Egli era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui e il mondo non
Lo conobbe. Gv 1 Vs 10
Titolo: Mondo
interiore e mondo esteriore.
Argomenti: Battesimo e distacco per riconoscere il Verbo incarnato. La sintonia con Dio. La morte di Cristo.
Il recupero dell’uomo. Il canto
triste della vigna amata. La luce si testimonia da sé. Il maestro esteriore. Il
mondo non lo conobbe (L’Araldo).
10/Ottobre/1975
Dall’esposizione di Luigi
Bracco (appunti):
“Egli era nel mondo…”: “Egli” si riferisce a Colui che è la Luce vera,
di cui il versetto precedente ha parlato (“ Luce vera è quella
che illumina ogni uomo che viene in questo mondo”).
Quindi questo versetto
andrebbe letto così: “La Luce vera era nel mondo, il mondo è stato fatto in
Essa, per Essa e per mezzo di Essa, ma il mondo non L’ha conosciuta”.
Continua, cioè, il
discorso precedente:
·prima aveva detto che Giovanni (in cui è
sintetizzato tutto il mondo esterno) non era lui la Luce, ma solo testimonianza
alla Luce, e che la Luce vera era invece quella che illumina ogni uomo, quindi
quella interiore;
·ora denuncia il fatto che il mondo non
riconosce questa Luce vera che “era” nel mondo.
Perché dice: “era” (“era
nel mondo”)?
Dice “era”, perché in
principio era così: la Luce parlava, dentro ogni uomo, nel mondo, cioè
parlava in ogni cosa attorno a lui, proprio perché il mondo è stato fatto per
mezzo di Essa.
Dicendo “era nel
mondo”, fa già capire che ora non è più così per noi; infatti
conclude: “il mondo non la conobbe”, cioè non la riconobbe.
Ma qual è quel “mondo”
che non ha riconosciuto e
che non riconosce la Luce?
Se il mondo è stato fatto
ed è ancora fatto per mezzo del Verbo di Dio (“per fede noi sappiamo che i
mondi furono formati dalla Parola di Dio, sì che da cose non visibili ha preso
origine quello che si vede” – Eb 11,3), cioè per mezzo di questa Luce che parla
dentro ogni uomo, vuol dire che il mondo è sacro: attorno all’uomo tutto
è sacro, tutto è buono, per cui la nostra terra è terra sacra.
Evidentemente allora il
difetto non sta nel mondo esteriore, ma nell’uomo che, riferendo tutto al suo io
o all’io degli altri, non riporta il mondo esterno alla Luce vera che porta in
sé. Quindi il mondo che non riconosce questa Luce, per mezzo della quale è
stato fatto il mondo, è l’uomo che vive per il mondo anziché vivere per
conoscere Dio e per cercare di capire il mondo nella Luce di Dio.
Questa Luce parlava e
parla in ogni cosa (“era nel mondo”), ma le tenebre, cioè gli uomini,
non la compresero e non la comprendono. Non la si comprende quando non si
uniscono i segni con Colui che parla per capirli alla sua Luce, e allora tutto
rimane tenebra: il mondo esterno non unito a Dio diventa motivo di offuscamento di questa Luce.
Per cui diciamo: qualunque
cosa considerata staccata da Dio, diventa “mondo” e quindi diventa “mondo”
l’uomo che è autonomo da Dio, che considera il mondo come autonomo da Dio e
quindi vive per esso: tale modo di vivere è la “mentalità del mondo”. Il
Vangelo di Giovanni chiama appunto “mondo” questo modo di vivere nel mondo,
questa mentalità del mondo. È tale mondo
che non conosce Dio, né può conoscerlo. Quindi chi ha la mentalità del mondo,
chi vive per il mondo non può conoscere Dio, poiché Dio non lo si può conoscere
nel pensiero dell’io.
Quando invece l’uomo
ascolta Colui che parla nel mondo e riporta il mondo a Dio, cioè lo consacra,
tutto viene illuminato da questa Luce.
Il “mondo” di cui parla
qui San Giovanni è dunque quel mondo che non è stato raccolto in Dio e che
perciò è incentrato sul nostro io. Giovanni quindi non parla del mondo
esterno, che, essendo fatto per mezzo di questa Luce, è sacro, ma del mondo
interiore dell’uomo che staccando le cose da questa Luce che ha fatto il
mondo, non riconosce questa Luce e non riconosce quindi che tutto è
sacro.
Come mai? Perché la
nostra terra è sacra, ma non è Luce. Tutto ciò che non è Dio è tenebra e
scollegato da Dio resta tenebra; ma se invece è riportato in Dio tutto, anche
la tenebra, diventa luce. Basta quindi il pensiero rivolto a Dio, per capire
che tutto ha un significato, anche se ancora il significato non lo capiamo.
È lo Spirito di Dio che
ci farà vedere poi la Verità in tutto e capire le lezioni di Dio nel loro vero
significato.
Ma prima di ricevere lo Spirito di Dio, bisogna:
·che accettiamo queste lezioni, anche se ancora
non le capiamo, riferendole a Dio (e questo è giustizia!) col desiderio
di capirne il Pensiero di Dio;
·e che amiamo il silenzio, il distacco
dal mondo, cioè l’ascesi, per fermarci e raccoglierci nel Pensiero di
Dio, in questa Luce, in questo Verbo di
Dio che portiamo in noi.
È questa la duplice azione
di recupero (battesimo di giustizia e
distacco, raccoglimento interiore) che ci prepara a riconoscere il Verbo
Incarnato che porterà a compimento l’opera di recupero dell’uomo.
Dato che tutti possono
credere che Dio è il Creatore, tutti possono arrivare a capire che devono
accettare senza ancora capire, ma con la speranza di giungere a capire, come
d’altronde fa l’allievo quando accoglie la lezione dal maestro prima ancora di capire: prima crede in ciò
che il maestro dice, per arrivare poi a capire quello che dice.
Tutto l’Antico Testamento è per portare noi che siamo tenebre ad accettare
ciò che non capiamo. È normale che le tenebre non capiscano; ma se credono e
accolgono tutto da Dio e riportano tutto a Dio, arriveranno a capire.
L’importante però è
rimanere in sintonia con la “radio trasmittente”, affinché la “radio ricevente”
possa ricevere il messaggio.
Allora, se rimaniamo in sintonia con la Luce vera,
quella che è nell’interiorità di ogni uomo e che è la “radio trasmittente”,
si arriva a scoprire il Divino che c’è nel mondo, in ogni creatura ed in
ogni avvenimento. Si è in sintonia quando si è sulla stessa lunghezza d’onda
(il Pensiero di Dio) della “radio trasmittente”, quando cioè si mette Dio prima
di tutto.
Quando invece l’uomo non
è in sintonia con Dio, allora tutto rimane tenebra, per cui : “Era nel
mondo, il mondo è stato fatto per mezzo di Lui, ma il mondo non Lo conobbe”.
Sostanzialmente, anche se
con sfumature e aspetti diversi, in questo versetto vengono ripresi e ribaditi
i concetti dei versetti precedenti:
·“ Egli era nel mondo…” (“In principio era
il Verbo”: alla radice di noi stessi c’era il Verbo di Dio che parlava in
tutto);
·“e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui…”
(“tutto è stato fatto per mezzo di Lui…);
·“…e il mondo non Lo conobbe” (“la Luce splende
nelle tenebre, ma le tenebre non L’hanno accolta”).
Già nell’Antico
Testamento c’era questa triste constatazione, che rivela un amore struggente di
Dio per l’uomo che si sta perdendo:
·“il
bue conosce il proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele
non mi conosce, il mio popolo non comprende nulla” (Is 1,2);
·“Il
mio popolo non conosce il mio volere” (Ger 8,7);
·Avete dimenticato chi vi ha allevati, il Dio
eterno; avete afflitto Colui che vi ha nutrito” (Bar 4,8);
·Cf:
“il canto della vigna” (Is 5,1ss) (vedi appendice);
·“….gli
empi rifiutarono di conoscerti…” (Sap 16,16);
·e ancora cf: Sap 13, 1.9; Sap 15,3.
E Gesù
stesso, all’ultimo, dirà: “Padre, il mondo non Ti ha conosciuto…” (Gv
17,25).
Non riconoscere chi ci ha
fatti! È questo il peccato di Adamo; è il rifiuto del Principio.
Smarrendo il Principio,
ed è il primo rifiuto, cadiamo schiavi di tutto, e non saranno sufficienti la
legge, i Profeti, il battesimo di
Giovanni Battista per uscire dalla nostra schiavitù e per conoscere Dio,
ma sarà necessario che il Verbo ci offra una seconda possibilità, presentandosi
a noi come corpo, entrando così nella nostra prigione, assumendo su di Sé ciò
che ci rende schiavi.
Ma sarà attraverso un secondo rifiuto, cioè
attraverso la morte di Cristo, che l’uomo incomincerà a capire che vivendo nel
pensiero dell’io ha ucciso e uccide Dio in sé.
La Morte di Cristo in
Croce sarà la conclusione di tutta l’opera di recupero dell’uomo da parte di Dio
(Gesù infatti muore dicendo: “Tutto è compiuto”), opera iniziata
nell’Antico Testamento come preparazione ad accogliere il Verbo Incarnato.
L’azione
di recupero nella tappa dell’Antico Testamento è duplice e avviene:
·attraverso la testimonianza del mondo
esteriore (lezioni della vita,
Legge, Profeti, ecc., che si sintetizzano nel battesimo di Giovanni Battista),
·e attraverso la testimonianza del mondo
interiore.
Quindi:
·il recupero che avviene attraverso la
testimonianza esteriore consiste nel mettere Dio prima di tutto: è la
lunghezza d’onda che ci orienta e ci mette in sintonia con Dio, con la Luce
vera che ci illumina dentro;
·il recupero che avviene attraverso la
testimonianza interiore (alla quale il battesimo di giustizia ci ha orientati e
con la quale ci ha sintonizzati), consiste nel distacco dal mondo e nel
saperci fermare per raccoglierci nel Verbo interiore, la cui presenza in
noi è testimoniata dalla passione dell’assoluto che portiamo in noi.
E perché non basta la
testimonianza di tutto il mondo esterno che ci orienta al Creatore?
Siccome il mondo (cioè
l’uomo che è tenebra), non ha accolto il Verbo di Dio, non lo può più
intendere, allora diventa necessario il distacco dell’uomo dal mondo per
potersi raccogliere interiormente in silenzio e in ascolto del Verbo
interiore, per recuperare la forza e la capacità di intendere il Verbo di Dio
che parla fuori. È necessario il
distacco dal mondo per orientare la passione di assoluto a Colui che è Assoluto
e non più alle cose relative.
Prima del peccato, e
quindi prima di ogni dispersione, non c’era bisogno di questa ascesi, di questo
distacco, perché naturalmente l’uomo era a contatto con la Sorgente interiore.
Ora c’è un guasto in noi, per cui non vediamo più Dio. Quindi “fermatevi!”,
ci dice Dio (Sal 46,11). Questo è l’unico modo per recuperarci, perché più ci
muoviamo, e più il guasto, il peccato, diventa irreparabile: sarebbe come voler
mettere le mani in un motore quando non si conosce come funziona. Quindi: non
mettere le mani in un motore che non conosci! Alza le mani, ascolta e attendi
col desiderio di capire.
Se sappiamo fermarci, si
attenua la gravità dell’agitazione. In questo fermarci sta la seconda azione
di recupero.
Se invece non ci
fermiamo, aumenta sempre più la nostra agitazione.
La duplice azione di
recupero può essere rappresentata dalle “due spade” di cui parla Gesù (Lc 22,35-38), che sono poi l’argomento
esterno e l’argomento interno, cioè:
·la testimonianza esteriore (quella delle tenebre che ci orientano alla
Luce vera, invitandoci a metterla in alto, prima di tutto),
·e la testimonianza interiore (quella della Luce vera che illumina ogni
uomo e che richiede distacco dal mondo e raccoglimento in Essa per fermarci ad
ascoltarla).
Appendice: Il canto triste della vigna
amata (Is 5,1 ss)
Mon ami avait une
vigne
Il mio amico aveva una vigna
Sur une coteau
fertile.
sopra una fertile collina.
Ne savez-vous pas
cela?
Non lo sapevate?
Mon ami avait une
vigne… Il
mio amico aveva una vigna…
Il en espérait…
Egli aspettava sperando…
il en espérait des
raisins,
aspettava che gli producesse uva,
il en espérait du bon vin. sperava che gli desse del buon vino.
Mon ami avait un
vigne.
Il mio amico aveva una vigna…
Tout le monde chantait à
mon ami Tutto il mondo cantava al mio amico
le chant de son
amour
il canto del suo amore
pour sa vigne.
per la sua vigna.
Tout le monde lui
disait: Tutti quanti gli
dicevano:
tu auras du bon vin. “Tu avrai del buon vino!”
Mon ami avait une
vigne Il
mio amico aveva una vigna…
sur une coteau
fertile. sopra una
fertile collina.
Il en espérait des
raisins,
Egli aspettava che gli producesse uva,
mais elle lui donna du
verjus. ma essa
gli ha donato dell’uva selvatica.
(L.B.)
Pensieri tratti dagli incontri del Sabato: Sabato 24.01.1976:
(appunti)
“Egli era nel mondo e il
mondo è stato fatto per mezzo di Lui e il mondo non lo conobbe”.
Egli (cioè la Luce che
illumina ogni uomo) era nel mondo. Questo vuol dire che in principio questa
luce parlava dentro ogni uomo in ogni cosa.
Parlava in ogni cosa
perché “il mondo è stato fatto per mezzo di Lui”.
Ma il mondo, cioè ogni
uomo che vive per il mondo, non La riconobbe: ha cioè fermato i segni di Dio al
proprio io, mettendo il proprio io al centro.
(Cf v. 5: “La Luce splende tra le tenebre, ma le tenebre non L’hanno
accolta”).
Sabato 30.04.1983:
Pinuccia B.: “Egli era nel mondo…”, ma Egli è nel mondo.
Luigi: Si capisce, lo dice al passato per farci
capire quanto…
Pinuccia B.: …siamo lontani dal vedere la realtà; cioè è come se ci
dicesse: “la Realtà presente è quella, recuperala!”.
Luigi: Ecco, ci invita a recuperarla. La Parola
di Dio è sempre una proposta all’uomo, affinché l’uomo recuperi quello che è
annunciato.
Pinuccia B.: Nella prima parte del versetto (“Lui è nel mondo, e il
mondo è stato fatto per mezzo di Lui”) ripete quello che è stato detto nel
versetto 3: “Tutto è stato fatto per
mezzo di Lui”; nella seconda parte (“…e il mondo non lo conobbe”) ripete
ciò che è stato detto nel versetto 5: “..Le tenebre non la compresero”,.
cioè mette in rilievo l’ingratitudine e la stupidità umana. Questo rifiuto
è un errore madornale.
Luigi: Sì, perché noi ci fermiamo alle impressioni;
ma la Verità non è in superficie, non abita nelle cose superficiali; Essa si
annuncia in tutto, anche nelle cose superficiali, però non è tra le cose
superficiali. La Verità abita in profondità, quindi richiede dedizione;
per cui chi non si dedica non può vedere la Verità.
Noi vediamo in
superficie, per cui non vediamo la Verità. In superficie tutte le cose
parlano in relazione al pensiero del
nostro io. Allora la Verità si annuncia
in superficie, cioè si annuncia al nostro io tra le cose superficiali, però per
essere conosciuta è richiesto l’approfondimento personale. Ora, se non c’è
questa dedizione, ecco che il mondo non La conosce e non può conoscerla.
Don Giuseppe: “La Luce era nel mondo e gli uomini non
L’hanno conosciuta”; perché?
Sono passati migliaia e
migliaia di anni e gli uomini non sono
riusciti a conoscere Dio nelle cose create; per poter arrivare a conoscerlo è
necessaria una rivelazione, è necessario un intervento particolare di Dio. Quindi
non è sufficiente la creazione. Anche se tutto testimonia Dio agli uomini,
essendo essi immersi nell’oscurità e nel peccato, non lo possono conoscere, non
possono vederlo.
Luigi: Ma in principio non era così. Adamo ed
Eva, tutto ciò che durante il giorno ricevevano, alla sera lo colloquiavano con
Dio; cioè, ogni cosa che ricevevano durante il giorno la riportavano a Dio;
poi, in conseguenza del peccato…
Don Giuseppe: …l’uomo è rimasto accecato.
Luigi: Ecco, a quel punto ormai, senza il Cristo,
non c’è niente da fare. Senza Cristo l’uomo sente ancora parlare di Dio, ma
per lui Dio è nel Cielo, è astrazione; infatti
dice: “noi siamo qui, su questa terra con i nostri doveri, con i nostri
impegni, con i nostri problemi; Lui è là, renderemo conto a Lui dopo questa
vita”, …e c’è il distacco. A questo punto l’uomo può essere salvato soltanto
da una Presenza fisica di un Dio fatto uomo, quindi di un Dio presente
nella sua superficialità. Nel nostro peccato noi possiamo solo essere
salvati da una presenza fisica in cui ci sia Dio, sia chiaro!
Flavio: Ecco, l’uomo non riconosce questa Luce che è
nel mondo, perché si identifica in ciò che fa e in ciò che possiede, però non
sa da dove viene, e nemmeno si pone il problema.
Luigi: Ecco perché qui vien detto: “il mondo non
Lo conobbe”. L’uomo, nel mondo, cerca di avere molto, perché attraverso
l’avere si qualifica e non si accorge che trascura l’essere. L’essere all’uomo
viene dal rapporto con Dio. Perché Dio è l’Essere e noi soltanto
partecipando all’Essere acquisiamo essere. Invece noi nel mondo ci
misuriamo sempre in base all’avere: “quanti capitali hai? quanti interessi hai?
Quante lauree hai? Quante case hai? ecc.”; tutto questo avere è quello che
caratterizza l’uomo senza Dio. L’uomo che vive per il mondo non può conoscere
Dio. Non ci pensa nemmeno!
Flavio: Il mio vicino di casa, una persona ultra
ottantenne, è proprietario di molte case e terreni e gli è stato chiesto se
avesse intenzione di vendere una di queste case; ha risposto: “altro che vendere,
ho bisogno di comprare…!”; probabilmente pensa di non dover mai morire!
Don Giuseppe: È la prova che uno, se vive per possedere,
non è mai soddisfatto di ciò che possiede; anzi quanto più possiede, tanto più
desidera possedere.
Luigi: D’altronde basta guardarci attorno e vediamo
che è tutto così; noi abbiamo in noi questa passione d’assoluto a causa
della quale, se non è orientata a Dio,
abbiamo bisogno di moltiplicare le cose all’ennesima potenza. E poi…
per ottenere che cosa? Infatti tutto ciò che abbiamo, fossimo anche sempre
vestiti da festa, non ci cambia di una virgola; noi non possiamo aumentare la
nostra statura (statura intesa come essere), assolutamente! Noi possiamo avere
anche delle macchine costosissime, andare velocissimi e crederci importanti, e
magari essere ammirati da tutti, però interiormente continuiamo ad essere dei
poveracci come prima. Noi non ci modifichiamo per niente, anche se tutti ci
battono le mani. Quello che ci modifica veramente è la conoscenza di Dio;
è la partecipazione dell’Amore di Dio che modifica il nostro essere.
Tutto il resto non ci modifica di niente; e questo lo esperimentiamo; perché
tutto il nostro “modificarci” nell’avere si riduce ad un cambiarsi d’abito.
Infatti, per quanto accumuliamo dei terreni, è sempre un vestito che ci
mettiamo, nient’altro: noi siamo sempre
tali e quali. Non è che andando sulla luna tu conosca di più Dio; non è che
correndo a destra e a sinistra tu conosca di più Dio. Non conosci niente!
Allora fermati, lascia
correre tutti, ma tu fermati; lascia perdere…; nella vita dello spirito
guadagna veramente chi sa perdere tutte le cose del mondo, perché è solo
nella partecipazione di Dio che si acquisisce essere; quanto più tu conosci
Dio, tanto più tu partecipi di Dio. E Dio è Colui che è e quindi ti
partecipa la sua Vita, ti partecipa il suo Essere. Allora lì abbiamo il
cambiamento dell’uomo e il distacco dalle cose. Infatti “quando un uomo
trova un tesoro più grande, va con gioia a vendere tutto per possedere quel
tesoro” (Mt 13,44): non gli importa più nulla del resto! Quando uno trova
una Sorgente, chi lo può costringere a bere ancora ad una pozzanghera?
Uno beve alle pozzanghere
quando non trova la Sorgente; perché essendo assetato, piuttosto di morire di
sete, beve col rischio di essere avvelenato, e non può farne a meno perché ha
una sete tremenda (e noi tutti abbiamo una sete tremenda!). Ma quando scopre la
Sorgente, gli si può dire o dare tutto quello che si vuole, ma non lo si
convince a continuare a bere nella pozzanghera. Ecco, chi veramente ha trovato il “tesoro nel campo,
va e vende con gioia” e non sta a guardare con nostalgia ciò che lascia;
così è chi ha sete e trova la Sorgente: lascia con gioia le pozzanghere; non ha
nessuna difficoltà a lasciare le pozzanghere! Gli altri dicono: “quello lì non beve più alle pozzanghere, e
chi glielo fa fare?!” Il mondo non può capire questo cambiamento; non può
capire che la soluzione di tutte le problematiche della nostra vita dipende
dallo scoprire la Sorgente. Tutto il segreto della nostra vita è scoprire la
Sorgente! cioè Quello che era in principio. La Sorgente dell’Essere è Dio.
Don Giuseppe: È necessario fermarsi: il Salmo dice: “Fermatevi
e sappiate che Io sono Dio, eccelso tra le genti, eccelso sulla terra” (Sal
46,11). “Gustate e vedete quanto è buono il Signore!” (Sal 34,9). È come
dire: “prenditi una lunghissima vacanza per avere tempo a cercare Dio”, per
incontrarsi con Lui.
Luigi: Certamente! È questa la cosa essenziale. Però
chi vive pensando a se stesso, pensa invece in questi termini: “io mi sveglio
mezz’ora prima così vinco il mio concorrente”. Il problema nel mondo è
l’opposto; se tu dici di fermarsi ad uno che vive per il mondo, ti risponde:
“per carità, io devo correre di più dell’altro, perché se non corro di più dell’altro,
perdo la concorrenza”. Ecco perché, ad un certo momento, uno assolutamente non
può conoscere Dio; perché non ha più tempo di ascoltare. È per questo che “il
mondo non lo conobbe”.
Flavio: Anch’io partivo prestissimo per andare per
funghi….perché pensavo: e se passa un altro prima di me?
Luigi: E già; nel mondo è tutto un problema di
concorrenza, vince chi corre di più. Perché uno preme il pedale
dell’acceleratore? Perché così passa davanti agli altri. È tutta una corsa
inutile, è tutta stupidità. Si perde l’essenziale!
Pinuccia B.: Quella persona di cui parlava Flavio, che vuole comprare
nonostante già abbia troppo, magari prega, però è una fede che non cambia,
perché non è vista come conoscenza di Dio.
Luigi: Ecco perché dico che è importantissimo
aiutare le creature a trovare questo rapporto con Dio, questa Presenza di
Dio; e non a pensare a Dio soltanto in chiesa: “vado a compiere il mio dovere e
poi bado ai miei affari”. No!
Dio è presente in tutto,
quindi tu devi dialogare con la presenza di Dio in tutto, sempre! tu devi dialogare con Dio quando sei per la
strada, quando sei in chiesa, quando sei in casa, quando sei con gli altri, in
tutto; perché Dio è presente in tutto, e sta parlando con te in tutto! Quindi non
ignorare Colui che sta parlando con te . Lui è nel mondo, perché Lui
è in tutto. Lui è in te, ma anche nel mondo. Non è che Egli sia in te e
non sia nel mondo, perché tutto il mondo, tutte le creature sono testimonianza
dell’unico Dio. Quindi è Lui solo il Creatore. Lui parla con te in tutto e
tu stai attenta a rispondere a Lui. Ecco, non è che tu tratti con Dio
soltanto quando reciti il Rosario o soltanto quando vai a Messa. Non dobbiamo
dire: “adesso sono andato a Messa, ho fatto il mio dovere, ora posso occuparmi
d’altro, ecc.” e no! (il “mondo” che non lo conobbe, può anche essere un mondo
religioso).
Il compito essenziale
verso gli uomini, il vero amore del prossimo è questo: aiutare il fratello a
scoprire questa presenza di Dio in tutto, a metterlo in rapporto con Dio in
tutto. Così come ha fatto
Gesù.
Flavio: Questa settimana ci ha chiamati una persona
che in un primo momento voleva fare un’offerta, poi in realtà voleva solo
sbarazzarsi di roba che non sarebbe servita a nessuno; quelle poche cose che
probabilmente sarebbero servite e che non avrebbe utilizzato, se le voleva
invece tenere per sé.
Luigi: A causa della nostra passione d’assoluto non
sappiamo perdere, non riusciamo a staccarci; il problema della morte non è uno
scherzo: la morte è proprio un distacco violento che Dio ci impone proprio
per liberarci. Ma prima di imporcelo, Egli ci invita a lasciare…
Pinuccia B.: Però se uno si fa violenza staccandosi da una cosa in
nome di Dio perché sa che la vita non gli viene da quello, senza però ancora capire, è positivo?
Luigi: Certo, tutto quello che noi facciamo per
Dio è positivo: “anche solo un bicchiere d’acqua dato in nome di Dio ha
la sua ricompensa” (cf Mt 10,42; Mc 9,41). Non capisci il perché, ma lo fai
perché Dio te lo chiede. Quindi per
rispettare la volontà di Dio, la presenza di Dio, te ne liberi. Poi Dio costruirà lì sopra e ti darà la luce. Il
distacco dal mondo fa parte dell’azione di recupero dell’uomo dal peccato. L’importante
è fare qualcosa per distaccarci, è dare
a Dio qualche cosa di “nostro”; puoi
anche sbagliare, però se hai la retta intenzione, Dio ti recupera e trasfigura
tutto in positivo. L’importante è che ci sia questa buona fede, questa
intenzione di fare le cose per Dio. Poi dopo, succeda quel che succeda, Dio ci
recupera.
Quando invece c’è l’io è
difficile il recupero; perché la parola che si dice nel pensiero dell’io, non
si cambia tanto facilmente, perché c’è l’orgoglio, c’è il pensiero dell’io, c’è
il pensiero di se stessi che lo impedisce. Nel pensiero dell’io piuttosto uno
cambia tutto il mondo, ma non cambia più ciò che ha detto.
Pinuccia B.: “Egli era nel mondo e il mondo era stato fatto per mezzo
di Lui e il mondo non Lo conobbe”. Questo, Giovanni l’Evangelista, me lo dice prima di annunciarmi l’Incarnazione
del Verbo; cioè prima mi fa vedere com’era il progetto di Dio e qual è invece
stata la risposta dell’uomo. Mi prepara così a capire il perché
dell’incarnazione.
Luigi: Certo, ci prepara all’incontro con Cristo.
Flavio: “…Il mondo è stato fatto per mezzo di Lui”:
avevi detto che questo vuol dire che il
mondo era nel Pensiero di Dio.
Luigi: Tutto il mondo è fatto per mezzo del Pensiero
di Dio, quindi nel Pensiero di Dio.
Flavio: Anche noi allora siamo in questo Pensiero.
Però il mondo non conosce questo, non sa dov’è e dove va, e quindi è perso in partenza.
Luigi: Infatti noi non ci conosciamo; questo perché
non ci conosciamo nel Pensiero di Dio. Il nostro luogo è Dio.
È quindi un errore enorme
dire agli uomini: “conosci te stesso”, così come è un altro errore dire:
“abbiate fiducia in voi stessi”. L’uomo non può conoscere se stesso. Conosci
Dio e troverai l’uomo; cerca Dio: in Dio troverai l’uomo.
Pensieri conclusivi:
Flavio: La Luce è in me, ma anche nel mondo;
l’importante è dedicarsi a capire quali sono le cose che ci impediscono di
vedere questa Luce.
Luigi: Sì, e poi soprattutto è importante imparare
ad attingere a questa Luce: bisogna imparare a bere a questa Luce. La Luce in
noi è una Sorgente.
Flavio: Ma se io non sono nella Luce, per arrivare a
vedere la Luce devo guardare a questa Luce; però se non La vedo, come faccio?
Luigi: Innanzitutto abbiamo tutte le creature che ci
ammoniscono: noi non ci siamo fatte da
sole! E poi al centro di tutta la creazione c’è Cristo. Infatti è Lui che ci conduce poi a scoprire questa presenza
della Luce in noi: è una scoperta
antica, che però abbiamo perso fin dall’inizio.
Cristo fa questa opera: Cristo
viene fuori per portarci, se Lo ascoltiamo,
a scoprire il Verbo interiore che portiamo dentro di noi. Però
bisogna perlomeno avere fede in Dio Creatore; che è la giustizia essenziale.
Avendo fede in Dio, uno sta particolarmente attento alle parole del Cristo,
perché Egli gli parla di ciò che gli sta a cuore, di quello che gli interessa e
che da solo non riesce a capire, a conoscere. Infatti i primi discepoli dissero: “finalmente abbiamo trovato!”
(Gv 1,41). Chi avevano trovato? Colui a cui erano particolarmente interessati,
perché erano terribilmente interessati a Dio. Chi è interessato alla matematica
va da un professore di matematica; chi vuol fare carriera va dai maestri del
mondo a capire come si fa a far carriera; così invece chi ha interesse per Dio,
quando incontra il Cristo potrà dire. “finalmente ho trovato Colui che mi parla
di ciò che mi sta a cuore”. E ascoltando il Cristo, il Cristo lo conduce a fare
questa scoperta.
Flavio: È importante l’ascolto, perché delle volte
credo di essere io che sto andando, che sto facendo…e corro il rischio del
“mondo” che non conobbe la Luce.
Luigi: Dobbiamo tener presente che non siamo noi
che scopriamo Dio, ma è Dio che rivela Se stesso nella misura in cui noi
ascoltiamo Lui. Noi entriamo nella Luce ascoltando, non facendo. Lui parla
con noi, l’importante è che noi non ci facciamo distrarre dal football, dalla
carriera, dal denaro, ecc.; dobbiamo comportarci coerentemente con ciò che ci
sta a cuore; se ci sta a cuore Dio, dobbiamo fermarci.
Don Giuseppe: “Egli era nel mondo”: per vederlo
fuori, debbo dare molta attenzione alla Luce che è in me, anche quando opero.
Luigi: Ci vuole molta dedizione, perché si deve
subordinare ogni altra cosa a Dio; la giornata vale in quando si ha capito
qualche cosa di Dio. Dobbiamo imparare a bere a questa Sorgente.
Don Giuseppe: Il rischio è questo: di essere tra coloro che
non La accolgono: la Luce è nel mondo, ma gli uomini non L’hanno conosciuta.
Bisogna allora aprirsi ad Essa momento per momento.
Pinuccia B.: Per riconoscere la Luce che è nel mondo, devo guardare
alla Luce che è in me; quindi questo versetto è un invito a una maggiore
interiorità, è un invito ad attingere a questa Luce che è dentro di me,
affinché si illumini il mondo fuori.
Luigi: Sì, la Luce scaturisce da un rapporto
personale; quindi mettiti in silenzio, in raccoglimento e cerca il rapporto
personale. Ecco la vera preghiera: “quando vuoi pregare, entra nel silenzio
della tua stanza, chiudi l’uscio (cioè, “metti tutto fuori”) e rivolgiti
al Padre che è presente in te” (cf Mt 6,6). Bisogna trovare a qualunque costo
il tempo e anche un luogo, per il silenzio (…quel campo in cui c’è il tesoro
nascosto).
Pinuccia B.: Importante è sapere che abbiamo a nostra disposizione
questa Luce che ci illumina dentro e fuori.
Luigi: L’abbiamo a disposizione, però è difficile attingere
ad Essa; perché per attingere ci dobbiamo dedicare. È il problema del
“bere” che abbiamo visto domenica scorsa, approfondendo il versetto 37 del
capitolo 7 del Vangelo di S. Giovanni: “Chi ha sete venga a me e beva” :
bere vuol dire dedicarsi a-. Ecco, noi possiamo strumentalizzare l’Altro
credendo di bere, facendo asservire l’Altro a noi; invece, quando una persona
parla, bere a questa persona vuol dire far tacere tutto di noi, far tacere
tutti i nostri problemi; l’alunno, a scuola, per “bere” la lezione deve far
tacere tutto di sé; se invece pensa ai fatti suoi, sta fresco! Ora, il
difficile per noi è riuscire a fare questo silenzio, cioè a far tacere ciò che
c’è in noi, perché dentro di noi abbiamo
tutti che urlano, che ci disturbano e ci impediscono l’ascolto. Ora, tutto
quello che parte da noi, anche solo una parola inutile, non è indifferente e ci
disturba; anche solo una parola che noi diciamo non secondo lo Spirito di
Dio, quella urla dentro di noi, e urlerà eternamente, non la cancelliamo più (“Ma
Io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno
del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle
tue parole sarai condannato” - Mt 12,36-37), per cui ci disturba, perché è
un moto continuo dentro di noi.
Pinuccia B.: Questa parola urla eternamente solo se non la recuperiamo
in Cristo.
Luigi: Certamente, ma dobbiamo morire a noi stessi e
a tutti i nostri prodotti; altrimenti questi non si estinguono più; ecco perché
quando ci mettiamo a far silenzio sentiamo tutte queste voci, tutte queste
parole, magari le cose più stupide che abbiamo raccolto durante la strada,
durante il giorno, che ci impediscono l’ascolto di Dio. Ecco, tutto ciò che
non abbiamo collegato con Dio diventa in noi “mondo” che non conosce Dio e ci
impedisce di conoscerlo.
Pinuccia B.: Che cosa bisogna fare quando ci si trova in queste
circostanze, quando cioè il “mondo” è entrato in noi?
Luigi: È necessario scoprire questa miseria, questa
povertà, e capire soprattutto che dobbiamo stare molto attenti a quello che
parte da noi, perché tutto quello che parte da noi, non motivato da Dio, ricade
su di noi. Bisogna quindi stare molto attenti. Infatti c’è tutto un mondo che
arriva a noi senza di noi, e questo dobbiamo accoglierlo da Dio; quindi tutto
quello che arriva a te senza di te, viene a te da Dio: sappi essere attenta,
Dio è il Creatore, quindi accogli tutto da Lui. Ma stai soprattutto attenta a
quello che parte da te, perché “è dal cuore dell’uomo che partono tutti i
mali”: dal di dentro! Non da ciò che arriva fuori (Mt 15,18-19).
Il male che è in noi non dipende da ciò che arriva dall’esterno, assolutamente
(il mondo esterno infatti è sacro, perché “è stato fatto per mezzo di Lui”).
Pinuccia B.: Ma se ciò che parte da me è secondo Dio, non ricade su di
me.
Luigi: Se parte da Dio ti libera, ma se invece parte
dal pensiero del tuo io, ti offusca la Luce di Dio (ecco perché “il mondo
non Lo conobbe”: “mondo” infatti è l’uomo che riferisce le cose a sé ed è
tutto proiettato all’esterno). Ogni
parola, ogni scelta che tu fai guidata dal pensiero di te stessa, ricade tutto
su di te, e ti crea le distanze; infatti la Bibbia dice che non è che Dio sia
distante da noi, perché Dio è con noi anche quando siamo immersi nel male più
grosso, Dio è sempre con noi, Dio non si sposta, ma: “Sono i vostri peccati
che hanno creato le distanze tra Me e voi” (Is 59,2); cioè tutto quello
che parte da noi non secondo Dio crea tra la nostra anima e Dio delle distanze.
Ora, nella distanza non “sentiamo” più Dio; e allora ci sentiamo soli,
esperimentiamo la solitudine, esperimentiamo la tristezza. Quindi bisogna stare
molto attenti a quello che parte da noi; bisogna che tutto da noi parta
dallo Spirito di Dio.
Pinuccia B.: Cioè, bisogna imparare a rimanere in atteggiamento di
risposta, e mai partire di nostra iniziativa.
Luigi: L’iniziativa deve venire da Dio; se così
fosse immagina quanto silenzio ci sarebbe nella nostra giornata! Noi ci
lamentiamo di non aver abbastanza silenzio, ma se parlassimo soltanto motivati
da Dio…! Come Cristo che dice: “Il
Figlio non può fare niente se non lo vede fare dal Padre” (Gv 5,19).
Pinuccia B.: Ma può capitare di credere di parlare secondo lo Spirito
di Dio e poi invece…
Luigi: Se uno crede di parlare secondo lo spirito
di Dio, anche se sbaglia, non importa; l’importante che l’intenzione sia
quella di obbedire a Dio; il più delle volte invece noi parliamo guidati,
sollecitati dal pensiero della figura o comunque dal pensiero dell’io (“faccio
così perché se no chissà cosa dicono gli altri!”; oppure “dico questa
barzelletta così mi rendo simpatico”, oppure “denigro un altro per esaltare
me”) ed è poi quello che ci ricade addosso.
Flavio: “Il mondo non Lo conobbe”, perché il mondo
non sa fermarsi ad ascoltare. Eppure Dio dopo i rumori del giorno ci dà il
silenzio della notte, ma è difficile fermarci. Ma volevo chiedere: se c’è il giorno e la notte, quindi se c’è un
periodo di luce e un periodo di buio,
come possiamo in noi fare luce sempre?
Luigi: Tutta la creazione è fatta a periodi di sera
e di mattina, di giorno e di notte perché abbiamo la Parola di Dio che arriva a
noi senza di noi, quindi abbiamo la Luce che arriva a noi, e poi abbiamo la notte che è fatta per prendere
consapevolezza della parola che è arrivata a noi. Quindi è necessaria la notte,
come per un’opera musicale sono
necessarie le pause; infatti la musica è fatta di note e di pause. Se tu provi
a togliere le pause perché sono un vuoto per cui credi che non servano a
niente, le note diventano rumore. Ora, è proprio la notte che dà valore al
giorno, come le pause danno valore alle note; la notte è questa creazione che
si ritira da noi, che non preme più su di noi; ed è qui che l’anima è più
libera, perché è in silenzio, quindi è una festa. La notte dovrebbe essere
una festa per prendere coscienza della Parola che è arrivata a noi e della sua
importanza. Difatti Adamo la sera colloquiava con Dio tutti i segni che
aveva ricevuto durante il giorno; “passeggiava” (Gen 3,8), colloquiava,
cioè ragionava con Dio. Ora, durante il giorno noi abbiamo la pressione
della creazione che arriva a noi, che entra in noi, ma tutto quello che arriva
a noi, ad un certo momento dobbiamo colloquiarlo con Dio; ma quando lo
colloquiamo con Dio?
Ecco è necessario che ci
sia questo spazio, questo silenzio, che le cose si ritirino da noi, che ci
lascino tranquilli, in modo che ci lascino la possibilità di recuperare nella
luce di Dio tutto ciò che è arrivato a noi.
Se tu ti trovi con una
persona che parla in continuazione, ad un certo momento le dici: basta! perché
ti ha riempito la testa. Perché questo? Perché c’è bisogno di spazio per poter
riflettere e acquisire ciò che ti è arrivato; altrimenti tutto diventa puro
rumore.
Flavio: Ma quando dormiamo è possibile rimanere nel
Pensiero di Dio?
Luigi: L’importante è sapere che il Signore è con
noi; infatti è dormendo che
finalmente uno si affida al Signore, perché Il Signore è con noi anche quando
dormiamo. Questo riposo nel Signore è
simbolo della nostra pace, del nostro riposare in Dio, del nostro far conto su
di Lui.
Dio è il luogo del nostro
riposo, per questo noi dobbiamo affidarci a Lui. Dobbiamo porre la nostra fiducia in Lui. Infatti se noi facciamo conto su noi stessi,
ad un certo momento non dormiamo più di notte, anzi, di notte cerchiamo di
lavorare più degli altri per guadagnare di più, e arriviamo al punto da
riempirci di caffè per poter lavorare di più.
Riposare è molto
difficile, perché praticamente riposare vuol dire aver fede, vuol dire
affidarsi a Dio. Il nostro
dormire è un segno di questo riposare; tutto ciò che avviene nel mondo
materiale è segno del mondo dello spirito.
Pinuccia B.: “Il mondo non Lo conobbe”: cioè è quel mondo,
quell’uomo che non ha fatto la
giustizia essenziale?
Luigi: Certo. Chi non compie questa giustizia
interiore ha per centro il pensiero di se stesso e ha già rifiutato quella
Luce che non può ignorare, cioè il Pensiero di Dio Creatore (un semplice
filo d’erba ce lo annuncia).
Pinuccia B.: Quindi il mondo che non riconosce questa Luce non
può incontrare il Cristo, e quindi non
può giungere a conoscere il Padre. Invece chi fa questa giustizia incontra il
Cristo e il Cristo gli toglie questo
dubbio “sono io che penso Dio o è Dio che si fa pensare da me?”, cioè gli fa
scoprire la Realtà oggettiva del Pensiero di Dio in sé.
Luigi: L’iniziativa è sempre di Dio.
Pinuccia B.: D’accordo la sua
parola mi conduce; però mi chiedevo perché non basta la giustizia essenziale
per capire questo, perché la giustizia mi fa
già riconoscere che tutto fuori di me e dentro di me è opera di un
Altro, quindi anche il mio pensiero, tanto più il Pensiero di Dio. Questa è
giustizia…
Luigi: Sì, però capisci per arrivare lì cosa ci vuole? Quanta
maturazione e approfondimento di questa giustizia! Anche le stesse parole del
Cristo sono tutte un invito a fare la giustizia; Egli continuamente ci invita a
fare la giustizia, perché noi siamo terribilmente incoerenti. Ora, si parte
dalla giustizia essenziale, la giustizia principale, il battesimo del Battista,
che è togliere il proprio io dal centro, e
poi tutto il resto verrà dopo; cioè, la presa di coscienza di tutti i
rapporti di giustizia verranno dopo. Quindi, la giustizia essenziale
elementare, quella che sta alla base,
è questa: “non mettere il tuo io al centro ma metti Dio Creatore”;
sarà poi il Cristo che ci recupererà tutto in questa giustizia qui, perché noi
siamo molto disturbati, pur riconoscendo questo, pur essendo attratti da
Dio.
La partenza quindi è riconoscere che Dio è il Creatore e che va
messo al centro della propria vita; ma messo Dio al centro, nessuno di noi è
salvo; anzi, è proprio considerando Dio come va considerato che noi incominciamo a scoprire il nostro
peccato.
La Legge non ci salva, la
Legge ci fa toccare con mano il nostro peccato, ci fa toccare con mano che noi
siamo dei delinquenti (Rm 5,20); e questo proprio perché noi sappiamo che Dio
c’è; quindi la Legge ci interroga: “se sai che Dio va considerato come massimo
valore, perché parli così? perché ti comporti così? perché non ami Dio con
tutto il tuo cuore, con tutte la tua mente, con tutte le tue forze?”. Ecco la
Legge ci fa constatare che ci troviamo nell’impossibilità di recuperare tutto
in Dio. E pur riconoscendo che sarebbe bello se tutti vivessero così, e che
sarebbe un paradiso terrestre se…, vediamo una realtà diversa, realtà in cui
noi ci troviamo come dei vasi di terracotta in mezzo a dei vasi di ferro, per
cui da qui nasce la paura, e quindi il vivere per difendersi. Per cui, pur
facendo la giustizia essenziale, per noi è terribilmente difficile vivere
secondo la fede, secondo Dio, in un mondo che, ai nostri occhi pieni di terra,
è tutto diverso da come dovrebbe essere “…perché – sempre secondo il
nostro io - c’è il male che opera tra noi”. Ecco allora la funzione
della Legge! La Legge è fatta per far sentire a noi il bisogno del Salvatore.
Tutti i profeti vengono a
noi per far sentire a noi il bisogno del Salvatore, quindi per preparare noi
all’incontro con Cristo. Giovanni Battista è precursore, cioè colui che prepara
noi all’incontro con il Salvatore.
Pinuccia B.: Ma questa giustizia essenziale allora ci può lasciare nel
dubbio?!
Luigi: Sì, perché la salvezza sta nella certezza
e quindi nella conoscenza.
Pinuccia B.: Quindi se una persona è alla ricerca e fa la giustizia
essenziale non è senza dubbi.
Luigi: Certo. La giustizia essenziale ha lo scopo di
farci sentire il bisogno di un aiuto di Dio, di farci sperimentare la nostra
distanza da Lui.
Pinuccia B.: Ma inizialmente il problema è: “esiste Dio? sono io che
Lo penso o è Lui che si fa pensare? Lo penso o esiste indipendentemente da me,
oggettivamente?” Il problema è lì.
Luigi: No, il problema è questo: “L’hai fatto tu il
filo d’erba?”; giustizia è dire: “sono certo di non aver fatto io il filo
d’erba, l’ha fatto un Altro”; basta questo.
Pinuccia B.: Anche senza conoscere l’Altro?!
Luigi: Certo, perché se tu conoscessi l’Altro
saresti già nella Vita Eterna!
Pinuccia B.: Questa è la base, è la certezza elementare…
Luigi: Basta questo: “il filo d’erba certamente
non l’ho fatto io”.
Pinuccia B.: Quindi è questo il punto oggettivo, la certezza dalla
quale bisogna partire.
Luigi: Certo; infatti noi possiamo dire stupidamente
“il filo d’erba l’ho fatto io”, ma se qualcuno ci dice: “Fanne uno!”, capiamo
di aver detto una sciocchezza. Noi possiamo solo distruggere: noi possiamo
strappare una foglia dall’albero, ma non
possiamo più ricongiungerla; possiamo uccidere una mosca, ma non possiamo
ricrearla; l’uomo fa in fretta a distruggere, ma non è in grado di fare. Come
mai?
Ecco, la prova è lampante
che è un Altro che fa le cose. Ecco, “il mondo è stato fatto per mezzo di
Lui”.
E come mai il mondo non
Lo riconosce?
Perché mette il pensiero
dell’io al centro, per cui resta accecato e distrutto. L’uomo non può ignorare
Dio, però non sa chi sia, per cui non deve fare l’errore di mettersi al centro,
come se le cose le avesse fatte lui.
Quindi la giustizia sta
in questo: non mettersi al centro; tanto è vero che quando qualcuno inizia a
dire: “io qui, io là, io ho fatto questo, ecc.”, tutti si mettono a ridere,
perché magari domani ha mal di pancia e non riesce più neppure a camminare.
Ecco, noi siamo povere creature, e allora non vantiamoci, non gonfiamoci!
La vera dimensione
dell’uomo è la povertà.
L’uomo che si crede ricco è un essere fuori dalla sua dimensione, è un essere
gonfiato; e allora c’è bisogno di lezioni che lo riportino alla normalità.
Tutte le lezioni della vita, tutte queste “legnate” sono delle lezioni di
Dio per riportarci nelle nostre dimensioni e salvarci. “Io sono venuto
per rendere ciechi coloro che credono di vedere - perché fintanto che
riteniamo di vedere non possiamo essere illuminati – e per dare la Luce a
coloro che sono ciechi” (cf Gv 9,39). Quindi prima bisogna ricondurre
alla cecità colui che crede di vedere, e poi in quella povertà fargli
arrivare la Parola che lo illumini.
Ecco, il battesimo di
giustizia è questo: non metterti al centro, perché tu non sei il centro e
basta un filo d’erba per sconfessarti, per farti toccare con mano che tu non
sei il centro.
Sabato 18.02.1989
Nino: “Egli era nel mondo, il mondo è stato
fatto per mezzo di Lui e il mondo non Lo conobbe”. A chi si riferisce questo “egli”?
Luigi: Va collegato con il versetto precedente: “Luce
vera è quella che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Egli era nel
mondo…”. Dovrebbe dire: “Essa era nel mondo, il mondo è stato fatto per
mezzo di Essa, e il mondo non la conobbe”. È il nostro parlare che è
limitato, perché il termine “Luce” fosse maschile, tutto andrebbe bene…; ma la
Luce è femminile per la lingua italiana, e da qui le incomprensioni. Quindi,
questo “Egli” va riferito alla Luce.
Nino: Gesù dice anche: “Io sono la Verità”
(Gv 14,6): quando parlo della Verità, parlo sempre di Lui, per cui direi
anch’io “Egli”.
Luigi: Certo, ma
qui c’è una continuità di pensiero, perché dice: “Luce vera è quella
che illumina ogni uomo che viene in questo mondo; Essa – per restare nella
continuità di pensiero – era nel
mondo, e il mondo era stato fatto per mezzo di Essa, ma il mondo non la conobbe”.
Delfina: “Il mondo non la conobbe”: finché
siamo nella materia, non possiamo
conoscere Dio.
Luigi: Quindi il “mondo” è l’uomo che vive
per le cose del mondo, cioè è l’uomo che vive per i “buoi, campi e la moglie” (Lc
14,18-20): qui l’uomo non può conoscere Dio (Lc 14,24). Dio è in tutto e parla
in tutto, però l’uomo che vive per le cose del mondo non può conoscerlo, perché
per conoscerlo deve rientrare in se stesso e…
Delfina: Dobbiamo renderci conto che non siamo in
questo mondo solo per vivere e per poi morire, ma dobbiamo cercare il motivo…
Luigi: Infatti perché noi non siamo soddisfatti di
vivere per poi morire? Perché l’animale se ne sta tranquillo, non si preoccupa
di dover morire? Noi invece subiamo il problema della morte, perché?
Appunto perché noi
abbiamo questa Vita eterna dentro di noi, per cui la morte diventa un assurdo
per noi. Si nasce e poi si muore, ma allora a che cosa serve questa vita? È
questa Vita Eterna in noi che ci fa sentire il problema della morte; in noi
c’è il bisogno di cercare una ragione, una
giustificazione della nostra esistenza, proprio perché portiamo già
questa Luce dentro di noi; succede però che non interroghiamo questa Luce
e Ecco, non interrogando questa Luce,
tutto ci sembra assurdo, ci sembra impossibile; tutti i giorni fatichiamo per
poter mangiare, poi mangiamo, mangiamo, mangiamo e un bel giorno non ci siamo
più; ma a cosa è servito tutto questo se poi si deve morire?
Si vive per far star su
il corpo, ma poi sicuramente si muore, e allora
a che cosa serve la vita?
Perché ci facciamo queste
domande? Perché non siamo contenti di vivere per le cose che passano?
Evidentemente perché
portiamo in noi una dimensione eterna; e allora vivendo per le cose che
passano non siamo soddisfatti, appunto perché siamo vocati, chiamati, destinati
alla Vita eterna. Se uno è destinato a diventare re e deve fare lo spazzino
da mattina a sera, non è al suo posto,
perché lui ha la vocazione di fare il re. Ecco, noi abbiamo la vocazione della
Vita eterna, di conoscere Dio, siamo destinati a vivere sempre; quindi vivendo
per le cose che passano siamo insoddisfatti, in quanto è come se facessimo gli
spazzini da mattina a sera mentre siamo chiamati a diventare re. Ed è proprio
questa insoddisfazione che ci testimonia che il nostro destino è un altro. Quindi
non vivere per quello che passa, perché tu sei destinata ad Altro!
Modesta: C’è stato un tempo in cui non si viveva per
questo mondo, ma che si viveva per Dio?
Luigi: Adamo prima del peccato viveva per Dio; prima
del peccato viveva per Dio, perché Adamo
era in formazione e quindi viveva per Dio. Poi, ad un certo momento, quando Adamo
ha dovuto raccogliere in _Dio il pensiero del suo io (che Adamo proiettava
in Eva, ecc.), c’è stato il fallimento. Quindi in conseguenza di
quello….
Amalia: Pensavo all’attualità di questa parola,
perché la Luce è, ma anche oggi c’è il
rischio di non riconoscerla. Riconoscerla cosa significa? Vederla?
Luigi: Ma la Luce si fa riconoscere
da sola. Infatti quando è giorno non vai a cercarti le testimonianze che è
giorno, in quanto vedi. E quando è notte, è notte, non vedi, non c’è la luce. La
luce si testimonia da sé: quando c’è, splende. Quindi se noi siamo
illuminati capiamo, vediamo, ci rendiamo conto; quando invece non siamo
illuminati non capiamo niente, ed è la notte, mistero, tenebre. Quindi quando
c’è la luce non andiamo a dire: “vado a cercare testimonianze della luce”,
perché la luce ci illumina, e in quanto ci illumina rende testimonianze di Sé
da sola. Così è per chi conosce Dio: non ha bisogno di andare a cercare
testimonianze di Dio; chi invece non conosce Dio si accorge di non
conoscerlo, perché ha bisogno di testimonianze di Dio, in quanto non è
convinto.
Quando siamo nel Pensiero
di Dio non c’è bisogno di mondo per rendere testimonianza a Dio, perché Dio
rende testimonianza a Se stesso da solo, quando illumina. Quando Dio non
illumina, cioè quando siamo incentrati nel pensiero di noi stessi, allora nasce
il bisogno di cercare testimonianze esterne; perché Dio non Lo possiamo
smentire, però nel pensiero dell’io non ne siamo convinti, perché non Lo
vediamo, non Lo tocchiamo, non L’abbiamo presente come abbiamo invece presenti
le creature.
Ma stai tranquilla che
quando Dio manifesta la sua Luce non vai più a cercare testimonianze altrove;
anzi, anche se tutto il mondo ti dicesse: “Dio non esiste”, ti metti a
sorridere, perché porti con te la sua Presenza.
Giovanna: “Il mondo fu fatto per mezzo di Lui e il
mondo non Lo conobbe”, cioè “l’uomo non Lo conobbe”.
Luigi: Cioè, l’uomo che porta in sé la testimonianza
del mondo. Perché il mondo è tutta
presenza di Dio nel pensiero dell’io dell’uomo; cioè son tutti segni: è
Dio che ci tocca. Tutta la creazione è Dio che ci tocca per farci alzare gli
occhi a Lui; infatti noi ci sentiamo toccati dalle opere di Dio. Noi diciamo
che è la creazione, ma in realtà è Dio che tocca il nostro io.
Giovanna: Quindi se il mondo è fatto per mezzo di
Lui e noi non Lo conosciamo, non viviamo.
Luigi: Certo, perché il mondo è Dio che ci tocca;
noi ci sentiamo toccati, però dobbiamo alzare gli occhi a Dio per conoscere Chi
è che ci tocca. Altrimenti noi ci sentiamo toccati senza sapere chi sia e
non siamo in pace.
Noi subiamo gli
avvenimenti, subiamo l’opera di Dio, ma non sappiamo chi sia Colui che ci
tocca, che ci fa subire il tempo, che ci fa subire la morte, che ci fa subire i
mali, che ci fa subire tutte le vicende della nostra vita. Tutta la creazione che viene a noi ci dice
che è un Altro che l’ha fatta, però non sappiamo chi sia quest’Altro, non
sappiamo chi sia Dio, perché Lui solo è
rivelatore di Se stesso; e fintanto che noi non alziamo i nostri occhi, cioè
non alziamo il nostro pensiero a Dio, siamo toccati da Dio senza però poter
capire, senza poter conoscere chi è Colui che ci tocca.
L’universo, la creazione
è un rumore, è Dio che fa “rumore” nella nostra vita per invitarci ad alzare
gli occhi a Lui e giustificare in Lui questo “rumore”. Se tu senti il rumore
dell’aereo sei sollecitato a guardare in alto per vedere cos’è che fa rumore,
ma fintanto che non alzi gli occhi per cercare ciò che provoca questo rumore,
non riesci a capire che è l’aereo che fa questo rumore.
Angela: Nel versetto 10 il Signore mi ha fatto capire
che Gesù Cristo era nel mondo, e il mondo fu creato ed è creato tutt’ora per
mezzo suo; eppure il mondo non Lo riconobbe e non Lo riconosce ancora oggi.
Luigi: Certo.
Cris: Perché dice: “Egli era nel mondo”?
Egli “è” nel mondo.
Luigi: Qui
ritorniamo a quel famoso “era” che abbiamo trovato nei primi
versetti. Cioè, quando dice “era” è perché contrappone la condizione in cui
tu ti trovi a quella in cui dovresti essere e che non è più; in quanto hai
trascurato Colui che ti tocca. È come se dicesse “attualmente è così perché non
alzi gli occhi a Colui che ti sta toccando”.
Silvana: Non riconosciamo Chi ci sta facendo.
Luigi: E già, perché Lui non ci ha fatti, ma ci sta
facendo. L’errore che facciamo è quello di crederci già fatti, e dire: “Dio mi
ha creato e adesso ci sono, adesso mi devo
comportare in un modo piuttosto che nell’altro e poi eventualmente mi
premierà o no… si vedrà quando moriremo…
ecc.”. In realtà noi non siamo fatti. Dio ci sta facendo giorno dopo giorno:
“Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”(Gen 1,26) e non ha
ancora finito di farci. Ora, se ci consideriamo già fatti trascuriamo di vedere
Lui che ci sta facendo, e ci limitiamo a dire: “Signore, ti ringrazio perché
adesso ci sono”, No! Il Signore dice: “Stai attento, perché tu non sei ancora
fatto”. Noi potremo dire di essere fatti quando entreremo nella Vita eterna;
noi siamo in gestazione, e nel periodo di gestazione si può abortire. Noi
possiamo diventare degli aborti, e degli aborti eterni. Se c’è tutto il mondo
pieno di aborti è perché Dio vuole dare una lezione ad ognuno di noi; è per
dirci: “state diventando tutti degli aborti”, ma non aborti umani, ma aborti
eterni, che è ben peggio. Noi corriamo il rischio di diventare degli aborti
eterni, cioè delle creature che non sono arrivate al loro compimento, cioè che
non sono giunte a quella capacità di poter restare, di poter portare la Verità,
di poter portare la Luce di Dio.
Pinuccia A.: Abbiamo la prova che Dio ci sta facendo
perché oggi non siamo ciò che eravamo ieri, questa sera non saremo come eravamo
questa mattina, quindi…
Luigi: Il tempo che passa è Dio che viene,
quindi questo passare del tempo è Dio che ci sta facendo, per cui noi siamo in continuo mutamento.
Pinuccia A.: Il cambiamento fisico è segno del nostro
cambiamento spirituale.
Luigi: Si capisce, perché Dio ci sta facendo e ci
sta facendo per la Vita eterna; ma cosa vuol dire farci per la Vita eterna?
Vuol dire che sta formando in noi la capacità di portare la sua Verità, di
restare con Lui. Altrimenti non possiamo portarlo; in tal caso restiamo
degli aborti.
Pinuccia A.: Al decadimento del corpo dovrebbe
corrispondere un accrescimento dello Spirito, per non essere aborti.
Luigi: Si capisce. E Dio all’inizio non creò
nemmeno il decadimento del corpo; Dio all’inizio creò il corpo per essere
spiritualizzato da quest’anima che crescendo all’infinito avrebbe assorbito
anche la materia, spiritualizzandola.
Franca: Questo “Egli era nel mondo” si riferisce al Verbo di Dio?
Luigi: Sì, alla “Luce che illumina ogni uomo che
viene in questo mondo”; però l’uomo può non accoglierla.
Franca: Quindi non è il Cristo Storico, …perché
Angelo ha detto “Gesù Cristo”.
Luigi: È giusto anche il Cristo Storico, perché il Cristo Storico è rivelatore
di una Verità che portiamo in noi. Cioè il Maestro esteriore, il Cristo
esterno, è rivelatore del Maestro interno che portiamo dentro di noi e che era
già prima che nascesse Gesù, è logico, poiché illumina ogni uomo, quindi fin
dalla creazione dell’uomo.
Pinuccia B.: “Il mondo non Lo conobbe”: questo succede quando non si rimane in ascolto del
Verbo interiore, questa “Luce vera che illumina ogni uomo” e che è il
Pensiero di Dio in noi. Volevo chiedere:
senza il Cristo noi non riusciamo a scoprire questa presenza di Dio in
noi, vero?
Luigi: L’uomo, per quanto sogni da mattina a sera,
sogna soltanto; la Realtà è infinitamente superiore a tutti i sogni dell’uomo. L’uomo
non può nemmeno sognare la Realtà, perché la Realtà viene da Dio, discende
dall’Alto, viene da-, non sale a-. Ora, l’uomo nei suoi sogni è sempre
limitato, perché? Perché l’uomo sogna estrapolando da quello che esperimenta,
tocca e vede; quindi tutte le costruzioni, anche filosofiche, anche
religiose, sono sempre fatte su dati estrapolati da un conosciuto limitato.
Per cui l’uomo sarà un essere che cerca all’infinito Dio, ma è sempre in questa
ricerca, per cui è sempre in difetto. L’uomo tende all’Infinito, ma non lo
raggiunge mai. Perché? Perché la Realtà è infinitamente superiore a tutto ciò
che l’uomo può sognare o pensare. Quindi tutti i pensieri dell’uomo, tutti
i sogni dell’uomo, sono infinitamente inferiori alla Realtà che viene da Dio. La
Realtà ti sorprende. Il cieco fu sorpreso quando sentì dire da Gesù: “Sono
Io che parlo con te” (Gv 9,37); per cui: “Nessun occhio mai vide,
nessuno orecchio mai udì quello che Dio ha riservato a coloro che Lo amano e a
coloro che Lo cercano” (1 Cor 2,9).
Alcuni pensieri conclusivi:
Nino: La Luce è nel mondo e noi possiamo non
riconoscerla, cioè possiamo impedirle di illuminarci. È questa la tragedia
dell’uomo.
Luigi: Basta mettersi un dito davanti ad un occhio e
non si vedono più le stelle.
Franco: La Luce ci viene dal Principio.
Luigi: La caratteristica della Luce è quella di
farci vedere la sorgente, in qualunque luogo ci troviamo.
Domenico: Gesù dice: “affrettatevi a camminare finché
la Luce è con voi” (Gv 12,35).
Delfina: “Anche voi mi renderete testimonianza
perché siete con me fin dall’inizio” (Gv 15,27).
Luigi: Certo, tutti gli rendiamo testimonianza anche
senza di noi.
Amalia: Ognuno di noi porta in sé un dono immenso: la
Luce vera.
Luigi: Certo, noi abbiamo un tesoro immenso, dei
miliardi con noi, e andiamo a elemosinare i soldini dalle creature, perché
altrimenti non abbiamo da mangiare.
Raffaele: La luce che cerchiamo nelle creature, si
trasforma in tenebra.
Luigi: Si capisce, perché la Luce è dentro di te.
Tiziana; La giustizia è vivere per cercare la Luce.
Giovanna: Tutte le creature sono annunci di Dio, però
Dio si fa conoscere soltanto nel Pensiero di Dio.
Luigi: Sì, perché Dio si conosce soltanto in
Dio. Si annuncia in tutto, ma si fa
conoscere soltanto in Se stesso.
Cris: Non confondere il mezzo con il Fine.
Fabiola: Ascoltare la Parola di Dio.
Silvana: La Luce è dentro di noi.
Pinuccia A.: Se sono attratta da Dio ho la possibilità di
incontrare il Cristo che mi conduce là dove…
Luigi: …vuoi arrivare; cioè praticamente tu
incontri Cristo soltanto quando sai quello che vuoi. Fintanto che non sai
quello che vuoi non Lo incontri.
Franca: “La Luce vera è quella che illumina ogni
uomo che viene in questo mondo” , però non riesco a collegarlo con ciò che
ha ricordato Domenico: “Camminate fintanto
che la Luce è con voi”, la Luce quando illumina non illumina solo per un
momento, ma illumina durante tutta la vita.
Luigi: Certo, la Luce è con te, ma se tu non
interroghi la Luce, la Luce ti accieca; quella stessa Luce che ti illumina, è
una Luce che ti accieca; e se ti accieca tu non puoi sopportarla, e quando non
puoi sopportare una cosa scappi.
Franca: “Camminare” vuol dire allora fare la
luce.
Luigi: La Luce è un cammino; quando uno ti dice
“guarda che la strada è quella”, e tu pur avendola vista dici: “adesso vado a
vedere tutte le altre”, fischi…! quindi, quando il Signore ti dice: “la strada
è quella”, tu devi impegnarti a camminare su quella strada. Se tu non cammini
su quella strada, le tenebre ti riprendono e una volta che uno è illuminato non
può essere illuminato una seconda volta.
Pinuccia B.: L’importanza di raccogliersi nel Pensiero di Dio,
affinché tutto il mondo resti illuminato.
Luigi: Certo, perché soltanto nel Pensiero di Dio
la Luce ti illumina; perché quella Luce che illumina ogni uomo, illumina
soltanto se l’uomo si raccoglie nel Pensiero di Dio, cioè se guarda la Luce.
Sabato 25.02.1989:
Pinuccia A.: “Egli (la Luce) è nel mondo, ma il
mondo non lo conosce”; cioè l’uomo che è del mondo non guarda a questa
Luce, per cui resta nelle tenebre. Invece se guardiamo ad Essa, hai detto che
il Signore ci aiuta a capire attraverso le lezioni della vita, ma non ci aiuta
a capire tutto.
Luigi: Poco per volta ci illuminerà ogni cosa.
Pinuccia A.: Certe cose le capiamo, altre cose invece…
Luigi: “Non c’è nulla di nascosto che non debba
essere rivelato” (Mt 10,26), non c’è nulla che Lui non voglia farci
conoscere. Lui è Luce e vuole comunicare la sua Luce a tutti. Le cose di Dio
sono invisibili al pensiero del nostro io, “occhio umano mai vide, orecchio
mai udì…”, ma non sono impossibili.
Pinuccia A.: Quindi è colpa nostra se non riusciamo a
vedere o a capire?
Luigi: Certo, perché Lui è chiaro; ma per vedere la
Luce ci vuole quella purezza di cuore di cui parla Gesù: “Beati i puri di
cuore, perché questi vedranno Dio”(Mt 5,8); i nostri pensieri sono sempre
complicati, inquinati. Ora, il pensiero inquinato non concepisce; quindi se hai
il pensiero inquinato senti il rumore, ricevi la parola, l’annuncio, ma non
concepisci. Se non si concepisce è perché i nostri pensieri sono inquinati, non
sono semplici.
Dio opera per rendere
semplice il nostro pensiero, per renderlo immacolato, perché solo così può
concepire.
Pinuccia A.: Però è anche Dio che apre i nostri occhi, se
diventiamo semplici.
Luigi: Appunto; ma tu non puoi diventare semplice se
non guardi una cosa semplice. Bisogna guardare a una cosa sola, e Dio solo è
Solo. Dio solo è Colui che è; noi non siamo mai “Colui che è”, nel senso
che noi abbiamo tante facce, abbiamo tanti nomi, e questo ci complica, ci
impedisce di vedere. Guardando invece una cosa sola, siamo fatti semplici. Cioè
noi cresciamo ad immagine e somiglianza di ciò cui guardiamo: se noi guardiamo
una cosa sola, allora diventiamo semplici. Quindi Dio si offre a essere
guardato, se noi lo guardiamo, poco per volta diventiamo semplici, e diventando
semplici concepiamo.
Pinuccia A.: Cioè da parte di Dio c’è l’iniziativa di
offrirsi a noi, però tocca noi guardare Lui.
Luigi: Se vuoi diventare nera devi metterti al sole.
Il sole c’è, ma se tu non ti metti al sole non ne puoi trarre i suoi benefici.
Nino: “Egli era nel mondo e il mondo è stato
fatto per mezzo di Lui e il mondo non lo conobbe”. Abbiamo tutti gli elementi
per riconoscerlo, quindi l’uomo che non Lo riconosce è responsabile; Lui è
venuto a parlare di quello di cui noi avevamo bisogno. Nessun uomo ha mai detto
le cose che ha detto Lui, “Nessuno ha mai parlato come Lui”(Gv 7,46);
quindi noi avremmo dovuto riconoscerlo, perché è Lui solo che risponde alla
nostra passione d’assoluto. Invece non L’abbiamo riconosciuto, perché eravamo
distratti da altre cose, avevamo degli altri motivi di vita.
Luigi: Il principio per riconoscere la Verità,
quindi per riconoscere la Parola di Dio fuori di noi, nel mondo, sta in quello
che portiamo dentro di noi: nel Pensiero di Dio (la Luce vera) che va messa
in alto dentro di noi.
Franco: Questo versetto sembra una ripetizione della
prima parte del Prologo, ma se c’è una ripetizione è per dirci che si tratta di
una cosa molto importante e per invitarci ad approfondirla. Sia prima e sia
dopo la venuta di Giovanni ci viene detto che la Luce è già presente e che le
tenebre non l’hanno accolta.
Luigi: Adesso fa il confronto con i versetti che
parlano di Giovanni Battista; infatti prima dice “Giovanni venne per rendere
testimonianza alla Luce, ma non era la Luce”, per poi sottolinearci che la Luce è quella
che splende nell’intimo di ogni uomo, perché ogni uomo è portatore del Verbo di
Dio. L’uomo è tempio di Dio, ed essendo tempio di Dio porta in sé Dio.
Dio si annuncia in tutto:
era nel mondo, parla nel mondo, tutto il mondo è parola sua, però non si fa
conoscere nel mondo; Dio si fa conoscere soltanto nell’intimo dell’uomo. Per
cui è solo nella persona umana che si realizza il punto di contatto tra il
segno e l’intelligenza del segno, che si realizza il contatto con la Luce.
Possiamo dire che l’universo prende contatto con la Luce vera, con Dio, nella
persona umana; e possiamo ancora dire che la persona umana è l’universo in
cui c’è la coesistenza dell’opera di Dio e di Dio stesso. Fuori dalla
persona umana non c’è questa coesistenza. Tutto è segno, ma il segno non si
illumina se non dentro l’uomo. Allora, è dentro di noi che abita il Maestro
interiore, il Verbo di Dio; tutte le cose arrivano a noi, noi le dobbiamo
portare a questo Maestro, perché soltanto da questo Maestro noi riceviamo la
Luce. Per cui tutte le cose che arrivano a noi si mettono nelle nostre
mani, e ci dicono: “noi siamo nelle tue mani, però non siamo tue, ma siamo di
Dio, portaci a Dio”. Solo noi possiamo portare a Dio tutte le creature, e le
portiamo a Dio dentro di noi, nella nostra mente, a contatto col Verbo di Dio.
Quindi se portiamo i segni a contatto col Verbo di Dio, scatta la scintilla,
scatta la Luce, e allora il segno s’illumina; se invece noi non portiamo a Dio
le cose che arrivano a noi dal mondo (annunci, parole, fatti, ecc.), restiamo
separati, la Luce non scatta e noi
restiamo al buio.
Franco: Quindi, rispetto a prima qui c’è di mezzo
l’uomo; cioè prima parlava in generale “tutto è stato fatto per mezzo di
Lui…”; adesso specifica che questa Luce è dentro l’uomo.
Luigi: Certo, inizialmente tutto ci annuncia che
tutto è fatto nel Verbo di Dio, ad un certo momento ti dice che il Verbo di Dio
è dentro di te. Quindi non aspettarti di vederlo camminare per la strada,
perché il Verbo di Dio è dentro di te; quindi la novità tu ce l’hai dentro, non
aspettartela fuori. Fuori ad un certo momento tutte le cose diventano monotone,
tutte uguali, tutte si ripetono. La novità ce l’hai soltanto dentro di te,
perché la novità viene da Dio.
Delfina: Questo “mondo” non può conoscere Dio…
Luigi: Ma questo “mondo” siamo noi quando
guardiamo il mondo, quando viviamo per le cose del mondo. Non è che il mondo di per sé sia negativo,
perché il mondo appartiene a Dio, quindi
le cose che ci sono nel mondo non sono negative: tutto è buono e tutto è
sacro, adorabile; ma quando noi consideriamo una cosa, anche una creatura, staccata
da Dio, questa diventa “mondo”; e il mondo non può conoscere, ma non è
il mondo di per sé: siamo noi, nel pensiero dell’io, quel “mondo” che
non può conoscere.
Delfina: Ma noi dobbiamo scegliere Dio e distaccarci
dal mondo se vogliamo arrivare a conoscere Dio.
Luigi: Certo, ma questa scelta sta nel portare a
compimento quello che Dio ha fatto arrivare a noi. Dio fa arrivare a noi le sue
parole, fa arrivare a noi i suoi segni, in quanto tutto è Parola di Dio;
l’universo è fatto bene perché è tutta creazione di Dio. Non è che Dio abbia
creato l’universo e poi l’abbia abbandonato a sé, per cui siano ora gli uomini
a fare le cose. No! Tutto quello che accade è tutto opera di Dio; Dio non è
stato il Creatore, Dio è il Creatore, quindi anche oggi Lui è il Creatore.
Tutto quello che Lui fa accadere lo presenta a noi, affinché noi lo portiamo a
compimento; ecco la scelta che dobbiamo fare: portare a compimento l’opera di
Dio, che è poi la vera opera sacerdotale, vuol dire raccogliere tutto ciò che
Dio ci fa arrivare, portarlo nella mente alla presenza di Dio (perché Dio è
presente dentro di noi), per ricevere da Lui quel raggio di Luce che ci dice il
significato delle cose. Le cose che vediamo e tocchiamo sono dei segni, e noi
dobbiamo passare dai segni ai significati; ma il significato non scatta, non
salta fuori se noi non raccogliamo il segno nella presenza di Dio. Quindi è quello che portiamo
dentro di noi che dà significato alle cose. Ora, se noi, dentro di noi, non ci
raccogliamo in Dio, non interroghiamo Dio, tutte le cose arrivano a noi, ma non
hanno nessun significato, e allora anche la stessa nostra vita perde di
significato. E quando le cose e la nostra vita perdono di significato, noi
perdiamo d’identità e non sappiamo più per che cosa vivere; e quando non
sappiamo più per che cosa vivere ci spariamo un colpo, perché la vita non è
sopportabile quando non ha significato.
Giovanna: “Il mondo non Lo conobbe” rappresenta
l’uomo che vive per il mondo…
Luigi: L’uomo che vive per il mondo non può conoscere
Dio, perché Dio si conosce soltanto per mezzo di Dio. Cioè, l’uomo non può
arrivare all’infinito partendo dal finito. L’Infinito si conosce soltanto per
mezzo dell’Infinito; l’Assoluto si conosce soltanto per mezzo dell’Assoluto,
l’Eterno si conosce soltanto per mezzo dell’Eterno, Dio si conosce soltanto per
mezzo di Dio. Quindi fintanto che l’uomo guarda e osserva il mondo non può
conoscere la Verità, non può conoscere Dio, non può ottenere la luce; può solo
conoscere di non capire niente, e allora dice: “il mondo è tutto mistero, è
immerso nella notte”. La luce si trova soltanto nella Luce, l’Infinito si
conosce soltanto nell’Infinito, Dio si trova soltanto in Dio. E allora ci vuole
questo raccoglimento in Dio. Quindi, o abbiamo la possibilità di raccoglierci
in Dio o altrimenti rinunciamo pure, lasciamo perdere, perché non c’è
nessun’altra possibilità di arrivare alla Verità. Ora, questa possibilità ce
l’abbiamo, perché Dio abita dentro di noi. Abita dentro di noi perché noi
subiamo la passione di Dio. L’uomo è caratterizzato da questo: ha la
passione dell’Assoluto, cioè ha la passione per Dio; per cui noi non ci
accontentiamo di vedere le cose, ma noi vogliamo capire il significato, cioè
vogliamo vedere il pensiero che c’è in queste cose, cioè vedere Dio che parla
nelle cose. Allora, se noi subiamo la passione dell’Assoluto (subiamo,
quindi siamo un effetto), vuol dire che
c’è questo Assoluto che pesa su di noi, che è presente, che ci fa sentire
questa passione.
Giovanna: Con Franco hai detto che da questo versetto
si può capire che il Pensiero di Dio Lo portiamo in noi; ma io questo non lo
vedo…
Luigi: Raccogliti in preghiera e lo vedrai.
Tiziana; Mi associo in preghiera con Giovanna. .
E poi volevo chiedere: la prima parte del Prologo è riferita al Verbo di Dio
generato dal Padre…
Luigi: … e alle cose come Dio le ha volute: “In
principio era il Verbo”(Gv 1,1), cioè tutte le cose sono fatte nel Pensiero
di Dio; tutte le cose sono in un Pensiero.
Tiziana; E dopo aver annunciato questo, dice: “…le
tenebre non L’hanno accolto”(Gv 1,5).
Luigi: Non l’hanno capito.
Tiziana; Poi c’è l’accenno a Giovanni Battista, cioè
l’opera di recupero di Dio, e poi di nuovo parla del Verbo; ma ora, a
differenza di prima, parla del Verbo incarnato?!
Luigi: Stiamo arrivando al Verbo incarnato,
ma il Verbo incarnato è ancora un segno. Tutto quello che avviene fuori è
segno, e il Verbo incarnato è incarnato
in quanto è “fuori”: ha preso un corpo; il corpo è fuori, cioè appartiene al mondo esterno. Siccome noi
abbiamo soltanto più occhi per i corpi, occhi per la materia, noi possiamo
essere salvati soltanto attraverso la materia, attraverso i corpi. Se io
capisco soltanto l’italiano posso essere salvato da uno che mi parla in italiano;
uno che mi parla in arabo non mi può salvare, perché io non capisco niente, non
ricevo niente. Quindi ognuno di noi riceve in base a ciò che ha presente, a ciò
per cui vive. Quindi se noi vediamo soltanto dei corpi intorno a noi, e viviamo
soltanto per i corpi, per il mondo, possiamo essere salvati soltanto attraverso
il mondo, attraverso i corpi. Ecco che
il Verbo di Dio prende un corpo, perché noi nel peccato capiamo soltanto più il
linguaggio del corpo e non capiamo altro linguaggio; però la meraviglia è
questa: Gesù nel corpo ci parla il linguaggio di Dio.
Tiziana; Qui è
nuovamente detto: “e il mondo non Lo riconobbe” (prima aveva detto: “La
Luce splende…ma le tenebre non l’hanno accolta”). Allora ci sono due
rifiuti?
Luigi: Certo!
Tiziana; Quindi c’è un primo rifiuto iniziale che è lo
“smarrimento” del Principio, cioè la rottura del disegno di Dio; e poi c’è il
secondo rifiuto che è il far fuori la Parola di Dio.
Luigi: Certo; abbiamo il primo rifiuto che è il
rifiuto di Adamo; in conseguenza di questo rifiuto noi diventiamo schiavi delle
cose che vediamo e tocchiamo, perché diventiamo figli delle nostre opere. Dopo
questo nostro errore abbiamo la seconda possibilità che il Signore ci offre,
poiché Lui assume su di Sé ciò di cui noi siamo schiavi, entrando nella nostra
prigione presentandosi come corpo. E qui
c’è l’occasione di un secondo rifiuto.
Tiziana; Quindi c’è questo secondo rifiuto, ci deve
essere?
Luigi: Cristo va a morire in Croce, e morendo in
Croce ci fa capire che i colpevoli del suo Sangue non sono gli ebrei di allora
(quelli sono stati degli attori che hanno interpretato una scena per noi), ma
siamo tutti noi. Colpevole del Sangue di Cristo è ogni uomo; perché
nessun uomo può dire che è innocente di quel delitto, nessun uomo può dire: “io
non c’entro”, perché nessun uomo è senza peccato. S. Giovanni dice: “se
qualcuno dicesse che è senza peccato è menzognero” (1 Gv 1,8). Quindi c’è
questo secondo rifiuto, ed è un rifiuto necessario (necessario, sia chiaro!),
perché attraverso questo rifiuto necessario noi incominciamo a capire la nostra
colpa. Questo perché il primo rifiuto, quello di Adamo, non ha illuminato
la colpa; certo, in conseguenza di quello, abbiamo incominciato a vedere che la
terra ci crea “ triboli e spine”
(Gen 3,17-19); però in conseguenza di
questo noi incominciamo a darci da fare per rimediare a queste spine e non a
ragionare con Dio.
Solo con la morte del
Cristo noi incominciamo a ragionare con Dio e a capire qual è il principio del
nostro peccato, cioè a capire che cos’è che ci fa mandare a morte Cristo. È il pensiero del nostro io che manda a
morte Cristo; però nessuno di noi, senza Cristo, si renderebbe conto che
pensando a se stesso fa un delitto, e che
più pensiamo a noi, più uccidiamo Dio.
È Cristo in Croce che ci
fa capire che vivendo per noi stessi, pensando a noi stessi, facendo valere i
nostri diritti credendo di aver ragione, noi uccidiamo Dio. È Gesù Cristo che ci fa capire questo; quindi se attraverso
la Sua morte noi giungiamo a capire che il nostro io è delitto, è deicida, a
questo punto abbiamo l’apertura a morire a noi stessi, a dimenticarci, ed a non
più vivere per le cose della terra, ma a cercare le cose di Dio, quindi a non
più pensare a noi, perché le cose della terra hanno come centro il nostro io,
le cose del cielo invece hanno come centro Dio. Ora, fintanto che noi
viviamo per le cose che hanno per centro il nostro io, noi uccidiamo Dio,
perché riferendo le cose al nostro io, non le riferiamo a Dio, uccidiamo in noi la Verità.
Marisa: Però la massima che dice “Conosci te stesso”,
alla luce del mistero di Dio è un percorso possibile, perché dentro di noi c’è Dio. Allora, se noi arriviamo a conoscere
talmente bene noi stessi da scoprire che dentro c’è Dio, noi possiamo riconoscerci
creature.
Luigi: No, non è proprio un percorso possibile: non
è analizzando noi stessi che noi capiamo noi stessi, anzi. È soltanto
conoscendo la nostra Causa che noi conosciamo l’effetto. Noi siamo un
effetto; solo conoscendo Dio Creatore io conosco la creatura, non è conoscendo
la creatura che si arriva a Dio. Quindi è sbagliato, è un’illusione: non si
arriverà mai a conoscere né la creatura e né Dio. Ecco come avviene che “il
mondo non Lo conobbe”: appunto perché l’uomo che è intento a conoscere se
stesso, non può conoscere Dio.
Invece: conosci Dio e
conoscerai l’uomo, perché l’uomo è un effetto. Anche la psicologia, tutta
l’analisi dell’uomo, è tutto un cercare di capire i problemi che l’uomo porta
in sé, e che porta in sé perché porta in sé Dio; per cui non si parte da Dio,
da questa presenza di Dio nell’uomo, non si approda a nulla. Infatti tutta
la problematica umana esistenziale è tutta una conseguenza del fatto che l’uomo
è portatore dell’Assoluto, di una Divinità, è portatore della Verità in sé.
E tutto ciò che l’uomo vede, lo scambia per assoluto: è lì l’errore! e lo
scambia perché ha la passione dell’assoluto; per cui tutto quello che l’uomo
ama, vuole che sia perfetto come Dio; ma non può essere come Dio! Nessuna
creatura può essere come Dio, però egli vuole che sia come Dio. E da qui
nascono tutte le guerre, ad esempio, tra uomo e donna. E tutta la fatica umana,
tutta la scienza è tutta per cercare di rendere eterno ciò che eterno non può
essere.
Quindi è inutile che noi
ci sforziamo di rendere eterno ciò che eterno non può essere. Non cercare di
rendere eterno ciò che non è eterno, ma cerca che cosa è l’Eterno. Non
cercare di rendere assoluto quello che non è assoluto, nessuna creatura è
assoluta; quindi non sforzarti di renderla assoluta, perché consumeresti tutta
la tua vita a fare niente e a ridurre tutto a niente, poiché “Senza di Lui è
fatto niente”. Quindi non cercare di trasformare in assoluto quello che non
è assoluto, ma cerca di conoscere cos’è l’Assoluto. Non trasformare in Dio quello
che non può essere Dio, ma cerca chi è Dio. Allora, soltanto cercando Dio,
incominciamo a capire: “Ah, capisco perché io pretendevo che le creature
fossero perfette: perché Tu solo sei perfetto e Tu essendo in me fai di me una
passione di questa perfezione”. Ecco perché si arriva a conoscere l’uomo
attraverso la preghiera, cioè guardando Dio.
Marisa: Siamo passione di perfezione? In che senso?
Luigi: Sì, noi siamo una passione di questa
perfezione, nel senso che “subiamo”, non possiamo farne a meno; andiamo
all’inferno, ma non possiamo farne a meno di questa “perfezione”, di questo
“assoluto”; perché portiamo l’effetto della presenza di Dio in noi: siamo fatti
per Quello! S. Agostino dice: “Siamo fatti per Te, e il nostro cuore non si
riposa fintanto che non trova Te”; è inutile che noi ci rivolgiamo alla
creatura, perché la creatura non può essere assoluta, è assurdo…. L’abbiamo
detto mille volte: io posso pregare un cipresso che mi dia le mele, e invocare
il Signore per tutta la vita, con tutti i miei pianti, perché quel cipresso mi
dia delle mele, ma il cipresso non mi dà le mele; e non me le darà mai. E la
maggior parte degli uomini consumano tutta la nostra vita in questo errore.
L’uomo è fatto per l’Assoluto, ma non può trasformare in Assoluto quello che
non è assoluto; deve piuttosto
cercare di capire che cosa è l’Assoluto. Per questo il Signore dice: “Conosci
Me, e allora ti renderai conto e conoscerai anche il perché la creatura si
trova in queste problematiche. Quindi non cercare di conoscere l’uomo, ma
conosci Dio”.
Marisa: Voi non avete ancora conosciuto persone che
cercando Dio prima di risolvere i propri problemi non si siano trovate ancora
più impiastricciate?
Luigi: No, anzi! Noi ci complichiamo la vita proprio
perché cerchiamo di risolvere i nostri problemi prima di cercare Dio. Il Signore dice. “Dimentica i
tuoi problemi, non pensare ai tuoi problemi”.
Marisa: Voi l’avete verificato?.
Luigi: Non interessa la nostra verifica, perché la
Verità è tale indipendentemente dalle creature o altrimenti non è Verità. Noi
ci confondiamo e pasticciamo proprio perché prima cerchiamo di risolvere i
nostri mali, per poi dedicarci al Signore. È quello l’errore grosso. Quante
persone che ho incontrato che dicevano: “prima vado in pensione e poi dopo penserò
a Dio”; stai fresca, perché se ragioni così non arriverai mai in pensione! Pensa
subito a Dio, attualmente, nella situazione in cui sei, nei pasticci in cui ti
trovi, adesso, perché la causa dei tuoi pasticci è proprio il non
pensare a Dio. È Dio che ti mette nei pasticci; quindi se tu vuoi risolvere
i problemi, cerca Dio e Dio risolve i tuoi problemi perché i tuoi problemi sono
dati dalla distanza da Dio.
Cioè, l’errore più
grosso che noi facciamo è che non teniamo conto che la componente principale del
nostro problema, del problema umano, è Dio; e noi trascurando la componente
principale del nostro problema, tutte le nostre soluzioni sono sbagliate.
D’altronde è logico: se si trascura la componente principale di un problema, la
soluzione è errata. Ora, la componente principale del nostro problema è la
presenza di Dio in noi. Noi siamo creature che subiscono l’effetto della
presenza di Dio, per cui soltanto con Dio possiamo risolvere il nostro
problema.
Franca: Noi siamo responsabili di tutti e due i rifiuti?
Luigi: Si capisce, siamo responsabili della morte
del Cristo e nella morte del Cristo c’è tutto.
Franca: Ma si è parlato anche del rifiuto di Adamo.
Luigi: Adamo sei tu!
Franca: Ma è Adamo che ha fatto il peccato originale!
Luigi: Il peccato originale lo fai anche tu! In che
cosa consiste il peccato originale? Il peccato originale è il peccato che è
all’origine. Mentre “In principio era il Verbo”, ad un certo momento noi
abbiamo messo all’origine, cioè al principio del nostro vivere, il pensiero del
nostro io; e lì sta il peccato originale. Il peccato originale sta nel pensare
a te stessa; quindi quando tu pensi a te stessa, compi il peccato originale. Il
peccato originale è quel peccato che è a fondamento di tutti i tuoi guai.
Ora, lo si dice originale, perché è rivelazione di quello sbaglio che si
forma in noi pensando a noi stessi, e che è a fondamento di tutti i guai in
cui veniamo a trovarci.
Franca: Ma quando pensiamo a noi stessi, è perché
abbiamo già questa debolezza ereditata da Adamo.
Luigi: Non bisogna farci quel problema. Tu sei
Adamo; il compito della creatura, che era il compito di Adamo, è quello di non
separare niente dal Creatore. Adamo non
separava niente dal Creatore. Niente! Quando c’è stato il momento in cui ha
dovuto raccogliere nel Creatore Eva, la sua donna, e il pensiero del suo io, ha
fallito. Ma quello che è avvenuto, è avvenuto per te, non è avvenuto per
Adamo; perché tutto quello che è avvenuto è Parola di Dio per farci capire il
travaglio della nostra nascita. Noi siamo in gestazione, non siamo fatti;
tu non sei fatto, è Dio che ti sta facendo, e in questo “Dio che ti sta
facendo” succede ad un certo momento il guasto. E il guasto Adamo te lo rivela,
te lo dice: il guasto sta lì! È Dio che ti dice attraverso Adamo come è avvenuto il guasto in te. Ecco, ad un
certo momento tu anziché raccogliere e riportare tutto a Dio (non devi separare
niente da Dio, perché tutto è opera di Dio!), hai incominciato a separare le
cose da Dio, perché ti faceva comodo separarle da Dio, e lì c’è il guasto.
Allora, ringrazia Adamo, e non accusare Adamo, perché ti fa capire che cosa sta
a fondamento dei tuoi guai.
Franca: Però non capisco quando sia avvenuto il
guasto in me.
Luigi: Mettiti in silenzio e prega.
Franca: “Il
mondo è stato fatto per mezzo di Lui e il mondo non Lo conobbe”. Mi fa
pensare a quanto dice Isaia: “Il bue
conosce il suo padrone, ma il mio popolo non comprende…” (cf Is 1,3), ma
noi non riconosciamo chi ci ha fatti. Lo dovremmo riconoscere.
Luigi: Lo credo bene! La colpa sta lì: non
riconoscere Dio Creatore, non riconoscere tuo Padre, Colui che ti fa essere. È
Lui che ti fa essere! Noi ci preoccupiamo di conoscere noi stessi, e poi
ignoriamo Colui che ci fa: questo è il peccato di Adamo.
Rita: Sono d’accordo con quanto hai detto prima con
Marisa: che, cioè, bisogna cercare Dio prima di
risolvere i nostri problemi, perché, come tante volte tu stesso ci hai detto:
“tutti i problemi dell’uomo nascono dalla nostra distanza da Dio; cerca Dio e
Dio ti risolverà ogni problema”. Noi possiamo cercarlo perché: “Egli era nel
mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui”, e anche S. Paolo dice: “Cristo
è tutto in tutti”(Col 3,11), cioè il Pensiero di Dio lo portiamo tutti
dentro di noi; quindi è già dentro di noi; ed è quel dono stupendo
che Dio fa ad ogni uomo che viene sulla terra. È chiaro che l’uomo, dopo
aver compiuto il famoso peccato originale, cioè quello di dividere le cose da Dio,
entra nel pensiero di se stesso, senza poter riconoscere il Pensiero di Dio.
Luigi: Non può, perché noi diventiamo figli delle
nostre opere; e quando noi facciamo il peccato, cioè quando mettiamo il
pensiero del nostro io prima del Pensiero di Dio, separandolo da Dio,
diventiamo schiavi di questo, e questa schiavitù ci pesa talmente che Dio non
ci attrae più. È lì il guaio!
Rita: Fino a quando, dopo aver patito le pene
dell’inferno, finalmente l’uomo si accorge che c’è qualche cosa che non
funziona, perché si accorge di questa mancanza, di questa morte che è in Lui
(in realtà il Pensiero di Dio morto in lui è la sua morte, ma questo sarà il
Cristo in Croce a rivelarcelo). Sarà poi un Battista che dicendogli: “cerca
Dio”, gli darà l’opportunità di ravvedersi e di incontrare il Cristo.
Pinuccia B.: È impressionante questa frase: “E il mondo è stato
fatto per mezzo di Lui e il mondo non Lo conobbe”; se invece del “mondo”,
metto “io” verrebbe: “E io sono stata
fatta per mezzo di Lui e io non Lo conosco”. C’è da stupirsi perché se Lui
fosse assente sarei giustificata, ma Lui è nel mondo ed è in me. Lui è la “Luce
vera che illumina ogni uomo”.
Luigi: Lui è Colui che parla con te tutti i
giorni, e tu non Lo conosci.
Pinuccia B.: Giovanni Battista dice: “in mezzo a voi c’è uno che
non conoscete”(Gv 1,26); Lui è nel nostro intimo e noi non Lo conosciamo.
Quindi questo versetto è un invito a trovare questa Presenza per poterla
riconoscere. Cercandola, si trova.
Luigi: La scoperta della presenza di Dio in noi
viene da Dio. E soltanto cercando Dio, da Dio si incomincia a capire che
Dio non può abitare fuori, nelle cose esterne. Dio abita dentro di te; e non
soltanto dentro di te fisicamente, ma Egli abita nel tuo pensiero, e non
soltanto nel tuo pensiero, ma nel Pensiero di Dio. E ti accorgerai che il
Pensiero di Dio ce l’hai in te; ma questo viene da Dio, in quanto cerchi Dio, e
non in quanto analizzi te stessa.
Ogni uomo porta la
testimonianza che Dio esiste, che gli parla sempre ed ovunque. «La luce del tuo
Volto, o Dio, è impressa sopra di noi: tu infondesti nel nostro cuore la gioia»
(Sal 4,7). Ogni uomo, in quanto uomo, ovunque e comunque sia, quindi
anche nel male e nel delitto, porta sempre con sé questo Maestro divino che gli
parla. Gli parla anche quando egli non ascolta o espressamente nega e rifiuta.
La Luce è presente nelle tenebre anche se le tenebre non la comprendono. Dio
cioè dialoga anche con il delitto dell'uomo; vedi Caino. Se così non fosse, per
l'uomo non ci sarebbe speranza di liberazione dal suo male.
Dio parla all'esterno e
all'interno dell'uomo; ma l'intelligenza dell'esterno dipende dall'interno: se
cioè l’interno è o non è in ascolto di Dio. Dio ha fatto bene ogni cosa; ha
fatto la Luce ed ha fatto tutto ciò che segnala all'uomo la Luce e il luogo di
essa. Tutto ciò che non è Luce vera ha il compito di testimoniare all'uomo la
Luce vera. Anche le tenebre testimoniano la Luce, e ciò che è relativo rende
testimonianza a ciò che è assoluto: il visibile rende testimonianza all'invisibile,
e ciò che è esteriore rende testimonianza a Colui che abita nell'interiore
dell'uomo: la materia rende testimonianza allo Spirito e ciò che non è verità
rende testimonianza alla Verità; la notte indica il giorno e l'ombra segnala la
luce. Anche i mali provano l'esistenza del bene. Ciò che non è Dio fa sentire
all’uomo il bisogno di Dio, quindi lo recupera all'attenzione a Dio. Tutto
avviene per accordare il cuore dell'uomo al parlare divino, per metterlo in sintonia
con l'onda divina affinché possa ascoltare e intendere le parole di Dio. La via
alla Verità è l’intelligenza umilmente aperta all'ascolto di Colui che ci
trascende e che fa giungere a noi la sua Parola per aprirci la strada alla sua
dimora.
Dio è Spirito, e allo
Spirito si giunge solo attraverso lo Spirito. Non si giunge per atti magici, né
per via di droghe o di sesso, né per suggestione, né per diritto di sangue o di
popolo o di classe, né per educazione di pensiero o di volontà, né per
disciplina di corpo. La via alla ricerca della Verità è il Verbo, la Parola di
Dio: «Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me», dice Cristo, il Verbo di Dio fatto carne (Gv
14,6).
Tutto richiama e tutto
riconduce l'uomo alla Luce interiore. Tutte le cose ci ripetono ogni giorno
come a S. Agostino: «Non siamo noi il tuo Dio; noi siamo sue creature. Cerca
sopra di noi, cerca dentro di te, nella tua anima». Il mondo esteriore ci
raccoglie nel nostro mondo interiore affinché qui noi facciamo quella giustizia
essenziale che è chiesta ad ogni uomo: mettere cioè Dio al posto che gli
spetta; dare a Dio ciò che è di Dio.
Tutte le informazioni esteriori ci sono date per attirarci alla Luce che
è nel nostro mondo interiore, a quella vera Luce che illumina ogni uomo che viene
a nascere in questo mondo. È qui il principio della vera intelligenza e della
sapienza, poiché se l'uomo non ascolta la Luce interiore, non intende, e non
può intendere, ciò che è fuori, anche se è, come è, voce, parola, opera di Dio.
È la Parola interiore che
ci fa capire la parola esteriore, nel nostro mondo intorno a noi. La Parola
di Dio è in tutto, dentro e fuori di noi, perché tutto è opera di Dio: «il
mondo è fatto per mezzo di Lui»; ma se non abbiamo la Parola di Dio
dimorante in noi, non possiamo intendere la Parola di Dio fuori di noi.
Non c'è luce fuori e non
si intende nulla se l'uomo non è illuminato dentro, cioè se l'anima non è in
sintonia con Dio, che è dentro di noi. Il mondo non si illumina se l'anima non
si illumina. Non c'è nessun sole che possa illuminare il mondo esterno
dell'uomo che ha la notte dentro. Se il nostro mondo interiore è pieno di ciò
che non è Dio, non c'è niente dal di fuori che ci possa dire ciò che è Dio. Ma
se il nostro mondo interiore è pieno di Dio, tutto dal di fuori ci dice ciò che
è Dio. Il principio dell'intelligenza è Dio; mentre il principio di
disattenzione e di accecamento è il pensiero dei nostro io. Per intendere le cose l'uomo non deve
guardare a sé, ma a Dio, cioè deve essere attento a Dio che parla in tutto.
L’opera va riferita al suo Autore, la parola va unita al pensiero di
Colui che parla. Ma questa unione non avviene senza l'uomo.
L'uomo ha il compito di
unire la parola allo Spirito, la creatura al Creatore, il mondo a Dio. «Tutte
le cose dicono all'uomo: non ci hai fatte tu: portaci a Colui che ci ha
fatte, portaci a Dio». Dio creando
l'uomo ha fatto con lui un patto di alleanza: gli ha fornito i mezzi per
ascoltare le sue parole e per vedere la strada che conduce alla meta del suo
destino, e gli ha detto: non tapparti gli orecchi per non udire e non chiudere
gli occhi per non vedere le lezioni che giorno dopo giorno ti darò per tutta la
tua vita affinché tu possa giungere alla conoscenza della Verità e vivere. «Non
tapparti gli orecchi, non chiuderti gli occhi»: ecco il patto di alleanza di
Dio con l'uomo. «Tu non hai voluto né sacrifici, né offerte, ma mi hai aperto
gli orecchi» . Dio non vuole né sacrifici, né offerte: vuole che l'uomo abbia
gli orecchi aperti ad ascoltare le sue Parole. Colui che è il Creatore di tutte
le cose non ha bisogno dei beni di cui Egli stesso è il donatore. Dio vuole che
non ci tappiamo gli orecchi per non udire e non ci chiudiamo gli occhi per non
vedere: «ascoltate la voce di Colui che parla e non indurite i vostri cuori»
(Eb 3,8). E cosa dice Dio prima di tutto
all'uomo? Non separare ciò che Dio ha unito: non separare il tralcio dalla
vite, il frutto dall'albero; non separare le cose da Dio, la creatura dal suo
Creatore.
Se l'uomo ascolta e
unisce le cose a Dio, le cose si illuminano, perché vengono portate nella loro
Luce. Se non lo fa, le tenebre coprono il mondo, ma la colpa è nell'uomo. Allora il mondo non conosce il suo Signore
per colpa dell'uomo. Non è il mondo che non accolga Dio, ma è l'uomo che
separando il mondo da Dio non intende più il linguaggio di Dio nel mondo. E ciò
che non è inteso, non può essere sopportato. È nell'uomo che si forma la Luce,
ed è nell'uomo che il mondo conosce o non conosce il suo Dio.
Il mondo esterno è buono;
e il mondo interno è buono; ma in mezzo, tra il mondo e Dio, può mettersi il
pensiero del nostro io che attribuisce a sé ciò che è di Dio e viene da Dio; e
allora tutto in noi rovina nelle tenebre.
L'errore fondamentale è
di considerare la creatura staccata dal Creatore, di ritenere l'uomo un essere
autonomo che non ha bisogno di Dio per dare senso alla sua vita e valore alle
cose. Questo avviene nell'uomo quando egli mette se stesso al centro. È qui il
principio di ogni male: l'autonomia da Dio, la desacralizzazione del mondo.
Allora, mentre il Verbo di Dio, Sapienza eterna che regna in tutto, dice: «Senza
di Me non potete fare niente» (Gv 15,5), l'uomo nella sua stoltezza dice:
non c'è bisogno di Dio per intendere; si può vivere anche senza Dio. «L'uso
intelligente delle sue risorse scientifiche e tecniche consente all'uomo di
fare tutto da solo», scrivono gli
economisti. E i nuovi teologi danno per scontati due punti: «la raggiunta
maturità dell'uomo e la sua capacità di affrontare da padrone la vita in tutte
le sue forme». Sembra una barzelletta se si guarda alla situazione esistenziale
dell'umanità di oggi. E sarebbe una
barzelletta se non ci fosse di mezzo il destino tragico della vita umana,
poiché in tale asserita raggiunta maturità l'uomo ha reso problematica la sua
sopravvivenza sul suo pianeta.
Escludendo il Cielo,
l'uomo si è resa inabitabile la terra. Desacralizzando la vita, ha perso il
senso della vita. «Dio non esiste! Che bello! Non più Cielo! Non più inferno!
Nient'altro che la terra!», scriveva uno
di costoro nella sua utopia atea. Nient'altro che la terra. E invece no; Dio
con i fatti risponde: nemmeno la terra. Togliendo il Cielo, sparisce anche la
terra. Dimenticando Dio, muore l'uomo. La sfrenata corsa all'ambizione, singola
o di gruppo o di classe poco importa, e al benessere, ha fatto perdere di vista
la vera meta dell'essere umano; così si è dato luogo a strutture e modelli di
vita privi di ogni autentico valore umano.
Si è costruita una
società sempre più chiusa ed egocentrica, tecnicizzata al massimo, fredda ed impersonale,
ostile ad ogni esigenza dello spirito; e si è aperta una crisi di cui oggi è
difficile intravedere una via di uscita.
Ed ecco che ancora una volta gli eventi non danno ragione all'uomo, ma a
Dio. Premono sempre più le domande alle quali nessuna filosofia, nessuna
economia, nessuna ideologia, nessuna politica, possono dare una risposta: la
sofferenza, la paura, la solitudine, l'angoscia, la morte. L'umanità si sta
stipando in vicoli ciechi in cui possono succedere cose terribili. Il mondo non
ha conosciuto il suo Dio, ma i tempi vanno scoprendo ferite di fuoco: segno
inconfondibile della Misericordia di Dio che avanza.
(Ottobre 1976)
(articoli pubblicati da
“L’Araldo del S. Cuore”, scritti da
Luigi Bracco)