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E noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria che un tale Figlio Unigenito riceve dal Padre Gv 1 Vs 14 Decimo tema.


Titolo: Imparare a convivere con Colui che, per portarci al Padre, abita con noi.


Argomenti: Il Verbo in Cristo ha occupato un punto di tempo e spazio. Cristo collega tutto con il Padre. Vedere le cose dal punto di vista di Dio. Il cireneo. Le parabole.  L’amore impegna a scegliere. CAMMINARE CON IL VERBO. IMPARARE A CONVIVERE CON DIO.


1/Gennaio/1976


Dall’esposizione di Luigi Bracco (appunti):

Facendosi “carne”,  il Verbo ha occupato in Cristo un punto della nostra storia e dello spazio. In Cristo possiamo trovare il Verbo fatto carne.

Venendo ad abitare tra noi, il Verbo si è messo a nostra disposizione, si è fatto reperibile, perché ci ha dato l’indirizzo della sua casa; per cui dipende da noi andare o no a trovarlo, fermarci  poco o tanto con Lui, colloquiare o no con Lui.

Già abbiamo  visto che l’annuncio del “Verbo che si è fatto carne ed abitò tra noi” ci mette in movimento, perché ci pone tutta una serie di problemi:

Cosa significa che nasce da una Vergine?

Come posso incontrarlo?

Dove Lo trovo?

Come faccio a vivere con Lui?

Fino a quando Lo avrò a disposizione?

Qual è lo scopo della sua abitazione tra noi?

Sono tutti interrogativi che, in conclusione, ci impegnano in questo grande problema:  imparare a convivere con Colui che, per portarci al Padre, abita tra noi.

Per imparare, dopo averlo individuato, a convivere con il Verbo che è venuto ad abitare tra noi, dobbiamo innanzitutto  tener  sempre presenti i tre pilastri che stanno a fondamento della nostra vita spirituale e che poggiano sulla fede attuale in Dio Creatore di tutte le cose visibili ed invisibili (cf  libro: “Ecco la notte”). Infatti se in tutto teniamo sempre presente Dio Creatore:

·1°) non possiamo non attribuire ogni avvenimento a Lui e quindi accettarlo;

·2°) non possiamo ignorare che ogni avvenimento ha un significato, per cui dobbiamo superare il punto di vista del nostro io per riportare tutto a Dio, per vedere tutto in Lui e da Lui;

·3°) e, infine, non possiamo non tener presente che ogni avvenimento contiene un messaggio personale per ognuno di noi: in quanto Dio me lo fa arrivare, Dio sta parlando personalmente con me attraverso questo avvenimento, per cui devo cercare di capire, desiderare di capire.

Se invece non tengo presente  Dio attribuisco gli avvenimenti agli uomini, non cerco di capirne il significato, non avverto che Dio sta parlando con me,  e quindi   non prendo la lezione su di me.

Ed è qui che  scopriamo l’essenzialità delle parole del Verbo incarnato. Cristo infatti con tutto il suo parlare ci collega tutto col Padre e ce ne illumina il significato. Più ci nutriamo delle sue parole e più impariamo a conoscere il suo Pensiero; e più conosciamo il suo Pensiero e più impariamo a convivere con Lui in tutto.

Quindi, prima cosa da farsi è: accettare.

Seconda cosa: riportare a Dio per capire.

Terza cosa: sentirsi responsabili di ciò che succede (Dio lo fa per me) e quindi non giudicare: magari quella donna suicida è un angelo (dal libro “Ecco la notte”), così pure Giuda. Svolgono la funzione del Cireneo: infatti per ogni uomo ambizioso e orgoglioso c'è un Cireneo che porta la croce. Anche se non so chi è, basta che io sappia che il mio peccato esige un cireneo, perché la funzione del cireneo sia efficace per me.  Un solo peccato, un solo pensiero deviante esige da parte di Dio, perché Dio mi ama, una scena per salvarmi.  Le conseguenze così necessariamente ricadono su di un altro che diventa una scena per noi.

Tutti coloro che soffrono innocentemente sono compendiati in Cristo innocente che muore in croce. Tutte le sofferenze del mondo sono compendiate e illuminate dalla Croce sul Calvario. Il Cristo Crocifisso ci rivela l’infinito Amore e l’infinita Misericordia del Padre verso tutti gli uomini.

Bisogna far conto sulla Misericordia di Dio (in questo sta la salvezza) e, mai sulle proprie virtù (anche se idealmente non avessimo peccato).  La salvezza non viene né dal ricordare il nostro male, né il nostro bene, ma sta nell'imparare a far conto su Dio, poiché  la salvezza ci viene da Lui:  "Signore, ricordati di me” (Lc 23,42),  “Signore, faccio conto su di Te”.

Si diventa figli di Dio facendo conto su di Lui, camminando con il Verbo incarnato, imparando a camminare con Lui, assimilando le sue parole che ci fanno conoscere l’Intenzione del Padre e quindi il suo immenso Amore per noi, per ognuno di noi.

La più bella prova di misericordia e amore di Dio, evidente per tutti, è che il mondo continua a girare… C’è in Dio una Sorgente di Misericordia e Amore tale che nemmeno ci immaginiamo.

  Da parte di Dio c’è una sollecitazione continua attraverso tutta la sua Onnipotenza e attraverso tutto il suo operare, per convincerci a fare questo atto di fiducia (”Signore, faccio conto su di Te!”), per far nascere in noi questo pensiero di amore, per invitarci cioè a superarci continuamente.

Superarci  vuol dire mettere Lui al centro e l’io in periferia (cioè attribuire tutto a Lui, quindi non giudicare). Ma  nessuno ci può obbligare a fare questo: è un atto d’amore intimo, segreto.

Il pensiero dell'io ci impedisce di entrare in questa Verità, di capire che tutto è opera sua e di far conto unicamente su di Lui.  Fossimo anche santi, noi precipiteremmo nell'inferno, se facessimo conto anche minimamente su quanto siamo.  Quando ci convinciamo della nostra impotenza e facciamo conto su di Lui, allora incominciamo a vivere nella Verità. Altrimenti “tutto ciò che non viene dalla fede è peccato”, dice S. Paolo (Rm 14,23), e ci porta al delitto.

Solo se siamo mossi da Dio diventiamo figli di Dio, se no è finita. Se ci lasciamo guidare dal nostro io, se non ci superiamo, non possiamo convivere con Colui che abita tra noi e quindi non possiamo arrivare dove Lui ci vuole portare: non conosceremo mai il Padre e non diventeremo mai figli di Dio.

Convivere con Lui significa infatti portarci a vedere le cose dal Suo punto di vista, sposare la sua Intenzione, superando la propria.

Il superamento di noi stessi, del nostro punto di vista e della nostra intenzione, è un passaggio personale: chi si supera incomincia la vita personale.  È solo Dio  che, mettendoci di fronte a questa scelta, ci fa persona, ed è solo Dio che ci fa vivere personalmente. Infatti  in tutto è Lui che tratta personalmente con me, che opera e parla personalmente con me, chiedendomi personalmente di scegliere Lui e il suo punto di vista. Bisogna superarsi ( quindi mai giudicare nessuno) per vivere questo. È questa continua scelta di Lui  che ci fa persona e ci fa convivere in unità di pensiero e di volere con il Verbo incarnato.

Chi si supera acquista quindi una vita personale: se mi supero incomincio a diventare diverso dall'altro, perché il superamento del mio io é un atto che io solo posso fare. Solo dove siamo noi stessi diventiamo persone. A questo punto (cioè per coloro che hanno fatto questo superamento), Gesù dice: "Non prego più per il mondo" (Gv 17,9). Per costoro che Lo hanno seguito, che hanno vissuto con Lui, solo per  costoro ha un linguaggio intimo e personale, come quello del Prologo. Il Prologo è un quadro in movimento che ci mette a fuoco la Gloria del Figlio che viene dal Padre. Così anche a questo punto Gesù, pregando il Padre, fa capire ai suoi che la sua Gloria Lui la riceve dal Padre e  lo dice perché la nostra attenzione si focalizzi sul Padre.

Per il mondo (per coloro cioè che sono ancora in pianura)Gesù ha un altro linguaggio: sii buono, ama il prossimo, le beatitudini, ecc.. A chi si è superato (a chi è sulla vetta)  dice una parola che non dice al mondo. Questa parola la dice solo a chi è entrato personalmente in un rapporto personale con Lui: “A voi che siete dentro è dato di conoscere i misteri del Regno, ma a chi è fuori parlo in parabole (Mt 13,11).

Le parabole sono annunci che invitano sempre ad un superamento dell’io per cercare Dio.  Ma non è detto che tutti rispondano a questo invito: dipende da ciò che uno porta dentro, se si è fatta o no la giustizia essenziale, se è maturata o no la fame di conoscere Dio.

Dio chiama tutti alla Vetta, ma il momento determinante per iniziare la salita è il superamento dell’io.

Lo stesso “annuncio" della nascita di Gesù provoca reazioni diverse (confrontiamo, ad esempio, i pastori con Erode). È la fame o l’assenza di fame che è determinante. Così in seguito: ci fu chi Lo accolse e chi Lo uccise. Tutto dipende sempre da  ciò che uno ha messo interiormente al centro del suo pensiero e interesse: Dio o il proprio io.

Per accogliere il Cristo ed imparare a convivere con Lui, dobbiamo aver fatto la giustizia essenziale e aver maturato una certa fame di Dio e soprattutto dobbiamo superare noi stessi. Ma questo è un atto essenzialmente personale: solo “io” posso superare me stesso, ed è il primo atto di giustizia. So infatti di fare un errore fondamentale quando mi metto al centro. “Tu non sei Dio”, devo dire a me stesso, ed è ciò che mi dice ogni creatura in mille modi, anche quando mi pesta un piede.

Se uno mi pesta un piede, se ho presente Dio, reagisco in un modo; se ho presente il mio io (cioè se non supero il mio io) reagisco in un altro.

Se penso a Dio, Lo ringrazio: "Così mi hai umiliato".  Ecco la grande liberazione! Ma bisogna attribuire tutto a Dio.

Ogni movimento di riferire tutto a Dio mi porta a questa grande esigenza: una crescente fame di Dio. Più mi supero e più aumenta l’attrazione per Lui.

Cristo ci mette in movimento fino alla Pentecoste.  Siamo stati affidati a Lui dal Padre, fin dal momento in cui Lo abbiamo incontrato.  Ma tutta la vita va vissuta con Lui, facendo conto su di Lui.

Il far conto su Dio non è un atto, ma una continuità, come l'amore e la consacrazione. L'amore ti impegna continuamente a fare delle scelte:io faccio conto su di Lui...;  io scelgo Lui”.

È importante la continuità di scelta di Dio se vogliamo imparare a convivere con Lui. E questa continuità di scelta vuol dire mettere tutto il resto al di sotto di questo. Quando si è feriti di amore si va soltanto da chi ci ha ferito. In questa rinnovata scelta di Dio,  Cristo prepara il posto dove Lui è, cioè prepara in noi quella maturità e capacità di guardare dal punto di vista del Padre.

"Dove Io sono voi non potete venire" (Gv 7,34), ci dice Gesù, non per escluderci, ma per farci capire che da soli non vi possiamo giungere, e nemmeno con Lui fisicamente presente. È per questo che se ne va. Ma ormai, a questo punto,  ha già messo a fuoco la nostra attenzione verso il Padre.  Rimane spiritualmente presente in noi, e la sua presenza è talmente carica e convincente nella nostra anima, che nessuno ce la può portare via.

Imparare a convivere con Lui vuol dire  camminare con Lui fino a dove Lui va, fino al Padre. Per cui ad un certo momento dobbiamo accettare che la sua presenza fisica scompaia.

È la presenza esteriore che se ne va, perché è d’impedimento in quanto, finché c’è, ci fermiamo a questa       che ci soddisfa e indebolisce la ricerca spirituale. Infatti l’annuncio della sua partenza ci rattrista: "Perché vi ho detto questo vi siete caricati di tristezza”, dice Gesù (Gv 16,6). Pensando a noi stessi diventiamo tristi, e quando si è tristi si è impediti di vedere (come accadde ai discepoli di Emmaus). 

Invece dovremmo godere quando Lui se ne va fisicamente perché c’è un qualcosa di più grande che ci attende; ma nel pensiero dell’io non lo capiamo, per cui ci rattristiamo (così come quando muore una persona cara: quando piangiamo, in fondo piangiamo per noi). Eppure Gesù dice: “Se mi amaste, vi rallegrereste, perché Io vado al Padre” (Gv 14,28) e chiede al Padre che ci manifesti la sua Gloria: “Padre, glorificami con quella gloria che ebbi presso di Te prima che il mondo fosse" (Gv 17,5) (cioè che fosse in noi): c’è una conoscenza che può venirci solo da qualcosa fuori del mondo, che può venirci solo dal Padre.

Per riceverla, si guarda da- (dal punto di vista del Padre).

Il "posto" che Gesù è andato a prepararci è una maturazione nostra interiore che ci porta a guardare da-, dal punto di vista del Padre.

Da questo punto di vista si vede e s'intende ogni cosa.  Si capisce tutti, ma non si è capiti.  San Paolo dice: "L'uomo spirituale capisce l'uomo animale, ma non viceversa” (1 Cor 2,14-15).

Cristo dialoga con tutti, senza però accettare l'errore, così pure dobbiamo fare noi. Basta una sua frase, come: ''non preoccupatevi del mangiare", (Mt 6,31) per far cadere, ad esempio, la visione marxista. Naturalmente il marxista non può capire il Pensiero di Gesù, ma chi è con Gesù capisce quello che Gesù dice, e capisce che ciò che Lui dice fa cadere la visione marxista.

Imparare a convivere con Cristo vuol quindi dire cercare di capire il suo Pensiero per imparare a pensare come Lui pensa, a parlare come Lui parla, imparare cioè a partire sempre dal Padre, e a guardare sempre in tutto al Padre.

Cristo abita tra noi, non per confermarci, ma per liberarci dai nostri posti di blocco. Egli è Uno che cammina. Va avanti, verso una meta ben precisa. Se non camminiamo con Lui, Lo perdiamo.

Pensieri tratti dagli incontri del Sabato:   Sabato 24.01.1976   (appunti)

 “Abitò tra noi”: Cristo incarnandosi ci dà il suo indirizzo. Se abita tra noi è perché vuole stabilire un legame con noi; per cui, se noi vogliamo, Lo possiamo reperire tutte le volte che lo desideriamo, perché dandoci il suo indirizzo, si è messo a nostra disposizione.

Possiamo fermarci con Lui, assimilare le sue Parole, tutto il tempo che vogliamo. Più capiamo le sue Parole, più camminiamo con Lui verso la vera vita.

Ogni sua Parola capita ci fa percorrere con Lui un tratto di strada, fino a contemplare la sua Gloria che gli viene dal Padre, non dal mondo.

Sabato 14.05.1983

Pinuccia B.: “…e abitò tra noi” e questo è “grazia”, perché abbiamo visto che la presenza è “grazia”, è dono di uno che si rende presente. Grazie all’incarnazione, Dio si rende presente e si mette  a nostra disposizione. Quindi questa “grazia”, questa Sua presenza tra noi, è una conseguenza dell’Incarnazione.

Luigi: È l’Incarnazione! La “grazia” è l’incarnazione; infatti abbiamo detto che l’incarnazione è il Verbo di Dio che si rende presente in questo rapporto sbagliato in cui ci troviamo noi. Cioè noi in conseguenza dell’autonomia del nostro io, quindi di azioni, di pensieri, di parole dette non in unione con Dio, non  secondo lo Spirito di Dio, siamo venuti a trovarci schiavi delle presenze fisiche, quindi schiavi dei corpi. In questa situazione noi identifichiamo la realtà con i corpi, con le presenze fisiche, per cui possiamo esser salvati soltanto attraverso una presenza fisica, in cui però parli Dio. 

Allora il Verbo di Dio si rende presente fisicamente, presenza fisica, “tra noi”, però non parla come parlano tutte le altre presenze fisiche; infatti tutte le altre presenze fisiche ci confermano nel nostro errore, Lui venendo tra noi non ci conferma nel nostro errore. Quando quel fratello dice a Gesù: “Fammi giustizia,  perché mio fratello vuol tenersi tutta l’eredità e non vuole dividerla con me…” (Lc 12,13), Lui non conferma questa passione.

Pinuccia B.: Vedevo questo “abitò tra noi” come una conseguenza dell’Incarnazione, perché mi riferivo ad una spiegazione data nel passato: si era detto che questo suo abitare fra noi è come se ci desse  il suo indirizzo, per cui io Lo posso trovare quando voglio, posso fermarmi con Lui quanto tempo voglio.

Luigi: Certo, l’abitare tra noi è una conseguenza dell’incarnazione; se si è incarnato vuol dire che è venuto in questo nostro mondo sbagliato, cioè si è reso presenza fisica. Essendo una Presenza fisica vuol dire che Lo possiamo trovare; infatti se non fosse una presenza fisica non potremmo trovarlo. Quindi, se io ad esempio apro il Vangelo, Lo posso trovare, ed il Vangelo è a mia disposizione; la storia mi parla di Lui, quindi ho Lui a disposizione, ho un riferimento a Lui, ecc.; poi ad un certo momento mi accorgo che tutte le cose, siccome Lui è il centro, mi conducono al Cristo, tutti i problemi della vita mi conducono a Lui.

Se imparo ad abitare anch’io con Lui come Lui abita con me, e per realizzare questa coabitazione debbo nutrirmi delle sue Parole, allora Lui a poco a poco forma in me la capacità di sostare nel Pensiero del Padre, dal quale mi verrà ogni luce, ogni conoscenza sul Figlio.

Imparare ad abitare con Cristo è condizione indispensabile per giungere a conoscere il Padre, perché Gesù dice: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me”, e conoscere il Padre è condizione essenziale per giungere a vedere la Gloria del Figlio, per giungere cioè alla nostra Pentecoste.

Pensieri conclusivi:

Piero: Per poter vedere Cristo in noi e abitare con Lui è necessario fermarci.

Ida: È necessario riportare tutto a Dio per imparare ad abitare con Colui che abita con noi.

Paolo: Il Verbo che si fa carne è grazia, è dono, perché dà a noi la possibilità di attingere da Lui.

Luigi: Sì, perché L’abbiamo a disposizione; se L’abbiamo a disposizione possiamo attingere, ma non è detto che attingiamo. Abbiamo cioè  la fontana da cui possiamo bere, se però abbiamo sete.

Micol: È molto importante dedicare del tempo per la ricerca di Dio per non lasciarsi confondere dalle altre mentalità.

Luigi: Soltanto che per dedicare del tempo bisogna avere il coraggio di superare tante cose; cioè ad un certo momento devi scartare tante cose del nostro mondo, altrimenti non hai mai tempo, perché: “Devo fare questo, poi quell’altro, ecc.”. Invece bisogna avere il coraggio di accantonare tutto e di seguire il Maestro. Anzi, bisognerebbe dedicare a Dio il tempo migliore; ad esempio la freschezza della mattina, soprattutto il tempo interiore (il tempo migliore è quello interiore) per la cosa  essenziale, perché Dio è Colui che vale più di tutto.

Quindi se vale più di tutto, tu dove Lo metti? Se Lo metti in ultimo vuol dire che Lo stimi poco, e allora vuol dire che c’è dell’ingiustizia di fondo; se invece gli dai il suo giusto valore, cioè se Lo metti al suo giusto posto (poiché il valore che gli dai si riconosce dal posto che gli dai nella tua vita), allora ti accorgerai che la luce incomincia a formarsi in te sul significato e sul senso della vita stessa.

Tiziana: Riferire tutto a Dio, specialmente le cose più banali sulle quali passo sempre sopra.

Luigi: E no, perché presso Dio non c’è niente di banale. La banalità è soltanto effetto della nostra grossolanità. Ma Dio essendo un Infinito riflette il suo Infinito in tutte le cose, in ogni piccola cosa…; infatti se guardi un filo d’erba o una formichina vedi che portano con sé più infinito che tutto l’universo stellato. Nell’Infinito non c’è la banalità; la banalità c’è solo nel pensiero del nostro io perché nel pensiero del nostro io siamo grossolani.

E allora non dire banale o volgare a nulla, perché presso Dio, essendo tutto opera di Dio, è tutto carico di significato per noi e quindi, se ha un significato, serve per la nostra vita.

Pinuccia B.: Dobbiamo a Dio molta riconoscenza per questa sua Incarnazione e abitazione tra noi, perché Dio praticamente si è reso accessibile in Cristo: possiamo stare con Lui quanto vogliamo, ascoltarlo tutte le volte che vogliamo per ricevere da Lui la luce su Dio e sul nostro destino. Per cui, attraverso Cristo, noi sappiamo il Pensiero di Dio, quindi ciò che Egli pensa della nostra vita, del perché ci ha creati…

Luigi: Diciamo: Dio con Cristo si è reso disponibile, alla nostra portata.

Pinuccia B.: E ci ha messo in evidenza ciò che vale, il fine per cui dobbiamo vivere e la strada per arrivare al Padre e quindi a contemplare la sua Gloria.

Sabato 21.05.1983

Flavio: “…e venne ad abitare in mezzo a noi” : mi fa pensare come la venuta del Cristo sulla terra diventi subito  il centro, cioè come ruoti tutto su questo.

Luigi: Certo. Egli ha occupato un punto del nostro mondo, e avendolo occupato, questo punto è diventato il centro di tutto. Cristo è la pienezza dei tempi: questo vuol dire che è la conclusione di tutta la creazione. Tutta la creazione ha come centro il Cristo, la Parola di Dio, così come la conversazione che uno fa, ha come centro il pensiero, perché quando uno parla tende a manifestare il pensiero. Allora tutta la creazione, essendo parola di Dio, ha come centro il Pensiero di Dio; ma il Pensiero di Dio è il Verbo, è il Cristo. Quindi, man mano che noi ascoltiamo, seguiamo questa conversazione, arriviamo ad un punto in cui la Parola è quasi Pensiero, per cui diventa facilissimo passare dal segno al Pensiero, ma bisogna seguirla. Allora tutta la conversazione di Dio, cioè tutta la creazione di Dio, ad un certo momento ci deve rivelare questo centro, e questo centro è il Cristo.

Flavio: E questo centro è anche per ognuno di noi?

Luigi: Certo, in quanto è centro, il centro è centro per tutti; anche noi apparteniamo alla creazione di Dio, e se nella creazione c’è un centro, questo centro lo è per tutti: vicini, lontani, Antico Testamento, Nuovo Testamento, prima, dopo, ecc.

Flavio: Anche la presenza di Dio in noi è al centro, quindi è determinante.

Luigi: Certo, noi abbiamo il Cristo fuori di noi, che è il centro di tutta la creazione, quindi di tutto il mondo esterno; ma il Cristo fuori, non è per restare fuori, ma è per condurci a scoprire il centro che portiamo dentro di noi.

Per cui Dio è in noi, ma chi ci conduce a scoprire, a individuare questa presenza oggettiva è il Cristo. Infatti senza il Cristo noi diciamo: “Sono io che penso Dio” e non possiamo uscire da questa soggettività; per cui noi macchiamo di soggettività tutte le cose; ad un certo momento, anche tutto il mondo esterno è macchiato da questa nostra soggettività.

Ora, quando noi siamo macchiati di soggettività, entriamo in un dubbio da cui non  usciamo per nessun motivo, per nessuna ragione; si va a finire nell’inferno, ma non si esce, se non interviene Cristo, perché l’oggettività ci è data da Dio, ci è data dall’Altro.

Ora se noi viviamo pensando a noi stessi, incominciamo con questi pensieri a macchiare di soggettività la nostra vita; ma poi questa soggettività incomincia ad espandersi attorno a noi, sulle creature, per cui incominciamo a giudicarle senza capire che in realtà non facciamo altro che proiettare su di esse il nostro pensiero, la nostra soggettività. E questo si estende su tutto l’infinito di Dio, anche su Dio stesso. Per cui arriviamo a dire: “Dio, sono io che Lo penso, e allora cominciamo a dubitare se Dio esiste realmente o è frutto della nostra mente:  ma allora esiste o non esiste?”. Cioè non mi  posso convincere che Dio non esista, perché tutta la creazione non l’ho fatta io; eppure resta il dubbio perché sono io che Lo penso”.

E questo ci conduce ad un dubbio eterno da cui non  usciamo. L’oggettività ci è data dal “Dio che parla a me”, cioè dall’ Altro che parla a me, non da “io che parlo”.

Ora, fintanto che siamo noi a parlare, ci versiamo tutto addosso e ci macchiamo; cioè, tutto il mondo resta inquinato dal pensiero di noi stessi. Ora, il fatto che il Verbo (Colui che parla) abiti tra noi, è una realtà oggettiva alla quale possiamo rapportarci sempre. Il Verbo incarnato è una Realtà che possiamo ascoltare sempre e che ci dà quindi la possibilità di uscire dal nostro soggettivismo. Per questo è determinante imparare ad abitare con Colui che abita con noi e parla in tutto. E sarà Lui che ci porterà a scoprire l’oggettività del Pensiero di Dio in noi.

Amalia: “Il Verbo si fece carne ed abitò tra noi” : cioè il Verbo è carne ed abita tra noi.

Luigi: No, il Verbo non è carne, Cristo sì, perché è anche uomo. Il Verbo incarnato è Cristo. Il Verbo è il Figlio di Dio. Il Verbo  si fa carne, cioè prende un corpo, ma resta sempre il Verbo di Dio: la Persona è Divina, la Persona non è carne.

Il Verbo è il Pensiero,  la Persona è Divina; la presenza fisica è un’altra cosa.

Amalia: Il Verbo Incarnato abita tra noi, quindi questa carne di Dio è presente in mezzo a noi oggi; tutto è carne di Dio che deve essere mangiata per arrivare al suo Pensiero?

Luigi: Sì, certo, però anche qui c’è un passaggio obbligato da percorrere: ad un certo momento si arriva ad essere capaci di assimilare ogni cosa nel suo Pensiero, però la ricomposizione nostra, cioè l’acquisizione di questa capacità,  avviene non attraverso la creazione, non attraverso le creature, ma attraverso il Cristo fisico, storico: quello che Lui ha fatto, come lo ha fatto, quello che ha detto, quello che ha subito, e tutto quello che è avvenuto: Nascita, Vita, Passione, Morte, Risurrezione e Ascensione al Padre.

Amalia: Quindi attraverso la sua vita e la sua Parola.

Luigi: Ecco, tutta la sua vicenda storica, questo avvenimento, è parola; poi in questa vicenda ci sono le sue Parole. Ora, le sue Parole sono parole del Verbo di Dio. Lui non parla come presenza fisica, Lui parla come Dio. È  la Persona che parla, è il Pensiero che parla. Quindi Cristo parla come Persona Divina tra noi. Ma anche tutto quello che fa, essendo tutto segno, è anche tutto parola.

Ma tutto quello che Lui ha detto e tutto quello che Lui ha fatto, lo ha detto e lo ha fatto per noi, quindi va tutto visto come pedagogia, come lezione per noi. Quindi dobbiamo chiederci: perché è nato ed è nato in quel modo? Perché è nato da una Vergine? Perché è nato a Betlemme? Perché è nato in una grotta? Perché è vissuto in quel modo? Perché ha subito quella passione? Perché è morto in quel modo? Perché è risorto? Perché è asceso al Cielo?

Ecco, tutto deve essere visto come pedagogia per i nostri pensieri, e fintanto che non lo vediamo come pedagogia, cioè “che cosa ha voluto significare per me tutto questo?”, noi non abbiamo capito la lezione di Dio:  la lezione del Figlio di Dio tra noi, fatto carne.

Noi capiamo la lezione soltanto in quanto arriviamo a chiederci: “Che cosa Dio ha voluto fare con questo per me? Che cosa Dio mi ha voluto significare per la mia vita essenziale?”.

Perché è attraverso tutta questa vicenda che noi siamo condotti al Padre, cioè che siamo riportati in quel “luogo” da cui si vede la Gloria del Verbo, perché la funzione dell’Incarnazione del Verbo è quella di portarci alla Pentecoste, di portarci a questa  Pentecoste personale, cioè a questo incontro con lo Spirito di Verità, che già portiamo in noi, ma che non esperimentiamo, non vediamo, non tocchiamo.

Cristo, attraverso tutta la sua vicenda, se è da noi seguita, capita, conduce noi a vedere e a esperimentare, a toccare questo Spirito di Verità, quindi a darci la possibilità di restare sempre con Dio.

Noi adesso, anche se non Lo conosciamo,  non possiamo smentire Dio: non potendolo smentire, Lo pensiamo, ma non sappiamo restare con Lui. Anche Satana pensa a Dio, però non può restare con Dio, non ha pace in Dio, perché non Lo può comprendere, non Lo può conoscere. Ora Cristo ci conduce ad avere questa pace in Dio, perché conducendoci a conoscere Dio,  ci conduce a permanere in Dio e quindi a lasciarci guidare in tutto dallo Spirito di Dio. Poi  con la venuta dello Spirito di Verità, allora sì, con lo Spirito di Verità si ha la possibilità di vedere il Pensiero di Dio  in tutto; prima no!

Infatti Gesù dice: “Affinché dove sono Io siate anche voi” (Gv 14,3). Lui è in tutto, Lui parla in tutto. Ora, noi sappiamo che in tutte le cose c’è Dio che parla, però non vediamo il Pensiero di Dio e non siamo capaci di vederlo. Vediamo l’albero, ma: “Qual è il pensiero di Dio in questo?”; vediamo la creatura, ma: “Qual è il pensiero di Dio?”; vediamo un avvenimento, ma: “Qual è il pensiero di Dio?”. Sappiamo che c’è la mano di Dio, ma non sappiamo quale sia il suo pensiero; ecco il punto interrogativo! Con Lo Spirito Santo invece: “…vi condurrà a vedere la Verità in tutto” (Gv 16,13). La Verità in tutto qual è?

È il Pensiero di Dio in tutto:Vi condurrà a vedere il Pensiero di Dio in tutto”. Ma se a questo punto noi abbiamo la possibilità di vedere il Pensiero di Dio in tutto, non c’è più niente che ci porti via; niente, nessun avvenimento, nemmeno il più sconcertante ci può portare via, anzi tutto diventa motivo di preghiera, di colloquio con Dio, perché si ha la possibilità di vedere il Pensiero di Dio in tutto. Ora, l’opera dello Spirito Santo è questa: “vi condurrà a vedere la Verità in tutto.

Ora, noi non vedendo la Verità in tutto siamo portati via; perché là dove non vediamo la Verità, dominano i sentimenti, le impressioni, e siamo portati via da essi. Restiamo succubi delle cose appunto perché non vediamo la Verità. Il giorno in cui noi vedremo la Verità (la Verità è il Pensiero di Dio che parla con noi in tutto), non ci sarà più niente che ci potrà nuocere, che ci potrà portare via, che ci potrà far male.

Pinuccia B.: Mentre il nostro pensiero è occupato in ciò che Gesù ha fatto e detto, può, anzi deve, iniziare a chiedersi qual è il Suo pensiero nelle cose, vero? Non arriverà a capirlo fin dopo Pentecoste, però l’oggetto del nostro pensiero non è solo Gesù, ma è tutto quello che Dio fa e ha fatto. Non è così?

Luigi: No, è solo Gesù! L’oggetto del nostro pensiero deve essere solo Gesù. Ad un certo momento è necessario avere questa costanza di seguire Gesù, perché altrimenti noi ci divertiamo nel vero senso etimologico della parola: ci divertiamo (di-vertirsi: divergere da-, allontanarsi da-, deviare da-, distrarsi da-). Se non c’è questa essenzialità, questo guardare unicamente a Gesù,  facciamo anche della vita religiosa un divertimento, e allora concludiamo niente. È come se uno incominciasse a leggere un’enciclopedia e passasse da una nozione all’altra: si accumula solo tanto nozionismo, ma  non serve a niente.

Pinuccia B.: Ma non si dice sempre che tutte le cose bisogna prenderle da Dio e riportarle in Dio?

Luigi: Tutto devi prenderlo da Dio sapendo che in tutto c’è un pensiero di Dio, però chi ti dà la chiave per intendere è il Cristo. Allora, se la chiave è il Cristo, cosa fai? Ad un certo momento devi seguire Cristo. Il Cristo non è un albero, Cristo non è un uomo, Cristo è Dio, il Verbo fatto carne. Egli è venuto ad abitare tra noi proprio per incentrarci su di Sé e liberarci dalla pressione di tutte quelle presenze fisiche che ci portano via. Ma non basta che Lui sia venuto ad abitare tra noi. Bisogna che noi impariamo ad abitare con Lui, perché solo così diventa efficace la sua presenza tra noi. Quindi è indispensabile sprofondarsi nel Vangelo perché è Cristo che ci porta nella capacità di ricevere lo  Spirito di Dio. Prima di ricevere lo Spirito non siamo in grado di  capire cosa Dio ci dice nella creazione o in un giornale qualunque. Se hai lo Spirito di Dio riesci a cogliere il pensiero di Dio in tutto e a trarre delle lezioni di Dio in tutto, ma se non hai lo Spirito di Dio, ti puoi scervellare tutto quello che vuoi, ma non riesci a  capire niente, anzi sei portata via, sei disturbata, perché non si può passare dal finito all’Infinito: “Solo Colui che discende dall’Alto, ci può portare in Alto”. Prima di giungere alla Pentecoste il significato di tutti i segni è quello di essere una freccia che ti orienta al Cristo, perché è Lui “la chiave che apre e chiude”.

Pinuccia B.: Intendevo dire questo: come atteggiamento di fondo…

Luigi: …dobbiamo avere la disponibilità a seguire Cristo: solo Cristo e nient’altro. Devi seguire Lui!.

Pinuccia B.: Nello stesso tempo accetto tutto da Dio.

Luigi: Ma certo, è logico! Tu arrivi al Cristo proprio in quanto accetti tutto da Dio. E allora desideri conoscere tutto di Cristo, perché sai che solo Lui ti dà la chiave per intendere tutto. Infatti  solo seguendo e ascoltando Lui, che abitando tra noi si è messo a nostra disposizione,  abbiamo la possibilità di ricevere lo Spirito di Verità che ci porterà a vedere la Verità di Dio in tutto.

Sabato 04.03.1989

“ E abitò tra noi…”

Giovanna: Il Verbo incarnato è venuto ad abitare tra noi; quindi il problema è impegnarci ad abitare anche noi con Lui. Ma prima ancora dobbiamo riconoscerlo. Lo  riconosciamo  dalle sue parole?

Luigi: Noi riconosciamo il Verbo fatto carne dal Padre e soltanto dal Padre, perché se il Padre non ce Lo fa riconoscere possiamo fischiare tutte le sinfonie di Beethoven, ma non arriviamo ad individuarlo. Perché? Perché si presenta come “un uomo qualunque”.

Giovanna: In che modo il Padre ce Lo fa riconoscere?

Luigi: Il Padre fa riconoscere il Verbo fatto carne  solo a quelli che sono attratti dal Padre; cioè a chi ha messo Dio al centro della sua vita, dei suoi pensieri, per giustizia (la giustizia di Giovanni Battista), quindi a chi ha tolto il suo io dal centro, e quindi ha interesse per Dio, per conoscere Dio. Questo interesse diventa fame e questa fame è ciò che fa conoscere il pane: è la fame di conoscere Dio che ti fa riconoscere il Cristo ed è ancora questa fame che ti fa capace di seguirlo e di vivere con Lui, fermandoti con Lui tutto il tempo che vuoi, perché Lui, essendo venuto ad abitare tra noi, è sempre a nostra disposizione. Ma ci vuole questa fame.

Inizialmente tu conosci Cristo non come Figlio di Dio, ma come Colui che risponde alla tua fame. Non puoi ancora conoscerlo come Figlio di Dio, anche se lo credi perché ti è stato annunciato e tu non puoi smentirlo. Lo conoscerai come Figlio di Dio  quando Egli ti condurrà a vedere suo Padre, e ti condurrà se imparerai ad abitare con Lui, camminando con Lui sulle sue parole. Allora dal Padre conoscerai chi Lui è. Ma adesso no! Inizialmente Cristo Lo conosci come Colui che risponde al tuo bisogno di conoscere Dio. Tutti gli altri ti parlano in un linguaggio diverso, ma se tu  sei attratta dal Padre, quindi se già appartieni al Padre, sai riconoscere tra tutti il Cristo, perché solo Lui sa parlare quel linguaggio che risponde alla tua fame. Ma devi essere attratta dal Padre, per cui già appartieni al Padre. Infatti Gesù dice: “erano tuoi e li hai dati a Me”. Perché dice “tuoi”? Perché  erano attratti. Infatti chi è attratto da una cosa appartiene a quella cosa. Noi apparteniamo a ciò per cui viviamo e da cui siamo attratti. Se infatti tu vivi per il denaro, appartieni  al denaro; se tu vivi per una casa ,tu appartieni alla casa; se tu vivi per un istituto, appartieni all’istituto; se invece tu vivi per conoscere Dio, appartieni a Dio.

Questa appartenenza a Dio ti fa riconoscere adesso il Cristo; quindi Lo riconosci per affinità, con il tuo desiderio; siccome sei interessata, hai interesse per conoscere Dio, questo interesse ti fa riconoscere Colui che ti parla di Dio perché quello diventa l’Atteso della tua anima.

Infatti quando uno ha interesse per una cosa attende qualcuno che lo aiuti a raggiungere quella cosa che gli sta a cuore, e quando lo incontra dice: “Ah, era da tanto che ti aspettavo! Avevo bisogno di te, perché volevo arrivare là, ma non sapevo come fare”. Ecco quello che ti fa riconoscere: la fame; infatti quando tu hai fame, la fame ti fa riconoscere il cibo. Ma è la fame, è questo interesse che te Lo fa riconoscere. Quindi la prima individuazione in noi del Cristo è l’attrazione del Padre.

Infatti Gesù dice: “Nessuno può venire a Me (quel “venire a Me…” vuol dire: nessuno mi può riconoscere, nessuno mi può individuare…) se non è attratto dal Padre” . Quindi il principio di individuazione del Cristo è l’attrazione che uno ha per il Padre; in caso diverso, siccome Cristo si presenta come  Uno qualunque, tu dici che magari sarà un sapiente, sarà un filosofo, sarà un grande, sarà una persona che fa del bene, una persona che vive tutta per gli altri, ma non puoi riconoscerlo, perché non risponde al tuo desiderio. E poi arrivi magari a dire: “È un indemoniato, è un pazzo, è un bestemmiatore”, e Lo mandi a morte in Croce. Non Lo puoi riconoscere, perché chi te Lo fa riconoscere è il Padre, ma in quanto sei attratto dal Padre. E una volta riconosciuto , ciò che ti dà la possibilità di seguirlo, di ascoltare le sue parole, e quindi di convivere con Lui, è ancora, e non va mai dimenticato, l’attrazione del Padre, che nasce dalla giustizia essenziale: Dio messo al centro. 

Giovanna: Quindi, quando Lo incontro, non so ancora che è il Figlio di Dio…

Luigi: …non sai chi  sia; quando Lo incontri tu senti soltanto uno che ti parla di Dio, e dici: “Io avevo bisogno di queste parole”. Ma non sai e  non puoi saper chi Egli sia, non puoi conoscerlo, perché “Soltanto il Padre conosce il Figlio” (Lc 10,22). È questa attrazione per il Padre, è questo interesse per Dio che ti fa riconoscere Colui che ti sa parlare di  Dio (perché è l’interesse per una cosa che ti fa individuare la cosa), ma non sai mica chi sia,  lo saprai dopo, se Lo segui.

Per questo bisogna credere, perché soltanto credendo, cioè seguendo Lui, vivendo con Lui, ascoltando Lui, tu arriverai a conoscere, e quando arriverai a conoscere dirai: “Ah, ho capito chi sei!”.

Infatti, ancora dopo tre anni, Gesù dice ai suoi discepoli: “Da tanto tempo sono con voi e ancora non mi avete conosciuto?” (Gv 14,9). Ancora non Lo conoscevano, nonostante il tempo trascorso con Lui e nonostante avessero lasciato tutto per seguirlo! Eppure “ancora non mi avete conosciuto!” ed è Parola di Dio!

Tutto questo per farci capire “come” si giunge alla conoscenza: alla conoscenza si giunge arrivando al Principio, cioè al Padre. Dal Principio poi, per partecipazione personale c’è la conoscenza. Ma fintanto che non sei arrivato al Principio, c’è un distacco tra te e il Principio e quindi sei tagliato fuori. È proprio questo distacco, questa lontananza dal Principio che ti impedisce di conoscere che cos’è la cosa.

Cristo, che dice di Sé: “Io sono Colui che parla a voi il Principio”, ci ricollega in continuazione con il Principio; per cui, più noi ci fermiamo ad ascoltarlo (e questo dipende dal nostro interesse perché da parte sua Lui è sempre disponibile, poiché abita tra noi), e più Lui, siccome ci parla del Padre, ci fa tutto pensiero del Padre, e ci fa quindi capaci di ricevere la rivelazione del Padre. Il Padre poi ci rivelerà il Figlio e la sua Gloria.

Camminare con il Verbo

L'incontro con il Verbo incarnato è preparato da Dio attraverso una lunga, continua e paziente opera con ogni uomo quando ancora questi cammina nelle tenebre e dispersioni del mondo.  La luce di Dio infatti, con i suoi annunci e i suoi richiami, penetra nelle anime umane e nella vita di ogni uomo; ma occorrono anni e anni di prove, di delusioni, di contraddizioni, perché l'uomo ne riconosca lo splendore.  È necessario infatti attendere che si spengano in noi una dopo l'altra tutte le luci artificiali accese dalle parole umane, per rispondere all'urgenza dell'Assoluto che preme nella vita dell'uomo: bisogno di ritrovare al di là di ogni cosa, di ogni senso, di ogni dubbio e di ogni dolore, una sicurezza.

È per l'esigenza dell'Assoluto, del Divino, ineliminabile nell'uomo, è per il nostro destino fatto per l'Eterno che noi tendiamo tutti a qualcosa che non tramonti, fosse anche solo ad un posto, ad uno stipendio, ad una posizione, ad una carriera stabile che ci dia la tranquillità per tutto l'avvenire. È per la presenza in noi di Dio che subiamo questa passione dell'assoluto, passione che determina tutto di noi, le nostre scelte e la nostra vita. Cercando una stabilità e una sicurezza, assolutizzando certi valori ed interessi, noi a fondo a fondo cerchiamo Dio, anche se non ne siamo consapevoli; soltanto che sbagliamo luogo: Lo cerchiamo fuori di noi, nel mondo esterno e nelle creature, anziché cercarlo in noi, nel Pensiero di Dio che è dentro di noi.

Uno dei peccati del nostro tempo è la ricerca della sicurezza in cose che passano, è voler fare un patto di amicizia con le creature senza aver fatto prima un patto di amicizia con il Creatore.

Il patto di amicizia fra gli uomini e degli uomini con tutta la creazione ne sottintende uno che fa da fondamento ad esso: quello dell'amicizia degli uomini con Dio.  Ne deriva che l'uomo è colpevole non in senso politico e sociale, ma in senso metafisico, in rapporto con Dio.

Ogni uomo è fatto per questo rapporto di amicizia con l'Assoluto, con l'Eterno, con Dio, e porta in sé la nostalgia di tutto questo, una nostalgia che non può soffocare.  Qui soltanto, nella Verità di Dio, nella conoscenza del Padre, è la sua abitazione, e fintanto che non la trova si sente sempre fuori Casa, lontano, straniero ovunque vada.  Essere lontano da casa è trovarsi in luoghi di ansia, di incertezza.

È qui che il Verbo di Dio si incarna e viene ad abitare tra noi per invitarci a camminare con Lui. Dove?  Verso la nostra Casa, verso la conoscenza del Padre, il Dio Creatore di tutte le cose visibili ed invisibili.  Egli, essendo Pensiero del Padre, in tutto ciò che dice e fa ci parla del Padre e solo del Padre, e fintanto che le sue Parole non ci fanno pensare al Padre, è segno che non le abbiamo capite e che quindi non stiamo camminando con Lui.  Parlandoci del Padre, il Verbo che è tra noi riporta vicina a noi quella nostra Casa che abbiamo smarrito, e solo camminando con Lui vi giungiamo.

E come?  In che modo possiamo camminare con Lui?

Il Verbo di Dio, assumendo la natura umana nella sua totalità, e quindi in tutto il suo mondo, ci impegna a non considerare nulla separato da Dio, nulla in modo autonomo, poiché non esiste nulla delle realtà terrestri che non sia riferibile a Dio, poiché Dio è presente ed operante in esse.  Ne deriva che se vogliamo camminare e quindi restare con Cristo, il Pensiero di Dio tra noi, dobbiamo vedere le cose come le vede Lui, cioè riferite a Dio, dobbiamo cioè accogliere ogni cosa da Dio e riportarla, raccoglierla in Dio e questo lo si può fare solo con il Pensiero di Dio, con il Verbo di Dio, con Cristo. È con il Pensiero di Dio che si cammina verso il Cielo di Dio e non con il nostro pensiero! È questo raccogliere pazientemente e costantemente in Dio ogni cosa che ci fa camminare con Cristo verso la conoscenza del Padre!  Infatti Egli dice: "Chi raccoglie con Me, riceve mercede di vita eterna" (cf Gv 4,36), cioè dono di conoscenza di Dio, poiché la vita eterna sta nel conoscere Dio.

Il Verbo di Dio incarnandosi ha annunciato la presenza di Dio tra noi, l'ha rivelata, e quindi ha reso sacre tutte le cose, per cui noi non possiamo secolarizzare niente senza una nostra colpa personale. Egli non è sceso nel mondo per confermarci nel mondo e nella nostra visione materiale del mondo, ma perché noi superassimo il mondo e ritrovassimo la via della nostra Casa.

Per cui incontrare il Verbo di Dio fatto carne è trovare la via di Casa, è avere il Regno di Dio vicino, accessibile, è trovare una guida sicura per il nostro cammino verso la meta sognata, desiderata e amata. (VI – 28.02.96)

Il cammino con "il Verbo che è tra noi" verso la conoscenza del Padre è un cammino duro e difficile, soprattutto all'inizio, poiché la via per la quale Egli ci conduce è una “via stretta ed angusta”, perché richiede il superamento del pensiero del proprio io, ed è un cammino lungo e paziente, poiché le convinzioni maturano molto lentamente nel cuore e nella mente dell'uomo, e prima che le parole di Cristo diventino per noi personalmente vita e strada per i nostri passi, poiché tali sono, si richiede tanto silenzio interiore, tanta meditazione e riflessione su di esse, per scoprirne la carica esplosiva di luce, di vita e di libertà.

È infatti attraverso le sue Parole che Lui ci libera dalle schiavitù e dalle strumentalizzazioni di un mondo vano e senza senso, senz'anima, senza pensiero. È solo Lui che libera veramente l'uomo: "Sarete veramente liberi solo se il Figlio vi avrà liberati", Egli ci dice (Gv 8,36).

Cristo ci libera facendoci conoscere la Verità, cioè il Padre, secondo la sua promessa: "Sarete veri miei discepoli se resterete nelle mie Parole, e allora conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi" (Gv 8,31-32).

Dicendoci questo, Gesù ci fa dunque capire che è restando nelle sue Parole che giungeremo a conoscere la Verità, ma si resta nelle sue Parole solo se camminiamo su di esse, e camminiamo su di esse nella misura in cui le approfondiamo e le capiamo dal punto di vista del Padre, di Colui che Lo fa parlare.  Infatti Egli dice: "Le parole che Io vi dico, non le dico da Me; ma il Padre che dimora in Me, compie le opere, Lui stesso... La parola che udite non è mia, ma del Padre che mi ha mandato" (Gv. 14,10.24). È attraverso la sua Parola che Dio rivela a noi quello che Lui è, la sua Verità, quella Verità che sola può liberarci.

Il Verbo di Dio venendo a vivere tra noi e a parlare con noi la sua Verità assoluta, ha così eliminato tutte le distanze tra gli uomini e Dio: appunto quelle distanze che ci lasciano in balìa delle nostre schiavitù, delle nostre paure, delle nostre tenebre, del nostro disorientamento in un mondo senza sicurezze, perché non può darle. Egli ci invita a camminare con Lui, perché vuole portarci verso la liberazione dalle schiavitù, dalle paure, dalle tenebre. "Chi cammina con Me, non cammina nelle tenebre", Egli dice (Gv 12,46).

Il Verbo di Dio tra noi pone il mistero di Dio di fronte a noi e ci interpella dandoci la capacità di rispondere. Con Lui tutti coloro che lo vogliono possono, ascoltando e ritenendo le sue lezioni, accedere alla Verità spirituale e possedere la loro anima, sottraendola alla strumentalizzazione degli altri, e quindi trovare la loro libertà, perché Dio ama veramente l'uomo ed opera in tutto, fino al dono totale di Sé, per illuminarlo, liberarlo, salvarlo e renderlo capace di vita eterna.

L'uomo ha un bisogno imprescindibile di Cristo e delle sue Parole, come dell'aria che respira, perché senza di Lui non può non cadere nelle schiavitù del mondo e quindi nella notte, nell'esperienza dell'assenza di Dio, dell'Assoluto, dell'Infinito, dell'Eterno.  E la perdita dell'Assoluto, dell'Infinito, dell'Eterno da parte dell'uomo è sempre una perdita di significato, anche quando la nostra vita nel mondo è un successo, poiché non vi è successo nel mondo che possa dare significato alla nostra vita di fronte alla nostra anima ed alla nostra coscienza fatte per l'Assoluto, per l'Infinito, per l'Eterno.  E siccome perdere il significato delle cose e della vita vuol dire perdere la propria identità, accade così che volendo pensare a noi stessi e cercare il nostro successo e l'approvazione degli altri, giungiamo alla perdita di noi stessi e quindi ad un'esperienza di vuoto e di morte. Gli uomini possono infatti, vivendo per il mondo, eludere la vita, ma non la morte; possono non scegliere, non amare, rifiutare l'impegno con Dio, ma non possono rifiutare l'impegno con la morte e la mancanza di significato della loro vita. Possono staccare una foglia dall'albero, ma non la possono riattaccare, e non potendo riattaccarla, restano con una foglia morta in mano per causa loro; restano cioè con il loro peccato tra le mani che non possono ignorare.

Gli uomini cioè possono rifiutare la vita, ma non possono non assistere alla sua dissoluzione; possono trascurare Colui che è Centro di tutto, ma non possono sfuggire al dubbio ed alla incertezza; possono rifiutare lo Spirito, ma non possono sfuggire alla schiavitù della materia.  Questo è più che sufficiente per dimostrare loro la Verità di Dio.

È solo Cristo, il Verbo incarnato, nella misura però in cui camminiamo con Lui, che ci porta nella libertà dei figli di Dio e dà a noi la libertà dello Spirito di chi conosce e possiede la Verità.

Di uomini che vivono per cose che passano Egli fa uomini che vivono per cose eterne.  Cristo è venuto per questo, per insegnare agli uomini, a tutti gli uomini di ogni luogo e di ogni tempo, le cose di Dio e del suo Regno, per invitarli a camminare con Lui verso il Padre, affinché più nessuno abbia a trovarsi lontano da quella Verità per conoscere la quale ogni uomo ha avuto l'esistenza in questo meraviglioso e sconvolgente universo. (VII – 06.03.1996)

Il Verbo di Dio è sceso nel mondo non perché noi ci immergessimo nel mondo, ma perché per mezzo di Lui, camminando con Lui verso dove Lui è (poiché, pur venendo tra noi, Egli è sempre nel Padre ed è al Padre che Lui vuole condurci), superassimo il mondo.

Egli infatti scendendo nel mondo si è fatto strada per i nostri passi verso il Cielo di Dio. È la funzione della Parola di Dio.  Infatti la Parola di Dio è strada per l'uomo.  Strada per che cosa? Una strada vale in quanto conduce ad un certo luogo. Una strada che non conduce a nessun luogo non ha senso, non è più una strada. La Parola di Dio è strada che conduce alla Città di Dio, alla Casa del Padre.

Il Verbo di Dio venendo nel mondo si è fatto strada per condurci a Dio, al Padre.  La meta dunque non è il mondo, ma Dio, che trascendendo tutte le cose e tutte le creature ci impegna a trascendere ogni cosa del mondo, e quindi anche ogni problema e ogni preoccupazione di esso, così come dice il Prefazio di Natale: "Per mezzo del Verbo incarnato una nuova luce della tua gloria risplende davanti agli occhi del nostro spirito, affinché conoscendo Dio visibilmente tramite il Verbo siamo rapiti verso l’amore delle cose invisibili". È questo lo scopo del Verbo di Dio tra noi: “affinché  siamo rapiti verso l'amore delle cose invisibili".

Von Balthasar commenta: "Due cose sono qui da evidenziare. Anzitutto gli occhi del nostro spirito che Dio colpisce con una nuova luce e che possono conoscere visibilmente un oggetto, che propriamente è Dio, ma Dio trasmesso per mezzo della figura del Verbo incarnato.  In secondo luogo un trasporto, un rapimento che deriva da questa visione e che ci immerge nell'amore delle cose invisibili, divenute giustamente percepibili proprio in tale manifestazione visibile".  Se dunque conoscendo Cristo, noi non passiamo. all'amore delle cose invisibili, rendiamo inutile, vana, la missione del Verbo di  Dio tra noi.

L'incontro con Cristo, per chi non ha indurito il suo cuore verso Dio,  è inaugurazione di una vita nuova che il mondo non sa e non esperimenta, perché non la può vedere e non la può capire. È la realizzazione della nuova alleanza annunciata da Dio per mezzo dei Profeti: "Porrò le mie leggi nelle loro menti e le imprimerò nei loro cuori: Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo” (Ger 31,33).

Solo questa vita nuova con Dio rende la terra abitabile e sopportabile dall'uomo.  Ma la parte essenziale e decisiva di tale vita, di questo itinerario dell'anima verso Dio, trascende i limiti dell'orizzonte esterno e si svolge tutta nel segreto dell'anima in dialogo non più con le parole degli uomini, ma con le Parole di Dio.

Per questo, per avanzare in questo cammino interiore verso la nostra meta, è necessario imparare ad abituarci a confrontare i nostri pensieri e i nostri argomenti e preoccupazioni non con le parole e i giudizi degli uomini, ma con le Parole di Dio e con la sua Volontà, questo Verbo interiore che emana la sua Luce nel santuario invisibile della nostra coscienza quando ci rivolgiamo al nostro Padre celeste.

È questa l'interiorità in cui Dio abita e in cui non bisogna temere di entrare e di raccoglierci, chiudendo la porta ad ogni altra voce, se vogliamo udire la Parola che convince le menti e vedere la luce che illumina e trasfigura tutta la nostra vita e il nostro mondo.

Non è saggio dare tanto di noi alle cose esteriori e poco alle cose interiori, parlare tanto delle cose di fuori e niente delle cose di dentro; non è saggio occuparci molto degli uomini e poco di Dio.  Il mondo interiore è più vasto, più vero, più valido del mondo esterno.

Bisogna quindi, se vogliamo camminare con il Verbo di Dio e giungere alla nostra meta, la conoscenza del Padre, raccoglierci lungamente sulle sue Parole, nel silenzio, con un lavoro personale e continuo di assimilazione in Dio delle cose ascoltate per poterle vedere nella Sua Luce.  In Dio si cammina restando fermi. È nella contemplazione che la nostra anima giunge alle idee ben chiare sulla Verità e attinge la sapienza della Vita.  Solo ciò che si fa contemplazione diventa vita e liberazione dell'uomo. La contemplazione di Dio è più necessaria a questo povero mondo di tante opere esterne. (VIII – 13.03.1996)

Il Verbo di Dio, venendo tra noi, si è fatto strada per i nostri passi verso la conoscenza del Padre. Le sue parole infatti elevano il nostro pensiero al Padre e, se le approfondiamo e restiamo in esse, ce Lo fanno progressivamente conoscere, perché ci segnano le tappe essenziali che dobbiamo percorrere in questo cammino verso la nostra meta.

In un primo tempo le sue parole, attraverso discorsi, parabole, fatti e miracoli, tendono a formare in noi quelle condizioni che sono necessarie perché si realizzi in noi tale conoscenza, parole che, se ascoltate e osservate, ci impegnano a trascendere le cose, i problemi e le preoccupazioni del mondo e le rivendicazioni del nostro io, per cercare unicamente il pensiero, l'intenzione di Dio, Autore di tutto ("Non giudicate... Perdonate e vi sarà perdonato... Amate i vostri nemici... Fate del bene a coloro che vi odiano... Beati i poveri in spirito... Non accumulate tesori in terra, ma in Cielo... Non richiedere il tuo a chi te lo toglie... La vita non viene da ciò che si possiede... Date a Dio quello che è di Dio... Cercate prima di tutto il Regno di Dio.... ecc., ecc."), parole cioè che tendono sia a sgombrare il terreno della nostra anima da tutto ciò che la può ostacolare, impedendole di aprirsi e donarsi a Dio, sia ad orientarci decisamente a Dio ed a crescere nel desiderio di conoscerlo e di amarlo: ci insegnano a metterlo al primo posto nei nostri pensieri e nel nostro cuore e ad amare gli altri come li ama Lui; ci sollecitano a pregare sempre, cercando in ogni cosa il significato, il Pensiero di Dio, a metterci in intimo rapporto con il nostro Padre celeste che tutto fa, che tutto vede e che ci ascolta nel segreto della nostra anima; ci parlano del Padre come di Colui che ci pensa sempre, che ci ama e che provvede a tutto, per cui ci invitano a non temere e a far conto su di Lui in tutto.

Man mano che Lo seguiamo, le parole del Verbo incarnato si fanno sempre più difficili e impegnative, così come il sentiero di un monte si fa sempre più difficile e ripido man mano che ci si avvicina alla vetta, perché trascendono totalmente il campo del nostro io e del nostro mondo.  Sono parole che ci fanno entrare nel rapporto intimo ed eterno che c'è tra il Figlio e il Padre ("Io e il Padre siamo Uno... Non credete che Io sono nel Padre e il Padre è in Me?... Il Padre ama il Figlio e gli mostra tutto quello che fa... Il Figlio non fa nulla se non lo vede fare dal Padre.... ecc., ecc.") e ci rivelano il rapporto che Dio vuole stabilire con noi ("Chi mi ama, il Padre mio lo amerà, e noi verremo in lui e porremo in lui la nostra dimora... Padre, Io voglio che dove sono lo siano anche quelli che Tu mi hai dato... Padre, che siano una cosa sola: Io in essi e Tu in Me.... ecc., ecc."). A chi non ha interesse per conoscere Dio, ma Lo prega solo per strumentalizzarlo ai propri bisogni, queste parole non dicono nulla, suonano astratte; ma chi invece ha ben a cuore la conoscenza di Dio, perché è convinto che la vera vita sta in tale conoscenza, comprende che sono parole di una condiscendenza infinita, perché insegnano a noi come si diventa figli di Dio e cosa vuol dire essere figli di Dio.

Accogliere tutte, ma veramente tutte, le parole del Cristo, è inaugurare una vita nuova, è entrare in un mondo nuovo, dove l'unica Realtà da cui tutto dipende è Dio e tutte le cose sono “segni” di questa Realtà, segni che vanno trascesi e quindi capiti nel loro significato, perché fanno parte della conversazione che Dio tiene con ognuno di noi per farci conoscere Se stesso.

Il parlare del Verbo di Dio, che viene nel nostro mondo per parlarci del Suo mondo, è un parlare scomodo: è un parlare che ribalta i nostri schemi, le nostre sicurezze, le nostre autorità, che relativizza tutto ciò che noi tendiamo ad assolutizzare: interessi, amori, politica, istituzioni, ecc., per orientarci a ciò che è assoluto, infinito, eterno. È per questo che le sue parole a volte si fanno fuoco, invettiva, sdegno e rimprovero duro e sferzante, ma anche queste sono sempre parole di amore e di salvezza: chi ha messo Dio al centro della propria vita lo capisce e le legge come parole di grande misericordia, di liberazione e di sprone a superare il proprio io e a camminare quindi più speditamente verso la conoscenza di Dio; chi invece ha ancora il pensiero del proprio io al centro della sua vita e dei suoi pensieri, non le sopporta, perché gli suonano irritanti, offensive e provocatorie: qui si capisce perché Cristo sia stato condannato a morte e come ancora oggi si mandi a morte il Cristo nella nostra vita.  Ma anche questa condanna a morte del Cristo da parte dell'uomo, e quindi l'esperienza dell'assenza di Dio, rientra ancora nel disegno meraviglioso di Dio per la salvezza dell'uomo, sempre che l'uomo capisca e rinsavisca.

Alla sua morte segue la sua Risurrezione, ma Lo incontrano risorto soltanto coloro che avendo capito la sua morte, muoiono a se stessi, superano cioè il pensiero del proprio io messo al centro, che è la causa della Sua morte nella loro anima, e inaugurano una vita nuova nella ricerca e conoscenza di Dio prima di tutto.  La Morte e la Risurrezione di Cristo, seguite dalla sua Ascensione al Cielo del Padre suo, sono ancora parole stupende del Verbo incarnato, parole anch'esse da capire, tappe essenziali da percorrere nel nostro cammino verso la conoscenza di Dio e la constatazione della sua Presenza in noi, cioè verso la nostra Pentecoste: inserimento nostro nella Trinità Divina, giorno di Luce piena, in cui lo Spirito Santo, secondo la promessa di Gesù, ci porterà a vedere la Verità intera.

(IX – 20.06.1996 – Fine) (Articoli scritti e pubblicati su “La Fedeltà”  da Luigi Bracco)

Imparare a convivere con Dio

La vita dell'uomo non è un cammino verso la morte e il nulla, ma è una maturazione spirituale verso la Verità e la Presenza di Dio, una maturazione per la vita con Dio.  Infatti il destino dell'uomo è Dio, per cui tutto ciò che l'uomo ha avuto, l'ha avuto per cercare e conoscere Dio, poiché è solo attraverso la conoscenza che si partecipa della Vita divina.  L'uomo è fatto in coppia con Dio: è il Tu Divino presente il lui che lo costituisce persona e determina il suo destino, la sua vocazione.

Il problema di Dio si impone all'uomo fin da principio, poiché egli non può ignorare, né annullare la presenza di Dio che porta con sé, per cui o impara già fin d'ora a convivere con Essa, pur non vedendola, o cade in conflitti e problemi a non finire, causati appunto da questa Presenza Divina trascurata o addirittura calpestata.

Dio è "già" presente, ma "non ancora" manifesto: da qui tutta la difficoltà per l'uomo che considera come reale solo ciò che vede e tocca. Però l'ora di Dio viene nella vita di ognuno, l'ora cioè in cui Egli manifesterà apertamente a noi la sua Presenza in tutta la sua gloria. Infatti Dio opera in tutto per rivelarci il suo Pensiero, il Volto della sua Presenza: dobbiamo aspettarcelo questo giorno, e allora scopriremo Colui che è sempre stato con noi fin da principio. Non è detto però che in quel giorno potremo restare con Lui, perché la capacità di restare è data dalla capacità di portare la sua Verità.

Nel Regno di Dio conta l'anticipo, come il Divino Maestro ci insegna nella parabola delle dieci vergini; per cui nella misura in cui avremo anticipato in noi l'incontro con Dio e la conoscenza di Lui durante il tempo di attesa, questo ci renderà capaci di restare con Lui nel giorno della Sua venuta chiara e manifesta. L'amore vero anticipa i tempi: conosce prima, giunge prima, e rende capaci di sostenere l'incontro con la Persona amata e di convivere con Essa. L'amore vero è intelligente e sa prevedere le condizioni necessarie per un felice incontro e una felice convivenza.

Bisogna dunque affrettarci a conoscere il Signore, poiché il tempo passa velocemente e va verso una conclusione, per cui c'è una scadenza.  La venuta del Signore è certa! È urgente quindi imparare a convivere con Lui già fin d'ora, affinché si formi in noi la capacità di convivere con la Presenza della sua Verità quando Essa si imporrà, evitando in tal modo che la sua venuta ci trovi impreparati. Infatti non si può convivere per sempre con Uno che non si conosce.

L'essenziale della nostra vita non sta allora nello scegliere una regola piuttosto che un'altra, nell'andare in un luogo piuttosto che in un altro, nel fare questo piuttosto che quello, ma sta nello scegliere Uno con cui vogliamo vivere, cioè nell'imparare a convivere con Colui che è sempre con noi, presente ed operante in tutto, perché è con Lui che dovremo convivere per tutta l'eternità!

Dio ci ha ordinato di cercarlo, di conoscerlo, di amarlo e di vivere con Lui ("Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutte le tue forze..." (Dt 6,5) "Cerca prima di tutto il Regno di Dio..." (Mt 6,33) ), non perché Egli abbia bisogno del nostro amore, della nostra presenza, ma perché siamo noi che abbiamo bisogno della comunione con Lui, perché non possiamo esistere, né vivere, né amare, né dare un senso alla vita, né vedere la Verità, senza di Lui.

Ma come è possibile imparare a convivere con Dio?

Cercando di conoscere la Sua intenzione e conformando i nostri pensieri, parole e scelte ad essa. La conoscenza dell'intenzione di una persona è infatti la condizione essenziale per convivere con essa, poiché ci rende intelligibili le sue parole ed opere e ci dà quindi la possibilità di sintonizzarci con essa, evitando il rischio di proiettare su di lei le nostre intenzioni, realizzando in tal modo l'accordo, l'armonia, la pace, con una conseguente carica di vita, di luce e di gioia.

Ma è possibile conoscere l'intenzione di Dio?

L'intenzione di una persona ci può essere rivelata solo dalla persona stessa. L'intenzione di Dio viene da Dio, da ciò che Egli è, per cui solo se ci raccogliamo nel Suo Pensiero, ecco che in questo rapporto personale ed intimo Egli ci fa capire la sua intenzione: Egli vuole essere conosciuto, perché è solo attraverso la conoscenza che ci può comunicare il suo Essere, la sua Vita; ne deriva che tutto ciò che dice e fa, lo dice e lo fa per far conoscere Se stesso: non può avere come fine altro da Sé, poiché Lui solo è! Il capire questo è la ricompensa che Gesù promette a chi si raccoglie in preghiera ("... il Padre tuo che vede nel segreto, ti ricompenserà" (Mt 6,6).

La conoscenza dell'intenzione di Dio, non per sentito dire, ma per intima e personale convinzione, è un'esplosione di luce che trasforma la nostra vita e la nostra visione del mondo, poiché in essa troviamo la chiave di lettura per capire il vero senso della nostra vita e di tutto ciò che esiste ed accade. È un punto-luce, un punto di riferimento che unifica la nostra vita e ci fa scoprire non solo che Dio già regna, ma anche "come" regna.  E soprattutto è il segreto per imparare a convivere in sintonia con Lui, in un crescendo di luce, di amore e di pace. (I – 24.07.1996)

La vita su questa terra è una meravigliosa opportunità che ci è offerta, ed è l'unica, per cercare e conoscere Colui che ha fatto questo grandioso universo così ricco di meraviglie e che ha fatto noi e ci sta facendo. È stoltezza vivere per altro, poiché il tempo rapidamente sta andando verso una conclusione.

Nel compimento dei tempi noi troveremo la Presenza di Dio davanti a noi, nei nostri stessi pensieri; ma ognuno la potrà sopportare e portare nella misura in cui si sarà personalmente preparato ad Essa, in cui l'avrà anticipata nella sua intelligenza. Ogni cosa richiede una preparazione adeguata a ciò che essa è: ciò che è Infinito richiede una veglia infinita.                 

Vegliare è raccogliere ogni cosa in Dio. È questa veglia che ci renderà capaci di stare alla Presenza di Dio e di convivere con Essa per sempre quando la sua Verità si imporrà su di noi; in caso diverso come si potrà convivere con Uno che non si conoscerà e non si potrà conoscere?

Da ciò ben si capisce come il problema essenziale della nostra vita sia quello di imparare già fin d'ora a convivere con Dio, raccogliendo tutto in Lui. Ogni cosa ha senso e significato solo per questo e dobbiamo vederla in questo fine se non vogliamo vivere inutilmente.  La nostra vita quindi vale solo in quanto ci occupiamo dell'eterno e ci sforziamo di cercare Dio e di capire i segni che Egli ci dà in tutto per farci conoscere qualcosa di Sé.  Di conseguenza, se c'è questa veglia, si impara ad amare veramente anche tutte le creature e a stabilire delle relazioni costruttive ed arricchenti con esse, poiché è soltanto guardando le cose dal punto di vista di Dio che si vede bene, in modo giusto.

Ma chi ci insegnerà a vegliare, a raccogliere in Dio, a superare cioè l'aspetto transitorio delle cose per cogliere quello eterno? 

"Non date a nessuno il nome di Maestro, poiché Uno solo è il vostro Maestro, il Cristo", ci dice Gesù (Mt 23-9-10),  Lui che ci insegna a vegliare, a raccogliere ogni cosa in Dio, aiutandoci a ricuperare in continuazione il Principio di tutto. Nel suo Vangelo ci fa capire come tutto è parabola, tutto è segno di Dio e, se Lo ascoltiamo, ci porta alla grande scoperta che ha folgorato la donna samaritana al pozzo di Sichar e che ha trasformato la sua vita: "Sono Io che ti parlo" (Gv 4,26): in tutte le cose è Dio che parla con te! Allora se tutte le cose e tutti i fatti sono parole di Dio, tali parole vanno raccolte con Lui e in Lui per essere capite dal suo punto di vista.  Ma questo ci è possibile solo con Cristo.  Infatti Egli dice: "Chi raccoglie con Me (quanto è importante questo "Me"!) riceve mercede di vita eterna" (cf Gv 4,36).  Mercede di vita eterna è una ricompensa di luce, di crescente conoscenza di Dio. Ma Gesù aggiunge anche: "Chi con Me non raccoglie, disperde" (Lc 11,23) e disperdendo resta disperso nella notte: non capisce, non sa leggere quanto Dio ogni giorno gli presenta o gli fa accadere, e soprattutto disperde, spreca l'opportunità che Dio gli offre per imparare a convivere con Lui.

Con queste parole Gesù ci fa capire che il verbo principale della nostra vita è “raccogliere”, ed è questo il vero lavoro che ogni uomo deve fare: raccogliere col Pensiero di Dio e nel Pensiero di Dio, per vedere tutto dal punto di vista di Dio (e questo ci è possibile perché portiamo in noi il Pensiero di Dio).  In questo sta la preparazione, cioè la veglia.

Raccogliere vuol dire innanzitutto riconoscere che tutto (tutto, nulla escluso!) è opera di Dio Creatore; vuol dire rispettare la sua Presenza in tutto e quindi accettare tutto come voluto da Lui, come parola Sua personale per ognuno di noi.

Ma per raccogliere in Dio non basta accettare tutto da Lui, perché non bisogna rassegnarsi alla notte; ma è necessario soprattutto "riportare" ogni cosa a Dio, per vederla in Dio e da Dio, alla luce della Sua intenzione, senza proiettarvi la nostra, imparando così a lasciarci guidare dal suo Spirito in tutto, nel nostro pensare, parlare e agire. Infatti il tener presente l'intenzione di una persona è la prima condizione per poter convivere in armonia con essa.

Dio opera ogni cosa con un'unica intenzione: farsi conoscere, perché conoscerlo è per noi vita vera, eterna.  Quindi ogni cosa accoglila con fiducia dalle Sue mani sapendo che tutto avviene per aiutarti a preparare in te un terreno buono che possa accogliere e portare a maturazione il seme della sua Parola e quindi per renderti capace di conoscere qualcosa di più di Lui.  Non rassegnarti dunque mai alle tenebre, ma cerca sempre con tutte le tue forze presso Dio la luce su quanto ti accade e su quanto Egli ti presenta ogni giorno.

Beati coloro che hanno fame di conoscere Dio, che hanno fisso nell'anima il Pensiero di Lui e tutti i loro pensieri sono rivolti ad approfondire le parole di Dio, perché hanno in Dio il loro Maestro, il loro Amico, il loro compagno di vita! Questi hanno in Dio la loro forza, il loro amore, la loro luce e preferiscono piangere sui gradini della casa di Dio piuttosto che accettare di abitare altrove. Queste sono creature che sanno amare e maturano in sé la capacità di convivere con Dio per sempre.

(II – 31.07.1996 - Fine)  (Articoli scritti da Luigi Bracco e pubblicati su “La Fedeltà”)