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Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono in proprio, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde.  Gv 10 Vs 12 Primo tema.


Titolo: Appartenenza in proprio.


Argomenti: La comunicazione. La vita vera. Il significato. Restare nella comunicazione. Mercenari & pastori. Appartenenza. Come Dio ferma l'uomo. Come fermarsi in Dio. Realtà imposta e proposta. Dio deve diventare dipendente dall'uomo. Il Figlio dell'uomo. Dio"proprietà" nostra. Non il principio ma il fine determina l'uomo. Disponibilità.


 

12-13/Agosto/1990 Casa di preghiera Fossano.


Questa è la continuazione dell'affermazione del versetto undici, in cui Gesù aveva dichiarato: "Io sono il buon pastore, il buon pastore offre la sua vita per le pecore".

È Parola di Dio e poiché la Parola di Dio è universale vale per ogni luogo e per ogni tempo ("Passeranno i cieli e la terra ma le mie parole non passeranno") e quindi vale per ogni uomo, per ogni anima.

Anche qui, dobbiamo chiederci quale lezione, quale significato c'è per la nostra vita personale.

Perché Dio parla per educarci personalmente alla vita eterna.

Dobbiamo quindi chiederci quale lezione e quale significato ci sia per il nostro cammino verso la vita eterna, verso la conoscenza di Dio come vero Dio, in queste parole: "Invece il mercenario e chi non è pastore cui le pecore non appartengono in proprio vedendo venire il lupo, abbandona le pecore e fugge così poi il lupo le rapisce e le disperde".

Abbiamo visto la volta scorsa quali siano le condizione perché la comunicazione della vita del pastore passi.

Qui dice che: "Il buon pastore offre la sua vita", non è sufficiente che il buon Pastore offra la sua vita perché la vita si comunichi.

Non è sufficiente che Dio (Pastore) offra la sua vita.

Dio offre la sua vita: Dio vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la verità.

Non è sufficiente che Dio offra la sua vita, la sua verità, Se Stesso, perché questa vita si comunichi.

Abbiamo visto cos'è necessario perché la comunicazione avvenga, cos'è necessario affinché la comunicazione sia possibile.

È necessario che in noi ci sia un'apertura.

È necessario che in noi ci sia l'estrazione di quella famosa "pallina bianca".

Cioè, è necessario che in noi sia posto in alto, prima di tutto qualcosa, perché la comunicazione sia possibile.

Fintanto che noi non mettiamo in alto, al di sopra di tutto il Pensiero di Dio, nessuna comunicazione è possibile con Dio.

Dio annuncia, fa giungere a tutti il suo annuncio, la sua offerta, la sua Parola, però la comunicazione non avviene.

Noi non intendiamo.

Abbiamo orecchi e non intendiamo, abbiamo occhi e non vediamo, se non c'è lo Spirito in noi e lo Spirito in noi non c'è se noi non mettiamo al di sopra di tutto Dio.

Se non mettiamo Dio al di sopra di tutto, questa comunicazione non avviene.

Qui adesso ci fa fare un passo avanti.

Abbiamo visto che la vita del Pastore (Maestro interiore) sta nel conoscere il Padre.

Vita del Figlio è il Padre.

La vita vera non sta nel mangiare e lo abbiamo visto con la testimonianza di Leopardi.

La vita vera non sta nel viaggiare per il mondo o nel conoscere le cose del mondo.

La vita vera non sta nell'occuparsi del prossimo.

La vita vera sta nel conoscere Dio.

E poiché è vera è eterna, questa è la vita eterna.

Noi siamo chiamati alla vita eterna, noi siamo chiamati a conoscere Dio.

La vita vera sta nel capire, l'uomo è fatto per il significato delle cose.

Quando l'uomo possedesse anche tutte le ricchezze del mondo o tutti i cibi del mondo, l'uomo porterebbe sempre un vuoto con sé.

Un vuoto che non può essere colmato da nulla che non sia Dio.

È un abisso.

Perché?

Perché l'uomo è fatto per il significato delle cose.

Non basta che l'uomo mangi, l'uomo ha bisogno di capire perché mangia.

Non basta che l'uomo viva, l'uomo ha bisogno di capire il significato della vita, il significato del nascere e del morire, del soffrire e del gioire.

L'uomo ha bisogno di capire il significato di tutto.

Solo nel significato l'uomo si riposa.

Se l'uomo è fatto per capire il significato delle cose, il Pensiero di Dio che c'è nelle cose, questo è ciò che deve occupare maggiormente il nostro pensiero, questo è ciò che deve trovare maggiormente disponibili noi.

Il capire deve essere la preoccupazione principale della nostra vita.

Girassimo anche tutto il mondo per fare dell'apostolato, se noi non abbiamo dentro di noi questa disponibilità, questa preoccupazione per capire il significato delle cose in Dio e presso Dio, per conoscere il Pensiero di Dio, tutto il nostro vivere, tutto il nostro faticare, tutte le nostre preoccupazioni nel mondo, tutte le opere di bene che noi crediamo di fare valgono niente.

Dopo aver ricevuto la comunicazione che la vita sta nel capire, la vita sta nel conoscere il significato delle cose, sta nel conoscere il Pensiero di Dio in tutte le cose, il problema che si affaccia adesso è come restare in ciò che ci è comunicato.

L'anima di questo versetto dodici è questo confronto tra mercenari e pastori.

Qui Gesù afferma che il mercenario è uno che non resta quando vede il lupo.

Cioè quando si affacciano le difficoltà.

Il mercenario non resta.

Il pastore resta.

Ecco l'anima della lezione che Dio ci vuole dare.

Ci sono coloro che restano e vi sono coloro che non restano.

Questo fatto è già accennato nella parabola del seminatore.

Quando Gesù dice che il Regno di Dio è simile a un seminatore che esce a spargere il suo seme.

Questo seme cade sulla strada, cade su terreni sassosi, cade su terreni pieni di cespugli e di spine, cade su terreni profondi.

E Gesù fa consistere la diversità di questi terreni (anima dell'uomo) in capacità di trattenere il seme o incapacità di trattenere il seme.

Incapacità di restare.

Il seme viene dato.

Però ci sono anime come strade che non lasciano penetrare niente, ci sono anime come terreni pietrosi che si lasciano soltanto dominare dal sentimento ma non hanno radici in sé, partono in quarta, ma poi appena il sole splende, tutto si essicca perché non ci sono radici.

Ci sono anime come terreni con cespugli di spine che soffocano la pianticella che sorge dal seme: preoccupazioni dice Gesù, le ricchezze, i beni di questo mondo, la figura davanti agli altri eccetera.

E poi c'è anche il terreno profondo.

Gesù caratterizza quel terreno profondo come quel terreno che sa restare, in cui il seme resta, terreno che sa custodire con pazienza, ponendo mente.

Perché si resta ponendo mente, per arrivare a capire, fino ad arrivare al frutto, cioè alla conoscenza.

È accennato il problema del restare.

Del saper restare.

Qui ci fa fare un passaggio più profondo, ci fa fare un passo avanti, perché qui Gesù dice che chi resta è il pastore e fa la differenza tra il pastore e il mercenario, dichiarando: "Le pecore appartengono in proprio al pastore".

Al mercenario invece le pecore non appartengono in proprio.

Ci fa capire che tutto sta in questo: Appartenere in proprio, non appartenere in proprio.

Dice che il pastore non fugge quando arriva il lupo e dice che non fugge perché le pecore appartengono in proprio al pastore.

Il mercenario fugge perché le pecore non gli appartengono in proprio.

Il problema allora sta in questa appartenenza in proprio.

Ci fa capire che solo là, dove le pecore appartengono in proprio, uno rimane, nonostante tutte le difficoltà.

Nonostante i lupi o gli orsi che possono arrivare.

Mentre invece di fronte alle difficoltà, quando le cose non sono in proprio, uno lascia tutto e scappa.

Gesù dice che quel seme caduto nel terreno con rovi e spine, dopo essere spuntato fuori dal terreno, quando arrivano le persecuzioni, le critiche e le condanne muore: uno molla tutto, lascia.

Ecco che abbiamo la figura del mercenario.

Solo quando le cose sono in proprio non si molla.

Noi dobbiamo chiederci cosa significa questa appartenenza in proprio.

Cosa vuol dire essere in proprio?

Avere una cosa in proprio?

Quand'è che una cosa è in proprio?

E perché soltanto quando una cosa è in proprio, l'uomo lotta con tutte le sue forze per difenderla, si dedica tutto a quella?

Già lo vediamo che nella vita pratica, per le cose proprie, uno si impegna con tutte le sue forze.

Quando si tratta invece di cose altrui, le cose si lasciano correre.

Non ci si scalda tanto.

Abbiamo visto la grande lezione che Dio ci ha voluto dare con il crollo del comunismo, con il crollo delle teorie di Marx.

Qui abbiamo la testimonianza chiara e lampante che Dio ha voluto darci, quando l'istituzione si pone al di sopra della persona.

Lì si è messa l'istituzione al di sopra della persona.

La persona lì non ha più nulla in proprio, deve sottostare all'istituzione.

È crollato tutto.

È l'azzeramento della vita, quando la vita non è vissuta in proprio.

Noi dobbiamo chiederci quand'è che una cosa è propria?

Quand'è che una cosa appartiene veramente a noi?

Una cosa appartiene a noi, è propria, quando dipende unicamente da noi.

Un artista che fa un quadro: quel quadro è proprio di quell'artista, appartiene a quell'artista, è suo, perché?

È lui che lo ha fatto.

Lui è il principio di quel quadro.

Così un musicista che faccia la sinfonia: la sinfonia è sua.

Così un autore che faccia un libro: il libro è suo.

Noi diciamo che è proprio, ciò che dipende da-

Ciò che dipende.

Perché quando una cosa è "propria", uno la difende con tutte le sue forze e con tutta la sua vita?

L'uomo non difende con tutte le sue forze ciò che è di altri.

L'uomo, l'abbiamo visto molte volte è sopratutto caratterizzato dalla passione d'Assoluto.

Passione d'Assoluto che è una conseguenza della presenza in lui dell'Assoluto.

L'uomo non sentirebbe il bisogno dell'Assoluto se non avesse questo Assoluto presente in sé.

L'uomo non lo sa, perché tutto ciò che l'uomo ha ricevuto, per opera di un altro, per opera del Creatore, tutto ciò che l'uomo riceve non per opera sua, questo lo subisce, non lo può ignorare perché gli è dato, però non lo può capire.

Non lo conosce.

L'uomo è portatore della passione d'Assoluto e non sa perché porta in sé l'Assoluto.

Dio creando l'uomo l'ha fatto abitazione di Sé.

L'uomo è portatore di Dio.

Ma proprio perché è portatore di Dio, l'uomo ha la passione di Dio.

Avere la passione di Dio, dell'Assoluto, è avere la passione dell'essere.

E quando una cosa dipende soltanto dall'uomo, l'uomo, proprio per questa passione d'Assoluto, non può minimamente sopportare che quella cosa che gli appartiene muti, cada, finisca, passi nel "non essere".

L'uomo con tutte le sue forze, lotta per far essere ciò che dipende unicamente da lui.

E non può farne a meno perché porta con sé questa passione d'Assoluto.

Qui in ciò che è proprio dell'uomo, l'uomo resta, è fermo.

E Dio ha un modo tutto suo per fermare l'uomo.

L'uomo è un essere caratterizzato dalla volubilità, è incostante.

Direi che l'uomo è in fuga da Dio, è in fuga dall'essere.

E Dio proprio per fermare l'uomo in questa volubilità cerca di fermare l'uomo.

Il primo passo che Dio fa con l'uomo è quello di fermalo.

Magari lo fa sposare per fermarlo.

Dio per fermare l'uomo, gli concede qualcosa di proprio.

Qualche cosa che sia unicamente suo, qualche cosa che dipenda unicamente dall'uomo.

Quando l'uomo incontra qualcosa che dipende unicamente da lui, l'uomo lì si ferma, si abbarbica, lotta con tutte le sue forze perché quello che è suo, vuole che sia.

Perché è suo.

Tutta la terminologia mio, tuo, suo, proprio, proprietà è tutto una conseguenza di questo.

Questo tendere con tutte le forze a proteggere, a difendere quello che è nostro, per impedire che altri ce lo portino via o che quella cosa lì abbia a mutare, abbia a morire.

Tutta la fatica e il faticare degli uomini è questo: cercare di far stare su il più che sia possibile quello che è nostro.

Qui l'uomo si ferma, non è più volubile.

Incomincia a sapere quello che vuole.

Però il problema per noi è Dio.

Dio ci ha creati con questa passione d'Assoluto per condurci a Sé.

Il problema è imparare a restare fermi in Dio.

Noi riceviamo la comunicazione di Dio ma noi ci accorgiamo che non siamo in grado di restare in questa comunicazione.

Anche se per ricevere magari ci fermiamo ad ascoltare e in quanto ci fermiamo ad ascoltare, è perché mettiamo il problema e l'interesse per Dio al di sopra di tutto il resto.

Perché in questo momento voi siete qui e non siete in spiaggia?

Uno mette l'interesse per Dio al di sopra, sarà forse per un quarto d'ora, mezz'ora, un momento, però lo mette, è attratto, c'è interesse e allora si riceve la comunicazione.

Però la grande difficoltà è questa: la comunicazione arriva ma come si rimane?

L'uomo si ferma soltanto in quanto ha qualcosa di suo, proprio.

E abbiamo detto che è proprio, ciò che dipende dall'uomo, ciò che dipende dall'uomo!

Fintanto che una cosa dipende da altri, fintanto che una cosa dipende da Dio, io non sono fermo in Dio, nessun uomo è fermo in Dio: la cosa dipende da Dio.

Soltanto quando la cosa dipende unicamente dall'uomo, l'uomo qui si ferma.

Il problema adesso diventa questo: Dio è Colui da tutte le cose dipendono, Lui è il Creatore.

Anche l'uomo dipende da Dio.

E allora è mai possibile che Colui da cui tutte le cose dipendono possa diventare dipendente dall'uomo?

Notiamo bene che soltanto ciò che dipende dall'uomo riesce a fermare l'uomo, a renderlo stabile.

Noi ci chiediamo, se l'uomo è fatto per Dio e se l'uomo diventa stabile soltanto in quanto ha una cosa propria, è possibile che Colui da cui tutte le cose dipendono, possa (e come) diventare dipendente dall'uomo?

Abbiamo visto che Dio creando l'uomo, ha fatto nell'uomo il cielo e la terra.

L'uomo è fatto di cielo e di terra e cosa vuol dire questo?

L'uomo è caratterizzato da due grandi realtà.

C'è una realtà che arriva all'uomo indipendentemente dall'uomo.

Questa realtà che arriva all'uomo, indipendentemente dall'uomo, è tutto ciò che l'uomo ha.

La terra, la vita, il tempo, le creature, tutto ciò che l'uomo incontra nel suo vivere (opera di Dio) arriva all'uomo indipendentemente dall'uomo.

Ma tutto ciò che arriva all'uomo indipendentemente dall'uomo, proprio perché arriva indipendentemente dall'uomo, prima di tutto non è conosciuto dall'uomo

L'uomo subisce gli avvenimenti, le cose, le sente, perché gli sono imposte.

Tutta la creazione è imposta, la nostra vita ci è imposta, è opera di Dio Creatore, di un Altro, noi non la vogliamo, ci viene imposta, la sentiamo e la subiamo però non capiamo, non possiamo capire.

E poi c'è tutta un altra realtà e l'altra realtà non ci è imposta.

È una realtà che ci viene soltanto proposta.

È la realtà di tutte quelle cose che non sono date all'uomo senza l'uomo.

Colui che ti crea senza di te, diceva Sant Agostino, non ti salva senza di te.

Colui che si annuncia in tutto, che crea tutto, che si annuncia e che parla con te in tutto, non si fa conoscere senza di te.

Però la vita non ci viene dalle cose che sono date a noi senza di noi.

La vita non ci viene dal mondo, non ci viene dalle creature, non ci viene da tutto ciò che arriva a noi senza di noi.

Anche Dio è in noi senza di noi.

Abbiamo visto che noi siamo portatori di Dio.

È opera di Dio questa: Dio creando l'uomo ha posto il suo spirito nell'uomo e l'uomo è portatore di Dio, anche se non lo sa e subisce la passione di Dio, anche se non lo sa e rivolge questa passione a tutte le creature e a tutto il mondo.

L'uomo è un terribile cercatore di Dio in tutte le cose che cerca.

Però la vita non viene all'uomo da queste cose,  tutte le cose che l'uomo riceve e subisce non danno vita all'uomo.

Abbiamo visto che l'uomo vive di conoscenza.

L'uomo vive capendo il significato delle cose.

Gesù dice: "Se anche tu possedessi tutte le cose, tutto il mondo, a che vale questo se tu perdi l'anima?".

La vita non viene dalle cose che si posseggono.

L'anima è questo bisogno di significato.

Questo bisogno di capire.

È qui che l'uomo deve impegnare tutte le sue forze e rendersi disponibile al massimo.

È più importante cercare di capire le cose che il mangiare.

Tu puoi fare digiuno o mangiare polenta tutti i giorni, non importa o vivere in una catapecchia.

L'uomo può mangiare polenta tutti i giorni o digiunare o vivere in una catapecchia, non importa, non è la casa che ci dà vita.

Ma l'uomo nel modo più assoluto, non deve rinunciare a capire il significato delle cose.

Questa deve essere la preoccupazione dell'uomo.

Questo è il tempo maggiore che l'uomo deve mettere a disposizione per non perdere la vita.

La vita sta nella seconda realtà, la realtà che non è data all'uomo senza l'uomo.

Quindi tutta quella realtà che è data all'uomo indipendentemente dall'uomo, questa lo fa esistere, gli crea tanti sentimenti, tante passioni ma non gli dà la vita, la vita gli viene dalla seconda realtà, la realtà di quelle cose che non sono date all'uomo senza l'uomo, che richiedono la dedizione, la partecipazione, l'interesse, il desiderio dell'uomo.

E Gesù dice  che viene dato soltanto a colui che chiede.

"Viene aperto a chi bussa".

E Gesù dice: "Chiedete e otterrete, domandate e vi sarà dato, bussate e vi sarà aperto".

I doni maggiori di Dio sono la vita eterna, sono la conoscenza della verità, sono la scoperta della sua presenza.

Questi doni maggiori di Dio che costituiscono la nostra vita essenziale, non sono dati a noi senza di noi.

La maggior parte degli uomini giunge al termine della vita, muore, senza aver capito quei doni maggiori che Dio aveva preparato per l'uomo.

Perché non sono saliti a cercarli, non si sono rivolti a Dio per ottenerli.

Dio ha un infinità di doni nelle sue mani ma nessuno sale a chiedere questi doni maggiori.

Tutti si accontentano delle cose che sono date loro sensibilmente, sentimentalmente, che arrivano a loro indipendentemente da loro e perdono la vita in questo modo.

Il problema abbiamo detto è Dio da cui tutto dipende che a un certo momento deve diventare dipendente dall'uomo per diventare proprio dell'uomo.

Soltanto se diventa proprio dell'uomo, l'uomo diventa stabile in Dio, perché l'uomo è stabile solo nelle cose proprie, nelle cose che gli appartengono.

È un assurdo: una parte di un tutto non può diventare tutto, la parte resta sempre una parte del tutto.

Il tutto comprende la parte, può darsi mai che una parte comprenda il tutto?

L'uomo è dipendente, essenzialmente dipendente.

L'uomo non è libero, sia chiaro.

Dio è libero, l'uomo è dipendente.

Può darsi mai che colui che è dipendente a un certo momento diventi colui dal quale addirittura Dio sia dipendente?

Evidentemente tutti capite come qui si profila il Figlio dell'uomo.

Cristo si diceva Figlio dell'uomo, dipendente dall'uomo.

Il Creatore, Colui da cui tutte le cose dipendono a un certo momento riesce a trovare la via (e come) per diventare dipendente dall'uomo, in modo da far sì che l'uomo possa restare con Lui.

Poiché (ed è l'anima di questo versetto), soltanto nelle cose proprie l'uomo resta, fintanto che l'uomo è un mercenario, l'uomo non resta.

Tutta la creazione, tutto la realtà che arriva a noi senza di noi, tutta questa realtà non è nostra.

È di un Altro, è evidentissimo.

Dal filo d'erba, all'universo, a tutte le creature, tutto non appartiene a noi, non è nostro.

Il che vuol dire che noi siamo amministratori di cose che non sono nostre.

Amministratori mercenari.

Il che vuol dire che nelle cose che non sono nostre, noi non sappiamo restare.

Soltanto nelle cose proprie possiamo restare.

Qui dice che il pastore resta, perché le pecore sono proprie, sono sue.

E allora se il problema è Dio, come Dio trova il modo di affrontare e superare quest'assurdità?

Lui dal quale tutte le cose dipendono, diventa dipendente dell'uomo, Figlio dell'uomo.

È possibile questo?

È accennato il fatto che c'è questa grande realtà che non è data all'uomo senza l'uomo, non è data!

E questa realtà è Dio stesso.

Dio si dà all'uomo perché ha posto nell'uomo il suo stesso Spirito.

Però non basta che Dio si dia all'uomo.

Bisogna che l'uomo lo faccia suo.

Notate bene che perché l'uomo possa fare sua questa grande realtà che è al di sopra di tutto e da cui tutte le cose dipendono, bisogna che questa realtà venga a morire nell'uomo.

Perché soltanto venendo a morire nell'uomo, dà all'uomo la possibilità di farla propria, di farla sua.

Dio si concede all'uomo, venendo a morire nell'uomo.

Facendo esperimentare all'uomo (Lui che è il presente) la sua assenza.

Dio che è Colui che parla in tutto, fa esperimentare all'uomo il suo silenzio, il silenzio di Dio, l'assenza di Dio.

Lui che è il vivente! Perché abbiamo visto che l'essere Assoluto è vivente di per Sé.

Non ha bisogno di altro per vivere.

Noi abbiamo bisogno di altro per vivere.

Tutte le creature viventi per vivere hanno bisogno di assimilare altro da sé, la vita è comunione.

L'essere Assoluto è vivente di per Sé.

Lui che è vivente di per Sé, ha trovato il modo di far esperimentare all'uomo la sua morte.

Non la morte dell'uomo ma la morte di Dio.

Perché l'uomo lo abbia a volere come cosa sua.

A un certo momento scopriamo questo: è l'uomo che deve volere Dio.

E soltanto se l'uomo capisce che a un certo momento lui deve volere Dio, Dio resuscita e Dio si fa trovare.

Dio arriva a questo punto di appartenenza all'uomo, in modo che l'uomo volendolo lo abbia come "cosa" propria.

L'uomo resta stabile in Dio soltanto da quel giorno in cui capisce che lui stesso deve volere Dio.

Per quello che Dio è.

È lui stesso che deve generare il Pensiero di Dio per quello che Dio è.

Come cosa propria.

Perché soltanto in quel punto lì, lui incomincerà a restare con ciò che Dio gli ha comunicato.

Altrimenti l'uomo fa esperienza dell'assenza di Dio nella sua vita, del vuoto di Dio, della morte di Dio, del silenzio di Dio.

Qui è la meraviglia.

L'uomo che è una parte, l'uomo che è un essere dipendente a un certo momento scopre da Dio che è Lui Dio che dipende dall'uomo.

È Dio che si mette nelle mani dell'uomo.

E si mette al punto tale nelle mani dell'uomo dirgli: "Guarda che se tu non mi vuoi, Io per te non esisto e tu esperimenti la Mia morte, il Mio silenzio, l'assenza di Dio".

Evidentemente il silenzio di Dio è la nostra morte: se Lui non parla noi non viviamo.

Ma Lui non parla se noi non vogliamo Lui.

La meraviglia sta lì.

Dio concedendosi tutto all'uomo, Lui da cui tutto dipende, non è che ci faccia digerire l'assurdo e che diventi dipendente da noi, no, Lui ci fa capire questa cosa meravigliosa: dà a noi la possibilità di morire noi a noi stessi e ci dà la possibilità di guardare le cose dal punto di vista di Dio.

Ecco il fatto meraviglioso: Dio dà noi la possibilità di guardare le cose non più dal nostro punto di vista.

Noi siamo parte, parte di un tutto, ci dà la possibilità di guardare  le cose dal punto di vista del tutto.

Ci dà la possibilità di guardare le cose dal punto di vista di Dio, di Colui dal quale tutte le cose dipendono, anche noi.

E questa possibilità di guardare dal suo punto di vista e quindi di morire a noi stessi è data a noi soltanto attraverso il pensiero e il Pensiero di Dio.

È soltanto guardando le cose dal punto di vista di Dio, cioè dal punto di vista di Colui dal quale tutte le cose dipendono che Dio diventa nostro, proprietà nostra, come il pastore ha la proprietà delle pecore.

Qui e solo qui, in questo punto l'uomo è stabilizzato in Dio.

Qui l'uomo ha imparato a restare con Dio come il pastore resta con le pecore, anche se vengono i lupi.


A.: Perché l'uomo si fermi in Dio, deve realizzarsi quella che per noi è un apparente assurdità: Dio deve farsi dipendente dall'uomo. Senza questo rapporto di dipendenza l'uomo non si ferma, diventa cioè un mercenario....

Mercenario anche nelle cose di Dio.

A.: In tutte le cose. Naturalmente diventando mercenario verso Dio a maggior ragione diventa mercenario verso tutte le creature di Dio.

Questo ci fa capire che non basta capire che Dio è il principio di tutto.

Perché nel principio di tutto, Dio è Colui dal quale tutte le cose dipendono, certo è necessario riconoscere che Dio è il Creatore di tutte le cose ma non è sufficiente perché qui Dio è il Signore, il Padrone, il Creatore e io sono il dipendente.

Dio qui non è mio ed è assurdo d'altronde che Dio sia mio.

Dio non mi salva in quanto io lo riconosco come Creatore di tutte le cose o in quanto io accetto tutte le cose da Lui.

Per cui sarà sempre un rapporto con una proprietà non mia.

C'è nella Bibbia la lezione in cui Dio crea l'uomo e la donna e poi dice che padre e madre generano i figli e qui abbiamo un rapporto creatore-creatura: padre e madre generano il figlio.

Però il figlio a un certo momento lascia padre e madre per unirsi alla sua sposa.

Allora il figlio a chi apparterrà? Al padre e alla madre o alla sposa?

Perché come dipendenza dipende da padre e madre ma a un certo momento lascia questi per la sposa.

L'uomo apparterrà alla sposa, per unirsi e saranno una cosa sola.

Allora quello che ti salva è il fine, non è il principio.

Dio è Lui il Creatore, certo, però non basta che Lui sia il Creatore.

Lui deve diventare il tuo fine, ma il fine non avviene senza di me.

Per cui mentre Dio s'impone come Dio Creatore, Dio s'impone su tutto (anche il demonio trema), Dio come fine non s'impone.

Io posso avere tanti fini.

Dio si propone come fine.

Ecco che adesso si mette nelle mie mani.

L'uomo viene determinato dal fine per cui vive, non dalla sua origine.

L'uomo è determinato dal fine per cui vive.

È lì la meraviglia.

Io posso nascere in una casa di delinquenti, appartenere a una istituzione di delinquenti ma non è quello che mi determina, ciò che mi determina è ciò per cui io vivo.

Ed è quello che mi condiziona tutto.

Ora, ciò per cui io vivo non è determinato dall'ambiente o dalla situazione in cui mi trovo, è determinato da ciò che porto dentro di me.

Ed è questo che mi condiziona tutto.

Dio si propone come fine.

E soltanto quando io lo pongo come mio fine, qui diventa "mio".

Il fine diventa mio ma io divento figlio del mio fine.

B.: Il fatto che il padre e la madre generano i figli e poi i figli si uniscono alle spose è un po' la storia della nostra anima, noi nasciamo da "padre e madre" cioè da quella realtà che viene data a noi senza di noi ma dobbiamo appartenere a quella realtà che non è data a noi senza di noi.

Sì ma non è la nostra anima, è Dio.

Mentre Dio s'impone come Creatore, si propone come fine e noi siamo salvati o dannati dal fine per cui viviamo.

Quello che determina tutto di noi e determina tutto di noi eternamente è ciò per cui viviamo e  fintanto che io non vivo per Dio, io ho altri fini e sono questi altri fini che mi determinano.

E se questi non sono Dio, fossero anche i poveri o il prossimo, mi determinano negativamente.

Siamo stati creati per Dio, tutto il resto è campo di prova, aiuto, mezzo, ma il fine è Dio.

Per cui noi dobbiamo avere la conoscenza di Dio come fine.

Cerca prima di tutto Dio, tutto il resto può essere un mezzo, un aiuto ma il fine è quello.

C.: Mentre le cose terrene le possiamo possederle senza conoscerle le cose di Dio non possiamo possederle se non conoscendole.

Ma possiamo illuderci di possederle senza conoscerle le cose del mondo.

Quando il bambino dice: "Questo è mio" lui si illude, è una beata illusione.

Il vero possesso si ha solo nella conoscenza ma la conoscenza si ha soltanto in quanto uno conosce la causa e guarda dalla causa e la causa è Dio.

E soltanto guardando da Dio, da cui tutto dipende, è lì la vera causa, la vera conoscenza e lì ho il vero possesso.

Ecco Dio che si dona.

D.: Essere disponibili è essere, non fare.

Noi non siamo, Dio è, quello che mi fa essere è ciò per cui io vivo.

È ciò per cui io vivo, Dio è, noi non siamo.

Noi siamo nella misura in cui partecipiamo a ciò che è.

Se Dio ti dà la grazia di partecipare a Lui, Lui è, noi siamo per partecipazione e come partecipi a Dio?

Partecipi di Dio in quanto ti dedichi a Dio.

Quindi nella misura in cui tu ti dedichi a Dio tu partecipi di Dio e quindi vivi, perché la vita è partecipazione.

Ma se tu ti dedichi a Dio, hai Dio come fine.

Cioè nella misura in cui tu ti occupi di Dio, tu sei fatto partecipe di Dio, ma vedi che qui tu hai Dio come fine?

C.: Cosa vuol dire essere disponibile?

Disponibile di occuparti per ciò che ti viene proposto.

Dio si propone a te: "Ti ho creato, Io sono il Creatore, tu sei dipendente da Me, io ora ti propongo, non t'impongo di occuparti di Me se vuoi la vita, ti pongo davanti la vita (Io) e la morte (il tuo io), occupati di Me e vivrai" e mi fa la proposta.

Non s'impone, perché se s'imponesse m'impedirebbe di conoscerLo.

Tutto ciò che ci è imposto, noi non possiamo conoscerlo, noi possiamo conoscere in quanto superiamo il pensiero di tutte le cose che arrivano a noi per guardare le cose dal punto di vista di Dio e questo è un atto puramente libero della creatura, nemmeno Dio ti obbliga.

Quando t'obbligasse ti butterebbe nell'inferno.

Dio ti propone di dimenticare te stesso perché tu sei dipendente, tu sei una parte del tutto, Dio ti dice di dimenticarti che sei una parte del tutto, di dimenticarti che sei dipendente da Dio per guardare dal suo punto di vista.

Dio mi offre la possibilità di guardare le cose dal suo punto di vista, a me che sono una parte del tutto, Dio mi propone di guardare le cose dal punto di vista del tutto.

Ma per fare questo è logico che io debbo superare me stesso, debbo superare la mia visione di parte, la mia visione di essere dipendente e questo lo posso fare solo con il pensiero.

È lì la disponibilità.

Solo con il pensiero, perché a Dio si arriva soltanto con il pensiero.

Siamo nel campo dell'intelligenza.

D.: Questa concessione che Dio fa di Se Stesso, dà la possibilità all'uomo di morire a se stesso ma perché ci trasferiamo col pensiero da noi stessi a Lui?

Si capisce.

A guardare le cose dal suo punto di vista, è qui la meraviglia.

Dio ha posto in noi il suo spirito, per dare a noi la possibilità di capire ciò che Lui ci ha donato.

Lui ci ha già donato tutto Se Stesso ma noi non possiamo conoscerlo se non con il suo Spirito.

Cosa vuol dire con il suo Spirito?

Se non superando il niente che noi siamo per guardare le cose dal suo punto di vista.

È lì il vero possesso, è lì che le cose diventano veramente nostre, è lì che Dio diventa nostro.

Come il Padre è proprio del Figlio e il Figlio è proprio del Padre.

D.: Ma Lui diventa nostro in quanto noi lo uccidiamo?

Quello è segno di quello che avviene nella nostra vita, perché soltanto passando da questa esperienza....

Dio all'inizio non creò l'uomo perché l'uomo uccidesse Dio ma perché l'uomo conoscesse Dio.

Dio ha creato l'uomo non per la morte ma per la vita.

È quando non c'è intelligenza che l'uomo deve passare attraverso l'esperienza dell'assenza di Dio, del vuoto, del nulla, del non significato del tutto, del silenzio di Dio, della morte di Dio e Dio fa esperimentare all'uomo la Sua morte perché l'uomo non è stato intelligente, perché l'uomo non è intelligente.

Ma questo è nel campo dei segni, perché se io esperimento la morte di Dio, a un certo punto dico che Dio non esiste, Dio non c'è.

Anche qui ci vuole un minimo di fede in Dio Creatore: "Perché Tu che sei il Creatore di tutto, mi fai toccare con mano che Tu sei assente in tutto?".

Ci vuole sempre questo minimo di fede, altrimenti non capisco nulla.

Comunque il punto chiave qui sta in questo: noi siamo mercenari, quindi instabili, sempre in fuga, fintanto che non arriviamo alla cosa nostra.

Ad avere la cosa che appartiene a noi.

Cosa vuol dire appartenere tutto a me? Dipendente da me.

Cioè Dio si mette nelle mie mani: "Se tu mi vuoi, Io esisto ma sei tu che mi devi volere, se tu non mi vuoi, io scompaio".

Per cui sono io che debbo volere Dio, volere che Dio ci sia.

Soltanto se io voglio che lui ci sia, Lui c'è e Lui mi fa toccare con mano la sua resurrezione, in caso diverso resta morto.

Resta morto, però la sua morte è la mia morte.

D.: Il guaio è illudersi di essere con Dio senza fare questo passaggio....

Ma noi esperimentiamo benissimo che non siamo con Dio.

Noi siamo in un grande conflitto, ci proponiamo mille volte di voler essere con Dio ma siamo sempre alla stessa distanza da Dio.

D.: È il vedere le cose dal suo punto di vista che ci fa fare il vero passaggio....

Lui si fa nostro nella conoscenza.

Ecco perché dico che solo nella conoscenza noi abbiamo il vero possesso delle cose.

Nella conoscenza abbiamo il possesso di Dio ma la meraviglia sta lì che io posseggo Dio dicendo che Lui è Colui da cui tutto dipende e dal quale anche io dipendo.

E mentre io dico: "Dio Tu sei il quale da cui tutto dipende", Lui dipende da me nella conoscenza, perché nella conoscenza non faccio altro che glorificare Dio.

È glorificando Dio che posseggo Dio.

D.: E questo è assolutamente personale.

Evidentemente, è un fatto di pensiero.

Dio si è messo in rapporto con noi personalmente.

Non c'è nessuna collettività o gruppo che entri in gioco.

E non c'è nessuno che possa pregare al posto nostro, sia chiaro.

Dio richiede il superamento dell'io e il superamento dell'io è un fatto tuo, personale, nel silenzio.

Per cui se tu personalmente non riesci a dimenticare te stesso per guardare le cose dal punto di vista di Dio, la cosa non avviene nel modo più assoluto.

E.: Perché Dio diventi "mio", io devo esperimentarne l'assenza.

Sì, data la nostra non intelligenza, però non basta l'esperienza dell'assenza di Dio per trovare Dio.

L'esperienza dell'assenza è necessaria ma bisogna capire il significato di quest'assenza.

Dio è Colui che nessuno può ignorare, nessuno è in pace ignorando Dio, perché non si può ignorare, io non posso ignorare che non sono io che faccio il filo d'erba.

Io non posso ignorare che c'è un altro che fa le cose: io voglio vivere ma a un certo momento muoio, io non posso ignorare che c'è una volontà diversa che opera su di me, quindi non sono in pace, non posso essere in pace ignorando Dio.

La pace io la trovo solo conoscendo Dio.

Conoscendo Colui che non posso ignorare.

Però io non posso ignorarlo perché Dio è il Creatore e s'impone, conoscerlo, non posso conoscerlo senza di me, senza voler io stesso Dio, senza guardare le cose dal punto di vista di Dio.

E.: Però questo superamento ho la possibilità di farlo se capisco che Lui viene a morire in me....

Questo è necessario in conseguenza della nostra non intelligenza.

All'inizio Dio non ha fatto le cose in quel modo, Adamo, colloquiando con Dio, aveva la possibilità di superare se stesso e di guardare le cose dal punto di vista di Dio, perché stava dialogando con Dio.

A un certo momento c'è stato difetto d'intelligenza.

E.: Ma nella nostra situazione di peccato è necessario questo.

Sì, ma ci vuole intelligenza per capire perché Dio è assente e perché tu non trovi Dio.

Fintanto che non ti decidi a guardare le cose dal punto di vista di Dio, tu certamente Dio non lo trovi, poiché Dio si trova solo per mezzo di Dio.

Fintanto che uno non si decide a superare tutto di sé, per guardare le cose dal punto di vista di Dio, Dio non si trova.

Per cui siamo noi stessi che dobbiamo volere Dio, allora vuol dire che Dio si è messo nelle nostre mani.

F.: Qui ci sono presentate queste tre figure: ladri, mercenari e pastori...

Ci sono anche i lupi.

F.: Tra mercenario e pastore, c'è un passaggio intermedio?

È un salto di qualità.

Nettissimo.

Dio non ha niente a che fare con il demonio e il demonio non ha niente a che fare con Dio.

Il nostro io non ha niente a che fare con Dio, c'è un salto di qualità.

O tu dimentichi te stesso, non pensi a te stesso, per guardare le cose da Dio o sei nel pensiero del tuo io, non c'è nessun passaggio intermedio, non c'è niente da fare.

Il nostro io staccato da Dio è un demonio, quindi quando noi pensiamo a noi stessi, siamo nel campo del demonio, non c'è niente da fare.

G.: L'uomo viene fermato quando?

Quando una cosa dipende solo da lui.

Solo quando l'uomo trova una cosa propria, lì si stabilizza.

L'uomo è in fuga, fintanto che si trova in cose che non dipendono da lui.

Quando l'uomo trova una cosa che dipende da lui, l'uomo lì si ferma.

Dio lì lo ferma, lo blocca.

Cioè, ti ha dato nella mani una creatura che dipende solo da te.

Che è tutta tua, per cui tu puoi scrivere su di essa quello che tu vuoi.

Tu lì sei bloccato, sei fermo e adesso Dio ti condurrà dove vuole Lui.

Perché ti ha fermato.

G.: Questo perché io mi debbo occupare soltanto di Dio?

No, Dio ti ferma quando tu hai trovato una donna, una donna che è tutta per te, t'ha fermato.

Oppure quando tu hai trovato un affare che è tutto per te, t'ha fermato.

Adesso Lui ti condurrà dove vuole, l'importante e che tu sia fermo in qualcosa.

Tutto questo è segno per dire a noi che soltanto se noi troviamo Dio come cosa nostra, appartenente tutto a noi, lì saremo fermi con Dio, altrimenti tu sei fermo con una donna.

O sei fermo con un'azienda.

O sei fermo con la politica ma sei fermo con una cosa che dipende tutta da te.

Quel mondo che può essere una famiglia, una casa, un automobile, una creatura ma che dipende solo da te, lì stai pur tranquillo che tu lì sei bloccato.

E su quello tu stai riversando la tua passione d'Assoluto, perché adesso tu vuoi che la donna, l'azienda, la macchina, la politica, sia assoluta come Dio, tu vuoi che sia come Dio.

E quella non sarà mai come Dio e allora ti crei l'inferno.

Tutto questo è segno, per farti capire che tu ti fermi soltanto là dove trovi una cosa propria, tua, cioè una cosa in cui tu puoi esprimere tutto te stesso.

La cosa che dipende da te.

Là dove trovi la cosa che dipende da te, là tu sei fermo, sei bloccato.

Ma questo è ancora segno per dire a noi che noi saremo capaci a restare fermi in Dio, soltanto quando troveremo Dio come Colui che dipende da me, pensa che assurdo!

H.: Io ho capito....

Dio t'ha fatto capire.

H.: Siamo fatti per Lui però c'è questa fatica nel rimanere in Dio, c'è questa volubilità, questa incostanza.

L'incostanza è segno che noi siamo mercenari anche con Dio.

N.: Nella mia vita Dio mi ha fatto fare esperienza della mia scarsa intelligenza, l'esperienza della Sua assenza, l'esperienza della negatività profonda della mia vita. Io dicevo di credere in Dio ma in realtà Dio non rappresentava niente per me, allora ho fatto l'esperienza di questa assenza e quanto più profondamente uno arriva a fare quest'esperienza, tanto maggiore è la grazia di Dio, perché è proprio quando ti trovi in fondo che o perdi ogni speranza, o ti riaccendi a Una speranza e allora capisci anche che è Dio che ti fa essere intelligente, non sei tu che ti fai intelligente.

Dio addirittura è arrivato nel tuo abisso.

Certo.

P.: Dio si mette a tal punto nelle nostre mani da dirmi: "Se tu vuoi che Io esista esisto, altrimenti scompaio".

È tremendo questo.

Noi dobbiamo volerlo per quello che Lui è.

Dio si offre cioè a essere dipendente da me.

Dipendente dalla creatura per essere tutto della creatura.

Soltanto se si fa proprio della creatura, la creatura diventa stabile in Dio.

Quando la cosa dipende da te, tu non puoi non volerla per la tua passione d'Assoluto: tu vuoi che sia.

Noi non vogliamo che Dio sia perché non dipende da noi.

Ma il giorno in cui noi scopriamo che Lui "dipende" da noi, noi necessariamente vogliamo che Lui sia.

Con tutte le nostre forze.

E Lui per legarci in una unione eterna si fa opera nostra.

Prova un po' ad andare a dire a un angelo che Dio non c'è e vedi come ti salta addosso!

P.: La realtà oggettiva deve diventare soggettiva, perché se no è come se non ci fosse per me, è oggettiva e io non posso smentirla.

Nemmeno il demonio può smentire Dio, però non può conoscerlo.

P.: La realtà oggettiva s'impone su di me e mi fa diventare vera la realtà soggettiva.

L'immagine di una cosa che dipende tutta da me m'ha fatto pensare a un bambino e al Natale.

Il bambino dipende tutto dalla madre, la madre non può lasciarlo un istante e Dio ha voluto prendere l'aspetto di un bambino e proprio a Natale si presenta così per farci capire....

Si mette nelle nostre mani.

Il mistero di Natale è questo: Dio nelle tue mani: "Fammi quello che vuoi".

P.: Posso pensarlo o trascurarlo, posso farlo crescere o farlo morire.

E poi l'immagine della croce.

Se voglio che Dio esiste, Lui resuscita.

Lui muore proprio per darti la possibilità di volerlo.

Se Lui resuscita, la sua resurrezione diventa la tua vita.

P.: Senza di Lui la mia vita non è più vita.

Si capisce.

G.: Quando Dio dipende da me? Quando io prendo consapevolezza che Dio si mette nelle mie mani?

Quando per me, Dio diventa dipendente da me?

Quando capisco questa sua concessione?

No, diventa dipendente da me anche se io non capisco, per cui anche se non capisco io esperimento la sua assenza.

G.: Ma io quando arrivo a volerlo, quando capisco?

Certo ma per capire io debbo già guardare le cose da Dio, perché se non guardo da Dio, non posso mica arrivare a capire quello, io subisco e tutto quello che subisco io non lo capisco mica.

Io subisco la morte di Dio, subisco l'assenza di Dio, esperimento il silenzio di Dio, io chiedo a Dio e Dio non mi risponde, Dio non lo vedo e non lo tocco e questa è esperienza nel campo del nostro io. Non c'è niente da fare.

Quando uno inizia a guardare le cose dal punto di vista di Dio, qui abbiamo il Cristo che parla.

Qui ad esempio dice che il pastore resta nonostante i lupi e a un certo momento tutto il mondo diventa lupo, il pastore resta perché le pecore sono sue.

Perché stasera abbiamo affrontato questo argomento?

Unicamente perché Gesù ci ha presentato la differenza tra mercenario e pastore.

Anche il mercenario conduce le pecore al pascolo, però le pecore non sono sue, il pastore? Le pecore sono sue.

Tutta la differenza sta lì, nella cosa propria, il che vuol dire che fintanto che per te Dio non è tuo, proprio, tuo cioè dipendente da te, fintanto che Dio non dipende da te, non diventa cioè cosa tua, tu non puoi restare con Dio, sei mercenario.

Vai e vieni, scappi quando hai difficoltà e allora nascono tutti i problemi e i dubbi sul come fare per restare con Dio.

P.: Dio mi porta alla consapevolezza che Lui dipende da me, proprio attraverso la sua morte, facendoci esperimentare la sua assenza, se io non lo voglio....

Se io credo in Dio, se io non credo in Dio anche la sua morte non mi ferma.

Se io muoio a me stesso, muoio alla mia dipendenza, muoio alla mia parte, io appartengo a un tutto e siccome il vero punto di vista è vedere le cose dal punto di vista del tutto e non dalla mia angolatura, fintanto che io non muoio a questo io non posso partecipare al tutto.

Q.: Bisogna scegliere tutto in base a Dio.

Bisogna avere Dio come fine, non basta averlo come principio, non basta accettare tutto da Dio, bisogna tendere a Dio, perché tutte le cose Dio te le fa arrivare perché tu abbia a riportare tutto a Lui e perché tu abbia a riportare tutto a Lui e a guardare tutte le cose dal suo punto di vista.

La salvezza non sta nell'accettare tutto da Dio, tu non sei salvato se accetti solo tutto da Dio, devi riportare tutto a Dio, per vedere le cose dal Pensiero di Dio.

R.: Dio vuole essere scelto da noi.

La vita è scelta, noi facciamo un errore gravissimo: crediamo di scegliere una cosa e non lasciamo il resto.



Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono in proprio, vedendo venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde.  Gv 10 Vs 12 Secondo tema.


Titolo: La fuga da Dio.


Argomenti: La conoscenza di Dio. Restare: pastore e mercenari. Dio si mette nelle mani dell'uomo. Dio si offre al nostro giudizio. Dio si fa "nostro". Dio si fa dipendente da noi. Volere Dio. Mettere il nome. Conoscenza o possesso. Il bambino e l'adulto. L'insopportabilità: 1-Il figliol prodigo. 2-I lavoratori della prima ora. 3-Giuda. I due principi dell'uomo.


 

19-20/Agosto/1990 Casa di preghiera Fossano.


Domenica scorsa ci siamo fermati su questo versetto e sul concetto di "appartenenza in proprio".

Il problema era come fare per restare in ciò che ci viene comunicato.

Precedentemente Gesù aveva affermato che il buon Pastore offre la sua vita.

Il Pastore è il Figlio di Dio, è il Maestro interiore, è Dio Stesso che abita in noi.

La vita di questo Pastore è la conoscenza stessa di Sé e di Dio, del Padre.

E nella conoscenza sta la vita, perché Gesù dice che la vera vita (eterna) sta nel conoscere Dio.

E il Pastore offre questa vita alle pecore.

Le pecore rappresentano noi.

Dio offre la sua vita a noi, offre cioè questa conoscenza.

Dio ha creato l'uomo per la conoscenza, ha creato l'uomo per la verità.

"Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi".

"Dio vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la verità".

La salvezza dell'uomo sta nel giungere a conoscere la verità.

La vita dell'uomo sta nel conoscere la verità.

La libertà dell'uomo sta nel conoscere la verità.

Se gli uomini sono schiavi di tante cose, se gli uomini esperimentano la perdita della vita e il nostro vivere nel mondo è una perdita crescente di vita, se gli uomini tremano di fronte al rischio di non giungere alla salvezza, è perché non conoscono la verità.

Ma Dio non ha sottratto la verità all'uomo, Dio non vuole la notte per l'uomo.

Dio ha creato l'uomo per la luce.

Dio vuole la conoscenza.

Dio è venuto per farsi conoscere.

È venuto per dare a noi la conoscenza di Dio.

È venuto per portare noi nella conoscenza di Dio.

Qui sta l'offerta che Egli fa della sua vita per noi.

Dio si annuncia a tutti, Dio è Colui che nessuno può ignorare, noi lo possiamo trascurare, bestemmiare ma non lo possiamo ignorare, Dio è il Creatore di tutte le cose.

Dio è l'autore di tutti gli avvenimenti che noi esperimentiamo nella nostra vita.

Ogni giorno che noi viviamo, è opera di Dio e quindi è una Parola di Dio per noi.

È un colloquiare di Dio, perché Dio colloquia, Dio parla personalmente (sia che lo sentiamo o meno) con ognuno di noi tutti i giorni.

E se Lui parla con noi tutti i giorni, il grande problema per noi è imparare ad ascoltare e a capire quello che Lui dice e a colloquiare e interrogare Lui, tutti i giorni.

Il nostro giorno, come tutta la nostra vita, dovrebbe essere un colloquio continuo con Dio, perché soltanto in quanto colloquiamo con Dio noi, penetriamo nella nostra vita, perché la vita e la conoscenza ci viene solo da Dio.

Il problema era questo: come fare per restare?

Gesù ci ha posto a confronto il pastore con i mercenari.

E ci dice che il pastore rimane anche quando arrivano i lupi, rimane, resta.

Invece il mercenario non resta, scappa, fugge.

Siccome l'argomento era come fare per restare, abbiamo approfondito questo concetto di restare come conseguenza dell'avere le cose in proprio.

Il pastore rimane perché le pecore sono sue.

Il mercenario invece è colui che lavora per la paga, per la mercede, il servo, il servo di fronte alle difficoltà, di fronte al rischio scappa, se ne va.

Perché dice Gesù: "Le pecore non sono sue".

Ci fa capire che la capacità di restare ci viene dal fatto che una cosa è propria, nostra.

La conclusione dell'argomento di domenica scorsa è stato questo: noi possiamo restare con Dio soltanto se Dio è nostro.

Perché la capacità di restare viene da ciò che è nostro.

E Dio si fa nostro.

Al centro di tutta la rivelazione noi abbiamo il concetto del Dio che si concede all'uomo.

Del Dio che si dà all'uomo a costo di lasciarsi uccidere dall'uomo.

L'uomo lo uccide.

Spiritualmente parlando si uccide in quanto non si tiene conto di una persona.

Noi non teniamo conto di Dio e uccidiamo Dio.

Ma uccidiamo Dio perché Dio si dà nelle nostre mani.

Dio si mette nelle nostre mani come un agnello.

Ed è rivelazione di Dio.

Dio si dà nelle nostre mani.

Un bambino appena nato è tutto affidato alle cure della mamma e se la mamma lo trascura il bambino, muore.

Dio si dà nelle nostre mani (Natale) come un bambino nelle braccia della madre.

Tutto affidato a-.

Perché questo?

Colui dal quale tutto dipende e tutti dipendono, a un certo momento trova il modo di darsi nelle mani della creatura, di farsi dipendente della creatura, dipendente dall'uomo: un’assurdità.

Eppure c'è quest'assurdità nella nostra vita.

Dio si mette nelle nostre mani e lascia che facciamo di Lui quello che vogliamo.

"Datemi la paga che ritenete giusta" e c'è chi gli dà trenta denari, chi niente e chi tutto.

Che posto noi diamo a Dio?

Tutti i giorni Dio ci interroga.

E ci interroga affinché noi abbiamo a dirgli che posto gli riserviamo nella nostra vita.

Sopratutto che posto noi riserviamo a Lui che è il Creatore di tutto l'universo, Lui che è il Signore di tutto, della storia come della vita di ogni uomo.

Lui chiede a noi che posto gli diamo tra i nostri pensieri.

E ognuno di noi dà un posto a Dio e magari lo mette anche fuori dalla sua vita.

Comunque ognuno di noi dà un posto a Dio.

"Chi dite che Io sia?" cioè: che posto mi date?

 Dio si offre al nostro giudizio.

Perché questo?

Per farsi nostro.

E perché vuole farsi nostro?

Perché soltanto facendosi nostro, dà noi la possibilità di restare con Lui, come Lui è con noi.

Perché Lui è con noi anche senza di noi.

Lui non è uno che va e viene.

Dio non appartiene né al tempo né allo spazio, per cui non è uno che si sposti.

Noi ci spostiamo, noi mutiamo ma Dio non muta, Dio è Colui che è, in eterno.

Lui è stato, Lui è e Lui sarà eternamente Colui che è, l'Assoluto.

E dire Assoluto vuol dire che è indipendente da ogni cosa, da ogni creatura, da ogni luogo e da ogni tempo.

Lui è l'essere Assoluto e in quanto Assoluto è indipendente e sciolto da ogni condizionamento.

Dio non si muove, Lui è.

Però non basta che Lui sia, perché anche nell'inferno Lui c'è, non c'è un luogo in cui Lui non ci sia.

Non basta che Lui sia presente con noi e in noi perché noi troviamo la vita e la salvezza.

Certo è necessario che Lui sia presente, perché se Lui non fosse presente, noi non potremmo fare assolutamente niente.

Nemmeno pensarlo, se lo pensiamo, è perché Lui è già con noi.

Però perché noi possiamo trovare la vita, è necessario che noi impariamo a essere con Lui come Lui è con noi, a essere presenti a Lui come Lui è presente a noi.

È necessario che noi conosciamo Lui come Lui conosce noi.

Ecco perché Lui si dà nelle nostre mani.

Per dare a noi la possibilità di darci noi nelle sue mani.

Lui si fa oggetto del nostro pensiero e ci dà la possibilità di pensarlo.

A noi che siamo dei moscerini.

Noi siamo meno ancora che dei moscerini nel grande universo.

Basta portarsi nella stella più vicina a noi e la stella più vicina al nostro sistema solare è a quattro anni luce da noi.

Dalla stella più vicina a noi la terra non si vede assolutamente.

Si vede appena il sole, una piccola stelletta, la terra nostra scompare.

Immaginiamoci un po'.....

Noi che siamo cinque miliardi su questa terra che scompare se guardata dalla stella più vicina!

E noi su questo piccolo puntino invisibile siamo cinque miliardi.

Noi siamo un pulviscolo.

E questo pulviscolo a un certo momento ha la possibilità di pensare Dio.

Noi non ci rendiamo conto: noi possiamo pensare Dio, l'infinito, l'eterno, l'Assoluto! Colui che ha in mano tutte le creature e tutto l'universo, Colui che ha creato tutte le cose.

Noi lo possiamo pensare.

Noi possiamo fermare la nostra macchina, sederci sul ciglio della strada e possiamo pensare Dio.

Ecco la meraviglia.

Possiamo cioè prendere contatto con Colui che è eterno, infinito, Assoluto.

Con Colui che è l'Assoluto.

Non basta che noi prendiamo contatto, Dio vuole che noi impariamo a restare con Lui.

Con Lui in tutto.

Per poter restare con Lui, dobbiamo avere la possibilità di considerare Lui come "cosa" nostra, propria.

Qui le parti s'invertono perché Lui diventa la pecora e noi diventiamo i pastori.

E il pastore non scappa, anche se arrivano i lupi (e ci sono i lupi anche tra noi) perché le pecore sono sue.

Dio si offre a essere pecora agnello, cosa nostra.

Quando abbiamo detto cosa vuol dire essere proprio, cosa nostra, abbiamo detto che proprio è ciò che è dipendente da-.

Dio si fa dipendente da noi.

È un assurdo ma Dio si fa dipendente da noi per essere tutto nostro.

Per dare a noi la possibilità di dire: "Mio Signore e mio Dio".

Perché noi possiamo restare, lo torno a dire, solo in ciò che è veramente nostro.

Lui si fa dipendente da noi.

Facendosi dipendente si fa oggetto della nostra volontà.

Dipendente da noi è uno che ha in noi il suo stesso principio.

Per cui a un certo momento siamo noi che dobbiamo volere Dio.

Siamo noi che dobbiamo volere che Dio ci sia.

Abbiamo detto che nell'uomo ci sono queste due grandi realtà.

Realtà che sono date a noi senza di noi e realtà che non sono date a noi senza di noi.

La presenza di Dio, la conoscenza di Dio, la vita eterna, i doni maggiori di Dio, non sono dati a noi senza di noi.

E cosa vuol dire senza di noi?

Se noi non ci dedichiamo, cioè se noi non li vogliamo.

E allora il problema è questo: cosa vuol dire volere Dio?

Evidentemente noi possiamo dire da mattina a sera: "Signore io voglio che Tu sia" ma non è la mia volontà che lo fa essere, Lui esiste indipendentemente da me.

Noi dobbiamo volere Dio ma non basta che noi lo diciamo a parole perché Lui ci sia.

Cioè non basta questo per far esperienza della presenza di Dio, poiché Dio si offre a essere esperimentato.

Dio si offre a essere toccato, a essere veduto.

San Giovanni dice: "Noi abbiamo visto la vita che era presso Dio, l'abbiamo toccata con le nostre mani".

Dio si offre a essere esperimentato, a essere toccato, a essere veduto, a essere vissuto da ognuno di noi.

Più presente in noi della nostra stessa presenza fisica.

O della presenza fisica degli altri.

Noi non dubitiamo della presenza fisica di noi che ci troviamo adesso qui, ebbene, Dio si offre a essere esperimentato come presenza, in modo più netto, più chiaro, più autentico di quanto noi esperimentiamo le presenze fisiche degli uomini.

E dobbiamo giungere lì se vogliamo imparare a restare con Dio, altrimenti abbiamo il tema di oggi.

Altrimenti noi siamo in fuga da Dio.

Necessariamente, non possiamo farne a meno.

Noi siamo in fuga da Dio.

Lo troviamo in questo versetto, dove dice: "Il mercenario vedendo venire il lupo, abbandona le pecore e fugge".

C'è questa fuga da Dio nella vita dell'uomo.

E dobbiamo capire il significato di questa fuga che l'uomo esperimenta, deve servire a farci capire cosa vuol dire volere noi stessi che Dio ci sia.

Perché soltanto quando noi impariamo a volere che Dio esista, che Dio ci sia, quando siamo noi stessi che lo vogliamo, solo lì noi incominciamo a scoprire la sua presenza, solo lì noi incominciamo a restare veramente con Lui.

Prima noi siamo in fuga da Dio ed esperimentiamo questa fuga da Dio.

Dio si offre nelle nostre mani.

E si offre in quanto si fa dipendente da noi.

Una cosa è dipendente da noi quando ha in noi stessi il suo principio, cioè quando noi possiamo mettere il nostro nome su di essa.

Uno che fa un'azienda mette il suo nome su quell’azienda, perché?

Perché quell'azienda dipende da lui.

È lui che l'ha voluta.

E quando uno sposa una creatura mette il suo nome sulla creatura, perché l'ha fatta propria, l'ha fatta sua, noi diciamo.

Ecco, noi mettiamo il nome sulle cose che sono nostre.

Ci sono nella nostra vita queste due grandi realtà: il cielo e la terra.

E il cielo rappresenta la realtà di tutte le cose che non sono date a noi senza di noi.

E la terra rappresenta invece la realtà di tutte quelle cose che sono date a noi senza di noi, indipendentemente da noi.

La terra, le creature, l'universo sono dati a noi senza di noi e questa è tutta terra.

Però c'è tutto il mondo vero che non è dato a noi senza di noi.

Direi che Dio, mentre c'impone la vita sulla terra, non c'impone la vita eterna.

Noi siamo su questa terra e nessuno ci ha chiesto prima se volevamo nascere.

Dio ci dà questa vita su questa terra, unicamente per interrogarci se vogliamo avere la vita eterna.

Mentre questa vita ci viene imposta, l'altra ci viene proposta.

C'è un'offerta: "Vuoi?".

Dio c'impone questa esistenza sulla terra, unicamente per interrogarci se noi vogliamo la vita eterna.

"A ognuno sarà dato ciò che avrà voluto avere".

Può darsi che noi rifiutiamo quest’offerta e resta il nostro rifiuto.

Noi abbiamo queste due grandi realtà.

E in quanto abbiamo queste due realtà e Dio (il cielo) si mette nelle nostre mani, noi possiamo mettere il nostro nome sul cielo o sulla terra.

Possiamo mettere il nostro nome.

Nel pensiero del nostro io noi tendiamo a mettere il nostro nome e a fare nostre le cose.

Quando mettiamo il nostro nome sulle cose della terra, noi siamo mercenari.

Il mercenario è colui che vive per avere, per possedere.

Quando invece mettiamo il nostro nome sulle cose del cielo, mettiamo il nostro interesse, noi lo mettiamo non per possedere ma per capire le cose del cielo.

Ecco come ci differenziamo.

Ci sono uomini che mettono il loro nome su cose che vogliono possedere e ci sono uomini che mettono il loro nome, la loro vita, il loro interesse, il loro pensiero su cose che vogliono capire.

Ci sono uomini che vogliono capire e uomini che vogliono possedere.

L'uomo nasce con un destino unico, con un fine solo.

Tutti sono stati creati unicamente per giungere alla vita eterna, per conoscere Dio, ma gli uomini qui incominciano a dividersi.

Gli uomini che vivono per possedere (cose, creature, soldi, mondo, cultura) sono nel campo del mercenario.

Il mercenario vive per avere, vive per avere la paga.

E la paga che cos'è?

È quello che lo appaga, che lo fa pago.

Che lo soddisfa.

Uomini che vivono per soddisfare se stessi.

E invece abbiamo uomini che vivono per capire.

Nel bambino abbiamo la genuinità: "Se non ritornate come bambini non potete entrare nel regno dei cieli".

Il bambino vive per capire.

L'elemento caratterizzante il bambino è il "perché?", il bambino interroga.

E perché interroga?

Interroga per capire.

È l'anima.

Poi a un certo momento quest'anima si ritira, si spegne e il bambino diventa un adulto e a quel punto lì, vive per possedere, per guadagnare, non interroga più.

La grande tristezza che c'è nell'uomo man mano che gli anni passano.

A un certo momento noi abbiamo questo bambino che si spegne, sparisce, cerca solo più di arraffare, guadagnare il più che sia possibile, che incomincia a valutare la giornata per quanto ha guadagnato.

E se ha guadagnato tanto ritiene valida la sua giornata.

E non si rende conto che in quella giornata, lui ha buttato la sua anima nella spazzatura.

Ecco la grande tristezza dell'uomo che matura.

Del bambino che si perde.

È una grande tristezza perché l'uomo, riuscisse anche a guadagnare tutto il mondo e tutti i miliardi che ci sono nel mondo, non potrebbe non sentire il pianto di questo bambino che egli è e che egli porta dentro di sé.

E che piange perché non gode della luce.

Tutto il denaro di questo mondo e tutti i beni di questo mondo, tutte le aziende di queste mondo non possono soffocare in noi il pianto di questo bambino che non trova la luce.

Notate bene che quando questo bambino dentro di noi piange perché non ha la luce, perché non capisce, noi andiamo a gettarci giù da un ponte, con tutte le nostre ricchezze.

Perché non c'è nessuno che ci possa liberare dall'angoscia.

Noi possiamo essere in case d'oro ma noi corriamo al suicidio.

E questo ci significa e ci testimonia che noi siamo fatti per capire.

Noi possiamo vivere in una baita e mangiare cicoria tutti i giorni ma se la nostra anima, questo bimbo qui si nutre di luce, noi cantiamo dalla mattina alla sera felici: noi siamo fatti per la luce, noi siamo fatti per capire.

L'uomo può scrivere il suo nome sulle cose della terra o nelle cose del cielo.

Quando scrive il suo nome sulle cose della terra, diventa un mercenario.

Se scrive il suo nome sulle cose del cielo, l'uomo qui non è mercenario, l'uomo qui è figlio della sapienza.

È Figlio di Dio, appartiene a Dio, perché quando c'è interesse per conoscere vuol dire che c'è attrazione per il Padre.

E quando c'è attrazione per il Padre, uno già appartiene al Padre.

"Erano tuoi e Tu li hai dati a Me", dice Gesù.

E perché non tutti sono del Padre?

Cos'è questo "essere Tuoi"?

Nessuno può interrogare se non è attratto.

Attratto da che cosa?

"Tuoi", attratti dal bisogno di conoscere Dio.

Noi abbiamo la testimonianza della Parola di Dio che coloro, che scrivono il loro nome nel cielo, che rivolgono quindi il loro pensiero a conoscere Dio, sono figli di Dio, appartengono a Dio, sono figli della sapienza.

Questo è quello che caratterizza l'uomo.

Ora, il mercenario fugge, arriva un momento in cui c'è questa fuga, tutti coloro che vivono per le cose del mondo, per possedere quindi le creature fuggono.

È una fuga generale.

Da che cosa?

Se noi sapessimo veramente leggere e interrogassimo tutti coloro che in questi giorni corrono sulle strade del mondo, vedremmo che sono tutte creature che fuggono.

Loro non sanno da che cosa fuggono ma sono creature in fuga.

E scappano da che cosa?

Perché si scappa?

Si scappa perché a un certo momento le cose diventano insopportabili.

Nasce questo nuovo concetto: l'insopportabilità.

E lo troviamo nel Vangelo.

Nel Vangelo noi troviamo quella parabola stupenda che è chiamata del "figliol prodigo”, ma dovrebbe essere chiamata invece la parabola del padre che sa amare.

Noi a un certo momento troviamo il figliol prodigo che trova insopportabile la casa del padre.

E deve scappare.

Ma poi cambiando la scena, noi vediamo che arriva un momento in cui anche il figlio maggiore, quello tutto ubbidienza, tutto sottomissione, quello che dice: "Ho fatto sempre la tua volontà, ho sempre ubbidito ai tuoi ordini", a un certo momento anche colui che è tutto ubbidienza, tutto sottomissione, sente insopportabile la casa del padre, tanto insopportabile che non riesce più ad entrare.

E dovrà scappare anche lui, scapperà anche lui.

Abbiamo anche un'altra parabola di Gesù, in cui i lavoratori della vigna, i lavoratori della prima ora, quelli che sono stati subito ubbidienti provano l'insopportabilità.

Appena il signore ha detto: "Andate a lavorare nella vigna", sono subito andati e hanno lavorato tutto il giorno.

Dio è un artista stupendo.

Tutta ubbidienza, tutto lavoro da mattina a sera.

Alla sera non riescono più a sopportare la bontà del padrone.

Devono scappare.

Incominciano a mormorare e poi scappano.

Eppure il padrone li ha pagati per quello che era stato convenuto.

Non sopportano la bontà del padrone.

A un certo momento tutto il nostro mondo brucia, diventa insopportabile.

C'è poi la tremenda e stupenda lezione di Giuda.

Giuda è una lezione di Dio per noi, è una misericordia di Dio per noi.

Per evitare a noi di essere dei Giuda.

A un certo momento Giuda non può sopportare la presenza del suo Signore.

E deve scappare nella notte.

A un certo momento l'uomo è in fuga perché le cose diventano insopportabili.

E come mai diventano insopportabili?

Perché la casa del padre è diventata insopportabile prima per il figlio minore e poi per il figlio maggiore?

Perché il padrone è diventato insopportabile per i lavoratori della prima ora?

Perché Gesù è diventato insopportabile per Giuda?

Cosa succede?

Quello che rende insopportabili a noi le cose è ciò che portiamo dentro di noi, è il fine per cui noi viviamo.

È l'interesse che portiamo dentro di noi.

Quando noi viviamo per noi, quando noi ci mettiamo al centro delle cose, a un certo momento tutte le cose diventano insopportabili per noi, anche il filo d'erba diventa insopportabile per noi.

Anche le bellezze dell'universo a un certo momento diventano insopportabili.

Perché tutte le cose si rifiutano a noi in quanto appartengono a Dio.

E più nessuno vuole appartenere a noi e quando più nessuno vuole appartenere a noi e noi non siamo più il centro degli altri, qui tutto diventa insopportabile e noi dobbiamo scappare.

È la grande fuga.

A un certo momento la nostra vita diventa una fuga.

Al punto tale che non ha più un luogo di pace.

Dalle nostre città andiamo alla spiaggia e poi dalla spiaggia non vediamo l'ora di ritornare a casa nostra.

E poi andiamo in montagna per trovare un luogo di pace e poi andiamo da un’altra parte perché in montagna non abbiamo trovato quella pace cercata.

Siamo in una fuga generale e noi andiamo a cercare la soluzione in luoghi diversi e non ci rendiamo conto che la soluzione non è fuori ma dentro di noi.

Tutto è sbagliato dentro di noi.

È sbagliato perché non abbiamo scritto il nostro nome in cielo e quando il nostro nome non è scritto in cielo, tutte le cose a un certo punto diventano insopportabili per noi, perché a un certo momento tutto diventa cielo di Dio, anche la nostra terra, questa terra su cui noi crediamo di scrivere il nostro nome, di possederla, a un certo momento si rivela che anche la nostra terra appartiene al cielo, diventa un corpo celeste.

E se noi non abbiamo scritto il nostro nome nel cielo di Dio, anche la nostra terra diventa insopportabile.

Tanto insopportabile al punto che ricorriamo al suicidio.

Perché la vita diventa insopportabile, manca di significato.

Manca di senso e manca di senso se noi non abbiamo messo Dio al di sopra di tutto.

Se noi non abbiamo fatto nostro Dio, scopo della nostra vita.

Perché quello che determina tutto in noi è il fine che noi perseguiamo.

È il fine per cui noi viviamo che determina tutto di noi.

E se noi non abbiamo come fine Dio stesso che è il nostro principio, il fine per cui noi viviamo diventa il nostro principio che è diverso da Dio, perché non abbiamo messo come nostro fine Dio e questo ti crea dentro di te una contraddizione insopportabile, perché ci sono due principi.

Il primo è Dio Creatore che non puoi smentire, Dio è il vero principio, in principio era il verbo e tutti noi siamo stati creati in questo verbo, in questo fine, però noi possiamo vivere per un altro fine e quando viviamo per un altro fine, quel fine lì diventa il nostro principio, perché tutto viene determinato da ciò per cui noi viviamo.

E se quello diventa il nostro principio, in noi, noi introduciamo un secondo principio.

E c'è la grande divisione.

E la divisione diventa la rovina nostra.

Diventa la morte, perché la morte è divisione.

Ecco il significato di questa fuga.

Il problema era che noi per restare con Dio dobbiamo volerlo Dio.

Noi stessi dobbiamo volere che Dio esista.

Perché Dio si mette nelle nostre mani.

Una mamma se vuole che il bambino cresca, non basta che gli dia la vita, deve volere che il bambino viva.

Notate bene che una madre a un certo momento vive per il bambino, quel bambino a cui lei stessa ha dato la vita a un certo memento diventa la sua vita e solo se diventa la sua vita, il bambino vive.

Ecco come tutto è lezione di Dio.

Soltanto se la mamma offre la sua vita, vive quindi tutta per il bambino, il bambino vive, il che vuol dire che la mamma deve volere che il bambino viva.

Deve volere che il bambino esista.

Non basta quindi che la mamma dia l'esistenza al bambino, deve volere che il bambino esista.

E come deve volerlo?

In quanto dona tutta se stessa.

Tutto è lezione e anche il rapporto mamma/bambino è parabola, non è finalità perché a un certo momento i bambini se ne vanno e le mamme se ne vanno, tutto passa e tutto è segno e tutto è Parola di Dio per noi.

Affinché noi capiamo, perché un giorno Dio ci dirà: "Sono Io che ho creato le mamme e sono Io che ho creato i bambini e sono Io che ho creato come si fa a mantenerli in vita, per te lo facevo, perché tu imparassi come si fa a volere Dio, perché sei tu che devi volere che Dio ci sia e che viva. Altrimenti Dio, siccome si è donato nelle tue mani, rimane in te morto".

Ma l'esperienza del Dio morto è l'esperienza della nostra morte.

Come l'esperienza della mamma che lascia morire il bambino, diventa esperienza di morte per la madre stessa.

La creatura deve volere Dio, avere quindi Dio come fine, soltanto in quanto lo contempla dal principio.

Non in quanto la creatura sceglie un suo fine.

Ma deve volere come suo fine quello che è il suo principio, in modo da non creare dentro di sé questa contraddizione tra ciò che ha per fine e ciò che è il suo principio.

Perché il principio è indiscutibilmente uno solo.

Nessuno di noi si fa da solo e nessuno di noi è fatto dalle altre creature.

Padre è madre sono mezzi ma non fanno le creature.

Colui che fa le creature è soltanto Dio, Dio è il Creatore.

Il principio è dato, è indiscutibile, tutto è opera di Dio e noi siamo opera di Dio.

Il tuo fine cioè ciò da cui tu dipendi, quindi il tuo principio, il tuo movente non deve essere diverso dal tuo Principio.


A.: Noi dobbiamo volerlo Dio per averlo presente.

Dobbiamo volerlo come cosa nostra, dipendente da me, perché Lui si mette nelle mie mani appunto perché soltanto se lo voglio, resto con Lui, quindi partecipo.

Però questa volontà non è la volontà come la intendiamo noi.

Non è dire: "Io voglio".

È il pensiero, io debbo volerlo cioè come mio fine, come mia meta.

Solo se l'ho come mio fino l'ho come mio principio.

Qui il principio coincide con il Principio e avviene la comunicazione della verità e allora resto nella verità.

Fintanto che io non voglio Dio come mio principio, quello che io voglio mi porta lontanissimo da Dio: è una fuga da Dio.

E in questa fuga da Dio, io vengo a esperimentare addirittura l'incapacità di pensare Dio.

L'uomo viene a esperimentare il non più interesse per Dio.

L'indisponibilità, l'incapacità di pensare Dio.

La non più attrazione per Dio, muore preso da tutte altre cose che non sono Dio.

E tutte le altre cose lo portano a morire infinitamente lontano da Dio, per cui lui non ha neppure più la possibilità di fermarsi un istante a pensare Dio.

A.: Se io ho un fine diverso da Dio, questo fine diventa il mio principio in contrapposizione al vero principio che è Dio.

Anzi, il fine per cui io vivo, è più potente del Principio.

La moneta cattiva mi scaccia la buona, è una legge dell'economia.

Il mio fine cattivo scaccia il Principio buono.

E m'impedisce di restare con il Principio.

Per cui io sono talmente preso dai miei problemi del mondo, da ciò che ho cercato di fare mio, sono talmente portato via da questo che non ho più né tempo, né disponibilità per Dio, sopratutto non ho tempo interiore per Dio.

A.: E lì si crea questa fuga....

Una fuga che è già un andare verso la morte, verso l'esperienza del nulla, della vanità del tutto, più niente ha senso, più niente ha significato, per cui a un certo momento anche la nostra volontà diventa incapace di volere.

Quando una cosa per noi non ha più significato non possiamo più volerla.

B.: Il fine è quello che determina tutto nella mia vita.

E fintanto che io non imparo a volere Dio per quello che Lui è in Sé, io sono in fuga da Dio.

Ma la fuga da Dio mi serve per farmi capire come debbo volere Dio.

Io esperimento la fuga da Dio fintanto che non arrivo a volere Dio come debbo volerlo.

B.: Quindi la fuga da Dio è un segno che mi dice che io non cerco Dio come dovrebbe essere cercato.

Certo, è come un bambino che deperisce perché non è amato dalla mamma come dovrebbe essere amato.

B.: Tutti esperimentiamo questa fuga?

Tutti la esperimentiamo. Esperimentiamo la grande difficoltà a restare con Dio.

Crediamo Dio, preghiamo Dio lo supplichiamo ma siamo incapaci a restare con Dio perché le cose ci portano via.

B.: Ci illudiamo di vivere per Dio ma in realtà abbiamo altri fini.

Perché non vogliamo che Lui ci sia.

B.: Anche se a parole diciamo che vogliamo che Lui ci sia.

A parole, a parole, a parole!

Noi per volere che Lui ci sia, dobbiamo imparare a generare il suo Pensiero dal Padre come il Figlio di Dio è generato dal Padre.

Altrimenti non possiamo restare con Dio.

Noi non possiamo restare con Dio fintanto che non abbiamo imparato a generare il Pensiero di Dio da Dio, come il Figlio nasce da Dio.

Non soltanto generare il Figlio ma generarlo su tutto, perché basta che su una mosca io non veda il Pensiero di Dio, perché quella mosca mi porti via a Dio.

B.: Ma questo generare su tutto il Pensiero di Dio lo possiamo già fare prima di Pentecoste?

Lo dobbiamo già fare prima di Pentecoste.

.........Chi ha scritti i nomi in cielo è interessato al Padre e non  è interessato ai doni del Padre.

Il figlio maggiore ha esperimentato l'insopportabilità della casa del Padre, perché a lui interessavano i vitelli del padre, gli interessava poco il cuore del padre.

Anche noi siamo nella casa di Dio ma abbiamo bisogno di scappare da questa casa, per imparare la preziosità di questa casa.

C.: In questo puntino che sono io nel mondo che a sua volta è un puntino dell'universo c'è la possibilità di pensare Dio.

C'è la possibilità di pensare Dio.

Non siamo delle formiche, noi abbiamo la possibilità di pensare Dio e pensare Dio vuol dire possedere l'infinito.

Quando io voglio Dio, io guardo le cose dal punto di vista di Dio.

Ma se guardo le cose dal punto di vista di Dio, io non sono più un pulviscolo, io faccio una cosa sola con Dio.

D.: Gli operai della prima ora e il figlio maggiore sono stati ubbidienti ma per un interesse loro...

Erano mercenari.

D.: Quando s'inizia a cercare Dio per giustizia, se è vera giustizia questo certamente fa scaturire l'attrazione per Dio.

Con Dio quello che interessa è la persona, non sono i doni di Dio, si cerca Dio non per avere la pace, non per avere la gioia, non per avere la felicità.

Fintanto che io cerco Dio per avere la gioia, la felicità e la pace io sono un mercenario.

E come se io amassi una persona per i regali che mi fa quella persona, ma a me di quella persona lì non me ne frega niente, m'interessano i suoi doni.

Io sono mercenario.

Invece il vero rapporto è il rapporto del Figlio con il Padre e al Figlio non interessano mica i doni del Padre, interessa il Padre, interessa la persona.

Ecco il rapporto giusto.

Qui non abbiamo più il mercenario, qui abbiamo il figlio.

Il figlio rimane sempre in casa, il servo è il mercenario non restano sempre in casa.

Infatti il padrone dice: "Ho contrattato con te un denaro? Prendi il tuo e vattene" e vattene.

Quel "vattene" è tremendo.

Tu volevi da me questo? Prendilo e vattene.

Ed è terribile questo.

Quasi a dire che a te della mia persona non interessa nulla.

Fintanto che io cerco Dio per la pace o la felicità che mi può venire da Dio, io sono un mercenario.

Quando si ama veramente, non si ama per la pace che si riceve.

Uno resta con la persona che ama, anche se restare con quella persona vuol dire dover affrontare una tempesta, anche se arrivano i lupi.

La mamma resta con il bambino non solo quando il bimbo gli dà gioia ma anche quando il bimbo è malato o dispettoso.

Qui abbiamo il vero rapporto, quello vuol dire far essere.

E.: Uno non lo cerca per i doni ma poi Lui li dà questi doni....

Ma questa è tutta un'altra faccenda.

La gioia grande è Dio Stesso, Lui è la mercede, non i doni suoi.

F.: Per tutti viene il momento di esperimentare questa fuga....

Momento? È tutta la vita.

F.: Prima magari siamo in fuga e non lo sappiamo, però Lui a un certo momento Lui ce lo fa capire.

La soluzione è solo dentro di noi.

La soluzione sta nell'imparare come dobbiamo volere Dio.

Dobbiamo imparare come dobbiamo volere Dio.

Fintanto che non sappiamo come si fa a volere Dio, noi siamo in fuga da Dio ed esperimentiamo la fuga da Dio.

Siamo noi che dobbiamo volere che Lui ci sia.

Lo dobbiamo volere per quello che Lui è.

Perché altrimenti Lui viene a morire in me e resta morto.

Lui non resuscita senza di me.

F.: Vuol dire che ho scritto il mio nome in terra e non in cielo.

Si capisce.

G.: Se non s’interroga Dio noi, ci lasciamo dominare da altre presenze.

Sapendo che Lui ti parla in tutto, il tuo interesse principale deve essere quello di capire il suo Pensiero.

Se uno ti parla, il tuo problema qual è? E capire qual è il pensiero dell'altro.

Lui ti fa arrivare le sue parole senza di te ma il suo Pensiero non te lo fa mica conoscere senza di te.

Se tu non interroghi e interrogare vuol dire pregare, se tu non interroghi il suo Pensiero resta nascosto.

È proprio interrogando che tu superi te stesso.

E guardi le cose da Lui e soltanto da Lui tu puoi ricevere il suo Pensiero.

G.: Lui ci tratta personalmente...

Personalmente, perché richiede il nostro pensiero, quindi è un fatto personale, intimo, segreto, nascosto.

G.: E magari ci dà proprio il segno....

Lo stesso segno a te dice una cosa, all'altro un altra.

Dio ti tratta personalmente.

Dio non ci tratta come gruppo o moltitudine, Dio ci tratta personalmente, per nome.

H.: Come non essere mercenari ce lo dice Gesù stesso con le sue parole: "Come il Padre ha amato Me, Io ho amato voi" e invita noi a entrare in questo "come il Padre ha amato Lui". Dio ci ama non per quello che noi possiamo dare a Lui, anche perché Lui non ha bisogno di nulla da noi e invita noi a fare altrettanto.

Fintanto che noi amiamo Dio per i doni di Dio, noi siamo dei mercenari.

E se siamo mercenari, vuol dire che non possiamo restare con Lui.

H.: Avere Dio in proprio è volerlo per quello che Lui è.

Solo che tu non puoi volerlo per quello che Lui è, fintanto che non conosci quello che Lui è.

Ecco perché non basta dire: "Io voglio".

M.: Se poi però uno ha la pace, la serenità...

Ma quelle sono conseguenze. Se uno cerca Dio per questo resta fregato.

N.: Tutte le cose si rifiutano a noi perché appartengono a Dio, però in un primo momento...

In un primo tempo si offrono, poi, siccome non sono sceme...

A un certo momento tutte le creature si rifiutano a noi che vogliamo possederle, perché loro appartengono a Dio.

Io in un primo tempo posso dire a una donna: "Sei mia", lo posso dire ma è un illusione, è un'espressione dell'io che tende a possedere, a un certo momento necessariamente la creatura, non fosse altro perché non può più essere come voglio io mi saluta e mi dice: "Io debbo andare a un'Altro perché appartengo a un Altro".

A te che vuoi possedere la creatura, la creatura sfugge, per cui a un certo momento tu credi di abbracciare la creatura e tu abbracci un vestito.

La persona è sfuggita, non c'è più, proprio nel momento in cui dici: "Tu sei mia" tu perdi la creatura.

Tu abbracci una nube, la persona è sfuggita.

Ti sfugge la persona, perché la persona è di Dio.

Soltanto con Dio tu puoi conoscere e possedere le creature, in Dio e da Dio.

Ma senza Dio noi siamo degli illusi.

Ecco per cui siamo dei mercenari e non possiamo restare con Dio, perché noi tendiamo a possedere tutte le cose e a un certo momento tutte le cose ci vengono portate via perché appartengono a un altro.

Noi  mettiamo il nostro nome su tutto: "Questo è mio" ma a un certo momento arriva Dio che ci dice: "No, questo è mio".

E di fronte a Dio a Dio che mi dice: "Questo è mio", io scappo, non posso fare altro.

N.: Però se nelle creature c'è lo spirito....

Se cerco Dio sì, le creature sono Parole di Dio, soltanto se cerco Dio allora sì. Se cerco Dio e trovo una creatura che cerca Dio ci uniamo, perché è il fine che unisce, non è la nostra volontà che ci unisce.

Io ho un bel dire a una creatura: "Camminiamo insieme", l'altra mi dice: "Tu dove vai?", se io vado a Torino e quella a Genova come facciamo a camminare insieme?

Evidentemente non è la nostra volontà che decide di stare assieme.

Ecco l'illusione nostra, noi crediamo di essere noi a decidere: "Vogliatevi bene", beata illusione, guarda un po' come ci vogliamo bene.

Noi non possiamo, non dipende dalla nostra volontà e se io cammino verso il Monviso e anche un'altro va verso il Monviso a un certo momento ci troviamo vicini, fossimo anche partiti uno dall'Alaska e l'altro dall'Australia, a un certo momento ci troviamo vicini, perché quello che unisce è il fine.

Ora, se noi abbiamo lo stesso fine, ci troviamo assieme, fossimo anche nemici, ci troviamo assieme, ma se noi fossimo anche vicini, ma con due fini diversi, dopo cinque minuti siamo già divisi, quindi è il fine che ci unisce.

Noi dobbiamo convincerci che solo Dio ci unisce.

È Dio che fa abitare tutti sotto la stessa tenda.

Ma se noi non abbiamo Dio come fine stiamo freschi e tutta la nostra problematica deriva da quello: noi siamo degli illusi crediamo di poter camminare assieme con due fini diversi.

O.: Noi abbiamo Dio che è sempre presente a noi ma noi non siamo sempre presenti a Dio.

Il guaio sta tutto lì.

O.: Se vogliamo vederlo sempre presente dobbiamo metterLo in cima ai nostri pensieri, riferire a Lui ogni cosa, ecco che allora se lo vogliamo vedere sempre presente riusciamo a vederlo.

Quello è proprio quel dono maggiore che noi non riusciamo ad avere senza di noi.

Se noi non vogliamo quello che Lui vuole, noi nella nostra vita facciamo veramente l'esperienza della fuga, della insopportabilità e dell'errore senza fine e il mondo è lo specchio di queste cose.

P.: Noi tutti facciamo esperienza della fuga da Dio perché non siamo capaci a restare con Dio.

Perché non siamo capaci a volere Dio come Dio va voluto.

P.: Però anche questa fuga da Dio, nel disegno di Dio è positiva.

Per farci capire come dobbiamo volerlo, siamo noi stessi che dobbiamo imparare a generare Dio da Dio.

E fintanto che non impariamo a generare Dio da Dio non possiamo restare con Dio.

P.: Generare Dio da Dio in ogni cosa vuol dire cercare il suo Pensiero in ogni cosa?

Non basta, è da Dio

È da Dio che mi viene la possibilità di restare con Dio.

Il problema non è guardare a Dio ma guardare da Dio.

Tu sarai capace di restare in vita eterna con Dio, per quello che tu hai visto da Dio, se hai visto poco da Dio, resterai poco con Dio, se hai visto tanto da Dio, resterai tanto con Dio e se hai visto niente da Dio, non potrai restare niente con Dio.

Non è quindi in quanto hai guardato a Dio ma in quanto hai guardato da Dio.

P.: E Dio ci dà la possibilità, in qualunque situazione in cui noi ci troviamo di guardare da Dio?

Per fede.

P.: Perché ci ha dato il suo Spirito, ci ha dato il suo Pensiero.

Si capisce.

P.: E quindi guardando da Lui, noi abbiamo per fine Lui e lo vogliamo...

Tu lo vuoi in quanto guardi da Lui, nella misura in cui guardi da Lui e solo pensiero lo puoi fare.

Col pensiero in questo momento puoi portarti sulla cima del Monviso e guardare tutto quello che si vede dalla cima del Monviso.

P.: Anche se non sono mai andata sulla cima del Monviso, posso?

Con Dio....hai capito? Sei già stata.....

P.: Nel campo dei segni non posso....

Sei già stata.

P.: Ma con Dio posso...

P.: Le parti pastore e pecora s'invertono e Lui diventa un agnello che si mette nelle nostre mani e noi dobbiamo essere pastori di Lui.

Lui è l'agnello, Lui è l'agnello.

Infatti, nel Regno di Dio non si entra senza di noi.

Lui è il bimbo.

P.: E Lui che muore in croce, muore in noi.

E Lui morendo ti dice: "Fammi resuscitare", Lui mentre viene a morire ti dice: "Guarda che sono morto perché mi sono messo nelle tue mani, adesso dipende solo da te farmi resuscitare". Ecco perché dalla sua morte in poi chi opera è sua madre, perché è la madre che t'insegna come si fa a resuscitare un figlio.

P.: Cioè, Lui muore perché io mi decida a non più pensare a me stessa.

Sì ma non basta.

P.: E che mi porti a guardare da Dio.

Certamente.

P.: Perché solo guardando da Dio voglio veramente Dio...

Si capisce.

P.: Voglio che resusciti.

È un atto personale il superare la visione parziale...

È conoscenza, bisogna guardare da Dio.

P.: Ma è un superamento che solo noi personalmente possiamo fare.

Ci vuole il pensiero e nessuno può pensare al posto tuo, ecco per cui noi siamo determinati dal fine.

Noi possiamo nascere in una famiglia di delinquenti o avere origini pessime ma quello non mi determina, non mi condiziona.

Quello che mi condiziona è ciò per cui io vivo: il fine.

P.: Però ciò per cui io vivo, deve coincidere con il fine, altrimenti io sono in fuga da Dio.

Si capisce.

P.: Anche se ho fini santi come l'apostolato o carità...

Tutto quello che tu vuoi.

Devi volere Dio per quello che Lui è e solo per quello che Lui è, non per i suoi doni.

Q.: Dio che è il nostro principio ha da diventare il nostro fine altrimenti la nostra vita....

Deve diventare nostro fine per diventare nostro principio.

R.: Iniziamo a vivere nel momento in cui decidiamo di conoscere Dio.

Ma non siamo noi che decidiamo, è Lui.

Se decidiamo è grazia sua, se non decidiamo la colpa è nostra.

Se decidiamo, il dono è suo.

Se io desidero Dio, desidero Dio perché Lui mi attrae e la grazia è sua.

Se non desidero Dio, la colpa è mia perché Lui si è annunciato per primo ed io non lo posso ignorare, per cui il difetto è mio, ma la grazia è tutta sua.

S.: Gesù dice: "Non rallegratevi per i miracoli che fate ma perché i vostri nomi sono scritti in cielo".

T.: Il dono di Se stesso, Dio ce lo facendoci esperimentare la fuga da Lui affinché noi impariamo....

Come dobbiamo volere Lui, tutto dipende da come noi vogliamo Lui.

Siccome Lui si offre a me, tutto dipende da come io mi comporto verso di Lui.

Si offre a essere voluto da me, perché soltanto se diventa "proprio" io resto, Dio si fa una cosa propria, personale.

Solo che per volerlo, io debbo imparare come debbo volerlo.

T.: E per impararlo devo esperimentare la fuga?

Perché attraverso la fuga io capisco.

Io credo magari di essere amico di Dio perché lo prego e invece Dio mi fa trovare la porta chiusa...cosa c'è che non va?

È attraverso queste esperienze negative che Dio mi fa maturare.

Io m'illudo: "Signore ti ringrazio perché io non sono come gli altri, io non uccido, non rubo, pago le imposte, digiuno, sono a posto" e Dio mi dice: "Tu sei lontanissimo da Me, non hai ancora imparato in cosa consiste il Regno di Dio".

Lì resti shoccata e quello t'impegna a superarti, altrimenti noi crediamo di essere a posto.



Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono in proprio, vedendo venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde.    Gv 10 Vs 12 Terzo tema.


Titolo: Lo spazzino della città: il lupo. La fuga in Dio.


Argomenti: Nomi in cielo & nomi in terra. Le cose in proprio. La morte. Ponzio Pilato. Il lupo è la paura. Dio si mette nelle mani dell'uomo. Dio si fa oggetto del pensiero dell'uomo. La paura ci fa scegliere. Sentimento & Verità. Uscire dai compromessi. Dio non ha creato la paura. Il vero nome.


 

26-27/Agosto/1990 Casa di preghiera Fossano.


Di questo versetto abbiamo già visto le prime due scene: la scena del pastore che non fugge quando vede venire il lupo, perché le pecore sono sue, ha le pecore in proprio.

La seconda scena è quella del mercenario che invece fugge e abbiamo visto in cosa consista questa fuga da Dio ed il significato di essa.

Adesso ci rimane la terza scena, la scena del lupo: "Il lupo rapisce le pecore e le disperde".

È Parola di Dio per noi anche il lupo, se esiste ha il suo significato presso Dio.

Anche qui è necessario chiedere il suo Pensiero, il significato su questo lupo che viene a rapire e disperdere le pecore, quando le pecore sono affidate al mercenario.

Tutto è lezione di Dio per noi, per la nostra vita essenziale e quindi per il nostro cammino per la conoscenza della Verità, verso la conoscenza di Dio, verso quella beata vita eterna, nella quale tutti noi siamo invitati dalla Parola di Dio a sforzarci di entrare.

Perché chi non si sforza di entrare oggi, certamente non entrerà domani; i tempi sono di Dio ed è Lui che ci offre la possibilità, quando fa giungere a noi la sua parola, se noi lasciamo tutto per intenderla che ci dà la possibilità di entrare.

Il tema di oggi è lo spazzino della città

P.: Ma non era la fuga in Dio?

È sempre la stessa cosa, è il lupo.

Abbiamo detto che dobbiamo cercare il significato, la lezione.

La Parola di Dio è sempre selettiva, perché essa giunge a noi come proposta.

E quindi in quanto giunge a noi come proposta, già seleziona gli uomini.

Abbiamo visto che di fronte alla Parola di Dio ci sono uomini che scrivono i loro nomi in cielo ed uomini che scrivono i loro nomi in terra.

Gli uomini che scrivono i loro nomi in cielo, sono quelli che hanno i loro tesori in cielo.

Il cielo è la conoscenza di Dio.

Quindi gli uomini che scrivono i loro nomi in cielo, sono gli uomini che hanno interesse per capire.

Per capire le parole, i segni, le opere che Dio fa loro.

A loro interessa poco possedere le cose, a loro interessa conoscere.

Questa è la caratteristica del pastore, il pastore vive per conoscere le cose di Dio.

Invece ci sono uomini che scrivono i loro nomi in terra.

Di fronte alle proposte di Dio, c'è chi tende a possedere le cose: abbiamo l'uomo che vive di sentimento.

Il sentimento è tendenza a possedere ciò che piace, ciò che soddisfa il nostro sentimento.

Questi hanno i loro nomi in terra, perché hanno i loro tesori in terra.

Vivono per possedere, vivono per avere e questi sono i mercenari, vivono per la paga.

La paga vuol dire ciò che appaga loro, ciò che soddisfa loro.

Cercano la loro soddisfazione, mentre invece il pastore non cerca la sua soddisfazione.

Il pastore cerca la soddisfazione di Dio, cerca la conoscenza di Dio.

Che questo poi lo faccia tribolare o meno, che lo metta in povertà o in ricchezza, questo interessa poco al pastore, al pastore interessa molto conoscere Dio, capire.

Proprio in questo si rivela che il pastore ha le cose in proprio, mentre invece ciò che caratterizza il mercenario è che le pecore non sono sue, non ha cioè le cose in proprio.

E cosa significa questo avere le cose in proprio nel campo dello spirito?

Nel campo dello spirito, le cose sono proprie, quando si vedono nel loro Principio.

Le cose sono proprie quando si conoscono.

Chi conosce le cose ha le cose in proprio, perché ha in se stesso il Principio delle cose.

Il Principio delle cose è Dio.

Colui che si preoccupa di capire, di conoscere, colui che tutte le parole, tutti i segni, tutti gli avvenimenti, si preoccupa di riportarli sempre in Dio, per vederli in Dio e da Dio, per vederli cioè nel loro Principio, costui ha in sé la ragione delle cose, ha in sé il Principio delle cose.

Colui che guarda da Dio le cose, ha in Dio Stesso il Principio che è il vero Principio, quindi ha la Verità.

Questi è il pastore che ha in proprio le pecore.

Invece il mercenario abbiamo detto che è colui che vive per la paga, per appagare i suoi sentimenti, questi non si preoccupa di capire le cose nel loro Principio.

E quindi nel campo dello spirito, il mercenario si caratterizza in questo: vive di sentito dire.

Si accontenta del sentito dire, a lui interessa poco capire o non capire.

A lui interessa possedere, guadagnare e nel campo della Verità lui vive di sentito dire.

Quando si vive di sentito dire non si hanno le cose in proprio e quando non si hanno le cose in proprio non si ha la capacità, la possibilità di difenderle.

Arriva sempre il momento in cui, di fronte alla contraddizione o alla persecuzione si deve scappare.

Gesù dice che la Parola di Dio, quando giunge all'uomo, suscita sempre persecuzioni, critiche, condanne.

E allora, l'uomo che vive di sentito dire, che non ha maturato in sé la conoscenza della cosa, necessariamente, di fronte al rischio e al pericolo, al danno o alla condanna meglio, alla persecuzione molla tutto pur di salvare se stesso.

C'è questa figura nella vita dell'uomo: di critica, di condanna, di persecuzione, c'è questa paura.

Le cose fanno paura e gli uomini, tutta la loro vita la improntano a cercare di crearsi delle protezioni, delle difese da cose che fanno paura.

La massima paura dell'uomo viene dalla morte.

E direi che l'uomo spende tutta la sua vita per proteggersi dalla morte.

Evidentemente è tutta una vita sprecata, perduta, perché nessuno sfugge la morte.

Non si sfugge alla morte cercando di difenderci dalla morte, è un errore fondamentale questo.

Nessuno e mai sfuggito alla morte e sono decine di migliaia di anni che tutti muoiono, eppure tutti si sono sempre sforzati di difendersi e proteggersi dalla morte, è una lotta assurda, vana.

Perché la morte non si vince lottando contro la morte, la morte si vince imparando a vivere e soltanto imparando a vivere ed impegnandosi a vivere.

E se la vita sta nella conoscenza, come sta nella conoscenza perché è la parola stessa di Dio che lo dice, la morte si vince conoscendo, preoccupandoci di capire, preoccupandoci di conoscere.

Preoccupandoci di conoscere Dio, la Verità, presso Dio non c'è più la morte.

L'Apocalisse dice che alla fine, la morte sarà annullata.

Alla fine saremo tutti a contatto con Dio e presso Dio la morte non c'è.

E se presso Dio la morte non c'è, poiché Dio è la realtà già oggi, vuol dire che già oggi, nella realtà, la morte non c'è.

C'è la vita.

Gli uomini muoiono perché non si preoccupano di vivere.

Ed è qui che sorge l'aspetto triste del lupo.

C'è questo lupo che porta via la vita a tutti gli uomini.

Ma la porta via perché gli uomini sono dei mercenari.

Perché gli uomini non hanno la vita in proprio.

Gli uomini sono dei terribili appassionati per la loro vita e non si rendono conto che non si preoccupano di avere la vita in proprio perché non si preoccupano di conoscere.

Dobbiamo cercare il significato di questo lupo che viene a sbranare le pecore, che viene a portare via la vita agli uomini.

Ci riferiamo come scena guida fondamentale, per approfondire questo argomento del lupo, della scena di Ponzio Pilato, ci aiuta bene.

A Pilato è stato portato Gesù, è stato affidato Gesù e Gesù è la vita, come la vita è affidata ad ogni uomo.

A Pilato viene presentato Gesù come un malfattore.

Lo dicono i sacerdoti, gli scribi, lo dice la folla.

"Se non fosse un malfattore non te lo avremmo presentato".

Però Pilato capisce che Gesù non è colpevole.

Era un romano, quindi sapeva misurare le colpe su dati positivi.

Per i romani quello che valeva era la legge, era il diritto.

Pilato capisce che Gesù non è colpevole e già qui abbiamo la situazione di ogni uomo.

Abbiamo un uomo a cui viene presentato Gesù e presentato come un malfattore (sentito dire)

In Pilato il sentito dire è questo: "Gesù è un malfattore e te lo abbiamo presentato perché tu lo abbia a condannare".

Pilato invece personalmente capisce (quindi è convinto) che Gesù non è un malfattore.

E allora qui abbiamo il dilemma, Pilato dichiara ufficialmente: "Non trovo in Lui colpa alcuna".

E fin qui andiamo bene, si assume la responsabilità  e lo dichiara: "Non trovo in Lui colpa alcuna".

È la Verità e Pilato l'afferma.

Però in Pilato c'è anche il problema della folla, dei sacerdoti, dell'autorità che dicono: "Costui è un malfattore".

a un certo momento succede che Pilato, pur convinto dell'innocenza di Gesù, cede Gesù alla volontà della gente, alla volontà dei sacerdoti, alla volontà dell'autorità.

E perché lo cede?

Perché non si assume più la responsabilità di quello che lui sa, della Verità?

Perché a un certo momento gli dicono: "Se tu non lo condanni non sei amico di Cesare".

Cesare era l'imperatore da cui Pilato dipendeva.

Non essere amico di Cesare, voleva dire perdere la propria carriera.

Perdere la propria carriera voleva dire rischio per la propria famiglia, rischio per l'onore, rischio per tutto, in campo economico, come gloria e nel campo della sua vita stessa.

Gesù diceva: "Chi cerca di salvare la sua vita la perde".

Ecco il lupo per Pilato, la paura.

Pilato era convinto dell'innocenza di Gesù, convinto quindi a contatto con la Verità, sapeva che Gesù era innocente.

a un certo momento in Pilato prevale la paura.

Prevale la paura perché evidentemente i pensieri dell'io.....

Ecco il rischio in cui si trova ogni uomo.

La paura domina l'animo di Pilato, Pilato rinuncia alla Verità e la consegna alla folla, ai sacerdoti, all'autorità, l'agnello viene mandato a morte.

La pecora viene sbranata dai lupi.

Il problema è quello di capire il significato del lupo.

Qui in Pilato lo vediamo bene il lupo.

Abbiamo visto domenica scorsa la fuga da Dio.

Qui oggi nel lupo vediamo ciò che determina la fuga da Dio.

C'è stata la minaccia: "Se tu lo liberi, non sei amico di Cesare".

C'è sempre questa minaccia nella vita di ogni uomo.

"Non sei amico di Cesare".

Qui Pilato crollò.

E crollando l'agnello è stato divorato dal lupo.

Pilato ha ceduto la sua vita, ha perso la sua vita.

Perché in Gesù c'era la sua vita.

Pilato sapeva che Gesù era innocente.

Pilato aveva presente a sé la Verità.

"Colui che ti è presente è Colui che ti parla".

Questa è la Verità: "Colui che sta parlando con te" e tu lo sai.

E se tu sai, non cedere mai ciò che tu sai a qualunque minaccia.

Non sottometterla a qualunque rischio che ti venga presentato.

Non aver paura di niente, poiché il lupo è la paura.

Allora dobbiamo chiederci perché c'è questa paura nella vita di ogni uomo?

Perché l'uomo così facilmente resta dominato dalla paura?

Quella paura che ti fa perdere la vita perché ti fa perdere la Verità.

Ti fa perdere ciò che tu sai.

Per cui preferisci quello che non sai, il sentimento, la folla, quello che dicono tutti, preferisci questo più che ciò che ti ha illuminato l'anima, ciò che ti ha convinto.

Eppure se c'è questa paura deve avere un significato nella vita dell'uomo.

Fintanto che l'uomo non è il pastore che ha in proprio le pecore, l'uomo non è in grado di difendere le pecore stesse.

Fintanto che l'uomo non fa proprio Dio.....

Qui in Pilato abbiamo la figura, la scena meravigliosa di quella che è la vita di ogni uomo.

Gesù è messo nelle mani di Pilato, Dio è messo nelle mani dell'uomo.

Come un agnello, come una pecora, è affidato alle mani dell'uomo.

"Faranno di Me tutto quello che vorranno" dice Gesù.

Ecco, la Verità è messa nella mani dell'uomo.

Cosa vuol dire questo Dio che si mette nelle mani dell'uomo?

Questo Dio che si offre all'uomo in modo che l'uomo lo possa considerare come suo, proprio.

Perché soltanto se l'uomo considera Dio come cosa sua, propria, ha la possibilità di difenderlo, quindi ha la possibilità di restare, nonostante il lupo, nonostante le minacce, nonostante le paure, ha la possibilità di restare.

Fintanto che l'uomo è un mercenario e qui Pilato era un mercenario, l'uomo necessariamente (l'uomo non è libero) deve cedere le pecore al lupo, non può sostenere la difesa.

Dio si mette nelle mani dell'uomo, la Verità si affida alle mani dell'uomo.

Cosa vuol dire mettersi nelle mani dell'uomo?

Dio è presente in noi, Dio è presente in ogni uomo.

E come è la presenza di Dio?

Dio è presente nell'uomo in quanto si offre ad essere oggetto del pensiero dell'uomo.

Dio è presente in ogni uomo perché pensa l'uomo.

Ognuno di noi è un pensato di Dio.

Dio è presente nell'uomo come pensiero.

Però che Dio sia presente nell'uomo, non è detto che l'uomo sia presente a Dio.

E fintanto che l'uomo non è presente a Dio, come Dio è presente all'uomo, l'uomo appartiene al campo dei mercenari, Dio non è proprio dell'uomo.

Dio si è dato nelle mani dell'uomo, si è offerto ad essere oggetto del pensiero dell'uomo, ma l'uomo ha un altro oggetto come pensiero.

Pilato a un certo momento ha avuto come oggetto di pensiero altro da Dio.

Dio era presente a lui, Gesù era presente a lui e Pilato, se riconobbe l'innocenza di Gesù, vuol dire che aveva presente la Verità.

Gesù era innocente, quindi la Verità era presente a Pilato.

Però Pilato non ha fatto della Verità, l'oggetto del suo pensiero.

L'oggetto del suo pensiero a un certo momento è stato Cesare, la sua carriera, il rischio, è stato il pensiero del suo io.

Pilato è stato un mercenario.

Una lezione per ognuno di noi, per mostrarci con quanta facilità si diventa mercenari.

Il problema della minaccia, del rischio, della paura, perché? Che significato ha?

Il lupo (la paura) ha una funzione importantissima nella vita di ogni uomo.

Come il rischio in cui si trova ogni uomo ha una funzione importantissima.

La funzione è quella di farci decidere, di farci compiere la scelta fondamentale, la vera scelta seria della nostra vita.

Il lupo ha la funzione di costringerci a mettere prima di tutto quello che va messo prima di tutto.

Ci fa correre un rischio, il rischio di mettere prima di tutto altro.

Il rischio di lasciarci dominare dal sentimento anziché dalla Verità.

In Pilato furono presenti due termini ben precisi.

1) La Verità: la consapevolezza dell'innocenza di Gesù.

2) Il sentimento: quello che dicono gli altri, il sentito dire.

Questa è la situazione di ogni uomo.

Ogni uomo si barcamena in questi compromessi tra Verità e sentimento.

Fintanto......

Fintanto che non arriva il lupo.

Ecco perché ho detto che il tema di oggi è lo spazzino della città.

Il lupo ha la funzione di farci uscire dai compromessi.

Il compromesso ci inquina, ci impedisce di vivere personalmente.

Il lupo ha la funzione di costringerci a vivere personalmente, ad assumerci la responsabilità di qualche cosa.

Soltanto dal momento in cui cominciamo ad assumerci la responsabilità personale di una cosa, lì si comincia a vivere come persona.

Prima si vive nell'anonimato, quindi si vive sempre dietro il paravento di qualcuno o di un'autorità o di un'istituzione e questo non è vivere.

Il lupo ha la funzione di farci decidere a mettere qualcosa prima di tutto.

Certo ci fa correre il rischio di mettere prima di tutto altro da ciò che sappiamo essere vero.

La paura è determinante, per poco che noi scostiamo il nostro pensiero da Dio (per poco!) immediatamente noi cadiamo sotto la schiavitù della paura.

A quel punto lì noi non siamo più dominati dalla Verità.

Non siamo più figli di Dio, qui cadiamo immediatamente nel campo dei mercenari.

Il mercenario guarda quello che gli conviene.

La paura ci fa determinare come Pilato, per quello che ci conviene e ci fa mandare a morte la Verità.

Pilato non si rese conto che mandando a morte la Verità, mandava a morte la sua vita.

Spegneva in lui quello spirito che si era messo nelle sue mani.

Il tema vero di oggi è al di sopra di questo spazzino della città.

La lezione di Dio è sempre positiva per noi.

La positività della lezione del lupo, non è tanto quella di fare pulizia.

È quella di farci fuggire ai monti.

È quella di farci fuggire in Dio.

Il tema vero è la fuga in Dio.

Il lupo è tutto ciò che minaccia la nostra vita, che ci fa tremare di paura, per farci fuggire in Dio, per farci rifugiare in Dio.

Per fare dire alla nostra anima, con piena consapevolezza: "Io faccio conto su di Te Signore".

"La mia vita è Dio".

Pensate quale aspetto totalmente diverso avrebbe avuto la vita di Pilato, se Pilato avesse puntato i piedi e di fronte a tutto quello che diceva la folla, la massa, l'autorità, i sacerdoti, lui avesse difeso la Verità di cui lui era convinto.

Perché lui era convinto dell'innocenza di Gesù ma poi dopo non è stato capace a sostenerla.

Pensate come sarebbe stata diversa la vita di Pilato, se Pilato avesse avuto il coraggio di assumere la difesa di quella Verità che gli era stata presentata.

Ecco la funzione del lupo.

Lupo che il più delle volte si veste da pecora, lo dice Gesù.

Come qui per Pilato il lupo si è vestito della veste di Cesare.

La veste di un amicizia: "Per essere amico di Cesare".

Quante volte il lupo si veste da pecora, sotto il paravento dell'ubbidienza, dell'umiltà, dei doveri, di una regola o di un'istituzione?

E quante volte il lupo è il nostro stesso io che si veste di ubbidienza, di umiltà, di sottomissione, di virtù e intanto non si rende conto che cede come Pilato le pecore, l'agnello, il Cristo, questa anima che desidera la Verità, che desidera la conoscenza di Dio al di sopra di tutto.

Perché l'anima nostra è stata fatta per conoscere Dio.

Il nostro io vende questa conoscenza di Dio per non offendere magari qualcuno, per non assumersi la responsabilità di vivere personalmente quella luce che si mette nelle mani di ognuno di noi.


A.: L'uomo è attratto da Dio, sa qual è la Verità...

La Verità è affidata ai nostri pensieri.

A.: Nello stesso tempo c'è la paura che ci trascina all'opposto della Verità.

Dio non ha creato la paura.

Dio ha creato il sentimento.

Nel paradiso terrestre c'erano il sentimento e la conoscenza.

Ora il sentimento è tutta la creazione, tutta la creazione è sentimento.

Cioè sono segni che si fanno sentire a noi, per cui noi li sentiamo.

È Dio che parla con noi, quello è sentimento.

È Dio che fa arrivare a noi i segni di Sé.

Tutto quello che arriva a noi, arriva a noi senza di noi perché ci è imposto.

La creazione ci è imposta, io non posso non vederla o rifiutarla.

Tutto quello che arriva come imposizione è sentito ma non è capito.

Io sento la temperatura, l'albero, la montagna, le creature ma non so cosa siano.

Tutto quello che arriva a noi senza di noi (anche Dio) non sappiamo cosa sia.

Qui abbiamo il campo del sentimento: segni di Dio su di noi.

Poi abbiamo il campo della conoscenza in cui non si entra senza di noi.

E allora qui abbiamo il cielo e la terra.

Il cielo che rappresenta la conoscenza della Verità, non ci è dato senza di noi.

La terra, il campo dei sentimenti, quello ci è dato senza di noi.

Tutto quello che è dato a me senza di me, mi è dato perché io lo abbia a dialogare con Dio.

Cioè a farne preghiera, per capire il Pensiero di Dio.

Io non debbo mai separare quello che sento, dal Pensiero di Dio.

Come lo separo, immediatamente sono in colpa perché ho diviso la parola da Colui che la dice.

A.: E la conseguenza è la paura....

Ecco, la paura è una conseguenza di questa separazione.

Quando trovo una cosa che mi piace (sentimento), io non cerco il significato presso Dio, siccome ho la passione d'Assoluto, voglio che questa cosa piacevole resti sempre con me.

La cosa non resterà sempre con me: paura.

Questa cosa può essere una creatura o un bene qualunque.

Tutto ciò che non è Dio, proprio perché non è Dio, è soggetto a mutamento.

Dio solo è l'eterno, Dio solo è l'immutabile.

Se io separo le creature, i segni di Dio (sentimento) da Dio, proietto la mia passione d'Assoluto su queste cose: voglio che siano assolute e mi carico di paura.

Queste cose qui (sarà di qui a cinque minuti o cinquant'anni) certamente sono soggette a mutamento e quindi a deludermi.

E io nel pensiero che domani questa cosa qui muterà, non ci sarà più, io qui già mi sto caricando di paura.

La fonte della paura sta lì: non è altro che proiezione dell'Assoluto su un segno di Dio, anziché su Dio, ecco l'errore.

La paura sorge in quanto io cerco di fare Assoluto quello che non è Assoluto.

Tutte le cose non assolute, segni, sentimenti che vengono dati a me, mi vengono dati non perché io li abbia a trasformare in Assoluto (perché così mi carico di paura, mi carico di morte), ma mi vengono dati affinché io abbia a cercare di capire che cosa mi annunciano dell'Assoluto, tutte le cose arrivano a me per dire a me che cosa è Dio, che cosa è l'Assoluto e io mi debbo preoccupare di capire che cosa è l'Assoluto, non fare Assoluto quello che non è Assoluto.

Se io voglio che il mio vestito sia Assoluto, io mi carico di paure, perché certamente domani o dopodomani questo vestito qui muterà e io, già oggi nel timore che cambi mi sto caricando di paura.

Ci sono queste due grandi realtà ma non sono una contro l'altra, anzi,  una è per portarmi all'altra, sono io che posso dividere una dall'altra, io posso dividere la creazione di Dio dal Creatore.

Posso dividere glia avvenimenti e i fatti dal Creatore.

C'è la minaccia di guerra? (guerra in Iraq n.d.r.) Io posso dividere questa minaccia di guerra dal Creatore, da Dio e non cercare il Pensiero di Dio e non cercare che cosa Dio mi vuol dire di Sé attraverso questo.

Mi carico di paura e non posso farne a meno, perché non sono mica libero.

Mi carico di paura e la paura mi fa morire e io muoio.

Perché muoio?

Perché ho venduto la Vita.

Come Pilato ha venduto la sua Vita.

Dio si è dato nelle mie mani, la Verità si è data nelle mie mani, si è offerta al mio pensiero e  io ho ceduto questa

B.: Certamente il Signore dopo averci fatto arrivare la parola di Verità ci fa arrivare anche i lupi, perché ci spinge a fare una scelta a fare diventare  nostra la Verità.

Quando noi siamo lenti nelle nostre decisioni, si affaccia questo lupo.

Per cui ha una funzione positiva, perché ci costringe a fare una scelta.

Ci costringe.

Il più delle volte noi vendiamo la nostra Vita.

Siamo mercenari, scappiamo e lasciamo le pecore divorate dai lupi.

Il lupo è creatura di Dio e da parte di Dio il lupo è una cosa buona.

Serve alla Vita, come tutte le creature di Dio servono alla Vita se noi le intendiamo nello Spirito di Dio.

Il lupo è una minaccia che si affaccia per farmi decidere, per farmi scegliere, per farmi mettere nella mia vita quel prima di tutto che va messo prima di tutto.

Perché soltanto quando lo metto prima di tutto quella cosa diventa mia.

E diventando mia diventa mia vita.

Dio deve diventare la mia vita.

E allora tutta la creazione coopera affinché io abbia a scegliere Dio prima di tutto.

A metterlo prima di tutto e a non lasciarmi dominare dal sentimento e dal pensiero del mio io.

Perché in realtà il vero lupo sono gli uomini, è il mondo, è il pensiero del nostro io.

Gesù Stesso dice agli apostoli: "Il mondo vi odia".

Non appena uno incomincia ad assumersi la responsabilità di una cosa, a vivere cioè personalmente, ecco che si scatena attorno questa critica, questa condanna.

Il mondo ama ciò che è suo, il mondo tende a fare sue tutte le creature.

E quando una creatura sfugge al mondo e comincia a vivere personalmente, noi abbiamo tutto questo mondo che si scatena.

Mondo che può essere anche mondo di autorità, mondo di sacerdoti, mondo di massa, di folla che si scatena contro, per impedirti di vivere personalmente.

Invece a Dio si arriva personalmente.

C.: Allora noi siamo dei Pilato, perché sappiamo che Dio è Verità e poi mettiamo tutto il mondo prima di Dio.

Ma in quanto lo mettiamo prima abbiamo già venduto la Verità.

E noi mettiamo prima il mondo di Dio per paura.

Sarà la paura del mangiare, del vestire, delle malattie, del giudizio degli altri, paura di tante cose, ma è sempre la paura.

Quando io ho preferito il sentimento alla Verità è finita: ho venduto la mia vita.

È questione di tempo ma io già esperimento la mia morte, perché l'ho già seminata, ho già fatto le uova.

Le sto già covando e presto si schiuderanno.

D.: Il lupo è necessario per evidenziarmi quello che più mi interessa....

Il lupo è uno spazzino, perché spazza tutti i compromessi, t'impedisce la vita nel compromesso.

Ti costringe a deciderti.

Devi deciderti sotto la minaccia; "Se tu lo liberi non sei amico di Cesare".

Pilato se ne lava le mani, s'illude di lavarsi le mani, ma vende la sua Vita.

C.: Quello che mi sembra impossibile è che essendo convinti di una cosa ne facciamo un altra, Pilato era convinto.

È la paura, evidentemente in Pilato ha agito la paura.

È evidentissimo, la minaccia del lupo è stata questa: "Se tu liberi quest'uomo non sei amico di Cesare".

Prima lui addirittura era sprezzante, Pilato era un romano ed era sprezzante verso il popolo ebraico.

Pilato aveva il senso dell'autorità, quasi li prendeva in giro i giudei.

Ma quando è stata messa in gioco la sua autorità, cioè ciò da cui lui dipendeva (Cesare), quello l'ha fatto tremare.

A quel punto Pilato non ha più avuto il coraggio di difendere la Verità.

Vedi come si perde il coraggio di difendere la Verità?

C'è il nostro io in mezzo.

A questo punto, Pilato ha ceduto alla folla.

Ha ceduto la sua vita personale, la conoscenza della Verità: Gesù era innocente e Pilato l'ha ceduto in mano alla folla e la folla l'ha mandato a morte.

Così finisce la vita in ognuno di noi, la mettiamo in balia della folla, di quello che fanno tutti, di quello che decidono gli altri.

Mi abbandono a quello che decidono gli altri.

Sei tu che devi assumerti la responsabilità delle tue decisioni, non affidarti a quello che dicono gli altri.

Gli altri per quanti santi siano sono sempre dei lupi.

Non ti devi mai fidare degli altri, perché la Verità ti parla personalmente e vuole che tu risponda personalmente.

C.: E perdiamo la vita....

Per paura di perdere la vita, tu perdi veramente la Vita.

Perché la paura è un sentimento e quando tu ti lasci dominare dal sentimento tu hai già venduto la Verità, poiché la Verità non è sentimento ma conoscenza.

D.: Il lupo è l'occasione che Dio ci dà....

Per fare la scelta.

D.: Sarebbe il momento della scelta.

Sì, è il momento della scelta.

Ti costringe a fare la scelta.

Tu dovresti scegliere in base alla Verità, però, siccome vivi di compromesso, non vivi, abbiamo questo lupo che ti costringe a fare una scelta in modo o nell'altro,a quel punto lì tu necessariamente decidi o per il tuo io o per la Verità, non c'è niente da fare.

Sotto la pressione del lupo il mercenario che ha le pecore fugge, perché?

Perché gli interessano poco le pecore.

Invece il proprietario delle pecore, il pastore non fugge mica di fronte al lupo, ecco la forza, perché?

Perché le pecore sono sue.

Il che vuol dire che se la Verità è tua, l'hai fatta tua, tu non scappi mica di fronte alla provocazione dei lupi, di coloro che ti dicono che devi vivere per altro, tu non scappi, perché la cosa è tua.

Ma se la cosa non è tua, tu certamente scappi.

D.: Quindi quando viene il lupo è il momento in cui io sono preparato a decidere.

In cui dovresti essere preparato a decidere ma comunque il lupo ti fa decidere.

Pilato non era preparato a decidere, però il lupo l'ha fatto decidere e lo ha fatto decidere vendendo Gesù.

Lui non doveva cedere Gesù, perché era lui il responsabile di Gesù.

Il lupo ti minaccia perché? O tu mi dai le pecore o altrimenti io mangio te.

Il lupo ti fa correre il rischio di vita.

Pilato è stato minacciato nella sua vita.

Lui ha avuto paura di perdere la sua vita e ha perduto la Vita.

D.: La scelta comunque dobbiamo farla.

Lui sapeva che Gesù era innocente, l'ha dichiarato prima.

"Costui è innocente, non trovo in Lui colpa alcuna".

L'ha dichiarato.

D.: Quindi lui in quel momento aveva la facoltà....

Aveva la possibilità, perché quando tu sai una cosa, tu hai la possibilità.

A quel punto devi sottomettere tutto a questo, se tu ami la Verità al di sopra di tutto.

Gesù dice: "Chi cerca di salvare la sua vita la perde".

Pilato, evidentemente ha cercato di salvare la sua vita, l'ha persa, ha perso Gesù, Gesù era la sua Vita.

Tutto è rivelazione e segno, per fare capire a noi come noi perdiamo la vita.

Noi crediamo di salvare la nostra vita e la stiamo perdendo, perché non salviamo la Verità che è data a noi.

La nostra vita sta nella conoscenza di Dio.

Noi cediamo questo interesse per conoscere Dio in nome di doveri, impegni e altro.

Credendo di salvare la nostra vita così, noi in realtà la perdiamo.

D.: Da quando nasciamo dobbiamo fare delle scelte ma uno all'inizio non se ne rende conto.....

Certo, il momento cruciale è quando sei posto nella necessità di fare una scelta a tu per tu tra la Verità e il tuo sentimento, tra la Verità e il pensiero del tuo io.

È lì il conflitto estremo.

Prima è tutta una fuga da Dio, noi non ce ne rendiamo mica conto.

D.: È il passaggio da mercenario al pastore.

Certo.

Il lupo ti costringe ad essere pastore sotto un certo aspetto.

E.: Continuamente siamo messi di fronte a delle scelte.

Certo, si capisce.

E.: Se scegliamo Lui troviamo la vita.

Però scegliere Lui, vuol dire impegnarsi a conoscerlo.

Non è una scelta che faccio con un voto o una promessa, non sta in questo.

Sta in una dedizione continua, è un impegno in una conoscenza che va all'infinito, perché la vita con Dio va all'infinito.

Per cui è un prima di tutto che in continuazione si mette prima di tutto.

Tutta la tua vita diventa diventa una preghiera, perché è sempre un impegno a dialogare con Dio per capire cosa Dio ti dice di Sé in tutte le cose, è un dialogare con Dio in tutto.

F.: Ci sono dei momenti in cui segui Lui e dei momenti in cui non lo segui, ma riconosciamo se siamo con Dio se abbiamo la pace dentro...

No, il problema non è la pace.

Non è sufficiente la pace, perché la pace è un sentimento.

La pace è una conseguenza della conoscenza di Dio ma non è un metro di misura per valutare la nostra distanza o meno da Dio, è come se io mettessi come metro di misura la felicità.

Se tu scegli Dio magari Dio ti mette in un tormento.

Tu devi essere disposta a camminare con Dio, anche se Dio ti mette in inquietudine.

Con Dio è come andare in montagna, è bello essere sulla cima della montagna ma prima di arrivare sulla cima, tu devi faticare e Dio sa quanto tu devi faticare.

Se la tua misura con Dio è la felicità, tu resti ingannata da quei sentimenti lì.

F.: Pace, perché anche nel tormento sai che Dio opera per la tua salvezza.

Sì, la pace è un accordo, c'è accordo con Dio, t'accorgi che hai messo Dio prima di tutto e t'impegni a conoscere Dio.

Ma il problema è che ti senti impegnata a conoscere Dio, perché la vita sta nel conoscere sempre di più Dio.

Siccome Dio ti parla tutti i giorni, tu tutti i giorni ti sforzi di capire che cosa Lui ti vuole dire di Sé in quello che ti fa arrivare.

G.: Se il fine della nostra vita è in noi ben determinato, anche il lupo ci aiuta ad entrare...

Certo, il lupo è uno spazzino e lo spazzino ha una funzione molto importante...

G.: Il lupo si trasforma anche in angelo, perché è un aiuto per noi...

Tutto è angelo di Dio.

G.: Tutto dipende dal pensiero.

Certo.

G.: Quand'è che cominciamo a scrivere il nostro nome in cielo? È dall'inizio della conoscenza?

Tu scrivi il tuo nome in cielo quando inizi ad avere interesse per capire e per conoscere Dio.

È l'interesse che ti fa scrivere il nome.

Se tu hai interesse per le cose della terra tu scrivi il tuo nome in terra.

Se tu hai interesse per conoscere Dio, tu scrivi il tuo nome nel cielo di Dio.

Dio premia l'interesse, non premia i talenti, non premia le cose che tu hai, premia l'interesse per Lui.

Quindi se da tutte le cose che Dio ti fa arrivare, in te si forma l'interesse per conoscere Dio tu scrivi il tuo nome in cielo.

Il nostro nome è l'interesse centrale della nostra vita, è quello il nostro vero nome è ciò che noi mettiamo prima di tutto.

Quindi se tu hai interesse per conoscere Dio il tuo nome lo scrivi in cielo, se tu hai interesse per conoscere le cose del mondo, gli affari del mondo, le persone del mondo eccetera, tu scrivi il tuo nome in terra.

G.: Perché il nostro nome è già scritto in cielo.

Dio l'ha scritto in cielo, però a un certo momento questo cielo te lo precipita all'inferno.

Dio ci ha destinati tutti al cielo ma non è detto che arriviamo tutti al cielo.

G.: Il nostro fine non deve essere diverso dal nostro Principio, ma se io ho un fine è la stessa cosa no?

No, il fine deve essere il tuo Principio, il tuo vero Principio.

Tu puoi avere come fine altro da Dio, quindi il tuo Principio è Dio ma il tuo principio, ciò che ti motiva è altro da Dio e allora c'è il conflitto, perché tu sei determinata dal tuo fine e il tuo fine diventa il tuo principio.

Se tu vivi per il denaro, il denaro diventa il tuo principio, è quello che ti condiziona nella vita, ti fa vivere per-, quello diventa il motivo del tuo vivere, diventa il tuo principio.

Però il tuo vero Principio, chi ti ha creato non è il denaro, allora tu hai in te due principi.

Hai introdotto nella tua vita il fine che è il tuo principio, cioè il denaro e Dio che non puoi cancellare, perché chi ti ha creata è Dio, qui introduci una guerra, un conflitto: ci sono due principi diversi.

Importante è che il tuo fine coincida con il Principio.

Il Principio è Dio e tu devi avere come fine Dio.

Se tu hai come fine Dio, ciò che tu hai per fine, diventa il tuo motivo di vita, quindi il tuo Principio, quindi Dio che è il Principio coincide con quello e allora c'è la comunicazione della Verità.

H.: Minaccia di guerra, mi lascio dominare dalla paura e butto nella spazzatura Dio.

Sì, perché sei dominata dalla paura.

Se tu cammini di notte e incominci ad avere paura, incontri veramente l'incidente.

Dominata dalla paura, tu a un certo momento perdi il controllo di te.

Dice Gesù parlando della fine dei tempi (fine dei tempi per ognuno di noi) dice: "Gli uomini moriranno di paura", il che vuol dire che è la paura che diventa determinante in te, ma la paura c'è perché hai perso il contatto con Dio.

H.: Quindi di fronte ad ogni segno io posso buttare la Vita nella spazzatura.

Ma si capisce.

H.: Ogni volta che io mi stacco dal Pensiero di Dio Creatore, io butto la mia Vita.

Si capisce.

H.: E sono mercenaria ogni volta che faccio questo.

La pecora è stata affidata a te, l'agnello è stato affidato a te.

Dio è stato affidato a te e tu non ne tieni conto.

In quanto non ne tieni conto, già lo butti nella spazzatura.

H.: Pilato era convinto della Verità?

È lui che lo dice, lo dichiara, non sono io a dirlo.

H.: Ma questo legame con la Verità di Pilato era un legame debole....

È il lupo che sta provocando in Pilato il legame forte.

Pilato mica è andato a cercare Gesù, è la folla che gli ha portato Gesù.

E che glielo ha messo nelle mani.

Gesù è arrivato a Pilato, indipendentemente da Pilato: legame debole.

Il lupo adesso sta provocando Pilato per creare il legame forte.

E se Pilato avesse accolto quella grazia lì che gli veniva dal lupo e avesse difeso Gesù, la Verità, lì Pilato avrebbe trovato tutta la sua vita.

I.: Noi sciupiamo la nostra vita per niente, per paura.....Mi ricordo che da giovane quando feci degli esercizi spirituali mi dissero che Dio non pretende in fondo che nessuno sia santo o eroe...

Fate i vostri doveri....

M.: Il lupo fa decidere il pastore....

No, il lupo ci impegna a diventare dei pastori.

A passare cioè da mercenari a pastori.

Da parte di Dio è una sollecitazione a farci decidere.

M.: Far emergere se siamo pastori o mercenari.

No, Dio vuole che siamo pastori.

Tutta l'opera di Dio....

M.: Perché chi se ne va è mercenario...

Guardiamo l'Intenzione di Dio, perché quello che a noi interessa è l'Intenzione di Dio.

L'Intenzione di Dio è quella di salvare tutti.

Quindi devono diventare tutti pastori, perché i pastori sono coloro che hanno la proprietà dell'agnello, l'agnello in proprio, vita personale, vita propria.

Ora, Dio vuole essere vita propria per ognuno di noi, questa è l'Intenzione di Dio.

E Dio vuole salvare tutti.

Anche i lupi sono creature di Dio.

Sono tutte provocazioni da parte di Dio per sollecitarci a fare una scelta.

Da parte di Dio è per sollecitarci ad essere pastori e non ad essere mercenari.

Che poi noi diamo una risposta diversa, questa è un'altra faccenda.

A noi quello che interessa è il disegno di Dio.

M.: Molta gente è peggiore di Pilato, almeno Pilato si è messo allo scoperto, molti uccidono e infangano l'altro, invece Pilato è rimasto nella giustizia, non ha infangato Gesù...

Sei un po' pasticciona...

C.: Penso voglia dire che Pilato si è reso responsabile di quello che è successo, mentre altri non lo fanno.

M.: Fanno la stessa cosa di Pilato ma non riconoscono che l'altro è innocente, allora cercano di macchiare l'altro.

Pilato è ben chiaro.

Ma il problema è capire che cosa Dio ci vuole dire presentandoci Pilato. Pilato non ci è presentato perché noi abbiamo a confrontare Pilato con gli altri, a noi questo non interessa, interessa la lezione personale per noi che Dio ci rivela con Pilato.

"Signore che cosa mi vuoi dire attraverso questa figura di Pilato?".

Pilato è uno specchio per me.

La scena di Pilato è una scena personale per me e io debbo dialogare questa scena di Pilato, nel profondo della mia anima a tu per tu con Dio: "Signore, aiutami a vedere dove io sono Pilato, a vedere personalmente io dove sono Pilato", il problema è questo.

M.: Pilato aveva capito e pioniere della democrazia si è lasciato influenzare dal popolo.

Lì c'è stata la paura, ma questa paura è quella che gioca tutti noi, poco o tanto siamo tutti dei Pilato.

P.: La funzione negativa del lupo in realtà è positiva...

Se guardi da Dio tutto è positivo.

P.: Ma ci hai dato il titolo vero e il titolo finto?

Come finto? Lo spazzino è positivo. Tu pensa se non ci fossero gli spazzini cosa succederebbe.

Lo spazzino è positivo ed è una cosa massimamente positiva il fatto della fuga in Dio.

P.: Il lupo ci libera dal compromesso, ci costringe a uscire dal compromesso e ci costringe a fuggire in Dio se vogliamo salvare l'agnello che ci è affidato.

Fuga in Dio cosa vuol dire?

Perdi tutto per poterti occupare di Dio, abbi il coraggio di perdere tutto per poterti occupare di Dio, perché la tua vita è lì.

P.: Per diventare mia, propria, la Verità esige il superamento di tutto ciò che non è Dio.

Altrimenti sei mercenario e in quanto mercenario arriva sempre il momento in cui tu devi scappare.

P.: Il lupo mi rivela la condizione per non cedere l'agnello alla folla.

Certo, teniamo presente che qui in Pilato c'è una minaccia, la folla minaccia: "Se tu rilasci questo uomo tu non sei amico di Cesare" e Gesù dice: "State attenti a non lasciarvi sedurre dagli uomini.

Ci sono molti lupi che si vestono da agnello.

C'è chi ti minaccia ma c'è anche chi ti invita ad essere umile, ubbidiente e sottomesso e intanto ti porta via a Dio.

P.: Dio dice: "Siate semplici come colombe ma astuti..."

Dio t'insegna ad avere grinta, sai cosa vuol dire avere grinta?

P.: Essere decisi a lasciare tutto per la Verità.

M.: Essere sicuri di possedere la Verità.

Ma non possedere la Verità, tu possiedi in quanto ti dedichi.

Pilato era convinto che Gesù era innocente, non si è mica dedicato, magari si fosse dedicato, però aveva una sicurezza: "È innocente" lo dichiara pubblicamente. E perché poi non sostiene questa Verità?

La comunicazione della Verità gli è arrivata.

Non l'ha fatta sua e l'ha persa.

P.: Quindi quello che ci fa sottomettere al lupi è proprio il pensiero dell'io.

Certo.

P.: Il lupo è tutto ciò che ci mette di fronte a una scelta tra Dio e l'io.

Il lupo minaccia di portarti via quello che ti sta più a cuore.

E tu di fronte a quello che ti sta più a cuore, tu cedi tutto il resto, cedi anche Dio, la Verità.

Il lupo ti minaccia in quello che ti sta più a cuore.

Se a te sta più a cuore di tutto Dio, stai tranquillo che il lupo non ti minaccia per nulla.

È quando hai altro da Dio che ti sta più a cuore che il mondo ti può minacciare.

Q.: Debbo approfondire questa lezione che Dio mi dà con Pilato, per fuggire in Dio una volta per tutte...

Di lupi ne sono già venuti nella nostra vita ed è perché non si è fuggiti in Dio per sempre che continuano ad arrivarne?

Mi hai detto tante di quelle volte: "Una volta per tutte".

R.: Come mi sarei comportata io al posto di Pilato, io avrei detto la Verità comunque.

Cosa vuol dire?

R.: Non avrei detto di lavarmi le mani, avrei detto che Gesù era innocente.

Bisogna vederti nella realtà, quando si è veramente bruciati.

A tavolino con facilità....lei a tavolino fa una volta per tutte, ma l'abbiamo già fatto mille volte una volta per tutte!

S.: È molto dura diventare pastore ma bisogna diventarlo.

Bisogna guardare solo Dio.

È Dio che ci cambia. Bisogna camminare con la testa nel cielo.

S.: Magari inciampi....

Non importa, se uno guarda il cielo e inciampa, Dio sorride, non ha nessuna difficoltà a tirarci su 77 sette volte al giorno.

Con Dio non si ha paura, Dio sorride di tutti i nostri inciampi quando noi abbiamo la testa in cielo.

T.: Gli uomini perdono la vita perché non si preoccupano di vivere.

Perdono la vita perché si preoccupano di difendersi dalla morte.

Tutta la preoccupazione degli uomini è paura della morte.

Vivono all'ombra della morte, Fanno assicurazioni, lavorano, faticano, ospedali, mutue ma tutto in funzione della morte, si capisce che a un certo momento la morte ti cade addosso.

Non si preoccupano di vivere.

U.: Più che cercare di scappare dai lupi o non aver paura di perdere la vita, perché questo non è nelle nostre possibilità, dovremmo cercare di allearci con Dio e poi Lui è più forte dei lupi.

Io attualmente non sono disposta a dare la mia vita per Dio, non è nelle mie forze, la salvezza non viene da me, viene da Lui.

Ogni giorno dobbiamo preoccuparci di conoscere Dio, di approfondire sempre di più la conoscenza di Dio, ogni giorno vale in quanto noi progrediamo nella conoscenza di Dio.

Quello vuol dire vivere.

Non dobbiamo preoccuparci né di lupi né di altro perché tutto è mandato da Dio.

Dio ci manda i lupi perché noi anziché vivere pensiamo ad altro.

V.: Pilato ha ceduto quello che sapeva alla paura e la paura è un incognita.

Pilato sapeva benissimo chi era Cesare, sapeva benissimo il rischio che correva nel rompere la sua amicizia con Cesare, la cosa la sapeva perfettamente.



Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono in proprio, vedendo venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde.    Gv 10 Vs 12 Riassunti Domenica – Lunedì.


- RIASSUNTI -


Argomenti: Il pastore e il mercenario – L’appartenenza in proprio – Restare nella Parola ricevuta – Il principio dell’identità – Cristo sintesi di tutti i segni di Dio – La proprietà – L’opera di Dio per fermare l’uomo – Restare in Dio – Dio dipendente dall’uomo – Il principio dell’opera – Dio opera della creatura, ucciso dalla creatura – Figli delle nostre opere – La terra e il cielo – Doni minori e doni maggiori – Dio morto nell’uomo – Generare il Pensiero di Dio da Dio – La morte di Dio è la nostra morte – Guardare da Dio – Morire e rinascere – Avere in sé il Principio della Verità – La fuga da Dio – La differenziazione degli uomini – Scrivere il nome in cielo o in terra – I figli di Dio – L’essere e la conoscenza – Volere che Dio esiste – Legami deboli e forti – Il significato della vita – Specchiarsi nella creazione – L’insopportabilità della vita – Il fine della vita – La terra diventa cielo – La fuga del demonio – La frenesia del mondo -


 

2-3/Settembre/1990 Casa di preghiera Fossano.