dio.

Ma questa non è conoscenza, questo è subire una presenza e non sapere chi sia.

Invece la conoscenza è una partecipazione, è essere fatti consapevoli di quello che Dio è.

È un essere fatti consapevoli che Lui sta pensando a me, che Lui parla con me, che Lui mi convoca alla sua presenza.

Perché io lo possa conoscere e lo possa conoscere da Lui, perché la conoscenza di Dio si ha soltanto per mezzo di Dio.

A.: Ma il rapporto fra pastore e pecore non è un rapporto di conoscenza? Pecore che appartengono al pastore.

È un rapporto di conoscenza in quanto le pecore portano qualche cosa in sé del pastore.

Questo è segno di conoscenza in quanto in noi, portiamo qualche cosa di Dio in noi.

Noi possiamo portare nulla di Dio in noi, tanto che Dio dice a quelle vergini stolte: "Non vi conosco".

A delle creature che dicono: "Noi abbiamo mangiato alla tua mensa, noi ti abbiamo ascoltato predicare sulle nostre piazze", dice: "Non vi ho mai conosciute".

Evidentemente perché non c'era niente di Lui in loro.

La conoscenza presuppone un elemento comune, per cui le pecore sono conosciute perché hanno qualche cosa del pastore in sé.

Noi siamo conosciuti soltanto in quanto abbiamo qualche cosa di Dio in noi.

Dio essendo principio, se noi non lo mettiamo come principio, non abbiamo niente in noi di Lui.

C'è tutt'altro ma non c'è Lui.

Io posso essere religiosissimo ed essere ignorato da Dio.

B.: Le pecore sanno di essere conosciute.

No un momento, le pecore non sanno di essere conosciute.

B.: Le sue pecore.,....

No, le pecore sono animali e non sanno di essere conosciute.

Le pecore reagiscono ma non sanno.

Se tu  mi dici pecore-uomini allora qui la cosa è diversa, l'uomo sa di essere conosciuto.

Ma l'uomo sa di essere conosciuto perché non è pecora e perché non è pecora?

Perché la pecora riceve una impressione, un sentimento e registra questo e risponde ogni volta che risente quell'impressione.

È un fatto associativo.

Per cui tu suoni una campanella e quella ogni volta viene.

B.: E allora il pastore vede qualcosa di proprio nella pecora che risponde.

Ecco è il pastore che conosce la pecora.

Si Lui dirà che la pecora conosce il pastore ma tu hai l'impressione che la pecora ti risponda, come hai l'impressione che il cane ti riconosca perché ti scodinzola la coda.

Hai l'impressione ma lui non ti conosce mica.

B.: Risponde a un condizionamento.

Risponde a un condizionamento. Allora tu conosci lui perché tu hai messo un certo condizionamento in lui.

Tu hai messo un certo condizionamento in lui e adesso l'altro l'ha registrato e ti risponde secondo questo condizionamento che tu gli hai dato.

Tu hai l'impressione che ti conosca ma è solamente una illusione, perché arriverà certo un giorno in cui toccherai con mano che lui non ti conosce e ti ignora.

Però tu ti vedi nella pecora, perché hai chiamato quella pecora con quel nome lì.

Pochi giorni fa in montagna abbiamo incontrato un nostro amico che ha chiamato la mucca Pierina e diceva che quella vacca non l'avrebbe venduta per nessun prezzo perché: "Quando la chiamo per nome quella vacca mi guarda".

Hai capito!

La vacca se ne frega di lui, però quando la chiama Pierina la vacca lo guarda e lui è contento: "Io non la vendo per nessun milione". Si vede conosciuto, proprio ciò di cui noi abbiamo bisogno.

Nell'uomo quel nome che Dio ti dà, non è come il pastore che ti chiama Pierina, il nome che ti dà Dio è la proposta del suo Pensiero, è guardare dal suo punto di vista.

Se tu guardi dal suo punto di vista, tu guardi dal principio ma, guardare dal principio vuol dire essere fatti consapevoli.

La conoscenza è avere in noi stessi il principio della cosa.

La pecora non ha il principio della cosa, tu invece se guardi le cose da Dio guardi dal principio e guardando dal principio hai la consapevolezza di quello che viene dal principio, hai la conoscenza.

B.: E questo è già Dio che ci dà un nome, perché Lui ci dice di vivere nel fine per cui Lui ci ha creati e noi qui riceviamo questo nome da Dio.

Il primo nome te lo dà in quanto ti fa la proposta, cioè di mettere prima di tutto Dio, di guardare dal suo punto di vista, ti propone questo.

In quanto ti fa una proposta ti dà un nome.

Non è detto che tu interiorizzi questo nome, non è detto che tu accolga questo nome.

Tu puoi non accogliere questo nome, tu puoi dire: "Io ho i buoi, i campi, la moglie".

Per cui il tuo nome diventano i buoi, i campi e la moglie.

Il tuo nome diventano i tuoi affari, la tua azienda, il tuo mondo, la tua campagna, il tuo nome non è Dio.

Dio però ti ha fatto la proposta.

Quella proposta tu non la potrai ignorare in eterno.

Di fronte alla proposta tu sei impegnato in una scelta, la risposta la dai, necessariamente la dai.

È lì che ti assumi il nome.

Il nome ti viene da Dio se tu metti prima di tutto Lui, allora mettendo Lui come principio tu diventi figlio di questo principio e ricevi il nome da Dio, altrimenti tu ricevi il tuo nome dalla mucca.

B.: Il mio nome diventa la risposta che io do alla proposta di Dio.

E già ma, il nome ti viene da Dio, perché tu conosci dal principio, quindi conosci anche quello che tu sei da Lui.

B.: Questo primo nome che Dio dà ad ogni uomo è uguale per tutti.

Come proposta, la proposta nel tempo della nostra vita dura pochissimo, dura il tempo che ti dà per dare una risposta, per dire si o no.

È lì che ti qualifichi.

C.: Io mi sento conosciuta da Dio in quanto c'è unità, sintonia di pensiero con Dio.

Noi ci sentiamo conosciuti in quanto il pensiero che è in noi è lo stesso pensiero che è in Dio.

Evidentemente soltanto se in me c'è il Pensiero di Dio......

In Dio c'è soltanto il Pensiero di Dio, Dio si rivela soltanto a suo Figlio che è il suo Pensiero.

In me c'è il Pensiero di Dio solo se io guardo tutto da Dio, quindi accolgo quello che Lui mi propone: "Metti Me prima di tutto".

Mettere Dio prima di tutto vuol dire iniziare a guardare dal punto di vista di Dio.

Col pensiero noi incominciamo a guardare dal punto di vista di qualcuno.

Dio mi dice di guardare tutto dal suo punto di vista.

Il che vuol dire sottomettere tutto al suo Pensiero.

Guardare dal punto di vista di Dio vuol dire portarsi a guardare tutto dal punto di vista di Dio, quindi sottomettere tutto a Lui, per vederlo da Lui.

Lì in me, c'è lo stesso pensiero che è in Dio.

Lo stesso Pensiero di Dio in me che è Pensiero di Dio, qui mi fa entrare nella conoscenza, per cui Dio mi conosce e io lo conosco.

Perché avere il Pensiero di Dio è avere la presenza del principio.

Quando in me ho il principio di una cosa io conosco la cosa.

Noi non conosciamo una cosa in quanto abbiamo la sensazione, i sentimenti della cosa ma non abbiamo il principio della cosa.

Allora noi non conosciamo la cosa.

Tu senti il vento ma non sai né di donde viene né di donde va: ecco la cosa che mi è imposta.

Tutta la creazione è questo vento che mi è imposto ma io non so donde venga e quindi non lo conosco.

Mettendo invece prima di tutto Dio, io metto il principio.

E quindi questo principio è in me come pensiero e quindi questo stesso principio adesso mi dà la possibilità di conoscere, perché la persona è caratterizzata dal fatto che ha in se stessa il principio, il motivo delle cose.

C.: L'uomo ha bisogno di sentirsi conosciuto da Dio, può succedere che la persona si accontenti di sentirsi conosciuta dalle creature e gli basti?

La creatura non si sente conosciuta da Dio, perché tu preghi e Lui non risponde, tu chiedi e Dio tace, tu vorresti toccare qualcosa di Dio e non tocchi niente di Dio e ti ammali e muori perché non tocchi niente di Dio.

a un certo momento in questa miseria, essendo tu fame di esistenza, vai a elemosinare.

Noi andiamo ad elemosinare da uno all'altro uno sguardo, un sorriso.

Vuoi essere ingannata, noi stessi vogliamo essere ingannati purché qualcuno ci dica: "Guarda che tu ci sei".

Il che vuol dire che noi da soli non stiamo su.

Noi abbiamo bisogno di un'altro.

Siamo noi che andiamo a fare i mendicanti dalle creature dal momento che non riusciamo ad ottenere da Dio quello di cui noi abbiamo bisogno.

Perché noi viviamo e siamo in quanto partecipiamo.

Dio è.

Noi non siamo.

Noi siamo nella misura in cui partecipiamo a quello che Dio è.

A ciò che Dio è.

Ma tu partecipi a ciò che Dio è soltanto attraverso la conoscenza.

È attraverso la conoscenza che si trasmette l'essere e fintanto che io cerco Dio non attraverso la conoscenza, io non ricevo niente da Dio.

Perché l'essere si comunica solo attraverso la conoscenza.

Il Figlio di Dio riceve l'essere del Padre (l'essere è uno solo) attraverso la conoscenza.

Il che vuol dire che noi riceviamo l'essere di Dio solo attraverso la conoscenza.

Quindi è inutile che noi andiamo a cercare con altri mezzi Dio, perché Dio lì non risponde.

Perché non risponde?

Perché vuol farmi capire che Lui si comunica solo attraverso la conoscenza.

E questa conoscenza non è un atto, è una vita.

Diventa vita eterna, per l'eternità, l'essere di Dio si comunica attraverso la conoscenza per quello che lo conosciamo.

Ed è lì che noi facciamo una cosa sola con il Figlio.

D.: L'esistenza ci è imposta....

Si capisce, nessuno ti ha interrogato prima di nascere.

Adesso sì sei interrogata.

Lì è la meraviglia, Dio ci impone la vita e l'esistenza qui in terra ma, non c'impone mica la vita eterna senza interrogarci prima.

Per cui Lui ci dà questa esistenza qui per poterci interrogare: "Vuoi Nascere? Vuoi Vivere?".

Lui ci dà questa esistenza unicamente per poterci fare questa domanda.

Quindi questa esistenza qui ce la impone.

L'altra non ce la impone, ce la propone.

D.: L'altra è scelta da noi.

Ma non sono io che scelgo!

Tu non scegli assolutamente niente, tu non puoi scegliere di andare a pranzo da uno se quell'uno non ti invita.

Se io scelgo è perché sono stato scelto e allora dirò sempre: "Signore ti ringrazio perché Tu un giorno mi hai scelto.

Dobbiamo evitare di dire: "Sono io che penso, sono io che prego, sono io che scelgo" assolutamente no.

"Io penso quindi sono" è una cavolata!

Io penso in quanto è Dio che genera in me il suo Pensiero.

Io scelgo in quanto è Dio che mi sceglie.

È come quando sono invitato a pranzo, non sono io che scelgo di essere invitato a pranzo.

È colui che ti invita a pranzo che ti dà la possibilità.

È vero che tu puoi dire che hai i buoi, i campi e la moglie e ti assumerai la responsabilità del rifiuto del pranzo però, se tu hai la possibilità di scegliere di andare a pranzo, la grazia è di colui che ti ha invitato a pranzo.

E.: Hai detto che guardando da Dio si ha la conoscenza, io pensavo che conoscendo uno si ha la possibilità di guardare dal punto di vista di quell'uno, come faccio a guardare dal punto di vista di uno che non conosco?

Dio si impone a noi e noi non possiamo ignorarlo.

Noi non possiamo ignorare che non siamo noi a fare tutte le cose, c'è un altro.

E c'è la Parola di Dio che dice: "Metti prima di tutto Me".

Siamo nel campo della fede e io non posso ignorare che Lui mi dice di mettere prima di tutto, Colui che fa tutte le cose, devi metterlo prima di tutto e iniziare a guardare da questo punto di vista.

La conoscenza è effetto di un rapporto.

Per fare un rapporto, tu devi avere due termini, uno di questi termini è Dio e Dio ti dice che devi mettere Lui come punto fisso di riferimento.

E tutte le cose, tue e del mondo le devi sempre riferire tutte a Lui.

La conoscenza di Dio noi l'abbiamo soltanto in quanto possiamo riferire al Padre il suo Pensiero.

Ecco per cui noi possiamo venirci a trovare nel non avere in noi il Pensiero di Dio che è il Figlio di Dio.

Noi possiamo arrivare davanti a Dio (Dio che s'impone) senza avere il Pensiero di Dio in noi.

Il che vuol dire che noi abbiamo un termine solo e con un termine solo io non posso più conoscere, io lo subisco solo.

Lo subisco ma non posso conoscerlo.

È la condizione del demonio, dell'inferno, non c'è il Pensiero di Dio in lui e Dio si è imposto ma, il demonio non ha la possibilità di conoscerlo.

Ecco la meraviglia della Trinità di Dio: è la condizione per arrivare a conoscere, è la condizione per poter arrivare allo Spirito Santo.

Se non c'è il rapporto tra Padre e Figlio, lo Spirito Santo tu te lo sogni.

Lo Spirito Santo è la conoscenza ed è lo Spirito Santo che ti fa conoscere Dio.

Lo Spirito Santo è vita eterna, è l'inizio della vita eterna.

La conoscenza di Dio è la meta, non è il principio.

Il principio è la fede, è quello che ti è imposto.

Tu non puoi ignorarlo senza colpa: "Lo vedrò poi dopo", stai fresca, tu non lo vedrai mai.

Puoi morire mille volte ma tu non lo troverai mai.

Perché se tu non ti sforzi di entrare adesso nella vita eterna, se non metti Dio prima di tutto adesso, oggi, domani tu non entri più.

F.: Ma Dio ci conosce sempre...

Lui ci conosce in tutto e ci ignora in tutto.

È Parola di Dio che Lui dice a certe creature: "Via da me non vi conosco"?

Nel Vangelo lo trovi questo?

Se è detto, noi possiamo essere quelle creature lì.

Nel Vangelo Dio dice a certe creature: "Non vi conosco, non vi ho mai conosciute".

Quello lo dice per noi, lo dice per evitarci di arrivare a quel punto lì.

Ma vuol dire che la cosa è possibile.

Se la cosa non fosse possibile non ce lo direbbe mica.

Evidentemente ce lo dice perché noi non abbiamo messo la ricerca e la conoscenza di Lui al di sopra di tutto.

E allora Lui non ci conosce.

Lui ci conosce solo nel suo Pensiero, in suo Figlio.

E soltanto per quello che noi portiamo di suo Figlio in noi che Lui ci conosce.

Lui conosce Se Stesso soltanto in suo Figlio e nessuno va al Padre se non per mezzo di suo Figlio.

E se noi non abbiamo il Pensiero di Dio in noi (suo Figlio è il Pensiero di Dio) e non l'abbiamo messo prima di tutto, noi ci troviamo di fronte a Dio che non ci conosce: tu lo supplichi, lo invochi, lo preghi e Lui non ti conosce, Lui è morto.

È assente e noi facciamo esperienza dell'assenza di Dio.

Non è che Lui a parole ti dice: "Non ti conosco".

Quando tu non trovi Dio, quando tu piangi e Dio non si fa toccare, quando tu fai esperienza dell'assenza di Dio e Dio che ti dice: "Non ti conosco".

F.: Ma io mi sento conosciuta.

Ti senti conosciuta quando Lui è assente e ti dice che non ti conosce?

F.: Ma anche quando si invoca Dio si ha comunque la speranza di giungere a trovarlo.

Se tu hai fiducia vuol dire che guardi le cose dal punto di vista di Dio e allora siamo d'accordo.

Anche il Dio che tace, il Dio che non si fa trovare, anche quella è una Parola di Dio.

Ma se tu capisci che il silenzio di Dio è una Parola di Dio allora vuol dire che guardi le cose dal punto di vista di Dio.

Ma se tu non guardi le cose dal punto di vista di Dio e fai l'esperienza del Dio che tace, del Dio che è assente, tu non vedi mica la presenza di Dio.

Per vedere che Dio è presente nella sua assenza, tu devi aver guardato le cose dal punto di vista di Dio, altrimenti stai tranquilla che l'assenza è assenza: quando tu non trovi Dio tu non trovi Dio.

Se guardi le cose dal punto di vista di Dio, da Dio tu capisci che se tu cerchi Dio hai già trovato Dio ma, se tu non guardi le cose dal punto di vista di Dio, tu cerchi Dio solo perché non lo trovi e non lo conosci.

G.: Gesù dice: "Padre ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere ancora, affinché l'amore con il quale hai amato Me sia in essi e Io in loro", è questa possibilità che ci dà di metterlo prima di tutto, essendo Lui prima di tutto.

Se tu non lo metti prima di tutto tu ti tagli completamente fuori.

A un certo momento tu non puoi né conoscere, né esperimentare, né toccare Dio, nel modo più assoluto.

Non lo puoi ignorare ma stai tranquilla che non lo puoi conoscere.

La condizione per conoscere Dio è che ci sia in te questo prima di tutto.

Che tu abbia in te qualcosa di Lui in te affinché tu possa rapportarlo.

Altrimenti non c'è la possibilità della conoscenza, perché la conoscenza è effetto di un rapporto.

La conoscenza, lo Spirito Santo, lo Spirito di Verità, nasce dal rapporto tra Padre e Figlio.

Nell'eternità c'è questo rapporto, se tu escludi questo rapporto, tu non puoi entrare nella conoscenza di Dio.

H.: Se noi facciamo la scelta decisiva di guardare tutto dal punto di vista di Dio c'è un continuo rapporto con Dio, altrimenti no.

Altrimenti c'è il discontinuo, quindi c'è la frattura, c'è il frammento, la morte è frammento, è divisone, è dispersione, non è annullamento.

Non c'è niente che si annulli in Dio ma c'è la frattura, il discontinuo.

H.: L'argomento della discontinuità era stato fatto per capire l'argomento di oggi: quando c'è questa scelta decisiva, è solo guardando da Dio che io faccio esperienza di essere conosciuta da Dio.

Ma questo continuo c'è soltanto in quanto tu guardi dal punto di vista di Dio.

Siccome tutto è fatto nel Pensiero di Dio, tu hai la possibilità di questo continuo.

Se tu pensi che tutte le scelte che noi facciamo, le facciamo per mantenere un continuo, è per mantenere la tua persona.

Questa vita che è affermazione di persona è un continuo, soltanto che a un certo momento tu non riesci ad affermare il pensiero che porti in te.

Se è un pensiero diverso da Dio, a un certo momento il tuo pensiero viene fratturato, non puoi più portarlo avanti ed è la tua stessa persona che qui è divisa.

A un certo momento entri in crisi d'identità.

Non sai più chi tu sia, appunto perché tutte le scelte che noi facciamo, le facciamo per mantenere una unità, una continuità di pensiero.

Tu parti con un fine è hai il tuo pensiero e fai tutte le scelte per poter riaffermare la continuità con questo fine qui che hai.

A un certo momento quello ti crolla, ti trovi di fronte alla parete, non puoi più.

Siccome tutte le cose sono fatte da Dio, soltanto se tu guardi da Dio nel Pensiero di Dio c'è questo continuo che diventa vita.

Vita continua, senza fratture.

H.: Si è parlato molto di crisi d'identità sopratutto nel campo religioso, proprio perché uno ha fatto consistere il fine della propria vita in certe cose che poi sono crollate.

Se invece uno ha come fine il principio, lì non si è mai smentiti, anzi.

Sarà difficile tutto quello che tu vuoi ma d'altronde Dio è l'essere Assoluto.

Solo Dio ti porta in questa continuità in cui non sarai smentita da nessuno, Dio è Colui che regna e non c'è nessuno che possa smentirlo.

H.: Ed è proprio in questo continuo che si esperimenta di essere conosciuti, perché si ha in noi lo stesso pensiero del principio.

Certamente.

I.: Io sono nella continuità quando anche nell'assenza io vedo Dio che mi parla.

Tu non trovi l'assenza di Dio, perché anche l'assenza è una Parola di Dio.

Ma questo visto da Dio.

M.: Mi ha richiamato l'esperienza di Natanaele, lui ha avuto la possibilità di superare il pregiudizio perché non era falso, aveva cioè il desiderio di Dio prima di tutto.

Hai visto come è stato conosciuto Natanaele? Non è bastato che Gesù gli dicesse: "Ti conosco".

"Come mi conosci?", "Ti ho visto sotto l'albero": fulminato.

Quindi non basta mica la Parola di Dio: "Ti conosco", hai bisogno di trovare in te, Lui.

Ecco il punto in comune.

C'è stato un punto in comune tra Gesù e Natanaele, ecco lo stesso pensiero.

Anche se Gesù ti dice: "Io ti conosco", tu hai il dubbio.

Perché fai esperienza di altro.

Solo quando in te c'è lo stesso pensiero che c'è in Lui, lì resti fulminata.

M.: È stato detto che Dio conosce Se Stesso solo nel Figlio?

Si.

M.: Ma Dio è e basta, non ha bisogno di conoscersi.

Ma proprio perché Lui è Se Stesso si conosce.

M.: Si ma non nel Figlio.

Il Figlio è il suo Pensiero.

M.: Ma Dio non conosce Se Stesso nel Figlio.

Sì, si conosce nel Figlio.

Noi intendiamo il Figlio come un'altro ma sono un essere unico il Padre e il Figlio.

Dio essendo Se Stesso non è altro, noi siamo siamo sempre altro da noi stessi ma Dio è sempre Se Stesso, essendo Se Stesso, conosce Sé.

Non subisce imposizioni Dio.

Noi non ci conosciamo perché subiamo imposizioni, dipendiamo da altri ma Dio non subisce imposizioni e conosce Se Stesso.

È proprio questa conoscenza di Sé che è suo Figlio.

M.: Sarebbe come dire che si conosce nel suo Pensiero?

Certo.

N.: Il Pensiero di Dio è l'unità di misura per la conoscenza di Dio e oggi come approfondimento abbiamo visto che il Pensiero di Dio è un termine di misura anche nella conoscenza di noi stessi.

Il Pensiero di Dio deve essere l'elemento in comune.

Il Pensiero di Dio vale e ci dà la possibilità di conoscere solo in quanto è comune tra noi e Dio.

Non basta che il Pensiero di Dio sia in Dio, bisogna che sia anche in me.

Come per la pecora, non basta che la pecora sia pecora, bisogna che la pecora porti il nome che le ha dato il pastore.

Per cui questo nome qui c'è nel pastore e c'è nella pecora.

Elemento comune.

Così anche il Pensiero di Dio, è in Dio ma deve essere anche in me.

Deve essere in me come punto di vista, come ciò da cui io guardo.

Cioè come quello che ho messo prima di tutto.

Fintanto che non lo metto prima di tutto, Dio può anche dirmi che mi conosce ma io ne dubito altamente, perché ho dei dati che mi sconfessano questo.

Come Natanaele quando si sente dire da Gesù che lo conosce: "Come mi conosci?" è quando salta fuori quel come che si resta fulminati, quel come è dato proprio dalla presenza comune fra i due, ecco il punto di contatto.

Fintanto che non c'è questo punto di contatto, noi non facciamo altro che perdere la vita elemosinando la vita dalle creature.

Noi non facciamo altro che perdere vita in continuazione fino alla morte.

Perché non tocchiamo niente di Dio, niente dell'eterno ma per toccare qualcosa di Dio, bisogna che ci sia un punto d'infinito in me messo al di sopra di tutto, cioè il Pensiero di Dio.

O.: Penso che la prima risposta da dare a Dio sia la morte del nostro io.

Si ma in quanto Lui ti chiede di mettere prima di tutto Lui.

Mettendo prima di tutto Lui, automaticamente c'è la morte del tuo io, tu da solo non puoi mica morire a te stesso.

Da solo non puoi morire, perché anche se dici: "Io muoio, io muoio", ti affermi.

Tu muori in quanto ti dimentichi di te ma, per dimenticarti di te devi avere un appoggio su altro da te su cui sostenerti, altrimenti non puoi.

Tu se hai un altro che parla con te, tu puoi fare attenzione all'altro e allora tu muori a te stesso.

Muori ai tuoi problemi, ai tuoi fastidi, alle tue preoccupazioni perché c'è l'altro che ti parla.

Ma se l'altro non ti parla, tu non puoi mica morire, il verbo del nostro io non muore, per l'eternità.

O.: Ma possiamo decidere di morire.

Non possiamo decidere di morire perché non possiamo annullarci.

È Dio che ci fa essere e noi non possiamo mica annullare l'opera di Dio.

Il nostro io è creatura di Dio e io non posso mica annullare l'opera di Dio.

Solo se Dio mi parla, parlandomi, mi dà la possibilità di dimenticarmi di me e di superarmi per fare attenzione solo a Lui, allora qui moriamo al nostro io.

P.: Niente di sentito dire ma tutto rivisitato.

Certo, Dio non ama coloro che vivono di sentito dire.

Dio ama coloro che sono consapevoli.


Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.  Gv 10 Vs 14 Terzo tema.


Titolo: La conoscenza delle pecore.


Argomenti: La glorificazione del mondo. Il bisogno spirituale dell'uomo. Il prima di tutto nel campo umano & animale. Il punto fisso di riferimento. Il nome con cui Dio ci conosce. È possibile conoscere Dio: Parola di Dio & bisogno dell'uomo. Conoscenza & principio. La presenza del principio. La persona ha in sé il motivo di ciò che vuole.


 

21-22/Ottobre/1990 Casa di preghiera Fossano.


Abbiamo visto le prime due parti di questo versetto e adesso ci rimane l'ultima: "Le mie pecore conoscono Me".

Teniamo presente che qui siamo nel campo delle parabole, è Parola di Dio e in quanto è Parola di Dio, c'è sempre un significato personale per l'uomo.

Il pastore è Dio e le pecore rappresentano gli uomini.

Se qui Dio dice: "Le mie pecore conoscono Me", già apre di fronte a noi una situazione di crisi.

Perché dicendo: "Le mie pecore mi conoscono", fa capire che coloro che non conoscono Dio non sono sue pecore.

C'è da chiedersi chi è che conosce Dio?

Eppure qui Dio dice: "Le mie pecore mi conoscono".

Allora se tutti quelli che non conoscono Dio non sono sue pecore ci apre a una crisi.

Nello stesso tempo però ci fa anche questa grande rivelazione: l'essenzialità della conoscenza di Dio.

Le pecore di Dio conoscono Dio.

Chi sono allora queste sue pecore?

Abbiamo visto che pecore del pastore sono le pecore che riconoscono la sua voce.

Sono quelle che hanno ricevuto dal pastore un nome e riconoscono questo nome, per cui tutte le volte che il pastore le chiama per nome, loro corrono dal pastore.

E il pastore riconosce in esse se stesso, al punto tale che il pastore (in questo caso è il rischio dell'uomo) può esaltarsi della sottomissione delle sue pecore (ogni uomo può esaltarsi della creazione che ha attorno) perché le pecore dicono al pastore: "Tu sei".

Abbiamo l'animale in quanto riceve l'impronta dell'uomo e nella misura in cui riceve l'impronta dell'uomo....

L'animale può essere educato dall'uomo, ammaestrato dall'uomo e l'uomo può significare se stesso nell'animale, non soltanto nell'animale ma in tutta la creazione.

L'uomo corre questo rischio qui, poiché tutta la creazione non fa altro che dire all'uomo: "Tu sei", l'uomo corre il rischio di esaltarsi e di accontentarsi di quello che gli dice l'animale o di quello che gli dice l'uomo.

Anche la donna riceve l'impronta dall'uomo come l'uomo riceve l'impronta dalla donna.

E si corre questo tremendo rischio di fermarsi alla glorificazione di se stessi che si riceve dalla creazione.

L'uomo è stato creato al centro della creazione, è il re del creato, il che vuol dire che tutta la creazione, tutte le piante e tutti gli animali sono sottomessi all'uomo e l'uomo può infondere il suo nome sulla creazione, sulle piante, sugli animali, sulle creature e riceve la glorificazione di sé da esse.

L'uomo nel pensiero del suo io resta fermo a questa glorificazione che tutta la creazione dà all'uomo, poiché tutte le creature dicono all'uomo: "Tu sei".

Tutta la creazione e tutti gli uomini glorificano l'uomo, esaltano l'uomo e dicono all'uomo: Tu sei".

L'uomo ha un tale bisogno di essere che addirittura si rende mendicante verso tutte le creature per ricevere dalle creature un saluto o uno sguardo per trovare qualcuno che gli confermi che lui è.

Poiché l'uomo da solo non sta su.

L'uomo nel pensiero del suo io, pur fermandosi a questa esaltazione che riceve da tutta la creazione, l'uomo profondamente dentro di sé non trova in nessuna creatura, in nessun animale, in nessun uomo quel "Tu sei" che è la parte principale dell'uomo, la sua parte spirituale.

La parte spirituale è quella che caratterizza l'uomo.

Tolta la parte spirituale dell'uomo, noi abbiamo l'uomo sentimentale, quindi l'uomo animale.

Nella parte spirituale l'uomo ha bisogno di trovare un significato a tutto.

Sopratutto ha bisogno di trovare un perché alla sua stessa esistenza, alla sua vita, al suo bisogno di capire.

L'uomo pur se sentimentalmente soddisfatto dalla glorificazione che gli danno gli altri uomini o la creazione, dicendogli: "Tu sei", confermandolo, conoscendolo, l'uomo profondamente porta in se questa tristezza della parte migliore di sé che non trova in nessuna creatura, qualcuno che lo comprenda, qualcuno che gli dica: "Tu sei" in questa parte spirituale.

Che gli dica: "Tu sei" in quello che per l'uomo è problema e problema senza risposta.

L'uomo essenzialmente è un problema che non trova soluzione, non trova risposta.

Ed è qui che l'uomo sostanzialmente soffre.

Sentimentalmente lui può essere soddisfatto di quello che gli dicono gli uomini, dell'affetto, dell'amore, della conoscenza o della riconoscenza che può ricevere dagli uomini o anche dagli animali.

Però profondamente, l'uomo non trova e non può trovare la comprensione di quello che lui è essenzialmente, spiritualmente.

L'uomo è un problema di Assoluto, l'uomo è fame di Assoluto.

L'uomo ha bisogno di trovare l'Assoluto che gli dica: "Tu sei".

Tutto ciò che è creatura, tutto ciò che è soggetto a mutamento, per quanto gli dica: "Tu sei", per quanto glorifichi l'uomo, non può rispondere a quel bisogno di significato, a quel bisogno di perché che forma l'uomo.

Anche tutte le scienze, anche tutte le scienze degli uomini rispondono al come ma, certamente non possono rispondere al perché, non possono rispondere al significato.

L'uomo essenzialmente è questo vuoto di significato che ha bisogno di essere riempito.

È qui che l'uomo ha bisogno di sentirsi dire: "Tu sei", ha bisogno cioè di sentirsi confermato.

Ha bisogno cioè di trovare qualcuno che risponda al suo problema.

Noi abbiamo visto la volta scorsa che il pastore conosce le sue pecore e conoscendo le sue pecore ne può essere esaltato.

Noi ci chiediamo come il pastore conosce le sue pecore?

Il pastore conosce le sue pecore perché trova in esse se stesso.

Qui invece ci dice: "E le pecore conoscono il pastore".

Anche qui noi dobbiamo chiederci come mai?

È vero che il pastore conosce le sue pecore, perché vede nelle pecore se stesso ma, le pecore conoscono il pastore?

E se poi dopo ci trasferiamo nei significati, noi capiamo che pastore è Dio e Dio conosce le sue pecore, conosce i suoi uomini, conosce coloro che gli appartengono, ma gli uomini conoscono Dio?

"Il bue e l'asino conoscono il suo padrone, il bue conosce la sua stalla e l'asino conosce la sua greppia e gli uomini invece non conoscono il loro Dio".

Qual'è questa conoscenza che l'animale ha e qual'è questa non conoscenza che l'uomo ha?

Noi diciamo che la pecora conosce il suo pastore ma la pecora in realtà, non conosce il suo pastore.

Nessun animale conosce il suo padrone, siamo noi che riteniamo di essere conosciuti dagli animali perché troviamo in essi la corrispondenza: noi li chiamiamo per nome e loro rispondono, fanno le fusa o si strofinano se noi li accarezziamo, se noi li trattiamo bene loro ci trattano bene e da questa corrispondenza noi diciamo che l'animale ci conosce.

In realtà l'animale non conosce.

L'animale ha solamente delle reazioni a degli stimoli.

E quando noi abbiamo infuso in esso certi stimoli, l'animale riconosce questi stimoli e risponde secondo questi stimoli.

Possiamo dire che ogni animale è un registratore che si muove sulla voce del padrone.

Registra la voce e si muove su questa voce.

Ma notiamo bene che si muove sulla voce di chi per primo è entrato nell'animale.

L'animale riconosce un prima di tutto.

Abbiamo detto che la conoscenza sta in un rapporto e già nell'animale c'è questo rapporto.

Il rapporto è sempre determinato da ciò che si mette prima di tutto.

E anche nell'animale c'è un prima di tutto, l'animale riconosce colui che arriva a lui prima di tutto.

Questo l'animale lo registra e lo segue, per cui l'animale conosce chi l'ha generato o quella creatura che per prima incontra e può anche essere un uomo.

E segue l'uomo come il pulcino segue la chioccia.

Appunto perché è entrato prima di tutto.

Quello che è prima di tutto nel campo animale, nel campo umano che è essenzialmente il campo dello spirito, quel prima di tutto, non entra come tempo, entra come elezione.

Il prima di tutto nel campo animale entra come imposizione, nel campo umano invece, il prima di tutto entra come proposta.

E quindi come elezione.

Dio si propone all'uomo dicendogli: "Metti Me prima di tutto".

È un prima di tutto che deve servire per la conoscenza.

La conoscenza, abbiamo detto è un rapporto.

Ed essendo rapporto è determinato essenzialmente da ciò che noi mettiamo prima di tutto come punto fisso di riferimento.

Dio dice all'uomo: "Mettimi come punto fisso di riferimento".

Soltanto quando abbiamo un punto fisso di riferimento noi possiamo fare dei rapporti e quindi possiamo conoscere.

Quello che nel campo animale avviene automaticamente, nel campo dello spirito dell'uomo avviene elettivamente.

Richiede l'elezione dell'uomo.

Per cui Dio che crea l'uomo senza l'uomo, non si fa conoscere dall'uomo senza l'uomo.

Perché l'uomo deve passare attraverso questa elezione, attraverso questo mettere prima di tutto.

Altrimenti non può conoscere.

Di fronte a questa dichiarazione di Gesù: "Le mie pecore conoscono Dio", noi entriamo in crisi, perché ci fa capire che fintanto che noi non conosciamo Dio, noi non siamo sue pecore.

Queste parole ci fanno capire cos'è che ci fa sue pecore.

Se il pastore conosce le sue pecore in quanto dà un nome ad esse, imprime un nome ad esse, così anche gli uomini diventano pecore di Dio, appartengono a Dio, sono di Dio, soltanto in quanto ricevono un nome da Dio.

Come il pastore conosce le sue pecore in quanto vede in esse se stesso, così Dio conosce gli uomini in quanto vede negli uomini Se Stesso e nella misura in cui vede Se Stesso.

Ed è per questo che Dio propone all'uomo di metterlo prima di tutto, di averlo come punto fisso di riferimento in ogni conoscenza.

"Sottometti tutto al mio pensiero", perché questo è il nome con il quale Dio ci conosce.

Mentre il pastore impone alla pecora il nome che vuole lui, Dio ci offre il suo nome proponendoci di metterlo prima di tutto.

Se noi lo mettiamo prima di tutto, Lui riconosce in noi il suo nome, il suo pensiero, perché noi lo abbiamo messo prima di tutto.

Ed è lì e soltanto lì che le pecore conoscono il pastore e che gli uomini possono conoscere Dio.

Se l'uomo non accoglie la proposta di Dio e non mette Dio prima di tutto, si priva di quel punto fisso di riferimento, si priva cioè di un termine del rapporto.

E noi abbiamo detto che quando l'uomo perde uno dei due termini del rapporto si priva della possibilità della conoscenza e allora l'uomo subisce l'imposizione.

Anche l'imposizione di Dio, perché arriverà un momento in cui tutte le creature che dicevano all'uomo: "Tu sei", non gli diranno più: "Tu sei".

Certamente arriverà un giorno in cui tutte le creature taceranno.

Ci sarà silenzio, dice l'Apocalisse in tutto l'universo.

E quel silenzio in cosa consiste?

Consiste nel fatto che l'universo non dirà più all'uomo: "Tu sei".

Tutto tace e a quel punto lì, l'uomo si trova a tu per tu con Dio e solo con Dio.

Se l'uomo in quel punto in cui tutte le creature tacciono e non lo conoscono più, se l'uomo non si trova col Pensiero di Dio (non l'ha messo prima quando era proposta), l'uomo si trova alla presenza di Dio, subisce la presenza di Dio ma non può sopportarla e non può conoscerla, non può restare con Dio.

Perché non può sopportare la sua luce, la sua presenza.

Qui il problema di queste pecore che conoscono il pastore, si trasferisce sull'uomo che conosce Dio.

Qui si apre un altro grande problema: l'uomo può conoscere Dio?

È possibile conoscere Dio?

Quante volte si sente dire che è impossibile conoscere Dio?

E quanta religiosità ci ha posti di fronte a questo muro di mistero: "È impossibile conoscere Dio"

Senza rendersi conto della contraddizione con le parole stesse di Dio che dice che vuole essere conosciuto, che ci ha creati per conoscerlo, che ci ha destinati alla conoscenza, che la vita eterna sta nel conoscere Lui.

E sopratutto ci  ha impegnati con tutte le forze, con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta la nostra vita a sforzarci di entrare nella conoscenza di Lui.

Noi ci chiediamo, come si chiede tutto il mondo e tutte le creature: è possibile conoscere Dio?

Come è possibile conoscere Dio e chi lo può conoscere ?

La Parola di Dio, contro tutto quello che dicono gli uomini circa l'impossibilità di conoscere Dio (tanto che si è esaltata come virtù la non conoscenza di Dio!), la Parola di Dio ci dice che è possibile conoscere Dio.

Ce lo promette: "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi".

Dio stesso con le sue parole dice che Lui vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la verità.

La Parola di Dio dice a noi, promette che la conoscenza di Dio è è possibile.

Il che vuol dire che Lui Creatore ce la rende possibile.

Ci ha destinati a questa conoscenza, non ci prende in giro.

Ci ha destinati alla conoscenza di Dio e quindi la conoscenza di Dio è possibile.

Il dire che è impossibile è un peccare contro lo Spirito di Dio quindi è un peccare contro lo Spirito Santo.

E chi dice che conoscere Dio è impossibile, certamente non sarà perdonato né di qui né di là e non giungerà a conoscere Dio, perché è contro lo Spirito di Dio.

Quindi abbiamo la Parola di Dio che dice a noi che conoscere Dio è possibile, perché siamo stai creati per questo.

Sono sempre due le testimonianze dell'opera di Dio.

C'è la testimonianza della Parola di Dio che ce lo dice ma abbiamo anche la testimonianza della nostra fame.

L'uomo è essenzialmente bisogno di Dio, è essenzialmente problema di Assoluto.

Nonostante che l'uomo sia circondato da creature che lo confortano, che lo consolano, che lo fanno essere guardandolo e parlandogli, l'uomo non è soddisfatto e non può essere soddisfatto perché porta con sé un problema che non trova soddisfazione in nessuna creatura.

Nessuna creatura lo può consolare, perché lui può essere consolato soltanto da Uno solo.

Da Colui che dicendo: "Tu sei", lo comprende in tutto.

Lo comprende in tutto e sopratutto in quello che è il problema essenziale dell'uomo che è il bisogno di Assoluto ed è il bisogno di conoscere Dio.

E quando dico Dio, dico la causa in cui c'è la ragione di tutto: l'Assoluto che non dipende da nessuno, perché in Lui c'è la ragione di tutto e quindi è l'infinito e quindi è l'eterno.

L'uomo ha bisogno e fame di questo ed è stato creato per questo e questa è la testimonianza che lui porta.

Quando l'uomo porta con sé un problema, in quanto porta il problema, certamente c'è la soluzione di questo problema.

Altrimenti saremmo nell'assurdo e presso Dio non c'è assurdo.

L'uomo è una creatura ed essendo creatura è opera di Dio e se porta un problema in sé, questo problema è Dio che glielo ha posto.

Dio non prende in giro la creatura, perché nessuno ha obbligato Dio a crearci.

E quindi se ha posto in noi il bisogno e il problema di conoscerlo, il problema di capire, di trovare la luce e il significato di tutto ciò che esiste e sopratutto di noi, della nostra vita, del nostro nascere e del nostro morire e sopratutto di tanti dolori e di tanti assurdi che si incontrano nella vita, se Dio ha posto nell'uomo questo problema, è perché questo problema ha una soluzione.

Siamo noi che ce lo rendiamo impossibile, siamo noi che possiamo rifiutarci di impegnarci a risolvere o a capire questo problema.

Ho trovato una infinità di gente che per guadagnare denaro ha rinunciato a vivere.

E l'uomo rinuncia a vivere, quando rinuncia a capire.

Perché gli sta più a cuore guadagnare, possedere.

Possedere delle creature, della cultura, del denaro, delle ricchezze, del prestigio, possedere il mondo o le scienze.

All'uomo sta più a cuore questo che capire e non si rende conto che rinuncia a vivere.

Perché la vita dell'uomo sta nel capire.

In principio la vita dell'uomo era la luce.

Quando si dice la luce si dice capire.

Quindi abbiamo queste due grandi testimonianze circa il fatto che l'uomo possa conoscere Dio.

Lo dice la Parola di Dio e lo dice il bisogno che l'uomo porta in sé.

E quando ci sono due testimonianze, l'uomo è posto di fronte alla sua responsabilità.

Quello che gli viene testimoniato ha in sé la garanzia della verità, perché porta in sé due testimonianze e l'uomo è responsabile della risposta che dà.

E noi ci chiediamo come è possibile conosce Dio e chi può conoscere Dio?

Noi osserviamo una umanità, una infinità di uomini che testimoniano e confessano l'impossibilità di conoscere la verità.

E la maggior parte degli uomini muore senza giungere a conoscere Dio.

E perché questo?

Perché l'uomo che è stato destinato a questo fine non giunge al suo destino?

Noi dobbiamo chiederci come è possibile conoscere Dio.

Conoscere Dio vuol dire conoscere la causa.

La pecora qui viene detto che conosce il suo padrone, in realtà la pecora non conosce il suo padrone.

Risponde al padrone, perché è dipendente dal padrone, perché su di lei ci sono le impronte del padrone e questa noi la chiamiamo conoscenza, però in realtà non è conoscenza e allora quand'è che c'è la conoscenza?

C'è la conoscenza quando si ha in se stessi la presenza del principio di una cosa, la giustificazione di una cosa.

Si conosce una cosa in quanto si ha presente la causa della cosa stessa.

In quanto si ha il principio della cosa stessa, in quanto si può giustificare l'esistenza di quella cosa.

In caso diverso noi subiamo soltanto delle impressioni, dei sentimenti, noi reagiamo ma non conosciamo e tutta la nostra vita nel mondo è tutta soltanto una vita di sentimenti, quindi di reazione a degli stimoli.

Tutto il mondo ci stimola, le creature ci stimolano e creano in noi delle risposte che possono essere di piacere o di fastidio, di simpatia o di antipatia, però questa non è assolutamente conoscenza.

Noi non conosciamo niente, perché?

Perché non capiamo il principio di tutte queste cose che avvengono in noi e fuori di noi, non conosciamo la causa.

E la causa è una sola, la causa è il Creatore.

E fintanto che noi non contempliamo le cose nel Creatore o non abbiamo la possibilità di vedere la giustificazione delle cose in Dio Creatore di tutte le cose, noi non entriamo nella conoscenza.

Noi non possiamo conoscere.

Conoscere vuol dire avere la possibilità della presenza, quindi della conoscenza del principio, in modo da poter giustificare (ecco il rapporto) ogni cosa in questo principio.

Ma il principio è Dio e chi è che ha la possibilità di avere la presenza di questo principio?

Gesù dice: "Dove Io sono, voi non potete venire".

Il che vuol dire che o questo principio è dato o altrimenti l'uomo non può.

L'uomo è portatore di Dio, la verità abita dentro l'uomo.

Dio è il principio di tutte le cose e perché l'uomo non lo vede e non lo tocca?

Perché l'uomo, avendo presente il principio di tutte le cose, fa esperienza di non conoscerlo?

E sa di non conoscerlo.

Unicamente perché l'uomo non mette questo principio che porta dentro di sé al di sopra di tutto.

Unicamente perché non mette Dio al di sopra di tutto e non sottomette tutto a  quello, non mette in rapporto cioè tutte le cose a quello.

Ecco perché l'uomo non conosce.

Ecco perché l'uomo fa esperienza di non conoscere.

Non perché non abbia il principio in sé, poiché l'uomo ha il principio in sé.

Se non gli fosse dato questo principio, l'uomo sarebbe un animale che non sente il problema.

Se l'uomo sente il problema dell'Assoluto, sente il bisogno di capire (questo caratterizza l'uomo dall'animale) è perché il principio gli è dato, però l'uomo non mette questo principio al di sopra di tutto.

E non mettendolo al di sopra di tutto perde il termine fisso di rapporto e quindi è impedito dal conoscere, perché conoscere vuol dire fare un rapporto.

Però l'uomo avendo questo principio in sé è caratterizzato dal fatto di avere sempre dentro di sé il motivo di ciò che vuole, di ciò che pensa e di ciò che sceglie.

A costo di giustificare quello che lui vuole unicamente perché gli piace.

Ma ha bisogno di motivare, di dare una motivazione.

E allora a questo punto lui mette come punto fisso di riferimento altro da Dio, mette come motivo altro dal vero principio.

Soltanto se l'uomo pone come principio il vero principio qui l'uomo ha la possibilità di conoscere.

Ma se l'uomo mette come motivo, come giustificazione altro dal vero principio, l'uomo costata, verifica, soffre patisce la non conoscenza.

La non conoscenza, non perché la conoscenza gli sia negata ma, unicamente perché l'uomo non riceve il suo nome da Dio.

Dio gli dice "Mettimi prima di tutto" e l'uomo che non mette Dio prima di tutto, l'uomo mette come motivazione di sé altro da Dio.

E allora il difetto sta nell'uomo, non sta da parte di Dio che gli rifiuta la conoscenza.

Il difetto sta nell'uomo che si motiva in altro da Dio.

Però in quanto l'uomo deve sempre avere dentro di sé una motivazione, una giustificazione magari falsa o menzognera, questo testimonia che Dio si fa conoscere soltanto dall'esistente che è persona.

Soltanto l'essere che è persona può conoscere Dio.

La persona è l'essere che ha in sé la motivazione di ciò che conosce.

La persona è l'essere che ha in se stessa la motivazione di ciò che conosce, di ciò che pensa, di ciò che vuole.

Attraverso tutta la creazione di Dio, Dio giunge a formare un esistente che è persona.

Quando diciamo persona, diciamo un esistente che ha in se stesso la motivazione di ciò che pensa, di ciò che dice e di ciò che vuole.

E proprio quell'essere che ha in sé la motivazione, questo è l'essere che ha la possibilità di conoscere Dio.

È vero che proprio mettendo come motivo, come principio altro da Dio, l'uomo corre il rischio della non conoscenza ma soltanto quell'esistente che abbia in sé la possibilità della motivazione ha la possibilità di conoscere.

Questo esistente che ha in sé il motivo di ciò che vuole è una persona.

Basta accennare a questo per capire o per avvicinarci a capire come l'uomo sia fatto ad immagine di Dio.

Solo l'esistente che è persona ha la possibilità di conoscere Dio.

Persona è quell'esistente che ha in sé il motivo di ciò che conosce e di ciò che vuole.

Dio è l'esistente Assoluto che ha in Sé il motivo, la ragione, la giustificazione di Se Stesso e di tutte le sue opere.

L'esistente che è persona, ha in sé il motivo di tutto ciò che pensa, di tutto ciò che vuole.

Non è che questo motivo qui coincida con la verità, poiché il più delle volte l'uomo ha come motivazione una motivazione fasulla.

Perché tutte le motivazioni che l'uomo dà, generalmente sono in relazione al "mi piace/non mi piace" o al suo sentimento o a quello che dicono gli altri.

Però l'uomo deve sempre avere una motivazione e la persona è caratterizzata da questo.

Capendo questo, noi capiamo anche che l'uomo avendo in sé il Pensiero di Dio, se mette come punto fisso di riferimento, quindi come motivazione Dio, qui l'uomo ha la possibilità di conoscere Dio.

Qui abbiamo l'uomo che è pecora di Dio, quella pecora che conosce il suo padrone ma, soltanto in questo punto.

Fuori di questo punto, se l'uomo non mette Dio come motivo del suo pensare, del suo conoscere, del suo parlare, del suo vivere, del suo volere, se l'uomo non mette Dio, qui l'uomo si preclude nel modo più assoluto la possibilità di conoscere Dio perché dove Dio è, l'uomo non può andare.


A.: Hai detto che noi siamo fatti a immagine di Dio e ogni uomo è fatto a immagine di Dio perché ha in sé sempre la motivazione di quello che vuole. Non ho capito però questo, in Dio, nell'originale come avviene.

Com'è che Dio ha in Sé il motivo di quello che vuole?

Dio è l'Assoluto.

Dio non ha la giustificazione di Sé altrove da Sé.

Dio ha in Se Stesso il principio di Sé, la giustificazione di Sé.

Quindi Lui ha la giustificazione di Sé e della conoscenza di Sé, perché dove c'è non conoscenza è perché uno ha la giustificazione altrove da sé.

Dio conosce Se Stesso, perché ha la giustificazione di Sé, ha il principio di Sé.

L'uomo è fatto ad immagine e somiglianza di Dio, perché ha in se stesso la motivazione di sé, fasulla, però ha in sé la motivazione di sé.

A.: Il principio nel senso di meccanismo è lo stesso.

Chiamalo come vuoi, comunque l'uomo è persona.

Cosa vuol dire essere persona?

Persona è l'essere che ha in sé la giustificazione di sé.

L'animale non può conoscere perché non ha la motivazione in sé.

Quando non abbiamo la motivazione in noi, quando non abbiamo in noi stessi il principio di quello che subiamo, noi siamo tagliati fuori dalla conoscenza, non possiamo entrare nella conoscenza.

Soltanto la persona può conoscere.

Ma cosa vuol dire persona?

Persona è l'essere che ha in se stesso la motivazione di ciò che vuole o di ciò che pensa o conosce, ha la motivazione, ha il principio.

È vero che può avere un principio differente da quello di Dio, perché se non accoglie la proposta di Dio la persona

ha un altro principio e questo la condanna alla non conoscenza, all'errore.

A.: Quello che dà la possibilità di conoscere è quel principio, quel motivo...

Quel motivo, perché quando ti chiedo perché fai quello e tu mi rispondi: "Perché mi piace", tu dai un motivo e questo motivo qui, diventa per te adesso un punto fisso di riferimento.

Tu guarderai tutte le cose dal punto di vista del "mi piace non mi piace".

Quindi diventa nel rapporto, il principio della tua conoscenza e ti porta alla non conoscenza.

Se soltanto la persona è l'esistente che ha in sé il motivo, la motivazione, il principio delle cose, soltanto la persona può conoscere, a una condizione che come motivo metta Dio.

Non è detto che si realizzi, però la persona ha la possibilità.

Un esistente che abbia altrove il motivo di sé è tagliato completamente fuori da ogni conoscenza.

La persona umana è fatta ad immagine di Dio, proprio perché porta in sé (questa immagine è una Trinità) il principio, il pensiero di questo principio e la giustificazione in questo principio.

Quindi siamo ad immagine e somiglianza di Dio.

Di chi è questa immagine? Ecco perché noi soffriamo, noi portiamo in noi questa immagine, l'immagine di Dio.

E fintanto che questa immagine di Dio che portiamo in noi non trova il suo originale, di cui noi siamo immagine, noi siamo sofferenti.

Perché non troviamo l'originale dell'immagine di cui noi siamo.

Noi siamo un effetto

A.: Dio usa questo "meccanismo" tenendo Sé come principio, noi non siamo capaci...

Ma lui è la verità, Lui è l'Assoluto, Lui è il punto fisso di riferimento di tutto, perché tutto viene da Lui.

Lui è il pastore che dà il nome a tutto.

Se io anziché avere Lui, guardo altro, do il nome a tutte le cose e do il nome sbagliato, perché do il nome del principio diverso da Dio che porto in me.

Soltanto se metto Dio prima di tutto, sottomettendo tutto a Lui, solo lì ho la possibilità di conoscere, perché il mio principio coincide con il Principio.

Però l'importante è questo: soltanto l'esistente (persona) che ha in sé la motivazione di sé (a costo di sbagliare tutto), soltanto questo essere qui ha la possibilità di conoscere Dio.

Il problema era questo: come è possibile che le pecore conoscano il pastore, come è possibile che l'uomo conosca Dio?

L'uomo conosce Dio perché è persona e soltanto la persona può conoscere Dio.

B.: L'uomo avendo Dio in sé ha la possibilità di metterlo prima di tutto.

Prima di tutto vuol dire come punto fisso di riferimento, come motivazione.

Ma soltanto in quanto l'uomo ha sempre in sé il motivo e quindi è persona può

La persona divina, Dio è persona.

Cosa vuol dire essere persona?

Persona è l'essere che ha in se stesso la ragione di sé.

La persona quindi è l'essere che ha in se stesso la ragione di sé.

Il motivo di ciò che vuole, anche fasullo, però il motivo ci deve essere.

Tu chiedi a una persona perché fa qualcosa, ti darà una motivazione fasulla o sciocca però il motivo l'ha sempre.

Magari te lo nasconde, però dentro di sé, lei ha un motivo.

Qualunque parola che noi diciamo o anche una semplice barzelletta noi non la diciamo mai senza avere in noi un motivo per dirla.

Noi non possiamo fare niente senza un motivo, perché?

Perché siamo persone.

Ma proprio perché siamo persone, qui abbiamo la possibilità di conoscere Dio.

B.: Solo se ha come motivazione Dio, l'uomo lo può conoscere?

Altrimenti no.

B.: Se ha un altro motivo...

Assolutamente no, anzi, quell'altro motivo mette la persona nell'impossibilità di conoscere Dio.

B.: Ma questo motivo "mi piace, non mi piace", l'uomo lo ha fuori di sé?
L'ha dentro di sé.

È quello che t'inganna.

Quando tu dici che senza cotoletta tu non puoi vivere, tu metti un motivo.

Lo interiorizzi, diventa tuo pensiero.

B.: Mentre Dio l'ho dentro di me.

La proposta di Dio è questa: "Mettimi prima di tutto".

Il che vuol dire metterlo come punto fisso di riferimento.

Il che vuol dire che se io devo mettere come punto fisso di riferimento Dio, mi devo scordare gli altri miei punti di riferimento: "Io senza denaro non posso vivere, senza cotoletta non posso vivere, senza donna non posso vivere, senza famiglia non posso vivere", non posso mettere assolutamente niente.

Ecco per cui Gesù dice che chi va dietro di Lui preferendo la sposa, i figli o i genitori o il suo lavoro, la sua stessa vita, non può essere suo discepolo.

Perché qui abbiamo un prima di tutto (Dio) che condiziona nel modo più assoluto la conoscenza di Dio.

Altrimenti siamo noi stessi che con un altro motivo ci tagliamo fuori.

Noi essendo persone, necessariamente abbiamo un motivo, quindi o è Dio o è altro da Dio.

Se fossimo animali, noi saremmo determinati da altro, l'animale non ha il motivo in sé.

L'animale è determinato (pura reazione), è giustificato in altro da sé, quindi non può conoscere.

Il pastore può conoscere l'animale ma l'animale non può conoscere il pastore.

Quello che noi diciamo che l'animale conosce, è soltanto una risposta a uno stimolo che ha registrato in sé.

L'animale corre dietro al nome, al prima di tutto che gli ha messo il pastore.

B.: Questa motivazione che sia Dio o che non sia Dio sarebbe uno dei due termini del rapporto che ci permette la conoscenza?

È un termine che ti può ingannare eternamente.

Ecco per cui dico che il peccato contro lo Spirito Santo è quando uno si giustifica con una giustificazione diversa da Dio.

Quando io mi giustifico dicendo che ho i buoi, i campi e la moglie, io resto tagliato fuori.

Perché è una motivazione diversa da Dio.

Quando io dico che devo rispettare una regola, un istituto, una religione e non posso impegnarmi a conoscere Dio perché debbo ubbidire e rispettare questi, tu ti tagli completamente fuori dalla possibilità di conoscere Dio.

Perché metti come motivazione altro da Dio.

Tu puoi entrare nella conoscenza di Dio soltanto in quanto accogli la proposta di Dio che ti dice: "Metti Me prima di tutto", cioè metti Dio prima di tutto nel tuo pensiero.

Perché è lì Dio.

Dio si conosce soltanto nel suo pensiero.

B.: "Dico queste cose affinché abbiamo in se stessi la pienezza della gioia", "Da Me sgorgheranno fiumi di acqua viva", è proprio questa conoscenza.

Se tu metti Dio prima di tutto, se hai come motivazione Lui, quello che Lui ti propone sì.

Perché in questo caso tu metti come tuo principio il Principio.

Quel principio che tu metti, ubbidendo a Dio, in te, interiorizzi in te, quel principio lì corrisponde con il principio vero.

Dio è il principio vero in cui c'è la ragione di tutto, se tu lo metti come principio in te Dio e giustifichi tutto in Dio, la coincidenza dei due principi ti dà la possibilità della conoscenza.

Se tu invece metti un altro motivo ti tagli completamente fuori.

Per cui la prostituta che si motiva con Dio, quella entra ma, chi invece si giustifica, ha quindi ha una ragione diversa da Dio fa peccato contro lo Spirito e si taglia completamente fuori.

.....La persona è caratterizzata da questo: comunque sia ha sempre un motivo.

L'animale invece non ha un motivo.

Il più delle volte noi abbiamo motivazioni fasulle ma siamo persone in quanto abbiamo la motivazione in noi.

A.: Quando io ho un motivo diverso da Dio, questo è fuori di me, non è in me, vedi l'esempio della cotoletta.

È vero che la interiorizzo...

La interiorizzi e diventa la tua motivazione.

Diventa il punto da cui tu osservi le cose.

Per cui ogni cosa che ti arriva la valuti: mi serve o non mi serve per la cotoletta?

Tu osservi tutto da quel punto di vista lì.

Perché sei persona, sei una unità.

A.: La motivazione però resta fuori.

L'hai interiorizzata.

A.: Sono condizionato dalla cotoletta che è fuori di me.

Si ma l'hai interiorizzata.

La cotoletta fuori di te è ottima, non sei condizionato è quando la interiorizzi che nasce il problema.

E quando tu dici: "Abbimi giustificato perché io senza cotoletta non posso vivere", qui tu l'hai interiorizzata.

A.: La cotoletta diventa in me operante come Dio.

Prende il posto di Dio.

Diventa un idolo.

Perché la cotoletta fuori non è un idolo, è dentro di te che diventa un idolo.

C.: L'opera di Dio è compiuta quando l'uomo si specchia in Cristo.

L'opera è compiuta quando l'uomo si vede come Pensiero di Dio.

D.: L'uomo non conosce il motivo della propria sofferenza.

Non lo sa mica, perché l'uomo che ha motivi diversi da Dio...

L'uomo che mette come motivazione di vita la cotoletta, soffre e si suicida il giorno in cui non ha la cotoletta.

Non si suicida mica il giorno in cui non ha Dio.

I discorsi di Dio a uno che ha come motivazione la cotoletta, non dicono proprio nulla.

Preferisce una cotoletta a tutte le parole del Cristo.

Ecco come noi restiamo condizionati, determinati da ciò che noi interiorizziamo come motivo di vita.

C'è il rischio dell'inferno.

Chi si giustifica di fronte alla proposta di Dio: "Non assaggerà la mia cena in eterno".

È un peccato che non può essere perdonato né di qui, né di là, perché io ho un altra motivazione.

Si entra in Dio soltanto con la motivazione di Dio.

Soltanto mettendo Dio come motivo.

Perché in realtà il vero motivo è Dio.

Altrimenti io mi taglio fuori dalla verità e mi taglio fuori dalla verità perché sono persona, l'animale non si taglia mica fuori dalla verità.

E Dio si può far conoscere solo a chi è persona, da chi ha in sé il motivo ma, questo motivo deve essere il vero motivo, cioè Dio.

Il mondo mi giustificherà ma, per l'eternità nessuno mi potrà giustificare se io ho in me un motivo diverso da Dio.

Perché Dio è il solo e vero Dio.

"Non avrai altro Dio all'infuori di Me".

Il che vuol dire che non avrai altro motivo di vita all'infuori di Me.

D.: Solo Dio può illuminare il mio problema?

Sì, solo Dio mi può dire: "Tu sei".

Non a parole sia chiaro.

Perché gli uomini ce lo dicono a parole e noi ci grattiamo le ali soddisfatti.

Noi elemosiniamo l'essere, tanto ne abbiamo bisogno da tutti, ma noi faremo sempre esperienza che la parte più nobile di noi, più essenziale di noi, non può essere salutata da nessuna creatura.

Non c'è nessuna creatura al mondo che mi possa salutare, soltanto Dio mi può dire: "Tu sei".

D.: Fintanto che ho i due punti di riferimento (Dio & creazione) ho la possibilità di arrivare alla conoscenza. A un certo punto le creature scadono...

Necessariamente, più nessuna creatura ti conoscerà.

D.: Se ho avuto Dio come punto fisso di riferimento vuol dire che ho riportato tutte le creature a Dio, però non è detto che Dio mi abbia dato la conoscenza di queste creature.

Le creature hanno lo scopo solo di formare in me questo secondo termine che è il Pensiero di Dio.

Perché soltanto con il Pensiero di Dio io posso conoscere Dio.

Di fronte a Dio, se io arrivo con il Pensiero di Dio ho Dio e il pensiero suo e lì ho il rapporto e la conoscenza.

Ma se io arrivo di fronte a Dio soltanto con Dio e non ho un altro termine io sono tagliato fuori perché qui subisco l'imposizione di Dio.

D.: Se ho avuto Dio come punto fisso di riferimento non è più una imposizione?

Ma se l'ho avuto come punto fisso di riferimento io l'ho come pensiero.

Quand'è che io conosco una cosa?

Quando l'ho come pensiero e quando giustifico la cosa nel pensiero.

È la coincidenza del pensiero che porto in me, con la realtà che mi si presenta che mi fa dire: "Lo conosco".

Se invece quello che mi si presenta io non l'ho dentro di me, io non conosco.

Se io incontro una persona che io non porto in me come pensiero, io non la conosco.

Io conosco una persona soltanto se la porto dentro di me e vedendola faccio il rapporto fra il fuori e il dentro e dico che la conosco.

L'incontro fuori, con quella persona che ho dentro mi fa avere la conoscenza.

D.: Invece se non l'ho mai incontrata...

Non posso sapere chi è.

Quindi cos'è che mi fa conoscere?

È quello che porto dentro.

Basta vedere che tutte le persone che incontriamo per la prima volta non sappiamo chi siano.

Poi entrano nel nostro pensiero e la seconda volta diciamo già di conoscerle, perché possiamo fare il rapporto tra il fuori e il dentro.

È una conoscenza fasulla, però mi richiama quello che porto dentro.

Questa non è vera conoscenza.

Questa è una conoscenza di memoria, animale.

L'animale appunto memorizza, è un registratore, per cui risponde a quello che ha registrato ma, quella non è vera conoscenza, è segno della vera conoscenza ma non è vera conoscenza.

La vera conoscenza è quando uno ha in sé il motivo, la giustificazione, può giustificare.

D.: "Dove Io sono voi non potete venire", Lui è dentro di noi, sarebbe il principio che ci è dato?

Il suo principio è questo Assoluto che portiamo dentro di noi che però noi possiamo trascurare.

Per cui se noi lo trascuriamo, noi non possiamo senza quel principio andare da Lui.

Il giorno in cui mi trovassi di fronte a Dio senza aver messo in me questo principio, io non posso restare con Dio, non posso sopportarlo, perché non l'ho dentro di me.

Mi manca un termine del rapporto, ho l'imposizione ma dove c'è imposizione non c'è conoscenza.

Dio s'impone quando arriva a essere l'unico essere.

Ma, quando s'impone io non posso più conoscerlo.

Io lo posso conoscere fintanto che Lui si propone, ma Lui si  può proporre soltanto fin quando io ho altro oltre a Lui.

Cioè io posso conoscere un amore, fintanto che lo posso scegliere, ma lo posso scegliere fintanto che io ho la possibilità di tradire l'amore con altri amori, il giorno in cui quell'amore s'imponesse, io non posso più conoscerlo.

S'impone, lo subisco e una cosa che subisco non la conosco.

La conosco in quanto io la eleggo e la metto quindi come punto fisso di riferimento, quindi come motivazione.

Quando io eleggo una cosa, ho sempre il motivo per cui eleggo questa.

Quando eleggo Dio, lo eleggo per il motivo che è Dio.

Allora ho la giustificazione, in caso diverso non posso.

E.: È il pensiero che determina tutto di noi.

Certo, noi diamo fatti essenzialmente di pensiero.

Siamo fatti talmente di pensiero che le nostre angosce e i nostri tormenti sono determinati dal pensiero.

Non sono mica determinati dalla salute, uno può scoppiare di salute e correre a suicidarsi, perché? Perché il pensiero non quadra.

Allora tutta la nostra attenzione va rivolta al pensiero.

Se l'elemento determinate in noi è il pensiero, tutta la nostra attenzione va rivolta lì.

La chiave del pensiero è la conoscenza e la conoscenza di Dio.

F.: La conoscenza viene sempre dopo.

La conoscenza è una conseguenza di questa giustizia che uno fa: mettere Dio prima di tutto, avere Dio come punto fisso di riferimento, perché la conoscenza è un rapporto e ho la possibilità di conoscere in quanto ho la possibilità di fare un rapporto.

Il rapporto estremo sarà tra il Padre ed il Figlio, se avrò la possibilità di fare questo rapporto tra Padre e Figlio, posso essere inserito perché arrivo allo Spirito Santo che mi dà la stabilità nella Trinità di Dio.

In caso diverso sono tagliato fuori.

Il rapporto è sempre questione di due termini.

Bisogna che ci siano i due termini in me e che uno dei due sia il punto fisso, se io ho come punto fisso di riferimento la cotoletta, cioè altro da Dio, io mi precludo la possibilità di fare il rapporto con Dio.

F.: E questa conoscenza avviene per gradi.

Avviene per gradi ma è essenziale il punto fisso di riferimento; la conoscenza, essendo un rapporto, deriva da ciò che io eleggo come punto fisso di riferimento.

Questo tavolo se lo misuro con un asta di dieci centimetri mi dà 20 come rapporto ma se lo misuro con un asta di due metri mi dà 1 come rapporto, tutto è sempre relativo al metro di misura che abbiamo.

E Dio mi propone di mettere Lui come punto fisso di riferimento per poter entrare nella verità, altrimenti non entro nella verità.

F.: E si sottomette tutto a Lui avendolo come punto fisso di riferimento?

Ma l'ho come punto fisso di riferimento se sottometto tutto a quello, altrimenti è fasulla la cosa.

Avere un punto fisso di riferimento, vuol proprio riferire, sottomettere tutto a quello.

Rapportare ed è rapportando che conosco.

Punto fisso di riferimento vuol dire rapportare tutto, misurare tutto con quello.

È rapportando a Lui che si forma in noi la capacità di conoscere e di capire.

È nella misura in cui noi rapportiamo a Lui.

Noi non abbiamo la capacità in partenza, ecco perché non possiamo andare dove Lui è.

Perché per andare dove Lui è bisogna avere questa capacità e questa capacità mi è data nella misura in cui raccolgo tutto in Lui, sottometto tutto a Lui.

Man mano che sottometto, si forma in me la capacità.

Si forma cioè un pensiero unico in me, che è poi il suo pensiero, il Pensiero di Dio.

In questo pensiero unico noi abbiamo la trasparenza e quindi la conoscenza di Dio.

G.: È necessario che la Parola di Dio mi dica fuori quello che devo mettere prima di tutto in me.

Certo.

Se Dio non mi invita a pranzo, io muoio di fame ma a pranzo non ci vado.

Quindi l'iniziativa è di Dio.

E quando Dio propone a noi: "Metti Me prima di tutto", ricevendo questa proposta della Parola di Dio, noi abbiamo la possibilità di mettere Lui prima di tutto.

Lui mi propone di venire a pranzo e io ho la possibilità di andare a pranzo.

Non è detto che io lo faccia, però è questa proposta che determina in me la capacità o meno di capire.

H.: Dio ci parla a noi attraverso tutte le cose, fin da quando siamo nati, fin quando un giorno  si prende coscienza di questo Dio che è dentro di te.

Lui attraverso tutte le opere che ti fa durante la vita, ti conduce a prendere consapevolezza.

Per cui a un certo momento prendi consapevolezza di questo essere Creatore che è con te e che parla e opera in tutto.

Ma è Lui che ti conduce a prendere consapevolezza di questo.

H.: Tutti i doni che lui ci fa, dovrebbero servire per portare noi a dedicarci completamente a Lui.

Lui attraverso tutte le creature ti dice: "Tu sei, tu sei, tu sei", noi corriamo il rischio di fermarci alla creatura, credendo che sia la creatura a dirci questo e restiamo fregati.

Il padre può anche gioire del bambino, perché il bambino, sostanzialmente al padre dice: "Tu sei", per cui il padre resta consolato, felice, perché il bambino lo conferma del suo essere, tanto abbiamo noi bisogno di essere.

Ed è un disastro se il padre si ferma a questo : "Tu sei" che gli viene detto dal figlioletto.

H.: Il rischio dell'uomo è di cercare l'Assoluto nella caramella.

Sì, perché la caramella è buona e allora me ne faccio un magazzino.

Adesso lavoro tutta la vita per avere sempre più caramelle.

È lì il rischio, per cui finisco con l'elemosinare questo: "Tu sei" da tutte le creature, anziché capire il significato di queste creature, perché queste creature oggi mi dicono: "Tu sei" ma domani non me lo dicono mica più.

Me lo dicono adesso altrimenti io morirei per strada ma devo fare in fretta a trovare Colui che me lo dirà per l'eternità: "Tu sei".Altrimenti resto fregato.

Perché certamente tutte le creature che oggi mi dicono: "Tu sei" domani non me lo diranno più e mi diranno: "Dio è".

H. Infatti uno si sente solo quando una creatura che pur non essendo assoluta cessa di dirti: "Tu sei".

E tu non devi pretendere che continui a dirtelo, magari tu ti offendi perché non ti dice più: "Tu sei", devi capire invece il significato.

Tutti ti dicevano: "Tu sei" per sollecitarti a cercare presso Dio quel: "Tu sei" che soltanto se ti viene da Dio ti fa veramente essere.

Il "Tu sei" di Dio risponde al tuo vero problema mentre le creature ti consolano solo sentimentalmente.

I.: Tu hai detto che Dio vede Se Stesso nell'uomo ma com'è possibile se nell'uomo c'è sempre qualcosa di incompiuto?

Dio vede Se Stesso nell'uomo perché ha messo nell'uomo il suo pensiero.

L'uomo è portatore di Dio, Dio abita nell'uomo, noi siamo passione d'Assoluto perché siamo portatori di Dio.

La pecora porta il nome del pastore e quando il pastore la chiama: "Pierina" la pecora va, perché porta quel nome registrato in sé.

Era una mucca non era una pecora....

Dio ha posto in noi il suo pensiero, ecco per cui se noi, abbiamo motivo diverso da Dio, Dio non ci conosce: "Via da Me, non vi ho mai conosciuti".

Io posso essere vergine, andare incontro allo sposo, avere la fede, essere con tanta altra gente che va incontro allo sposo e trovarmi di fronte a una porta chiusa con lo sposo che mi dice: "Non t'ho mai conosciuto", con tutta la fede, sia chiaro ma non ci ha mai conosciuti.

Io posso aver mangiato con Lui alla sua stessa mensa, posso averlo ascoltato predicare nelle piazze e sentirmi dire da Lui: "Non ti ho mai conosciuto". Perché?
Perché non ho mai avuto interesse per conoscere Lui.

Perché non ho avuto Lui come motivo, non ero sua pecora.

Le pecore di Dio si caratterizzano perché hanno questo interesse tremendo per conoscere Dio.

A loro non interessa nient'altro, interessa solo conoscere il volto di Dio e basta.

I.: Tra il guardare tutto da Dio e il riportare tutto a Lui, c'è uno spazio di conoscenza.

Tu non puoi riportare se non guardi da Dio.

È soltanto guardando da Dio che in te si forma la capacità e l'attrazione per sottomettere tutto a Dio, ma bisogna guardare da Dio, è un trasferimento e il trasferimento avviene solo con il pensiero.

Bisogna imparare a guardare dal punto di vista di Dio che è il punto di vista delle cose eterne.

E come se tu anziché guardare la terra dalla terra, ti porti a guardare la terra dal cielo.

Ti porti in cielo e dal cielo guardi la terra e allora capisci che la terra è un corpo celeste.

Se tu non ti porti in alto, non riesci a vedere la vera dimensione della terra.

Qui è lo stesso, soltanto se ti porti a guardare le cose dal punto di vista di Dio e hai la possibilità perché Dio ti ha dato il suo pensiero, tu guardi bene, altrimenti vedrai sempre sbagliato, perché guaderai sempre dal tuo punto di vista e i punti di vista umani sono sempre, poco o tanto sbagliati.

M.: L'uomo è persona quando ha in sé la ragione, il motivo.

Ce l'ha sempre il motivo.

Fasullo o vero ma l'ha sempre.

M.: La ragione del suo pensiero, della sua parola, del suo volere è solo Dio. Eccola lì la chiave di tutto.

Dio esercita la sua attrazione su di noi in due modi: uno con la creazione e due con la fame di Assoluto che mette in noi.

E poi con la convinzione che ci dà Cristo che è verità che discende dalla verità.

Ecco perché l'attrazione ci porta a Cristo e Cristo è il solo che ci può portare a Dio.

Quando noi abbiamo questi elementi abbiamo Dio prima di tutto, non si può fare diversamente.

La strada è unica, non nel senso che Dio ci obbliga ma nel senso che siamo noi obbligati...

Per convinzione.

P.: Ci siamo posti la domanda se sia possibile conoscere il pastore....

E chi è che lo può conoscere.

P.: E come lo si può conoscere. E sul fatto che sia possibile sono convincenti le due testimonianze: la Parola di Dio e la fame d'Assoluto che noi portiamo combaciano.

Per il termine come è importante partire da questa definizione della conoscenza che abbiamo visto che è un rapporto.

Si capisce. Il come mi viene dal mettere prima di tutto Dio. Perché soltanto da Dio ho il come, altrimenti io sono tagliato fuori, non ho nessuna possibilità di conoscere Dio.

P.: Se la conoscenza è un rapporto, è logico che potrò conoscere Dio se Dio è il primo termine del rapporto, è il punto fisso di riferimento.

Lì è il come, poi chi?

P.: Chi può conoscere è chi mette Dio prima di tutto.

È soltanto la persona che può conoscere Dio, soltanto l'esistente che è persona, può conoscere Dio.

Tutto l'universo è tutto in funzione di una persona sola.

Dio fa tutto per farsi conoscere, la conoscenza di Dio può avvenire solo per la persona: tutto l'universo è fatto per l'uomo.

Ecco per cui tutto l'universo dice all'uomo: "Tu sei", perché è tutto in funzione dell'uomo.

Dell'uomo persona.

Però la persona è posta in questo terribile rischio, per essere persona deve sempre avere una motivazione in sé.

E quindi può avere un motivo diverso da Dio.

P.: Ci sentiremo dire: "Tu sei" da Dio soltanto quando diremmo veramente a Lui: "Tu sei".

Non siamo noi che diciamo a Dio: "Tu sei" è Lui che lo dice a noi.

L'iniziativa è sempre di Dio.

E quando Lui dice a me: "Tu sei", io posso dire a Lui: "Tu sei".

Io posso interrogare Dio solo quando Dio mi interroga.

Noi siamo sempre soltanto una risposta all'iniziativa di Dio.

Se noi possiamo pensare Dio è perché Dio per primo pensa a me.

Soltanto in quanto Lui pensa a me io posso pensare a Lui.

L'errore che noi possiamo fare è dire: "Sono io che penso, sono io che dico a Dio: Tu sei".

P.:Quindi conosco Dio solo quando Dio dice a me: "Tu sei".

La vera conoscenza è lì.

P.: Solo la persona può conoscere Dio?

Solo la persona può conoscere Dio.

Però bisogna capire cosa vuol dire essere persona.

La persona è un essere che ha in sé il motivo di sé.

P.: E chi dice che prima bisogna conoscere noi stessi per poter conoscere Dio?

È una gran fregatura, chiunque te lo dica, anche se è un filosofo greco.

Q.: Lo Spirito Santo ci aiuta nella conoscenza...

È Lui la conoscenza, lo Spirito Santo è Spirito di verità, quindi è Spirito di conoscenza.

Conoscere vuol dire fare  un rapporto.

Il rapporto fatto fra due cose è conoscenza.

Il rapporto tra Padre e Figlio è lo Spirito Santo.

Quindi la conoscenza di Dio l'abbiamo con lo Spirito Santo.

R.: La misericordia di Dio ci dà la possibilità di essere.

Dio è l'essere, noi siamo nella misura in cui partecipiamo di quello che Lui è.

Noi da soli non siamo e facciamo l'esperienza del niente.

L'uomo che è uno fatto per il tutto di Dio, è uno che fa l'esperienza del niente.

Alla fine della vita dirà che la sua vita è servita a niente, fa l'esperienza del niente.

Perché?

Perché in realtà Dio solo è e noi siamo nella misura in cui partecipiamo di Lui.

E si partecipa di Lui nella misura in cui lo si conosce.

Quindi nella misura in cui glorifichi Lui.

Dio ha creato questo universo per rendere noi creature che veniamo dal niente partecipi di Lui che è tutto, per l'eternità.

S.: Quando un cristiano diventa motivato da Dio dà veramente gloria a Dio.

Perché dici: "Un cristiano"?

Un uomo, un uomo qualunque.

Noi possiamo avere dei buddisti che cercano Dio e quando uno cerca Dio già appartiene a Dio.

T.: Solo la persona può conoscere Dio, quando ha Dio come punto fisso di riferimento.

Sì, perché la conoscenza di Dio mi viene da Dio.

Soltanto da Dio.

E soltanto quando Dio mi dà la possibilità di averlo come punto fisso di riferimento, mi dà la possibilità di conoscerlo.

In caso diverso no, perché dove Lui è io non posso andare.

U.: Dio ci promette la conoscenza e proprio nella sua promessa c'è la garanzia di poter arrivare a conoscere Lui.

Certo. Per cui noi dobbiamo credere ma dobbiamo anche sperare e il credere e lo sperare ci viene dalla garanzia che ci dà la Parola di Dio.

Per cui anche se tutti gli uomini mi dicessero che non è possibile conoscere Dio, tutto quello è niente perché non è Parola di Dio.

La Parola di Dio mi dice che è possibile conoscere Dio, quindi io devo dare fiducia alla Parola di Dio e non a quello che dicono gli uomini.

Ecco per cui: "Chi mi avrà riconosciuto tra gli uomini": tra quello che dicono gli uomini e quello che dice Dio, devo aver riconosciuto la Parola di Dio.

Quindi: "Chi mi avrà riconosciuto davanti a tutti gli argomenti che dicono gli uomini".

V.: Dio ha sempre solo detto: "Io sono Colui che è" e la possibilità che dica a noi che noi siamo mi pare un po' remota.

Lui dice: "Tu sei" a suo Figlio.

E suo Figlio facendoci poco per volta sottomettere tutto a quell'unica cosa, al Pensiero di Dio, ci fa come Lui, in modo da poter ricevere dal Padre quello che Lui riceve.

Cioè quel: "Tu sei".

Z.: Quando noi potremo fare il rapporto tra il Figlio e il Padre noi potremo avere lo Spirito Santo, questo rapporto è nel campo della conoscenza.

Il rapporto è conoscenza.

La possibilità di fare un rapporto è possibilità di conoscere.

Quando non hai più la possibilità di fare un rapporto non hai più la possibilità di conoscere.

Y.: Questo conoscere è sempre rapportare un effetto alla sua causa.

Per questo dico che bisogna guardare da-.

Soltanto guardando dalla causa tu riesci a conoscere l'effetto.

Y.: Quindi bisogna conoscere il Pensiero di Dio nel suo principio, in suo Padre...

Quello sarà all'ultimo.

Quando tutto sarà subordinato al Pensiero di Dio, allora il Figlio ti consegnerà al Padre, prima no, prima tu devi subordinare tutto al Pensiero di Dio.

Si forma così in te quel pensiero puro ("Beati i puri di cuore) in cui c'è la trasparenza del Padre.

Il Padre si rivela soltanto al Figlio.

Però in noi si deve formare questo pensiero puro, unico.

Noi non vediamo né il Padre, né il Figlio, né lo Spirito Santo, pur non potendoli smentire, perché abbiamo il  pensiero inquinato, abbiamo cioè molteplicità di pensieri.

Cristo è venuto per purificare il nostro occhio, purificare cioè il nostro pensiero, renderlo un pensiero unico in modo da poter conoscere.



Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.  Gv 10 Vs 14 Riassunti Domenica – Lunedì.


Riassunti.


Argomenti: Il pensiero frammentato – La caratteristica della persona – Permanere nel Pensiero di Dio – L’unità e l’identità della persona – Continuità e discontinuità – Le pecore di Dio – Essere conosciuti da Dio – Immersi nei segni di Dio – Il criterio di appartenenza – Il principio motivante – La vita del Pastore – La conoscenza delle pecore e del pastore – Il nome che Dio ci dà – Seguire il sentito dire – Avere in noi il motivo di Dio – Pensato e Pensiero di Dio – Attingere l’essere – Permanere in un pensiero – La scelta decisiva -


 

28-29/Ottobre/1990 Casa di preghiera Fossano.