Il mercenario
invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono in proprio, vede venire il lupo, abbandona le
pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde. Gv 10 Vs 12 Primo tema.
Titolo: Appartenenza in proprio.
Argomenti: La comunicazione. La vita vera. Il
significato. Restare
nella comunicazione. Mercenari
& pastori. Appartenenza.
Come
Dio ferma l'uomo. Come
fermarsi in Dio. Realtà
imposta e proposta. Dio
deve diventare dipendente dall'uomo. Il
Figlio dell'uomo. Dio"proprietà"
nostra. Non
il principio ma il fine determina l'uomo. Disponibilità.
12-13/Agosto/1990 Casa di
preghiera Fossano.
Questa è la continuazione
dell'affermazione del versetto undici, in cui Gesù aveva dichiarato: "Io
sono il buon pastore, il buon pastore offre la sua vita per le pecore".
È Parola di Dio e poiché la
Parola di Dio è universale vale per ogni luogo e per ogni tempo
("Passeranno i cieli e la terra ma le mie parole non passeranno") e
quindi vale per ogni uomo, per ogni anima.
Anche qui, dobbiamo
chiederci quale lezione, quale significato c'è per la nostra vita personale.
Perché Dio parla per
educarci personalmente alla vita eterna.
Dobbiamo quindi chiederci
quale lezione e quale significato ci sia per il nostro cammino verso la vita
eterna, verso la conoscenza di Dio come vero Dio, in queste parole: "Invece
il mercenario e chi non è pastore cui le pecore non appartengono in proprio
vedendo venire il lupo, abbandona le pecore e fugge così poi il lupo le rapisce
e le disperde".
Abbiamo visto la volta
scorsa quali siano le condizione perché la comunicazione della vita del pastore
passi.
Qui dice che: "Il buon
pastore offre la sua vita", non è sufficiente che il buon Pastore offra la
sua vita perché la vita si comunichi.
Non è sufficiente che Dio
(Pastore) offra la sua vita.
Dio offre la sua vita: Dio
vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la verità.
Non è sufficiente che Dio
offra la sua vita, la sua verità, Se Stesso, perché questa vita si comunichi.
Abbiamo visto cos'è
necessario perché la comunicazione avvenga, cos'è necessario affinché la comunicazione
sia possibile.
È necessario che in noi ci
sia un'apertura.
È necessario che in noi ci
sia l'estrazione di quella famosa "pallina bianca".
Cioè, è necessario che in
noi sia posto in alto, prima di tutto qualcosa, perché la comunicazione sia
possibile.
Fintanto che noi non
mettiamo in alto, al di sopra di tutto il Pensiero di Dio, nessuna
comunicazione è possibile con Dio.
Dio annuncia, fa giungere a
tutti il suo annuncio, la sua offerta, la sua Parola, però la comunicazione non
avviene.
Noi non intendiamo.
Abbiamo orecchi e non
intendiamo, abbiamo occhi e non vediamo, se non c'è lo Spirito in noi e lo
Spirito in noi non c'è se noi non mettiamo al di sopra di tutto Dio.
Se non mettiamo Dio al di
sopra di tutto, questa comunicazione non avviene.
Qui adesso ci fa fare un
passo avanti.
Abbiamo visto che la vita
del Pastore (Maestro interiore) sta nel conoscere il Padre.
Vita del Figlio è il Padre.
La vita vera non sta nel
mangiare e lo abbiamo visto con la testimonianza di Leopardi.
La vita vera non sta nel
viaggiare per il mondo o nel conoscere le cose del mondo.
La vita vera non sta
nell'occuparsi del prossimo.
La vita vera sta nel
conoscere Dio.
E poiché è vera è eterna,
questa è la vita eterna.
Noi siamo chiamati alla vita
eterna, noi siamo chiamati a conoscere Dio.
La vita vera sta nel
capire, l'uomo è fatto per il significato delle cose.
Quando l'uomo possedesse
anche tutte le ricchezze del mondo o tutti i cibi del mondo, l'uomo porterebbe
sempre un vuoto con sé.
Un vuoto che non può essere
colmato da nulla che non sia Dio.
È un abisso.
Perché?
Perché l'uomo è fatto per
il significato delle cose.
Non basta che l'uomo mangi,
l'uomo ha bisogno di capire perché mangia.
Non basta che l'uomo viva,
l'uomo ha bisogno di capire il significato della vita, il significato del
nascere e del morire, del soffrire e del gioire.
L'uomo ha bisogno di capire
il significato di tutto.
Solo nel significato l'uomo
si riposa.
Se l'uomo è fatto per
capire il significato delle cose, il Pensiero di Dio che c'è nelle cose, questo
è ciò che deve occupare maggiormente il nostro pensiero, questo è ciò che deve
trovare maggiormente disponibili noi.
Il capire deve essere la
preoccupazione principale della nostra vita.
Girassimo anche tutto il
mondo per fare dell'apostolato, se noi non abbiamo dentro di noi questa
disponibilità, questa preoccupazione per capire il significato delle cose in
Dio e presso Dio, per conoscere il Pensiero di Dio, tutto il nostro vivere,
tutto il nostro faticare, tutte le nostre preoccupazioni nel mondo, tutte le
opere di bene che noi crediamo di fare valgono niente.
Dopo aver ricevuto la
comunicazione che la vita sta nel capire, la vita sta nel conoscere il
significato delle cose, sta nel conoscere il Pensiero di Dio in
tutte le cose, il problema che si affaccia adesso è come restare in ciò che ci
è comunicato.
L'anima di questo versetto
dodici è questo confronto tra mercenari e pastori.
Qui Gesù afferma che il
mercenario è uno che non resta quando vede il lupo.
Cioè quando si affacciano
le difficoltà.
Il mercenario non resta.
Il pastore resta.
Ecco l'anima della lezione
che Dio ci vuole dare.
Ci sono coloro che restano
e vi sono coloro che non restano.
Questo fatto è già
accennato nella parabola del seminatore.
Quando Gesù dice che il
Regno di Dio è simile a un seminatore che esce a spargere il suo seme.
Questo seme cade sulla
strada, cade su terreni sassosi, cade su terreni pieni di cespugli e di spine,
cade su terreni profondi.
E Gesù fa consistere la
diversità di questi terreni (anima dell'uomo) in capacità di trattenere il seme
o incapacità di trattenere il seme.
Incapacità di restare.
Il seme viene dato.
Però ci sono anime come
strade che non lasciano penetrare niente, ci sono anime come terreni pietrosi
che si lasciano soltanto dominare dal sentimento ma non hanno radici in sé,
partono in quarta, ma poi appena il sole splende, tutto si essicca perché non
ci sono radici.
Ci sono anime come terreni
con cespugli di spine che soffocano la pianticella che sorge dal seme:
preoccupazioni dice Gesù, le ricchezze, i beni di questo mondo, la figura
davanti agli altri eccetera.
E poi c'è anche il terreno
profondo.
Gesù caratterizza quel
terreno profondo come quel terreno che sa restare, in cui il seme resta,
terreno che sa custodire con pazienza, ponendo mente.
Perché si resta ponendo
mente, per arrivare a capire, fino ad arrivare al frutto, cioè alla conoscenza.
È accennato il problema del
restare.
Del saper restare.
Qui ci fa fare un passaggio
più profondo, ci fa fare un passo avanti, perché qui Gesù dice che chi resta è
il pastore e fa la differenza tra il pastore e il mercenario, dichiarando:
"Le pecore appartengono in proprio al pastore".
Al mercenario invece le
pecore non appartengono in proprio.
Ci fa capire che tutto sta
in questo: Appartenere in proprio, non appartenere in proprio.
Dice che il pastore non
fugge quando arriva il lupo e dice che non fugge perché le pecore appartengono
in proprio al pastore.
Il mercenario fugge perché
le pecore non gli appartengono in proprio.
Il problema allora sta in
questa appartenenza in proprio.
Ci fa capire che solo là,
dove le pecore appartengono in proprio, uno rimane, nonostante tutte le
difficoltà.
Nonostante i lupi o gli
orsi che possono arrivare.
Mentre invece di fronte alle
difficoltà, quando le cose non sono in proprio, uno lascia tutto e scappa.
Gesù dice che quel seme
caduto nel terreno con rovi e spine, dopo essere spuntato fuori dal terreno,
quando arrivano le persecuzioni, le critiche e le condanne muore: uno molla tutto,
lascia.
Ecco che abbiamo la figura
del mercenario.
Solo quando le cose sono in
proprio non si molla.
Noi dobbiamo chiederci cosa
significa questa appartenenza in proprio.
Cosa vuol dire essere in
proprio?
Avere una cosa in proprio?
Quand'è che una cosa è in
proprio?
E perché soltanto quando
una cosa è in proprio, l'uomo lotta con tutte le sue forze per difenderla, si
dedica tutto a quella?
Già lo vediamo che nella
vita pratica, per le cose proprie, uno si impegna con tutte le sue forze.
Quando si tratta invece di
cose altrui, le cose si lasciano correre.
Non ci si scalda tanto.
Abbiamo visto la grande
lezione che Dio ci ha voluto dare con il crollo del
comunismo, con il crollo delle teorie di Marx.
Qui abbiamo la
testimonianza chiara e lampante che Dio ha voluto darci, quando l'istituzione
si pone al di sopra della persona.
Lì si è messa l'istituzione
al di sopra della persona.
La persona lì non ha più
nulla in proprio, deve sottostare all'istituzione.
È crollato tutto.
È l'azzeramento della vita,
quando la vita non è vissuta in proprio.
Noi dobbiamo chiederci
quand'è che una cosa è propria?
Quand'è che una cosa
appartiene veramente a noi?
Una cosa appartiene a noi,
è propria, quando dipende unicamente da noi.
Un artista che fa un quadro:
quel quadro è proprio di quell'artista, appartiene a quell'artista, è suo,
perché?
È lui che lo ha fatto.
Lui è il principio di quel
quadro.
Così un musicista che
faccia la sinfonia: la sinfonia è sua.
Così un autore che faccia
un libro: il libro è suo.
Noi diciamo che è proprio,
ciò che dipende da-
Ciò che dipende.
Perché quando una cosa è
"propria", uno la difende con tutte le sue forze e con tutta la sua
vita?
L'uomo non difende con
tutte le sue forze ciò che è di altri.
L'uomo, l'abbiamo visto
molte volte è sopratutto caratterizzato dalla passione d'Assoluto.
Passione d'Assoluto che è
una conseguenza della presenza in lui dell'Assoluto.
L'uomo non sentirebbe il
bisogno dell'Assoluto se non avesse questo Assoluto presente in sé.
L'uomo non lo sa, perché
tutto ciò che l'uomo ha ricevuto, per opera di un altro, per opera del
Creatore, tutto ciò che l'uomo riceve non per opera sua, questo lo subisce, non
lo può ignorare perché gli è dato, però non lo può capire.
Non lo conosce.
L'uomo è portatore della passione
d'Assoluto e non sa perché porta in sé l'Assoluto.
Dio creando l'uomo l'ha
fatto abitazione di Sé.
L'uomo è portatore di Dio.
Ma proprio perché è
portatore di Dio, l'uomo ha la passione di Dio.
Avere la passione di Dio,
dell'Assoluto, è avere la passione dell'essere.
E quando una cosa dipende
soltanto dall'uomo, l'uomo, proprio per questa passione d'Assoluto, non può
minimamente sopportare che quella cosa che gli appartiene muti, cada, finisca,
passi nel "non essere".
L'uomo con tutte le sue
forze, lotta per far essere ciò che dipende unicamente da lui.
E non può farne a meno
perché porta con sé questa passione d'Assoluto.
Qui in ciò che è proprio
dell'uomo, l'uomo resta, è fermo.
E Dio ha un modo tutto suo
per fermare l'uomo.
L'uomo è un essere caratterizzato
dalla volubilità, è incostante.
Direi che l'uomo è in fuga
da Dio, è in fuga dall'essere.
E Dio proprio per fermare
l'uomo in questa volubilità cerca di fermare l'uomo.
Il primo passo che Dio fa
con l'uomo è quello di fermalo.
Magari lo fa sposare per
fermarlo.
Dio per fermare l'uomo, gli
concede qualcosa di proprio.
Qualche cosa che sia
unicamente suo, qualche cosa che dipenda unicamente dall'uomo.
Quando l'uomo incontra qualcosa
che dipende unicamente da lui, l'uomo lì si ferma, si abbarbica, lotta con
tutte le sue forze perché quello che è suo, vuole che sia.
Perché è suo.
Tutta la terminologia mio,
tuo, suo, proprio, proprietà è tutto una conseguenza di questo.
Questo tendere con tutte le
forze a proteggere, a difendere quello che è nostro, per impedire che altri ce
lo portino via o che quella cosa lì abbia a mutare, abbia a morire.
Tutta la fatica e il
faticare degli uomini è questo: cercare di far stare su il più che sia
possibile quello che è nostro.
Qui l'uomo si ferma, non è
più volubile.
Incomincia a sapere quello
che vuole.
Però il problema per noi è
Dio.
Dio ci ha creati con questa
passione d'Assoluto per condurci a Sé.
Il problema è imparare a
restare fermi in Dio.
Noi riceviamo la
comunicazione di Dio ma noi ci accorgiamo che non siamo in grado di restare in
questa comunicazione.
Anche se per ricevere
magari ci fermiamo ad ascoltare e in quanto ci fermiamo ad ascoltare, è perché mettiamo
il problema e l'interesse per Dio al di sopra di tutto il resto.
Perché in questo momento
voi siete qui e non siete in spiaggia?
Uno mette l'interesse per
Dio al di sopra, sarà forse per un quarto d'ora, mezz'ora, un momento, però lo
mette, è attratto, c'è interesse e allora si riceve la comunicazione.
Però la grande difficoltà è
questa: la comunicazione arriva ma come si rimane?
L'uomo si ferma soltanto in
quanto ha qualcosa di suo, proprio.
E abbiamo detto che è
proprio, ciò che dipende dall'uomo, ciò che dipende dall'uomo!
Fintanto che una cosa
dipende da altri, fintanto che una cosa dipende da Dio, io non sono fermo in
Dio, nessun uomo è fermo in Dio: la cosa dipende da Dio.
Soltanto quando la cosa
dipende unicamente dall'uomo, l'uomo qui si ferma.
Il problema adesso diventa
questo: Dio è Colui da tutte le cose dipendono, Lui è il Creatore.
Anche l'uomo dipende da
Dio.
E allora è mai possibile
che Colui da cui tutte le cose dipendono possa diventare dipendente dall'uomo?
Notiamo bene che soltanto
ciò che dipende dall'uomo riesce a fermare l'uomo, a renderlo stabile.
Noi ci chiediamo, se l'uomo
è fatto per Dio e se l'uomo diventa stabile soltanto in quanto ha una cosa
propria, è possibile che Colui da cui tutte le cose dipendono, possa (e come)
diventare dipendente dall'uomo?
Abbiamo visto che Dio
creando l'uomo, ha fatto nell'uomo il cielo e la terra.
L'uomo è fatto di cielo e
di terra e cosa vuol dire questo?
L'uomo è caratterizzato da
due grandi realtà.
C'è una realtà che arriva
all'uomo indipendentemente dall'uomo.
Questa realtà che arriva
all'uomo, indipendentemente dall'uomo, è tutto ciò che l'uomo ha.
La terra, la vita, il
tempo, le creature, tutto ciò che l'uomo incontra nel suo vivere (opera di Dio)
arriva all'uomo indipendentemente dall'uomo.
Ma tutto ciò che arriva
all'uomo indipendentemente dall'uomo, proprio perché arriva indipendentemente
dall'uomo, prima di tutto non è conosciuto dall'uomo
L'uomo subisce gli
avvenimenti, le cose, le sente, perché gli sono imposte.
Tutta la creazione è imposta,
la nostra vita ci è imposta, è opera di Dio Creatore, di un Altro, noi non la
vogliamo, ci viene imposta, la sentiamo e la subiamo però non capiamo, non
possiamo capire.
E poi c'è tutta un altra
realtà e l'altra realtà non ci è imposta.
È una realtà che ci viene
soltanto proposta.
È la realtà di tutte quelle
cose che non sono date all'uomo senza l'uomo.
Colui che ti crea senza di
te, diceva Sant Agostino, non ti salva senza di te.
Colui che si annuncia in
tutto, che crea tutto, che si annuncia e che parla con te in tutto, non si fa
conoscere senza di te.
Però la vita non ci viene
dalle cose che sono date a noi senza di noi.
La vita non ci viene dal
mondo, non ci viene dalle creature, non ci viene da tutto ciò che arriva a noi
senza di noi.
Anche Dio è in noi senza di
noi.
Abbiamo visto che noi siamo
portatori di Dio.
È opera di Dio questa: Dio
creando l'uomo ha posto il suo spirito nell'uomo e l'uomo è portatore di Dio,
anche se non lo sa e subisce la passione di Dio, anche se non lo sa e rivolge
questa passione a tutte le creature e a tutto il mondo.
L'uomo è un terribile
cercatore di Dio in tutte le cose che cerca.
Però la vita non viene
all'uomo da queste cose, tutte le cose che l'uomo riceve e subisce non
danno vita all'uomo.
Abbiamo visto che l'uomo
vive di conoscenza.
L'uomo vive capendo il
significato delle cose.
Gesù dice: "Se anche
tu possedessi tutte le cose, tutto il mondo, a che vale questo se tu perdi
l'anima?".
La vita non viene dalle
cose che si posseggono.
L'anima è questo bisogno di
significato.
Questo bisogno di capire.
È qui che l'uomo deve
impegnare tutte le sue forze e rendersi disponibile al massimo.
È più importante cercare di
capire le cose che il mangiare.
Tu puoi fare digiuno o
mangiare polenta tutti i giorni, non importa o vivere in una catapecchia.
L'uomo può mangiare polenta
tutti i giorni o digiunare o vivere in una catapecchia, non importa, non è la
casa che ci dà vita.
Ma l'uomo nel modo più
assoluto, non deve rinunciare a capire il significato delle cose.
Questa deve essere la
preoccupazione dell'uomo.
Questo è il tempo maggiore
che l'uomo deve mettere a disposizione per non perdere la vita.
La vita sta nella seconda
realtà, la realtà che non è data all'uomo senza l'uomo.
Quindi tutta quella realtà
che è data all'uomo indipendentemente dall'uomo, questa lo fa esistere, gli
crea tanti sentimenti, tante passioni ma non gli dà la vita, la vita gli viene
dalla seconda realtà, la realtà di quelle cose che non sono date all'uomo senza
l'uomo, che richiedono la dedizione, la partecipazione, l'interesse, il
desiderio dell'uomo.
E Gesù dice che viene
dato soltanto a colui che chiede.
"Viene aperto a chi
bussa".
E Gesù dice: "Chiedete
e otterrete, domandate e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto".
I doni maggiori di Dio sono
la vita eterna, sono la conoscenza della verità, sono la scoperta della sua
presenza.
Questi doni maggiori di Dio
che costituiscono la nostra vita essenziale, non sono dati a noi senza di noi.
La maggior parte degli
uomini giunge al termine della vita, muore, senza aver capito quei doni
maggiori che Dio aveva preparato per l'uomo.
Perché non sono saliti a
cercarli, non si sono rivolti a Dio per ottenerli.
Dio ha un infinità di doni nelle
sue mani ma nessuno sale a chiedere questi doni maggiori.
Tutti si accontentano delle
cose che sono date loro sensibilmente, sentimentalmente, che arrivano a loro
indipendentemente da loro e perdono la vita in questo modo.
Il problema abbiamo detto è
Dio da cui tutto dipende che a un certo momento deve diventare dipendente
dall'uomo per diventare proprio dell'uomo.
Soltanto se diventa proprio
dell'uomo, l'uomo diventa stabile in Dio, perché l'uomo è stabile solo nelle
cose proprie, nelle cose che gli appartengono.
È un assurdo: una parte di
un tutto non può diventare tutto, la parte resta sempre una parte del tutto.
Il tutto comprende la
parte, può darsi mai che una parte comprenda il tutto?
L'uomo è dipendente,
essenzialmente dipendente.
L'uomo non è libero, sia
chiaro.
Dio è libero, l'uomo è
dipendente.
Può darsi mai che colui che
è dipendente a un certo momento diventi colui dal quale addirittura Dio sia
dipendente?
Evidentemente tutti capite
come qui si profila il Figlio dell'uomo.
Cristo si diceva Figlio
dell'uomo, dipendente dall'uomo.
Il Creatore, Colui da cui
tutte le cose dipendono a un certo momento riesce a trovare la via (e come) per
diventare dipendente dall'uomo, in modo da far sì che l'uomo possa restare con
Lui.
Poiché (ed è l'anima di questo
versetto), soltanto nelle cose proprie l'uomo resta, fintanto che l'uomo è un
mercenario, l'uomo non resta.
Tutta la creazione, tutto
la realtà che arriva a noi senza di noi, tutta questa realtà non è nostra.
È di un Altro, è
evidentissimo.
Dal filo d'erba,
all'universo, a tutte le creature, tutto non appartiene a noi, non è nostro.
Il che vuol dire che noi
siamo amministratori di cose che non sono nostre.
Amministratori mercenari.
Il che vuol dire che nelle
cose che non sono nostre, noi non sappiamo restare.
Soltanto nelle cose proprie
possiamo restare.
Qui dice che il pastore
resta, perché le pecore sono proprie, sono sue.
E allora se il problema è
Dio, come Dio trova il modo di affrontare e superare quest'assurdità?
Lui dal quale tutte le cose
dipendono, diventa dipendente dell'uomo, Figlio dell'uomo.
È possibile questo?
È accennato il fatto che
c'è questa grande realtà che non è data all'uomo senza l'uomo, non è data!
E questa realtà è Dio
stesso.
Dio si dà all'uomo perché ha
posto nell'uomo il suo stesso Spirito.
Però non basta che Dio si
dia all'uomo.
Bisogna che l'uomo lo
faccia suo.
Notate bene che perché
l'uomo possa fare sua questa grande realtà che è al di sopra di tutto e da cui tutte
le cose dipendono, bisogna che questa realtà venga a morire nell'uomo.
Perché soltanto venendo a
morire nell'uomo, dà all'uomo la possibilità di farla propria, di farla sua.
Dio si concede all'uomo,
venendo a morire nell'uomo.
Facendo esperimentare all'uomo
(Lui che è il presente) la sua assenza.
Dio che è Colui che parla
in tutto, fa esperimentare all'uomo il suo silenzio, il silenzio di Dio,
l'assenza di Dio.
Lui che è il vivente!
Perché abbiamo visto che l'essere Assoluto è vivente di per Sé.
Non ha bisogno di altro per
vivere.
Noi abbiamo bisogno di
altro per vivere.
Tutte le creature viventi
per vivere hanno bisogno di assimilare altro da sé, la vita è comunione.
L'essere Assoluto è vivente
di per Sé.
Lui che è vivente di per
Sé, ha trovato il modo di far esperimentare all'uomo la sua morte.
Non la morte dell'uomo ma
la morte di Dio.
Perché l'uomo lo abbia a
volere come cosa sua.
A un certo momento
scopriamo questo: è l'uomo che deve volere Dio.
E soltanto se l'uomo
capisce che a un certo momento lui deve volere Dio, Dio resuscita e Dio si fa
trovare.
Dio arriva a questo punto
di appartenenza all'uomo, in modo che l'uomo volendolo lo abbia come
"cosa" propria.
L'uomo resta stabile in Dio
soltanto da quel giorno in cui capisce che lui stesso deve volere Dio.
Per quello che Dio è.
È lui stesso che deve
generare il Pensiero di Dio per quello che Dio è.
Come cosa propria.
Perché soltanto in quel
punto lì, lui incomincerà a restare con ciò che Dio gli ha comunicato.
Altrimenti l'uomo fa
esperienza dell'assenza di Dio nella sua vita, del vuoto di Dio, della morte di
Dio, del silenzio di Dio.
Qui è la meraviglia.
L'uomo che è una parte,
l'uomo che è un essere dipendente a un certo momento scopre da Dio che è Lui
Dio che dipende dall'uomo.
È Dio che si mette nelle
mani dell'uomo.
E si mette al punto tale
nelle mani dell'uomo dirgli: "Guarda che se tu non mi vuoi, Io per te non
esisto e tu esperimenti la Mia morte, il Mio silenzio, l'assenza di Dio".
Evidentemente il silenzio di
Dio è la nostra morte: se Lui non parla noi non viviamo.
Ma Lui non parla se noi non
vogliamo Lui.
La meraviglia sta lì.
Dio concedendosi tutto
all'uomo, Lui da cui tutto dipende, non è che ci faccia digerire l'assurdo e
che diventi dipendente da noi, no, Lui ci fa capire questa cosa meravigliosa:
dà a noi la possibilità di morire noi a noi stessi e ci dà la possibilità di
guardare le cose dal punto di vista di Dio.
Ecco il fatto meraviglioso:
Dio dà noi la possibilità di guardare le cose non più dal nostro punto di
vista.
Noi siamo parte, parte di
un tutto, ci dà la possibilità di guardare le cose dal punto di vista del
tutto.
Ci dà la possibilità di
guardare le cose dal punto di vista di Dio, di Colui dal quale tutte le cose
dipendono, anche noi.
E questa possibilità di
guardare dal suo punto di vista e quindi di morire a noi stessi è data a noi
soltanto attraverso il pensiero e il Pensiero di Dio.
È soltanto guardando le
cose dal punto di vista di Dio, cioè dal punto di vista di Colui dal quale
tutte le cose dipendono che Dio diventa nostro, proprietà nostra, come il
pastore ha la proprietà delle pecore.
Qui e solo qui, in questo
punto l'uomo è stabilizzato in Dio.
Qui l'uomo ha imparato a
restare con Dio come il pastore resta con le pecore, anche se vengono i lupi.
A.: Perché
l'uomo si fermi in Dio, deve realizzarsi quella che per noi è un apparente
assurdità: Dio deve farsi dipendente dall'uomo. Senza questo rapporto di
dipendenza l'uomo non si ferma, diventa cioè un mercenario....
Mercenario anche nelle cose
di Dio.
A.: In tutte
le cose. Naturalmente diventando mercenario verso Dio a maggior ragione diventa
mercenario verso tutte le creature di Dio.
Questo ci fa capire che non
basta capire che Dio è il principio di tutto.
Perché nel principio di tutto,
Dio è Colui dal quale tutte le cose dipendono, certo è necessario riconoscere
che Dio è il Creatore di tutte le cose ma non è sufficiente perché qui Dio è il
Signore, il Padrone, il Creatore e io sono il dipendente.
Dio qui non è mio ed è
assurdo d'altronde che Dio sia mio.
Dio non mi salva in quanto
io lo riconosco come Creatore di tutte le cose o in quanto io accetto tutte le
cose da Lui.
Per cui sarà sempre un
rapporto con una proprietà non mia.
C'è nella Bibbia la lezione
in cui Dio crea l'uomo e la donna e poi dice che padre e madre generano i figli
e qui abbiamo un rapporto creatore-creatura: padre e madre generano il figlio.
Però il figlio a un certo
momento lascia padre e madre per unirsi alla sua sposa.
Allora il figlio a chi
apparterrà? Al padre e alla madre o alla sposa?
Perché come dipendenza
dipende da padre e madre ma a un certo momento lascia questi per la sposa.
L'uomo apparterrà alla
sposa, per unirsi e saranno una cosa sola.
Allora quello che ti salva
è il fine, non è il principio.
Dio è Lui il Creatore,
certo, però non basta che Lui sia il Creatore.
Lui deve diventare il tuo
fine, ma il fine non avviene senza di me.
Per cui mentre Dio s'impone
come Dio Creatore, Dio s'impone su tutto (anche il demonio trema), Dio come fine
non s'impone.
Io posso avere tanti fini.
Dio si propone come fine.
Ecco che adesso si mette
nelle mie mani.
L'uomo viene determinato
dal fine per cui vive, non dalla sua origine.
L'uomo è determinato dal
fine per cui vive.
È lì la meraviglia.
Io posso nascere in una
casa di delinquenti, appartenere a una istituzione di delinquenti ma non è
quello che mi determina, ciò che mi determina è ciò per cui io vivo.
Ed è quello che mi
condiziona tutto.
Ora, ciò per cui io vivo
non è determinato dall'ambiente o dalla situazione in cui mi trovo, è
determinato da ciò che porto dentro di me.
Ed è questo che mi
condiziona tutto.
Dio si propone come fine.
E soltanto quando io lo
pongo come mio fine, qui diventa "mio".
Il fine diventa mio ma io
divento figlio del mio fine.
B.: Il fatto
che il padre e la madre generano i figli e poi i figli si uniscono alle spose è
un po' la storia della nostra anima, noi nasciamo da "padre e madre"
cioè da quella realtà che viene data a noi senza di noi ma dobbiamo appartenere
a quella realtà che non è data a noi senza di noi.
Sì ma non è la nostra
anima, è Dio.
Mentre Dio s'impone come
Creatore, si propone come fine e noi siamo salvati o dannati dal fine per cui
viviamo.
Quello che determina tutto
di noi e determina tutto di noi eternamente è ciò per cui viviamo e
fintanto che io non vivo per Dio, io ho altri fini e sono questi altri fini che
mi determinano.
E se questi non sono Dio,
fossero anche i poveri o il prossimo, mi determinano negativamente.
Siamo stati creati per Dio,
tutto il resto è campo di prova, aiuto, mezzo, ma il fine è Dio.
Per cui noi dobbiamo avere
la conoscenza di Dio come fine.
Cerca prima di tutto Dio,
tutto il resto può essere un mezzo, un aiuto ma il fine è quello.
C.: Mentre le
cose terrene le possiamo possederle senza conoscerle le cose di Dio non
possiamo possederle se non conoscendole.
Ma possiamo illuderci di
possederle senza conoscerle le cose del mondo.
Quando il bambino dice:
"Questo è mio" lui si illude, è una beata illusione.
Il vero possesso si ha solo
nella conoscenza ma la conoscenza si ha soltanto in quanto uno conosce la causa
e guarda dalla causa e la causa è Dio.
E soltanto guardando da
Dio, da cui tutto dipende, è lì la vera causa, la vera conoscenza e lì ho il
vero possesso.
Ecco Dio che si dona.
D.: Essere
disponibili è essere, non fare.
Noi non siamo, Dio è,
quello che mi fa essere è ciò per cui io vivo.
È ciò per cui io vivo, Dio
è, noi non siamo.
Noi siamo nella misura in
cui partecipiamo a ciò che è.
Se Dio ti dà la grazia di partecipare
a Lui, Lui è, noi siamo per partecipazione e come partecipi a Dio?
Partecipi di Dio in quanto
ti dedichi a Dio.
Quindi nella misura in cui
tu ti dedichi a Dio tu partecipi di Dio e quindi vivi, perché la vita è
partecipazione.
Ma se tu ti dedichi a Dio,
hai Dio come fine.
Cioè nella misura in cui tu
ti occupi di Dio, tu sei fatto partecipe di Dio, ma vedi che qui tu hai Dio
come fine?
C.: Cosa vuol
dire essere disponibile?
Disponibile di occuparti
per ciò che ti viene proposto.
Dio si propone a te:
"Ti ho creato, Io sono il Creatore, tu sei dipendente da Me, io ora ti
propongo, non t'impongo di occuparti di Me se vuoi la vita, ti pongo davanti la
vita (Io) e la morte (il tuo io), occupati di Me e vivrai" e mi fa la
proposta.
Non s'impone, perché se
s'imponesse m'impedirebbe di conoscerLo.
Tutto ciò che ci è imposto,
noi non possiamo conoscerlo, noi possiamo conoscere in quanto superiamo il
pensiero di tutte le cose che arrivano a noi per guardare le cose dal punto di
vista di Dio e questo è un atto puramente libero della creatura, nemmeno Dio ti
obbliga.
Quando t'obbligasse ti
butterebbe nell'inferno.
Dio ti propone di
dimenticare te stesso perché tu sei dipendente, tu sei una parte del tutto, Dio
ti dice di dimenticarti che sei una parte del tutto, di dimenticarti che sei
dipendente da Dio per guardare dal suo punto di vista.
Dio mi offre la possibilità
di guardare le cose dal suo punto di vista, a me che sono una parte del tutto,
Dio mi propone di guardare le cose dal punto di vista del tutto.
Ma per fare questo è logico
che io debbo superare me stesso, debbo superare la mia visione di parte, la mia
visione di essere dipendente e questo lo posso fare solo con il pensiero.
È lì la disponibilità.
Solo con il pensiero,
perché a Dio si arriva soltanto con il pensiero.
Siamo nel campo
dell'intelligenza.
D.: Questa
concessione che Dio fa di Se Stesso, dà la possibilità all'uomo di morire a se
stesso ma perché ci trasferiamo col pensiero da noi stessi a Lui?
Si capisce.
A guardare le cose dal suo
punto di vista, è qui la meraviglia.
Dio ha posto in noi il suo
spirito, per dare a noi la possibilità di capire ciò che Lui ci ha donato.
Lui ci ha già donato tutto
Se Stesso ma noi non possiamo conoscerlo se non con il suo Spirito.
Cosa vuol dire con il suo
Spirito?
Se non superando il niente
che noi siamo per guardare le cose dal suo punto di vista.
È lì il vero possesso, è lì
che le cose diventano veramente nostre, è lì che Dio diventa nostro.
Come il Padre è proprio del
Figlio e il Figlio è proprio del Padre.
D.: Ma Lui
diventa nostro in quanto noi lo uccidiamo?
Quello è segno di quello
che avviene nella nostra vita, perché soltanto passando da questa
esperienza....
Dio all'inizio non creò
l'uomo perché l'uomo uccidesse Dio ma perché l'uomo conoscesse Dio.
Dio ha creato l'uomo non
per la morte ma per la vita.
È quando non c'è
intelligenza che l'uomo deve passare attraverso l'esperienza dell'assenza di
Dio, del vuoto, del nulla, del non significato del tutto, del silenzio di Dio,
della morte di Dio e Dio fa esperimentare all'uomo la Sua morte perché l'uomo
non è stato intelligente, perché l'uomo non è intelligente.
Ma questo è nel campo dei
segni, perché se io esperimento la morte di Dio, a un certo punto dico che Dio
non esiste, Dio non c'è.
Anche qui ci vuole un
minimo di fede in Dio Creatore: "Perché Tu che sei il Creatore di tutto,
mi fai toccare con mano che Tu sei assente in tutto?".
Ci vuole sempre questo
minimo di fede, altrimenti non capisco nulla.
Comunque il punto chiave
qui sta in questo: noi siamo mercenari, quindi instabili, sempre in fuga,
fintanto che non arriviamo alla cosa nostra.
Ad avere la cosa che
appartiene a noi.
Cosa vuol dire appartenere
tutto a me? Dipendente da me.
Cioè Dio si mette nelle mie
mani: "Se tu mi vuoi, Io esisto ma sei tu che mi devi volere, se tu non mi
vuoi, io scompaio".
Per cui sono io che debbo
volere Dio, volere che Dio ci sia.
Soltanto se io voglio che
lui ci sia, Lui c'è e Lui mi fa toccare con mano la sua resurrezione, in caso
diverso resta morto.
Resta morto, però la sua
morte è la mia morte.
D.: Il guaio
è illudersi di essere con Dio senza fare questo passaggio....
Ma noi esperimentiamo
benissimo che non siamo con Dio.
Noi siamo in un grande
conflitto, ci proponiamo mille volte di voler essere con Dio ma siamo sempre alla
stessa distanza da Dio.
D.: È il
vedere le cose dal suo punto di vista che ci fa fare il vero passaggio....
Lui si fa nostro nella
conoscenza.
Ecco perché dico che solo
nella conoscenza noi abbiamo il vero possesso delle cose.
Nella conoscenza abbiamo il
possesso di Dio ma la meraviglia sta lì che io posseggo Dio dicendo che Lui è
Colui da cui tutto dipende e dal quale anche io dipendo.
E mentre io dico: "Dio
Tu sei il quale da cui tutto dipende", Lui dipende da me nella conoscenza,
perché nella conoscenza non faccio altro che glorificare Dio.
È glorificando Dio che
posseggo Dio.
D.: E questo
è assolutamente personale.
Evidentemente, è un fatto
di pensiero.
Dio si è messo in rapporto
con noi personalmente.
Non c'è nessuna collettività
o gruppo che entri in gioco.
E non c'è nessuno che possa
pregare al posto nostro, sia chiaro.
Dio richiede il superamento
dell'io e il superamento dell'io è un fatto tuo, personale, nel silenzio.
Per cui se tu personalmente
non riesci a dimenticare te stesso per guardare le cose dal punto di vista di
Dio, la cosa non avviene nel modo più assoluto.
E.: Perché
Dio diventi "mio", io devo esperimentarne l'assenza.
Sì, data la nostra non
intelligenza, però non basta l'esperienza dell'assenza di Dio per trovare Dio.
L'esperienza dell'assenza è
necessaria ma bisogna capire il significato di quest'assenza.
Dio è Colui che nessuno può
ignorare, nessuno è in pace ignorando Dio, perché non si può ignorare, io non
posso ignorare che non sono io che faccio il filo d'erba.
Io non posso ignorare che
c'è un altro che fa le cose: io voglio vivere ma a un certo momento muoio, io
non posso ignorare che c'è una volontà diversa che opera su di me, quindi non
sono in pace, non posso essere in pace ignorando Dio.
La pace io la trovo solo
conoscendo Dio.
Conoscendo Colui che non
posso ignorare.
Però io non posso ignorarlo
perché Dio è il Creatore e s'impone, conoscerlo, non posso conoscerlo senza di
me, senza voler io stesso Dio, senza guardare le cose dal punto di vista di
Dio.
E.: Però
questo superamento ho la possibilità di farlo se capisco che Lui viene a morire
in me....
Questo è necessario in
conseguenza della nostra non intelligenza.
All'inizio Dio non ha fatto
le cose in quel modo, Adamo, colloquiando con Dio, aveva la possibilità di
superare se stesso e di guardare le cose dal punto di vista di Dio, perché
stava dialogando con Dio.
A un certo momento c'è
stato difetto d'intelligenza.
E.: Ma nella
nostra situazione di peccato è necessario questo.
Sì, ma ci vuole intelligenza
per capire perché Dio è assente e perché tu non trovi Dio.
Fintanto che non ti decidi
a guardare le cose dal punto di vista di Dio, tu certamente Dio non lo trovi,
poiché Dio si trova solo per mezzo di Dio.
Fintanto che uno non si
decide a superare tutto di sé, per guardare le cose dal punto di vista di Dio,
Dio non si trova.
Per cui siamo noi stessi
che dobbiamo volere Dio, allora vuol dire che Dio si è messo nelle nostre mani.
F.: Qui ci
sono presentate queste tre figure: ladri, mercenari e pastori...
Ci sono anche i lupi.
F.: Tra
mercenario e pastore, c'è un passaggio intermedio?
È un salto di qualità.
Nettissimo.
Dio non ha niente a che
fare con il demonio e il demonio non ha niente a che fare con Dio.
Il nostro io non ha niente a
che fare con Dio, c'è un salto di qualità.
O tu dimentichi te stesso,
non pensi a te stesso, per guardare le cose da Dio o sei nel pensiero del tuo
io, non c'è nessun passaggio intermedio, non c'è niente da fare.
Il nostro io staccato da
Dio è un demonio, quindi quando noi pensiamo a noi stessi, siamo nel campo del
demonio, non c'è niente da fare.
G.: L'uomo
viene fermato quando?
Quando una cosa dipende
solo da lui.
Solo quando l'uomo trova
una cosa propria, lì si stabilizza.
L'uomo è in fuga, fintanto che
si trova in cose che non dipendono da lui.
Quando l'uomo trova una
cosa che dipende da lui, l'uomo lì si ferma.
Dio lì lo ferma, lo blocca.
Cioè, ti ha dato nella mani
una creatura che dipende solo da te.
Che è tutta tua, per cui tu
puoi scrivere su di essa quello che tu vuoi.
Tu lì sei bloccato, sei
fermo e adesso Dio ti condurrà dove vuole Lui.
Perché ti ha fermato.
G.: Questo
perché io mi debbo occupare soltanto di Dio?
No, Dio ti ferma quando tu
hai trovato una donna, una donna che è tutta per te, t'ha fermato.
Oppure quando tu hai
trovato un affare che è tutto per te, t'ha fermato.
Adesso Lui ti condurrà dove
vuole, l'importante e che tu sia fermo in qualcosa.
Tutto questo è segno per
dire a noi che soltanto se noi troviamo Dio come cosa nostra, appartenente
tutto a noi, lì saremo fermi con Dio, altrimenti tu sei fermo con una donna.
O sei fermo con un'azienda.
O sei fermo con la politica
ma sei fermo con una cosa che dipende tutta da te.
Quel mondo che può essere
una famiglia, una casa, un automobile, una creatura ma che dipende solo da te,
lì stai pur tranquillo che tu lì sei bloccato.
E su quello tu stai
riversando la tua passione d'Assoluto, perché adesso tu vuoi che la donna,
l'azienda, la macchina, la politica, sia assoluta come Dio, tu vuoi che sia
come Dio.
E quella non sarà mai come
Dio e allora ti crei l'inferno.
Tutto questo è segno, per
farti capire che tu ti fermi soltanto là dove trovi una cosa propria, tua, cioè
una cosa in cui tu puoi esprimere tutto te stesso.
La cosa che dipende da te.
Là dove trovi la cosa che
dipende da te, là tu sei fermo, sei bloccato.
Ma questo è ancora segno
per dire a noi che noi saremo capaci a restare fermi in Dio, soltanto quando
troveremo Dio come Colui che dipende da me, pensa che assurdo!
H.: Io ho
capito....
Dio t'ha fatto capire.
H.: Siamo
fatti per Lui però c'è questa fatica nel rimanere in Dio, c'è questa
volubilità, questa incostanza.
L'incostanza è segno che
noi siamo mercenari anche con Dio.
N.: Nella mia
vita Dio mi ha fatto fare esperienza della mia scarsa intelligenza,
l'esperienza della Sua assenza, l'esperienza della negatività profonda della
mia vita. Io dicevo di credere in Dio ma in realtà Dio non rappresentava niente
per me, allora ho fatto l'esperienza di questa assenza e quanto più
profondamente uno arriva a fare quest'esperienza, tanto maggiore è la grazia di
Dio, perché è proprio quando ti trovi in fondo che o perdi ogni speranza, o ti
riaccendi a Una speranza e allora capisci anche che è Dio che ti fa essere
intelligente, non sei tu che ti fai intelligente.
Dio
addirittura è arrivato nel tuo abisso.
Certo.
P.: Dio si
mette a tal punto nelle nostre mani da dirmi: "Se tu vuoi che Io esista
esisto, altrimenti scompaio".
È tremendo
questo.
Noi dobbiamo volerlo per
quello che Lui è.
Dio si offre cioè a essere
dipendente da me.
Dipendente dalla creatura
per essere tutto della creatura.
Soltanto se si fa proprio
della creatura, la creatura diventa stabile in Dio.
Quando la cosa dipende da
te, tu non puoi non volerla per la tua passione d'Assoluto: tu vuoi che sia.
Noi non vogliamo che Dio
sia perché non dipende da noi.
Ma il giorno in cui noi
scopriamo che Lui "dipende" da noi, noi necessariamente vogliamo che
Lui sia.
Con tutte le nostre forze.
E Lui per legarci in una
unione eterna si fa opera nostra.
Prova un po' ad andare a
dire a un angelo che Dio non c'è e vedi come ti salta addosso!
P.: La realtà
oggettiva deve diventare soggettiva, perché se no è come se non ci fosse per
me, è oggettiva e io non posso smentirla.
Nemmeno il demonio può
smentire Dio, però non può conoscerlo.
P.: La realtà
oggettiva s'impone su di me e mi fa diventare vera la realtà soggettiva.
L'immagine di
una cosa che dipende tutta da me m'ha fatto pensare a un bambino e al Natale.
Il bambino
dipende tutto dalla madre, la madre non può lasciarlo un istante e Dio ha
voluto prendere l'aspetto di un bambino e proprio a Natale si presenta così per
farci capire....
Si mette nelle nostre mani.
Il mistero di Natale è
questo: Dio nelle tue mani: "Fammi quello che vuoi".
P.: Posso
pensarlo o trascurarlo, posso farlo crescere o farlo morire.
E poi
l'immagine della croce.
Se voglio che
Dio esiste, Lui resuscita.
Lui muore proprio per darti
la possibilità di volerlo.
Se Lui resuscita, la sua resurrezione
diventa la tua vita.
P.: Senza di
Lui la mia vita non è più vita.
Si capisce.
G.: Quando
Dio dipende da me? Quando io prendo consapevolezza che Dio si mette nelle mie
mani?
Quando per
me, Dio diventa dipendente da me?
Quando
capisco questa sua concessione?
No, diventa dipendente da
me anche se io non capisco, per cui anche se non capisco io esperimento la sua
assenza.
G.: Ma io
quando arrivo a volerlo, quando capisco?
Certo ma per capire io
debbo già guardare le cose da Dio, perché se non guardo da Dio, non posso mica
arrivare a capire quello, io subisco e tutto quello che subisco io non lo
capisco mica.
Io subisco la morte di Dio,
subisco l'assenza di Dio, esperimento il silenzio di Dio, io chiedo a Dio e Dio
non mi risponde, Dio non lo vedo e non lo tocco e questa è esperienza nel campo
del nostro io. Non c'è niente da fare.
Quando uno inizia a
guardare le cose dal punto di vista di Dio, qui abbiamo il Cristo che parla.
Qui ad esempio dice che il
pastore resta nonostante i lupi e a un certo momento tutto il mondo diventa
lupo, il pastore resta perché le pecore sono sue.
Perché stasera abbiamo
affrontato questo argomento?
Unicamente perché Gesù ci
ha presentato la differenza tra mercenario e pastore.
Anche il mercenario conduce
le pecore al pascolo, però le pecore non sono sue, il pastore? Le pecore sono
sue.
Tutta la differenza sta lì,
nella cosa propria, il che vuol dire che fintanto che per te Dio non è tuo,
proprio, tuo cioè dipendente da te, fintanto che Dio non dipende da te, non
diventa cioè cosa tua, tu non puoi restare con Dio, sei mercenario.
Vai e vieni, scappi quando
hai difficoltà e allora nascono tutti i problemi e i dubbi sul come fare per
restare con Dio.
P.: Dio mi
porta alla consapevolezza che Lui dipende da me, proprio attraverso la sua
morte, facendoci esperimentare la sua assenza, se io non lo voglio....
Se io credo in Dio, se io
non credo in Dio anche la sua morte non mi ferma.
Se io muoio a me stesso,
muoio alla mia dipendenza, muoio alla mia parte, io appartengo a un tutto e siccome
il vero punto di vista è vedere le cose dal punto di vista del tutto e non
dalla mia angolatura, fintanto che io non muoio a questo io non posso
partecipare al tutto.
Q.: Bisogna
scegliere tutto in base a Dio.
Bisogna avere Dio come
fine, non basta averlo come principio, non basta accettare tutto da Dio,
bisogna tendere a Dio, perché tutte le cose Dio te le fa arrivare perché tu
abbia a riportare tutto a Lui e perché tu abbia a riportare tutto a Lui e a
guardare tutte le cose dal suo punto di vista.
La salvezza non sta
nell'accettare tutto da Dio, tu non sei salvato se accetti solo tutto da Dio,
devi riportare tutto a Dio, per vedere le cose dal Pensiero di Dio.
R.: Dio vuole
essere scelto da noi.
La vita è scelta, noi
facciamo un errore gravissimo: crediamo di scegliere una cosa e non lasciamo il
resto.
Il mercenario invece, che non è
pastore e al quale le pecore non appartengono in proprio, vedendo venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e
il lupo le rapisce e le disperde. Gv 10 Vs 12 Secondo tema.
Titolo: La fuga da Dio.
Argomenti: La
conoscenza di Dio. Restare:
pastore e mercenari. Dio
si mette nelle mani dell'uomo. Dio si offre
al nostro giudizio. Dio si fa
"nostro". Dio si fa
dipendente da noi. Volere Dio. Mettere il nome.
Conoscenza
o possesso. Il
bambino e l'adulto. L'insopportabilità: 1-Il
figliol prodigo. 2-I
lavoratori della prima ora. 3-Giuda. I due principi dell'uomo.
19-20/Agosto/1990 Casa di
preghiera Fossano.
Domenica scorsa ci siamo fermati su questo versetto e sul
concetto di "appartenenza in proprio".
Il problema era come fare per restare in ciò che ci viene
comunicato.
Precedentemente Gesù aveva affermato che il buon Pastore
offre la sua vita.
Il Pastore è il Figlio di Dio, è il Maestro interiore, è
Dio Stesso che abita in noi.
La vita di questo Pastore è la conoscenza stessa di Sé e
di Dio, del Padre.
E nella conoscenza sta la vita, perché Gesù dice che la
vera vita (eterna) sta nel conoscere Dio.
E il Pastore offre questa vita alle pecore.
Le pecore rappresentano noi.
Dio offre la sua vita a noi, offre cioè questa
conoscenza.
Dio ha creato l'uomo per la conoscenza, ha creato l'uomo
per la verità.
"Conoscerete la verità e la verità vi farà
liberi".
"Dio vuole che tutti si salvino e giungano a
conoscere la verità".
La salvezza dell'uomo sta nel giungere a conoscere la
verità.
La vita dell'uomo sta nel conoscere la verità.
La libertà dell'uomo sta nel conoscere la verità.
Se gli uomini sono schiavi di tante cose, se gli uomini
esperimentano la perdita della vita e il nostro vivere nel mondo è una perdita
crescente di vita, se gli uomini tremano di fronte al rischio di non giungere
alla salvezza, è perché non conoscono la verità.
Ma Dio non ha sottratto la verità all'uomo, Dio non vuole
la notte per l'uomo.
Dio ha creato l'uomo per la luce.
Dio vuole la conoscenza.
Dio è venuto per farsi conoscere.
È venuto per dare a noi la conoscenza di Dio.
È venuto per portare noi nella conoscenza di Dio.
Qui sta l'offerta che Egli fa della sua vita per noi.
Dio si annuncia a tutti, Dio è Colui che nessuno può
ignorare, noi lo possiamo trascurare, bestemmiare ma non lo possiamo ignorare,
Dio è il Creatore di tutte le cose.
Dio è l'autore di tutti gli avvenimenti che noi
esperimentiamo nella nostra vita.
Ogni giorno che noi viviamo, è opera di Dio e quindi è
una Parola di Dio per noi.
È un colloquiare di Dio, perché Dio colloquia, Dio parla
personalmente (sia che lo sentiamo o meno) con ognuno di noi tutti i giorni.
E se Lui parla con noi tutti i giorni, il grande problema
per noi è imparare ad ascoltare e a capire quello che Lui dice e a colloquiare
e interrogare Lui, tutti i giorni.
Il nostro giorno, come tutta la nostra vita, dovrebbe
essere un colloquio continuo con Dio, perché soltanto in quanto colloquiamo con
Dio noi, penetriamo nella nostra vita, perché la vita e la conoscenza ci viene
solo da Dio.
Il problema era questo: come fare per restare?
Gesù ci ha posto a confronto il pastore con i mercenari.
E ci dice che il pastore rimane anche quando arrivano i
lupi, rimane, resta.
Invece il mercenario non resta, scappa, fugge.
Siccome l'argomento era come fare per restare, abbiamo
approfondito questo concetto di restare come conseguenza dell'avere le cose in proprio.
Il pastore rimane perché le pecore sono sue.
Il mercenario invece è colui che lavora per la paga, per
la mercede, il servo, il servo di fronte alle difficoltà, di fronte al rischio
scappa, se ne va.
Perché dice Gesù: "Le pecore non sono sue".
Ci fa capire che la capacità di restare ci viene dal
fatto che una cosa è propria, nostra.
Perché la capacità di restare viene da ciò che è nostro.
E Dio si fa nostro.
Al centro di tutta la rivelazione noi abbiamo il concetto
del Dio che si concede all'uomo.
Del Dio che si dà all'uomo a costo di lasciarsi uccidere
dall'uomo.
L'uomo lo uccide.
Spiritualmente parlando si uccide in quanto non si tiene
conto di una persona.
Noi non teniamo conto di Dio e uccidiamo Dio.
Ma uccidiamo Dio perché Dio si dà nelle nostre mani.
Dio si mette nelle nostre mani come un agnello.
Ed è rivelazione di Dio.
Dio si dà nelle nostre mani.
Un bambino appena nato è tutto affidato alle cure della
mamma e se la mamma lo trascura il bambino, muore.
Dio si dà nelle nostre mani (Natale) come un bambino
nelle braccia della madre.
Tutto affidato a-.
Perché questo?
Colui dal quale tutto dipende e tutti dipendono, a un
certo momento trova il modo di darsi nelle mani della creatura, di farsi
dipendente della creatura, dipendente dall'uomo: un’assurdità.
Eppure c'è quest'assurdità nella nostra vita.
Dio
si mette nelle nostre mani e lascia che facciamo di Lui quello che vogliamo.
"Datemi la paga che ritenete giusta" e c'è chi
gli dà trenta denari, chi niente e chi tutto.
Che posto noi diamo a Dio?
Tutti i giorni Dio ci interroga.
E ci interroga affinché noi abbiamo a dirgli che posto
gli riserviamo nella nostra vita.
Sopratutto che posto noi riserviamo a Lui che è il
Creatore di tutto l'universo, Lui che è il Signore di tutto, della storia come
della vita di ogni uomo.
Lui chiede a noi che posto gli diamo tra i nostri
pensieri.
E ognuno di noi dà un posto a Dio e magari lo mette anche
fuori dalla sua vita.
Comunque ognuno di noi dà un posto a Dio.
"Chi dite che Io sia?" cioè: che posto mi date?
Dio si offre al nostro giudizio.
Perché questo?
Per farsi nostro.
Perché soltanto facendosi nostro, dà noi la possibilità
di restare con Lui, come Lui è con noi.
Perché Lui è con noi anche senza di noi.
Lui non è uno che va e viene.
Dio non appartiene né al tempo né allo spazio, per cui
non è uno che si sposti.
Noi ci spostiamo, noi mutiamo ma Dio non muta, Dio è
Colui che è, in eterno.
Lui è stato, Lui è e Lui sarà eternamente Colui che è,
l'Assoluto.
E dire Assoluto vuol dire che è indipendente da ogni
cosa, da ogni creatura, da ogni luogo e da ogni tempo.
Lui è l'essere Assoluto e in quanto Assoluto è
indipendente e sciolto da ogni condizionamento.
Dio non si muove, Lui è.
Però non basta che Lui sia, perché anche nell'inferno Lui
c'è, non c'è un luogo in cui Lui non ci sia.
Non basta che Lui sia presente con noi e in noi perché
noi troviamo la vita e la salvezza.
Certo è necessario che Lui sia presente, perché se Lui
non fosse presente, noi non potremmo fare assolutamente niente.
Nemmeno pensarlo, se lo pensiamo, è perché Lui è già con
noi.
Però perché noi possiamo trovare la vita, è necessario
che noi impariamo a essere con Lui come Lui è con noi, a essere presenti a Lui
come Lui è presente a noi.
È necessario che noi conosciamo Lui come Lui conosce noi.
Ecco perché Lui si dà nelle nostre mani.
Per dare a noi la possibilità di darci noi nelle sue
mani.
Lui si fa oggetto del nostro pensiero e ci dà la
possibilità di pensarlo.
A noi che siamo dei moscerini.
Noi siamo meno ancora che dei moscerini nel grande
universo.
Basta portarsi nella stella più vicina a noi e la stella
più vicina al nostro sistema solare è a quattro anni luce da noi.
Dalla stella più vicina a noi la terra non si vede
assolutamente.
Si vede appena il sole, una piccola stelletta, la terra
nostra scompare.
Immaginiamoci un po'.....
Noi che siamo cinque miliardi su questa terra che
scompare se guardata dalla stella più vicina!
E noi su questo piccolo puntino invisibile siamo cinque
miliardi.
Noi siamo un pulviscolo.
E questo pulviscolo a un certo momento ha la possibilità
di pensare Dio.
Noi non ci rendiamo conto: noi possiamo pensare Dio,
l'infinito, l'eterno, l'Assoluto! Colui che ha in mano tutte le creature e
tutto l'universo, Colui che ha creato tutte le cose.
Noi lo possiamo pensare.
Noi possiamo fermare la nostra macchina, sederci sul
ciglio della strada e possiamo pensare Dio.
Ecco la meraviglia.
Possiamo cioè prendere contatto con Colui che è eterno,
infinito, Assoluto.
Con Colui che è l'Assoluto.
Non basta che noi prendiamo contatto, Dio vuole che noi impariamo
a restare con Lui.
Con Lui in tutto.
Per poter restare con Lui, dobbiamo avere la possibilità
di considerare Lui come "cosa" nostra, propria.
Qui le parti s'invertono perché Lui diventa la pecora e
noi diventiamo i pastori.
E il pastore non scappa, anche se arrivano i lupi (e ci
sono i lupi anche tra noi) perché le pecore sono sue.
Dio si offre a essere pecora agnello, cosa nostra.
Quando abbiamo detto cosa vuol dire essere proprio, cosa
nostra, abbiamo detto che proprio è ciò che è dipendente da-.
È un assurdo ma Dio si fa dipendente da noi per essere
tutto nostro.
Per dare a noi la possibilità di dire: "Mio Signore
e mio Dio".
Perché noi possiamo restare, lo torno a dire, solo in ciò
che è veramente nostro.
Lui si fa dipendente da noi.
Facendosi dipendente si fa oggetto della nostra volontà.
Dipendente da noi è uno che ha in noi il suo stesso
principio.
Per cui a un certo momento siamo noi che dobbiamo volere
Dio.
Siamo noi che dobbiamo volere che Dio ci sia.
Abbiamo detto che nell'uomo ci sono queste due grandi
realtà.
Realtà che sono date a noi senza di noi e realtà che non
sono date a noi senza di noi.
La presenza di Dio, la conoscenza di Dio, la vita eterna,
i doni maggiori di Dio, non sono dati a noi senza di noi.
E cosa vuol dire senza di noi?
Se noi non ci dedichiamo, cioè se noi non li vogliamo.
E allora
il problema è questo: cosa vuol dire volere Dio?
Evidentemente noi possiamo dire da mattina a sera:
"Signore io voglio che Tu sia" ma non è la mia volontà che lo fa
essere, Lui esiste indipendentemente da me.
Noi dobbiamo volere Dio ma non basta che noi lo diciamo a
parole perché Lui ci sia.
Cioè non basta questo per far esperienza della presenza
di Dio, poiché Dio si offre a essere esperimentato.
Dio si offre a essere toccato, a essere veduto.
San Giovanni dice: "Noi abbiamo visto la vita che
era presso Dio, l'abbiamo toccata con le nostre mani".
Dio si offre a essere esperimentato, a essere toccato, a
essere veduto, a essere vissuto da ognuno di noi.
Più presente in noi della nostra stessa presenza fisica.
O della presenza fisica degli altri.
Noi non dubitiamo della presenza fisica di noi che ci
troviamo adesso qui, ebbene, Dio si offre a essere esperimentato come presenza,
in modo più netto, più chiaro, più autentico di quanto noi esperimentiamo le
presenze fisiche degli uomini.
E dobbiamo giungere lì se vogliamo imparare a restare con
Dio, altrimenti abbiamo il tema di oggi.
Altrimenti noi siamo in fuga da Dio.
Necessariamente, non possiamo farne a meno.
Noi siamo in fuga da Dio.
Lo troviamo in questo versetto, dove dice: "Il
mercenario vedendo venire il lupo, abbandona le pecore e fugge".
C'è questa fuga da Dio nella vita dell'uomo.
E dobbiamo capire il significato di questa fuga che
l'uomo esperimenta, deve servire a farci capire cosa vuol dire volere noi
stessi che Dio ci sia.
Perché soltanto quando noi impariamo a volere che Dio
esista, che Dio ci sia, quando siamo noi stessi che lo vogliamo, solo lì noi
incominciamo a scoprire la sua presenza, solo lì noi incominciamo a restare
veramente con Lui.
Prima noi siamo in fuga da Dio ed esperimentiamo questa
fuga da Dio.
Dio si offre nelle nostre mani.
E si offre in quanto si fa dipendente da noi.
Una
cosa è dipendente da noi quando ha in noi stessi il suo principio, cioè quando
noi possiamo mettere il nostro nome su di essa.
Uno che fa un'azienda mette il suo nome su quell’azienda,
perché?
Perché quell'azienda dipende da lui.
È lui che l'ha voluta.
E quando uno sposa una creatura mette il suo nome sulla
creatura, perché l'ha fatta propria, l'ha fatta sua, noi diciamo.
Ecco, noi mettiamo il nome sulle cose che sono nostre.
Ci sono nella nostra vita queste due grandi realtà: il
cielo e la terra.
E il cielo rappresenta la realtà di tutte le cose che non
sono date a noi senza di noi.
E la terra rappresenta invece la realtà di tutte quelle
cose che sono date a noi senza di noi, indipendentemente da noi.
La terra, le creature, l'universo sono dati a noi senza
di noi e questa è tutta terra.
Però c'è tutto il mondo vero che non è dato a noi senza
di noi.
Direi che Dio, mentre c'impone la vita sulla terra, non
c'impone la vita eterna.
Noi siamo su questa terra e nessuno ci ha chiesto prima
se volevamo nascere.
Dio ci dà questa vita su questa terra, unicamente per
interrogarci se vogliamo avere la vita eterna.
Mentre questa vita ci viene imposta, l'altra ci viene
proposta.
C'è un'offerta: "Vuoi?".
Dio c'impone questa esistenza sulla terra, unicamente per
interrogarci se noi vogliamo la vita eterna.
"A ognuno sarà dato ciò che avrà voluto avere".
Può darsi che noi rifiutiamo quest’offerta e resta il
nostro rifiuto.
Noi abbiamo queste due grandi realtà.
E in quanto abbiamo queste due realtà e Dio (il cielo) si
mette nelle nostre mani, noi possiamo mettere il nostro nome sul cielo o sulla
terra.
Possiamo mettere il nostro nome.
Nel pensiero del nostro io noi tendiamo a mettere il
nostro nome e a fare nostre le cose.
Quando mettiamo il nostro nome sulle cose della terra,
noi siamo mercenari.
Il
mercenario è colui che vive per avere, per possedere.
Quando invece mettiamo il nostro nome sulle cose del
cielo, mettiamo il nostro interesse, noi lo mettiamo non per possedere ma per
capire le cose del cielo.
Ecco come ci differenziamo.
Ci sono uomini che mettono il loro nome su cose che
vogliono possedere e ci sono uomini che mettono il loro nome, la loro vita, il
loro interesse, il loro pensiero su cose che vogliono capire.
Ci sono uomini che vogliono capire e uomini che vogliono
possedere.
L'uomo nasce con un destino unico, con un fine solo.
Tutti sono stati creati unicamente per giungere alla vita
eterna, per conoscere Dio, ma gli uomini qui incominciano a dividersi.
Gli uomini che vivono per possedere (cose, creature,
soldi, mondo, cultura) sono nel campo del mercenario.
Il mercenario vive per avere, vive per avere la paga.
E la paga che cos'è?
È quello che lo appaga, che lo fa pago.
Che lo soddisfa.
Uomini che vivono per soddisfare se stessi.
E invece abbiamo uomini che vivono per capire.
Nel bambino abbiamo la genuinità: "Se non ritornate
come bambini non potete entrare nel regno dei cieli".
Il bambino vive per capire.
L'elemento caratterizzante il bambino è il
"perché?", il bambino interroga.
E perché interroga?
Interroga per capire.
È l'anima.
Poi a un certo momento quest'anima si ritira, si spegne e
il bambino diventa un adulto e a quel punto lì, vive per possedere, per
guadagnare, non interroga più.
La grande tristezza che c'è nell'uomo man mano che gli
anni passano.
A un certo momento noi abbiamo questo bambino che si
spegne, sparisce, cerca solo più di arraffare, guadagnare il più che sia possibile,
che incomincia a valutare la giornata per quanto ha guadagnato.
E se ha guadagnato tanto ritiene valida la sua giornata.
E non si rende conto che in quella giornata, lui ha
buttato la sua anima nella spazzatura.
Ecco la grande tristezza dell'uomo che matura.
Del bambino che si perde.
È una grande tristezza perché l'uomo, riuscisse anche a
guadagnare tutto il mondo e tutti i miliardi che ci sono nel mondo, non
potrebbe non sentire il pianto di questo bambino che egli è e che egli porta
dentro di sé.
E che piange perché non gode della luce.
Tutto il denaro di questo mondo e tutti i beni di questo
mondo, tutte le aziende di queste mondo non possono soffocare in noi il pianto
di questo bambino che non trova la luce.
Notate bene che quando questo bambino dentro di noi
piange perché non ha la luce, perché non capisce, noi andiamo a gettarci giù da
un ponte, con tutte le nostre ricchezze.
Perché non c'è nessuno che ci possa liberare
dall'angoscia.
Noi possiamo essere in case d'oro ma noi corriamo al
suicidio.
E questo ci significa e ci testimonia che noi siamo fatti
per capire.
Noi possiamo vivere in una baita e mangiare cicoria tutti
i giorni ma se la nostra anima, questo bimbo qui si nutre di luce, noi cantiamo
dalla mattina alla sera felici: noi siamo fatti per la luce, noi siamo fatti
per capire.
L'uomo può scrivere il suo nome sulle cose della terra o
nelle cose del cielo.
Quando scrive il suo nome sulle cose della terra, diventa
un mercenario.
Se scrive il suo nome sulle cose del cielo, l'uomo qui
non è mercenario, l'uomo qui è figlio della sapienza.
È Figlio di Dio, appartiene a Dio, perché quando c'è
interesse per conoscere vuol dire che c'è attrazione per il Padre.
E quando c'è attrazione per il Padre, uno già appartiene
al Padre.
"Erano tuoi e Tu li hai dati a Me", dice Gesù.
E perché non tutti sono del Padre?
Cos'è questo "essere Tuoi"?
Nessuno può interrogare se non è attratto.
Attratto da che cosa?
"Tuoi", attratti dal bisogno di conoscere Dio.
Noi abbiamo la testimonianza della Parola di Dio che
coloro, che scrivono il loro nome nel cielo, che rivolgono quindi il loro
pensiero a conoscere Dio, sono figli di Dio, appartengono a Dio, sono figli
della sapienza.
Questo è quello che caratterizza l'uomo.
Ora, il mercenario fugge, arriva un momento in cui c'è
questa fuga, tutti coloro che vivono per le cose del mondo, per possedere
quindi le creature fuggono.
È una fuga generale.
Da che cosa?
Se noi sapessimo veramente leggere e interrogassimo tutti
coloro che in questi giorni corrono sulle strade del mondo, vedremmo che sono
tutte creature che fuggono.
Loro non sanno da che cosa fuggono ma sono creature in
fuga.
E scappano da che cosa?
Perché si scappa?
Si
scappa perché a un certo momento le cose diventano insopportabili.
Nasce questo nuovo concetto: l'insopportabilità.
E lo troviamo nel Vangelo.
Nel
Vangelo noi troviamo quella parabola stupenda che è chiamata del "figliol
prodigo”, ma dovrebbe essere chiamata invece la
parabola del padre che sa amare.
Noi a un certo momento troviamo il figliol prodigo che
trova insopportabile la casa del padre.
E deve scappare.
Ma poi cambiando la scena, noi vediamo che arriva un
momento in cui anche il figlio maggiore, quello tutto ubbidienza, tutto
sottomissione, quello che dice: "Ho fatto sempre la tua volontà, ho sempre
ubbidito ai tuoi ordini", a un certo momento anche colui che è tutto
ubbidienza, tutto sottomissione, sente insopportabile la casa del padre, tanto
insopportabile che non riesce più ad entrare.
E dovrà scappare anche lui, scapperà anche lui.
Abbiamo
anche un'altra parabola di Gesù, in cui i lavoratori della vigna, i lavoratori
della prima ora, quelli che sono stati subito ubbidienti
provano l'insopportabilità.
Appena il signore ha detto: "Andate a lavorare nella
vigna", sono subito andati e hanno lavorato tutto il giorno.
Dio è un artista stupendo.
Tutta ubbidienza, tutto lavoro da mattina a sera.
Alla sera non riescono più a sopportare la bontà del
padrone.
Devono scappare.
Incominciano a mormorare e poi scappano.
Eppure il padrone li ha pagati per quello che era stato
convenuto.
Non sopportano la bontà del padrone.
A un certo momento tutto il nostro mondo brucia, diventa
insopportabile.
C'è
poi la tremenda e stupenda lezione di Giuda.
Giuda è una lezione di Dio per noi, è una misericordia di
Dio per noi.
Per evitare a noi di essere dei Giuda.
A un certo momento Giuda non può sopportare la presenza
del suo Signore.
E deve scappare nella notte.
A un certo momento l'uomo è in fuga perché le cose diventano
insopportabili.
E come mai diventano insopportabili?
Perché la casa del padre è diventata insopportabile prima
per il figlio minore e poi per il figlio maggiore?
Perché il padrone è diventato insopportabile per i
lavoratori della prima ora?
Perché Gesù è diventato insopportabile per Giuda?
Cosa succede?
Quello che rende insopportabili a noi le cose è ciò che
portiamo dentro di noi, è il fine per cui noi viviamo.
È l'interesse che portiamo dentro di noi.
Quando noi viviamo per noi, quando noi ci mettiamo al
centro delle cose, a un certo momento tutte le cose diventano insopportabili
per noi, anche il filo d'erba diventa insopportabile per noi.
Anche le bellezze dell'universo a un certo momento
diventano insopportabili.
Perché tutte le cose si rifiutano a noi in quanto
appartengono a Dio.
E più nessuno vuole appartenere a noi e quando più
nessuno vuole appartenere a noi e noi non siamo più il centro degli altri, qui
tutto diventa insopportabile e noi dobbiamo scappare.
È la grande fuga.
A un certo momento la nostra vita diventa una fuga.
Al punto tale che non ha più un luogo di pace.
Dalle nostre città andiamo alla spiaggia e poi dalla
spiaggia non vediamo l'ora di ritornare a casa nostra.
E poi andiamo in montagna per trovare un luogo di pace e
poi andiamo da un’altra parte perché in montagna non abbiamo trovato quella
pace cercata.
Siamo in una fuga generale e noi andiamo a cercare la
soluzione in luoghi diversi e non ci rendiamo conto che la soluzione non è
fuori ma dentro di noi.
Tutto è sbagliato dentro di noi.
È sbagliato perché non abbiamo scritto il nostro nome in
cielo e quando il nostro nome non è scritto in cielo, tutte le cose a un certo
punto diventano insopportabili per noi, perché a un certo momento tutto diventa
cielo di Dio, anche la nostra terra, questa terra su cui noi crediamo di
scrivere il nostro nome, di possederla, a un certo momento si rivela che anche
la nostra terra appartiene al cielo, diventa un corpo celeste.
E se noi non abbiamo scritto il nostro nome nel cielo di
Dio, anche la nostra terra diventa insopportabile.
Tanto insopportabile al punto che ricorriamo al suicidio.
Perché la vita diventa insopportabile, manca di
significato.
Manca
di senso e manca di senso se noi non abbiamo messo Dio al di sopra di tutto.
Se noi non abbiamo fatto nostro Dio, scopo della nostra
vita.
Perché quello che determina tutto in noi è il fine che
noi perseguiamo.
È il fine per cui noi viviamo che determina tutto di noi.
E se noi non abbiamo come fine Dio stesso che è il nostro
principio, il fine per cui noi viviamo diventa il nostro principio che è
diverso da Dio, perché non abbiamo messo come nostro fine Dio e questo ti crea
dentro di te una contraddizione insopportabile, perché ci sono due principi.
Il primo è Dio Creatore che non puoi smentire, Dio è il
vero principio, in principio era il verbo e tutti noi siamo stati creati in
questo verbo, in questo fine, però noi possiamo vivere per un altro fine e
quando viviamo per un altro fine, quel fine lì diventa il nostro principio,
perché tutto viene determinato da ciò per cui noi viviamo.
E se quello diventa il nostro principio, in noi, noi
introduciamo un secondo principio.
E c'è la grande divisione.
E la divisione diventa la rovina nostra.
Diventa la morte, perché la morte è divisione.
Ecco il significato di questa fuga.
Il problema era che noi per restare con Dio dobbiamo
volerlo Dio.
Noi stessi dobbiamo volere che Dio esista.
Perché Dio si mette nelle nostre mani.
Una mamma se vuole che il bambino cresca, non basta che
gli dia la vita, deve volere che il bambino viva.
Notate bene che una madre a un certo momento vive per il
bambino, quel bambino a cui lei stessa ha dato la vita a un certo memento
diventa la sua vita e solo se diventa la sua vita, il bambino vive.
Ecco come tutto è lezione di Dio.
Soltanto se la mamma offre la sua vita, vive quindi tutta
per il bambino, il bambino vive, il che vuol dire che la mamma deve volere che
il bambino viva.
Deve volere che il bambino esista.
Non basta quindi che la mamma dia l'esistenza al bambino,
deve volere che il bambino esista.
E come deve volerlo?
In quanto dona tutta se stessa.
Tutto è lezione e anche il rapporto mamma/bambino è
parabola, non è finalità perché a un certo momento i bambini se ne vanno e le
mamme se ne vanno, tutto passa e tutto è segno e tutto è Parola di Dio per noi.
Affinché noi capiamo, perché un giorno Dio ci dirà:
"Sono Io che ho creato le mamme e sono Io che ho creato i bambini e sono
Io che ho creato come si fa a mantenerli in vita, per te lo facevo, perché tu
imparassi come si fa a volere Dio, perché sei tu che devi volere che Dio ci sia
e che viva. Altrimenti Dio, siccome si è donato nelle tue mani, rimane in te
morto".
Ma l'esperienza del Dio morto è l'esperienza della nostra
morte.
Come l'esperienza della mamma che lascia morire il
bambino, diventa esperienza di morte per la madre stessa.
La creatura deve volere Dio, avere quindi Dio come fine,
soltanto in quanto lo contempla dal principio.
Non in quanto la creatura sceglie un suo fine.
Ma deve volere come suo fine quello che è il suo
principio, in modo da non creare dentro di sé questa contraddizione tra ciò che
ha per fine e ciò che è il suo principio.
Perché il principio è indiscutibilmente uno solo.
Nessuno di noi si fa da solo e nessuno di noi è fatto
dalle altre creature.
Padre è madre sono mezzi ma non fanno le creature.
Colui che fa le creature è soltanto Dio, Dio è il
Creatore.
Il principio è dato, è indiscutibile, tutto è opera di
Dio e noi siamo opera di Dio.
Il tuo fine cioè ciò da cui tu dipendi, quindi il tuo
principio, il tuo movente non deve essere diverso dal tuo Principio.
A.: Noi dobbiamo volerlo Dio per averlo
presente.
Dobbiamo volerlo come cosa nostra, dipendente da me, perché
Lui si mette nelle mie mani appunto perché soltanto se lo voglio, resto con
Lui, quindi partecipo.
Però questa volontà non è la volontà come la intendiamo
noi.
Non è dire: "Io voglio".
È il pensiero, io debbo volerlo cioè come mio fine, come
mia meta.
Solo se l'ho come mio fino l'ho come mio principio.
Qui il principio coincide con il Principio e avviene la
comunicazione della verità e allora resto nella verità.
Fintanto che io non voglio Dio come mio principio, quello
che io voglio mi porta lontanissimo da Dio: è una fuga da Dio.
E in questa fuga da Dio, io vengo a esperimentare
addirittura l'incapacità di pensare Dio.
L'uomo viene a esperimentare il non più interesse per
Dio.
L'indisponibilità, l'incapacità di pensare Dio.
La non più attrazione per Dio, muore preso da tutte altre
cose che non sono Dio.
E tutte le altre cose lo portano a morire infinitamente
lontano da Dio, per cui lui non ha neppure più la possibilità di fermarsi un
istante a pensare Dio.
A.: Se io ho un fine diverso da Dio, questo
fine diventa il mio principio in contrapposizione al vero principio che è Dio.
Anzi, il fine per cui io vivo, è più potente del
Principio.
La moneta cattiva mi scaccia la buona, è una legge
dell'economia.
Il mio fine cattivo scaccia il Principio buono.
E m'impedisce di restare con il Principio.
Per cui io sono talmente preso dai miei problemi del
mondo, da ciò che ho cercato di fare mio, sono talmente portato via da questo
che non ho più né tempo, né disponibilità per Dio, sopratutto non ho tempo
interiore per Dio.
A.: E lì si crea questa fuga....
Una fuga che è già un andare verso la morte, verso
l'esperienza del nulla, della vanità del tutto, più niente ha senso, più niente
ha significato, per cui a un certo momento anche la nostra volontà diventa
incapace di volere.
Quando una cosa per noi non ha più significato non
possiamo più volerla.
B.: Il fine è quello che determina tutto
nella mia vita.
E fintanto che io non imparo a volere Dio per quello che
Lui è in Sé, io sono in fuga da Dio.
Ma la fuga da Dio mi serve per farmi capire come debbo
volere Dio.
Io esperimento la fuga da Dio fintanto che non arrivo a
volere Dio come debbo volerlo.
B.: Quindi la fuga da Dio è un segno che mi
dice che io non cerco Dio come dovrebbe essere cercato.
Certo, è come un bambino che deperisce perché non è amato
dalla mamma come dovrebbe essere amato.
B.: Tutti esperimentiamo questa fuga?
Tutti la esperimentiamo. Esperimentiamo la grande
difficoltà a restare con Dio.
Crediamo Dio, preghiamo Dio lo supplichiamo ma siamo
incapaci a restare con Dio perché le cose ci portano via.
B.: Ci illudiamo di vivere per Dio ma in
realtà abbiamo altri fini.
Perché non vogliamo che Lui ci sia.
B.: Anche se a parole diciamo che vogliamo
che Lui ci sia.
A parole, a parole, a parole!
Noi per volere che Lui ci sia, dobbiamo imparare a
generare il suo Pensiero dal Padre come il Figlio di Dio è generato dal Padre.
Altrimenti non possiamo restare con Dio.
Noi non possiamo restare con Dio fintanto che non abbiamo
imparato a generare il Pensiero di Dio da Dio, come il Figlio nasce da Dio.
Non soltanto generare il Figlio ma generarlo su tutto,
perché basta che su una mosca io non veda il Pensiero di Dio, perché quella
mosca mi porti via a Dio.
B.: Ma questo generare su tutto il Pensiero
di Dio lo possiamo già fare prima di Pentecoste?
Lo dobbiamo già fare prima di Pentecoste.
.........Chi ha scritti i nomi in cielo è interessato al
Padre e non è interessato ai doni del Padre.
Il figlio maggiore ha esperimentato l'insopportabilità
della casa del Padre, perché a lui interessavano i vitelli del padre, gli
interessava poco il cuore del padre.
Anche noi siamo nella casa di Dio ma abbiamo bisogno di
scappare da questa casa, per imparare la preziosità di questa casa.
C.: In questo puntino che sono io nel mondo
che a sua volta è un puntino dell'universo c'è la possibilità di pensare Dio.
C'è la possibilità di pensare Dio.
Non siamo delle formiche, noi abbiamo la possibilità di
pensare Dio e pensare Dio vuol dire possedere l'infinito.
Quando io voglio Dio, io guardo le cose dal punto di
vista di Dio.
Ma se guardo le cose dal punto di vista di Dio, io non
sono più un pulviscolo, io faccio una cosa sola con Dio.
D.: Gli operai della prima ora e il figlio
maggiore sono stati ubbidienti ma per un interesse loro...
Erano mercenari.
D.: Quando s'inizia a cercare Dio per
giustizia, se è vera giustizia questo certamente fa scaturire l'attrazione per
Dio.
Con Dio quello che interessa è la persona, non sono i
doni di Dio, si cerca Dio non per avere la pace, non per avere la gioia, non
per avere la felicità.
Fintanto che io cerco Dio per avere la gioia, la felicità
e la pace io sono un mercenario.
E come se io amassi una persona per i regali che mi fa
quella persona, ma a me di quella persona lì non me ne frega niente,
m'interessano i suoi doni.
Io sono mercenario.
Invece il vero rapporto è il rapporto del Figlio con il
Padre e al Figlio non interessano mica i doni del Padre, interessa il Padre,
interessa la persona.
Ecco il rapporto giusto.
Qui non abbiamo più il mercenario, qui abbiamo il figlio.
Il figlio rimane sempre in casa, il servo è il mercenario
non restano sempre in casa.
Infatti il padrone dice: "Ho contrattato con te un
denaro? Prendi il tuo e vattene" e vattene.
Quel "vattene" è tremendo.
Tu volevi da me questo? Prendilo e vattene.
Ed è terribile questo.
Quasi a dire che a te della mia persona non interessa
nulla.
Fintanto che io cerco Dio per la pace o la felicità che
mi può venire da Dio, io sono un mercenario.
Quando si ama veramente, non si ama per la pace che si
riceve.
Uno resta con la persona che ama, anche se restare con
quella persona vuol dire dover affrontare una tempesta, anche se arrivano i
lupi.
La mamma resta con il bambino non solo quando il bimbo
gli dà gioia ma anche quando il bimbo è malato o dispettoso.
Qui abbiamo il vero rapporto, quello vuol dire far
essere.
E.: Uno non lo cerca per i doni ma poi Lui
li dà questi doni....
Ma questa è tutta un'altra faccenda.
La gioia grande è Dio Stesso, Lui è la mercede, non i
doni suoi.
F.: Per tutti viene il momento di
esperimentare questa fuga....
Momento? È tutta la vita.
F.: Prima magari siamo in fuga e non lo
sappiamo, però Lui a un certo momento Lui ce lo fa capire.
La soluzione è solo dentro di noi.
La soluzione sta nell'imparare come dobbiamo volere Dio.
Dobbiamo imparare come dobbiamo volere Dio.
Fintanto che non sappiamo come si fa a volere Dio, noi
siamo in fuga da Dio ed esperimentiamo la fuga da Dio.
Siamo noi che dobbiamo volere che Lui ci sia.
Lo dobbiamo volere per quello che Lui è.
Perché altrimenti Lui viene a morire in me e resta morto.
Lui non resuscita senza di me.
F.: Vuol dire che ho scritto il mio nome in
terra e non in cielo.
Si capisce.
G.: Se non s’interroga Dio noi, ci lasciamo
dominare da altre presenze.
Sapendo che Lui ti parla in tutto, il tuo interesse
principale deve essere quello di capire il suo Pensiero.
Se uno ti parla, il tuo problema qual è? E capire qual è
il pensiero dell'altro.
Lui ti fa arrivare le sue parole senza di te ma il suo
Pensiero non te lo fa mica conoscere senza di te.
Se tu non interroghi e interrogare vuol dire pregare, se
tu non interroghi il suo Pensiero resta nascosto.
È proprio interrogando che tu superi te stesso.
E guardi le cose da Lui e soltanto da Lui tu puoi
ricevere il suo Pensiero.
G.: Lui ci tratta personalmente...
Personalmente, perché richiede il nostro pensiero, quindi
è un fatto personale, intimo, segreto, nascosto.
G.: E magari ci dà proprio il segno....
Lo stesso segno a te dice una cosa, all'altro un altra.
Dio ti tratta personalmente.
Dio non ci tratta come gruppo o moltitudine, Dio ci
tratta personalmente, per nome.
H.: Come non essere mercenari ce lo dice
Gesù stesso con le sue parole: "Come il Padre ha amato Me, Io ho amato
voi" e invita noi a entrare in questo "come il Padre ha amato
Lui". Dio ci ama non per quello che noi possiamo dare a Lui, anche perché
Lui non ha bisogno di nulla da noi e invita noi a fare altrettanto.
Fintanto che noi amiamo Dio per i doni di Dio, noi siamo
dei mercenari.
E se siamo mercenari, vuol dire che non possiamo restare
con Lui.
H.: Avere Dio in proprio è volerlo per
quello che Lui è.
Solo che tu non puoi volerlo per quello che Lui è, fintanto
che non conosci quello che Lui è.
Ecco perché non basta dire: "Io voglio".
M.: Se poi però uno ha la pace, la
serenità...
Ma quelle sono conseguenze. Se uno cerca Dio per questo
resta fregato.
N.: Tutte le cose si rifiutano a noi perché
appartengono a Dio, però in un primo momento...
In un primo tempo si offrono, poi, siccome non sono
sceme...
A un certo momento tutte le creature si rifiutano a noi
che vogliamo possederle, perché loro appartengono a Dio.
Io in un primo tempo posso dire a una donna: "Sei
mia", lo posso dire ma è un illusione, è un'espressione dell'io che tende
a possedere, a un certo momento necessariamente la creatura, non fosse altro
perché non può più essere come voglio io mi saluta e mi dice: "Io debbo
andare a un'Altro perché appartengo a un Altro".
A te che vuoi possedere la creatura, la creatura sfugge,
per cui a un certo momento tu credi di abbracciare la creatura e tu abbracci un
vestito.
La persona è sfuggita, non c'è più, proprio nel momento
in cui dici: "Tu sei mia" tu perdi la creatura.
Tu abbracci una nube, la persona è sfuggita.
Ti sfugge la persona, perché la persona è di Dio.
Soltanto con Dio tu puoi conoscere e possedere le
creature, in Dio e da Dio.
Ma senza Dio noi siamo degli illusi.
Ecco per cui siamo dei mercenari e non possiamo restare
con Dio, perché noi tendiamo a possedere tutte le cose e a un certo momento
tutte le cose ci vengono portate via perché appartengono a un altro.
Noi mettiamo il nostro nome su tutto: "Questo
è mio" ma a un certo momento arriva Dio che ci dice: "No, questo è
mio".
E di fronte a Dio a Dio che mi dice: "Questo è
mio", io scappo, non posso fare altro.
N.: Però se nelle creature c'è lo
spirito....
Se cerco Dio sì, le creature sono Parole di Dio, soltanto
se cerco Dio allora sì. Se cerco Dio e trovo una creatura che cerca Dio ci
uniamo, perché è il fine che unisce, non è la nostra volontà che ci unisce.
Io ho un bel dire a una creatura: "Camminiamo
insieme", l'altra mi dice: "Tu dove vai?", se io vado a Torino e
quella a Genova come facciamo a camminare insieme?
Evidentemente non è la nostra volontà che decide di stare
assieme.
Ecco l'illusione nostra, noi crediamo di essere noi a
decidere: "Vogliatevi bene", beata illusione, guarda un po' come ci
vogliamo bene.
Noi non possiamo, non dipende dalla nostra volontà e se
io cammino verso il Monviso e anche un'altro va verso il Monviso a un certo
momento ci troviamo vicini, fossimo anche partiti uno dall'Alaska e l'altro
dall'Australia, a un certo momento ci troviamo vicini, perché quello che unisce
è il fine.
Ora, se noi abbiamo lo stesso fine, ci troviamo assieme,
fossimo anche nemici, ci troviamo assieme, ma se noi fossimo anche vicini, ma
con due fini diversi, dopo cinque minuti siamo già divisi, quindi è il fine che
ci unisce.
Noi dobbiamo convincerci che solo Dio ci unisce.
È Dio che fa abitare tutti sotto la stessa tenda.
Ma se noi non abbiamo Dio come fine stiamo freschi e
tutta la nostra problematica deriva da quello: noi siamo degli illusi crediamo
di poter camminare assieme con due fini diversi.
O.: Noi abbiamo Dio che è sempre presente a
noi ma noi non siamo sempre presenti a Dio.
Il guaio sta tutto lì.
O.: Se vogliamo vederlo sempre presente
dobbiamo metterLo in cima ai nostri pensieri, riferire a Lui ogni cosa, ecco
che allora se lo vogliamo vedere sempre presente riusciamo a vederlo.
Quello è proprio quel dono maggiore che noi
non riusciamo ad avere senza di noi.
Se noi non vogliamo quello che Lui vuole,
noi nella nostra vita facciamo veramente l'esperienza della fuga, della
insopportabilità e dell'errore senza fine e il mondo è lo specchio di queste
cose.
P.: Noi tutti facciamo esperienza della
fuga da Dio perché non siamo capaci a restare con Dio.
Perché non siamo capaci a volere Dio come Dio va voluto.
P.: Però anche questa fuga da Dio, nel
disegno di Dio è positiva.
Per farci capire come dobbiamo volerlo, siamo noi stessi
che dobbiamo imparare a generare Dio da Dio.
E fintanto che non impariamo a generare Dio da Dio non
possiamo restare con Dio.
P.: Generare Dio da Dio in ogni cosa vuol
dire cercare il suo Pensiero in ogni cosa?
Non basta, è da Dio
È da Dio che mi viene la possibilità di restare con Dio.
Il problema non è guardare a Dio ma guardare da Dio.
Tu sarai capace di restare in vita eterna con Dio, per
quello che tu hai visto da Dio, se hai visto poco da Dio, resterai poco con
Dio, se hai visto tanto da Dio, resterai tanto con Dio e se hai visto niente da
Dio, non potrai restare niente con Dio.
Non è quindi in quanto hai guardato a Dio ma in quanto
hai guardato da Dio.
P.: E Dio ci dà la possibilità, in
qualunque situazione in cui noi ci troviamo di guardare da Dio?
Per fede.
P.: Perché ci ha dato il suo Spirito, ci ha
dato il suo Pensiero.
Si capisce.
P.: E quindi guardando da Lui, noi abbiamo
per fine Lui e lo vogliamo...
Tu lo vuoi in quanto guardi da Lui, nella misura in cui
guardi da Lui e solo pensiero lo puoi fare.
Col pensiero in questo momento puoi portarti sulla cima
del Monviso e guardare tutto quello che si vede dalla cima del Monviso.
P.: Anche se non sono mai andata sulla cima
del Monviso, posso?
Con Dio....hai capito? Sei già stata.....
P.: Nel campo dei segni non posso....
Sei già stata.
P.: Ma con Dio posso...
P.: Le parti pastore e pecora s'invertono e
Lui diventa un agnello che si mette nelle nostre mani e noi dobbiamo essere
pastori di Lui.
Lui è l'agnello, Lui è l'agnello.
Infatti, nel Regno di Dio non si entra senza di noi.
Lui è il bimbo.
P.: E Lui che muore in croce, muore in noi.
E Lui morendo ti dice: "Fammi resuscitare", Lui
mentre viene a morire ti dice: "Guarda che sono morto perché mi sono messo
nelle tue mani, adesso dipende solo da te farmi resuscitare". Ecco perché
dalla sua morte in poi chi opera è sua madre, perché è la madre che t'insegna
come si fa a resuscitare un figlio.
P.: Cioè, Lui muore perché io mi decida a
non più pensare a me stessa.
Sì ma non basta.
P.: E che mi porti a guardare da Dio.
Certamente.
P.: Perché solo guardando da Dio voglio
veramente Dio...
Si capisce.
P.: Voglio che resusciti.
È un atto personale il superare la visione parziale...
È conoscenza, bisogna guardare da Dio.
P.: Ma è un superamento che solo noi
personalmente possiamo fare.
Ci vuole il pensiero e nessuno può pensare al posto tuo,
ecco per cui noi siamo determinati dal fine.
Noi possiamo nascere in una famiglia di delinquenti o
avere origini pessime ma quello non mi determina, non mi condiziona.
Quello che mi condiziona è ciò per cui io vivo: il fine.
P.: Però ciò per cui io vivo, deve
coincidere con il fine, altrimenti io sono in fuga da Dio.
Si capisce.
P.: Anche se ho fini santi come
l'apostolato o carità...
Tutto quello che tu vuoi.
Devi volere Dio per quello che Lui è e solo per quello
che Lui è, non per i suoi doni.
Q.: Dio che è il nostro principio ha da
diventare il nostro fine altrimenti la nostra vita....
Deve diventare nostro fine per diventare nostro
principio.
R.: Iniziamo a vivere nel momento in cui
decidiamo di conoscere Dio.
Ma non siamo noi che decidiamo, è Lui.
Se decidiamo è grazia sua, se non decidiamo la colpa è
nostra.
Se decidiamo, il dono è suo.
Se io desidero Dio, desidero Dio perché Lui mi attrae e
la grazia è sua.
Se non desidero Dio, la colpa è mia perché Lui si è
annunciato per primo ed io non lo posso ignorare, per cui il difetto è mio, ma
la grazia è tutta sua.
S.: Gesù dice: "Non rallegratevi per i
miracoli che fate ma perché i vostri nomi sono scritti in cielo".
T.: Il dono di Se stesso, Dio ce lo facendoci
esperimentare la fuga da Lui affinché noi impariamo....
Come dobbiamo volere Lui, tutto dipende da come noi
vogliamo Lui.
Siccome Lui si offre a me, tutto dipende da come io mi
comporto verso di Lui.
Si offre a essere voluto da me, perché soltanto se
diventa "proprio" io resto, Dio si fa una cosa propria, personale.
Solo che per volerlo, io debbo imparare come debbo
volerlo.
T.: E per impararlo devo esperimentare la
fuga?
Perché attraverso la fuga io capisco.
Io credo magari di essere amico di Dio perché lo prego e
invece Dio mi fa trovare la porta chiusa...cosa c'è che non va?
È attraverso queste esperienze negative che Dio mi fa
maturare.
Io m'illudo: "Signore ti ringrazio perché io non
sono come gli altri, io non uccido, non rubo, pago le imposte, digiuno, sono a
posto" e Dio mi dice: "Tu sei lontanissimo da Me, non hai ancora
imparato in cosa consiste il Regno di Dio".
Lì resti shoccata e quello t'impegna a superarti,
altrimenti noi crediamo di essere a posto.
Il mercenario invece, che non è
pastore e al quale le pecore non appartengono in proprio, vedendo venire il
lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le
rapisce e le disperde.
Gv 10 Vs 12 Terzo tema.
Titolo: Lo spazzino della città: il
lupo. La fuga in Dio.
Argomenti: Nomi in
cielo & nomi in terra. Le
cose in proprio. La
morte. Ponzio Pilato. Il lupo è la paura. Dio si mette nelle mani dell'uomo. Dio si fa oggetto del pensiero dell'uomo. La paura ci fa scegliere. Sentimento & Verità. Uscire dai compromessi. Dio non ha creato la paura. Il vero nome.
26-27/Agosto/1990 Casa di
preghiera Fossano.
Di questo versetto abbiamo
già visto le prime due scene: la scena del pastore che non fugge quando vede
venire il lupo, perché le pecore sono sue, ha le pecore in proprio.
La seconda scena è quella
del mercenario che invece fugge e abbiamo visto in cosa consista questa fuga da
Dio ed il significato di essa.
Adesso ci rimane la terza
scena, la scena del lupo: "Il lupo rapisce le pecore e le disperde".
È Parola di Dio per noi
anche il lupo, se esiste ha il suo significato presso Dio.
Anche qui è necessario chiedere
il suo Pensiero, il significato su questo lupo che viene a rapire e disperdere
le pecore, quando le pecore sono affidate al mercenario.
Tutto è lezione di Dio per
noi, per la nostra vita essenziale e quindi per il nostro cammino per la conoscenza
della Verità, verso la conoscenza di Dio, verso quella beata vita eterna, nella
quale tutti noi siamo invitati dalla Parola di Dio a sforzarci di entrare.
Perché chi non si sforza di
entrare oggi, certamente non entrerà domani; i tempi sono di Dio ed è Lui che
ci offre la possibilità, quando fa giungere a noi la sua parola, se noi
lasciamo tutto per intenderla che ci dà la possibilità di entrare.
Il tema di oggi è lo
spazzino della città
P.: Ma non
era la fuga in Dio?
È sempre la stessa cosa, è
il lupo.
Abbiamo detto che dobbiamo
cercare il significato, la lezione.
La Parola di Dio è sempre
selettiva, perché essa giunge a noi come proposta.
E quindi in quanto giunge a
noi come proposta, già seleziona gli uomini.
Abbiamo visto che di fronte
alla Parola di Dio ci sono uomini che scrivono i loro nomi in cielo ed uomini
che scrivono i loro nomi in terra.
Gli uomini che scrivono i
loro nomi in cielo, sono quelli che hanno i loro tesori in cielo.
Il cielo è la conoscenza di
Dio.
Quindi gli uomini che
scrivono i loro nomi in cielo, sono gli uomini che hanno interesse per capire.
Per capire le parole, i
segni, le opere che Dio fa loro.
A loro interessa poco
possedere le cose, a loro interessa conoscere.
Questa è la caratteristica
del pastore, il pastore vive per conoscere le cose di Dio.
Invece ci sono uomini che
scrivono i loro nomi in terra.
Di fronte alle proposte di
Dio, c'è chi tende a possedere le cose: abbiamo l'uomo che vive di sentimento.
Il sentimento è tendenza a
possedere ciò che piace, ciò che soddisfa il nostro sentimento.
Questi hanno i loro nomi in
terra, perché hanno i loro tesori in terra.
Vivono per possedere,
vivono per avere e questi sono i mercenari, vivono per la paga.
La paga vuol dire ciò che
appaga loro, ciò che soddisfa loro.
Cercano la loro
soddisfazione, mentre invece il pastore non cerca la sua soddisfazione.
Il pastore cerca la
soddisfazione di Dio, cerca la conoscenza di Dio.
Che questo poi lo faccia
tribolare o meno, che lo metta in povertà o in ricchezza, questo interessa poco
al pastore, al pastore interessa molto conoscere Dio, capire.
Proprio in questo si rivela
che il pastore ha le cose in proprio, mentre invece ciò che caratterizza il
mercenario è che le pecore non sono sue, non ha cioè le cose in proprio.
E cosa significa questo
avere le cose in proprio nel campo dello spirito?
Nel campo dello spirito, le
cose sono proprie, quando si vedono nel loro Principio.
Le cose sono proprie quando
si conoscono.
Chi conosce le cose ha le
cose in proprio, perché ha in se stesso il Principio delle cose.
Il Principio delle cose è
Dio.
Colui che si preoccupa di
capire, di conoscere, colui che tutte le parole, tutti i segni, tutti gli
avvenimenti, si preoccupa di riportarli sempre in Dio, per vederli in Dio e da
Dio, per vederli cioè nel loro Principio, costui ha in sé la ragione delle
cose, ha in sé il Principio delle cose.
Colui che guarda da Dio le
cose, ha in Dio Stesso il Principio che è il vero Principio, quindi ha la
Verità.
Questi è il pastore che ha
in proprio le pecore.
Invece il mercenario
abbiamo detto che è colui che vive per la paga, per appagare i suoi sentimenti,
questi non si preoccupa di capire le cose nel loro Principio.
E quindi nel campo dello
spirito, il mercenario si caratterizza in questo: vive
di sentito dire.
Si accontenta del sentito
dire, a lui interessa poco capire o non capire.
A lui interessa possedere,
guadagnare e nel campo della Verità lui vive di sentito dire.
Quando si vive di sentito
dire non si hanno le cose in proprio e quando non si hanno le cose in proprio
non si ha la capacità, la possibilità di difenderle.
Arriva sempre il momento in
cui, di fronte alla contraddizione o alla persecuzione si deve scappare.
Gesù dice che la Parola di
Dio, quando giunge all'uomo, suscita sempre persecuzioni, critiche, condanne.
E allora, l'uomo che vive
di sentito dire, che non ha maturato in sé la conoscenza della cosa,
necessariamente, di fronte al rischio e al pericolo, al danno o alla condanna
meglio, alla persecuzione molla tutto pur di salvare se stesso.
C'è questa figura nella
vita dell'uomo: di critica, di condanna, di persecuzione, c'è questa paura.
Le cose fanno paura e gli
uomini, tutta la loro vita la improntano a cercare di crearsi delle protezioni,
delle difese da cose che fanno paura.
La massima paura dell'uomo
viene dalla morte.
E direi che l'uomo spende
tutta la sua vita per proteggersi dalla morte.
Evidentemente è tutta una
vita sprecata, perduta, perché nessuno sfugge la morte.
Non si sfugge alla morte
cercando di difenderci dalla morte, è un errore fondamentale questo.
Nessuno e mai sfuggito alla
morte e sono decine di migliaia di anni che tutti muoiono, eppure tutti si sono
sempre sforzati di difendersi e proteggersi dalla morte, è una lotta assurda,
vana.
Perché la morte non si
vince lottando contro la morte, la morte si vince imparando a vivere e soltanto
imparando a vivere ed impegnandosi a vivere.
E se la vita sta nella
conoscenza, come sta nella conoscenza perché è la parola stessa di Dio che lo
dice, la morte si vince conoscendo, preoccupandoci di capire, preoccupandoci di
conoscere.
Preoccupandoci di conoscere
Dio, la Verità, presso Dio non c'è più la morte.
L'Apocalisse dice che alla
fine, la morte sarà annullata.
Alla fine saremo tutti a
contatto con Dio e presso Dio la morte non c'è.
E se presso Dio la morte
non c'è, poiché Dio è la realtà già oggi, vuol dire che già oggi, nella realtà,
la morte non c'è.
C'è la vita.
Gli uomini muoiono perché
non si preoccupano di vivere.
Ed è qui che sorge
l'aspetto triste del lupo.
C'è questo lupo che porta
via la vita a tutti gli uomini.
Ma la porta via perché gli
uomini sono dei mercenari.
Perché gli uomini non hanno
la vita in proprio.
Gli uomini sono dei
terribili appassionati per la loro vita e non si rendono conto che non si
preoccupano di avere la vita in proprio perché non si preoccupano di conoscere.
Dobbiamo cercare il
significato di questo lupo che viene a sbranare le pecore, che viene a portare
via la vita agli uomini.
Ci riferiamo come scena
guida fondamentale, per approfondire questo argomento del lupo,
della scena di Ponzio
Pilato, ci aiuta bene.
A Pilato è stato portato
Gesù, è stato affidato Gesù e Gesù è la vita, come la vita è affidata ad ogni
uomo.
A Pilato viene presentato
Gesù come un malfattore.
Lo dicono i sacerdoti, gli
scribi, lo dice la folla.
"Se non fosse un
malfattore non te lo avremmo presentato".
Però Pilato capisce che
Gesù non è colpevole.
Era un romano, quindi
sapeva misurare le colpe su dati positivi.
Per i romani quello che
valeva era la legge, era il diritto.
Pilato capisce che Gesù non
è colpevole e già qui abbiamo la situazione di ogni uomo.
Abbiamo un uomo a cui viene
presentato Gesù e presentato come un malfattore (sentito dire)
In Pilato il sentito dire è
questo: "Gesù è un malfattore e te lo abbiamo presentato perché tu lo
abbia a condannare".
Pilato invece personalmente
capisce (quindi è convinto) che Gesù non è un malfattore.
E allora qui abbiamo il
dilemma, Pilato dichiara ufficialmente: "Non trovo in Lui colpa
alcuna".
E fin qui andiamo bene, si
assume la responsabilità e lo dichiara: "Non trovo in Lui colpa
alcuna".
È la Verità e Pilato
l'afferma.
Però in Pilato c'è anche il
problema della folla, dei sacerdoti, dell'autorità che dicono: "Costui è
un malfattore".
a un certo momento succede
che Pilato, pur convinto dell'innocenza di Gesù, cede Gesù alla volontà della
gente, alla volontà dei sacerdoti, alla volontà dell'autorità.
E perché lo cede?
Perché non si assume più la
responsabilità di quello che lui sa, della Verità?
Perché a un certo momento
gli dicono: "Se tu non lo condanni non sei amico di Cesare".
Cesare era l'imperatore da
cui Pilato dipendeva.
Non essere amico di Cesare,
voleva dire perdere la propria carriera.
Perdere la propria carriera
voleva dire rischio per la propria famiglia, rischio per l'onore, rischio per
tutto, in campo economico, come gloria e nel campo della sua vita stessa.
Gesù diceva: "Chi
cerca di salvare la sua vita la perde".
Ecco il lupo per Pilato, la
paura.
Pilato era convinto
dell'innocenza di Gesù, convinto quindi a contatto con la Verità, sapeva che
Gesù era innocente.
a un certo momento in
Pilato prevale la paura.
Prevale la paura perché
evidentemente i pensieri dell'io.....
Ecco il rischio in cui si
trova ogni uomo.
La paura domina l'animo di
Pilato, Pilato rinuncia alla Verità e la consegna alla folla, ai sacerdoti,
all'autorità, l'agnello viene mandato a morte.
La pecora viene sbranata
dai lupi.
Il problema è quello di
capire il significato del lupo.
Qui in Pilato lo vediamo
bene il lupo.
Abbiamo visto domenica
scorsa la fuga da Dio.
Qui oggi nel lupo vediamo
ciò che determina la fuga da Dio.
C'è stata la minaccia:
"Se tu lo liberi, non sei amico di Cesare".
C'è sempre questa minaccia
nella vita di ogni uomo.
"Non sei amico di
Cesare".
Qui Pilato crollò.
E crollando l'agnello è
stato divorato dal lupo.
Pilato ha ceduto la sua
vita, ha perso la sua vita.
Perché in Gesù c'era la sua
vita.
Pilato sapeva che Gesù era
innocente.
Pilato aveva presente a sé
la Verità.
"Colui che ti è
presente è Colui che ti parla".
Questa è la Verità:
"Colui che sta parlando con te" e tu lo sai.
E se tu sai, non cedere mai
ciò che tu sai a qualunque minaccia.
Non sottometterla a
qualunque rischio che ti venga presentato.
Non aver paura di niente,
poiché il lupo è la paura.
Allora dobbiamo chiederci
perché c'è questa paura nella vita di ogni uomo?
Perché l'uomo così
facilmente resta dominato dalla paura?
Quella paura che ti fa
perdere la vita perché ti fa perdere la Verità.
Ti fa perdere ciò che tu
sai.
Per cui preferisci quello
che non sai, il sentimento, la folla, quello che dicono tutti, preferisci
questo più che ciò che ti ha illuminato l'anima, ciò che ti ha convinto.
Eppure se c'è questa paura
deve avere un significato nella vita dell'uomo.
Fintanto che l'uomo non è
il pastore che ha in proprio le pecore, l'uomo non è in grado di difendere le
pecore stesse.
Fintanto che l'uomo non fa
proprio Dio.....
Qui in Pilato abbiamo la
figura, la scena meravigliosa di quella che è la vita di ogni uomo.
Gesù è messo nelle mani di
Pilato, Dio è messo nelle mani dell'uomo.
Come un agnello, come una
pecora, è affidato alle mani dell'uomo.
"Faranno di Me tutto
quello che vorranno" dice Gesù.
Ecco, la Verità è messa
nella mani dell'uomo.
Cosa vuol dire questo Dio
che si mette nelle mani dell'uomo?
Questo Dio che si offre
all'uomo in modo che l'uomo lo possa considerare come suo, proprio.
Perché soltanto se l'uomo
considera Dio come cosa sua, propria, ha la possibilità di difenderlo, quindi
ha la possibilità di restare, nonostante il lupo, nonostante le minacce,
nonostante le paure, ha la possibilità di restare.
Fintanto che l'uomo è un
mercenario e qui Pilato era un mercenario, l'uomo necessariamente (l'uomo non è
libero) deve cedere le pecore al lupo, non può sostenere la difesa.
Dio si mette nelle mani
dell'uomo, la Verità si affida alle mani dell'uomo.
Cosa vuol dire mettersi
nelle mani dell'uomo?
Dio è presente in noi, Dio
è presente in ogni uomo.
Dio è presente nell'uomo in
quanto si offre ad essere oggetto del pensiero dell'uomo.
Dio è presente in ogni uomo
perché pensa l'uomo.
Ognuno di noi è un pensato
di Dio.
Dio è presente nell'uomo
come pensiero.
Però che Dio sia presente
nell'uomo, non è detto che l'uomo sia presente a Dio.
E fintanto che l'uomo non è
presente a Dio, come Dio è presente all'uomo, l'uomo appartiene al campo dei
mercenari, Dio non è proprio dell'uomo.
Dio si è dato nelle mani
dell'uomo, si è offerto ad essere oggetto del pensiero dell'uomo, ma l'uomo ha
un altro oggetto come pensiero.
Pilato a un certo momento
ha avuto come oggetto di pensiero altro da Dio.
Dio era presente a lui, Gesù
era presente a lui e Pilato, se riconobbe l'innocenza di Gesù, vuol dire che
aveva presente la Verità.
Gesù era innocente, quindi
la Verità era presente a Pilato.
Però Pilato non ha fatto
della Verità, l'oggetto del suo pensiero.
L'oggetto del suo pensiero
a un certo momento è stato Cesare, la sua carriera, il rischio, è stato il
pensiero del suo io.
Pilato è stato un
mercenario.
Una lezione per ognuno di
noi, per mostrarci con quanta facilità si diventa mercenari.
Il problema della minaccia,
del rischio, della paura, perché? Che significato ha?
Il lupo (la paura) ha una
funzione importantissima nella vita di ogni uomo.
Come il rischio in cui si
trova ogni uomo ha una funzione importantissima.
La funzione è quella di
farci decidere, di farci compiere la scelta fondamentale, la vera scelta seria
della nostra vita.
Il lupo ha la funzione di
costringerci a mettere prima di tutto quello che va messo prima di tutto.
Ci fa correre un rischio,
il rischio di mettere prima di tutto altro.
Il rischio di lasciarci
dominare dal sentimento anziché dalla Verità.
In Pilato furono presenti
due termini ben precisi.
1) La Verità: la
consapevolezza dell'innocenza di Gesù.
2) Il sentimento: quello
che dicono gli altri, il sentito dire.
Questa è la situazione di
ogni uomo.
Ogni uomo si barcamena in
questi compromessi tra Verità e sentimento.
Fintanto......
Fintanto che non arriva il
lupo.
Ecco perché ho detto che il
tema di oggi è lo spazzino della città.
Il lupo ha la funzione di
farci uscire dai compromessi.
Il compromesso ci inquina,
ci impedisce di vivere personalmente.
Il lupo ha la funzione di
costringerci a vivere personalmente, ad assumerci la responsabilità di qualche
cosa.
Soltanto dal momento in cui
cominciamo ad assumerci la responsabilità personale di una cosa, lì si comincia
a vivere come persona.
Prima si vive
nell'anonimato, quindi si vive sempre dietro il paravento di qualcuno o di
un'autorità o di un'istituzione e questo non è vivere.
Il lupo ha la funzione di
farci decidere a mettere qualcosa prima di tutto.
Certo ci fa correre il
rischio di mettere prima di tutto altro da ciò che sappiamo essere vero.
La paura è determinante,
per poco che noi scostiamo il nostro pensiero da Dio (per poco!) immediatamente
noi cadiamo sotto la schiavitù della paura.
A quel punto lì noi non
siamo più dominati dalla Verità.
Non siamo più figli di Dio,
qui cadiamo immediatamente nel campo dei mercenari.
Il mercenario guarda quello
che gli conviene.
La paura ci fa determinare
come Pilato, per quello che ci conviene e ci fa mandare a morte la Verità.
Pilato non si rese conto
che mandando a morte la Verità, mandava a morte la sua vita.
Spegneva in lui quello
spirito che si era messo nelle sue mani.
Il tema vero di oggi è al
di sopra di questo spazzino della città.
La lezione di Dio è sempre
positiva per noi.
La positività della lezione
del lupo, non è tanto quella di fare pulizia.
È quella di farci fuggire
ai monti.
È quella di farci fuggire
in Dio.
Il tema vero è la fuga in
Dio.
Il lupo è tutto ciò che
minaccia la nostra vita, che ci fa tremare di paura, per farci fuggire in Dio,
per farci rifugiare in Dio.
Per fare dire alla nostra
anima, con piena consapevolezza: "Io faccio conto su di Te Signore".
"La mia vita è
Dio".
Pensate quale aspetto
totalmente diverso avrebbe avuto la vita di Pilato, se Pilato avesse puntato i
piedi e di fronte a tutto quello che diceva la folla, la massa, l'autorità, i
sacerdoti, lui avesse difeso la Verità di cui lui era convinto.
Perché lui era convinto
dell'innocenza di Gesù ma poi dopo non è stato capace a sostenerla.
Pensate come sarebbe stata
diversa la vita di Pilato, se Pilato avesse avuto il coraggio di assumere la
difesa di quella Verità che gli era stata presentata.
Ecco la funzione del lupo.
Lupo che il più delle volte
si veste da pecora, lo dice Gesù.
Come qui per Pilato il lupo
si è vestito della veste di Cesare.
La veste di un amicizia:
"Per essere amico di Cesare".
Quante volte il lupo si
veste da pecora, sotto il paravento dell'ubbidienza, dell'umiltà, dei doveri,
di una regola o di un'istituzione?
E quante volte il lupo è il
nostro stesso io che si veste di ubbidienza, di umiltà, di sottomissione, di
virtù e intanto non si rende conto che cede come Pilato le pecore, l'agnello,
il Cristo, questa anima che desidera la Verità, che desidera la conoscenza di
Dio al di sopra di tutto.
Perché l'anima nostra è
stata fatta per conoscere Dio.
Il nostro io vende questa
conoscenza di Dio per non offendere magari qualcuno, per non assumersi la
responsabilità di vivere personalmente quella luce che si mette nelle mani di
ognuno di noi.
A.: L'uomo è
attratto da Dio, sa qual è la Verità...
La Verità è affidata ai
nostri pensieri.
A.: Nello
stesso tempo c'è la paura che ci trascina all'opposto della Verità.
Dio ha creato il
sentimento.
Nel paradiso terrestre
c'erano il sentimento e la conoscenza.
Ora il sentimento è tutta
la creazione, tutta la creazione è sentimento.
Cioè sono segni che si
fanno sentire a noi, per cui noi li sentiamo.
È Dio che parla con noi,
quello è sentimento.
È Dio che fa arrivare a noi
i segni di Sé.
Tutto quello che arriva a
noi, arriva a noi senza di noi perché ci è imposto.
La creazione ci è imposta, io
non posso non vederla o rifiutarla.
Tutto quello che arriva
come imposizione è sentito ma non è capito.
Io sento la temperatura,
l'albero, la montagna, le creature ma non so cosa siano.
Tutto quello che arriva a
noi senza di noi (anche Dio) non sappiamo cosa sia.
Qui abbiamo il campo del
sentimento: segni di Dio su di noi.
Poi abbiamo il campo della
conoscenza in cui non si entra senza di noi.
E allora qui abbiamo il
cielo e la terra.
Il cielo che rappresenta la
conoscenza della Verità, non ci è dato senza di noi.
La terra, il campo dei
sentimenti, quello ci è dato senza di noi.
Tutto quello che è dato a
me senza di me, mi è dato perché io lo abbia a dialogare con Dio.
Cioè a farne preghiera, per
capire il Pensiero di Dio.
Io non debbo mai separare
quello che sento, dal Pensiero di Dio.
Come lo separo,
immediatamente sono in colpa perché ho diviso la parola da Colui che la dice.
A.: E la
conseguenza è la paura....
Ecco, la paura è una
conseguenza di questa separazione.
Quando trovo una cosa che
mi piace (sentimento), io non cerco il significato presso Dio, siccome ho la
passione d'Assoluto, voglio che questa cosa piacevole resti sempre con me.
La cosa non resterà sempre
con me: paura.
Questa cosa può essere una
creatura o un bene qualunque.
Tutto ciò che non è Dio,
proprio perché non è Dio, è soggetto a mutamento.
Dio solo è l'eterno, Dio
solo è l'immutabile.
Se io separo le creature, i
segni di Dio (sentimento) da Dio, proietto la mia passione d'Assoluto su queste
cose: voglio che siano assolute e mi carico di paura.
Queste cose qui (sarà di
qui a cinque minuti o cinquant'anni) certamente sono soggette a mutamento e
quindi a deludermi.
E io nel pensiero che
domani questa cosa qui muterà, non ci sarà più, io qui già mi sto caricando di
paura.
La fonte della paura sta
lì: non è altro che proiezione dell'Assoluto su un segno di Dio, anziché su
Dio, ecco l'errore.
La paura sorge in quanto io
cerco di fare Assoluto quello che non è Assoluto.
Tutte le cose non assolute,
segni, sentimenti che vengono dati a me, mi vengono dati non perché io li abbia
a trasformare in Assoluto (perché così mi carico di paura, mi carico di morte),
ma mi vengono dati affinché io abbia a cercare di capire che cosa mi annunciano
dell'Assoluto, tutte le cose arrivano a me per dire a me che cosa è Dio, che
cosa è l'Assoluto e io mi debbo preoccupare di capire che cosa è l'Assoluto,
non fare Assoluto quello che non è Assoluto.
Se io voglio che il mio
vestito sia Assoluto, io mi carico di paure, perché certamente domani o
dopodomani questo vestito qui muterà e io, già oggi nel timore che cambi mi sto
caricando di paura.
Ci sono queste due grandi
realtà ma non sono una contro l'altra, anzi, una è per portarmi
all'altra, sono io che posso dividere una dall'altra, io posso dividere la
creazione di Dio dal Creatore.
Posso dividere glia
avvenimenti e i fatti dal Creatore.
C'è la minaccia di guerra?
(guerra in Iraq n.d.r.) Io posso dividere questa minaccia di guerra dal
Creatore, da Dio e non cercare il Pensiero di Dio e non cercare che cosa Dio mi
vuol dire di Sé attraverso questo.
Mi carico di paura e non
posso farne a meno, perché non sono mica libero.
Mi carico di paura e la
paura mi fa morire e io muoio.
Perché muoio?
Perché ho venduto la Vita.
Come Pilato ha venduto la
sua Vita.
Dio si è dato nelle mie
mani, la Verità si è data nelle mie mani, si è offerta al mio pensiero e
io ho ceduto questa
B.:
Certamente il Signore dopo averci fatto arrivare la parola di Verità ci fa
arrivare anche i lupi, perché ci spinge a fare una scelta a fare
diventare nostra la Verità.
Quando noi siamo lenti
nelle nostre decisioni, si affaccia questo lupo.
Per cui ha una funzione
positiva, perché ci costringe a fare una scelta.
Ci costringe.
Il più delle volte noi
vendiamo la nostra Vita.
Siamo mercenari, scappiamo
e lasciamo le pecore divorate dai lupi.
Il lupo è creatura di Dio e
da parte di Dio il lupo è una cosa buona.
Serve alla Vita, come tutte
le creature di Dio servono alla Vita se noi le intendiamo nello Spirito di Dio.
Il lupo è una minaccia che
si affaccia per farmi decidere, per farmi scegliere, per farmi mettere nella
mia vita quel prima di tutto che va messo prima di tutto.
Perché soltanto quando lo
metto prima di tutto quella cosa diventa mia.
E diventando mia diventa
mia vita.
Dio deve diventare la mia
vita.
E allora tutta la creazione
coopera affinché io abbia a scegliere Dio prima di tutto.
A metterlo prima di tutto e
a non lasciarmi dominare dal sentimento e dal pensiero del mio io.
Perché in realtà il vero lupo
sono gli uomini, è il mondo, è il pensiero del nostro io.
Gesù Stesso dice agli
apostoli: "Il mondo vi odia".
Non appena uno incomincia
ad assumersi la responsabilità di una cosa, a vivere cioè personalmente, ecco
che si scatena attorno questa critica, questa condanna.
Il mondo ama ciò che è suo,
il mondo tende a fare sue tutte le creature.
E quando una creatura
sfugge al mondo e comincia a vivere personalmente, noi abbiamo tutto questo
mondo che si scatena.
Mondo che può essere anche
mondo di autorità, mondo di sacerdoti, mondo di massa, di folla che si scatena
contro, per impedirti di vivere personalmente.
Invece a Dio si arriva
personalmente.
C.: Allora
noi siamo dei Pilato, perché sappiamo che Dio è Verità e poi mettiamo tutto il
mondo prima di Dio.
Ma in quanto lo mettiamo
prima abbiamo già venduto la Verità.
E noi mettiamo prima il
mondo di Dio per paura.
Sarà la paura del mangiare,
del vestire, delle malattie, del giudizio degli altri, paura di tante cose, ma
è sempre la paura.
Quando io ho preferito il
sentimento alla Verità è finita: ho venduto la mia vita.
È questione di tempo ma io
già esperimento la mia morte, perché l'ho già seminata, ho già fatto le uova.
Le sto già covando e presto
si schiuderanno.
D.: Il lupo è
necessario per evidenziarmi quello che più mi interessa....
Il lupo è uno spazzino,
perché spazza tutti i compromessi, t'impedisce la vita nel compromesso.
Ti costringe a deciderti.
Devi deciderti sotto la
minaccia; "Se tu lo liberi non sei amico di Cesare".
Pilato se ne lava le mani,
s'illude di lavarsi le mani, ma vende la sua Vita.
C.: Quello
che mi sembra impossibile è che essendo convinti di una cosa ne facciamo un
altra, Pilato era convinto.
È la paura, evidentemente
in Pilato ha agito la paura.
È evidentissimo, la minaccia
del lupo è stata questa: "Se tu liberi quest'uomo non sei amico di
Cesare".
Prima lui addirittura era
sprezzante, Pilato era un romano ed era sprezzante verso il popolo ebraico.
Pilato aveva il senso
dell'autorità, quasi li prendeva in giro i giudei.
Ma quando è stata messa in
gioco la sua autorità, cioè ciò da cui lui dipendeva (Cesare), quello l'ha
fatto tremare.
A quel punto Pilato non ha
più avuto il coraggio di difendere la Verità.
Vedi come si perde il
coraggio di difendere la Verità?
C'è il nostro io in mezzo.
A questo punto, Pilato ha
ceduto alla folla.
Ha ceduto la sua vita
personale, la conoscenza della Verità: Gesù era innocente e Pilato l'ha ceduto
in mano alla folla e la folla l'ha mandato a morte.
Così finisce la vita in
ognuno di noi, la mettiamo in balia della folla, di quello che fanno tutti, di
quello che decidono gli altri.
Mi abbandono a quello che
decidono gli altri.
Sei tu che devi assumerti
la responsabilità delle tue decisioni, non affidarti a quello che dicono gli
altri.
Gli altri per quanti santi
siano sono sempre dei lupi.
Non ti devi mai fidare
degli altri, perché la Verità ti parla personalmente e vuole che tu risponda
personalmente.
C.: E
perdiamo la vita....
Per paura di perdere la
vita, tu perdi veramente la Vita.
Perché la paura è un
sentimento e quando tu ti lasci dominare dal sentimento tu hai già venduto la
Verità, poiché la Verità non è sentimento ma conoscenza.
D.: Il lupo è
l'occasione che Dio ci dà....
Per fare la scelta.
D.: Sarebbe
il momento della scelta.
Sì, è il momento della
scelta.
Ti costringe a fare la
scelta.
Tu dovresti scegliere in
base alla Verità, però, siccome vivi di compromesso, non vivi, abbiamo questo
lupo che ti costringe a fare una scelta in modo o nell'altro,a quel punto lì tu
necessariamente decidi o per il tuo io o per la Verità, non c'è niente da fare.
Sotto la pressione del lupo
il mercenario che ha le pecore fugge, perché?
Perché gli interessano poco
le pecore.
Invece il proprietario
delle pecore, il pastore non fugge mica di fronte al lupo, ecco la forza,
perché?
Perché le pecore sono sue.
Il che vuol dire che se la
Verità è tua, l'hai fatta tua, tu non scappi mica di fronte alla provocazione
dei lupi, di coloro che ti dicono che devi vivere per altro, tu non scappi,
perché la cosa è tua.
Ma se la cosa non è tua, tu
certamente scappi.
D.: Quindi
quando viene il lupo è il momento in cui io sono preparato a decidere.
In cui dovresti essere
preparato a decidere ma comunque il lupo ti fa decidere.
Pilato non era preparato a
decidere, però il lupo l'ha fatto decidere e lo ha fatto decidere vendendo
Gesù.
Lui non doveva cedere Gesù,
perché era lui il responsabile di Gesù.
Il lupo ti minaccia perché?
O tu mi dai le pecore o altrimenti io mangio te.
Il lupo ti fa correre il
rischio di vita.
Pilato è stato minacciato
nella sua vita.
Lui ha avuto paura di
perdere la sua vita e ha perduto la Vita.
D.: La scelta
comunque dobbiamo farla.
Lui sapeva che Gesù era
innocente, l'ha dichiarato prima.
"Costui è innocente,
non trovo in Lui colpa alcuna".
L'ha dichiarato.
D.: Quindi
lui in quel momento aveva la facoltà....
Aveva la possibilità,
perché quando tu sai una cosa, tu hai la possibilità.
A quel punto devi
sottomettere tutto a questo, se tu ami la Verità al di sopra di tutto.
Gesù dice: "Chi cerca
di salvare la sua vita la perde".
Pilato, evidentemente ha
cercato di salvare la sua vita, l'ha persa, ha perso Gesù, Gesù era la sua
Vita.
Tutto è rivelazione e
segno, per fare capire a noi come noi perdiamo la vita.
Noi crediamo di salvare la
nostra vita e la stiamo perdendo, perché non salviamo la Verità che è data a
noi.
La nostra vita sta nella
conoscenza di Dio.
Noi cediamo questo
interesse per conoscere Dio in nome di doveri, impegni e altro.
Credendo di salvare la
nostra vita così, noi in realtà la perdiamo.
D.: Da quando
nasciamo dobbiamo fare delle scelte ma uno all'inizio non se ne rende
conto.....
Certo, il momento cruciale
è quando sei posto nella necessità di fare una scelta a tu per tu tra la Verità
e il tuo sentimento, tra la Verità e il pensiero del tuo io.
È lì il conflitto estremo.
Prima è tutta una fuga da
Dio, noi non ce ne rendiamo mica conto.
D.: È il
passaggio da mercenario al pastore.
Certo.
Il lupo ti costringe ad
essere pastore sotto un certo aspetto.
E.:
Continuamente siamo messi di fronte a delle scelte.
Certo, si capisce.
E.: Se
scegliamo Lui troviamo la vita.
Però scegliere Lui, vuol
dire impegnarsi a conoscerlo.
Non è una scelta che faccio
con un voto o una promessa, non sta in questo.
Sta in una dedizione
continua, è un impegno in una conoscenza che va all'infinito, perché la vita
con Dio va all'infinito.
Per cui è un prima di tutto
che in continuazione si mette prima di tutto.
Tutta la tua vita diventa
diventa una preghiera, perché è sempre un impegno a dialogare con Dio per capire
cosa Dio ti dice di Sé in tutte le cose, è un dialogare con Dio in tutto.
F.: Ci sono
dei momenti in cui segui Lui e dei momenti in cui non lo segui, ma riconosciamo
se siamo con Dio se abbiamo la pace dentro...
No, il problema non è la
pace.
Non è sufficiente la pace,
perché la pace è un sentimento.
La pace è una conseguenza
della conoscenza di Dio ma non è un metro di misura per valutare la nostra
distanza o meno da Dio, è come se io mettessi come metro di misura la felicità.
Se tu scegli Dio magari Dio
ti mette in un tormento.
Tu devi essere disposta a
camminare con Dio, anche se Dio ti mette in inquietudine.
Con Dio è come andare in
montagna, è bello essere sulla cima della montagna ma prima di arrivare sulla
cima, tu devi faticare e Dio sa quanto tu devi faticare.
Se la tua misura con Dio è
la felicità, tu resti ingannata da quei sentimenti lì.
F.: Pace,
perché anche nel tormento sai che Dio opera per la tua salvezza.
Sì, la pace è un accordo,
c'è accordo con Dio, t'accorgi che hai messo Dio prima di tutto e t'impegni a
conoscere Dio.
Ma il problema è che ti
senti impegnata a conoscere Dio, perché la vita sta nel conoscere sempre di più
Dio.
Siccome Dio ti parla tutti
i giorni, tu tutti i giorni ti sforzi di capire che cosa Lui ti vuole dire di
Sé in quello che ti fa arrivare.
G.: Se il
fine della nostra vita è in noi ben determinato, anche il lupo ci aiuta ad
entrare...
Certo, il lupo è uno
spazzino e lo spazzino ha una funzione molto importante...
G.: Il lupo
si trasforma anche in angelo, perché è un aiuto per noi...
Tutto è angelo di Dio.
G.: Tutto
dipende dal pensiero.
Certo.
G.: Quand'è
che cominciamo a scrivere il nostro nome in cielo? È dall'inizio della
conoscenza?
Tu scrivi il tuo nome in
cielo quando inizi ad avere interesse per capire e per conoscere Dio.
È l'interesse che ti fa
scrivere il nome.
Se tu hai interesse per le
cose della terra tu scrivi il tuo nome in terra.
Se tu hai interesse per
conoscere Dio, tu scrivi il tuo nome nel cielo di Dio.
Dio premia l'interesse, non
premia i talenti, non premia le cose che tu hai, premia l'interesse per Lui.
Quindi se da tutte le cose
che Dio ti fa arrivare, in te si forma l'interesse per conoscere Dio tu scrivi
il tuo nome in cielo.
Il nostro nome è
l'interesse centrale della nostra vita, è quello il
nostro vero nome è ciò che noi mettiamo prima di tutto.
Quindi se tu hai interesse
per conoscere Dio il tuo nome lo scrivi in cielo, se tu hai interesse per
conoscere le cose del mondo, gli affari del mondo, le persone del mondo
eccetera, tu scrivi il tuo nome in terra.
G.: Perché il
nostro nome è già scritto in cielo.
Dio l'ha scritto in cielo,
però a un certo momento questo cielo te lo precipita all'inferno.
Dio ci ha destinati tutti al
cielo ma non è detto che arriviamo tutti al cielo.
G.: Il nostro
fine non deve essere diverso dal nostro Principio, ma se io ho un fine è la
stessa cosa no?
No, il fine deve essere il
tuo Principio, il tuo vero Principio.
Tu puoi avere come fine
altro da Dio, quindi il tuo Principio è Dio ma il tuo principio, ciò che ti
motiva è altro da Dio e allora c'è il conflitto, perché tu sei determinata dal
tuo fine e il tuo fine diventa il tuo principio.
Se tu vivi per il denaro,
il denaro diventa il tuo principio, è quello che ti condiziona nella vita, ti
fa vivere per-, quello diventa il motivo del tuo vivere, diventa il tuo
principio.
Però il tuo vero Principio,
chi ti ha creato non è il denaro, allora tu hai in te due principi.
Hai introdotto nella tua
vita il fine che è il tuo principio, cioè il denaro e Dio che non puoi
cancellare, perché chi ti ha creata è Dio, qui introduci una guerra, un
conflitto: ci sono due principi diversi.
Importante è che il tuo
fine coincida con il Principio.
Il Principio è Dio e tu
devi avere come fine Dio.
Se tu hai come fine Dio,
ciò che tu hai per fine, diventa il tuo motivo di vita, quindi il tuo
Principio, quindi Dio che è il Principio coincide con quello e allora c'è la
comunicazione della Verità.
H.: Minaccia
di guerra, mi lascio dominare dalla paura e butto nella spazzatura Dio.
Sì, perché sei dominata
dalla paura.
Se tu cammini di notte e
incominci ad avere paura, incontri veramente l'incidente.
Dominata dalla paura, tu a
un certo momento perdi il controllo di te.
Dice Gesù parlando della
fine dei tempi (fine dei tempi per ognuno di noi) dice: "Gli uomini
moriranno di paura", il che vuol dire che è la paura che diventa
determinante in te, ma la paura c'è perché hai perso il contatto con Dio.
H.: Quindi di
fronte ad ogni segno io posso buttare la Vita nella spazzatura.
Ma si capisce.
H.: Ogni
volta che io mi stacco dal Pensiero di Dio Creatore, io butto la mia Vita.
Si capisce.
H.: E sono
mercenaria ogni volta che faccio questo.
La pecora è stata affidata
a te, l'agnello è stato affidato a te.
Dio è stato affidato a te e
tu non ne tieni conto.
In quanto non ne tieni
conto, già lo butti nella spazzatura.
H.: Pilato
era convinto della Verità?
È lui che lo dice, lo
dichiara, non sono io a dirlo.
H.: Ma questo
legame con la Verità di Pilato era un legame debole....
È il lupo che sta
provocando in Pilato il legame forte.
Pilato mica è andato a
cercare Gesù, è la folla che gli ha portato Gesù.
E che glielo ha messo nelle
mani.
Gesù è arrivato a Pilato,
indipendentemente da Pilato: legame debole.
Il lupo adesso sta
provocando Pilato per creare il legame forte.
E se Pilato avesse accolto
quella grazia lì che gli veniva dal lupo e avesse difeso Gesù, la Verità, lì
Pilato avrebbe trovato tutta la sua vita.
I.: Noi
sciupiamo la nostra vita per niente, per paura.....Mi ricordo che da giovane
quando feci degli esercizi spirituali mi dissero che Dio non pretende in fondo
che nessuno sia santo o eroe...
Fate i vostri doveri....
M.: Il lupo
fa decidere il pastore....
No, il lupo ci impegna a
diventare dei pastori.
A passare cioè da mercenari
a pastori.
Da parte di Dio è una
sollecitazione a farci decidere.
M.: Far
emergere se siamo pastori o mercenari.
No, Dio vuole che siamo
pastori.
Tutta l'opera di Dio....
M.: Perché
chi se ne va è mercenario...
Guardiamo l'Intenzione di
Dio, perché quello che a noi interessa è l'Intenzione di Dio.
L'Intenzione di Dio è
quella di salvare tutti.
Quindi devono diventare
tutti pastori, perché i pastori sono coloro che hanno la proprietà
dell'agnello, l'agnello in proprio, vita personale, vita propria.
Ora, Dio vuole essere vita
propria per ognuno di noi, questa è l'Intenzione di Dio.
E Dio vuole salvare tutti.
Anche i lupi sono creature
di Dio.
Sono tutte provocazioni da
parte di Dio per sollecitarci a fare una scelta.
Da parte di Dio è per
sollecitarci ad essere pastori e non ad essere mercenari.
Che poi noi diamo una
risposta diversa, questa è un'altra faccenda.
A noi quello che interessa
è il disegno di Dio.
M.: Molta
gente è peggiore di Pilato, almeno Pilato si è messo allo scoperto, molti
uccidono e infangano l'altro, invece Pilato è rimasto nella giustizia, non ha
infangato Gesù...
Sei un po' pasticciona...
C.: Penso
voglia dire che Pilato si è reso responsabile di quello che è successo, mentre
altri non lo fanno.
M.: Fanno la
stessa cosa di Pilato ma non riconoscono che l'altro è innocente, allora
cercano di macchiare l'altro.
Pilato è ben
chiaro.
Ma il problema è capire che
cosa Dio ci vuole dire presentandoci Pilato. Pilato non ci è presentato perché
noi abbiamo a confrontare Pilato con gli altri, a noi questo non interessa,
interessa la lezione personale per noi che Dio ci rivela con Pilato.
"Signore che cosa mi
vuoi dire attraverso questa figura di Pilato?".
Pilato è uno specchio per
me.
La scena di Pilato è una
scena personale per me e io debbo dialogare questa scena di Pilato, nel
profondo della mia anima a tu per tu con Dio: "Signore, aiutami a vedere
dove io sono Pilato, a vedere personalmente io dove sono Pilato", il
problema è questo.
M.: Pilato
aveva capito e pioniere della democrazia si è lasciato influenzare dal popolo.
Lì c'è stata la paura, ma
questa paura è quella che gioca tutti noi, poco o tanto siamo tutti dei Pilato.
P.: La
funzione negativa del lupo in realtà è positiva...
Se guardi da Dio tutto è
positivo.
P.: Ma ci hai
dato il titolo vero e il titolo finto?
Come finto? Lo spazzino è
positivo. Tu pensa se non ci fossero gli spazzini cosa succederebbe.
Lo spazzino è positivo ed è
una cosa massimamente positiva il fatto della fuga in Dio.
P.: Il lupo
ci libera dal compromesso, ci costringe a uscire dal compromesso e ci costringe
a fuggire in Dio se vogliamo salvare l'agnello che ci è affidato.
Fuga in Dio cosa vuol dire?
Perdi tutto per poterti
occupare di Dio, abbi il coraggio di perdere tutto per poterti occupare di Dio,
perché la tua vita è lì.
P.: Per
diventare mia, propria, la Verità esige il superamento di tutto ciò che non è
Dio.
Altrimenti sei mercenario e
in quanto mercenario arriva sempre il momento in cui tu devi scappare.
P.: Il lupo
mi rivela la condizione per non cedere l'agnello alla folla.
Certo, teniamo presente che
qui in Pilato c'è una minaccia, la folla minaccia: "Se tu rilasci questo
uomo tu non sei amico di Cesare" e Gesù dice: "State attenti a non
lasciarvi sedurre dagli uomini.
Ci sono molti lupi che si
vestono da agnello.
C'è chi ti minaccia ma c'è
anche chi ti invita ad essere umile, ubbidiente e sottomesso e intanto ti porta
via a Dio.
P.: Dio dice:
"Siate semplici come colombe ma astuti..."
Dio t'insegna ad avere
grinta, sai cosa vuol dire avere grinta?
P.: Essere
decisi a lasciare tutto per la Verità.
M.: Essere sicuri
di possedere la Verità.
Ma non possedere la Verità,
tu possiedi in quanto ti dedichi.
Pilato era convinto che
Gesù era innocente, non si è mica dedicato, magari si fosse dedicato, però
aveva una sicurezza: "È innocente" lo dichiara pubblicamente. E
perché poi non sostiene questa Verità?
La comunicazione della
Verità gli è arrivata.
Non l'ha fatta sua e l'ha
persa.
P.: Quindi
quello che ci fa sottomettere al lupi è proprio il pensiero dell'io.
Certo.
P.: Il lupo è
tutto ciò che ci mette di fronte a una scelta tra Dio e l'io.
Il lupo minaccia di
portarti via quello che ti sta più a cuore.
E tu di fronte a quello che
ti sta più a cuore, tu cedi tutto il resto, cedi anche Dio, la Verità.
Il lupo ti minaccia in
quello che ti sta più a cuore.
Se a te sta più a cuore di
tutto Dio, stai tranquillo che il lupo non ti minaccia per nulla.
È quando hai altro da Dio
che ti sta più a cuore che il mondo ti può minacciare.
Q.: Debbo
approfondire questa lezione che Dio mi dà con Pilato, per fuggire in Dio una
volta per tutte...
Di lupi ne
sono già venuti nella nostra vita ed è perché non si è fuggiti in Dio per
sempre che continuano ad arrivarne?
Mi hai detto tante di
quelle volte: "Una volta per tutte".
R.: Come mi
sarei comportata io al posto di Pilato, io avrei detto la Verità comunque.
Cosa vuol dire?
R.: Non avrei
detto di lavarmi le mani, avrei detto che Gesù era innocente.
Bisogna vederti nella
realtà, quando si è veramente bruciati.
A tavolino con
facilità....lei a tavolino fa una volta per tutte, ma l'abbiamo già fatto mille
volte una volta per tutte!
S.: È molto
dura diventare pastore ma bisogna diventarlo.
Bisogna guardare solo Dio.
È Dio che ci cambia.
Bisogna camminare con la testa nel cielo.
S.: Magari
inciampi....
Non importa, se uno guarda
il cielo e inciampa, Dio sorride, non ha nessuna difficoltà a tirarci su 77
sette volte al giorno.
Con Dio non si ha paura,
Dio sorride di tutti i nostri inciampi quando noi abbiamo la testa in cielo.
T.: Gli
uomini perdono la vita perché non si preoccupano di vivere.
Perdono la vita perché si
preoccupano di difendersi dalla morte.
Tutta la preoccupazione
degli uomini è paura della morte.
Vivono all'ombra della
morte, Fanno assicurazioni, lavorano, faticano, ospedali, mutue ma tutto in
funzione della morte, si capisce che a un certo momento la morte ti cade
addosso.
Non si preoccupano di
vivere.
U.: Più che
cercare di scappare dai lupi o non aver paura di perdere la vita, perché questo
non è nelle nostre possibilità, dovremmo cercare di allearci con Dio e poi Lui
è più forte dei lupi.
Io
attualmente non sono disposta a dare la mia vita per Dio, non è nelle mie
forze, la salvezza non viene da me, viene da Lui.
Ogni giorno dobbiamo
preoccuparci di conoscere Dio, di approfondire sempre di più la conoscenza di
Dio, ogni giorno vale in quanto noi progrediamo nella conoscenza di Dio.
Quello vuol dire vivere.
Non dobbiamo preoccuparci
né di lupi né di altro perché tutto è mandato da Dio.
Dio ci manda i lupi perché
noi anziché vivere pensiamo ad altro.
V.: Pilato ha
ceduto quello che sapeva alla paura e la paura è un incognita.
Pilato sapeva benissimo chi
era Cesare, sapeva benissimo il rischio che correva nel rompere la sua amicizia
con Cesare, la cosa la sapeva perfettamente.
Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le
pecore non appartengono in proprio, vedendo venire il lupo, abbandona le pecore
e fugge e il lupo le rapisce e le disperde. Gv 10 Vs 12 Riassunti Domenica – Lunedì.
- RIASSUNTI -
Argomenti: Il pastore e il mercenario – L’appartenenza in proprio – Restare nella Parola ricevuta – Il principio
dell’identità – Cristo sintesi di tutti i segni di
Dio – La proprietà – L’opera di Dio per
fermare l’uomo – Restare in Dio – Dio dipendente
dall’uomo – Il principio dell’opera – Dio opera
della creatura, ucciso dalla creatura – Figli delle nostre opere – La terra e il cielo – Doni minori e doni
maggiori – Dio morto nell’uomo – Generare il
Pensiero di Dio da Dio – La morte di Dio è la
nostra morte – Guardare da Dio – Morire e
rinascere – Avere in sé il Principio della Verità – La fuga da Dio – La differenziazione degli
uomini – Scrivere il nome in cielo o in terra
– I figli di Dio – L’essere e la conoscenza –
Volere che Dio esiste – Legami deboli e forti –
Il significato della vita – Specchiarsi nella
creazione – L’insopportabilità della vita – Il
fine della vita – La terra diventa cielo – La
fuga del demonio – La frenesia del mondo -
2-3/Settembre/1990 Casa di preghiera Fossano.