“Questi venne come testimone per rendere testimonianza alla Luce, affinché
tutti credessero per mezzo di Lui”Gv 1
Vs 7
Titolo: La testimonianza
della Luce.
Argomenti: Testimoni di Dio. Giovanni è
testimone perché profeta. Cristo risposta al nostro
bisogno di Dio. Le tenebre.
Vi fu un uomo mandato da
Dio(la Fedeltà). La testimonianza alla Luce(la
Fedeltà).
3/Ottobre/1975
Dall’esposizione di Luigi
Bracco (appunti):
“Egli venne come testimone per rendere
testimonianza alla Luce ”.
Il versetto 5: “La Luce splende fra le
tenebre, ma le tenebre non la compresero” sembra denunciare un fallimento
della Luce e quindi dell’uomo, perché se la vita sta nella Luce (“in Lui era
la vita e la vita era la luce degli uomini”), e avendo l’uomo rifiutato la
Luce, per l’uomo non rimane che la notte e quindi la morte. Se la Luce è stata
rifiutata, la Luce non può più far niente, almeno così sembrerebbe. E
invece c’è ancora una possibilità di salvare le tenebre che l’hanno rifiutata.
Poiché le tenebre hanno rifiutato la Luce,
hanno cioè preferito le tenebre alla Luce, rimane la possibilità di ricupero
di esse attraverso la testimonianza di ciò che esse sono: tenebre.
Testimonianza delle tenebre stesse. Tutta l’opera esterna di Dio, la legge, ecc.,
cioè tutto ciò che non è Dio, è tenebra.
Anche la notte ha la sua voce in favore della luce: prepara l’incontro
con la luce del giorno.
Tutta la funzione dell’Antico Testamento,
sintetizzata da Giovanni (il cui significato etimologico è “misericordia di
Dio”), è appunto quella di portare l’uomo alla consapevolezza della propria
notte e della propria morte e quindi del proprio bisogno di luce, di vita, al
fine di condurlo a invocare la Luce e scoprirla. Ecco:“…affinché tutti credessero per mezzo
di lui”. Questa testimonianza
alla Luce per mezzo delle tenebre stesse è necessaria perché l’uomo possa
accogliere la Luce che ha rifiutato. Ci rivela cioè una condizione necessaria
(rappresentata dall’azione di Giovanni) perché l’uomo possa prendere coscienza
di essere tenebra, e quindi del suo bisogno di luce e possa giungere a scoprire questa Luce, accoglierla, credervi e
così salvarsi.
Pensieri tratti dagli incontri del Sabato:
Sabato 24.01.1976 (appunti)
“Egli venne quale testimone per rendere testimonianza
alla luce, affinché per mezzo di lui tutti credessero":
Giovanni Battista rende testimonianza alla
Luce, e così pure tutte le creature. Infatti
tutte le creature, come Giovanni Battista, ci dicono: "Noi non
siamo Dio, noi non siamo la luce che cerchi". Ce lo dicono con le delusioni che ci
arrecano: "Il tuo vero Dio è Altro". Cerca Lui e credi in Lui.
Sabato
23.04.1983
Pinuccia B.: “Egli venne quale testimone per rendere testimonianza alla Luce”: Giovanni venne mandato da Dio come testimone
della Luce.
Luigi: Sì, perché “La luce risplende nelle tenebre…”; (e
verrebbe da chiederci: “ma allora, se la Luce già risplende, che cosa è venuto a fare?); ma ecco: “le
tenebre non l’hanno compresa”, e non avendola compresa, l’hanno persa, non
la vedono più.
Pinuccia B.: Quindi
ora le tenebre hanno bisogno di qualcuno che dica: guardate che la Luce
risplende.
Luigi: Certo, ma questa luce deve venire nel campo dei segni,
fuori, perché noi l’abbiamo persa dentro.
Pinuccia B.: Quindi,
questo Giovanni diventa testimone di Luce con la sua stessa vita e con la sua
parola.
Luigi: Si capisce, egli è testimone con la sua esistenza e
con la sua parola.
Nino: Quel “venne mandato” dimostra una sua adesione a
un mandato. Quindi lui che venne per rendere testimonianza alla Luce, era nel
Pensiero di Dio.
Luigi: Lui era nel Pensiero di Dio, però non era Dio. Ora, come
creatura può rendere testimonianza, però la sua testimonianza non salva. La sua
testimonianza mette noi in crisi; perché fintanto che noi abbiamo una creatura
che ci dice: “guadagna più soldi che puoi e fai bene”, noi siamo
confortati; se invece incontriamo una creatura che ci dice: “tu guadagnando dei
soldi ti stai rovinando”, siamo messi in crisi, perché ci illudevamo che….
Ecco, Giovanni è una controprova: è ciò che smentisce le nostre convinzioni.
Però questo non ci salva, perché l’uomo non è salvato da un uomo; l’uomo non
può essere salvato da un uomo, perché ad un certo momento proietta il suo io
anche su quella testimonianza. L’uomo
può essere salvato soltanto da un uomo-Dio; quindi bisogna che sia uomo,
perché altrimenti non entra nel suo carcere, ma bisogna che sia Dio. Soltanto
l’uomo- Dio può salvare l’uomo.
Qui, in Giovanni, abbiamo soltanto l’uomo, mandato da Dio, ma
soltanto un uomo; ecco, come uomo rende testimonianza, cioè ci mette in
crisi, cioè ci fa ripensare, perché ci fa vedere una cosa diversa da quella che
pensavamo; cioè non siamo più confortati. Prima credevamo che tutti facessero così, che
il mondo fosse tutto così, ma adesso vediamo un’eccezione, e questa ci mette in
crisi, perché è entrato nella mia vita qualche cosa di diverso, un dubbio: “ma ho ragione io o ha ragione lui?”. Uno va
a una Trappa e commenta: “o sono matti questi, o sono matti quelli che sono
fuori”. Ecco, abbiamo il diverso; sono uomini, non salvano, però
incominciano a introdurre il dubbio, invitano a metterci in discussione.
Pinuccia B.: Ed
è Dio che li fa così diversi proprio per mettere gli altri in crisi, ma sia gli
uni che gli altri hanno bisogno del Cristo, perché è solo Cristo che
salva. Infatti a sua volta anche
Giovanni avrà bisogno del Cristo; cioè, non è che questa luce che egli sta
vivendo lo salvi, perché anche lui è nel soggettivismo.
Luigi: Certo, la Madonna stessa ha bisogno del Cristo.
Pinuccia B.: “…affinché per mezzo di lui tutti credessero”, cioè affinché, vedendo la sua testimonianza, il suo
modo di vivere e ascoltando il suo messaggio, tutti, messi in crisi,
credessero….
Luigi: …o meglio: tutti avessero la possibilità di credere alla
Luce. Credendo alla Luce, sono ancora nel campo intellettuale, e solo nel campo
intellettuale; per cui dopo esperimentano il conflitto tra la Luce, testimoniata da Giovanni, dalla Legge, dall’Antico
Testamento, e la loro vita; allora lì incominciano a scoprire
l’incoerenza, il contrasto, l’incapacità a-. A questo punto la creatura
incomincia a toccare con mano di essere morta, cioè incomincia a toccare con
mano la sua morte.
Come dice S. Paolo: “Noi ci credevamo vivi
e invece eravamo morti; la Legge ci è stata data per farci scoprire la nostra
morte” (cf Rm 7,1-13). Scoprendo la nostra morte, incominciamo ad
invocare la Vita.
Pinuccia B.: Qui
è lo stesso, il battesimo di giustizia mi fa scoprire la mia morte; il
battesimo di giustizia che consiste nel credere alla Luce, cioè nel metterla in
alto, al centro.
Luigi: Il battesimo di giustizia è credere che Dio è il
Creatore di tutto; “non sei tu il creatore”. Questa è la luce che splende nelle
tenebre. Ora, siccome l’uomo nel pensiero di sé la rifiuta e si comporta come creatore, allora qui è messo
in crisi dalla testimonianza di Giovanni Battista.
Piero: Giovanni Battista rappresenta l’opera di Dio nella vita
dell’uomo; cioè Dio si avvicina a noi attraverso i segni e comincia l’opera
di ricupero…
Luigi: …che si concluderà con Cristo che muore in Croce.
Piero: Perché per noi Cristo sarebbe troppo difficile…; nelle
nostre tenebre non riusciremmo a collegarci immediatamente con il Cristo,
quindi abbiamo bisogno del confronto con un altro uomo. In questo confronto, il
vedere una creatura che vive per Dio, dà enormemente fastidio all’uomo che non
è in Dio, perché questi vede in lui qualcosa di diverso, oppure lo mette in
crisi, perché vede in lui qualcosa di autentico.
Luigi: Si capisce. L’uomo non sopporta il diverso, per cui la
sua prima reazione è quella di dire che colui che vive in modo diverso è matto;
quindi nel mondo una persona come Giovanni Battista è considerata un matto.
Piero: Chi sa veramente amare ci mette in difficoltà; magari è
una persona silenziosa, però quando parla, uno capisce che ha ragione.
Luigi: Certamente, ed è Dio che, attraverso queste
testimonianze o avvenimenti, poco per volta
sgretola la nostra sicurezza; cioè entra nel nostro mondo di sicurezze
(perché siamo sicuri di veder bene, di veder giusto) e incomincia a sgretolare.
Praticamente ci dice: “Guarda cosa
rimane dei valori di cui eri sicuro!”.
Questa è lezione di tutti i giorni nella vita di ognuno di noi, ed è tutta
opera di Dio. Siccome noi siamo proiettati fuori, Dio sta scrivendo le sue
lezioni fuori per prepararci all’incontro con Cristo.
Nino: Noi abbiamo bisogno di una preparazione per incontrare
il Cristo, è logico.
Luigi: E la preparazione
avviene attraverso questa testimonianza: una testimonianza di qualcosa di
diverso da ciò di cui noi siamo convinti, proprio perché noi siamo sempre
portati ad essere sicuri dei nostri valori.
Pinuccia B.: Il
testimone è un richiamo. Lo avevi paragonato al bidello: non è lui che insegna,
ma è il Verbo che parla e insegna.
Luigi: La funzione del bidello è quella di richiamare in aula
gli allievi, cioè quella di renderli attenti al Maestro.
Piero: Inizialmente uno
può essere attratto dal testimone da cui è portato in alto, e Dio ci lascia
anche attaccare ad esso; poi però ci stacca e diventa naturale il passaggio a
Cristo, perché chi ti richiama all’essenziale non ti ferma a sé, ti lascia
passare, anzi ti invita ad andare oltre.
Luigi: Certo, ti fa passare; mentre invece nel campo “umano” la
creatura tende sempre a incentrare gli altri a sé.
Nino: “Affinché tutti credessero per mezzo di lui”, quel
“credessero” cosa significa?
Luigi: Significa: affinché tutti, per mezzo di Giovanni
Battista credessero nella Luce, cioè che tutti credessero in Dio Creatore.
Nino: Quindi quel “per mezzo di lui” non si riferisce
al Verbo?
Luigi: No, ma a Giovanni: per mezzo di Giovanni, per mezzo
della creatura. Perché siccome l’uomo crede soltanto nella creatura, può essere
salvato, ricuperato dalla creatura, non dal Dio che non vede.
Pinuccia B.: Però
la creatura non salva, la creatura prepara.
Luigi: Certo. Se io sono
chiuso in un carcere, posso essere salvato soltanto da uno che entri nel mio
carcere e si faccia incarcerare con me. Solo così mi può indicare la via di
uscita. Altrimenti, anche se tutti dal di fuori mi dicono “esci, esci, esci…”,
io continuo a non poter uscire; soltanto se uno entra dentro, mi dà la
possibilità di uscire.
Sabato 18.02.1989
Nino: “Questi venne come testimone per rendere
testimonianza alla Luce…” Lui è venuto per dare testimonianza, però non è
che Dio, Cristo, abbia bisogno della sua testimonianza…
Luigi: Infatti dice: “Io non ricevo testimonianza dagli
uomini” (Gv 5,41).
Nino: Siamo noi che abbiamo bisogno di questa testimonianza,
perché non riusciamo a vedere altro che cose relative al nostro io. Quindi
abbiamo bisogno di queste lezioni, perché ci siamo talmente allontanati da Dio
che non siamo più in grado di ricevere testimonianza da nulla; quindi, a causa di questa impossibilità di ricevere la
parola direttamente da Dio, abbiamo bisogno di
intermediari umani. E lo scopo di
questa testimonianza è che tutti credano per mezzo di Cristo.
Luigi: No, qui dice “affinché tutti credano (in Cristo) per
mezzo di Giovanni Battista”; quindi ci fa capire che “quanti non
accolgono il messaggio di Giovanni Battista non possono credere in Cristo”(cf
Lc 7,29). Ci vuole l’attrazione per il Padre che è determinata dalla giustizia;
e la giustizia è determinata da: togli il tuo io dal centro e metti Dio al
centro. Allora, se si fa questa giustizia dentro di noi, si accetta il
battesimo di Giovanni Battista; e questo battesimo ci dà la possibilità di
credere al Cristo. Altrimenti non Lo possiamo riconoscere.
Delfina: Tutti dobbiamo essere
testimoni di Dio nella misura in cui Lo conosciamo, penetrando nella sua
Parola...
Luigi: Si è testimoni volenti o nolenti. Dio è Colui che nessuno può
ignorare; il che vuol dire che tutti siamo testimoni di Dio. Noi siamo in
colpa se non viviamo secondo ciò di cui siamo testimoni. La Luce arriva a
noi, e noi, sia che ci crediamo, sia che
non ci crediamo, siamo testimoni di Essa. Quando fa giorno e quando fa notte, tu sei
testimone, perché è una cosa che subisci; di una cosa che tu subisci sei
testimone. La cosa la vedi anche se non vuoi vederla. E quando magari non vuoi
vederla, l’hai già vista. Perché quando dici: “non voglio vederla”, è perché
l’hai già vista; quindi la cosa arriva a te indipendentemente da te e ti
rende testimone. Cioè è Dio che ti rende testimone.
Delfina: Ma se io mi comporto male, che cosa testimonio? Sono
guida cieca per gli altri.
Luigi: Non si tratta di essere guida… È tutto ciò che arriva
a te che ti rende testimone. Noi siamo dei testimoni di quello che Dio ci
fa. Noi tutti i giorni riceviamo delle opere di Dio, siamo bombardati dalle
opere di Dio. E un giorno il Signore ti dirà: “Io il tale giorno ti ho fatto
questo”, e tu dirai: “sì, è vero!”, e
allora Lui: “E tu, come ti sei comportata?”.
Ecco, sei stata testimone dell’avvenimento;
quindi tutti gli avvenimenti ti arrivano anche se tu non lo sai, e sei
testimone. Anche quando cammini per la strada, e vedi tante cose, sei
testimone. Quindi l’essere testimone non dipende da te, ma dipende dal
Creatore che ti rende testimone della tale cosa; per cui dopo aver visto
sarai responsabile della risposta, cioè sarai responsabile di come ti comporti
rispetto a ciò che arriva a te; però ormai
sei testimone: non puoi smentire
quello che hai visto e se lo smentisci,
sei in colpa.
Delfina: Però la testimonianza di Giovanni è stata per gli altri.
Luigi: Certo, lui è venuto per rendere testimonianza alla Luce;
siccome le tenebre hanno rifiutato la Luce, a questo punto hanno avuto bisogno
di uomini per ricevere testimonianza della Luce. E così anche noi: Dio non Lo possiamo ignorare, però non Lo
vediamo; vediamo i corpi, vediamo le
presenze fisiche, mentre lo Spirito non Lo vediamo, non Lo tocchiamo. Quindi
siamo accecati dalle presenze fisiche; ecco, in questa cecità abbiamo
bisogno di qualcuno che ci dica: “guarda che c’è lo Spirito”.
Amalia: Giovanni è testimone perché rappresenta tutta l’opera
che Dio fa per ognuno di noi...
Luigi: Giovanni
è testimone perché è profeta. Egli è mandato dallo Spirito e rende
testimonianza allo Spirito. La sua testimonianza è data dal fatto che dice:
“uomo, tu non devi vivere per te stesso; devi mettere Dio al centro,
perché vivendo per te stesso sei
ingiusto, perché tu non sei il Creatore”. Non siamo noi il centro, né della
nostra vita, né degli altri; quindi non dobbiamo essere il centro né della
nostra vita, né degli altri, per giustizia, perché il centro è Dio. Allora non
fermiamoci ai nostri sentimenti, non fermiamoci a quello che ci piace, a quello
che non ci piace, a quello che ci conviene o a quello che non ci conviene, ma
riferiamo tutte le cose a Dio, perché Dio è il centro.
Quindi non fermarti ai tuoi sentimenti, va
oltre, e riferisci le cose a Dio: questo è il battesimo di giustizia, e questa
è la condizione per poter incontrare Cristo; altrimenti non Lo si incontra
ed è assurdo pensare di averlo incontrato, anche se siamo cristiani e andiamo
in chiesa da mattina a sera. Se non riferiamo tutto a Dio, se non facciamo
questa giustizia essenziale, non incontriamo
Cristo, non possiamo incontrarlo: “Nessuno può venire a Me se non è attratto
dal Padre” (Gv 6,44), e “quanti non ricevettero il battesimo del
Battista, non poterono seguire Gesù”(cf
Lc 7,30).
Incontrare il Battista non è incontrare un
uomo che battezza nel deserto, ma è accettare il messaggio del Battista, cioè
questo battesimo di giustizia che sta nel togliere il nostro io dal centro dei
nostri pensieri, dei nostri interessi, della nostra vita, per mettere Dio al
centro. Se mettiamo Dio al
centro, allora l’interesse, il bisogno di riferire le cose a Dio ci fa
incontrare il Cristo. E allora Lo riconosciamo come Colui che viene ad
aiutarci a fare questa giustizia, a riferire le cose a Dio, a capire il
Pensiero di Dio, a conoscere Dio.
Giovanna: Giovanni rende testimonianza perché è Profeta; ma già
anche il filo d’erba rende testimonianza.
Luigi: Tutto rende testimonianza. In Giovanni Battista è
racchiuso tutto l’Antico Testamento. Nell’Antico testamento abbiamo la
creazione di Dio. La creazione di Dio è continua, quindi tutta la creazione è
testimone a noi del Dio Creatore. Tutte le creature dicono: “noi non ci siamo
fatte da noi; non ci hai fatti tu, alza gli occhi a Colui che ci fa. E questa è
la testimonianza di tutta la creazione, di tutte le creature, di tutti i giorni
che noi riceviamo. Un giorno il Signore ci dirà: “il tale giorno ti presentai
la tal cosa, il tal avvenimento….: ero Io!”. E noi diremo: “Sì, Signore, è
vero”, e allora Lui: “Come mai tu…?”, e noi: “ero accecato, vivevo per altro”. Quindi,
quando noi abbiamo un problema nostro, vediamo il sole, vediamo la luna, le
stelle, i tramonti, le creature che nascono, vivono e muoiono e non ci facciamo
caso; abbiamo soltanto il nostro problema davanti ai nostri occhi. Ecco,
abbiamo il paraocchi davanti a noi e vediamo soltanto quello; le
preoccupazioni del nostro mangiare, del nostro vestire, della nostra figura,
della nostra carriera, del nostro lavoro, ci accecano. Allora, in questa nostra
notte, c’è bisogno che qualcuno urli: “non fare lo scemo tutta la vita!”.
Angelo: Nel versetto 7 il Signore mi ha fatto capire che
Giovanni Battista è venuto come testimone per testimoniare in favore della
Luce, cioè del Dio Creatore, affinché tutti credessero per mezzo suo.
Silvana:“…affinché per mezzo di lui tutti credessero”: con questo afferma che tutti possono
conoscere il Cristo, nessuno escluso…
Luigi: …se accolgono il Battesimo di Giovanni Battista. Ma cosa
vuol dire accogliere il Battista? Da che cosa ce ne accorgiamo se noi abbiamo
accolto il Battista o non lo abbiamo accolto?
Ci accorgiamo di aver accolto Giovanni
Battista se facciamo questa giustizia dentro di noi, se riferiamo cioè tutte le
cose a Dio. Fintanto che riferiamo le cose al nostro io (“perché fai questo?”,
“perché mi piace”; “perché fai
quell’altro?”, “perché tutti fanno così;
se non facessi così, cosa succederebbe?”), noi non abbiamo accettato il
battesimo di Giovanni Battista; fintanto che ragioniamo così, non abbiamo
accolto il Battesimo di Giovanni Battista, e quindi non possiamo riconoscere il
Cristo, non possiamo ascoltarlo.
Ora, abbiamo accolto il battesimo di
Giovanni Battista soltanto se non pensiamo più a noi e quindi non diciamo più
“io”, se accogliamo tutto da Dio e se riportiamo tutto a Dio, cercando in tutto
il Pensiero di Dio; ecco, a questo punto, noi abbiamo accolto il battesimo
di Giovanni e solo a questo punto
noi possiamo incontrare il Cristo, possiamo riconoscere il Cristo, possiamo
riconoscere il Figlio di Dio. Cioè Lo riconosciamo non come Figlio di Dio (cioè
non nel senso che conosciamo il rapporto tra Padre e Figlio), ma come Colui che
risponde alla nostra fame, al nostro bisogno. Infatti, avendo messo Dio al
centro, adesso si è formato dentro di noi un certo bisogno, il bisogno di
riportare tutto a Dio come centro, come fine, e, di conseguenza, il bisogno
di trovare una Guida, un Maestro che ci aiuti a riferire tutte le cose a Dio
per capire il Pensiero di Dio, che risponda cioè al nostro bisogno. Cristo è
questo Maestro.
Il Maestro è Colui che ci collega il bisogno
con il fine; ma questo bisogno deve essere maturato in noi; perché se non c’è
questo bisogno, il Maestro non ci collega niente. Infatti il Maestro è
Maestro in quanto ci collega il punto in cui ci troviamo con il nostro fine;
ma il nostro fine, rispetto al punto
in cui ci troviamo, dobbiamo averlo presente, perché se non l’abbiamo presente,
il Maestro non ci dice assolutamente niente.
Uno che mi parli del sentiero che va sulla
cima del Monte Bianco, non mi dice assolutamente niente se io non voglio andare
sulla cima del Monte Bianco. Se invece io ho tanto interesse per arrivare sulla
cima del Monte Bianco, quello mi dice tanto.
Quindi la qualità del maestro è determinata
da un nostro interesse, ma questo interesse deve essere maturato dentro di noi.
Ecco, noi riconosciamo Cristo come nostro unico Maestro solo se abbiamo
interesse per Dio; ma fintanto che questo interesse non matura, non succede
assolutamente niente! Nel modo più assoluto non possiamo riconoscere né seguire
Cristo come Maestro anche se ci diciamo cristiani da mattina a sera…: è tutta
vernice.
Pinuccia A.: Questo collegamento in che modo avviene?
Luigi: Il collegamento avviene in quanto il Maestro ci fa
vedere come si arriva là dove noi vogliamo arrivare. Cioè Cristo viene a rispondere ad un nostro
interesse, cioè ad un nostro bisogno di arrivare in un certo punto, perché noi
non vediamo la strada, non sappiamo come fare per arrivare in quel determinato
“Punto”. Allora, il Maestro è quello che ci fa vedere la strada per arrivare là
dove noi vogliamo arrivare. Quindi la prima cosa da sapere è dove si vuole
arrivare.
Pinuccia A.: Posso sapere dove voglio arrivare, ma come Lo
incontro?
Luigi: Lo incontri come
risposta a questo tuo bisogno; come ad esempio, se io
ho fame, appena incontro il pane, lo incontro come risposta ad un mio bisogno,
e allora dico: “ah, un pezzo di pane”. Ma se io non ho fame, posso vedere tanti
pezzi di pane, ma non mi dicono assolutamente niente, perché non ho fame. E se
qualcuno mi costringesse a mangiare, io mi ribellerei, perché non ho fame.
Pinuccia A.: Quindi,
se io ho l’interesse per conoscere Dio, Cristo risponde a questo
interesse.
Luigi: Ecco, in un primo tempo riconosci il Cristo come
Colui che risponde ad un tuo bisogno,
poi scoprirai chi è Cristo, cioè conoscerai chi è “questo qui” che risponde ad
un tuo bisogno, perché “soltanto il Padre conosce il Figlio” (Mt
10,22). Quindi, quando il Figlio ti condurrà a conoscere il Padre, dal Padre
allora dirai: “Colui che rispondeva al mio bisogno eri Tu!”. Allora saprai chi
è questo “Tu”. Ma prima no, prima Lo conosci soltanto in quanto risponde al tuo
bisogno.
Certo, se tu hai altri interessi, allora vai a
scegliere altri maestri. Infatti S. Paolo dice: “verranno i tempi in cui
ognuno andrà a cercarsi i maestri che rispondono alle sue ambizioni, ai suoi
interessi, e ci sarà grande dispersione”, perché ognuno sceglie il suo
maestro secondo il suo interesse, il suo bisogno. Il che vuol dire che
fintanto che in noi non si forma un certo interesse per Dio, noi possiamo
trovare il Cristo tutti i giorni sulle nostre strade, ma a noi non dice
assolutamente niente.
Franca: C’è stato il rifiuto della Luce: “La Luce risplende
nelle tenebre e le tenebre l’hanno rifiutata”; allora Dio manda Giovanni
come testimone della Luce; però l’uomo è inferiore alla Luce…
Luigi: Appunto, Dio manda Giovanni, perché l’uomo è incapace di
vedere la Luce, però può vedere e ascoltare un uomo.
Franca: Però se le tenebre hanno rifiutato la Luce, a maggior ragione
ora rifiuteranno l’uomo.
Luigi: Ma avendo le tenebre rifiutato la luce, non c’è altra possibilità di
ricuperarle se non con le tenebre stesse. Gli uomini, cioè le tenebre, rifiutando la Luce, sono rimasti
tenebre, cioè sono accecati. Ora, le tenebre, attraverso le quali Dio vuole
ricuperare le tenebre, sono
rappresentate da quello che noi vediamo e tocchiamo, perché le cose che vediamo
e tocchiamo sono relative al nostro io. Tu ciò che vedi e tocchi, lo gusti, lo
mangi, e dici: “mi piace”, però essendo relativo al tuo io, non hai la
luce, non capisci che cosa significa,
cioè non capisci che cosa serva per la vera vita, per la Vita eterna. Per cui
tutto il mondo è mistero. Perché tutto il mondo è avvolto nel mistero? Eppure
lo vediamo, lo tocchiamo, gioiamo di quello, però è mistero. Ma perché è mistero?
Perché è avvolto nella notte, è tenebra: non
lo capiamo. Questa notte forma in noi il bisogno della Luce.
Franca: Ma le tenebre si
sono formate dopo che hanno rifiutato la
luce? o erano già tenebre?
Luigi: L’uomo nasce cieco, quindi nelle tenebre; ma essere
tenebre non è colpa. Infatti dice Gesù: “Se foste ciechi non sareste in
colpa, ma è che essendo ciechi dite di vedere…”(Gv 9,41). Le tenebre che rifiutano
la luce, la rifiutano perché credono di vedere, per cui rimangono tenebre e non possono più accogliere la Luce fintanto
che credono di vedere. Per questo Dio per ricuperarle alla Luce deve accecarle
attraverso le tenebre, attraverso le lezioni della vita, attraverso il
battesimo di Giovanni Battista; deve cioè portarle alla consapevolezza della
loro cecità e miseria. È l’opera che Dio
fa con ogni uomo.
La Luce è data dal Pensiero di Dio, dalla
Parola di Dio; questa Parola di Dio
che arriva a noi, che arriva come annuncio e che ci annuncia una
cosa che ancora non vediamo e non tocchiamo, noi possiamo rifiutarla. L’annuncio
ci dice: “vieni a cena” (cf Lc 14,17); questo è un annuncio: è la
Luce che arriva nella nostra notte, là dove noi siamo. Noi possiamo rifiutare e
dire: “No, ho altro da fare, ho i buoi, i campi, la moglie, non posso
venire” (cf Lc 14,18-20); ecco, qui incomincia la nostra notte; cioè, le
tenebre hanno rifiutato la luce, hanno rifiutato l’invito. In conseguenza di
questo, “i buoi, i campi e la moglie” sono diventati la nostra verità,
il nostro mondo. In questa situazione possiamo essere salvati soltanto
attraverso “i buoi, i campi e la moglie”; infatti, essendo noi
schiavi dei buoi, dei campi e della moglie, possiamo essere salvati soltanto
attraverso i buoi, i campi e la moglie, e in nessun altro modo; cioè ci
vuole “Qualcuno” che ci parli di Dio a quel livello, attraverso ciò che noi
abbiamo presente: buoi, campi e moglie.
Pinuccia B.: Mi
è venuto da associare questo versetto al versetto che abbiamo approfondito
domenica scorsa: «il cieco, interrogato da Gesù, alla domanda: “credi tu nel
Figlio di Dio”, risponde; “e chi è, affinché io possa credere in Lui?”» (cf Gv 9,35-36); infatti domenica scorsa ci si
è soffermati sull’importanza di individuare per poter credere, perché non
possiamo credere in ciò che non abbiamo ben definito, ben chiaro. Quindi l’annuncio
ben definito e chiaro è questo: Dio è il Creatore; e credere vuol dire essere
conseguenti all’annuncio ricevuto; cioè se il Creatore è Lui, non attribuire le
cose a te o agli altri, ma riferisci tutto a Dio, prendi tutto da Dio e cerca
di capire. Quindi, cogliere l’annuncio di Giovanni Battista è poi cogliere
l’annuncio di tutta l’opera creatrice di Dio.
Luigi: Certo, tutta l’opera creatrice di Dio si sintetizza nel
battesimo del Battista, in questo invito alla giustizia, perché tutto
l’universo, tutta la creazione, dice ad ognuno di noi: “compi questa
giustizia; dà a Dio quello che è di Dio”. Questa è la giustizia fondamentale
che ci è urlata da mattina a sera da tutte le cose, dalla nostra vita che
passa, dal tempo, dal nostro morire. Tutto ci grida: “dà a Dio quello che è di
Dio, perché tutto è di Dio”; e ancora: “Levati i calzari, perché sei su una
terra sacra” (Es 3,5).
“Vi fu un uomo mandato da Dio”
Tutta l'opera dell'Antico Testamento, ed in
essa è significata tutta l'azione di Dio nella nostra vita prima che noi
personalmente incontriamo il Cristo, fu ed è quella di portare l'uomo nella
convinzione che nella sua vita deve mettere prima di tutto Dio e non il
pensiero di se stesso, e quindi non il suo interesse, non la sua figura, non la
sua ambizione o la sua gloria, che sono tutti prodotti dell'io quando è posto
al centro della vita.
È una questione di verità e di giustizia,
poiché evidentemente il nostro io non è il Creatore dell'universo. È educazione
alla rottura con la mentalità del mondo, con i conformismi del “così fan
tutti": rottura con il vecchio modo di pensare e di agire secondo la
gerarchia dei valori del mondo, per imparare a vivere personalmente nella luce
di Dio e nel primato del soprannaturale. "Un'anima veramente
soprannaturale non tratta mai con le cause seconde, ma con Dio solamente,
" scriveva nei suoi Pensieri suor Elisabetta della Trinità. E Paolo VI in un suo discorso dice :
"Noi siamo essenzialmente destinati al rapporto personale con Dio".
In un mondo caratterizzato da una folle corsa
al benessere materiale che si sta concludendo nel vuoto, nell'ansia e anche
nella disperazione, s'impone la priorità assoluta della vita spirituale. È la lezione, dura, che Dio ci sta dando per
non aver voluto capire l'alfabeto delle parole ch'Egli scrive nell'universo.
Tutto ciò che è stato fatto, è stato fatto per
noi, e tutto ciò che è stato scritto, è stato scritto per noi; e imparare a
leggere le parole di Dio, ad intenderle, ed a vivere nella Verità, è la vera
promozione umana, poiché senza questa unione con Dio, l'uomo anche se fosse
padrone di tutta la terra non sarebbe né più libero, né più felice e non potrebbe
sfuggire all'angoscia del nulla che sempre si scava vivendo per le cose del
mondo. "Che cosa vi è di più perverso, di più opposto alla ragione, alla
giustizia, alla natura stessa, del preferire la creatura al Creatore, del
ricercare i beni che passano più che gli eterni, quelli terreni più che i celesti?",
ripeteva S. Bruno, questa figura gigante che domina tutta la spiritualità della
Certosa fin dalla sua fondazione. "L'uomo
deve radicarsi profondamente nel soprannaturale per rispondere alle esigenze
del mondo di oggi. È necessario che
risplenda agli occhi di tutti che il nostro unico bene assoluto è Dio, e che la
nostra patria definitiva è al di là del terrestre”, scrive P. Jacques Loew.
Tutta l'opera di Dio durante il tempo in cui
viviamo pensando a noi, un errore che può durare tutta la nostra vita, è di
convincerci che il nostro io non è Dio e non deve quindi essere al centro della
nostra vita e dei nostri pensieri.
Convincerci cioè a compiere in noi la giustizia principale che sta nel
mettere Dio al centro e il nostro io alla periferia. È la condizione perché le tenebre possano
accogliere la Luce, perché gli allievi possano ascoltare il Maestro.
Tutta questa opera di Dio di preparazione
dell'uomo all'incontro con la sua Verità, e che è rappresentata nell'Antico
Testamento, si sintetizza e si ricapitola nella figura di Giovanni Battista,
l'ultimo dei profeti, "il più grande tra i nati di donna ",
come lo definisce Gesù (Mt 11,11).
Giovanni Battista è colui che addita alle
genti “l’Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo” (Gv 1,29), è
colui che presenta a tutti il Maestro e dice: adesso fate silenzio!
Uomo mandato da Dio, egli è segno dell'opera
di ricupero da parte di Dio per salvare le tenebre che hanno rifiutato la
Luce. Ricapitolazione e sintesi di tutta
l'opera di preparazione al Cristo, nella sua voce ritroviamo la voce della
creazione, del diluvio, la voce di Abramo, Isacco e Giacobbe, la voce della
Legge, dei Profeti.
Se le tenebre hanno rifiutato la Luce, se
hanno preferito le tenebre alla Luce, è perché esse stesse si sono ritenute
luce e non tenebre, non bisognevoli quindi di Luce. È ciò che avviene in ogni uomo quando ritiene
di poter vivere anche senza Dio. "Se
foste ciechi non sareste in colpa.
Invece voi dite: noi vediamo. Il
vostro peccato rimane ", disse
Gesù ad alcuni Farisei che credevano di avere occhi per vedere e giudicare, ed
invece erano ciechi (Gv 9,41).
Alle tenebre che si credono luce rimane la
possibilità di ricupero unicamente attraverso la testimonianza di ciò che esse
sono: tenebre e non luce. Per questo Gesù dice: "Io sono venuto perché
coloro che sono ciechi, vedano, e coloro che vedono, diventino ciechi” (Gv
9,39).
Alla creatura che si crede autonoma e non
bisognevole della luce di Dio per illuminare i suoi occhi, alla creatura che
ritiene Dio una sovrastruttura di cui può fare a meno, altro non c'è, per
liberarla dal suo errore, che farle toccare con mano il suo niente e il tutto
di Dio.
(III-24.11.1976)
Tutte le creature ci dicono essenzialmente tre
cose: che la Luce esiste, splende, viene; che esse non sono la Luce; che noi
uomini dobbiamo prepararci ad incontrarla. Questa è la testimonianza di tutte
le creature ad ogni uomo, e questa dovrebbe essere anche la testimonianza delle
parole degli uomini, se fossero fedeli alla Realtà.
Ma gli uomini possono essere infedeli: essi
infatti parlano di sé, pensano a sé, esaltano sé e cercano la propria
gloria. Si mettono fuori della Realtà:
si credono il centro di qualcosa e non sono il centro di niente. Ma la Realtà
che opera in loro, nonostante loro, parla un linguaggio diverso dalle loro
parole e fa loro rendere testimonianza, comunque essi siano e qualunque cosa
essi dicano, alla Luce di Dio.
La Realtà smentisce le parole degli
uomini. Essa parla il linguaggio dei
Profeti antichi, parla il linguaggio di Giovanni Battista: "venuto per
rendere testimonianza alla Luce. Non era
Lui la Luce, ma venne per rendere testimonianza alla Luce". Tutto viene per rendere testimonianza alla
Luce, affinché ogni uomo intenda e alzi gli
occhi verso di Essa e viva.
L'incontro con chi ci segnala e testimonia la
Luce schiude un lungo viaggio davanti a noi: il cammino della ricerca e della
conoscenza di Dio; cioè ci orienta, noi che non sappiamo il senso della vita,
al fine del nostro destino e ci dice: devi andare là.
Se tutte le cose ci segnalano Dio, bisogna
guardare a Dio se vogliamo restare nella
Realtà. Se invece guardiamo più a noi
che a Dio, la nostra anima inaridisce e muore e noi perdiamo l'orientamento e
incominciamo a girare a vuoto.
Ma anche questo vuoto e questa nostra
dispersione rendono ancora testimonianza a Dio, alla sua Verità, alla sua Luce,
poiché mentre a noi che vogliamo essere tutto e i giudici di tutto, fanno
toccare con mano il nostro niente,
confermano che un Altro è il Tutto e il giudice di tutto. Per cui: o l'uomo conosce e confessa Dio, o
deve conoscere e confessare il suo niente, la sua notte, la sua confusione.
Deve, poiché se la conoscenza di Dio è libera, la conoscenza del proprio niente
è obbligata, si impone. È la riduzione
all’infinitesimo di ciò che si è rifiutato di aprirsi all'Infinito.
È questo il significato e la testimonianza di
tutte quelle prove che umiliando l’uomo gli fanno toccare con mano i suoi
limiti, la sua miseria, la sua notte, il suo niente, dopo che si è gonfiato ed
esaltato, dopo che si è ubriacato (e si è lasciato ubriacare) a tal punto da
ritenersi padrone della vita. "Chi
si esalta, sarà umiliato” (Lc 14,11), dice Gesù.
È la testimonianza pesante, terribile,
talvolta senza misericordia, che le tenebre sono tenebre e non luce, che l'uomo
è creatura e non Dio, perché ogni cosa viene ricondotta al suo posto. Lezioni di ogni giorno e che ogni uomo esperimenta
fintanto che non si convince che deve togliere il suo io dal centro dei suoi
pensieri e mettervi Dio.
Mettere il Pensiero di Dio al centro dei
nostri pensieri e della nostra vita è il primo atto di giustizia chiesto ad
ogni uomo da Dio e da tutto l'universo. Chi non lo fa, non può riconoscere e
accogliere il Cristo nella sua vita.
Toccare con mano che siamo tenebre e non luce,
creature e non Dio, servitori e non padroni, è la condizione perché le tenebre
possano riconoscere ed accogliere la Luce del mondo, che è Cristo.
Fintanto che ci consideriamo noi il centro,
non possiamo intendere Colui che è centro.
Fintanto che ci consideriamo noi la Luce, non possiamo accogliere la
Luce. Fintanto che non vogliamo tacere,
fintanto che non ci mettiamo in ascolto, non possiamo intendere Colui che
parla.
Sono le nostre parole che ci rendono sordi
alle Parole di Dio e ciechi alla sua Verità.
Allora abbiamo bisogno di essere costretti a constatare che noi non
siamo il centro di niente, né padroni
della vita, e nemmeno dei nostri corpi, e nemmeno delle creature o delle cose,
padroni di niente. È l'opera del Divino
Chirurgo nella notte dell’uomo.
Così, per l'opera di Dio, anche la notte ha la
sua voce in favore della Luce e ne prepara l'incontro. È l'opera significata
nella figura di Giovanni Battista: "affinché per mezzo di lui tutti
credessero”. La giustizia di Giovanni Battista è il messaggio al quale
dobbiamo guardare fintanto che non abbiamo imparato a credere ed a vivere nella
Realtà di Dio.
Giovanni fu un uomo mandato da Dio, profeta
dell'Altissimo, per preparargli la strada, per dare cioè la conoscenza della
salvezza agli uomini, i quali fintanto che vivono pensando a sé, si allontanano
sempre più da Dio e dalla vita. Quanto più differiamo di mettere Dio al centro
della nostra vita, tanto più moriamo in
noi stessi, lontano dalla Verità.
(IV – 01.12.1976 – continua)
(articoli pubblicati da “La Fedeltà” , scritti
da Luigi Bracco)
In un mondo che vuole un altro Dio da adorare
e servire, perché, dicono, il Dio dell'era spaziale, dell'era dei calcolatori
elettronici, del consumismo, della filosofia più o meno esistenziale e della
secolarizzazione, non può possedere più gli stessi connotati del Dio adorato al
tempo dei servi della gleba, dei pastori, dei nomadi che nelle loro migrazioni
Lo portavano con sé tra le loro tende, l’Avvento ci ripresenta l'antico e
sempre nuovo Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e ci ripropone la fede
ch'essi ebbero, affinché anche noi possiamo vedere la salvezza di Dio. Ci riconferma che il Dio di allora è il Dio
di adesso, perché sono gli uomini che mutano e invecchiano, non Dio.
Gli uomini mutano e svuotano la loro anima e
perdono il senso della loro vita perché guardano più alle cose che a Dio.
Bisogna invece guardare più a Dio che alle cose, perché il destino dell'uomo
trascende il mondo e la società e l'era spaziale e i calcolatori elettronici e
il consumismo e le congiunture economiche e la filosofia esistenziale e la
secolarizzazione; il destino dell'uomo è in Dio, ed è qui ch'egli deve
guardare, e fermarsi.
I problemi dei servi della gleba o dei pastori
di allora, sono gli stessi, identici problemi dell’uomo sulla luna o dell'uomo
incollato alla macchina o dei nomadi moderni della filosofia e della teologia
che non trovano più un luogo di pascolo.
Il destino dell'uomo trascende il mondo e le
variazioni dei tempi, ed è per questo che adesso come allora pone ad ogni uomo
gli stessi problemi : cos'è la vita ? Che ci stiamo a fare in questo
mondo? Chi ci assicura della
Verità? Sono queste le testimonianze
della Luce e del nostro destino eterno.
L'Avvento ci rimette in contatto con la Realtà
di cui, curvi sotto il peso dei nostri guadagni, abbiamo smarrito la nozione:
la Realtà di Dio, e ci fa prendere coscienza dell'autentica distanza tra il
punto in cui ci troviamo e quello a cui dobbiamo giungere.
Esso ha per noi la funzione dell'Antico
Testamento : convincerci che tutto viene da Dio e che tutto dobbiamo aspettarci
da Dio.
L'Avvento ci riporta la gioia segreta che Dio
opera tra noi e per noi; porta con sé una promessa per tutti gli uomini:
incontrerete Dio. Quando? Quando sarà in cima a tutti i vostri desideri; quando
sarà l'Atteso.
«I figli di Israele e i figli di Giuda
verranno insieme e si affretteranno
camminando e piangendo e cercheranno il
Signore loro Dio, e si uniranno al Signore con un patto sempiterno che non sarà
mai cancellato dall’oblio»(Ger
50,4-5). L'Avvento presentandoci che tutto viene da Dio, ha lo scopo di far
maturare in noi l'attesa, la ricerca di Dio come bisogno primario della nostra
vita.
Quando la ricerca di Dio non è posta prima di
tutto, la fede, le credenze e tutta la nostra religiosità rappresentano per noi
solo una convenienza ed un conformismo più o meno confessati.
Nel deserto, ai margini della strada delle
genti, Giovanni, detto il Battezzatore, annunciava ad ogni uomo la necessità di
rompere con la mentalità del mondo fatta di convenzioni e conformismi e figura,
dove quel che conta è apparire, e dove si dimentica di dare a Dio ciò che è di
Dio. Il battesimo di penitenza di cui Egli parlava era una rottura, perché non
è Dio che deve esser cambiato, ma siamo noi che dobbiamo cambiare.
A che serve il lavoro, la fatica, la
sofferenza se l'amore e la ricerca di Dio non si svegliano in noi?
A che serve il guadagnare, il parlare, il
mangiare, il dormire se la nostra anima non si apre al raccoglimento e al
silenzio e non trova spazio per prepararsi all'incontro con Dio?
A che servono le ore del giorno e quelle della
notte, a che serve la vita, a che serve la morte se l'amore e la ricerca di Dio
non trovano la via per diventare la nostra vita e il nostro pane quotidiano?
Giovanni, venuto dal deserto a preparare le
genti all'incontro con la Salvezza di Dio, rendeva testimonianza alla Luce e
rispondeva ai veri problemi di ogni uomo, di ieri e di oggi.
Bisogna capire la voce delle cose; bisogna
capire la lezione dei tempi; bisogna capire il bisogno della nostra anima,
della nostra mente, del nostro cuore; bisogna capire l'essenziale, perché tutto
quello che è necessario per capirlo ci è dato. La Luce brilla tra le
tenebre. È annunciata. È testimoniata.
Ogni uomo porta in sé, per gli stessi problemi
che porta, la testimonianza che la Luce esiste e lo chiama.
Giovanni, il Battezzatore, venne quale
testimone per rendere testimonianza alla Luce che ogni uomo porta in sé, “affinché
per mezzo di lui tutti credessero. Non
era lui la Luce, ma venne per rendere testimonianza alla Luce”.
E cosa fece Giovanni affinché tutti credessero
nella Luce ?
“Raddrizzate i sentieri del Signore – disse;
ogni monte si abbassi; ogni valle si colmi; le vie storte siano fatte
diritte; allora (e solo allora), ogni uomo vedrà la salvezza di Dio”(Lc
3,4-6).
Quello che avvenne allora fu per farci capire
quello che avviene nella vita di ogni uomo.
(13.12.1972)
(articoli pubblicati da “La Fedeltà” scritti
da Luigi Bracco)