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Egli era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui e il mondo non Lo conobbe. Gv 1 Vs 10


Titolo: Mondo interiore e mondo esteriore.


Argomenti: Battesimo e distacco per riconoscere il Verbo incarnato. La sintonia con Dio. La morte di Cristo. Il recupero dell’uomo. Il canto triste della vigna amata. La luce si testimonia da sé. Il maestro esteriore. Il mondo non lo conobbe (L’Araldo).


10/Ottobre/1975


Dall’esposizione di Luigi Bracco (appunti):

 

“Egli era nel mondo…”: “Egli” si riferisce a Colui che è la Luce vera, di cui il versetto precedente ha parlato  (“ Luce vera è quella che illumina ogni uomo che viene in questo mondo”).

Quindi questo versetto andrebbe letto così: “La Luce vera era nel mondo, il mondo è stato fatto in Essa, per Essa e per mezzo di Essa, ma il mondo non L’ha conosciuta”.

Continua, cioè, il discorso precedente:

·prima aveva detto che Giovanni (in cui è sintetizzato tutto il mondo esterno) non era lui la Luce, ma solo testimonianza alla Luce, e che la Luce vera era invece quella che illumina ogni uomo, quindi quella interiore;

·ora denuncia il fatto che il mondo non riconosce questa Luce vera che “era” nel mondo.

Perché dice: “era” (“era nel mondo”)?

Dice “era”, perché in principio era così: la Luce parlava, dentro ogni uomo, nel mondo, cioè parlava in ogni cosa attorno a lui, proprio perché il mondo è stato fatto per mezzo di Essa.

Dicendo “era nel mondo”, fa già capire che ora non è più così per noi; infatti conclude: “il mondo non la conobbe”, cioè non la riconobbe.

Ma qual è quel “mondo” che non ha riconosciuto e che non riconosce la Luce?

Se il mondo è stato fatto ed è ancora fatto per mezzo del Verbo di Dio (“per fede noi sappiamo che i mondi furono formati dalla Parola di Dio, sì che da cose non visibili ha preso origine quello che si vede” – Eb 11,3), cioè per mezzo di questa Luce che parla dentro ogni uomo, vuol dire che il mondo è sacro: attorno all’uomo tutto è sacro, tutto è buono, per cui la nostra terra è terra sacra.

Evidentemente allora il difetto non sta nel mondo esteriore, ma nell’uomo che, riferendo tutto al suo io o all’io degli altri, non riporta il mondo esterno alla Luce vera che porta in sé. Quindi il mondo che non riconosce questa Luce, per mezzo della quale è stato fatto il mondo, è l’uomo che vive per il mondo anziché vivere per conoscere Dio e per cercare di capire il mondo nella Luce di Dio. 

Questa Luce parlava e parla in ogni cosa (“era nel mondo”), ma le tenebre, cioè gli uomini, non la compresero e non la comprendono. Non la si comprende quando non si uniscono i segni con Colui che parla per capirli alla sua Luce, e allora tutto rimane tenebra: il mondo esterno non unito a Dio diventa motivo di  offuscamento di questa Luce.

Per cui diciamo: qualunque cosa considerata staccata da Dio, diventa “mondo” e quindi diventa “mondo” l’uomo che è autonomo da Dio, che considera il mondo come autonomo da Dio e quindi vive per esso: tale modo di vivere è la “mentalità del mondo”. Il Vangelo di Giovanni chiama appunto “mondo” questo modo di vivere nel mondo, questa mentalità del mondo.  È tale mondo che non conosce Dio, né può conoscerlo. Quindi chi ha la mentalità del mondo, chi vive per il mondo non può conoscere Dio, poiché Dio non lo si può conoscere nel pensiero dell’io.

Quando invece l’uomo ascolta Colui che parla nel mondo e riporta il mondo a Dio, cioè lo consacra, tutto viene illuminato da questa Luce.

Il “mondo” di cui parla qui San Giovanni è dunque quel mondo che non è stato raccolto in Dio e che perciò è incentrato sul nostro io. Giovanni quindi non parla del mondo esterno, che, essendo fatto per mezzo di questa Luce, è sacro, ma del mondo interiore dell’uomo che staccando le cose da questa Luce che ha fatto il mondo, non riconosce questa Luce e non riconosce quindi che tutto è sacro.

Come mai? Perché la nostra terra è sacra, ma non è Luce. Tutto ciò che non è Dio è tenebra e scollegato da Dio resta tenebra; ma se invece è riportato in Dio tutto, anche la tenebra, diventa luce. Basta quindi il pensiero rivolto a Dio, per capire che tutto ha un significato, anche se ancora il significato non lo capiamo.

È lo Spirito di Dio che ci farà vedere poi la Verità in tutto e capire le lezioni di Dio nel loro vero significato.

Ma prima di ricevere lo Spirito di Dio, bisogna:

·che accettiamo queste lezioni, anche se ancora non le capiamo, riferendole a Dio (e questo è giustizia!) col desiderio di capirne il Pensiero di Dio;

·e che amiamo il silenzio, il distacco dal mondo, cioè l’ascesi, per fermarci e raccoglierci nel Pensiero di Dio, in questa Luce, in questo Verbo di  Dio che portiamo in noi.

È questa la duplice azione di recupero (battesimo di giustizia e distacco, raccoglimento interiore) che ci prepara a riconoscere il Verbo Incarnato che porterà a compimento l’opera di recupero dell’uomo.

Dato che tutti possono credere che Dio è il Creatore, tutti possono arrivare a capire che devono accettare senza ancora capire, ma con la speranza di giungere a capire, come d’altronde fa l’allievo quando accoglie la lezione dal maestro  prima ancora di capire: prima crede in ciò che il maestro dice, per arrivare poi a capire quello che dice.

Tutto l’Antico Testamento è per portare noi che siamo tenebre ad accettare ciò che non capiamo. È normale che le tenebre non capiscano; ma se credono e accolgono tutto da Dio e riportano tutto a Dio, arriveranno a capire.

L’importante però è rimanere in sintonia con la “radio trasmittente”, affinché la “radio ricevente” possa ricevere il messaggio.

Allora,  se rimaniamo in sintonia con la Luce vera, quella che è nell’interiorità di ogni uomo e che è la “radio trasmittente”, si arriva a scoprire il Divino che c’è nel mondo, in ogni creatura ed in ogni avvenimento. Si è in sintonia quando si è sulla stessa lunghezza d’onda (il Pensiero di Dio) della “radio trasmittente”, quando cioè si mette Dio prima di tutto.

Quando invece l’uomo non è in sintonia con Dio, allora tutto rimane tenebra, per cui : “Era nel mondo, il mondo è stato fatto per mezzo di Lui, ma il mondo non Lo conobbe”. 

Sostanzialmente, anche se con sfumature e aspetti diversi, in questo versetto vengono ripresi e ribaditi i concetti dei versetti precedenti:

·Egli era nel mondo…” (“In principio era il Verbo”: alla radice di noi stessi c’era il Verbo di Dio che parlava in tutto);

·“e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui…” (“tutto è stato fatto per mezzo di Lui…);

·“…e il mondo non Lo conobbe” (“la Luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non L’hanno accolta”).

Già nell’Antico Testamento c’era questa triste constatazione, che rivela un amore struggente di Dio per l’uomo che si sta perdendo:

·“il bue conosce il proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non mi conosce, il mio popolo non comprende nulla” (Is 1,2);

·“Il mio popolo non conosce il mio volere” (Ger 8,7);

·Avete dimenticato chi vi ha allevati, il Dio eterno; avete afflitto Colui che vi ha nutrito” (Bar 4,8);

·Cf: “il canto della vigna” (Is 5,1ss) (vedi appendice);

·“….gli empi rifiutarono di conoscerti…” (Sap 16,16);

·e ancora cf: Sap 13, 1.9; Sap 15,3.

E Gesù stesso, all’ultimo, dirà: “Padre, il mondo non Ti ha conosciuto…” (Gv 17,25).

Non riconoscere chi ci ha fatti! È questo il peccato di Adamo; è il rifiuto del Principio.

Smarrendo il Principio, ed è il primo rifiuto, cadiamo schiavi di tutto, e non saranno sufficienti la legge, i Profeti, il battesimo di  Giovanni Battista per uscire dalla nostra schiavitù e per conoscere Dio, ma sarà necessario che il Verbo ci offra una seconda possibilità, presentandosi a noi come corpo, entrando così nella nostra prigione, assumendo su di Sé ciò che ci rende schiavi.

Ma  sarà attraverso un secondo rifiuto, cioè attraverso la morte di Cristo, che l’uomo incomincerà a capire che vivendo nel pensiero dell’io ha ucciso e uccide Dio in sé.

La Morte di Cristo in Croce sarà la conclusione di tutta l’opera di recupero dell’uomo da parte di Dio (Gesù infatti muore dicendo: “Tutto è compiuto”), opera iniziata nell’Antico Testamento come preparazione ad accogliere il Verbo Incarnato.

L’azione di recupero nella tappa dell’Antico Testamento è duplice e avviene:

·attraverso la testimonianza del mondo esteriore (lezioni della vita, Legge, Profeti, ecc., che si sintetizzano nel battesimo di Giovanni Battista),

·e attraverso la testimonianza del mondo interiore.

Quindi:

·il recupero che avviene attraverso la testimonianza esteriore consiste nel mettere Dio prima di tutto: è la lunghezza d’onda che ci orienta e ci mette in sintonia con Dio, con la Luce vera che ci illumina dentro;

·il recupero che avviene attraverso la testimonianza interiore (alla quale il battesimo di giustizia ci ha orientati e con la quale ci ha sintonizzati), consiste nel distacco dal mondo e nel saperci fermare per raccoglierci nel Verbo interiore, la cui presenza in noi è testimoniata dalla passione dell’assoluto che portiamo in noi.

E perché non basta la testimonianza di tutto il mondo esterno che ci orienta al Creatore?

Siccome il mondo (cioè l’uomo che è tenebra), non ha accolto il Verbo di Dio, non lo può più intendere, allora diventa necessario il distacco dell’uomo dal mondo per potersi raccogliere interiormente in silenzio e in ascolto del Verbo interiore, per recuperare la forza e la capacità di intendere il Verbo di Dio che parla fuori.  È necessario il distacco dal mondo per orientare la passione di assoluto a Colui che è Assoluto e non più alle cose relative.

Prima del peccato, e quindi prima di ogni dispersione, non c’era bisogno di questa ascesi, di questo distacco, perché naturalmente l’uomo era a contatto con la Sorgente interiore. Ora c’è un guasto in noi, per cui non vediamo più Dio. Quindi “fermatevi!”, ci dice Dio (Sal 46,11). Questo è l’unico modo per recuperarci, perché più ci muoviamo, e più il guasto, il peccato, diventa irreparabile: sarebbe come voler mettere le mani in un motore quando non si conosce come funziona. Quindi: non mettere le mani in un motore che non conosci! Alza le mani, ascolta e attendi col desiderio di capire.

Se sappiamo fermarci, si attenua la gravità dell’agitazione. In questo fermarci sta la seconda azione di recupero.

Se invece non ci fermiamo, aumenta sempre più la nostra agitazione.

La duplice azione di recupero può essere rappresentata dalle “due spade” di cui parla Gesù (Lc 22,35-38), che sono poi l’argomento esterno e l’argomento interno, cioè:

·la testimonianza esteriore (quella delle tenebre che ci orientano alla Luce vera, invitandoci a metterla in alto, prima di tutto),

·e la testimonianza interiore (quella della Luce vera che illumina ogni uomo e che richiede distacco dal mondo e raccoglimento in Essa per fermarci ad ascoltarla).

Appendice: Il canto triste della vigna amata (Is 5,1 ss)

Mon ami avait une vigne                                   Il mio amico aveva una vigna

Sur une coteau fertile.                                        sopra una fertile collina.

Ne savez-vous pas cela?                                     Non lo sapevate?

 

Mon ami avait une vigne…                                 Il mio amico aveva una vigna…

Il en espérait…                                                     Egli aspettava sperando…

il en espérait des raisins,                                     aspettava che gli producesse uva,

il en espérait du bon vin.                                    sperava che gli desse del buon vino.

 

Mon ami avait un vigne.                                    Il mio amico aveva una vigna…

Tout le monde chantait à mon ami                  Tutto il mondo cantava al mio amico     

le chant de son amour                                        il canto del suo amore

pour sa vigne.                                                      per la sua vigna. 

Tout le monde lui disait:                                    Tutti quanti gli dicevano:

tu auras du bon vin.                                           “Tu avrai del buon vino!”

 

Mon ami avait une vigne                                  Il mio amico aveva una vigna…

sur une coteau fertile.                                       sopra una fertile collina.

Il en espérait des raisins,                                  Egli aspettava che gli producesse uva,

mais elle lui donna du verjus.                          ma essa gli ha donato dell’uva selvatica.

                                                                (L.B.)

Pensieri tratti dagli incontri del Sabato: Sabato 24.01.1976: (appunti)

“Egli era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui e il mondo non lo conobbe”.

Egli (cioè la Luce che illumina ogni uomo) era nel mondo. Questo vuol dire che in principio questa luce parlava dentro ogni uomo in ogni cosa.

Parlava in ogni cosa perché “il mondo è stato fatto per mezzo di Lui”.

Ma il mondo, cioè ogni uomo che vive per il mondo, non La riconobbe: ha cioè fermato i segni di Dio al proprio io, mettendo il proprio io al centro.  (Cf v. 5: “La Luce splende tra le tenebre, ma le tenebre non L’hanno accolta”).


 

Sabato 30.04.1983:


 

Pinuccia B.: “Egli era nel mondo…”, ma Egli è nel mondo.

Luigi: Si capisce, lo dice al passato per farci capire quanto…

Pinuccia B.: …siamo lontani dal vedere la realtà; cioè è come se ci dicesse: “la Realtà presente è quella, recuperala!”.

Luigi: Ecco, ci invita a recuperarla. La Parola di Dio è sempre una proposta all’uomo, affinché l’uomo recuperi quello che è annunciato.

Pinuccia B.: Nella prima parte del versetto (“Lui è nel mondo, e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui”) ripete quello che è stato detto nel versetto 3:  Tutto è stato fatto per mezzo di Lui”; nella seconda parte (“…e il mondo non lo conobbe”) ripete ciò che è stato detto nel versetto 5: “..Le tenebre non la compresero”,. cioè mette in rilievo l’ingratitudine e la stupidità umana. Questo rifiuto è un errore madornale.

Luigi: Sì, perché noi ci fermiamo alle impressioni; ma la Verità non è in superficie, non abita nelle cose superficiali; Essa si annuncia in tutto, anche nelle cose superficiali, però non è tra le cose superficiali. La Verità abita in profondità, quindi richiede dedizione; per cui chi non si dedica non può vedere la Verità.

Noi vediamo in superficie, per cui non vediamo la Verità. In superficie tutte le cose parlano  in relazione al pensiero del nostro io. Allora  la Verità si annuncia in superficie, cioè si annuncia al nostro io tra le cose superficiali, però per essere conosciuta è richiesto l’approfondimento personale. Ora, se non c’è questa dedizione, ecco che il mondo non La conosce e non può conoscerla.

Don Giuseppe: La Luce era nel mondo e gli uomini non L’hanno conosciuta; perché?

Sono passati migliaia e migliaia di anni e gli uomini  non sono riusciti a conoscere Dio nelle cose create; per poter arrivare a conoscerlo è necessaria una rivelazione, è necessario un intervento particolare di Dio. Quindi non è sufficiente la creazione. Anche se tutto testimonia Dio agli uomini, essendo essi immersi nell’oscurità e nel peccato, non lo possono conoscere, non possono vederlo.

Luigi: Ma in principio non era così. Adamo ed Eva, tutto ciò che durante il giorno ricevevano, alla sera lo colloquiavano con Dio; cioè, ogni cosa che ricevevano durante il giorno la riportavano a Dio; poi, in conseguenza del peccato…

Don Giuseppe: …l’uomo è rimasto accecato.

Luigi: Ecco, a quel punto ormai, senza il Cristo, non c’è niente da fare. Senza Cristo l’uomo sente ancora parlare di Dio, ma per lui Dio è nel Cielo, è astrazione; infatti  dice: “noi siamo qui, su questa terra con i nostri doveri, con i nostri impegni, con i nostri problemi; Lui è là, renderemo conto a Lui dopo questa vita”, …e c’è il distacco. A questo punto l’uomo può essere salvato soltanto da una Presenza fisica di un Dio fatto uomo, quindi di un Dio presente nella sua superficialità. Nel nostro peccato noi possiamo solo essere salvati da una presenza fisica in cui ci sia Dio, sia chiaro!

Flavio: Ecco, l’uomo non riconosce questa Luce che è nel mondo, perché si identifica in ciò che fa e in ciò che possiede, però non sa da dove viene, e nemmeno si pone il problema.

Luigi: Ecco perché qui vien detto: “il mondo non Lo conobbe”. L’uomo, nel mondo, cerca di avere molto, perché attraverso l’avere si qualifica e non si accorge che trascura l’essere. L’essere all’uomo viene dal rapporto con Dio. Perché Dio è l’Essere e noi soltanto partecipando all’Essere acquisiamo essere. Invece noi nel mondo ci misuriamo sempre in base all’avere: “quanti capitali hai? quanti interessi hai? Quante lauree hai? Quante case hai? ecc.”; tutto questo avere è quello che caratterizza l’uomo senza Dio. L’uomo che vive per il mondo non può conoscere Dio. Non ci pensa nemmeno!

Flavio: Il mio vicino di casa, una persona ultra ottantenne, è proprietario di molte case e terreni e gli è stato chiesto se avesse intenzione di vendere una di queste case; ha risposto: “altro che vendere, ho bisogno di comprare…!”; probabilmente pensa di non dover mai morire!

Don Giuseppe: È la prova che uno, se vive per possedere, non è mai soddisfatto di ciò che possiede; anzi quanto più possiede, tanto più desidera possedere.

Luigi: D’altronde basta guardarci attorno e vediamo che è tutto così; noi abbiamo in noi questa passione d’assoluto a causa della quale, se non è orientata a Dio,  abbiamo bisogno di moltiplicare le cose all’ennesima potenza. E poi… per ottenere che cosa? Infatti tutto ciò che abbiamo, fossimo anche sempre vestiti da festa, non ci cambia di una virgola; noi non possiamo aumentare la nostra statura (statura intesa come essere), assolutamente! Noi possiamo avere anche delle macchine costosissime, andare velocissimi e crederci importanti, e magari essere ammirati da tutti, però interiormente continuiamo ad essere dei poveracci come prima. Noi non ci modifichiamo per niente, anche se tutti ci battono le mani. Quello che ci modifica veramente è la conoscenza di Dio; è la partecipazione dell’Amore di Dio che modifica il nostro essere. Tutto il resto non ci modifica di niente; e questo lo esperimentiamo; perché tutto il nostro “modificarci” nell’avere si riduce ad un cambiarsi d’abito. Infatti, per quanto accumuliamo dei terreni, è sempre un vestito che ci mettiamo, nient’altro:  noi siamo sempre tali e quali. Non è che andando sulla luna tu conosca di più Dio; non è che correndo a destra e a sinistra tu conosca di più Dio. Non conosci niente!

Allora fermati, lascia correre tutti, ma tu fermati; lascia perdere…; nella vita dello spirito guadagna veramente chi sa perdere tutte le cose del mondo, perché è solo nella partecipazione di Dio che si acquisisce essere; quanto più tu conosci Dio, tanto più tu partecipi di Dio. E Dio è Colui che è e quindi ti partecipa la sua Vita, ti partecipa il suo Essere. Allora lì abbiamo il cambiamento dell’uomo e il distacco dalle cose. Infatti “quando un uomo trova un tesoro più grande, va con gioia a vendere tutto per possedere quel tesoro” (Mt 13,44): non gli importa più nulla del resto! Quando uno trova una Sorgente, chi lo può costringere a bere ancora ad una pozzanghera?

Uno beve alle pozzanghere quando non trova la Sorgente; perché essendo assetato, piuttosto di morire di sete, beve col rischio di essere avvelenato, e non può farne a meno perché ha una sete tremenda (e noi tutti abbiamo una sete tremenda!). Ma quando scopre la Sorgente, gli si può dire o dare tutto quello che si vuole, ma non lo si convince a continuare a bere nella pozzanghera. Ecco, chi veramente ha trovato il “tesoro nel campo, va e vende con gioia” e non sta a guardare con nostalgia ciò che lascia; così è chi ha sete e trova la Sorgente: lascia con gioia le pozzanghere; non ha nessuna difficoltà a lasciare le pozzanghere! Gli altri dicono:  “quello lì non beve più alle pozzanghere, e chi glielo fa fare?!” Il mondo non può capire questo cambiamento; non può capire che la soluzione di tutte le problematiche della nostra vita dipende dallo scoprire la Sorgente. Tutto il segreto della nostra vita è scoprire la Sorgente! cioè Quello che era in principio. La Sorgente dell’Essere è Dio.

Don Giuseppe: È necessario fermarsi: il Salmo dice: “Fermatevi e sappiate che Io sono Dio, eccelso tra le genti, eccelso sulla terra” (Sal 46,11). “Gustate e vedete quanto è buono il Signore!” (Sal 34,9). È come dire: “prenditi una lunghissima vacanza per avere tempo a cercare Dio”, per incontrarsi con Lui.

Luigi: Certamente! È questa la cosa essenziale. Però chi vive pensando a se stesso, pensa invece in questi termini: “io mi sveglio mezz’ora prima così vinco il mio concorrente”. Il problema nel mondo è l’opposto; se tu dici di fermarsi ad uno che vive per il mondo, ti risponde: “per carità, io devo correre di più dell’altro, perché se non corro di più dell’altro, perdo la concorrenza”. Ecco perché, ad un certo momento, uno assolutamente non può conoscere Dio; perché non ha più tempo di ascoltare. È per questo che “il mondo non lo conobbe.

Flavio: Anch’io partivo prestissimo per andare per funghi….perché pensavo: e se passa un altro prima di me?

Luigi: E già; nel mondo è tutto un problema di concorrenza, vince chi corre di più. Perché uno preme il pedale dell’acceleratore? Perché così passa davanti agli altri. È tutta una corsa inutile, è tutta stupidità. Si perde l’essenziale!

Pinuccia B.: Quella persona di cui parlava Flavio, che vuole comprare nonostante già abbia troppo, magari prega, però è una fede che non cambia, perché non è vista come conoscenza di Dio.

Luigi: Ecco perché dico che è importantissimo aiutare le creature a trovare questo rapporto con Dio, questa Presenza di Dio; e non a pensare a Dio soltanto in chiesa: “vado a compiere il mio dovere e poi bado ai miei affari”. No!

Dio è presente in tutto, quindi tu devi dialogare con la presenza di Dio in tutto, sempre! tu devi dialogare con Dio quando sei per la strada, quando sei in chiesa, quando sei in casa, quando sei con gli altri, in tutto; perché Dio è presente in tutto, e sta parlando con te in tutto! Quindi non ignorare Colui che sta parlando con te . Lui è nel mondo, perché Lui è in tutto. Lui è in te, ma anche nel mondo. Non è che Egli sia in te e non sia nel mondo, perché tutto il mondo, tutte le creature sono testimonianza dell’unico Dio. Quindi è Lui solo il Creatore. Lui parla con te in tutto e tu stai attenta a rispondere a Lui. Ecco, non è che tu tratti con Dio soltanto quando reciti il Rosario o soltanto quando vai a Messa. Non dobbiamo dire: “adesso sono andato a Messa, ho fatto il mio dovere, ora posso occuparmi d’altro, ecc.” e no! (il “mondo” che non lo conobbe, può anche essere un mondo religioso).

Il compito essenziale verso gli uomini, il vero amore del prossimo è questo: aiutare il fratello a scoprire questa presenza di Dio in tutto, a metterlo in rapporto con Dio in tutto. Così come ha fatto Gesù.

Flavio: Questa settimana ci ha chiamati una persona che in un primo momento voleva fare un’offerta, poi in realtà voleva solo sbarazzarsi di roba che non sarebbe servita a nessuno; quelle poche cose che probabilmente sarebbero servite e che non avrebbe utilizzato, se le voleva invece tenere per sé.

Luigi: A causa della nostra passione d’assoluto non sappiamo perdere, non riusciamo a staccarci; il problema della morte non è uno scherzo: la morte è proprio un distacco violento che Dio ci impone proprio per liberarci. Ma prima di imporcelo, Egli ci invita a lasciare…

Pinuccia B.: Però se uno si fa violenza staccandosi da una cosa in nome di Dio perché sa che la vita non gli viene da quello,  senza però ancora capire, è positivo?

Luigi: Certo, tutto quello che noi facciamo per Dio è positivo: “anche solo un bicchiere d’acqua dato in nome di Dio ha la sua ricompensa” (cf Mt 10,42; Mc 9,41). Non capisci il perché, ma lo fai perché Dio te lo chiede. Quindi  per rispettare la volontà di Dio, la presenza di Dio, te ne liberi. Poi Dio  costruirà lì sopra e ti darà la luce. Il distacco dal mondo fa parte dell’azione di recupero dell’uomo dal peccato. L’importante è fare qualcosa per distaccarci, è  dare a Dio  qualche cosa di “nostro”; puoi anche sbagliare, però se hai la retta intenzione, Dio ti recupera e trasfigura tutto in positivo. L’importante è che ci sia questa buona fede, questa intenzione di fare le cose per Dio. Poi dopo, succeda quel che succeda, Dio ci recupera.

Quando invece c’è l’io è difficile il recupero; perché la parola che si dice nel pensiero dell’io, non si cambia tanto facilmente, perché c’è l’orgoglio, c’è il pensiero dell’io, c’è il pensiero di se stessi che lo impedisce. Nel pensiero dell’io piuttosto uno cambia tutto il mondo, ma non cambia più ciò che ha detto.

Pinuccia B.: “Egli era nel mondo e il mondo era stato fatto per mezzo di Lui e il mondo non Lo conobbe”. Questo, Giovanni l’Evangelista, me lo dice prima di annunciarmi l’Incarnazione del Verbo; cioè prima mi fa vedere com’era il progetto di Dio e qual è invece stata la risposta dell’uomo. Mi prepara così a capire il perché dell’incarnazione.

Luigi: Certo, ci prepara all’incontro con Cristo.

Flavio: “…Il mondo è stato fatto per mezzo di Lui”: avevi detto che questo vuol dire che  il mondo era nel Pensiero di Dio.

Luigi: Tutto il mondo è fatto per mezzo del Pensiero di Dio, quindi nel Pensiero di Dio.

Flavio: Anche noi allora siamo in questo Pensiero. Però il mondo non conosce questo, non sa dov’è e dove va, e quindi  è perso in partenza. 

Luigi: Infatti noi non ci conosciamo; questo perché non ci conosciamo nel Pensiero di Dio. Il nostro luogo è Dio.

È quindi un errore enorme dire agli uomini: “conosci te stesso”, così come è un altro errore dire: “abbiate fiducia in voi stessi”. L’uomo non può conoscere se stesso. Conosci Dio e troverai l’uomo; cerca Dio: in Dio troverai l’uomo.

Pensieri conclusivi:

Flavio: La Luce è in me, ma anche nel mondo; l’importante è dedicarsi a capire quali sono le cose che ci impediscono di vedere questa Luce.

Luigi: Sì, e poi soprattutto è importante imparare ad attingere a questa Luce: bisogna imparare a bere a questa Luce. La Luce in noi è una Sorgente.

Flavio: Ma se io non sono nella Luce, per arrivare a vedere la Luce devo guardare a questa Luce; però se non La vedo, come faccio?

Luigi: Innanzitutto abbiamo tutte le creature che ci ammoniscono:  noi non ci siamo fatte da sole! E poi al centro di tutta la creazione c’è Cristo. Infatti è Lui  che ci conduce poi a scoprire questa presenza della Luce in noi: è una  scoperta antica, che però abbiamo perso fin dall’inizio.

Cristo fa questa opera: Cristo viene fuori per portarci, se Lo ascoltiamo,  a scoprire il Verbo interiore che portiamo dentro di noi. Però bisogna perlomeno avere fede in Dio Creatore; che è la giustizia essenziale. Avendo fede in Dio, uno sta particolarmente attento alle parole del Cristo, perché Egli gli parla di ciò che gli sta a cuore, di quello che gli interessa e che da solo non riesce a capire, a conoscere. Infatti i primi discepoli  dissero: “finalmente abbiamo trovato!” (Gv 1,41). Chi avevano trovato? Colui a cui erano particolarmente interessati, perché erano terribilmente interessati a Dio. Chi è interessato alla matematica va da un professore di matematica; chi vuol fare carriera va dai maestri del mondo a capire come si fa a far carriera; così invece chi ha interesse per Dio, quando incontra il Cristo potrà dire. “finalmente ho trovato Colui che mi parla di ciò che mi sta a cuore”. E ascoltando il Cristo, il Cristo lo conduce a fare questa scoperta.

Flavio: È importante l’ascolto, perché delle volte credo di essere io che sto andando, che sto facendo…e corro il rischio del “mondo” che non conobbe la Luce.

Luigi: Dobbiamo tener presente che non siamo noi che scopriamo Dio, ma è Dio che rivela Se stesso nella misura in cui noi ascoltiamo Lui. Noi entriamo nella Luce ascoltando, non facendo. Lui parla con noi, l’importante è che noi non ci facciamo distrarre dal football, dalla carriera, dal denaro, ecc.; dobbiamo comportarci coerentemente con ciò che ci sta a cuore; se ci sta a cuore Dio, dobbiamo fermarci.

Don Giuseppe:Egli era nel mondo”: per vederlo fuori, debbo dare molta attenzione alla Luce che è in me, anche quando opero.

Luigi: Ci vuole molta dedizione, perché si deve subordinare ogni altra cosa a Dio; la giornata vale in quando si ha capito qualche cosa di Dio. Dobbiamo imparare a bere a questa Sorgente.

Don Giuseppe: Il rischio è questo: di essere tra coloro che non La accolgono: la Luce è nel mondo, ma gli uomini non L’hanno conosciuta. Bisogna allora aprirsi ad Essa momento per momento.

Pinuccia B.: Per riconoscere la Luce che è nel mondo, devo guardare alla Luce che è in me; quindi questo versetto è un invito a una maggiore interiorità, è un invito ad attingere a questa Luce che è dentro di me, affinché si illumini il mondo fuori.

Luigi: Sì, la Luce scaturisce da un rapporto personale; quindi mettiti in silenzio, in raccoglimento e cerca il rapporto personale. Ecco la vera preghiera: “quando vuoi pregare, entra nel silenzio della tua stanza, chiudi l’uscio (cioè, “metti tutto fuori”) e rivolgiti al Padre che è presente in te” (cf Mt 6,6). Bisogna trovare a qualunque costo il tempo e anche un luogo, per il silenzio (…quel campo in cui c’è il tesoro nascosto).

Pinuccia B.: Importante è sapere che abbiamo a nostra disposizione questa Luce che ci illumina dentro e fuori.

Luigi: L’abbiamo a disposizione, però è difficile attingere ad Essa; perché per attingere ci dobbiamo dedicare. È il problema del “bere” che abbiamo visto domenica scorsa, approfondendo il versetto 37 del capitolo 7 del Vangelo di S. Giovanni: “Chi ha sete venga a me e beva” : bere vuol dire dedicarsi a-. Ecco, noi possiamo strumentalizzare l’Altro credendo di bere, facendo asservire l’Altro a noi; invece, quando una persona parla, bere a questa persona vuol dire far tacere tutto di noi, far tacere tutti i nostri problemi; l’alunno, a scuola, per “bere” la lezione deve far tacere tutto di sé; se invece pensa ai fatti suoi, sta fresco! Ora, il difficile per noi è riuscire a fare questo silenzio, cioè a far tacere ciò che c’è in noi, perché  dentro di noi abbiamo tutti che urlano, che ci disturbano e ci impediscono l’ascolto. Ora, tutto quello che parte da noi, anche solo una parola inutile, non è indifferente e ci disturba; anche solo una parola che noi diciamo non secondo lo Spirito di Dio, quella urla dentro di noi, e urlerà eternamente, non la cancelliamo più (“Ma Io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato” - Mt 12,36-37), per cui ci disturba, perché è un moto continuo dentro di noi.

Pinuccia B.: Questa parola urla eternamente solo se non la recuperiamo in Cristo.

Luigi: Certamente, ma dobbiamo morire a noi stessi e a tutti i nostri prodotti; altrimenti questi non si estinguono più; ecco perché quando ci mettiamo a far silenzio sentiamo tutte queste voci, tutte queste parole, magari le cose più stupide che abbiamo raccolto durante la strada, durante il giorno, che ci impediscono l’ascolto di Dio. Ecco, tutto ciò che non abbiamo collegato con Dio diventa in noi “mondo” che non conosce Dio e ci impedisce di conoscerlo.

Pinuccia B.: Che cosa bisogna fare quando ci si trova in queste circostanze, quando cioè il “mondo” è entrato in noi?

Luigi: È necessario scoprire questa miseria, questa povertà, e capire soprattutto che dobbiamo stare molto attenti a quello che parte da noi, perché tutto quello che parte da noi, non motivato da Dio, ricade su di noi. Bisogna quindi stare molto attenti. Infatti c’è tutto un mondo che arriva a noi senza di noi, e questo dobbiamo accoglierlo da Dio; quindi tutto quello che arriva a te senza di te, viene a te da Dio: sappi essere attenta, Dio è il Creatore, quindi accogli tutto da Lui. Ma stai soprattutto attenta a quello che parte da te, perché “è dal cuore dell’uomo che partono tutti i mali: dal di dentro! Non da ciò che arriva fuori (Mt 15,18-19). Il male che è in noi non dipende da ciò che arriva dall’esterno, assolutamente (il mondo esterno infatti è sacro, perché “è stato fatto per mezzo di Lui”).

Pinuccia B.: Ma se ciò che parte da me è secondo Dio, non ricade su di me.

Luigi: Se parte da Dio ti libera, ma se invece parte dal pensiero del tuo io, ti offusca la Luce di Dio (ecco perché “il mondo non Lo conobbe”: “mondo” infatti è l’uomo che riferisce le cose a sé ed è tutto proiettato all’esterno).  Ogni parola, ogni scelta che tu fai guidata dal pensiero di te stessa, ricade tutto su di te, e ti crea le distanze; infatti la Bibbia dice che non è che Dio sia distante da noi, perché Dio è con noi anche quando siamo immersi nel male più grosso, Dio è sempre con noi, Dio non si sposta, ma: “Sono i vostri peccati che hanno creato le distanze tra Me e voi” (Is 59,2); cioè tutto quello che parte da noi non secondo Dio crea tra la nostra anima e Dio delle distanze. Ora, nella distanza non “sentiamo” più Dio; e allora ci sentiamo soli, esperimentiamo la solitudine, esperimentiamo la tristezza. Quindi bisogna stare molto attenti a quello che parte da noi; bisogna che tutto da noi parta dallo Spirito di Dio.

Pinuccia B.: Cioè, bisogna imparare a rimanere in atteggiamento di risposta, e mai partire di nostra iniziativa.

Luigi: L’iniziativa deve venire da Dio; se così fosse immagina quanto silenzio ci sarebbe nella nostra giornata! Noi ci lamentiamo di non aver abbastanza silenzio, ma se parlassimo soltanto motivati da Dio…! Come  Cristo che dice: “Il Figlio non può fare niente se non lo vede fare dal Padre” (Gv 5,19).

Pinuccia B.: Ma può capitare di credere di parlare secondo lo Spirito di Dio e poi invece…

Luigi: Se uno crede di parlare secondo lo spirito di Dio, anche se sbaglia, non importa; l’importante che l’intenzione sia quella di obbedire a Dio; il più delle volte invece noi parliamo guidati, sollecitati dal pensiero della figura o comunque dal pensiero dell’io (“faccio così perché se no chissà cosa dicono gli altri!”; oppure “dico questa barzelletta così mi rendo simpatico”, oppure “denigro un altro per esaltare me”) ed è poi quello che ci ricade addosso.

Flavio: “Il mondo non Lo conobbe”, perché il mondo non sa fermarsi ad ascoltare. Eppure Dio dopo i rumori del giorno ci dà il silenzio della notte, ma è difficile fermarci. Ma volevo chiedere: se  c’è il giorno e la notte, quindi se c’è un periodo di luce e un periodo di buio,  come possiamo in noi fare luce sempre?

Luigi: Tutta la creazione è fatta a periodi di sera e di mattina, di giorno e di notte perché abbiamo la Parola di Dio che arriva a noi senza di noi, quindi abbiamo la Luce che arriva a noi, e poi abbiamo  la notte che è fatta per prendere consapevolezza della parola che è arrivata a noi. Quindi è necessaria la notte, come per un’opera musicale  sono necessarie le pause; infatti la musica è fatta di note e di pause. Se tu provi a togliere le pause perché sono un vuoto per cui credi che non servano a niente, le note diventano rumore. Ora, è proprio la notte che dà valore al giorno, come le pause danno valore alle note; la notte è questa creazione che si ritira da noi, che non preme più su di noi; ed è qui che l’anima è più libera, perché è in silenzio, quindi è una festa. La notte dovrebbe essere una festa per prendere coscienza della Parola che è arrivata a noi e della sua importanza. Difatti Adamo la sera colloquiava con Dio tutti i segni che aveva ricevuto durante il giorno; passeggiava(Gen 3,8), colloquiava, cioè ragionava con Dio. Ora, durante il giorno noi abbiamo la pressione della creazione che arriva a noi, che entra in noi, ma tutto quello che arriva a noi, ad un certo momento dobbiamo colloquiarlo con Dio; ma quando lo colloquiamo con Dio?

Ecco è necessario che ci sia questo spazio, questo silenzio, che le cose si ritirino da noi, che ci lascino tranquilli, in modo che ci lascino la possibilità di recuperare nella luce di Dio tutto ciò che è arrivato a noi.

Se tu ti trovi con una persona che parla in continuazione, ad un certo momento le dici: basta! perché ti ha riempito la testa. Perché questo? Perché c’è bisogno di spazio per poter riflettere e acquisire ciò che ti è arrivato; altrimenti tutto diventa puro rumore.

Flavio: Ma quando dormiamo è possibile rimanere nel Pensiero di Dio?

Luigi: L’importante è sapere che il Signore è con noi; infatti è dormendo  che finalmente uno si affida al Signore, perché Il Signore è con noi anche quando dormiamo. Questo riposo nel Signore  è simbolo della nostra pace, del nostro riposare in Dio, del nostro far conto su di Lui.

Dio è il luogo del nostro riposo, per questo noi dobbiamo affidarci a Lui. Dobbiamo porre la nostra fiducia in Lui.  Infatti se noi facciamo conto su noi stessi, ad un certo momento non dormiamo più di notte, anzi, di notte cerchiamo di lavorare più degli altri per guadagnare di più, e arriviamo al punto da riempirci di caffè per poter lavorare di più.

Riposare è molto difficile, perché praticamente riposare vuol dire aver fede, vuol dire affidarsi a Dio. Il nostro dormire è un segno di questo riposare; tutto ciò che avviene nel mondo materiale è segno del mondo dello spirito.

Pinuccia B.: Il mondo non Lo conobbe”: cioè è quel mondo, quell’uomo che non ha fatto la    giustizia essenziale?

Luigi: Certo. Chi non compie questa giustizia interiore ha per centro il pensiero di se stesso e ha già rifiutato quella Luce che non può ignorare, cioè il Pensiero di Dio Creatore (un semplice filo d’erba ce lo annuncia).

Pinuccia B.: Quindi il mondo che non riconosce questa Luce non può  incontrare il Cristo, e quindi non può giungere a conoscere il Padre. Invece chi fa questa giustizia incontra il Cristo e il  Cristo gli toglie questo dubbio “sono io che penso Dio o è Dio che si fa pensare da me?”, cioè gli fa scoprire la Realtà oggettiva del Pensiero di Dio in sé.

Luigi: L’iniziativa è sempre di Dio.

Pinuccia B.: D’accordo  la sua parola mi conduce; però mi chiedevo perché non basta la giustizia essenziale per capire questo, perché la giustizia mi fa  già riconoscere che tutto fuori di me e dentro di me è opera di un Altro, quindi anche il mio pensiero, tanto più il Pensiero di Dio. Questa è giustizia…

Luigi: Sì, però capisci  per arrivare lì cosa ci vuole? Quanta maturazione e approfondimento di questa giustizia! Anche le stesse parole del Cristo sono tutte un invito a fare la giustizia; Egli continuamente ci invita a fare la giustizia, perché noi siamo terribilmente incoerenti. Ora, si parte dalla giustizia essenziale, la giustizia principale, il battesimo del Battista, che è togliere il proprio io dal centro, e  poi tutto il resto verrà dopo; cioè, la presa di coscienza di tutti i rapporti di giustizia verranno dopo. Quindi, la giustizia essenziale elementare, quella che sta alla base,  è questa: “non mettere il tuo io al centro ma metti Dio Creatore”; sarà poi il Cristo che ci recupererà tutto in questa giustizia qui, perché noi siamo molto disturbati, pur riconoscendo questo, pur essendo attratti da Dio. 

La partenza quindi  è riconoscere che Dio è il Creatore e che va messo al centro della propria vita; ma messo Dio al centro, nessuno di noi è salvo; anzi, è proprio considerando Dio come va considerato  che noi incominciamo a scoprire il nostro peccato.

La Legge non ci salva, la Legge ci fa toccare con mano il nostro peccato, ci fa toccare con mano che noi siamo dei delinquenti (Rm 5,20); e questo proprio perché noi sappiamo che Dio c’è; quindi la Legge ci interroga: “se sai che Dio va considerato come massimo valore, perché parli così? perché ti comporti così? perché non ami Dio con tutto il tuo cuore, con tutte la tua mente, con tutte le tue forze?”. Ecco la Legge ci fa constatare che ci troviamo nell’impossibilità di recuperare tutto in Dio. E pur riconoscendo che sarebbe bello se tutti vivessero così, e che sarebbe un paradiso terrestre se…, vediamo una realtà diversa, realtà in cui noi ci troviamo come dei vasi di terracotta in mezzo a dei vasi di ferro, per cui da qui nasce la paura, e quindi il vivere per difendersi. Per cui, pur facendo la giustizia essenziale, per noi è terribilmente difficile vivere secondo la fede, secondo Dio, in un mondo che, ai nostri occhi pieni di terra, è tutto diverso da come dovrebbe essere “…perché – sempre secondo il nostro io - c’è il male che opera tra noi”. Ecco allora la funzione della Legge! La Legge è fatta per far sentire a noi il bisogno del Salvatore.

Tutti i profeti vengono a noi per far sentire a noi il bisogno del Salvatore, quindi per preparare noi all’incontro con Cristo. Giovanni Battista è precursore, cioè colui che prepara noi all’incontro con il Salvatore.

Pinuccia B.: Ma questa giustizia essenziale allora ci può lasciare nel dubbio?!

Luigi: Sì, perché la salvezza sta nella certezza e quindi nella conoscenza.

Pinuccia B.: Quindi se una persona è alla ricerca e fa la giustizia essenziale non è senza dubbi.

Luigi: Certo. La giustizia essenziale ha lo scopo di farci sentire il bisogno di un aiuto di Dio, di farci sperimentare la nostra distanza da Lui.

Pinuccia B.: Ma inizialmente il problema è: “esiste Dio? sono io che Lo penso o è Lui che si fa pensare? Lo penso o esiste indipendentemente da me, oggettivamente?” Il problema è lì.

Luigi: No, il problema è questo: “L’hai fatto tu il filo d’erba?”; giustizia è dire: “sono certo di non aver fatto io il filo d’erba, l’ha fatto un Altro”; basta questo.

Pinuccia B.: Anche senza conoscere l’Altro?!

Luigi: Certo, perché se tu conoscessi l’Altro saresti già nella Vita Eterna!

Pinuccia B.: Questa è la base, è la certezza elementare…

Luigi: Basta questo: “il filo d’erba certamente non l’ho fatto io”.

Pinuccia B.: Quindi è questo il punto oggettivo, la certezza dalla quale bisogna partire.

Luigi: Certo; infatti noi possiamo dire stupidamente “il filo d’erba l’ho fatto io”, ma se qualcuno ci dice: “Fanne uno!”, capiamo di aver detto una sciocchezza. Noi possiamo solo distruggere: noi possiamo strappare  una foglia dall’albero, ma non possiamo più ricongiungerla; possiamo uccidere una mosca, ma non possiamo ricrearla; l’uomo fa in fretta a distruggere, ma non è in grado di fare. Come mai?

Ecco, la prova è lampante che è un Altro che fa le cose. Ecco, “il mondo è stato fatto per mezzo di Lui”.

E come mai il mondo non Lo riconosce?

Perché mette il pensiero dell’io al centro, per cui resta accecato e distrutto. L’uomo non può ignorare Dio, però non sa chi sia, per cui non deve fare l’errore di mettersi al centro, come se le cose le avesse fatte lui.

Quindi la giustizia sta in questo: non mettersi al centro; tanto è vero che quando qualcuno inizia a dire: “io qui, io là, io ho fatto questo, ecc.”, tutti si mettono a ridere, perché magari domani ha mal di pancia e non riesce più neppure a camminare. Ecco, noi siamo povere creature, e allora non vantiamoci, non gonfiamoci!

La vera dimensione dell’uomo è la povertà. L’uomo che si crede ricco è un essere fuori dalla sua dimensione, è un essere gonfiato; e allora c’è bisogno di lezioni che lo riportino alla normalità. Tutte le lezioni della vita, tutte queste “legnate” sono delle lezioni di Dio per riportarci nelle nostre dimensioni e salvarci. “Io sono venuto per rendere ciechi coloro che credono di vedere - perché fintanto che riteniamo di vedere non possiamo essere illuminati – e per dare la Luce a coloro che sono ciechi (cf Gv 9,39). Quindi prima bisogna ricondurre alla cecità colui che crede di vedere, e poi in quella povertà fargli arrivare la Parola che lo illumini.

Ecco, il battesimo di giustizia è questo: non metterti al centro, perché tu non sei il centro e basta un filo d’erba per sconfessarti, per farti toccare con mano che tu non sei il centro.    


 

Sabato 18.02.1989


Nino: “Egli era nel mondo, il mondo è stato fatto per mezzo di Lui e il mondo non Lo conobbe”.  A chi si riferisce questo “egli”?

Luigi: Va collegato con il versetto precedente: “Luce vera è quella che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Egli era nel mondo…”. Dovrebbe dire: “Essa era nel mondo, il mondo è stato fatto per mezzo di Essa, e il mondo non la conobbe”. È il nostro parlare che è limitato, perché il termine “Luce” fosse maschile, tutto andrebbe bene…; ma la Luce è femminile per la lingua italiana, e da qui le incomprensioni. Quindi, questo “Egli”  va riferito  alla Luce.

Nino: Gesù dice anche: “Io sono la Verità” (Gv 14,6): quando parlo della Verità, parlo sempre di Lui, per cui direi anch’io “Egli”.

Luigi: Certo, ma  qui c’è una continuità di pensiero, perché dice: “Luce vera è quella che illumina ogni uomo che viene in questo mondo; Essa – per restare nella continuità di pensiero –  era nel mondo, e il mondo era stato fatto per mezzo di Essa,  ma il mondo non la conobbe”.

Delfina:Il mondo non la conobbe”: finché siamo nella materia,  non possiamo conoscere Dio.

Luigi: Quindi il “mondo” è l’uomo che vive per le cose del mondo, cioè è l’uomo che vive per i  “buoi, campi e la moglie” (Lc 14,18-20): qui l’uomo non può conoscere Dio (Lc 14,24). Dio è in tutto e parla in tutto, però l’uomo che vive per le cose del mondo non può conoscerlo, perché per conoscerlo deve rientrare in se stesso e…

Delfina: Dobbiamo renderci conto che non siamo in questo mondo solo per vivere e per poi morire, ma dobbiamo cercare il motivo…

Luigi: Infatti perché noi non siamo soddisfatti di vivere per poi morire? Perché l’animale se ne sta tranquillo, non si preoccupa di dover morire? Noi invece subiamo il problema della morte, perché?

Appunto perché noi abbiamo questa Vita eterna dentro di noi, per cui la morte diventa un assurdo per noi. Si nasce e poi si muore, ma allora a che cosa serve questa vita? È questa Vita Eterna in noi che ci fa sentire il problema della morte; in noi c’è il bisogno di cercare una ragione, una  giustificazione della nostra esistenza, proprio perché portiamo già questa Luce dentro di noi; succede però che non interroghiamo questa Luce e  Ecco, non interrogando questa Luce, tutto ci sembra assurdo, ci sembra impossibile; tutti i giorni fatichiamo per poter mangiare, poi mangiamo, mangiamo, mangiamo e un bel giorno non ci siamo più; ma a cosa è servito tutto questo se poi si deve morire?

Si vive per far star su il corpo, ma poi sicuramente si muore, e allora  a che cosa  serve la vita?

Perché ci facciamo queste domande? Perché non siamo contenti di vivere per le cose che passano?

Evidentemente perché portiamo in noi una dimensione eterna; e allora vivendo per le cose che passano non siamo soddisfatti, appunto perché siamo vocati, chiamati, destinati alla Vita eterna. Se uno è destinato a diventare re e deve fare lo spazzino da mattina a sera,  non è al suo posto, perché lui ha la vocazione di fare il re. Ecco, noi abbiamo la vocazione della Vita eterna, di conoscere Dio, siamo destinati a vivere sempre; quindi vivendo per le cose che passano siamo insoddisfatti, in quanto è come se facessimo gli spazzini da mattina a sera mentre siamo chiamati a diventare re. Ed è proprio questa insoddisfazione che ci testimonia che il nostro destino è un altro. Quindi non vivere per quello che passa, perché tu sei destinata ad Altro!

Modesta: C’è stato un tempo in cui non si viveva per questo mondo, ma che si viveva per Dio?

Luigi: Adamo prima del peccato viveva per Dio; prima del peccato  viveva per Dio, perché Adamo era in formazione e quindi viveva per Dio. Poi, ad un certo momento, quando Adamo ha dovuto raccogliere in _Dio il pensiero del suo io (che Adamo proiettava in Eva, ecc.), c’è stato il fallimento. Quindi in conseguenza di quello….

Amalia: Pensavo all’attualità di questa parola, perché la Luce è, ma anche oggi  c’è il rischio di non riconoscerla. Riconoscerla cosa significa? Vederla?

Luigi: Ma la Luce si fa riconoscere da sola. Infatti quando è giorno non vai a cercarti le testimonianze che è giorno, in quanto vedi. E quando è notte, è notte, non vedi, non c’è la luce. La luce si testimonia da sé: quando c’è, splende. Quindi se noi siamo illuminati capiamo, vediamo, ci rendiamo conto; quando invece non siamo illuminati non capiamo niente, ed è la notte, mistero, tenebre. Quindi quando c’è la luce non andiamo a dire: “vado a cercare testimonianze della luce”, perché la luce ci illumina, e in quanto ci illumina rende testimonianze di Sé da sola. Così è per chi conosce Dio: non ha bisogno di andare a cercare testimonianze di Dio; chi invece non conosce Dio si accorge di non conoscerlo, perché ha bisogno di testimonianze di Dio, in quanto non è convinto.

Quando siamo nel Pensiero di Dio non c’è bisogno di mondo per rendere testimonianza a Dio, perché Dio rende testimonianza a Se stesso da solo, quando illumina. Quando Dio non illumina, cioè quando siamo incentrati nel pensiero di noi stessi, allora nasce il bisogno di cercare testimonianze esterne; perché Dio non Lo possiamo smentire, però nel pensiero dell’io non ne siamo convinti, perché non Lo vediamo, non Lo tocchiamo, non L’abbiamo presente come abbiamo invece presenti le creature.

Ma stai tranquilla che quando Dio manifesta la sua Luce non vai più a cercare testimonianze altrove; anzi, anche se tutto il mondo ti dicesse: “Dio non esiste”, ti metti a sorridere, perché porti con te la sua Presenza.

Giovanna: “Il mondo fu fatto per mezzo di Lui e il mondo non Lo conobbe”, cioè “l’uomo non Lo conobbe”.

Luigi: Cioè, l’uomo che porta in sé la testimonianza del mondo. Perché il mondo è tutta presenza di Dio nel pensiero dell’io dell’uomo; cioè son tutti segni: è Dio che ci tocca. Tutta la creazione è Dio che ci tocca per farci alzare gli occhi a Lui; infatti noi ci sentiamo toccati dalle opere di Dio. Noi diciamo che è la creazione, ma in realtà è Dio che tocca il nostro io.

Giovanna: Quindi se il mondo è fatto per mezzo di Lui e noi non Lo conosciamo, non viviamo.

Luigi: Certo, perché il mondo è Dio che ci tocca; noi ci sentiamo toccati, però dobbiamo alzare gli occhi a Dio per conoscere Chi è che ci tocca. Altrimenti noi ci sentiamo toccati senza sapere chi sia e non siamo in pace.

Noi subiamo gli avvenimenti, subiamo l’opera di Dio, ma non sappiamo chi sia Colui che ci tocca, che ci fa subire il tempo, che ci fa subire la morte, che ci fa subire i mali, che ci fa subire tutte le vicende della nostra vita.  Tutta la creazione che viene a noi ci dice che è un Altro che l’ha fatta, però non sappiamo chi sia quest’Altro, non sappiamo chi sia  Dio, perché Lui solo è rivelatore di Se stesso; e fintanto che noi non alziamo i nostri occhi, cioè non alziamo il nostro pensiero a Dio, siamo toccati da Dio senza però poter capire, senza poter conoscere chi è Colui che ci tocca.

L’universo, la creazione è un rumore, è Dio che fa “rumore” nella nostra vita per invitarci ad alzare gli occhi a Lui e giustificare in Lui questo “rumore”. Se tu senti il rumore dell’aereo sei sollecitato a guardare in alto per vedere cos’è che fa rumore, ma fintanto che non alzi gli occhi per cercare ciò che provoca questo rumore, non riesci a capire che è l’aereo che fa questo rumore.

Angela: Nel versetto 10 il Signore mi ha fatto capire che Gesù Cristo era nel mondo, e il mondo fu creato ed è creato tutt’ora per mezzo suo; eppure il mondo non Lo riconobbe e non Lo riconosce ancora oggi.

Luigi: Certo.

Cris: Perché dice: “Egli era nel mondo”? Egli “è” nel mondo.

Luigi: Qui  ritorniamo a quel famoso “era” che abbiamo trovato nei primi versetti. Cioè, quando dice “era” è perché contrappone la condizione in cui tu ti trovi a quella in cui dovresti essere e che non è più; in quanto hai trascurato Colui che ti tocca. È come se dicesse “attualmente è così perché non alzi gli occhi a Colui che ti sta toccando”.

Silvana: Non riconosciamo Chi ci sta facendo.

Luigi: E già, perché Lui non ci ha fatti, ma ci sta facendo. L’errore che facciamo è quello di crederci già fatti, e dire: “Dio mi ha creato e adesso ci sono, adesso mi devo  comportare in un modo piuttosto che nell’altro e poi eventualmente mi premierà o no…  si vedrà quando moriremo… ecc.”. In realtà noi non siamo fatti. Dio ci sta facendo giorno dopo giorno: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”(Gen 1,26) e non ha ancora finito di farci. Ora, se ci consideriamo già fatti trascuriamo di vedere Lui che ci sta facendo, e ci limitiamo a dire: “Signore, ti ringrazio perché adesso ci sono”, No! Il Signore dice: “Stai attento, perché tu non sei ancora fatto”. Noi potremo dire di essere fatti quando entreremo nella Vita eterna; noi siamo in gestazione, e nel periodo di gestazione si può abortire. Noi possiamo diventare degli aborti, e degli aborti eterni. Se c’è tutto il mondo pieno di aborti è perché Dio vuole dare una lezione ad ognuno di noi; è per dirci: “state diventando tutti degli aborti”, ma non aborti umani, ma aborti eterni, che è ben peggio. Noi corriamo il rischio di diventare degli aborti eterni, cioè delle creature che non sono arrivate al loro compimento, cioè che non sono giunte a quella capacità di poter restare, di poter portare la Verità, di poter portare la Luce di Dio.

Pinuccia A.: Abbiamo la prova che Dio ci sta facendo perché oggi non siamo ciò che eravamo ieri, questa sera non saremo come eravamo questa mattina, quindi…

Luigi: Il tempo che passa è Dio che viene, quindi questo passare del tempo è Dio che ci sta facendo,  per cui noi siamo in continuo mutamento.

Pinuccia A.: Il cambiamento fisico è segno del nostro cambiamento spirituale.

Luigi: Si capisce, perché Dio ci sta facendo e ci sta facendo per la Vita eterna; ma cosa vuol dire farci per la Vita eterna? Vuol dire che sta formando in noi la capacità di portare la sua Verità, di restare con Lui. Altrimenti non possiamo portarlo; in tal caso restiamo degli aborti.

Pinuccia A.: Al decadimento del corpo dovrebbe corrispondere un accrescimento dello Spirito, per non essere aborti.

Luigi: Si capisce. E Dio all’inizio non creò nemmeno il decadimento del corpo; Dio all’inizio creò il corpo per essere spiritualizzato da quest’anima che crescendo all’infinito avrebbe assorbito anche la materia, spiritualizzandola.

Franca: Questo “Egli era nel mondo”  si riferisce al Verbo di Dio?

Luigi: Sì, alla “Luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo”; però l’uomo può non accoglierla.

Franca: Quindi non è il Cristo Storico, …perché Angelo ha detto “Gesù Cristo”.

Luigi: È giusto anche il Cristo Storico, perché il Cristo Storico è rivelatore di una Verità che portiamo in noi. Cioè il Maestro esteriore, il Cristo esterno, è rivelatore del Maestro interno che portiamo dentro di noi e che era già prima che nascesse Gesù, è logico, poiché illumina ogni uomo, quindi fin dalla creazione dell’uomo.

Pinuccia B.: “Il mondo non Lo conobbe”: questo succede quando non si rimane in ascolto del Verbo interiore, questa “Luce vera che illumina ogni uomo” e che è il Pensiero di Dio in noi. Volevo chiedere:  senza il Cristo noi non riusciamo a scoprire questa presenza di Dio in noi, vero? 

Luigi: L’uomo, per quanto sogni da mattina a sera, sogna soltanto; la Realtà è infinitamente superiore a tutti i sogni dell’uomo. L’uomo non può nemmeno sognare la Realtà, perché la Realtà viene da Dio, discende dall’Alto, viene da-, non sale a-. Ora, l’uomo nei suoi sogni è sempre limitato, perché? Perché l’uomo sogna estrapolando da quello che esperimenta, tocca e vede; quindi tutte le costruzioni, anche filosofiche, anche religiose, sono sempre fatte su dati estrapolati da un conosciuto limitato. Per cui l’uomo sarà un essere che cerca all’infinito Dio, ma è sempre in questa ricerca, per cui è sempre in difetto. L’uomo tende all’Infinito, ma non lo raggiunge mai. Perché? Perché la Realtà è infinitamente superiore a tutto ciò che l’uomo può sognare o pensare. Quindi tutti i pensieri dell’uomo, tutti i sogni dell’uomo, sono infinitamente inferiori alla Realtà che viene da Dio. La Realtà ti sorprende. Il cieco fu sorpreso quando sentì dire da Gesù: “Sono Io che parlo con te” (Gv 9,37); per cui: “Nessun occhio mai vide, nessuno orecchio mai udì quello che Dio ha riservato a coloro che Lo amano e a coloro che Lo cercano” (1 Cor 2,9).

Alcuni pensieri conclusivi:

Nino: La Luce è nel mondo e noi possiamo non riconoscerla, cioè possiamo impedirle di illuminarci. È questa la tragedia dell’uomo.

Luigi: Basta mettersi un dito davanti ad un occhio e non si vedono più le stelle.

Franco: La Luce ci viene dal Principio.

Luigi: La caratteristica della Luce è quella di farci vedere la sorgente, in qualunque luogo ci troviamo.

Domenico: Gesù dice: “affrettatevi a camminare finché la Luce è con voi” (Gv 12,35).

Delfina: “Anche voi mi renderete testimonianza perché siete con me fin dall’inizio” (Gv 15,27).

Luigi: Certo, tutti gli rendiamo testimonianza anche senza di noi.

Amalia: Ognuno di noi porta in sé un dono immenso: la Luce vera.

Luigi: Certo, noi abbiamo un tesoro immenso, dei miliardi con noi, e andiamo a elemosinare i soldini dalle creature, perché altrimenti non abbiamo da mangiare.

Raffaele: La luce che cerchiamo nelle creature, si trasforma in tenebra.

Luigi: Si capisce, perché la Luce è dentro di te.

Tiziana; La giustizia è vivere per cercare la Luce.

Giovanna: Tutte le creature sono annunci di Dio, però Dio si fa conoscere soltanto nel Pensiero di Dio.

Luigi: Sì, perché Dio si conosce soltanto in Dio.  Si annuncia in tutto, ma si fa conoscere soltanto in Se stesso.

Cris: Non confondere il mezzo con il Fine.

Fabiola: Ascoltare la Parola di Dio.

Silvana: La Luce è dentro di noi.

Pinuccia A.: Se sono attratta da Dio ho la possibilità di incontrare il Cristo che mi conduce là dove…

Luigi: …vuoi arrivare; cioè praticamente tu incontri Cristo soltanto quando sai quello che vuoi. Fintanto che non sai quello che vuoi non Lo incontri.

Franca: “La Luce vera è quella che illumina ogni uomo che viene in questo mondo” , però non riesco a collegarlo con ciò che ha ricordato Domenico: “Camminate fintanto che la Luce è con voi”, la Luce quando illumina non illumina solo per un momento, ma illumina durante tutta la vita.

Luigi: Certo, la Luce è con te, ma se tu non interroghi la Luce, la Luce ti accieca; quella stessa Luce che ti illumina, è una Luce che ti accieca; e se ti accieca tu non puoi sopportarla, e quando non puoi sopportare una cosa scappi.

Franca: “Camminare” vuol dire allora fare la luce.

Luigi: La Luce è un cammino; quando uno ti dice “guarda che la strada è quella”, e tu pur avendola vista dici: “adesso vado a vedere tutte le altre”, fischi…! quindi, quando il Signore ti dice: “la strada è quella”, tu devi impegnarti a camminare su quella strada. Se tu non cammini su quella strada, le tenebre ti riprendono e una volta che uno è illuminato non può essere illuminato una seconda volta.

Pinuccia B.: L’importanza di raccogliersi nel Pensiero di Dio, affinché tutto il mondo resti illuminato.

Luigi: Certo, perché soltanto nel Pensiero di Dio la Luce ti illumina; perché quella Luce che illumina ogni uomo, illumina soltanto se l’uomo si raccoglie nel Pensiero di Dio, cioè se guarda la Luce.


 

Sabato 25.02.1989:


 

Pinuccia A.: “Egli (la Luce) è nel mondo, ma il mondo non lo conosce”; cioè l’uomo che è del mondo non guarda a questa Luce, per cui resta nelle tenebre. Invece se guardiamo ad Essa, hai detto che il Signore ci aiuta a capire attraverso le lezioni della vita, ma non ci aiuta a capire tutto.

Luigi: Poco per volta ci illuminerà ogni cosa.

Pinuccia A.: Certe cose le capiamo,  altre cose invece…

Luigi: “Non c’è nulla di nascosto che non debba essere rivelato” (Mt 10,26), non c’è nulla che Lui non voglia farci conoscere. Lui è Luce e vuole comunicare la sua Luce a tutti. Le cose di Dio sono invisibili al pensiero del nostro io, “occhio umano mai vide, orecchio mai udì…”, ma non sono impossibili.

Pinuccia A.: Quindi è colpa nostra se non riusciamo a vedere o a capire?

Luigi: Certo, perché Lui è chiaro; ma per vedere la Luce ci vuole quella purezza di cuore di cui parla Gesù: “Beati i puri di cuore, perché questi vedranno Dio”(Mt 5,8); i nostri pensieri sono sempre complicati, inquinati. Ora, il pensiero inquinato non concepisce; quindi se hai il pensiero inquinato senti il rumore, ricevi la parola, l’annuncio, ma non concepisci. Se non si concepisce è perché i nostri pensieri sono inquinati, non sono semplici.

Dio opera per rendere semplice il nostro pensiero, per renderlo immacolato, perché solo così può concepire.

Pinuccia A.: Però è anche Dio che apre i nostri occhi, se diventiamo semplici.

Luigi: Appunto; ma tu non puoi diventare semplice se non guardi una cosa semplice. Bisogna guardare a una cosa sola, e Dio solo è Solo. Dio solo è Colui che è; noi non siamo mai “Colui che è”, nel senso che noi abbiamo tante facce, abbiamo tanti nomi, e questo ci complica, ci impedisce di vedere. Guardando invece una cosa sola, siamo fatti semplici. Cioè noi cresciamo ad immagine e somiglianza di ciò cui guardiamo: se noi guardiamo una cosa sola, allora diventiamo semplici. Quindi Dio si offre a essere guardato, se noi lo guardiamo, poco per volta diventiamo semplici, e diventando semplici concepiamo.

Pinuccia A.: Cioè da parte di Dio c’è l’iniziativa di offrirsi a noi, però tocca noi guardare Lui.

Luigi: Se vuoi diventare nera devi metterti al sole. Il sole c’è, ma se tu non ti metti al sole non ne puoi trarre i suoi benefici.

Nino: “Egli era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui e il mondo non lo conobbe”. Abbiamo tutti gli elementi per riconoscerlo, quindi l’uomo che non Lo riconosce è responsabile; Lui è venuto a parlare di quello di cui noi avevamo bisogno. Nessun uomo ha mai detto le cose che ha detto Lui, “Nessuno ha mai parlato come Lui”(Gv 7,46); quindi noi avremmo dovuto riconoscerlo, perché è Lui solo che risponde alla nostra passione d’assoluto. Invece non L’abbiamo riconosciuto, perché eravamo distratti da altre cose, avevamo degli altri motivi di vita.

Luigi: Il principio per riconoscere la Verità, quindi per riconoscere la Parola di Dio fuori di noi, nel mondo, sta in quello che portiamo dentro di noi: nel Pensiero di Dio (la Luce vera) che va messa in alto dentro di noi.

Franco: Questo versetto sembra una ripetizione della prima parte del Prologo, ma se c’è una ripetizione è per dirci che si tratta di una cosa molto importante e per invitarci ad approfondirla. Sia prima e sia dopo la venuta di Giovanni ci viene detto che la Luce è già presente e che le tenebre non l’hanno accolta.

Luigi: Adesso fa il confronto con i versetti che parlano di Giovanni Battista; infatti prima dice “Giovanni venne per rendere testimonianza alla Luce, ma non era la Luce”,  per poi sottolinearci che la Luce è quella che splende nell’intimo di ogni uomo, perché ogni uomo è portatore del Verbo di Dio. L’uomo è tempio di Dio, ed essendo tempio di Dio porta in sé Dio.

Dio si annuncia in tutto: era nel mondo, parla nel mondo, tutto il mondo è parola sua, però non si fa conoscere nel mondo; Dio si fa conoscere soltanto nell’intimo dell’uomo. Per cui è solo nella persona umana che si realizza il punto di contatto tra il segno e l’intelligenza del segno, che si realizza il contatto con la Luce. Possiamo dire che l’universo prende contatto con la Luce vera, con Dio, nella persona umana; e possiamo ancora dire che la persona umana è l’universo in cui c’è la coesistenza dell’opera di Dio e di Dio stesso. Fuori dalla persona umana non c’è questa coesistenza. Tutto è segno, ma il segno non si illumina se non dentro l’uomo. Allora, è dentro di noi che abita il Maestro interiore, il Verbo di Dio; tutte le cose arrivano a noi, noi le dobbiamo portare a questo Maestro, perché soltanto da questo Maestro noi riceviamo la Luce. Per cui tutte le cose che arrivano a noi si mettono nelle nostre mani, e ci dicono: “noi siamo nelle tue mani, però non siamo tue, ma siamo di Dio, portaci a Dio”. Solo noi possiamo portare a Dio tutte le creature, e le portiamo a Dio dentro di noi, nella nostra mente, a contatto col Verbo di Dio. Quindi se portiamo i segni a contatto col Verbo di Dio, scatta la scintilla, scatta la Luce, e allora il segno s’illumina; se invece noi non portiamo a Dio le cose che arrivano a noi dal mondo (annunci, parole, fatti, ecc.), restiamo separati, la  Luce non scatta e noi restiamo al buio.

Franco: Quindi, rispetto a prima qui c’è di mezzo l’uomo; cioè prima parlava in generale “tutto è stato fatto per mezzo di Lui…”; adesso specifica che questa Luce è dentro l’uomo.

Luigi: Certo, inizialmente tutto ci annuncia che tutto è fatto nel Verbo di Dio, ad un certo momento ti dice che il Verbo di Dio è dentro di te. Quindi non aspettarti di vederlo camminare per la strada, perché il Verbo di Dio è dentro di te; quindi la novità tu ce l’hai dentro, non aspettartela fuori. Fuori ad un certo momento tutte le cose diventano monotone, tutte uguali, tutte si ripetono. La novità ce l’hai soltanto dentro di te, perché la novità viene da Dio.

Delfina: Questo “mondo” non può conoscere Dio…

Luigi: Ma questo “mondo” siamo noi quando guardiamo il mondo, quando viviamo per le cose del mondo.  Non è che il mondo di per sé sia negativo, perché il mondo appartiene a Dio, quindi  le cose che ci sono nel mondo non sono negative: tutto è buono e tutto è sacro, adorabile; ma quando noi consideriamo una cosa, anche una creatura, staccata da Dio, questa diventa “mondo”; e il mondo non può conoscere, ma non è il mondo di per sé: siamo noi, nel pensiero dell’io, quel “mondo” che non può conoscere.

Delfina: Ma noi dobbiamo scegliere Dio e distaccarci dal mondo se vogliamo arrivare a conoscere Dio.

Luigi: Certo, ma questa scelta sta nel portare a compimento quello che Dio ha fatto arrivare a noi. Dio fa arrivare a noi le sue parole, fa arrivare a noi i suoi segni, in quanto tutto è Parola di Dio; l’universo è fatto bene perché è tutta creazione di Dio. Non è che Dio abbia creato l’universo e poi l’abbia abbandonato a sé, per cui siano ora gli uomini a fare le cose. No! Tutto quello che accade è tutto opera di Dio; Dio non è stato il Creatore, Dio è il Creatore, quindi anche oggi Lui è il Creatore. Tutto quello che Lui fa accadere lo presenta a noi, affinché noi lo portiamo a compimento; ecco la scelta che dobbiamo fare: portare a compimento l’opera di Dio, che è poi la vera opera sacerdotale, vuol dire raccogliere tutto ciò che Dio ci fa arrivare, portarlo nella mente alla presenza di Dio (perché Dio è presente dentro di noi), per ricevere da Lui quel raggio di Luce che ci dice il significato delle cose. Le cose che vediamo e tocchiamo sono dei segni, e noi dobbiamo passare dai segni ai significati; ma il significato non scatta, non salta fuori se noi non raccogliamo il segno nella  presenza di Dio. Quindi è quello che portiamo dentro di noi che dà significato alle cose. Ora, se noi, dentro di noi, non ci raccogliamo in Dio, non interroghiamo Dio, tutte le cose arrivano a noi, ma non hanno nessun significato, e allora anche la stessa nostra vita perde di significato. E quando le cose e la nostra vita perdono di significato, noi perdiamo d’identità e non sappiamo più per che cosa vivere; e quando non sappiamo più per che cosa vivere ci spariamo un colpo, perché la vita non è sopportabile quando non ha significato.

Giovanna: “Il mondo non Lo conobbe” rappresenta l’uomo che vive per il mondo…

Luigi: L’uomo che vive per il mondo non può conoscere Dio, perché Dio si conosce soltanto per mezzo di Dio. Cioè, l’uomo non può arrivare all’infinito partendo dal finito. L’Infinito si conosce soltanto per mezzo dell’Infinito; l’Assoluto si conosce soltanto per mezzo dell’Assoluto, l’Eterno si conosce soltanto per mezzo dell’Eterno, Dio si conosce soltanto per mezzo di Dio. Quindi fintanto che l’uomo guarda e osserva il mondo non può conoscere la Verità, non può conoscere Dio, non può ottenere la luce; può solo conoscere di non capire niente, e allora dice: “il mondo è tutto mistero, è immerso nella notte”. La luce si trova soltanto nella Luce, l’Infinito si conosce soltanto nell’Infinito, Dio si trova soltanto in Dio. E allora ci vuole questo raccoglimento in Dio. Quindi, o abbiamo la possibilità di raccoglierci in Dio o altrimenti rinunciamo pure, lasciamo perdere, perché non c’è nessun’altra possibilità di arrivare alla Verità. Ora, questa possibilità ce l’abbiamo, perché Dio abita dentro di noi. Abita dentro di noi perché noi subiamo la passione di Dio. L’uomo è caratterizzato da questo: ha la passione dell’Assoluto, cioè ha la passione per Dio; per cui noi non ci accontentiamo di vedere le cose, ma noi vogliamo capire il significato, cioè vogliamo vedere il pensiero che c’è in queste cose, cioè vedere Dio che parla nelle cose. Allora, se noi subiamo la passione dell’Assoluto (subiamo, quindi siamo un effetto),  vuol dire che c’è questo Assoluto che pesa su di noi, che è presente, che ci fa sentire questa passione.

Giovanna: Con Franco hai detto che da questo versetto si può capire che il Pensiero di Dio Lo portiamo in noi; ma io questo non lo vedo…

Luigi: Raccogliti in preghiera e lo vedrai.                                      

Tiziana; Mi associo in preghiera con Giovanna. . E poi volevo chiedere: la prima parte del Prologo è riferita al Verbo di Dio generato dal Padre…

Luigi: … e alle cose come Dio le ha volute: “In principio era il Verbo”(Gv 1,1), cioè tutte le cose sono fatte nel Pensiero di Dio; tutte le cose sono in un Pensiero.

Tiziana; E dopo aver annunciato questo, dice: “…le tenebre non L’hanno accolto”(Gv 1,5).

Luigi: Non l’hanno capito.

Tiziana; Poi c’è l’accenno a Giovanni Battista, cioè l’opera di recupero di Dio, e poi di nuovo parla del Verbo; ma ora, a differenza di prima, parla del Verbo incarnato?!

Luigi: Stiamo arrivando al Verbo incarnato, ma il Verbo incarnato è ancora un segno. Tutto quello che avviene fuori è segno, e il Verbo incarnato è  incarnato in quanto è “fuori”: ha preso un corpo; il corpo è fuori,  cioè appartiene al mondo esterno. Siccome noi abbiamo soltanto più occhi per i corpi, occhi per la materia, noi possiamo essere salvati soltanto attraverso la materia, attraverso i corpi. Se io capisco soltanto l’italiano posso essere salvato da uno che mi parla in italiano; uno che mi parla in arabo non mi può salvare, perché io non capisco niente, non ricevo niente. Quindi ognuno di noi riceve in base a ciò che ha presente, a ciò per cui vive. Quindi se noi vediamo soltanto dei corpi intorno a noi, e viviamo soltanto per i corpi, per il mondo, possiamo essere salvati soltanto attraverso il mondo, attraverso  i corpi. Ecco che il Verbo di Dio prende un corpo, perché noi nel peccato capiamo soltanto più il linguaggio del corpo e non capiamo altro linguaggio; però la meraviglia è questa: Gesù nel corpo ci parla il linguaggio di Dio.

Tiziana;  Qui è nuovamente detto: “e il mondo non Lo riconobbe” (prima aveva detto: “La Luce splende…ma le tenebre non l’hanno accolta”). Allora ci sono due rifiuti?

Luigi: Certo!

Tiziana; Quindi  c’è un primo rifiuto iniziale che è lo “smarrimento” del Principio, cioè la rottura del disegno di Dio; e poi c’è il secondo rifiuto che è il far fuori la Parola di Dio.

Luigi: Certo; abbiamo il primo rifiuto che è il rifiuto di Adamo; in conseguenza di questo rifiuto noi diventiamo schiavi delle cose che vediamo e tocchiamo, perché diventiamo figli delle nostre opere. Dopo questo nostro errore abbiamo la seconda possibilità che il Signore ci offre, poiché Lui assume su di Sé ciò di cui noi siamo schiavi, entrando nella nostra prigione presentandosi come corpo. E qui  c’è l’occasione di un secondo rifiuto.

Tiziana; Quindi c’è questo secondo rifiuto, ci deve essere?

Luigi: Cristo va a morire in Croce, e morendo in Croce ci fa capire che i colpevoli del suo Sangue non sono gli ebrei di allora (quelli sono stati degli attori che hanno interpretato una scena per noi), ma siamo tutti noi. Colpevole del Sangue di Cristo è ogni uomo; perché nessun uomo può dire che è innocente di quel delitto, nessun uomo può dire: “io non c’entro”, perché nessun uomo è senza peccato. S. Giovanni dice: “se qualcuno dicesse che è senza peccato è menzognero” (1 Gv 1,8). Quindi c’è questo secondo rifiuto, ed è un rifiuto necessario (necessario, sia chiaro!), perché attraverso questo rifiuto necessario noi incominciamo a capire la nostra colpa. Questo perché il primo rifiuto, quello di Adamo, non ha illuminato la colpa; certo, in conseguenza di quello, abbiamo incominciato a vedere che la terra ci crea  “ triboli e spine” (Gen 3,17-19);  però in conseguenza di questo noi incominciamo a darci da fare per rimediare a queste spine e non a ragionare con Dio.

Solo con la morte del Cristo noi incominciamo a ragionare con Dio e a capire qual è il principio del nostro peccato, cioè a capire che cos’è che ci fa mandare a morte Cristo. È il pensiero del nostro io che manda a morte Cristo; però nessuno di noi, senza Cristo, si renderebbe conto che pensando a se stesso fa un delitto, e che  più pensiamo a noi, più uccidiamo Dio.

È Cristo in Croce che ci fa capire che vivendo per noi stessi, pensando a noi stessi, facendo valere i nostri diritti credendo di aver ragione, noi uccidiamo Dio. È Gesù Cristo  che ci fa capire questo; quindi se attraverso la Sua morte noi giungiamo a capire che il nostro io è delitto, è deicida, a questo punto abbiamo l’apertura a morire a noi stessi, a dimenticarci, ed a non più vivere per le cose della terra, ma a cercare le cose di Dio, quindi a non più pensare a noi, perché le cose della terra hanno come centro il nostro io, le cose del cielo invece hanno come centro Dio. Ora, fintanto che noi viviamo per le cose che hanno per centro il nostro io, noi uccidiamo Dio, perché riferendo le cose al nostro io, non le riferiamo a Dio,  uccidiamo in noi la Verità.

Marisa: Però la massima che dice “Conosci te stesso”, alla luce del mistero di Dio è un percorso possibile, perché dentro di noi  c’è Dio. Allora, se noi arriviamo a conoscere talmente bene noi stessi da scoprire che dentro c’è Dio, noi possiamo riconoscerci creature.

Luigi: No, non è proprio un percorso possibile: non è analizzando noi stessi che noi capiamo noi stessi, anzi. È soltanto conoscendo la nostra Causa che noi conosciamo l’effetto. Noi siamo un effetto; solo conoscendo Dio Creatore io conosco la creatura, non è conoscendo la creatura che si arriva a Dio. Quindi è sbagliato, è un’illusione: non si arriverà mai a conoscere né la creatura e né Dio. Ecco come avviene che “il mondo non Lo conobbe”: appunto perché l’uomo che è intento a conoscere se stesso, non può conoscere Dio.

Invece: conosci Dio e conoscerai l’uomo, perché l’uomo è un effetto. Anche la psicologia, tutta l’analisi dell’uomo, è tutto un cercare di capire i problemi che l’uomo porta in sé, e che porta in sé perché porta in sé Dio; per cui non si parte da Dio, da questa presenza di Dio nell’uomo, non si approda a nulla. Infatti tutta la problematica umana esistenziale è tutta una conseguenza del fatto che l’uomo è portatore dell’Assoluto, di una Divinità, è portatore della Verità in sé. E tutto ciò che l’uomo vede, lo scambia per assoluto: è lì l’errore! e lo scambia perché ha la passione dell’assoluto; per cui tutto quello che l’uomo ama, vuole che sia perfetto come Dio; ma non può essere come Dio! Nessuna creatura può essere come Dio, però egli vuole che sia come Dio. E da qui nascono tutte le guerre, ad esempio, tra uomo e donna. E tutta la fatica umana, tutta la scienza è tutta per cercare di rendere eterno ciò che eterno non può essere.

Quindi è inutile che noi ci sforziamo di rendere eterno ciò che eterno non può essere. Non cercare di rendere eterno ciò che non è eterno, ma cerca che cosa è l’Eterno. Non cercare di rendere assoluto quello che non è assoluto, nessuna creatura è assoluta; quindi non sforzarti di renderla assoluta, perché consumeresti tutta la tua vita a fare niente e a ridurre tutto a niente, poiché “Senza di Lui è fatto niente”. Quindi non cercare di trasformare in assoluto quello che non è assoluto, ma cerca di conoscere cos’è l’Assoluto. Non trasformare in Dio quello che non può essere Dio, ma cerca chi è Dio. Allora, soltanto cercando Dio, incominciamo a capire: “Ah, capisco perché io pretendevo che le creature fossero perfette: perché Tu solo sei perfetto e Tu essendo in me fai di me una passione di questa perfezione”. Ecco perché si arriva a conoscere l’uomo attraverso la preghiera, cioè guardando Dio.

Marisa: Siamo passione di perfezione? In che senso?

Luigi: Sì, noi siamo una passione di questa perfezione, nel senso che “subiamo”, non possiamo farne a meno; andiamo all’inferno, ma non possiamo farne a meno di questa “perfezione”, di questo “assoluto”; perché portiamo l’effetto della presenza di Dio in noi: siamo fatti per Quello! S. Agostino dice: “Siamo fatti per Te, e il nostro cuore non si riposa fintanto che non trova Te”; è inutile che noi ci rivolgiamo alla creatura, perché la creatura non può essere assoluta, è assurdo…. L’abbiamo detto mille volte: io posso pregare un cipresso che mi dia le mele, e invocare il Signore per tutta la vita, con tutti i miei pianti, perché quel cipresso mi dia delle mele, ma il  cipresso non  mi dà le mele; e non me le darà mai. E la maggior parte degli uomini consumano tutta la nostra vita in questo errore. L’uomo è fatto per l’Assoluto, ma non può trasformare in Assoluto quello che non è assoluto;  deve piuttosto cercare di capire che cosa è l’Assoluto. Per questo il Signore dice: “Conosci Me, e allora ti renderai conto e conoscerai anche il perché la creatura si trova in queste problematiche. Quindi non cercare di conoscere l’uomo, ma conosci Dio”.

Marisa: Voi non avete ancora conosciuto persone che cercando Dio prima di risolvere i propri problemi non si siano trovate ancora più impiastricciate?

Luigi: No, anzi! Noi ci complichiamo la vita proprio perché cerchiamo di risolvere i nostri problemi prima di  cercare Dio. Il Signore dice. “Dimentica i tuoi problemi, non pensare ai tuoi problemi”.

Marisa: Voi l’avete verificato?.

Luigi: Non interessa la nostra verifica, perché la Verità è tale indipendentemente dalle creature o altrimenti non è Verità. Noi ci confondiamo e pasticciamo proprio perché prima cerchiamo di risolvere i nostri mali, per poi dedicarci al Signore. È quello l’errore grosso. Quante persone che ho incontrato che dicevano: “prima vado in pensione e poi dopo penserò a Dio”; stai fresca, perché se ragioni così non arriverai mai in pensione! Pensa subito a Dio, attualmente, nella situazione in cui sei, nei pasticci in cui ti trovi, adesso, perché la causa dei tuoi pasticci è proprio il non pensare a Dio. È Dio che ti mette nei pasticci; quindi se tu vuoi risolvere i problemi, cerca Dio e Dio risolve i tuoi problemi perché i tuoi problemi sono dati dalla distanza da Dio.

Cioè, l’errore più grosso che noi facciamo è che non teniamo conto che la componente principale del nostro problema, del problema umano, è Dio; e noi trascurando la componente principale del nostro problema, tutte le nostre soluzioni sono sbagliate. D’altronde è logico: se si trascura la componente principale di un problema, la soluzione è errata. Ora, la componente principale del nostro problema è la presenza di Dio in noi. Noi siamo creature che subiscono l’effetto della presenza di Dio, per cui soltanto con Dio possiamo risolvere il nostro problema.

Franca: Noi siamo responsabili di tutti e due i rifiuti?

Luigi: Si capisce, siamo responsabili della morte del Cristo e nella morte del Cristo c’è tutto.

Franca: Ma si è parlato anche del rifiuto di Adamo.

Luigi: Adamo sei tu!

Franca: Ma è Adamo che ha fatto il peccato originale!

Luigi: Il peccato originale lo fai anche tu! In che cosa consiste il peccato originale? Il peccato originale è il peccato che è all’origine. Mentre “In principio era il Verbo”, ad un certo momento noi abbiamo messo all’origine, cioè al principio del nostro vivere, il pensiero del nostro io; e lì sta il peccato originale. Il peccato originale sta nel pensare a te stessa; quindi quando tu pensi a te stessa, compi il peccato originale. Il peccato originale è quel peccato che è a fondamento di tutti i tuoi guai. Ora, lo si dice originale, perché è rivelazione di quello sbaglio che si forma in noi pensando a noi stessi, e che è a fondamento di tutti i guai in cui veniamo a trovarci.

Franca: Ma quando pensiamo a noi stessi, è perché abbiamo già questa debolezza ereditata da Adamo.

Luigi: Non bisogna farci quel problema. Tu sei Adamo; il compito della creatura, che era il compito di Adamo, è quello di non separare niente dal Creatore.  Adamo non separava niente dal Creatore. Niente! Quando c’è stato il momento in cui ha dovuto raccogliere nel Creatore Eva, la sua donna, e il pensiero del suo io, ha fallito. Ma quello che è avvenuto, è avvenuto per te, non è avvenuto per Adamo; perché tutto quello che è avvenuto è Parola di Dio per farci capire il travaglio della nostra nascita. Noi siamo in gestazione, non siamo fatti; tu non sei fatto, è Dio che ti sta facendo, e in questo “Dio che ti sta facendo” succede ad un certo momento il guasto. E il guasto Adamo te lo rivela, te lo dice: il guasto sta lì! È Dio che ti dice attraverso Adamo  come è avvenuto il guasto in te. Ecco, ad un certo momento tu anziché raccogliere e riportare tutto a Dio (non devi separare niente da Dio, perché tutto è opera di Dio!), hai incominciato a separare le cose da Dio, perché ti faceva comodo separarle da Dio, e lì c’è il guasto. Allora, ringrazia Adamo, e non accusare Adamo, perché ti fa capire che cosa sta a fondamento dei tuoi guai.

Franca: Però non capisco quando sia avvenuto il guasto in me.

Luigi: Mettiti in silenzio e prega.

Franca:  “Il mondo è stato fatto per mezzo di Lui e il mondo non Lo conobbe”. Mi fa pensare a quanto dice  Isaia: “Il bue conosce il suo padrone, ma il mio popolo non comprende…” (cf Is 1,3), ma noi non riconosciamo chi ci ha fatti. Lo dovremmo riconoscere.

Luigi: Lo credo bene! La colpa sta lì: non riconoscere Dio Creatore, non riconoscere tuo Padre, Colui che ti fa essere. È Lui che ti fa essere! Noi ci preoccupiamo di conoscere noi stessi, e poi ignoriamo Colui che ci fa: questo è il peccato di Adamo.

Rita: Sono d’accordo con quanto hai detto prima con Marisa: che, cioè, bisogna cercare Dio prima di risolvere i nostri problemi, perché, come tante volte tu stesso ci hai detto: “tutti i problemi dell’uomo nascono dalla nostra distanza da Dio; cerca Dio e Dio ti risolverà ogni problema”. Noi possiamo cercarlo perché: “Egli era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di Lui”, e anche S. Paolo dice: “Cristo è tutto in tutti”(Col 3,11), cioè il Pensiero di Dio lo portiamo tutti dentro di noi; quindi è già dentro di noi; ed è quel dono  stupendo  che Dio fa ad ogni uomo che viene sulla terra. È chiaro che l’uomo, dopo aver compiuto il famoso peccato originale, cioè quello di dividere le cose da Dio, entra nel pensiero di se stesso, senza poter riconoscere il Pensiero di Dio.

Luigi: Non può, perché noi diventiamo figli delle nostre opere; e quando noi facciamo il peccato, cioè quando mettiamo il pensiero del nostro io prima del Pensiero di Dio, separandolo da Dio, diventiamo schiavi di questo, e questa schiavitù ci pesa talmente che Dio non ci attrae più. È lì il guaio!

Rita: Fino a quando, dopo aver patito le pene dell’inferno, finalmente l’uomo si accorge che c’è qualche cosa che non funziona, perché si accorge di questa mancanza, di questa morte che è in Lui (in realtà il Pensiero di Dio morto in lui è la sua morte, ma questo sarà il Cristo in Croce a rivelarcelo). Sarà poi un Battista che dicendogli: “cerca Dio”, gli darà l’opportunità di ravvedersi e di incontrare il Cristo.

Pinuccia B.: È impressionante questa frase: “E il mondo è stato fatto per mezzo di Lui e il mondo non Lo conobbe”; se invece del “mondo”, metto “io” verrebbe: “E io sono  stata fatta per mezzo di Lui e io non Lo conosco”. C’è da stupirsi perché se Lui fosse assente sarei giustificata, ma Lui è nel mondo ed è in me. Lui è la “Luce vera che illumina ogni uomo”.

Luigi: Lui è Colui che parla con te tutti i giorni, e tu non Lo conosci.

Pinuccia B.: Giovanni Battista dice: “in mezzo a voi c’è uno che non conoscete”(Gv 1,26); Lui è nel nostro intimo e noi non Lo conosciamo. Quindi questo versetto è un invito a trovare questa Presenza per poterla riconoscere. Cercandola, si trova.

Luigi: La scoperta della presenza di Dio in noi viene da Dio. E soltanto cercando Dio, da Dio si incomincia a capire che Dio non può abitare fuori, nelle cose esterne. Dio abita dentro di te; e non soltanto dentro di te fisicamente, ma Egli abita nel tuo pensiero, e non soltanto nel tuo pensiero, ma nel Pensiero di Dio. E ti accorgerai che il Pensiero di Dio ce l’hai in te; ma questo viene da Dio, in quanto cerchi Dio, e non in quanto analizzi te stessa.

Il mondo non Lo conobbe

Ogni uomo porta la testimonianza che Dio esiste, che gli parla sempre ed ovunque. «La luce del tuo Volto, o Dio, è impressa sopra di noi: tu infondesti nel nostro cuore la gioia» (Sal 4,7). Ogni uomo, in quanto uomo, ovunque e comunque sia, quindi anche nel male e nel delitto, porta sempre con sé questo Maestro divino che gli parla. Gli parla anche quando egli non ascolta o espressamente nega e rifiuta. La Luce è presente nelle tenebre anche se le tenebre non la comprendono. Dio cioè dialoga anche con il delitto dell'uomo; vedi Caino. Se così non fosse, per l'uomo non ci sarebbe speranza di liberazione dal suo male.

 

Dio parla all'esterno e all'interno dell'uomo; ma l'intelligenza dell'esterno dipende dall'interno: se cioè l’interno è o non è in ascolto di Dio. Dio ha fatto bene ogni cosa; ha fatto la Luce ed ha fatto tutto ciò che segnala all'uomo la Luce e il luogo di essa. Tutto ciò che non è Luce vera ha il compito di testimoniare all'uomo la Luce vera. Anche le tenebre testimoniano la Luce, e ciò che è relativo rende testimonianza a ciò che è assoluto: il visibile rende testimonianza all'invisibile, e ciò che è esteriore rende testimonianza a Colui che abita nell'interiore dell'uomo: la materia rende testimonianza allo Spirito e ciò che non è verità rende testimonianza alla Verità; la notte indica il giorno e l'ombra segnala la luce. Anche i mali provano l'esistenza del bene. Ciò che non è Dio fa sentire all’uomo il bisogno di Dio, quindi lo recupera all'attenzione a Dio. Tutto avviene per accordare il cuore dell'uomo al parlare divino, per metterlo in sintonia con l'onda divina affinché possa ascoltare e intendere le parole di Dio. La via alla Verità è l’intelligenza umilmente aperta all'ascolto di Colui che ci trascende e che fa giungere a noi la sua Parola per aprirci la strada alla sua dimora.

Dio è Spirito, e allo Spirito si giunge solo attraverso lo Spirito. Non si giunge per atti magici, né per via di droghe o di sesso, né per suggestione, né per diritto di sangue o di popolo o di classe, né per educazione di pensiero o di volontà, né per disciplina di corpo. La via alla ricerca della Verità è il Verbo, la Parola di Dio: «Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me»,  dice Cristo, il Verbo di Dio fatto carne (Gv 14,6).

Tutto richiama e tutto riconduce l'uomo alla Luce interiore. Tutte le cose ci ripetono ogni giorno come a S. Agostino: «Non siamo noi il tuo Dio; noi siamo sue creature. Cerca sopra di noi, cerca dentro di te, nella tua anima». Il mondo esteriore ci raccoglie nel nostro mondo interiore affinché qui noi facciamo quella giustizia essenziale che è chiesta ad ogni uomo: mettere cioè Dio al posto che gli spetta; dare a Dio ciò che è di Dio.  Tutte le informazioni esteriori ci sono date per attirarci alla Luce che è nel nostro mondo interiore, a quella vera Luce che illumina ogni uomo che viene a nascere in questo mondo. È qui il principio della vera intelligenza e della sapienza, poiché se l'uomo non ascolta la Luce interiore, non intende, e non può intendere, ciò che è fuori, anche se è, come è, voce, parola, opera di Dio.

È la Parola interiore che ci fa capire la parola esteriore, nel nostro mondo intorno a noi. La Parola di Dio è in tutto, dentro e fuori di noi, perché tutto è opera di Dio: «il mondo è fatto per mezzo di Lui»; ma se non abbiamo la Parola di Dio dimorante in noi, non possiamo intendere la Parola di Dio fuori di noi.

Non c'è luce fuori e non si intende nulla se l'uomo non è illuminato dentro, cioè se l'anima non è in sintonia con Dio, che è dentro di noi. Il mondo non si illumina se l'anima non si illumina. Non c'è nessun sole che possa illuminare il mondo esterno dell'uomo che ha la notte dentro. Se il nostro mondo interiore è pieno di ciò che non è Dio, non c'è niente dal di fuori che ci possa dire ciò che è Dio. Ma se il nostro mondo interiore è pieno di Dio, tutto dal di fuori ci dice ciò che è Dio. Il principio dell'intelligenza è Dio; mentre il principio di disattenzione e di accecamento è il pensiero dei nostro io.  Per intendere le cose l'uomo non deve guardare a sé, ma a Dio, cioè deve essere attento a Dio che parla in tutto. L’opera va riferita al suo Autore, la parola va unita al pensiero di Colui che parla. Ma questa unione non avviene senza l'uomo.

 

L'uomo ha il compito di unire la parola allo Spirito, la creatura al Creatore, il mondo a Dio. «Tutte le cose dicono all'uomo: non ci hai fatte tu: portaci a Colui che ci ha fatte, portaci a Dio».  Dio creando l'uomo ha fatto con lui un patto di alleanza: gli ha fornito i mezzi per ascoltare le sue parole e per vedere la strada che conduce alla meta del suo destino, e gli ha detto: non tapparti gli orecchi per non udire e non chiudere gli occhi per non vedere le lezioni che giorno dopo giorno ti darò per tutta la tua vita affinché tu possa giungere alla conoscenza della Verità e vivere. «Non tapparti gli orecchi, non chiuderti gli occhi»: ecco il patto di alleanza di Dio con l'uomo. «Tu non hai voluto né sacrifici, né offerte, ma mi hai aperto gli orecchi» . Dio non vuole né sacrifici, né offerte: vuole che l'uomo abbia gli orecchi aperti ad ascoltare le sue Parole. Colui che è il Creatore di tutte le cose non ha bisogno dei beni di cui Egli stesso è il donatore. Dio vuole che non ci tappiamo gli orecchi per non udire e non ci chiudiamo gli occhi per non vedere: «ascoltate la voce di Colui che parla e non indurite i vostri cuori» (Eb 3,8).  E cosa dice Dio prima di tutto all'uomo? Non separare ciò che Dio ha unito: non separare il tralcio dalla vite, il frutto dall'albero; non separare le cose da Dio, la creatura dal suo Creatore.

 

Se l'uomo ascolta e unisce le cose a Dio, le cose si illuminano, perché vengono portate nella loro Luce. Se non lo fa, le tenebre coprono il mondo, ma la colpa è nell'uomo.  Allora il mondo non conosce il suo Signore per colpa dell'uomo. Non è il mondo che non accolga Dio, ma è l'uomo che separando il mondo da Dio non intende più il linguaggio di Dio nel mondo. E ciò che non è inteso, non può essere sopportato. È nell'uomo che si forma la Luce, ed è nell'uomo che il mondo conosce o non conosce il suo Dio.

 

Il mondo esterno è buono; e il mondo interno è buono; ma in mezzo, tra il mondo e Dio, può mettersi il pensiero del nostro io che attribuisce a sé ciò che è di Dio e viene da Dio; e allora tutto in noi rovina nelle tenebre.

L'errore fondamentale è di considerare la creatura staccata dal Creatore, di ritenere l'uomo un essere autonomo che non ha bisogno di Dio per dare senso alla sua vita e valore alle cose. Questo avviene nell'uomo quando egli mette se stesso al centro. È qui il principio di ogni male: l'autonomia da Dio, la desacralizzazione del mondo. Allora, mentre il Verbo di Dio, Sapienza eterna che regna in tutto, dice: «Senza di Me non potete fare niente» (Gv 15,5), l'uomo nella sua stoltezza dice: non c'è bisogno di Dio per intendere; si può vivere anche senza Dio. «L'uso intelligente delle sue risorse scientifiche e tecniche consente all'uomo di fare tutto da solo»,  scrivono gli economisti. E i nuovi teologi danno per scontati due punti: «la raggiunta maturità dell'uomo e la sua capacità di affrontare da padrone la vita in tutte le sue forme». Sembra una barzelletta se si guarda alla situazione esistenziale dell'umanità di oggi.  E sarebbe una barzelletta se non ci fosse di mezzo il destino tragico della vita umana, poiché in tale asserita raggiunta maturità l'uomo ha reso problematica la sua sopravvivenza sul suo pianeta.

 

Escludendo il Cielo, l'uomo si è resa inabitabile la terra. Desacralizzando la vita, ha perso il senso della vita. «Dio non esiste! Che bello! Non più Cielo! Non più inferno! Nient'altro che la terra!»,  scriveva uno di costoro nella sua utopia atea. Nient'altro che la terra. E invece no; Dio con i fatti risponde: nemmeno la terra. Togliendo il Cielo, sparisce anche la terra. Dimenticando Dio, muore l'uomo. La sfrenata corsa all'ambizione, singola o di gruppo o di classe poco importa, e al benessere, ha fatto perdere di vista la vera meta dell'essere umano; così si è dato luogo a strutture e modelli di vita privi di ogni autentico valore umano.

Si è costruita una società sempre più chiusa ed egocentrica, tecnicizzata al massimo, fredda ed impersonale, ostile ad ogni esigenza dello spirito; e si è aperta una crisi di cui oggi è difficile intravedere una via di uscita.  Ed ecco che ancora una volta gli eventi non danno ragione all'uomo, ma a Dio. Premono sempre più le domande alle quali nessuna filosofia, nessuna economia, nessuna ideologia, nessuna politica, possono dare una risposta: la sofferenza, la paura, la solitudine, l'angoscia, la morte. L'umanità si sta stipando in vicoli ciechi in cui possono succedere cose terribili. Il mondo non ha conosciuto il suo Dio, ma i tempi vanno scoprendo ferite di fuoco: segno inconfondibile della Misericordia di Dio che avanza.

(Ottobre 1976)

(articoli pubblicati da “L’Araldo del S. Cuore”,  scritti da Luigi Bracco)