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Egli era in principio con Dio. Gv 1 Vs 2


Titolo: Sintesi dei tre annunci.


Argomenti: Rapporto mutato dell’uomo con Dio. Attribuire alle parole di Dio le nostre intenzioni. La vita è partecipazione. La parola rivela il pensiero. Schiavi del mondo. Colloquio con Dio.


19/settembre/1975


Pensieri tratti dagli incontri del Sabato:

Sabato 17.01.1976 e Sabato 24.02.1976

(appunti)

 

Luigi: Egli era in principio con Dio”: Questo versetto è riassuntivo dei tre concetti del versetto precedente. Ma la disposizione dei termini esprime una circolarità che è perfezione. Ci dà una visione completa, una sintesi completa: prima ci presenta i tre elementi:

 

    “In principio era il Verbo…”

         “…il Verbo era presso Dio…”.

         “…il Verbo era Dio.”

 

Ora ci dice: il tutto è questo: “Il Verbo era con Dio” .

Infatti il versetto 1 ci ha rivelato che alla radice del nostro essere c’è il Verbo di Dio: Lui è il Maestro interiore che parla, noi la creatura che ascolta. In principio l'uomo non vedeva la materialità delle cose, ma il significato delle cose, lo spirito delle cose, il Pensiero di Dio, il Verbo; quindi aveva molto presente Dio (non si trattava di panteismo, perché Dio non si confonde con le creature, ma è trascendente le creature, pur essendo immanente).

Quindi l'uomo in principio:

- avendo presente Dio che gli parlava nelle cose ("In principio era il Verbo"),

- raccoglieva le cose in Dio ("il Verbo era presso Dio"),

- e ne comprendeva lo Spirito ("il Verbo era Dio")

Ora il v. 2 ricapitola il tutto, dicendo: "Egli era in principio con Dio": quindi se vogliamo recuperare il principio del nostro essere, dobbiamo riferire tutto a Dio.

Questa affermazione "era" si riferisce sempre all'uomo che ha mutato il suo rapporto con Dio. Anche quando Gesù nella preghiera sacerdotale chiede al Padre di restituirgli la gloria che Egli "aveva" prima che il mondo fosse, si riferisce a prima che il mondo prendesse piede nel cuore degli uomini, privando così il Verbo di Dio della sua gloria in essi. Infatti il mondo allontana dai nostri pensieri l'importanza di Dio, perché il mondo è una realtà molto opprimente. Il pensiero del mondo, nel pensiero di noi stessi, offusca in noi (non certamente in Dio) la Verità di Dio.


 

Sabato 09.04.1983


 

Ida: Mi sembra che si ripeta, e non capisco il significato di questa ripetizione...

Luigi: Nel primo versetto vi sono delle affermazioni diverse, perché dice: “In principio era il Verbo, il Verbo era in Dio, e il Verbo era Dio”, ora invece dice: “Egli era in principio con Dio”, oppure “Egli era in Principio presso Dio”.

Indubbiamente tutto questo va sempre riferito alla situazione nostra; cioè, non è che ci sia stata una variazione in Dio, non è che in principio Dio era così e poi non è stato più così; No! Perché Dio è fuori del tempo, quindi non possiamo applicare a Dio i nostri tempi, i nostri verbi.

Ora, se si affermano queste parole, in quanto si affermano sono per noi; cioè è per presentare a noi una situazione come era quando Dio ci volle, nel disegno di Dio; poi in questa situazione è avvenuto un mutamento, ma ripeto: il mutamento è avvenuto in noi. Per cui noi siamo nel tempo, e nel tempo noi abbiamo una situazione iniziale, una situazione attuale e una situazione futura. Quindi ci viene annunciata quella situazione come era all’inizio voluta da Dio, quando Dio ci ha creati. Ma poi essendoci noi allontanati, ci viene annunciato “questo” affinché noi recuperiamo ciò che era in principio.

In principio - è detto - il Verbo era con Dio”; evidentemente perché in seguito, in noi, il Verbo, cioè la Parola di Dio, è stata separata da Dio. Infatti i nostri guai iniziano nel momento in cui non uniamo le parole di Dio a Dio; mentre invece in principio non era così. Allora, se ci dice che in principio non era così è per dirci: “Se voi vi siete trovati nei guai è perché avete perso il principio; questo ve lo dico affinché voi possiate recuperare, cioè vi preoccupiate di recuperare ciò che era in principio”, cioè affinché noi abbiamo la preoccupazione di riportare le parole di Dio in Dio, perché tali sono; perché “l’uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”(Dt 8,3; Mt 4,4). Ma se la Parola di Dio esce staccata dalla bocca di Dio, l’uomo non vive più di queste parole. La vita nostra viene in noi proprio in quanto raccogliamo, ascoltiamo le parole di Dio da Dio; ma se noi ascoltiamo le Parole di Dio non da Dio, ma dagli uomini, queste non ci danno più vita. E così anche tutta la creazione: se noi separiamo la creazione da Dio, non ci dà più vita. La vita ci viene in quanto quello che è di Dio, unito a Dio, lo manteniamo unito a Dio; da questa unione in noi deriva la vita. Ecco perché noi perdiamo la vita, esperimentiamo la morte: perché separiamo le parole di Dio da Dio. Ma separare cosa vuol dire?

Separare vuol dire rivestire le parole di Dio delle nostre intenzioni, del nostro pensiero.

Piero: Mi fa pensare quale destino meraviglioso è il nostro. Egli vuole riportarci alla purezza di pensiero.

Luigi: Evidentemente noi non potremmo recuperare questa purezza di pensiero se non avessimo in noi li Pensiero stesso di Dio; questa è una cosa molto importante. Un animale non può fare questo lavoro di raccoglimento; ed è questa la differenza tra l’animale e l’uomo. Quindi proprio perché l’uomo ha il Pensiero di Dio a disposizione, se non unisce le parole di Dio a Dio c’è una responsabilità, quindi una colpa; se invece lo fa, cresce in vita, perché quanto più uno raccoglie in Dio, tanto più attinge in vita, e la vita è crescita fino all’infinito; perché vivere per noi è partecipare. Ma partecipare a chi? Partecipare a Colui che è il Vivente. Dio è il Vivente. Noi viviamo solo per partecipazione.

Noi non ci rendiamo conto, ed è lì il grande errore che noi facciamo: noi ci riteniamo vivi, ma in realtà noi non siamo vivi: la nostra anima non vive di per sé; la nostra anima vive in quanto si alimenta; ora, cos’è l’alimentazione, cosa significa mangiare?

Mangiare significa partecipare; quindi noi viviamo in quanto partecipiamo. Quindi non partecipando a Dio, non raccogliendo in Dio, noi perdiamo in vita; ma più noi raccogliamo in Dio, più cresciamo in vita, perché naturalmente partecipando si cresce, e si cresce fino a quella dimensione in cui è Colui al quale noi apparteniamo. Quindi se l’Altro è infinito, qui abbiamo una partecipazione ad una vita che diventa infinita, immortale. Partecipando a Colui che è il Vivente non si muore più. Infatti Gesù dice: “Chi viene dietro di Me non esperimenta la morte”(cf Gv 6,5; Gv 8,12; Gv 11,26).

Noi esperimentiamo la morte proprio in quanto ci separiamo da Dio, non raccogliamo in Dio; la morte è divisione, dalla divisione viene la dispersione e allora tutte le cose ci portano via.

Flavio: Anch’io in questo primo versetto vedo un ripetersi del primo, però lo vedo come una chiarificazione del versetto che viene dopo (“Tutto è stato fatto per mezzo di Lui” Gv 1,3). Nel senso che Dio usa questo Pensiero per creare.

Luigi: No! Dio crea tutto nel suo Pensiero. Tutta la creazione è nel Pensiero di Dio; questo vuol dire che tutta la creazione è finalizzato al Pensiero di Dio. Cioè Dio crea per Se stesso. Tutto, quindi la creazione e noi stessi, siamo finalizzati a Dio.

Dio è lo scopo della nostra esistenza. Ma se questo è il fine (Dio è il Principio e Dio è il Fine), allora tutto è fatto nel suo Pensiero; quindi tutta la creazione è finalizzata al Pensiero di Dio; il che vuol dire che tutta la creazione tende a rivelarci il Pensiero di Dio.

La creazione è un discorso che tende a rivelare un Pensiero. Quando noi parliamo, se siamo sensati, facciamo un discorso, e questo discorso tende a comunicare all’altro un pensiero. Quindi ascoltando il discorso di uno ad un certo momento noi arriviamo a capire il Pensiero di quest’uno; ecco, succede che attraverso la conversazione, il discorso, si è comunicato un pensiero.

Ora, se noi interrompiamo il discorso prima di arrivare a ricevere il pensiero dell’altro, tutto il discorso è servito a niente; se invece arriviamo al pensiero dell’altro, arrivati al pensiero c’è la comunione, cioè si stabilisce la comunione con l’altro.

Tutto è segno, quindi così è nell’opera di Dio. Tutta la creazione di Dio è discorso di Dio a noi; ma qual è la meta di questo discorso?

La meta di questo discorso è rivelarci il suo Pensiero, il suo Verbo.

Quindi il Verbo è il termine del discorso. Però, succede che noi interrompiamo l’ascolto di questo discorso, perlomeno non siamo disponibili ad ascoltare sino alla fine, “ho i campi, i buoi, la moglie” (Lc 14,18-20). Quindi non aver disponibilità vuol dire interrompere il discorso prima di arrivare al termine; e tutto ciò che è stato detto non è servito a nulla, perché non si è arrivati al Pensiero. Ecco, la situazione è questa: l’Altro stava comunicando il suo Pensiero e non si è arrivati al Pensiero che l’Altro stava comunicando. È così che noi frustriamo l’opera di Dio in noi stessi; proprio perché non arriviamo al Pensiero.

Si dice che tutto è fatto nel suo Pensiero, perché tutto è fatto per questo fine, che è quello di rivelare a noi il suo Pensiero. E soltanto arrivando a conoscere il suo Pensiero, noi abbiamo la comunione con-; cioè, dalla comunicazione del Pensiero arriva la comunione. Quindi è necessaria quella disponibilità di animo, e quella pazienza per arrivare al termine del discorso, alla Meta.

Flavio: Vedevo una specificazione: “Egli era in principio con Dio”, quindi “tutto è stato fatto per mezzo di Lui”.

Luigi: Certo, tutto è stato fatto per mezzo di Lui, perché tutto è fatto in vista di Lui; cioè il Fine non è l’uomo. Non siamo noi il fine della creazione; noi siamo ancora finalizzati a-. Quindi Dio ha fatto tutte le cose per l’uomo affinché l’uomo possa conoscere il suo Signore.

Però tra quello che arriva a noi e questo Fine può esserci una frattura; siccome non si ritorna a Dio senza di noi, può darsi che noi non ritorniamo a Dio, e allora tutta l’opera resta interrotta senza che noi giungiamo a prendere coscienza della Meta del discorso. E naturalmente si resta nella confusione. Infatti quando noi non arriviamo a capire il pensiero di una persona, restiamo confusi. Quindi se non arriviamo a capire il Pensiero di Dio in tutte le cose noi restiamo confusi.

Paolo: Questo “Verbo che era in principio con Dio”, ci dice che ogni parola mi parla del Padre.

Luigi: Sì, quindi in principio, nell’Intenzione di Dio, nel volere noi, c’è questo disegno. Per cui ogni parola di Dio è con Dio, e se è con Dio va rispettata questa vicinanza, non va allontanata da Dio.

Siccome tutto è Parola di Dio, ogni parola che giunge a te non allontanarla da Dio, perché essa è con Dio, presso Dio, ed è detta nel Pensiero di Dio, quindi riportala a Dio. Tutta la creazione, tutte le cose, tutti i fatti, la tua stessa esistenza ti parla di Dio, allora guarda Dio. Guardando Dio, ecco che ristabilisci la vicinanza delle cose. Noi abbiamo la possibilità di allontanare il segno; noi viviamo con il Pensiero di Dio in noi, e con i segni di Dio, e abbiamo la possibilità di non ricollegare i segni di Dio al loro Principio, e allora questo crea il danno nostro, crea la dispersione.

Ida: Quando noi siamo dominati dalle cose, è perché dentro di noi la scelta è già stata fatta.

Luigi: Certo, quando restiamo dominati è perché già abbiamo interrotto il discorso. “Sono le vostre colpe che hanno creato le distanze”(cf Is 59,2; Ger 5,25) dice il Signore. Se siamo lontani da Dio, non è che Dio si sia allontanato da noi, ma siamo noi che non abbiamo riportato a Dio quello che è di Dio, per cui restiamo dominati dalle creature; ma in quanto siamo dominati siamo già in una fase di colpa, abbiamo già mancato.

Ida: Capirlo è una grazia del Signore.

Luigi: Certo, farci constatare questo è come un semaforo rosso che ci dice che siamo su una falsa strada, non possiamo andare avanti. Quindi quando noi sentiamo il dominio su di noi delle cose è come sentire una malattia; infatti la malattia cosa ti denuncia? Ti denuncia che c’è qualche cosa che non va nel tuo corpo; così è lo stesso: essere dominati dalle cose è come avere una malattia, perché le cose quando sono a posto, cioè quando il nostro pensiero è unito a Dio, diventano silenziose, tutto è perfettamente a posto, perché l’universo è fatto bene. Se invece il nostro pensiero si separa da Dio, allora le cose incominciano a pesare troppo: il corpo pesa; la creatura ci attrae; siamo dominati dagli eventi e dagli impegni, questo dobbiamo farlo, quell’altro ci ossessiona; e questo è già tutto rumore che pesa su di noi. Questo peso eccessivo, questa catena, è segno che c’è qualche cosa che non va nel campo dello spirito, nel campo dell’anima nei rapporti con Dio.

Allora, è inutile che tu ti dia da fare per liberarti da tutto ciò che pesa in te; no! rientra in te stessa e correggi il rapporto con Dio, perché è lì che è avvenuto il guasto. Bisogna sempre risalire alla causa del male, perché la fonte di tutti i mali sta sempre in questo rapporto con Dio trascurato. Il rapporto è giusto in quanto noi mettiamo Dio al centro, Dio come punto fisso di riferimento. Quando invece noi mettiamo il nostro io come punto fisso di riferimento, anche quando pensiamo a Dio, preghiamo Dio, il rapporto è sbagliato. E se il rapporto è sbagliato si cade nell’inquietudine nel tormento, nella schiavitù, ecc. Tutto dipende dal punto fisso di riferimento.

Noi dobbiamo mettere come punto fisso di riferimento quello che è il punto fisso di riferimento, il Principio; invece noi generalmente mettiamo come punto fisso di riferimento il pensiero di noi stessi, e lì il rapporto è del tutto sbagliato, le scelte sono sbagliate.

Silvana: Non ho capito bene il perché Giovanni si ripete.

Luigi: Penso che in questo qui ci sia una ricapitolazione di quello che è stato detto nel primo versetto: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”, “…era Dio”, il Verbo è Dio stesso. Poi, ricapitolando conclude: “Egli era in principio con Dio”.

In larghi termini è un’espressione della Trinità divina: uno, due, tre = uno; quindi: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio, il Verbo era Dio” = “Egli era in principio con Dio”. È la conclusione per dire a noi che in principio le cose erano così: “c’era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo stesso era Dio; sappi che in principio era così, poi invece è successo quel che è successo…”.

Pinuccia B.: Non sembra tanto una ripetizione dei tre concetti visti prima, ma una ripetizione del secondo concetto, direi cioè “presso” = “con”.

Luigi: No, è una sintesi della situazione. Prima ha fatto bene le distinzioni, poi ha fatto una sintesi del rapporto che c'era in principio con la situazione di adesso: “In principio il Verbo era con Dio”; quindi è la sintesi di ciò che ha detto prima, ma mettendola in raffronto con la situazione nostra: lo riferisce alla creatura, sempre all’uomo, perché siamo in una situazione di tempo; la situazione di tempo è sempre riferita a noi, è ammaestramento per noi, è insegnamento per noi. Quindi mentre dice questo, dice a noi: guarda, nella situazione di principio la Parola di Dio era con Dio; e lo dice per mettere sempre più in evidenza la situazione nostra in cui ci troviamo, per dare a noi la possibilità di un eventuale recupero. Quasi a dire: “guarda che Dio ti ha voluta così; adesso tu non attribuire a Dio la situazione in cui tu ti trovi, perché Dio ti ha voluta così; quindi c’è qualche cosa in te che è venuto meno, rispetto a come Dio ti ha voluta. Allora, se dice queste parole evidentemente è per farti una proposta; perché la Parola di Dio è sempre una proposta per ognuno di noi, è una proposta per dare a noi la possibilità di recuperare la situazione iniziale. E con una sola frase in sintesi ci dice quello che aveva annunciato nel primo versetto; ricapitola, per cui sembra una ripetizione, ma in Dio non ci sono mai le ripetizioni.

D’altronde, abbiamo visto, negli incontri precedenti, l’importanza e il significato della “ripetizione”, ad esempio quella del miracolo della pesca miracolosa: ci fu la pesca miracolosa che Gesù fece all’inizio della sua missione con gli apostoli (Lc 5,1-6), e quella successiva dopo la sua risurrezione (Gv 21,4-11); è una ripetizione, eppure ha una validità enorme proprio come ripetizione. Prima di tutto è una conferma d’amore. L’Amore è ripetitivo; l’Amore dice delle parole semplici e le ripete sempre, sono sempre uguali, eppure sono una novità continua.

Ora, la ripetizione di quel miracolo della pesca miracolosa dopo la risurrezione di Gesù è stato per i discepoli una conferma enorme di vocazione, perché li ha richiamati a quel primo segno. Infatti il richiamo a quel primo segno ha dato loro una sicurezza enorme. Perché quando uno è innamorato vuole sempre sentirsi dire le stesse parole?

Perché gli danno una conferma; la conferma dà stabilità all’anima. Ed è per questo che noi subiamo le insicurezze, le incertezze, perché tendiamo sempre ad allontanarci, a disperderci dietro a tutte le cose. Invece l’Amore confermandoci dà a noi quella stabilità, che è poi la condizione necessaria per poter crescere. Là dove c’è una condizione di instabilità la creatura non cresce, anzi si distrugge; soltanto ponendola in un ambiente di stabilità noi abbiamo la creatura che incomincia a costruire. Ora, l’Amore rende questa situazione stabile, ed è lì che la creatura costruisce; altrimenti, senza stabilità, senza conferme, la creatura viene distrutta, le si spezza la spina dorsale, le si spezza la fedeltà.

Amalia: In questo insistenza colgo un’urgenza nel recuperare il principio.

Se non fosse avvenuto questo guasto nel disegno originale di Dio, Adamo ed Eva avrebbero colto senza fatica il Pensiero di Dio in tutto?

Luigi: Non soltanto senza fatica, ma addirittura con gioia; perché conoscere per Adamo ed Eva era gioia. Quindi colloquiare con Dio era motivo di gioia.

Amalia: Erano sempre alla presenza di Dio?

Luigi: Sì, sempre alla presenza di Dio, quindi in colloquio con Dio. Ora, crescere nella Luce, nella conoscenza di Uno è motivo di gioia, non di fatica. La fatica c’è per noi in quanto c’è stata la rottura; dopo la rottura avvertiamo il peso delle cose, proviamo la fatica; quindi pensare costa fatica, raccogliere in Dio costa fatica, e questo perché siamo attratti da tante altre cose. E allora diciamo: “io non posso venire”; oppure ci impegniamo per cercare di capire qualche cosa e non riusciamo in niente.

La fatica è dovuta dal fatto che siamo dispersi da troppe cose.

Amalia: Quindi loro riportavano le cose a Dio senza fatica.

Luigi: Certo, le riportavano con gioia. Adamo colloquiava tutte le sere con il Signore (Gen 3,8); questo colloquiare vuol dire riportare tutto quello che Dio durante il giorno gli aveva presentato, riportarlo alla sua Presenza per raccogliere da Lui il suo Pensiero. Infatti tutte le cose che avvengono noi sentiamo il bisogno di dirle a qualcuno per sentire il suo pensiero su di esse; abbiamo bisogno di conferire; ma perché si sente il bisogno di conferire? Per capire come la vede l’altro.

Ora, tutto questo è segno di quello che dovremmo fare con Dio; perché tutti i fatti di Dio, e tutte le parole che Dio fa giungere a noi, vengono illuminate dalla sua Presenza. Ma se noi non le riportiamo alla sua Presenza, tutti i fatti per noi sono motivo d’incertezza, di confusione. È Lui che dà a noi la luce per intendere le sue parole; quindi se è Lui, noi dobbiamo conferire a Lui; ecco quello che faceva Adamo alla sera: la sera riportava e riportando cresceva. Infatti Adamo era in formazione e quindi essendo in formazione stava crescendo nella luce di Dio, nella conoscenza di Dio fino ad arrivare a quel superamento del pensiero del suo io, che non c’è poi stato; quel superamento che l’avrebbe inserito nella Vita Eterna, spiritualizzato in Dio.

Pinuccia B.: Questo versetto lo vedo come un invito all’ascolto; bisogna mettersi in questo atteggiamento di cogliere tutto come Parola di Dio: “In principio era il Verbo”; deve essere un ascolto che riporta, non un ascolto passivo.

Luigi: Sì, l’abbiamo detto molte volte: ascoltare è essenziale, ma non è sufficiente, non basta; l’ascolto è la premessa per arrivare a capire, ad intendere. Quindi se uno non ascolta normalmente non porta dentro di sé il dono per-. Dunque, bisogna ascoltare, ma oltre all’ascolto bisogna cercare di capire. Cioè, quando si ascolta si riceve il seme; ma poi, ricevuto il seme, bisogna portarlo a compimento, al frutto.

Ora, è proprio qui che generalmente noi manchiamo; il terreno perde il seme proprio tra l’arrivo del seme e il frutto: lo perde per strada.

Noi generalmente perdiamo per strada il seme, la Parola che Dio ci ha fatto arrivare, perché siamo distratti, perché abbiamo altro da fare, perché non abbiamo quella pazienza per portarlo al suo compimento.

Pinuccia B.: Per portare la parola di Dio a compimento bisogna custodirla, approfondirla…

Luigi: …ci vuole molto raccoglimento, ci vuole molto silenzio. Sapendo che viene da Dio, bisogna riportarla in Dio con il desiderio di vederla da Dio, per vederla nel Pensiero di Dio. Ora, questo non c’è nessuno che lo possa fare al posto nostro. L’ho detto molte volte: il portare a compimento la Parola di Dio che giunge a noi è il vero compito sacerdotale di ogni uomo. Se viene a mancare quest’opera di raccoglimento, viene meno in noi la consacrazione dell’universo; in tal caso per noi l’universo viene profanato, è fuori del Tempio. Profanare vuol dire portare fuori del tempio.

Tutto deve essere portato “dentro”, deve essere portato nel Tempio. Questo è il lavoro essenziale che ognuno di noi deve fare; ed è un lavoro per il quale si è autorizzati a piantare lì tutto; si è autorizzati a mollare tutto pur di poter svolgere questo compito sacerdotale; questo è il lavoro essenziale, lo dice Gesù: “Non preoccuparti del mangiare e del vestire…; cercate prima di tutto il Regno di Dio” (Mt 6,31.33).

Un altro segno della pesca miracolosa dopo la risurrezione è questo: quando gli apostoli giungono sulla spiaggia trovano già tutto fatto; il fuoco è acceso, il pesce è già sulla brace, il pane è pronto. Quindi oltre ad essere una conferma della vocazione iniziale, “venite dietro di Me e vi farò pescatori di uomini” (Mt 4,19), dimostra ai suoi che già tutto è fatto, quindi li invita a non preoccuparsi di altro: il fuoco è già acceso, il pesce è già sulla brace, e il pane è già preparato. Quindi dice nuovamente od ognuno di noi: “tutto l’universo è già preparato affinché voi cerchiate Dio prima di tutto; non preoccupatevi di niente altro”. Invece cosa succede? Succede che non ascoltando le parole di Gesù noi incominciamo ad affannarci per questo e quell’altro e allora non siamo più disponibili per Dio; e non essendo disponibili ecco che dobbiamo interrompere; e ci scusiamo dicendo: “qui faccio niente, mi sembra di fare niente; mentre invece c’è da fare quello e poi quell’altro”, ecco: “io ho i campi, ho i buoi, la moglie…, non posso venire”(Lc 14,18-20). Interrompendo questo raccoglimento in Dio succede la frattura, cioè succede che il mondo resta profanato dentro di noi; e quando cerchiamo di ricorrere ad un momento di fede per sostenerci di fronte a qualche prova, ci accorgiamo che la fede non c’è più; e diciamo: “come mai? Ero sicuro…”. È il problema di Giuseppe e Maria: erano sicuri che Gesù fosse con loro, e poi la sera (proprio quella famosa sera di Adamo), scoprono che Gesù non è più con loro. Questo è rivelazione di ciò che succede ad ognuno di noi: noi camminiamo tutta la giornata, siamo sicuri che Dio è con noi magari perché abbiamo avuto una luce, delle conferme, camminiamo tranquilli, e poi nel momento della sera, nel momento in cui avremmo bisogno, ci accorgiamo che non c’è, la fede non ci tiene più, perché abbiamo lasciato entrare il mondo senza raccoglierlo in Dio; ecco il disastro.

Pinuccia B.: Quindi questo è un invito a ricuperare la situazione iniziale in cui l’uomo non si fermava alla materialità delle cose; ma si può dire che vedesse già il significato delle cose?

Luigi: No, no, no, le vedeva come opera di Dio; per capire il significato doveva raccoglierle in Dio. Il significato viene dalla bocca di Dio; per ricevere una cosa dalla bocca di Dio bisogna raccogliere quello che arriva a noi, perché ciò che Dio fa, lo fa a noi; però ogni cosa va riportata a Dio per attingerla dalla bocca di Dio, e dalla bocca di Dio arrivano i significati. Come il significato arriva a noi, la cosa si tramuta in vita perché c’è comunione; invece non c’è comunione se non c’è significato delle cose. Se non c’è il significato allora le cose hanno per noi valore di per sé; l’albero è un albero, l’uomo è un uomo, questo fatto è opera delle creature, la natura è la natura, ecc; cioè per noi la realtà sono le cose in cui ci troviamo. In tal caso noi incominciamo a dialogare con questa realtà e non dialoghiamo più con Dio; allora si dialoga con l’uomo, con la natura, con le cose, ma non con Dio, e questa “nostra realtà” ci allontana sempre più da Dio.

Ecco allora che viene detto: “In principio non era così”; e a chi dice: “ma allora, Signore, tu non hai fatto bene il mondo, perché il mondo pesa su di noi terribilmente” , il Signore risponde: “No, sei tu che non hai riportato le cose a Me; la frattura è dentro di te”; per cui avendo fatto troppa attenzione alle cose senza riferirle al Creatore, non avendo fatto questa giustizia essenziale, le cose stesse pesano su di noi, e non riusciamo più a liberarcene, e siamo portatati via.


 

Sabato 04.02.1989


 

Nino: Ribadisce quello che già ha detto prima, cioè nel principio nostro il Verbo era presso Dio; poi noi l’abbiamo separato; abbiamo cercato il verbo degli uomini, le parole nostre, e ci siamo riempiti del pensiero del nostro io, della nostra ragione…

Luigi: …ed è nato il demonio.

Nino: Ci rendiamo conto di questo vedendo la confusione che c’è nel mondo; non ce n’è uno che la pensi come l’altro, ci esaltiamo del nostro pluralismo, ma vediamo dove sta andando il mondo? Stiamo annegando nell’inquinamento della terra, del mare, del cielo, delle nostre menti, ecc.

Luigi: Certo, tutto è segno, ed è Parola di Dio per ognuno di noi, per dire a noi: “guarda che hai dimenticato il Principio”.

Delfina: Però prima della venuta di Gesù, il Verbo di Dio non era ancora manifestato all’uomo?!

Luigi: No, però il Verbo di Dio è eterno. La Parola di Dio è eterna, e tutta la creazione è fatta nel Verbo di Dio. Tutto, ancora adesso, è fatto nel Pensiero di Dio.

È come se uno ti scrive una lettera: la lettera la scrive nel suo pensiero, per comunicarti il suo pensiero, quindi per capire la lettera devi cercare il suo pensiero. Infatti quando ricevi una lettera non ti metti a imparare a memoria quello che c’è scritto, ma leggendo cerchi il pensiero di colui che ti scrive.

Delfina: Ma il Verbo è il Figlio, perciò…

Luigi: Certamente, tutta l’opera che Dio fa la fa nel suo Figlio, cioè la fa nel suo Pensiero. Quindi tutta l’opera che Dio fa, la fa per comunicare a noi il suo Pensiero. Tutta la creazione di Dio è una lettera (vedi dispensa n°1087 “Il postino e la lettera”), e tutti i giorni Dio ci scrive una lettera con gli avvenimenti che ci fa arrivare; noi dobbiamo arrivare a capire il suo Pensiero, perché soltanto capendo il suo Pensiero abbiamo la Luce e restiamo con Dio. Altrimenti, se noi perdiamo contatto con Dio, cominciamo a navigare dietro agli avvenimenti, ai fatti, alle creature; ed è come se imparassimo a memoria o registrassimo delle parole, senza mai preoccuparci di arrivare a capire il pensiero. Quindi tutto è fatto nel Pensiero di Dio per comunicare a noi questo Pensiero; perché soltanto comunicando a noi il suo Pensiero, Dio ci rende partecipi di Sé.

Tu partecipi della persona soltanto se conosci il pensiero di quella persona, altrimenti sei tagliato fuori da quella persona. Non basta che tu sia vicino a quella persona sentimentalmente, affettivamente, come parentela, o fisicamente; non partecipi della persona se non conosci il pensiero della persona. Quindi è la conoscenza che ti rende partecipe.

Delfina: Ma questo Pensiero non è venuto suo Figlio Gesù a insegnarcelo?

Luigi: Gesù è venuto, e fu necessario per ogni uomo, in conseguenza del peccato, in conseguenza del fatto che noi ci siamo separati; cioè ad un certo momento per noi le realtà sono diventati i corpi, e in queste realtà ciò che conta è la presenza fisica. Infatti noi il più delle volte confondiamo la persona con il corpo.

Sovente quando una persona muore si dice: quello lì non c’è più; “col cavolo” che non c’è più! È il suo vestito che è stato messo in guardaroba, ma perché la persona non è il suo corpo. C’è il corpo e c’è la persona; tanto è vero che noi siamo qui, ma ognuno di noi ha il suo pensiero chissà dove…; ognuno di noi vive dietro il suo pensiero. Non sono pochi i casi in cui magari una persona sta fisicamente benissimo ma è addolorata al punto da suicidarsi. Questo ci dimostra che il pensiero dietro una cosa che ci tormenta prevale sul corpo. Quindi c’è una distinzione tra la persona e il fisico.

Ora, in conseguenza del peccato per noi la realtà diventa la presenza fisica, diventano i corpi. Ecco, allora qui fu necessaria la venuta di Gesù, del Figlio di Dio come corpo; perché se noi siamo schiavi di una cosa, possiamo essere salvati soltanto dalla cosa stessa, perché non capiamo nessun altro linguaggio.

Il peccato ci crea l’ossessione, e quando tu resti ossessionato da una cosa, non ascolti più nessun altra parola; ma perché questo? Perché hai fame di ciò che ti ossessiona, e capisci soltanto quel linguaggio lì. Ora, Dio per salvarci ad un certo momento ha usato il linguaggio corporeo, attraverso Cristo, perché era l’unico linguaggio con cui poteva prendere contatto con noi. Ma questo per riportarci di nuovo al Pensiero, e non per sostenere la nostra notte, le nostre tenebre, o i nostri diritti.

Dio è venuto, si è incarnato perché noi non capivamo un altro linguaggio, ma per portarci nel suo Cielo, e non per confermarci nella nostra notte, nelle nostre tenebre.

Angelo: Questo versetto mi ha fatto capire che Gesù è nel Padre. Vuol dire che se voglio conoscere Gesù Cristo devo aver fame di Dio Creatore.

Luigi: Certo, perché “Nessuno può venire a me se non è attratto dal Padre” (Gv 6,44). Quindi è questa la condizione essenziale; perché se non credi che Dio è il Creatore di tutte le cose, tutto, beni e mali non puoi incontrare Cristo. Dio è Creatore anche delle cose che per noi sembrano le più impossibili, perché esistesse soltanto un punto solo della storia, dell’universo, anche solo un granello di sabbia non voluto da Dio, Dio non esisterebbe. Quindi Dio per te deve essere il Creatore di tutte le cose; allora, se tu credi che Dio è il Creatore di tutte le cose, sei attratto da Dio perché cerchi il Pensiero di Dio.

È Dio che fa tutte queste cose; non sono gli uomini. Quindi quando tu dici che è Dio che fa le cose, tu cerchi il significato, cerchi il Pensiero, cioè cerchi “cosa Dio mi vuol dire attraverso queste cose”; e la ricerca del Pensiero di Dio ti conduce a incontrare il Cristo.

Silvana: Questa ripetizione che significato ha per noi?

Luigi: Il Signore “ripete” sempre! …per la quinta volta ricominciamo il Vangelo di S. Giovanni.

Non è ripetizione. Prima Lui ha fatto tre annunci, e poi fa la sintesi. E la meraviglia è questa: Dio è sintesi; Dio parla, opera e ti raccoglie tutto in unico Pensiero. Noi nella nostra grossolanità diciamo: “ripete”; però Dio è come l’amore: è ripetitivo perché dice sempre le stesse cose, eppure ci dice una novità meravigliosa tutti i momenti.

Franca: C’è differenza nel dire che “Il Verbo era presso Dio”, e dire: “Il Verbo era con Dio”?

Luigi: Ho detto prima che nel primo versetto ha fatto tre enunciati e adesso conclude tutto in un unico Pensiero; è la conclusione.

Dio fece l’universo (l’universo è fatto in sei giorni) e poi il settimo giorno si riposò (Gen 2,2). Questo significa che nel settimo giorno c’è stata la ricapitolazione, il compimento dei sei giorni, e il compimento dei sei giorni sta in questo: invitare noi ad entrare in quel riposo (perché Lui entrò nella sua pace, nel suo riposo). Infatti Lui fa i sei giorni senza di noi, e questi sei giorni non sono stati fatti allora, ma sono fatti adesso; infatti ogni avvenimento che noi incontriamo nella nostra giornata, nella nostra vita arriva attraverso i sei giorni della creazione fatti da Dio indipendentemente da noi. Quindi tutti i fatti arrivano a noi da delle profondità immense, e noi ad un certo momento li vediamo. Ma quando li vediamo è come quando si vede la sorgente in montagna: in quel punto incontri la sorgente, ma quell’acqua arriva da chilometri e chilometri di sotto-roccia; e chissà dove e come si è formata. Ecco attualmente, l’avvenimento o il fatto che vedi è come una sorgente: sgorga in quel preciso punto, ma grazie a tutti gli avvenimenti che Dio ha fatto prima.

Quando tu dici: “io sono nato il tal giorno in quell’anno…”, lo dici senza renderti conto che Dio per farti nascere in quel punto ti ha concepito dai primi giorni della creazione, attraverso miliardi di anni. Ecco, attraverso miliardi di anni, già pensava a te, che saresti nata in quel punto preciso. Dio non ti ha fatto in quel punto in cui sei nata, ma tu sei pensata, e tutto l’universo è pensato in funzione di te che dovevi nascere in tale giorno e in tale luogo. Quindi tutte le cose, Dio, le fa attraverso questi sei giorni fatti da Lui indipendentemente da noi; poi ad un certo momento, il sesto giorno, ci porta a prendere coscienza: “facciamo l’uomo” (Gen 1,26) e poi entra nel riposo per dire: “Adesso tu porta tutto a me ed entra nella mia pace”, e la sua pace è Conoscenza, è Luce.

Lui attraverso i sei giorni forma l’uomo e poi dopo entra nel riposo per invitare noi ad entrare nel suo riposo. Ora, il suo riposo, il Sabato, vuol dire compimento. Sabato vuol dire compiere, quindi compimento, conclusione affinché noi possiamo vedere tutto (ecco la contemplazione!) in un unico Pensiero, perché tutta l’opera che Dio ha fatto si conclude in un unico Pensiero. Per cui in un primo tempo Lui fa un’opera che sembra staccata, e poi ci invita a concludere, ma la conclusione avviene soltanto nel suo Pensiero, e lì avviene il compimento.

Franca: Il compimento sarebbe il “perché” ha fatto quell’opera?

Luigi: E già, ma il “perché” è il suo Pensiero, la rivelazione della Presenza del suo Pensiero in te.

Rita: È richiesta la nostra partecipazione?!

Luigi: Colui che ha creato tutte le cose senza di te adesso non ti rivela il suo Verbo, il suo Pensiero, non ti porta al compimento senza di te; ed è qui che c’è il passaggio tra il venerdì e il sabato, ed è la notte più lunga.

Pinuccia B.: Se questo versetto è la sintesi delle tre parti del versetto precedente, lo capisco se vedo la sintesi…

Luigi: La sintesi è questa: “in principio il Verbo era con Dio. Ora, se tu concludi partecipi, cioè ti ritrovi che il Pensiero di Dio che è in te è Dio.

Pinuccia B.: E in Lui trovo la giustificazione di tutti i segni raccolti in Lui.

Luigi: Perché Dio opera tutto per portarci a constatare la sua Presenza in noi nel suo Pensiero. Dio si conosce solo per mezzo di Dio, cioè del suo Pensiero. Ora, fintanto che noi andiamo a cercare Dio fuori, in altre cose, in quello che dicono gli uomini, noi non troviamo Dio. Allora, Gesù dice: “Se vuoi trovare Dio, entra nel silenzio della tua stanza, chiudi l’uscio e lì raccogliti, perché la Verità abita dentro di te e non fuori” (cf Mt 6,5; Lc 17,21); ma dentro cosa troviamo?

Troviamo sentimenti, troviamo pensieri, troviamo tanta confusione, ma tra tutto questo c’è anche il Pensiero di Dio.

Raccogliamoci nel Pensiero di Dio, è lì che si trova la Verità. La Verità si trova nel Pensiero di Dio che portiamo in noi, perché nel Pensiero di Dio abita Dio.

Dio abita nel nostro Pensiero; quindi fintanto che non prendiamo contatto col Pensiero di Dio, invano noi cerchiamo la Verità dentro o fuori di noi.

Pinuccia B.: Questo vuol dire recuperare il principio.

Luigi: Si capisce, perché in principio c’era questo Pensiero: il Pensiero di Dio, e tutto è stato fatto in questo Pensiero; e se ti allontani dal Pensiero di Dio tu trovi la notte. Ma la tua notte è ancora una testimonianza che la Luce è nel Pensiero di Dio; altrimenti tu non faresti esperienza della notte.