In principio era il Verbo e il Verbo era
presso Dio e il Verbo era Dio. Gv 1 Vs 1 Primo tema.
Titolo: La radice
del nostro essere.
Argomenti: Fatti dalla Parola di Dio. Dispersi nel mondo. La necessità del Verbo incarnato.
L’ascolto. Recuperare il principio.
Il Principio e i frammenti.
L’atteggiamento dell’uomo di
fronte al negativo. La
fatica della verità. Perché
Dio ci ha creati? Spiritualizzare la materia. La vita interiore. La presenza di Dio nella creazione e nell’uomo. Il Verbo è il Pensiero di Dio in
noi. Presenza
oggettiva di Dio in noi. Perdere contatto col Principio. Il peccato originale.
Dialogo sul Principio.
IL PRINCIPIO “La Fedeltà” del 26.11.1969.
5/settembre/1975
Luigi: Dio parla
personalmente, per darci la vita, non per darci una cultura. Dio parla per
rendere attenta la nostra anima all’essenziale per la nostra vita. Quindi parla
per:
- raccoglierci,
- orientarci,
- per stringere i legami
con Lui,
- per insegnare a noi a restare,
a convivere con Lui.
“In
principio…”: parla del nostro principio, perché
in Dio non c’è principio. In principio, cioè prima che il
mondo fosse, cioè prima che il mondo prendesse piede in noi.
“In principio era il Verbo”: ci rivela la radice nostra. Con
queste parole Dio ci dice come siamo fatti costituzionalmente: “nel tuo
principio era così”, alla radice del tuo essere c’è il Verbo di Dio.
Siamo sostanzialmente
parola di Dio.
Ma non solo ci annuncia ciò
che siamo sostanzialmente, ma ci annuncia che siamo dispersi e i motivi della
nostra dispersione (Dio parlando ci raccoglie per darci la vita). Infatti dice:
“era”, perché la situazione è mutata: ci rivela
qualcosa che in principio era in noi e ora non è più.
Parla
a creature che sono disperse, che non
sono più nel loro principio, ma frastornate e quindi portate via da tante cose.
Tutto il mondo rende gloria
a Dio (“Fa pubblicità a Lui”), ma giunge per tutti il momento critico,
in cui ciascuno prende coscienza di sé: e allora corre il rischio di
riferire tutto a sé, tutto all’uomo, anziché a Dio. Allora il mondo
incomincia a prendere piede in noi.
Prima
di questo peccato originale personale riceviamo tutto da Dio. Parlando
dei piccoli, Gesù dice: “…i loro Angeli (i loro pensieri) vedono il
volto del Padre” (Mt 18,10).
Lo riceviamo senza essere coscienti, perché per essere coscienti
bisogna passare appunto per questo punto critico: bisogna far tacere, anche
solo un secondo, tutto il mondo e tutto il nostro io, per scoprire la presenza
del Padre in noi; poi allora ci sarà il ritorno alle creature, vedendole in
Dio.
“In principio era il Verbo”:
il principio, il fondamento del nostro essere è il Verbo. È Dio
Colui che parla. Noi la creatura che ascolta. Lui è il nostro Maestro
interiore: lo possiamo ascoltare o no. Se non lo ascoltiamo diventiamo schiavi
di tutto. Se lo ascoltiamo, avessimo anche tutto il mondo che tentasse di
deviarci, non ci può fare male.
Il Verbo si
incarna perché noi, nella nostra dispersione abbiamo bisogno di
questa incarnazione. Anche “Abramo desiderava vedere il suo giorno…” (Gv
8,56), perché era disperso. Cristo viene a parlare in questo mondo di
dispersione per aiutarci a riferire tutto a Dio, perché solo così
capiamo lo Spirito di Dio, e ci lasciamo lavorare da Dio (infatti, se non lo
prendo da Dio, non prendo la lezione su di me).
Dicendoci che “In
principio era il Verbo”, Dio ci dice che se vogliamo ritornare al principio
del nostro essere, dobbiamo riferire tutto a Dio,
prendendo tutto da Lui.
In noi
tutto deve ritornare a Lui.
Lui è il Verbo: parla sempre personalmente, in ogni età e in ogni
nostra dispersione anche se non ne siamo coscienti e non lo vediamo. Un giorno
ci dirà: “sono sempre stato con te”. Rivelandoci che “in principio era
il Verbo”, Dio ci invita ad ascoltarlo, a ritornare a questo ascolto e
a permanere. Perciò bisogna fermarci e imparare a interrogare sempre Dio.
“Il Figlio non fa nulla,
se non lo vede fare dal Padre” (Gv 5,19): quindi come Gesù, anche noi, se
vogliamo essere figli di Dio. Non ci dobbiamo permettere di parlare o agire mai
per quello che dicono gli altri o per intuizione nostra, ma solo dopo aver
ascoltato Dio. Le cose che noi facciamo non per averle ascoltate da Lui, ci
portano via.
“In principio era il
Verbo…”: ci fa capire che essenzialmente dobbiamo essere ascolto.
La salvezza dal mondo (che
entra in noi) sta lì, nel Verbo. Nel momento in cui prendiamo coscienza
del nostro essere, bisogna imparare a prendere tutto e a capire tutto nel Verbo.
Conclusione:
Dio ci parla personalmente per darci la Vita, per insegnarci a
vivere con Lui. In principio era: qualcosa che in principio era in noi e
ora non è più. Prima che il mondo cominciasse a disperderci. Il Verbo parla per
noi e ci invita a ritrovarlo nella gloria del Padre, gloria che era evidente
anche per noi prima che il mondo ci impedisse di scoprire la presenza di Dio in
noi, in tutto. Non si tratta del principio del Verbo, perché Dio è fuori del
tempo e non ha principio. Alla radice dell’uomo, di ogni uomo, c’è il Verbo di
Dio.
Se noi facciamo tacere ogni
voce del mondo, potremo riascoltare il Verbo che sta alla nostra origine.
Il mondo l’ha offuscato, facendoci vedere solo le creature anziché il Creatore,
facendoci riferire tutto alle creature, anziché a Dio. Ci disunisce da Dio.
Il Verbo è chiamato da
Sant’Agostino, il Maestro interiore di ogni uomo, ed è la Radice, il
Principio sempre presente in ognuno di noi, anche quando non lo sentiamo.
Sempre ci parla, anche quando non lo avvertiamo, ma solo per difetto nostro.
Dio parla sempre a noi fin
dalla nascita, però la conoscenza di Dio da parte nostra si ha solo quando noi
siamo riusciti ad isolarci dal mondo nel Padre, a superare il pensiero del
nostro io per riferire tutto a Dio (prima si prende coscienza
del proprio io, per superarlo poi in Dio: “derivandolo” da Dio).
Noi non potremo dire a Dio:
“Tu ci hai posto in un ambiente guasto, per questo noi non ti abbiamo
conosciuto”, perché per guasto che sia l’ambiente, Dio sovrabbonda nella Sua
grazia, e l’ambiente non condiziona mai in modo determinante il rapporto
essenziale tra la creatura ed il suo Creatore.
Sarà quindi sempre solo
nostra la colpa del rifiuto di Dio.
Noi essenzialmente dobbiamo
essere ascolto.
Pensieri tratti dagli incontri del Sabato, (appunti): Sabato 17.01.1976:
“In principio era il Verbo...”.
Luigi: Il
Verbo è la Parola di Dio.
“In principio”: si
intende una cosa che era così e che poi è cambiata. Non possiamo riferire
questa parola a Dio, perché in Lui non c’è principio o tempo, poiché è
immutabile. Tenendo presente che Dio parla personalmente ad ognuno di noi,
dobbiamo comprendere che cosa significhi in relazione a noi questa parola: “In
principio…”. Parla infatti a noi e per noi.
Dio dice: “In principio
era…”: in principio era così, poi non più. Poiché ciò che era non è più,
dobbiamo pensare che la nostra situazione originaria fosse diversa da quella
attuale (naturalmente si tratta di un’origine del tutto spirituale). Cioè Dio
oppone la situazione di adesso alla situazione di prima (così pure quando Gesù
parla circa il divorzio: “in principio non era così”(Mt 19,7). La
situazione di prima: cioè come era secondo Dio.
La base per la comprensione
della parola di Dio è questa: tutte le parole di Dio sono rivolte a noi
personalmente. Quindi “In principio era il Verbo…” è detto ad ogni
uomo in particolare a me. Lo dice a me che mi trovo in una situazione
diversa, con una “presenza” diversa da quella che era in principio.
In questo mondo così
confuso in cui non si vede più Dio, ma solo l’uomo, Dio dice: “In principio
tutto era Parola di Dio per voi”.
Parla a creature che non
sono più nella situazione del principio. Nella situazione originaria tutto
era Parola di Dio. Cioè, nell’anima semplice, nel disegno di Dio, tutto era
Parola di Dio: la creatura vedeva tutto come Parola di Dio, non staccato da
Dio.
Dio ce lo dice perché
abbiamo a recuperare questo principio, affinché desideriamo ritornare in
esso. In questo principio ci viene detta la Verità: le cose come devono essere.
Prima che il mondo prendesse piede su di noi, in noi, prima che noi
facessimo del nostro io un diaframma fra noi e Dio, tutto per noi era parola di
Dio.
Sabato 26.03.1983: “In principio…”:
Luigi:
Prima fermiamoci su: “In principio” ; mettiamo bene a
fuoco questa affermazione, in modo da avere le idee chiare.
Marco:
Dio non ha tempo, quindi non ha senso parlare per Lui di un principio, quindi
Giovanni l’ha detto per noi.
Luigi:
Certo, quindi la parola è rivolta a noi. Ma detta a noi, che cosa può
significare questo: “In principio…”?
Marco:
Forse per spiegarci che noi inizialmente eravamo uniti a Dio...
Luigi:
Evidentemente ci rivela una situazione diversa da quella nella quale siamo
adesso. Quindi questa affermazione di tempo, “In principio…”, ci
rivela anche quello che sta a fondamento della nostra stessa esistenza; quindi
è come se dicesse: “A fondamento della vostra esistenza sta questo”. Non è una
cosa passata.
Dio in questo versetto ci
rivela una cosa che sta a fondamento del nostro essere.
Ora, a fondamento del
nostro essere sta la Parola di Dio.
Marco:
Come a fondamento di un fiume sta la sua sorgente; anche se uno è a valle,
comunque la sorgente è sempre presente.
Luigi:
Certo. Evidentemente questo è affermato perché attualmente noi ci siamo
separati dalla Sorgente; quindi dice “era” per richiamarci alla Sorgente.
Marco:
Cioè, pensiamo di avere una sorgente diversa?
Luigi: Noi facciamo come sorgente tutto quello che vediamo e
quello che tocchiamo, senza ricollegare alla vera Sorgente; per cui noi
perdiamo il Principio. Allora, affermandoci questo, Dio ci presenta ciò che
dobbiamo recuperare in continuazione; perché questo è opera di Dio, ma
questa opera di Dio rimane in noi non senza di noi; cioè c’è una partecipazione
consapevole da parte dell’uomo, che richiede una riattualizzazione continua.
In caso diverso l’uomo nella sua sfera cosciente perde il contatto con ciò che
è il Principio; e perdendo il contatto con ciò che è in Principio, Lui fa
principio i segni. Ad esempio noi possiamo mettere il rito (siamo in tempo di
Pasqua) al posto del passaggio alle cose dello Spirito; cioè noi rischiamo di
celebrare Pasqua facendo il rito e ci sfugge così quello che è l’anima della
Pasqua. L’anima della Pasqua è il passaggio dalle cose che si vedono alle
cose che non si vedono; se noi questo passaggio non lo facciamo, perdiamo lo
Spirito, e ci accontentiamo del rito. Ecco, accontentandoci del rito
mettiamo il rito come principio, diventando così la realtà della nostra vita;
per cui la realtà della nostra vita diventa il mondo per come lo vediamo noi,
diventa la materia, diventano le creature, e necessariamente viviamo per esse.
A questo punto il Principio l’abbiamo perso.
Il Principio non si
recupera senza di noi; e ci viene annunciato affinché
ognuno di noi Lo recuperi; e soltanto recuperando in continuazione il
Principio in noi, noi ritroviamo la nostra luce.
Marco: Mi sta succedendo una cosa che probabilmente è sintomo
che c’è qualcosa che non va, perché in corrispondenza di gravi lutti, o di
gravi catastrofi, o cose brutte che succedono nel mondo (come la fame nel
mondo), ho la sensazione di offendere queste persone dicendo: “Signore, che
cosa mi vuoi dire con questo?”. C’è qualche cosa che non va nel mio
ragionamento.
Ad esempio l’episodio
dell’incendio del cinema Statuto di Torino (morirono oltre cinquanta persone…),
subito ho pensato: “Signore, che cosa mi vuoi dire con questo?”, però subito
dopo mi sono detto: “ma tu non puoi estraniarti totalmente…”; non me la
sento...
Luigi:
Ma bisogna interrogare il Signore proprio perché uno non si deve estraniare;
ripeto: è proprio perché non ci dobbiamo estraniare, che dobbiamo dire: “questo
è Dio che me l’ha presentato; e in quanto Dio me l’ha presentato, proprio
perché non considero il fatto estraneo a me ne sono coinvolto”. Infatti se è
Dio che ce lo presenta ci coinvolge; e in quanto ci coinvolge, ci rende
responsabili. È doveroso quindi interrogare il Signore, per conoscere dal
Signore il Pensiero di Dio su tutto ciò che accade.
Marco:
Ma mi sembra di non amarle queste persone...; come in molti fatti della
giornata: tante cose mi sembra proprio di metterle da una parte; cioè bisogna
guardare il lato spirituale, però c’è sempre il fatto di essere uomo materiale.
Io cerco di farmi partecipe ai problemi degli altri, ma non riesco a dire:
“Signore che cosa mi vuoi dire con questo?”, mi sembra di chiudere una porta...
Luigi:
Penso che l’errore stia in questo: pesa troppo la sfera sentimentale;
quindi prevale la sfera del nostro io sul Pensiero di Dio. Se in noi fosse ben
centrale il Pensiero di Dio non avremmo questo sentimento; quindi se si ha
questo sentimento è perché su di noi pesa la sfera sentimentale, cioè il
pensiero del nostro io.
Se noi ci mettessimo a
lamentarci, a piangere per gli altri cosa otterremmo? È vero, sembra di
partecipare di più piangendo, ma dobbiamo ammettere di non risolvere niente;
infatti se quelli del cinema di Torino sono morti, che cosa risolviamo
piangendo?
Cristo a coloro che
piangono su di Lui dice: “Non piangete su di Me” (Lc 23,28); questo
perché la maggior parte del nostro pianto è tutta commozione;
noi magari diciamo: “o povero Gesù, se allora ci fossi stato io ti avrei
salvato...”, ma Cristo non chiede questo. Cristo vuole che noi capiamo il
perché Lui è morto per noi. Lui morendo ha fatto la volontà del Padre,
ma l’ha fatta per noi, perché ha preso su di Sé la nostra situazione, per
aprirci un varco. Quindi Lui vuole che noi capiamo l’anima di questo suo
sacrificio; e non che ci mettiamo lì a lamentarci e a piangere, perché qui
abbiamo la sfera sentimentale, che è la sfera del nostro io. É proprio con il
nostro sentimento che noi ci estraniamo alla volontà di Dio e al Pensiero di
Dio.
Marco:
Ma questo per il fatto che tu dicevi di ricollegarci col Principio...
Luigi:
Certo; quindi ricollegarci col Principio è proprio questo rivolgerci a Dio per
cercare il significato di ciò che ci presenta.
Noi siamo formati dalla
Parola di Dio, questa Parola è a fondamento, e ogni cosa che avviene, avviene
su questo fondamento. Ed è soltanto collegando e quindi recuperando in
continuazione questo Principio che in noi si forma la Luce. In caso diverso
noi perdiamo la luce, e allora noi incominciamo ad avanzare, a camminare nella
vita per impressioni, per sentimento, sempre riferendoci al pensiero del nostro
io; ma in tal caso siamo nelle tenebre. Quando agiamo per commozione non agiamo
motivati dal Pensiero di Dio.
Il Pensiero di Dio in noi
non rimane automaticamente, richiede la partecipazione personale. Ora, Dio fa
tutte le cose per sollecitarci a compiere questa partecipazione personale;
infatti tutte le cose che Lui manda sono delle proposte, degli inviti a
recuperare sempre questo Principio; ecco, recuperando questo Principio, cioè
collegando ogni cosa che avviene con questo Principio, con questo Verbo che parla
in noi, che è presente in noi, oggettivamente presente in noi, perché è
presente in noi senza di noi, prima di noi (perché noi siamo fatti dalla
sua Presenza, non è la nostra presenza che forma Lui), noi abbiamo la Luce.
In caso diverso noi perdiamo la Luce; perdendo la Luce cos’è che ci fa
scegliere le cose? Il nostro sentimento: piace o non piace, simpatia o
antipatia, interesse o non interesse, ma qui domina la sfera dell’io; qui ci
ritroviamo nelle tenebre, e non nella luce.
Pinuccia B.: L’impressione
che ha Marco, forse deriva dal fatto che noi a volte cerchiamo il Pensiero di
Dio, ma non arriviamo a capirlo...
Luigi:
No, il suo problema è quello che gli sembra di essere disumano, di aver poca
umanità, perché cercando il Pensiero di Dio non si preoccupa dei suoi fratelli.
Pinuccia B.: Sì,
ma questo senso di trascuratezza può derivare dal fatto che non si arriva al
Pensiero, quindi si è a metà strada...
Luigi:
…ma l’unico modo per aiutare veramente i nostri fratelli, l’unico modo per
cambiare il mondo è quello di intendere il Pensiero di Dio, perché se
intendiamo il Pensiero di Dio sarà Dio a modificarci il mondo.
Pinuccia B.: E
non basta interrogare superficialmente sul suo Pensiero, ma bisogna restare in
quella interrogazione, è lì la fatica.
Luigi: Certo,
è Dio che ci sta parlando attraverso gli avvenimenti, attraverso tutti i fatti;
se vogliamo modificare l’avvenimento dobbiamo intendere il Pensiero di Dio,
infatti se intendiamo il Pensiero di Dio l’avvenimento Dio ce lo cambia, perché
è Dio che lo fa, non sono le nostre opere. Che cosa abbiamo fatto noi con tutte
le nostre opere? E che cosa facciamo del mondo? Lo guastiamo una volta di più;
più lo tocchiamo e più lo roviniamo. Noi tendiamo a modificare l’avvenimento
esterno, quando l’avvenimento esterno tende a modificare noi; l’avvenimento
esterno è Dio che lo fa per modificare noi, noi invece cerchiamo di modificare
l’avvenimento esterno. Quindi è come un conduttore di treno che vedendo il
semaforo rosso, scende giù dal treno, e lo fa diventare verde per poi
continuare la corsa; ecco, ha modificato l’ambiente senza accorgersi che era il
semaforo rosso che voleva modificare lui: al segnale di pericolo ci si deve
fermare. Ora, tutti gli avvenimenti sono dei semafori che Dio ci presenta
per modificare noi, e noi invece tendiamo a modificare il semaforo.
Pinuccia B.: Ma
quando uno sfugge alla fatica di arrivare a capire il Pensiero, allora rimane
l’insoddisfazione...
Luigi: Se
uno evita la fatica richiesta per giungere a capire allora realmente diventa estraneo
all’avvenimento, perché diventa estraneo a Dio; cioè non considerando che è
Dio l’autore dell’avvenimento diventa veramente estraneo all’avvenimento
stesso. Può fare tanta commozione, ma sostanzialmente è estraneo
all’avvenimento; la commozione è soltanto un supplemento che l’uomo mette
davanti magari per tacitare la sua coscienza, ma sostanzialmente resta estraneo
all’avvenimento. Per non essere estraneo deve accettare l’avvenimento da Dio e
lo deve raccogliere nel Pensiero di Dio.
Pinuccia B.: A volte
possiamo illuderci di cercare il Pensiero di Dio. Quindi non facendo questa
fatica necessaria restiamo insoddisfatti; perché non basta accettare da Dio le
cose, ma bisogna arrivare al compimento, cioè capire il Pensiero. Non basta
neppure interrogare, ma bisogna rimanere in questa domanda, in questa...
Luigi:
Bisogna arrivare al Pensiero di Dio, perché in principio c’è in noi il Pensiero
di Dio e tutto avviene in questo Principio. Quello che sta a fondamento di
tutto ciò che esiste è il Pensiero di Dio, è il Verbo di Dio che parla con noi.
Silvana:
Ci dice che c’è un principio, c’è una ragione, un movente.
Luigi:
Parla di un principio perché c’è un qualche cosa che si è allontanato da questo
principio. In quanto si parla di una Sorgente, evidentemente è perché c’è
qualche cosa che si è allontanato da questa sorgente; e allora c’è un
richiamo. Tutte le parole di Dio sono per noi; questa è Parola di Dio, e in
quanto è Parola di Dio è per noi; ma allora cosa ci vuole dire?
Ogni Parola di Dio è una
proposta; Gesù ci sta dicendo: “Voi vi siete allontanati per
la durezza del vostro cuore, ma in principio non era così”. Ecco questo
richiamo al principio; ma perché questo richiamo al principio? Perché lì
abbiamo l’opera genuina di Dio. Allora tu ricollegati col Principio e lì
troverai il disegno puro di Dio. Se ogni creatura cercasse il Principio si
ritroverebbe come Dio l’ha concepita: l’Immacolata Concezione, come
Dio ci vuole. Invece allontanandoci dal principio ad un certo momento non
sappiamo più come dobbiamo essere; ecco, abbiamo perso il disegno di Dio.
Qui ci dice quello che è a
fondamento della nostra esistenza; quindi è una proposta per recuperare questo
principio.
Amalia:
Questo versetto ci rivela il disegno di Dio su di noi.
Luigi:
Questo “principio” va riferito alla creatura, perché l’interpretazione
comune è la contemplazione di quello che è al di là del mondo, cioè Dio
nell’Eternità, No! Perché in tal caso non è “era”, ma “è”.
Invece questo “principio” è riferito alla creatura; quindi: “prima che
nella creatura il mondo occupasse tutto il suo pensiero, tutta la sua anima …era
il Verbo”.
Margherita: Ogni
cosa deve essere riportata a Dio.
Luigi:
Ecco, rivelandoci il principio ci invita anche a questo punto fisso di
riferimento: dobbiamo riportare ogni cosa al Principio.
Pinuccia B.: “Principio” è
una parola che non dovrei mai dimenticare; perché anche io ho un principio.
Luigi:
Dicendoci “Principio” ci dice: “la tua Sorgente sta qui”; ma perché ci
dice: “la tua Sorgente?”. Evidentemente perché noi possiamo dimenticarci di
questa Sorgente.
Pinuccia B.: Ed
è evidente che ho un principio, perché non c’ero...
Luigi:
D’altronde tutte le cose per noi sono mistero perché sono degli effetti di una
Causa. Noi vediamo gli effetti e non vediamo la Causa. Ecco, la Causa ci viene
annunciata. Allora dobbiamo recuperarla sempre.
Pinuccia B.: Io
stessa sono un effetto.
Luigi:
Certo, infatti noi siamo un mistero a noi stessi, noi non ci conosciamo e tanto
meno conosciamo tutte le creature. Perché questo? Perché tutte le creature sono
effetti di una Causa; la Causa non la vediamo, perché è presente in noi ma
senza di noi, e non si fa conoscere a noi senza di noi; per cui per vederla
richiede da parte nostra la collaborazione. Noi non arriveremo certamente alla
conoscenza di Dio, eternamente, se personalmente non ci raccogliamo in Dio e se
non raccogliamo in Dio tutte le opere di Dio. Perché la visione è una
risultante di due componenti: dell’opera di Dio e dell’opera nostra; solo
così si arriva alla Luce. Ma se non c’è da parte nostra questo raccoglimento
nel Principio, la Luce in noi non scatta.
Pinuccia B.: È
già luce ricordarci che c’è un Principio.
Luigi:
Tutto quello che dice la Parola di Dio è sempre orientamento: “tu uomo sei
stato creato per Dio”(cf Sap 2,23; Sap 15,3; Gv 17,3): è già luce, anche se
non si è ancora arrivati; però il fatto di sapere che siamo stati creati per
Dio è già luce. E il fatto di sapere che c’è questo Principio, anche se
tarderemo a collegare, o se non sapremo come fare per raccogliere le cose in
quel Principio, e avremo molte difficoltà, è avere comunque un punto fisso di
riferimento. E questo Punto fisso di riferimento non è fuori di noi, ma è in
noi, perché è a fondamento della nostra stessa esistenza; direi che è
Quello che costituisce il nostro stesso nome.
Marco:
Ma noi siamo creature, siamo stati creati, quindi abbiamo un principio, un
inizio; e non siamo come Dio che non ha principio; però Dio ci vuole portare
alla Vita Eterna, quindi senza fine!?
Luigi:
Certo. Questo Infinito, cioè questo “senza fine” è presente in noi; però per
noi è “principio”. Cioè noi non siamo una retta, ma siamo una semiretta.
La semiretta ha un principio ed è infinita.
Marco:
Invece un segmento ha un inizio e una fine…
Pinuccia B.: …ad
esempio un animale.
Luigi:
Noi essendo creature abbiamo un inizio, e un’apertura all’Infinito. Se ci
ricolleghiamo con il Principio noi partecipiamo a questo Infinito, e
partecipando a questo Infinito partecipiamo all’eternità di Dio.
Marco:
Quindi è questa la differenza tra noi e Dio: noi abbiamo un principio e Dio non
ce l’ha.
Luigi:
Si capisce, Dio non ha un principio. Però in questo
“principio” noi corriamo il rischio di perdere questo “Principio”, cioè di
diventare soltanto dei segmenti. Infatti ad un certo momento la nostra vita è
tutta a frammenti, è segmentaria; e questo perché non ricomponiamo tutto
nell’unità. Se noi perdiamo di vista il Principio, noi perdiamo la
possibilità di unificazione. Allora la nostra vita è tutta spezzettata;
allora una cosa ci sembra vera, quell’altro ci sembra abbia ragione, questa
parola è giusta..., ma è tutta frammenti.
Ora, quando una creatura è
frammentata, divisa, è già nella morte, perché la morte è divisione. La morte
non è annullamento; la morte è soltanto dispersione nella divisione, cioè
incapacità di dare unità; infatti noi moriamo nel momento in cui diventiamo
incapaci di dare un’unità alla nostra vita. A questo punto noi siamo dominati
da tutto, perché per poter dominare sugli avvenimenti, noi dobbiamo avere in
noi stessi un’unità. Ma quando non abbiamo un’unità, noi siamo portati via
da tutte le cose. Ad un certo momento non possiamo più resistere
all’avvenimento, e quindi siamo rigidamente determinati. La vera libertà si
attinge soltanto nell’unità della Verità; soltanto conoscendo la Verità si
diventa veramente liberi (Gv 8,32). Ma più noi ci allontaniamo dalla Verità,
più noi siamo dispersi nella molteplicità, cioè fratturati; qui siamo
completamente dominati dall’avvenimento, e questo è sentimento; per cui non
possiamo resistere, perché diciamo: “questo mi piace, debbo farlo; quell’altro
mi attira, devo farlo...”. Noi non ce ne accorgiamo, ma siamo dominati dagli
avvenimenti: “non sono più io che scelgo, ma è l’avvenimento che sceglie me;
non sono più io che vivo, ma sono vissuto”.
Pinuccia B.: Invece
ricuperando il Principio...
Luigi:
...nel Principio noi otteniamo la nostra libertà.
Pinuccia B.: Anche
se non comprendiamo ancora il Pensiero di Dio, gustiamo già una certa libertà.
Marco:
Magari facciamo le stesse cose di prima, però...
Luigi:
Facciamo le cose con la consapevolezza di quello che vogliamo, perché è
libero colui che sa quello che vuole e perché lo vuole. Quando invece noi
siamo dominati, dopo aver fatto una cosa, diciamo: “se avessi saputo!”; in tal
caso l’avvenimento ci ha dominato, cioè non sapevamo quello che facevamo, e non
lo sapevamo perché non l’avevamo contemplato in Dio. Ora, noi sappiamo
veramente, è lì la meraviglia, soltanto in quanto contempliamo in Dio;
ma fintanto che noi contempliamo le cose in altro da Dio non le sappiamo e non
possiamo saperle.
Ora, Dio ha creato in noi
questa cosa meravigliosa per rivelarci il nostro destino; quindi tutto ciò che
noi contempliamo in altro da Dio non s’illumina, e soltanto se noi contempliamo
una cosa in Dio, e per quanto la contempliamo in Dio, s’illumina. Per cui Dio
diventa il Principio della nostra intelligenza, Dio diventa la nostra Luce.
Marco: E
perché Dio ci ha creati?
Luigi: Per
renderci partecipi della sua Verità.
Marco:
Quindi Lui è un egoista; nel senso che Lui è il centro, ed è giusto che Lui si
faccia centro?
Luigi:
Sì, perché Lui è la Verità, però Lui non ha bisogno di noi. L’infinito,
per quanti numeri noi aggiungiamo, non si modifica; l’infinito più un milione
resta sempre infinito, non si muove di niente; però il milione assorbito
nell’infinito partecipa dell’infinito. Infatti l’infinito mi illumina il
numero, ma il numero non m’illumina l’infinito. Il numero è un’espressione
dell’infinito, e non è l’infinito un’espressione del numero. 1, 2, 3, 4, 5...
sono delle espressioni dell’infinito; le creature che sono finite sono
espressioni del Creatore, dell’Infinito. Quindi l’Infinito m’illumina le
creature, ma le creature non m’illuminano l’Infinito.
Ora, per quanto noi
glorifichiamo Dio, non aggiungiamo assolutamente niente a Dio. Allora non
possiamo dire: Dio è egoista. Egoisti siamo noi, in quanto abbiamo bisogno che
l’altro ci glorifichi, che l’altro ci serva, perché noi da soli non stiamo su,
ma Dio sta su, non ha bisogno di noi. Ecco, questo è amore: Dio si dona pur non
avendo bisogno della creatura; qui abbiamo l’Amore puro, gratuito.
Marco:
Però per me è un po’ pretenzioso, perché prima Lui era da solo...
Luigi:
…lasciamo stare quel “prima”.
Marco:
Ad un certo punto Lui ci crea, e poi però noi dobbiamo faticare...
Luigi: Sì, ma Dio all’inizio non ha creato la fatica. Anzi, vivere era
gioia; perché conoscere la Verità è gioia; camminare nella luce è
gioia. La fatica è subentrata in quanto noi abbiamo pasticciato, noi
abbiamo incominciato ad agire autonomamente da Dio, cioè senza tenere conto del
Principio. È qui che subentra la fatica; la fatica c’è in quanto trascuriamo
Dio. Noi diventiamo figli di ciò che facciamo, per cui siccome siamo stati
creati per diventare figli di Dio, se facciamo Dio diventiamo figli di Dio, se
facciamo altro da Dio, diventiamo figli delle nostre opere.
Ogni pensiero in noi
prodotto senza tenere conto di Dio, non mosso da Dio, ogni parola detta da noi
non determinata, non mossa da Dio, ogni scelta che parte da noi senza aver
consultato lo Spirito di Dio, quindi senza essere determinati dallo Spirito di
Dio, ci fa figli di altro da Dio. E qui incomincia il pasticcio, perché a
questo punto siamo condizionati dalle stesse parole che abbiamo detto, dai
nostri pensieri e dalle opere che abbiamo fatto; e non ne usciamo: ci troviamo
in un cerchio chiuso da cui assolutamente non possiamo uscire.
Marco: Ma
perché mi hanno messo in questo cerchio?
Luigi:
No, ti sei messo tu in questo cerchio, perché hai trascurato Dio.
Marco:
Mi sembra che sia come se io volessi costringere un mio eventuale figlio a
giocare a tennis: lo faccio nascere, lo metto in un campo da tennis e gli dico
di giocare a tennis perché sono convinto che il tennis gli dia gioia. Lo stesso
Dio fa con me, io non gli ho chiesto di nascere, non gli ho chiesto di
glorificarlo, però Lui mi ha creato e adesso vuole che lo glorifichi. Non vedo
la mia libertà; dove sta? Lui vuole rendermi felice, ma per adesso io sono
abbastanza felice, diciamo....; non proprio quella felicità…, però...
Luigi:
La cosa è molto diversa. La Gloria sua è vita nostra, perché Lui è la Verità;
essendo Verità noi viviamo nella misura in cui noi partecipiamo con la sua
Verità. Invece, il volere che il proprio figlio giochi a tennis è
un’affermazione parziale, è come dire: “io voglio che mio figlio sia come me” .
Marco:
Dio dice lo stesso.
Luigi:
No, è una cosa molto diversa. Mettiamola su questo piano: supponiamo che tu sai
che cosa fa felice tuo figlio; conoscendo cosa fa felice tuo figlio tendi ad
evitare che sbatta il naso, che si rompa la testa su strade sbagliate, e quindi
cerchi di assistere il figlio dicendogli: “no, stai attento perché tu adesso
sei ingenuo, non ti rendi conto, e confondi le cose, però io che le cose le
vedo, ecc. ti dico: guarda non toccare la stufa perché ti bruci”. Ora, sapendo
questo tuo figlio avrà l’opportunità di evitare il male. Quindi Dio, che è
Verità, sa qual è la nostra vita e qual è la nostra felicità, e naturalmente
Lui ci sta dietro e ci dice: “no, stai attento, non toccare la stufa perché ti
stai bruciando”. Quindi Lui dice a noi: “stai attento con tutte le creature,
perché tutte le creature Io te le metto davanti, ma non devi toccarle. Tu devi
soltanto cercare di capirle nel mio Pensiero; quindi non cercare di mettere tu
le mani, perché ti bruci”. Ora, noi stabiliamo sempre i cortocircuiti con le
creature, appunto perché dimentichiamo questo passaggio nel Pensiero di Dio.
Marco:
Ma perché ci ha creati?
Pinuccia B.: È
un dono, preferiresti non esserci?
Marco:
Non lo so, non ho mai provato a non esserci! Cioè non capisco il perché ci ha
voluti qua.
Luigi:
Per renderci partecipi della sua Verità, della sua Vita, di ciò che Egli è. Lui
è l’Essere, noi non siamo. Noi senza di Lui esperimentiamo il nulla,
esperimentiamo il non essere; quindi non è vero che tu non hai mai
esperimentato il non essere. C’è da augurarsi che sperimentiamo l’Essere; e
sperimentare l’Essere è la felicità. Noi viviamo in quanto partecipiamo, e
partecipare vuol dire sperimentare l’Essere, il nostro Principio. Ma se noi
non esperimentiamo l’Essere, noi esperimentiamo il non essere. Tutta la nostra
tribolazione, tutta la tribolazione degli uomini, è determinata dal fatto che
stanno patendo il non essere; e loro vogliono essere. Perché domani tu vai alla
gara di tennis? Perché vuoi essere.
Molte volte ho detto che
Satana è all’inferno, e preferisce stare nell’inferno perché vuole essere, non
perché non vuole essere. Cioè noi esistiamo per partecipazione, e viviamo per
partecipazione. E noi non siamo luce a noi stessi, ma la Luce in noi è
effetto di partecipazione, ed è una partecipazione consapevole. Quindi nella
misura in cui noi raccogliamo in Dio, unifichiamo in Dio, lì troviamo la nostra
Luce; e la luce è sorgente di gioia. Chi trova la Luce è felice di
vivere, e ringrazia infinitamente Dio dell’esistenza che gli ha dato, perché
l’ha reso partecipe di una gioia infinita. Conoscere la Verità è gioia
infinita, e Gesù stesso dice: “...affinché la vostra gioia sia piena” (Gv
15,11); “cercate e troverete....; chiedete in abbondanza affinché la vostra
gioia sia piena” (Mt 7,7; Gv 16,24); chiedere vuol dire cercare la Luce di
Dio. Quindi conoscere la volontà di Dio è una sorgente di gioia infinita.
Certo, chi non trova questa gioia patisce il non essere; ma lì c’è una
componente orgogliosa.
Pinuccia B.: E
poi Dio ci ha creati, ma non ci ha lasciati soli; ci ha parlato, ci ha mandato
suo Figlio che è morto per noi...
Luigi:
Tutto è Parola sua; tutta la creazione, tutto l’universo, tutti i fatti di ogni
giorno, è tutto fatto. Noi incominciamo ad esistere e viviamo in un già
fatto. Fatto da chi?
Ecco, c’è una componente
di superbia se non si considera che tutto è fatto, cioè che siamo in casa
d’altri. Ora, compie un atto superbo l’uomo che dice: “questa è casa mia”; No!
Questa non è casa sua, questa è casa di un Altro, perché: “tu uomo sei nato in
un già fatto”.
Tutte le cose sono già
fatte, e non fatte da te; e allora incomincia a rispettarle. Se tu incominci
a rispettarle, ti accorgerai quanta gioia c’è, perché è tutto un atto d’amore.
Dalle stagioni, alla creazione, agli avvenimenti, anche tutti i delitti che
avvengono, è tutto un atto d’amore. È Dio che prendendo su di Sé i nostri mali
ad un certo momento opera in questo modo per salvarci.
In tutto c’è un atto
d’amore: ce lo rivela Cristo in Croce, che è la sintesi di tutti i mali, di
tutti i delitti, di tutte le ingiustizie che accadono nel mondo.
Quindi Cristo non è lì in Croce affinché noi ci mettiamo a dire: “o povero
Signore qui; o povero Signore là”. No! Lui dice a noi: “Cerca di capire la
lezione per cui io mi sono lasciato mettere in Croce per poi morire, perché
l’ho fatto per te”.
Flavio:
Il Principio è la Sorgente; quello che mi porta a questa Sorgente deve essere
la parte che io devo sviluppare. Cioè Dio che cos’è? Dio è Spirito! Allora per
arrivare a questo Principio devo sviluppare in me la parte spirituale.
Se il Principio è Spirito,
io non posso arrivare al Principio con la materia.
Luigi: Dunque, l’annuncio che ci invita a recuperare
il Principio (…che è Spirito) è per noi, quindi rivela una cosa che è in noi.
Questo Principio Spirituale è già in noi; ci viene annunciato (l’annuncio è una
proposta), affinché noi lo recuperiamo; ma come lo recuperiamo? …con che cosa?
Lo recuperiamo in quanto tutto
ciò che diciamo materia (quindi creazione, tutto ciò che Dio ci presenta,
che è opera sua), è segno di Dio offerto a noi perché noi lo recuperiamo nel
suo Principio, affinché noi lo spiritualizziamo, lo interiorizziamo in questo
Principio. È soltanto in quanto interiorizziamo ogni cosa in questo
Principio, la vediamo in questo Principio, che scatta la Luce in noi, che siamo
resi coscienti, quindi partecipi.
Noi siamo fatti partecipi
di questo Principio nella misura in cui raccogliamo non opere nostre o fantasie
nostre, ma ciò che Dio ci presenta, nel Principio stesso.
Però questo non avviene in noi automaticamente; noi possiamo tenere le cose,
quindi le opere di Dio separate dal loro Principio, e allora diventano materia,
diventano corpi. Se ricuperiamo il Principio le cose diventano segni di quel
Principio stesso; e allora diventano motivo di colloquio con questo
Principio di vita; e questa è la vita interiore. Vita interiore vuol
dire riportare sempre tutto nel Principio.
Flavio: Però quello che volevo dire era questo: riportare nel
Principio vuol dire vedere e vivere le cose nello spirituale, nello spirito.
Luigi:
Sì, ma è necessario precisare questo termine “vivere”, perché il termine vivere
è un termine abbastanza ambiguo, come tutti i segni d’altronde. Cosa vuol dire
questo vivere, cioè questa vita interiore, questa vita spirituale?
Cristo dice: “Chi con Me
non raccoglie disperde” (Mt 12,30; Lc 11,23), ecco, questo vivere vuol
dire raccogliere nell’unità; quale unità? Quella che è detta in questo
versetto: quella che era in Principio, quella che costituisce il nostro essere,
cioè il suo stesso Pensiero, il Pensiero di Dio in noi. Quindi bisogna
recuperare tutto quello che viene da Dio, perché tutto viene a noi da Dio;
viviamo in un già fatto: tutto è segno, quindi Parola di Dio; dobbiamo dunque
accogliere tutto da Dio e riportare nel suo Pensiero; perché riportandolo nel
suo Pensiero, con questa nostra partecipazione personale, noi partecipiamo del
suo Spirito, e siamo spiritualizzati.
Pinuccia B.: È
un lavoro di pensiero.
Luigi:
La vita interiore sta lì; la vita interiore sta in questo: raccogliere la
Parola di Dio (la Parola è un segno) e riportarla nel suo Pensiero per
scoprire il suo Pensiero. Ma noi non potremmo riportarla nel suo Pensiero,
che è infinito, se questo Infinito non fosse venuto a noi; perché noi siamo
finiti.
Ora, noi finiti non
potremmo fare il salto nell’Infinito, se questo Infinito non fosse già presente
in noi. Allora Dio ci dice: questo Infinito è presente in te, ed essendo
presente in te, ti dà la possibilità di questo salto di qualità; ma questo
salto di qualità non avviene senza di te. Quindi se tu non fai questo “lavoro”,
se non riporti ogni segno in questo Infinito, resti con i segni di Dio, ma
segni di Dio spogliati dello Spirito, per cui ti resta soltanto il segno
materiale, e del resto nulla. Per cui il finito, cioè le cose finite, private
della loro anima, ti fratturano.
Flavio:
Prima dicevi: “tutte le parole che io dico, se non le vedo prima in questo
Principio...”; quello che io posso dire non è un segno che mi arriva?
Luigi:
Quello che tu dici magari è un segno per altri, ma per te diventa motivo di
dispersione se non l’hai dialogato con Dio. Dobbiamo fare una grande
distinzione tra ciò che arriva a noi senza di noi e tra ciò che parte da noi:
ciò che arriva a noi senza di noi, comunque sia, bello o brutto, simpatico o
antipatico, delittuoso o santo, guerre o spettacoli magnifici, tutto è opera di
Dio. Essendo opera di Dio è “Parola di Dio per me”, perché Dio parla
personalmente con ognuno di noi. Tutto è spettacolo che Dio ci presenta, quindi
è linguaggio. Il linguaggio però va capito. Ora, noi però possiamo fare
l’errore di considerare questa scena a sé, staccata; oppure possiamo fare
l’errore di interpretare questa scena secondo il nostro pensiero, secondo la
nostra intenzione; ed è altrettanto sbagliato. Se invece riportiamo questa
scena e la intendiamo nel Pensiero di Dio, allora è giusto; perché questa
scena, essendo creatura di Dio, creazione di Dio, va intesa secondo l’Autore. Ogni
cosa va intesa secondo lo spirito di colui che la fa. Noi non possiamo
ascoltare le sue parole ed intenderle come vogliamo noi; No! Dobbiamo cercare
il suo Pensiero. Perché ogni parola può essere rivestita di un pensiero
diverso. Quindi noi dobbiamo cercare il Pensiero di Colui che la dice. Se tutto
è creazione di Dio, ogni cosa è intesa rettamente solo se è intesa nel Pensiero
di Dio che fa quella cosa. Ecco, tutte le cose che arrivano a noi senza di noi
vanno accolte da Dio.
Quello che invece parte da
noi, come anche il giudizio, è causa di dispersione. Noi dobbiamo stare
attenti; ogni parola deve partire da Dio, dal Dio in noi, e non deve partire
autonomamente, cioè per sentimento nostro, per impressione nostra o per
esperienze nostre precedenti, perché quello che parte da noi, e non da Dio, ci
porta via Dio, ci separa da Dio, ci crea una frattura. Ed è una frattura che
noi non possiamo più recuperare. Infatti se Cristo non viene a morire in
noi, noi da soli non possiamo più recuperare il Principio; perché quello
che parte da noi ci domina, ci rende appassionati e ci fa vivere per quello.
Cioè, noi non possiamo più superarci; perché per superare il pensiero di noi
stessi abbiamo bisogno di un Altro, ma per avere presente l’Altro dobbiamo
avere superato noi stessi, il cerchio è chiuso e non ne usciamo più.
Flavio:
Non ho capito quest’ultimo passaggio.
Luigi:
Noi per poterci liberare dai nostri prodotti, dobbiamo superare il pensiero del
nostro io, ma noi da soli non possiamo superare il pensiero del nostro io; per
superare il pensiero del nostro io abbiamo bisogno di un Altro. Ma per arrivare
alla presenza di un Altro dobbiamo superare il pensiero del nostro io;
altrimenti l’Altro non lo vediamo, e il cerchio è chiuso. Cioè, per superare il
pensiero del mio io, ho bisogno dell’Altro; soltanto in quanto un Altro si
presenta a me, e si fa oggetto d’amore, io ho la possibilità di superare il
pensiero di me stesso. Quindi per poter vedere l’Altro io deve superare il
pensiero di me stesso; altrimenti non lo vedo l’Altro; cioè, anche se io vedo
degli uomini, delle creature, dei corpi, li rivesto del pensiero del mio io.
Una volta creatasi la frattura tra me e Dio ad un certo momento tutta la
creazione è rivestita del pensiero del mio io; cioè ad un certo momento sono
talmente imprigionato che tutto diventa specchio di me stesso, del mio io,
prodotto del mio io e nient’altro; perché sono segni e i segni sono rivestibili
di un’intenzione. Quando tutta la creazione è rivestita di una mia intenzione
da li non ne esco più. Allora “...chi mi libererà da questo corpo di morte?”
(Rm 7,24), cioè, “..da questo cerchio chiuso”?
Soltanto
la presenza di Dio; ma la presenza di Dio che entri in questo cerchio chiuso e
quindi che assume un corpo; ecco, soltanto il Verbo incarnato mi può
liberare, mi può spezzare il cerchio.
Silvana:
Questo “In principio” rivela la Presenza del Signore in me e nelle cose.
Luigi:
Dio è presente in noi senza di noi, perché è Lui che costituisce noi. Non si
rivela a noi senza di noi, però ce lo annuncia. Ecco, è per questo che l’annuncio
diventa una proposta: perché Lui è presente in noi. Infatti se non fosse
presente a noi, noi non esisteremmo come persone, come esseri coscienti, cioè
saremmo animali. Quindi Lui è presente a noi senza di noi, ma non si rivela,
non si fa conoscere a noi senza di noi; per cui richiede la partecipazione
nostra. I figli di Dio nascono da Dio consapevolmente. Allora c’è
l’annuncio: “guarda che tu sei costituito da questo Principio, non
dimenticarlo; e adesso recuperalo”; ma come lo recuperi? Lo ricuperi raccogliendo
tutto quello che ti dice, che ti presenta.
Silvana:
Quindi anche le cose esteriori.
Luigi:
Certo, perché tutto è opera sua, ma opera sua per dare a noi del materiale
da riportare a Lui, da offrire a Lui; e nella misura in cui noi lo offriamo
a Lui, questo ci rende partecipi. E ritorniamo al mistero della Messa: Dio
pone a noi tutta la creazione e poi ci dice: “ti metto questo nelle mani,
adesso tu portalo a Me (e questo è l’offertorio) affinché Io su di questo
riveli il mio nome «Questo è mio» ”. Quindi se tu non lo
riporti a Dio, Dio non lo può far “suo” in te, cioè non può dire: “Questo è
mio”(Mt 26,26; Mc 14,22; Lc 22,19); cioè non può rivelare la sua Presenza. Questa
rivelazione della sua Presenza crea la comunione con noi.
“…era…”
Luigi:
Passiamo a questo “era”. Dice: “Era”, e non dice: “è”.
Marco:
Se c’è un tempo è perché è riferito a noi.
Luigi:
Si capisce. Ma perché questo imperfetto?
Marco:
Perché noi dobbiamo giungere all'è. Nella Vita Eterna saremo “è”, adesso,
eravamo il Verbo.
Luigi: Questo
“era” ci dice una cosa che era e che adesso non è più; però in
quanto ci viene annunciato, ci viene annunciato affinché diventi “è”; ma
non diventa è senza di noi. Il che vuol dire che la Presenza di “Colui
che è” (Ap 1,8) non si recupera in noi senza di noi. Noi viviamo di
passato; il nostro io infatti vive di cose passate. Questo lo esperimentiamo
tutti: tanto più la persona è anziana, tanto più si volta indietro, vive di
cose anziane.
Marco:
Si può però vivere anche tanto di futuro e non di presente.
Luigi:
La persona vecchia è tutta rivolta al passato, il giovane è tutto rivolto al
futuro. Il bambino è tutto proiettato al futuro, ma non vive nel presente. Noi
però siamo creati per vivere nel presente, però il presente ci sfugge, l’“è” ci
sfugge. Eppure la Vita Eterna è tutto “è”. Soltanto recuperando il
Principio e nella misura in cui Lo recuperiamo, noi troviamo la Presenza,
in caso diverso la Presenza ci sfugge.
Marco: E
questo “era” è tempo imperfetto...
Luigi: E
già: non è perfetto.
Flavio:
Io non ho capito come dobbiamo arrivare all’“è”...
Luigi:
...alla Presenza; cioè noi dobbiamo arrivare alla presenza di Dio.
Flavio: A
fondamento del nostro essere “era” il Verbo...
Luigi:
...era perché adesso non è più. E perché non è più? Perché tutta la creazione
ci ha portati via a questo Principio. Collegandolo a quello che dice Gesù
nell’ultima preghiera, Gesù invoca dal Padre il ricupero, il ritorno in quella
“...gloria che il Figlio ebbe prima che il mondo fosse” (Gv 17,5); cioè che
il Padre Lo glorifichi con quella gloria che Egli, il Figlio, ebbe prima che il
mondo fosse. Ma forse che il mondo ha portato via la gloria a Dio?
No! Il mondo ha portato via
la gloria a Dio in noi; perché tutto quello che Gesù dice, lo dice
per noi. Quindi evidentemente il mondo porta via a noi la gloria di Dio,
cioè la Presenza; perché la Presenza è la Gloria di Dio. Ma allora Dio
ha creato male il mondo?
No! È che il mondo da noi
non è stato collegato nel Principio, e allora diventa per noi motivo di
dispersione, ci porta via la Presenza di Dio. Ecco perché tutta la
problematica dell’uomo è scoprire la presenza di Colui che è presente. Noi
non possiamo negare che Dio sia presente in tutto, però non lo esperimentiamo;
e tutta la nostro tristezza è questa: non possiamo negare che Dio sia presente.
Dio è presente in tutto, lo sappiamo perché non possiamo annullarlo, eppure non
possiamo toccarlo con mano. Allora vuol dire che noi siamo portati via dalla
creazione, dal mondo; ed ecco l’“era”: il mondo ci ha portato via.
Attualmente la nostra
presenza è data dal mondo, perché non vediamo Dio; eppure non possiamo negare
che tutto sia opera di Dio, e che Dio sia presente in tutto, e che sia presente
anche in noi. Però non lo esperimentiamo. Allora, tutta la tensione è provocata
dal non saper come fare per poter arrivare a esperimentare questo Dio che
sappiamo essere presente, a vederlo. Ecco, Dio, Cristo parla per portarci a
scoprire questa Presenza; cioè tutta l’opera di Dio è fatta per portarci a
fare questa scoperta. La creazione di Dio, essendo tutta Parola di Dio, è
rivelazione della presenza di Dio, quindi deve essere un aiuto; ed
effettivamente è un aiuto.
Nel paradiso terrestre,
tutte le opere di Dio, quindi tutte le creature di Dio, aiutavano Adamo ed Eva
a colloquiare con Dio; ma come mai dopo non più? Ecco, c’è stata l’autonomia
dell’uomo. Tutto quello che è avvenuto è rivelazione di quello che avviene;
quindi tutto quello che avviene senza tenere conto di Dio, ci porta via Dio.
Flavio:
Quindi l’“era” viene da Adamo ed Eva.
Luigi:
L’episodio di Adamo ed Eva è rivelazione, perché tutto è
rivelazione, di quello che avviene nella vita di ognuno di noi. Cioè il
peccato originale si produce in ognuno di noi, in quanto da noi parte qualche
cosa di autonomo, qualche cosa che non tiene conto di Dio; e questo ci
imprigiona all’“era”.
Marco:
Ma è impossibile che questo non avvenga.
Luigi:
Infatti, è impossibile che non avvenga.
Pinuccia B.: Ma
nel disegno di Dio però non era così.
Luigi:
No, il disegno di Dio noi lo ricuperiamo soltanto se lo contempliamo in Dio.
Se tu non contempli le cose in Dio, perdi il disegno di Dio. Ora, il disegno
di Dio era quello di renderci partecipi della sua Presenza, cioè di vivere
con Lui presente. Adamo ed Eva colloquiavano con Lui presente; non
colloquiavano in continuazione, perché non potevano, non erano ancora formati,
erano in formazione, alla sera però colloquiavano. Quindi vuol dire che alla
sera riportavano a Dio tutto quello che Dio durante il giorno aveva loro
presentato; c’era un tempo, uno spazio per poter colloquiare con Dio, però
avevano questa Presenza di Dio. Ecco, ciò vuol dire che Dio fa tutte le cose
per portarci a colloquiare con Lui, e questo è il Paradiso terrestre.
Colloquiare con Colui che è presente, poter parlare con Colui che è presente, poter
ascoltare Colui che parla con noi è Paradiso. Però attualmente, sulla porta
di questo Paradiso, c’è un Angelo che impedisce a noi il rientro in questo
Paradiso (Gen 3,24); e l’Angelo è la condizione necessaria per entrare: non si
entra nel Paradiso terrestre se non si supera il pensiero del nostro io.
L’Angelo ci presenta la condizione: “qui tu non entri se non superi il pensiero
di te stesso”. Quindi tutto quello che parte dal pensiero del nostro io ci
porta molto lontano da questo Paradiso terrestre, cioè da questa presenza di
Dio con noi, da questo colloquio di Dio con noi. Ma per superare il pensiero
del nostro io abbiamo bisogno dell’Altro; e il cerchio è chiuso...
Silvana:
Era, cioè non è più…
Luigi:
…perché è subentrato altro in noi, cioè un’altra realtà. Ora, l’altra realtà
sono i segni di Dio, perché tutto è segno di Dio; però il segno di Dio non
recuperato, non raccolto nel Principio diventa per noi motivo di allontanamento,
quindi di perdita della Presenza del Principio stesso, perdita della Presenza,
quindi fuga dal Paradiso.
Amalia:
Questo versetto rivela una situazione che non è più, quindi è un invito a
recuperarla.
Luigi:
Quindi non è che riveli una situazione che non è più per giudicarci, per
condannarci, no! Dio parla non per condannarci, Dio parla per salvarci. Ecco,
anche qui possiamo correre il rischio di ripiegarci nel pensiero del nostro io
e dire: “ormai l’ho perso, ormai sono condannato; quindi questa parola mi
condanna”, no! La Parola di Dio va sempre intesa nello Spirito di Colui che
parla, cioè nello Spirito di Dio. “Dio vuole che tutti si salvino”(1Tm2,4).
Quindi Dio dice questa Parola per salvarci e non per giudicarci. Allora se
la Parola di Dio ci fa “constatare” una cosa che non è più, ce la fa “constatare”
perché noi la possiamo recuperare e non per escluderci.
Pinuccia B.: Praticamente
ci dice: “la strada era quella…”; quindi è un’indicazione, un aiuto.
Luigi:
Sì, perché avendo smarrito la strada, ogni uomo si trova in un paese in cui non
capisce niente, nemmeno perché Dio l’abbia creato; e in questa confusione, in
questo caos si corre verso il suicidio, che è un suicidio di massa.
Dio sta operando per
cercare di evitarci un suicidio, direi mondiale. Ecco,
bisogna fare in fretta, perché noi stiamo correndo verso questo burrone;
infatti là dove si perde il significato delle cose, della vita, la vita stessa
diventa insopportabile; e da qui arriva il suicidio. Noi non possiamo
sopportare una vita priva di significato, e non possiamo sopportare delle cose
senza senso.
Quindi, tu uomo, se
attualmente ti trovi nel caos, in un paese sconosciuto è perché hai smarrito
la strada, e la strada “era” quella.
Ora, in quanto ci dice qual
è la strada, vuol dire che ci offre la possibilità.
Pinuccia B.: Quindi
è un aiuto, un atto d’amore.
Flavio:
Se dice “era” è perché c’è stato un cambiamento, quindi ci
deve essere un altro cambiamento per tornare alla condizione iniziale; cioè
bisogna fare il procedimento inverso: è questa la conversione?
Luigi:
Certo, questa Parola è un’offerta di conversione; perché a chi si trova in un
paese lontano dice: “Il Principio era quello”, offrendo così la possibilità del
recupero. La offre in quanto il recupero non è automatico.
È un processo inverso;
infatti, come è avvenuta la dispersione? cioè come siamo venuti a
trovarci in un caos, in un paese confuso, fratturati da tutte le cose?
È avvenuta in quanto
abbiamo dato inizio a cose senza tener conto di Dio. Ogni uomo si è versato
tutto addosso e adesso tribola a ripulirsi, non riesce; è come un bambino che
si sporca con una caramella appiccicosa: non riesce più a ripulirsi. Noi siamo
così: ci siamo impiastricciati di tutti i prodotti senza tener conto di Dio.
Tutte le parole che abbiamo detto senza tener conto di Dio, quindi tutte le
parole inutili che abbiamo detto (inutili in quanto non fan parte dello
spirito) ora pesano su di noi come un macigno. “Di ogni parola infondata vi
sarà chiesto conto…” (Mt 12,36); “…chiedere conto…”, ogni giorno c’è
questo giorno di giudizio, perché tutte le parole che noi diciamo senza tener
conto dello Spirito di Dio ci imbrattano, ci confondono, ci rendono schiavi, ci
portano via; e questo è il conto da pagare. Quindi alla domanda: come mai
adesso non capisco più niente? La Parola di Dio risponde: “hai perso il
Principio; lo Spirito che era in principio”.
Tiziana:
Questo “era” è determinato da noi, perché Dio è, sempre; e questo
avvicinamento del nostro “era” con l’“è” di Dio avviene man mano che
ogni segno viene riportato in questo “è”, …diventando “è”.
Luigi: Diventa
“è” nella misura in cui il segno è recuperato in Dio, nel suo Principio.
Cioè, il Principio è in noi, ed è lo stesso Pensiero di Dio, il Verbo; però
ogni cosa che il Principio ci fa incontrare non ritorna in questo Principio
senza di noi (ovviamente non ritorna “in noi”, non nell’Assoluto). Se noi non
riportiamo il segno in questo Principio, questo diventa per noi motivo di
dispersione, e allora noi esperimentiamo l’“era”,
il passato.
Tiziana:
Però, la cosa in sé è già nel’“è” di Dio?!
Luigi: Tutto
è nel’“è” di Dio, si capisce.
Tiziana:
Mi riferivo a quello che diceva Marco a riguardo dell’indifferenza che prova
certe volte cercando il Pensiero di Dio negli avvenimenti esterni: in noi non
ci deve essere la preoccupazione del’“è” della cosa, perché se è voluta da Dio
è già nel’“è”; è in noi che diventa ”era”.
Luigi:
Sì, in noi diventa “era” se noi non la recuperiamo, perché certamente in
Dio tutto è segno di Dio, tutto è opera di Dio e tutto è giustificato in Dio;
però noi questo non lo vediamo. E il vedere è un atto consapevole, e non
avviene senza di noi. Per cui si richiede una certa fatica da parte nostra;
fatica di recupero, di raccolta nel Pensiero di Dio, perché siamo dispersi.
Nella misura in cui raccogliamo, allora scopriamo la presenza di Dio.
La Presenza è una sintesi
di questi due dati: il Pensiero di Dio in noi (che
diventa “era”, passato, se noi non Lo ricuperiamo) e il
raccoglimento nel Principio di quello che attualmente abbiamo presente, quindi
che Dio ci presenta. Quello che noi raccogliamo nel Principio ci fa
esperimentare la presenza Dio; se invece noi non lo raccogliamo, non
esperimentiamo la presenza di Dio. Cioè noi esperimentiamo questa dualità,
perché il Principio non lo possiamo annullare completamente, nonostante
l’impossibilità di esperimentare la Presenza; esperimentiamo invece la presenza
del segno, ma il segno ci porta via. Il segno non raccolto diventa motivo di
dispersione.
Nino: Il fondamento nostro rimane, siamo noi che ci rivolgiamo
ad altro; dobbiamo ritornare al Principio, che può essere uno solo: Dio.
Luigi:
Sì, noi non possiamo annullarlo, cancellarlo, e non potendolo cancellare, crea
in noi una frattura, crea in noi il dubbio.
Nino:
Infatti il Verbo è, era e sarà (Ap 1,8), perché fa parte dell’Eternità di Dio.
Luigi:
Però in questa Eternità non entriamo se non nella misura in cui raccogliamo
tutto quello che viene a noi da Dio. Ecco, c’è quest’opera di raccolta; in
questo Cristo è chiaro perché dice: “Chi con Me non raccoglie disperde.” (Mt
12,30; Lc 11,23) quel “Me” è il Pensiero di Dio; quindi tutto quello che
noi non raccogliamo in Dio ci disperde.
Nino:
Quel’“era” è il frutto del rapporto alterato tra noi e Dio.
Luigi: Quel’“era”
rivela che in noi ad un certo momento è subentrato il mondo, un mondo non più
raccolto in Dio che ci ha portato via. Quindi il mondo che doveva raccoglierci
in Dio, che era il materiale che Dio ci offriva per poter partecipare
personalmente (il mondo è il collegamento tra il finito e l’infinito), è
diventato motivo di distacco da Dio. Il mondo è un finito che Dio ci presenta
perché noi possiamo personalmente raccoglierlo nell’Infinito, e quindi per
partecipare dell’Infinito; ma siccome questa partecipazione richiede l’opera
nostra, ecco che può non avvenire. E allora il mondo stesso diventa per noi
motivo di privazione di Dio, di allontanamento da Dio, al punto da non
esperimentare più la presenza di Dio negli avvenimenti, pur non potendola negare.
E allora ci resta il dubbio, e ad un certo momento ci resta anche il dubbio nel
pensiero stesso: “sono io che penso Dio, oppure Dio veramente esiste?”.
“…il Verbo…”:
Luigi: “In Principio era il Verbo”, passiamo alla
terza parte...
Marco:
Non ho ben capito cosa può essere il “Verbo”. “ Verbum verbi” in
latino vuol dire parola; però non so da che cosa possa essere nata questa
Parola.
Luigi:
Ce lo dice dopo: “…il Verbo era Dio”, ce lo precisa; questa Parola
stessa che costituisce il Principio, è Dio, quindi Dio è presente in noi; Dio
abita in noi, Dio creandoci ha fatto di noi la sua abitazione. Però Dio
abita in noi in modo molto diverso da come abita nella creazione; per cui la
creazione è segno di Dio, ma Dio non è presente nella creazione come è presente
in noi. Quindi noi non possiamo trovare la presenza di Dio ad esempio guardando
un albero; l’albero è un segno di Dio, ma se questo non lo raccogliamo dentro
di noi, nel “luogo” in cui Dio è presente, noi la Presenza non la
esperimentiamo. Ecco perché è necessario il raccoglimento. Per cui è necessario
il passaggio dall’esterno all’interno, e poi dall’interno al Pensiero di Dio.
Ora, se noi non facciamo quest’opera di raccoglimento, dall’esterno
all’interno, dall’interno al Pensiero di Dio, perdiamo la Presenza di Dio.
Tiziana:
Il passaggio dall’esterno all’interno lo capisco, ma perché c’è da passare
dall’interno al Pensiero di Dio?
Luigi:
…perché il Pensiero di Dio è questo Principio.
Tiziana:
Ecco, vorrei sapere qual è la differenza tra questo interno nostro, e il
Pensiero di Dio, perché nel nostro interno è già presente il Pensiero di Dio,
però io posso anche non saperlo e restare con me stessa?
Luigi: Certamente, perché nel nostro interno noi abbiamo tanti nostri
pensieri, tante nostre intenzioni; ecco perché dobbiamo superare anche il
nostro interno. Tra i tuoi pensieri, c’è il Pensiero di Dio. Però non è
detto che tu pensi Dio, perché hai la possibilità di unirti al Pensiero di Dio,
ma non sei il Pensiero di Dio.
Ora, il Verbo di Dio nel
suo interno ha Dio, perché Lui è Dio, è Pensiero di Dio; noi, essendo creature,
nel nostro interno abbiamo Dio, ma non siamo Pensiero di Dio. Per cui quando
pensiamo Dio, noi pensiamo Dio col Pensiero di Dio e non col nostro pensiero. Il
nostro pensiero è solo la possibilità di unirsi al Pensiero di Dio;
possibilità fintanto che Dio ci dà questa possibilità. Quindi Dio è presente in
noi con il suo Pensiero, ed essendo presente in noi col suo Pensiero dà a noi
la possibilità di pensarlo.
Silvana:
C’è quindi la necessità di unirci al Principio, al “Verbo”.
Luigi:
Sì, c’è da precisare che il Verbo è il Pensiero di Dio in noi, abita in noi,
è presente in noi. Questo vuol dire che, se è presente in noi, noi lo
possiamo pensare, che è accessibile a noi; allora, tu sapendo che porti in te
il Pensiero di Dio non trascurarlo, perché avendolo in te lo puoi pensare. Tu
fossi anche nel male più grosso, Dio non ti abbandona, è sempre con te, perché
ti dà la possibilità di pensarlo. Ecco, se adesso tu hai la possibilità di
pensarlo, ricollegati, non trascurarlo mai, perché trascurando il Pensiero di
Dio che è in te, trascuri Dio stesso; e allora naturalmente ne subisci tutti i
danni.
Amalia:
Perché dice “Verbo” e non dice: “In principio era Dio”?
Luigi:
Perché Dio è il Padre (anche il Verbo è Dio, infatti dice: “e il Verbo era
Dio”), però quello che arriva a noi è la Parola di Dio; ciò che
costituisce il nostro Principio in noi è la Parola di Dio, il Pensiero di Dio.
Ora, noi non arriviamo al Padre se non per mezzo del Pensiero di Dio.
Amalia:
Che è Persona?!
Luigi:
Certo, è Persona; però non abbiamo in noi direttamente il Padre, ma in noi
abbiamo il Pensiero di Dio, e soltanto nel Pensiero di Dio noi possiamo
arrivare al Padre. Altrimenti noi ci confondiamo e arriviamo a dire:
“allora io sono il Pensiero di Dio”, no!
Tu non sei il Pensiero di
Dio; il Pensiero di Dio è Persona, tu sei la possibilità di unirti al Pensiero
di Dio. Ma quando pensi Dio, non sei tu che pensi Dio, ma è il Pensiero di Dio
in te che ti fa pensare Dio; se tu pensi Dio è perché ti sei unita al Pensiero
di Dio in te. Il Pensiero di Dio è una Presenza personale in te oggettiva,
cioè indipendente da te; per cui è presente in te senza di te.
Pinuccia B.: Unirsi
al Pensiero di Dio vuol dire pensarlo?
Luigi:
Sì, infatti io posso pensare l’albero, e quando penso l’albero sono io che lo
penso; invece quando penso Dio non sono io che penso a Dio.
Pinuccia B.: Quindi
unirsi al Pensiero di Dio vuol dire aderire a Dio?
Luigi:
Certo. Infatti S. Paolo dice: “Chi pensa Dio forma una cosa sola con Dio”, però
non è Dio.
Pinuccia B.: …e
non è la creatura che pensa Dio.
Luigi: È
logico, è il Pensiero di Dio; e Gesù dice: “Nessuno può venire al Padre se
non per mezzo di Me” (Gv 14,6); nessuno può pensare Dio se non col
Pensiero di Dio. Ma il Pensiero di Dio non è il nostro pensiero; per cui,
non essendo nostro pensiero, noi possiamo pensare tante altre cose da Dio…
Pinuccia B.: …e
rifiutarci di pensare a Lui.
Luigi:
Certo, rifiutarci di pensarlo vuol dire che rifiutiamo di unirci al Pensiero di
Dio che è in noi. Quindi il Pensiero di Dio è nel Cielo dei nostri pensieri,
cioè tra i tanti nostri pensieri c’è anche il Pensiero di Dio; e noi possiamo
rivolgerci a tanti altri pensieri e trascurare Quello. Ora, per quale motivo ci
si rivolge più ad altri che a quello?
Perché più ci rivolgiamo ad
altri pensieri lontani da Dio, e più il nostro io si gonfia, e qui c’è
l’orgoglio, cioè più tendiamo a noi stessi e più tendiamo ad unirci a pensieri
lontani da Dio; ecco perché c’è questa tendenza: più noi pensiamo a noi stessi
e più il Pensiero di Dio e tutto quello che ci richiama al Pensiero di Dio ci
dà fastidio; mentre diventa molto attraente tutto ciò che gonfia il pensiero
del nostro io. Noi preferiamo le cose del mondo a Dio perché abbiamo un carico
“abbastanza” forte del pensiero del nostro io.
Tiziana:
Che differenza c’è tra Dio, il Pensiero di Dio in noi senza che noi lo
sappiamo, e la coscienza del Pensiero di Dio in noi?
Luigi: La coscienza del Pensiero di Dio in noi è data
dall’impotenza che esperimentiamo; infatti Gesù dice: “mi cercherete e non
mi troverete” (Gv 7,34); “dove Io sono voi non potete venire”(Gv
13,33), ecco: “…dove Io sono…”: noi esperimentiamo quest’impotenza a
esperimentare la Presenza di Dio; noi da soli, per quanto cerchiamo Dio,
restiamo sempre nel dubbio: “sono io che penso Dio, oppure Dio esiste
veramente?”, e non ne usciamo da questo dubbio. Noi esperimentando questa
impotenza possiamo capire che Dio è in noi perché ne subiamo la passione
(ognuno di noi è passione per Dio, passione d’Assoluto), quindi se noi siamo
un effetto, se subiamo una passione, evidentemente c’è una Presenza, ma questa
Presenza è indipendente da noi, perché esperimentiamo l’impotenza, quindi è
autonoma da noi, quindi è una Presenza oggettiva; quindi è in noi, ma senza
di noi, e se è in noi senza di noi è una Presenza oggettiva.
Ora, abbiamo la presenza
del Pensiero di Dio in noi senza di noi, indipendente da noi, però è offerta a
noi la possibilità di unirci ad Essa. È qui la grandezza del nostro pensiero. Il
nostro pensiero è caratterizzato da questo: dà a noi la possibilità di unirci
al Pensiero di Dio…
Tiziana:
…che però non è Dio?!.
Luigi:
Ma no! il Pensiero di Dio è Dio.
Tiziana: Quindi
Dio e il Pensiero di Dio sono la stessa cosa!?
Luigi:
Si capisce, formano una cosa sola.
Silvana:
Non è il Figlio di Dio il Pensiero di Dio?!
Luigi:
Certo, ma il Figlio di Dio è una cosa sola con Dio. Però per noi non basta
dire: “io penso Dio., e adesso conosco Dio”, no! Bisogna sostare con questo
Pensiero di Dio, e sostare fintanto che questo Pensiero di Dio non ci conduce a
conoscere il Padre, cioè non ci conduce a conoscere la causa di Sé, di Colui
che Lo genera.
Tiziana:
Ma allora il Pensiero di Dio e Dio stesso non sono la stessa cosa!
Luigi:
Sono la stessa cosa.
Pinuccia B.: Sono
due Persone diverse.
Luigi:
Certo, il Padre è il generante e il Figlio è il generato. Ma fintanto che io
non scopro questo, non lo capisco, non lo conosco.
Tiziana: Pensavo
che ad Amalia tu avessi detto che il Verbo di Dio è il Pensiero di Dio che
arriva a noi, ma che non è Dio.
Luigi: Il
Pensiero di Dio è Dio.
Pinuccia B.: Il
versetto non dice: “in principio era Dio” o “in principio era il Padre”, ma
dice: “In principio era il Verbo”, perché a fondamento del nostro essere
c’è la Parola, perché a noi arriva la Parola di Dio e non il Padre. Forse è
questo che ha creato confusione, cioè dicendo che arriva a noi il Verbo e non
il Padre, sembra che il Pensiero di Dio non sia Dio.
Luigi:
No, è Dio, però non Lo conosciamo. Cioè noi abbiamo in noi il Pensiero di Dio,
che è il Figlio, ma la conoscenza di questo Figlio è soltanto il Padre che ce
l’ha; non siamo noi che ce l’abbiamo. Quindi soltanto conoscendo il Padre
conosceremo anche il Figlio. Quindi noi portiamo in noi una Presenza che
non conosciamo, che non sappiamo. Infatti Gesù dice: “Solo il Padre conosce
il Figlio e solo il Figlio conosce il Padre…”.
Flavio: E
noi come facciamo a conoscerlo?
Luigi:
Gesù dice ancora: “…e colui al quale il Figlio avrà voluto rivelarlo”(Mt
11,27; Lc 10,22); allora qui abbiamo la Porta, ciò che spezza il cerchio; “…colui
al quale il Figlio avrà voluto rivelarlo”, quindi il Figlio presente in
noi, senza di noi (e che noi non sappiamo che sia Figlio, perché chi lo sa
è soltanto il Padre), parla a noi del Padre e conduce noi a conoscere il
Padre; nel Padre noi conosceremo il Figlio, e allora “toccheremo” e diremo:
“ah, io non lo sapevo, ma Lui era sempre con me”. Ma questo perché chi genera
il Figlio è il Padre, quindi soltanto in quanto il Figlio ci conduce a
conoscere il Padre, dal Padre noi scopriremo chi Lui è. Infatti Gesù stesso
dice ai suoi apostoli: “Finora non avete mai pregato in mio Nome, ma quel
giorno conoscerete chi sono Io” (cf Gv 16,24 ss); ecco, in quel giorno
pregheremo nel suo nome, adesso no! Perché non Lo conosciamo. È come se con noi
ci fosse una guida che ci dice: “se voi volete salire sul Monviso, io conosco
il sentiero, quindi posso condurvi”; ma questo solo se noi vogliamo andare, se
abbiamo interesse, perché è anche possibile non avere interesse. Quindi se
vogliamo andare sul Monviso abbiamo la guida, e anche se non la conosciamo,
essa stessa ci assicura che sa la strada. Arrivati sul Monviso scopriremo chi è
questa guida.
Scopriremo chi è il Cristo
soltanto quando arriveremo alla Meta; però Lui è sempre con noi.
Pinuccia B.: Adesso
sappiamo solo che è il Pensiero di Dio in noi.
Luigi:
Ma lo sappiamo perché Lui ci ha già detto tante cose.
Flavio:
Ma a “Coloro ai quali il Figlio avrà voluto rivelarlo…”, allora fino a
che punto dipende da noi?
Silvana:
Dovrebbe rivelarlo a tutti.
Luigi:
Lui vuole rivelarlo a tutti, però non tutti si rendono disponibili, cioè non
tutti hanno interesse per andare sul “Monviso”; e fintanto che in noi non
matura l’interesse, cioè l’attrazione per Dio, per conoscere Dio, possiamo
incontrare il Cristo tutti i giorni, ma Lui non può rivelarci il Padre. Perché
il Figlio ci possa rivelare il Padre, è necessario che Lui ci porti via da
tutti gli altri interessi, cioè che porti in noi questa disponibilità di animo
(Maria); perché Dio è un infinito, il Padre è un infinito, e un infinito
richiede una veglia infinita, e la veglia infinita richiede un distacco da
tutte le altre cose. Ma fintanto che noi non abbiamo tempo per questa
Veglia infinita, ce lo sogniamo di arrivare all’Infinito; è possibile infatti
fare un tratto di strada e poi dire: “adesso ti saluto perché ho altro da
fare”; “ho i campi, i buoi, la moglie ,non posso venire, abbimi per
giustificato” (Lc 14,18-20), facciamo soltanto dei segmenti, ma non
arriviamo all’infinito, non concludiamo mai; cioè facciamo soltanto e sempre
dei tentativi, però ricadiamo sempre giù, senza poterci sollevare.
Margherita: Per
essere presenti al Pensiero di Dio in noi dobbiamo pensarlo!?
Luigi:
Sì, noi abbiamo la possibilità di pensarlo; cioè, la presenza del Pensiero di
Dio in noi, dà a noi la possibilità di pensarlo; però non è detto che noi lo
pensiamo, perché possiamo divertirci, proprio nel senso etimologico della
parola: divergere da-. Se Dio non fosse presente in noi, noi non avremmo
assolutamente nessuna possibilità di pensarlo. La possibilità di pensarlo è
un dono, è quel ”…tesoro sepolto nel campo” (Mt 13,44). E questo
tesoro prezioso è dato a ogni uomo, però non tutti vendono tutto per
comprare quel campo.
Pinuccia B.: Noi
non sappiamo che il Pensiero di Dio in noi è il Figlio, è Dio.
Luigi:
Man mano che ascoltiamo il Figlio di Dio, Lui poco per volta ci conduce.
Pinuccia B.: Cioè,
bisogna ascoltare il Figlio di Dio che si è incarnato fuori, perché è Lui che
ci conduce!?
Luigi:
Sì, è Lui che poco alla volta ci conduce all’identificazione di Lui (vedi
dispensa n°1137 “L’individuazione del Figlio di Dio”);
ed è Lui che parlando, in quanto ci parla del Padre, ci porta al Padre.
Pinuccia B.: Parlando
dal di fuori!?
Luigi:
No! Non basta dal di fuori. Egli viene per raccoglierci, ma poi noi dobbiamo capire
le sue Parole; non basta che Lui parli fuori. Infatti tutti l’hanno sentito dal
di fuori, ma poi l’hanno crocifisso. Bisogna arrivare a capire il suo
linguaggio, a capire le sue Parole, ad assimilare le sue Parole, a mangiarle.
Pinuccia B.: Cioè
a riportare nel Pensiero di Dio che è in noi, le sue parole.
Luigi:
Sì.
Pinuccia B.: Quindi
tutti noi abbiamo la consapevolezza di avere il Pensiero di Dio in noi?!
Luigi:
No! La consapevolezza è effetto di raccoglimento, è effetto di dedizione.
Pinuccia B.: Ma
se io vedo il Cristo, e non so che è il Figlio di Dio, devo fare appello a Dio
Creatore per intendere il suo Pensiero.
Luigi:
Se non sono attratto da Dio non mi serve a niente; senza l’attrazione del Padre
non serve incontrare il Cristo.
Pinuccia B.: Cioè
devo avere presente il Pensiero di Dio.
Luigi:
Certo.
Flavio:
In pratica bisogna essere attratti dal Padre, quindi “conoscere” il Padre…;
cioè, se io rimango in questa dedizione nel Pensiero di Dio, sono portato al
Padre e solo allora conoscerò il Figlio. Però, il Vangelo che cosa ci rivela
del Figlio?
Luigi: Il
Vangelo ci conduce al raccoglimento interiore; cioè la vita di Gesù è tutta
l’opera del “cane del pastore”; il cane del pastore ha la funzione di
raccogliere il gregge. Il gregge tende a disperdersi, ed è ciò che facciamo noi
con i nostri pensieri che si disperdono nel mondo, perché tutte le cose ci
portano via; il cane pastore raccoglie in continuazione il gregge, il Cristo fa
altrettanto: ci conduce sempre a questa essenzialità. Ad esempio osserviamo la
lezione che Gesù ci ha dato con Marta e Maria: Marta diverge e dice a Gesù: “Maestro,
dì a Maria che mi dia una mano, perché ho tanto da fare” (ecco, noi abbiamo
sempre tanto da fare), e il Cristo risponde: “Una sola cosa è necessaria” (Lc
10,42). Ecco, Cristo fa quest’opera di recupero dalle nostre dispersioni per
orientarci sempre alla Meta; dice ad ogni uomo: “uomo, tu sei stato creato
per Dio, non preoccuparti del mangiare e del vestire, il Padre che ti ha creato
sa ciò di cui hai bisogno” (cf Mt 6,32-33; Lc 12,30). Ecco, il Verbo
incarnato ha la funzione di raccoglierci da tutte le nostre dispersioni per
mettere sempre a fuoco il problema essenziale. Messo a fuoco il problema
essenziale possiamo diventare molto attenti a capire le sue Parole; quelle
Parole che ci parlano del Padre. Quindi una volta messo a fuoco il problema
stiamo attenti.
Flavio:
Pensavo che il Vangelo fosse una rivelazione di Gesù e non del Padre.
Luigi:
No!
Flavio:
Invece è una rivelazione da parte di Gesù del Padre.
Luigi:
Certo, tutto il Vangelo è focalizzato sul Padre.
Nino:
Comincia a darci un anticipo del Verbo che è immanente e trascendente noi. È
dentro di noi…
Luigi:
…e supera noi…
Nino:
…e nello stesso tempo è presso Dio ed è Dio Egli stesso.
Luigi:
Certo. Immanente, quindi dà a noi la possibilità di passare (fa da ponte);
trascendente perché ci dà la possibilità di arrivare al Padre.
Nino: E
nello stesso tempo ci dice che non si confonde con noi.
Alcuni pensieri conclusivi:
Silvana:
C’è un Principio che devo recuperare.
Amalia:
La Pasqua è proprio questo recupero di questo Principio.
Margherita: Deve
nascere in noi il desiderio di raccogliere in Lui le cose; pensarlo vuol dire
cercare di raccogliere in Lui.
Luigi: È
essenziale questo raccoglimento.
Marco: Sento
che tanta gente semina nella testa (Luigi: …tutti parlano); però è importante
fare un discorso personale; cioè affrontare le cose da soli, perché in fondo
siamo individui.
Luigi:
Certo, le cose essenziali richiedono sempre un rapporto personale; i veri
problemi richiedono sempre un rapporto personale, sempre. Nell’amore ci vuole
sempre un rapporto personale, non è di massa, e anche questo è un segno che
dice a noi che in tutte le cose tendono verso questo rapporto personale. Ora,
tutto è segno, quindi massimamente il rapporto con Dio è un rapporto
personale. Per cui la convinzione, l’illuminazione, la rivelazione della
Presenza è sempre un fatto personale, e richiede una dedizione personale. Non
basta quello che ci dicono gli altri; gli altri ci possono dare una mano, ci
possono aiutare, però la creatura deve andare a vedere personalmente.
Marco: E
basta Gesù, il Verbo?
Luigi:
Ti sembra poco?
Marco:
Anche quello è un aiuto, però io devo guardare al Padre.
Luigi:
Se non c’è attrazione per il Padre, Gesù non ti dice niente. “Nessuno può
venire a Me - cioè mi può capire - se non è attratto dal Padre” (Gv
6,44). Ora, il Padre è in noi, ed è un atto di giustizia dire che Egli è il
Creatore.
Ecco, bisogna partire da
Dio Creatore: tutto è creazione di Dio. Se noi non mettiamo Dio al centro vuol
dire che c’è il nostro io al centro. Quindi se noi non facciamo questa
giustizia essenziale dove tutto, venendo a noi da Dio, va riferito a Dio, il
Cristo non ci può recuperare. Bisogna che in noi ci sia questa tensione verso
il Fine; deve essere fatta in noi la giustizia essenziale che nessuno può
fare al posto nostro.
Zina: Bisogna
avere il Cristo per uscire dal cerchio.
Luigi:
Sì, senza il Cristo non usciamo dal cerchio del nostro io; cioè, anche se noi abbiamo
messo il Pensiero di Dio, anche se siamo attratti dal Padre, senza Cristo,
per noi Dio diventa un bel sogno: “sarebbe bello, sarebbe bello, però la realtà
che ci prende è un’altra”, e questa realtà ci porta via. Soltanto il
Cristo, che entra in questa realtà infirmata dal pensiero del nostro io, e
diventa Lui stesso Realtà, ha la possibilità di ricuperarci. Noi siamo
circondati da uomini, tutti parlano, però non bastano gli uomini e le loro
parole; è necessario che ci sia un uomo che sia Dio. E soltanto un uomo che
sia Dio ha la possibilità di spezzare questo cerchio; in caso diverso non
ci libera dal pensiero del nostro io.
Flavio:
Quello che esce da noi e che non parte da Dio è causa di disturbo.
Luigi:
Bisogna stare molto attenti, perché tutte le cose che in noi non partono da Dio
ci imbrattano, ci sporcano, ci inquinano e ci rendono impossibile il ritorno a
Dio.
Flavio:
Soprattutto a livello di pensiero; non c’è bisogno di parlare.
Luigi:
Si capisce.
Tiziana: Recuperare
questo Principio è l’atteggiamento per far nascere in noi la preghiera continua.
Nino:
Questo versetto mette le basi di quello che è poi il progetto di tutto il
Vangelo: “recupera il Pensiero di Dio che è in te, e…”.
Luigi:
“…di cui non hai tenuto conto”. Quindi ci dà la possibilità del recupero.
Pinuccia B.: Ci
viene annunciato in questo principio del Vangelo il nostro Principio: “Il tuo
principio era il Verbo”, quindi è dentro di te, ricuperalo.
Luigi:
Si capisce, e dobbiamo tenere presente che non lo dice per giudicarci, quindi per
scartarci, ma lo dice per offrirci un dono.
Pinuccia B.: È
un invito alla vita interiore, perché si recupera questo principio riportando
tutto in Lui.
Luigi:
Certo.
Sabato 04.02.1989
Luigi: “In
principio era il Verbo… ”.
Nino:
In principio della creazione, perché Dio non ha principio, Dio è eterno.
Luigi:
Ecco, l’importante è mettere in evidenza questo imperfetto: “era”.
Nino:
Il tempo è riferito a noi: “in principio dell’uomo era il Verbo” (nella Bibbia
leggiamo: “sia fatta la Luce” (Gen 1,3), che è la Parola che crea).
Luigi:
Dice “era” perché adesso non è più.
Nino:
Adamo alla sera colloquiava con Dio (vedi “…passeggiava nel giardino alla
brezza del giorno…” nel libro della Genesi 3,8 ) e poi dopo il peccato
segue la cacciata dal paradiso terrestre (vedi Gen 3,24), e finisce il
colloquio diretto, personale con Dio.
Luigi: E questo è tutto segno di quello che avviene nella vita
personale per ognuno di noi; cioè per dire a noi che “nel principio del nostro essere
c’è il Verbo di Dio”; poi ad un certo momento c’è il mondo che invade e noi
dimentichiamo quello che era in principio, e non lo ricuperiamo più. Perché
tutto ciò che è avvenuto è carico di significato per ognuno di noi
personalmente, per dire a noi: “guarda che a fondamento della tua vita Dio
ha posto in te il suo Verbo; per cui tu sei portatore del Verbo di Dio, in te
c’è Dio, c’è la Presenza di Dio”. In principio era così, poi noi vivendo
nel mondo ad un certo momento abbiamo perso tutto, abbiamo perso il contatto
col Principio; e siccome soltanto nel Principio c’è la Luce, più ci
allontaniamo dal Principio e più le cose diventano tenebrose. Perdendo il
contatto con Dio siamo costretti a vivere solo più di sentimenti, di
impressioni, di reazioni; e senza il contatto con la Luce perdiamo la vita. Per
cui ad un certo momento diciamo: “ma io non capisco niente…; non capisco perché
il mondo sia così…; se Dio ci fosse…”, e la Parola di Dio ci dice: “guarda che
in principio era così”, cioè: “come Io ho fatto l’uomo, era così. A
fondamento dell’uomo ho posto il mio Pensiero”. Quindi noi siamo portatori
del Pensiero di Dio; però allontanandoci dal “nostro” Pensiero, quindi da
quello che è a fondamento del nostro essere, perdiamo la vita. L’uomo è
caratterizzato da questo: è passione d’assoluto e cerca l’Assoluto in tutto ciò
che ama; e tutte le delusioni, tutte le sue tristezze, tutte le sue angosce
sono determinate da questa passione d’assoluto male orientata. Infatti
orientando questa passione d’assoluto verso altro dall’Assoluto perdiamo il
Principio senza più capire niente.
Allora il Signore dice a
noi: “In principio era così; poi tu hai cercato l’Assoluto, la Verità, la Vita,
altrove, il mondo ti ha invaso e hai incominciato a girarti nelle tenebre”.
Quindi questa è rivelazione, di quello che è a fondamento della vita di ogni
uomo.
Delfina:
Questo “Principio” è l’inizio della vita di ognuno di noi…
Luigi:
Appunto, all’inizio, quello che è a fondamento, cioè quello che Dio ha voluto
per l’uomo, a fondamento dell’uomo. Come a fondamento della Madonna c’è il
Pensiero di Dio, “non conosco uomo” (Lc 1,34), così a
fondamento di ogni uomo, di ogni creatura umana, fatta per conoscere Dio, c’è
il Pensiero di Dio. Noi siamo costituiti dalla presenza del Pensiero di Dio in
noi. Quindi ci rivela il principio affinché noi abbiamo a recuperare in
continuazione questo Principio, a non separarci da questo Principio, perché
separandoci da questo Principio noi perdiamo la vita. Infatti ci dirà: “in
Lui era la vita, e la Vita era la Luce degli uomini”(Gv 1,4); quindi
ecco perché esperimentiamo la morte: perché ci siamo allontanati dalla vita. La
Vita era in Lui.
Ora, questo ce lo dice non
per condannarci, ma perché noi possiamo recuperare il nostro Principio; per cui
se tu vuoi recuperare la vita, ritrova il Principio. Il Principio è al centro
di te, sepolto sotto una montagna di cose del mondo, di parole di uomini,
quindi incomincia a sgombrare tutte queste parole di uomini, troverai la Parola
di Dio; e recupera tutte le cose in questa Parola di Dio e troverai la Vita. E
se vuoi la luce, recupera quello che era in Principio; nel Principio c’era la
luce, ecco perché tu ora esperimenti le tenebre.
Delfina:
Dio deve essere il fine della vita.
Luigi: Se
noi mettiamo il Principio come ciò che dobbiamo recuperare tutti i giorni, il
Principio diventa il Fine. Il Principio diventa Fine in quanto tu recuperi
in continuazione quello che era in principio.
Giovanna:
Se mi accorgo di non capire devo cercare la ragione nel Principio.
Luigi:
Sì, l’esperienza del non capire, di essere nella notte, è segno che in te si
è provocata una separazione tra il Principio e il segno che hai ricevuto.
Se tu ricevi una parola, e non la colleghi con il suo pensiero non puoi capirla;
proprio perché hai perso il contatto con il significato di essa. Quindi tutte
le cose, in tutto il mondo, tutti gli avvenimenti, tutti i giorni, sono dei
segni del Pensiero di Dio; se noi perdiamo il Pensiero di Dio, il
Significato, restiamo alla presenza dei segni; ed è come se noi sentissimo
tutte parole straniere senza riuscire a collegarle con il loro significato:
naturalmente non capiamo niente.
Ora, tutto l’universo per
noi è tutta parola straniera, se perdiamo il contatto col suo Significato; il
Significato è il Pensiero di Dio; tutte le cose ci parlano di Dio, quindi
dobbiamo ricollegare, recuperare in continuazione queste cose con il loro
Principio, perché altrimenti non capiamo niente. E come mai l’uomo non capisce
niente?
Se l’uomo non capisce
niente vuol dire che porta in sé la Luce; soltanto
che non consulta questa Luce, e allora dice: “non capisco”. Ma il fatto
stesso che dica: “non capisco” rivela di avere in sé la Sorgente della luce;
altrimenti non si accorgerebbe di non capire.
Giovanna:
Il difficile è superare l’io.
Luigi:
Perché nel pensiero del tuo io resti ferma ai sentimenti, a quello che vedi e
tocchi; ma quello che vedi e tocchi non è intelligenza. L’intelligenza sta
nello Spirito, e per consultare lo Spirito tu devi superare il pensiero del
tuo io. Invece nel pensiero del nostro io ci fermiamo alle impressioni, ai
sentimenti e ci comportiamo secondo i sentimenti e secondo le nostre
impressioni; e ad un certo momento perdiamo tutta la luce. Infatti se alla
domanda: “ perché fai questo?” noi rispondiamo: “perché mi piace”, oppure:
“perché mi fa comodo”, in realtà questo non è dare una giustificazione:
purtroppo noi nel pensiero del nostro io ci giustifichiamo così.
Il nostro io non giustifica
niente, assolutamente niente, nemmeno un filo d’erba. La
giustificazione delle cose è nel Creatore, non nel nostro io. Noi ci troviamo
nella luce in quanto alle domande: “perché fai questo? Perché dici quello?”,
rispondiamo: “perché Dio è “così!” ”; ecco, se colleghiamo le cose con il
Principio, con il Pensiero di Dio, le cose sono giustificate. Non sono
giustificate dal fatto che ci piacciono, perché il nostro piacere non
giustifica proprio niente. Quindi bisogna trovare la ragione delle cose nel Principio
Creatore, che è Dio. In Dio c’è la ragione di tutto, in noi non c’è la
ragione di niente; anzi, noi stessi abbiamo bisogno di una giustificazione.
Infatti siamo nudi (Gen 2,25), poiché siamo senza ragioni, senza
giustificazioni.
Signore 1:
…l’importante è non vergognarsene (Gen 3,7-10); o meglio: l’importante è non
guardare alla propria nudità, ma a Colui che la giustifica.
Angelo: Nel
primo versetto il Signore mi ha fatto capire che Gesù è la Parola di Dio, il
Pensiero di Dio. Se io l’ascolto con quella convinzione che è il Dio vivente
sono contento durante il giorno; se invece non lo ascolto quella stessa Parola
non è la mia vita, ma è la rovina della mia vita.
Luigi:
Bisogna in continuazione riportare, riferire tutte le cose a Dio. Quindi Dio è
in te, il Pensiero di Dio è in te, non trascurarlo. Per cui in tutte le cose
cerca il suo Pensiero, così come quando ricevi una lettera o senti qualcuno che
parla, cerchi sempre di arrivare a capire il pensiero. Dio parla con noi in
tutto, ma purtroppo noi non cerchiamo mai di capire il suo Pensiero. Ecco, il
male sta lì; il male sta nel non cercare il suo Pensiero, il Pensiero di Dio.
È come se tu ricevessi una lettera senza preoccuparti di leggerla e soprattutto
di capirla; e capirla vuole dire trovare il pensiero. Ora, tutto è lettera di
Dio (vedi dispensa n° 1087 “Il postino e la lettera”), tutto è opera di
Dio; quindi Dio scrive il suo Pensiero in tutto, e noi dobbiamo cercare di
recuperare questo Pensiero in tutto.
Silvana: “In
principio era il Verbo”: è una proposta di Luce per noi.
Luigi:
La Luce è nella Causa. Dio è il Creatore quindi è la Causa di tutto; tu se
vuoi capire una cosa devi giustificarla, ma la giustificazione la devi trovare
nella Causa. Noi assistiamo a degli effetti, noi stessi siamo un effetto
dell’opera di Dio, e tutta la creazione attorno a noi è un effetto. Tutti i
giorni noi subiamo degli effetti, le cose arrivano a noi senza di noi, non
siamo noi che le facciamo. Infatti noi andiamo sempre a cercare il perché delle
cose. Il bambino la prima cosa che chiede è il “perché”; proprio perché si
trova in mezzo a degli effetti. Ma noi non ci accorgeremmo dell’effetto se
non avessimo già presente la Causa; soltanto che bisogna consultarla questa
Causa. Ora, la Causa è il Principio Creatore, cioè Dio; quindi ogni cosa va
sempre riportata a Dio, e questo è veramente pregare; questa è la vera
preghiera. Perché pregare vuol dire elevare la mente a Dio. Ora, tu
elevi la mente a Dio in quanto ricevi un segno e poi dopo alzi la mente a Dio
per chiedere: “Signore, che cosa mi vuoi dire con questo segno?”. Per cui Dio
ti fa arrivare tutte le cose e poi dice: “portale a Me, affinché io ti riveli
il significato, cioè il mio Pensiero” . Quindi Dio, che parla in tutto a noi
senza di noi, infatti le cose arrivano a noi senza di noi, non ci fa
vedere il suo Pensiero senza di noi, cioè senza questa elevazione della mente a
Dio; per cui tutte le cose vanno pregate. Ecco perché il Signore
dice: “È necessario pregare sempre” (cf Lc 18,1; Ef 6,18; 1Ts 5,17);
perché tutto quello che ci arriva, ci arriva per farci pregare, cioè per farci
elevare la mente a Dio affinché da Dio (…e questo arriva soltanto attraverso la
mente) noi possiamo ricevere il significato, cioè la luce su quello che Dio ci
ha fatto arrivare. Altrimenti, come dicevo prima, tu annaspi nella notte, nelle
tenebre, perché incominci a dire: “chissà perché…?” e vivi soltanto di reazione
a degli stimoli: “mangio perché ho fame; vado a dormire perché sono stanco;
adesso faccio questo perché mi piace; ora corro laggiù così faccio piacere a
quel tale, ecc.”, ma tutto questo non è vivere, questo è soltanto un reagire a
degli stimoli, ma non è vivere, soprattutto non è vivere da persone
intelligenti. Una persona è intelligente in quanto ha in se stessa la ragione
delle cose, la giustificazione delle cose. Ora, la giustificazione la troviamo
soltanto nella Causa, cioè in Dio.
Franca:
Si è detto che il peccato di Adamo è quello che avviene per ognuno di noi. Però
io non so quale sia il momento in cui mi sono separata da Dio.
Luigi: Il peccato di Adamo si chiama peccato originale
perché è rivelazione dell’origine di tutti i mali che subiamo noi. Quindi
quel peccato è soltanto una rivelazione del peccato che facciamo tutti noi,
in quanto anziché collegare le cose con Dio, noi ci fermiamo alle creature.
Il peccato sta nell’autonomia da Dio. Ora, l’autonomia da Dio è tale in quanto
si considerano le cose senza tener conto di Dio; per esempio vedi un cane fare
un qualcosa e dici: “fa così perché è un cane”, vedi un uomo: “fa così perché è
un uomo”, ecc.,; dimentichi che è parola di Dio per te, cioè che è Dio che ti
sta parlando, quindi disunisci la creatura dal suo Creatore. Se io vedo un
idraulico che arriva con una chiave inglese per aggiustarmi un termosifone, non
dico: “è arrivata la chiave inglese”, ma dico: “è arrivato l’idraulico con la
chiave inglese”. Ora, tutte le creature sono delle chiavi inglesi nelle mani
di Dio, è Dio che viene a noi; e invece noi diciamo: “è la chiave inglese che
mi aggiusta il termosifone”. Quindi non dobbiamo dire: “è l’uomo che fa
questo...; è la natura che questo…; è la natura che fa questo…; è la legge che
fa questo…ecc”; Dio dov’è?
Tutti i nostri problemi,
tutti, tutti, tutti… sociali, personali, tutte le nostre tragedie sono tutte causate
dalla presenza dell’Assoluto, del Dio che portiamo in noi alla quale noi non ci
rivolgiamo più. Tutto è una conseguenza di questo trascurare
Dio. Noi non ci rendiamo conto che l’anima, il dato principale di ogni
problema, è Dio. Noi vogliamo risolvere tutti i nostri problemi senza tenere
conto di Dio, ed è l’errore più madornale che facciamo. Se tu hai un
problema e trascuri il dato principale, certamente le tue soluzioni sono
sbagliate. Noi stiamo assistendo a queste soluzioni sbagliate; ma perché? Perché
non teniamo conto che c’è Dio nel nostro problema.
Franca: E
tener conto di Dio nel mio problema vuol dire parlarne con Lui, chiedere a Lui
la luce per risolvere.
Luigi:
Vuol dire tenere presente Lui.
Se tu sei triste, se sei
angosciata, se sei annoiata, non sai cosa fare, non sai per che cosa vivere, è
perché ti sei separata da Dio; consulta Dio, cerca di capire.
Prima di tutto interrogati:
·
a che cosa serve la vita?
·
Perché Dio ti ha dato la vita?
Non per mangiare, non per il vestire, non per fare una carriera, perché domani
muori!
·
A che cosa serve tutto questo?
Abbiamo creduto che la vita
serva per guadagnare denaro; cosa te ne fai del denaro?
Prima di tutto cerca di
capire perché Dio ti ha dato la vita; che significato ha questo vivere? cosa ci
stiamo a fare qui? Non è una giostra dove saliamo sopra per fare alcuni giri e
poi scendere. Che cosa ci stiamo a fare qui?
Rita: “In
principio era il Verbo…” ; sottolineo l’“era”…
Luigi:
L’“era” è una parola per noi per dire: “vedi, ti trovi in determinati
pasticci perché in principio era così”; recupera quel Principio!. Se ci
viene annunciata un cosa, ci viene annunciata perché ci serva a qualche cosa.
Quindi in ogni cosa, noi dobbiamo chiederci: “a che cosa mi serve questo?”; in
ogni cosa: “Signore, perché mi fai arrivare questo? Perché mi dici che in
principio era il Verbo?”; e già, perché ci siamo dimenticati del Principio!
Facciamo come chi parte per andare a Torino e poi ad un certo momento si
dimentica della meta e si ferma a Savigliano; poi allora inizia a chiedersi:
“chissà perché sono finito qui?”. Allora arriva a noi quella parola che ci
dice: “ma guarda che tu “eri” partito per Torino”.
Rita: È
un versetto stupendo perché in pochissime parole racchiude tutto il mistero di Dio
e dell’uomo. Mi viene da contrapporlo ad un altro versetto, quello in cui Gesù
dice: “Senza di Me non fate niente” (Gv 15,5). Ed è la stessa cosa.
Luigi:
Infatti lo dirà dopo, nel versetto successivo. Cosa vuol dire “fate niente”?
Vuol dire che noi stiamo
facendo esperienza di niente, infatti alla conclusione della vita, la maggior
parte di noi dovrà dire: “la mia vita è servita a niente”, ed è fare esperienza
di niente. Con ciò testimoniamo che senza di Lui tutto quello che facciamo è
niente. Molti si giustificano dicendo: “io vivo per la mia famiglia”; oppure:
“io vivo per i miei figli”; oppure: “io vivo per il lavoro”; oppure: “io vivo
per l’istituto”; ecc. e a un certo momento tutto serve a niente. E ce ne
accorgiamo perché uno se ne va, l’altro tradisce, quell’altro ci delude e così
via, fino a dover dire: “la mia vita è servita a niente”. E già, lo dovevi
sapere…
Rita:
Una sola è la vita: Cristo (Gv 14,6). Quindi bisogna ritrovare il Pensiero di
Dio per poter vivere.
Luigi:
Infatti il Signore dice che la vita vera, contrapposto alla vita non vera che
facciamo noi, è conoscere Dio (Gv 17,3). E ce lo “spiattella” apertamente;
perché non ci crediamo?
Pinuccia B.: Questo
versetto è un invito a ritrovare il Principio che abbiamo smarrito. È come se
uno dicesse ad una persona che ha smarrito la strada: “se vuoi andare là, la
strada era quella, ma tu l’hai smarrita”. “era”, non perché non
lo sia più, ma quel’“era” è per chi ha smarrito la strada.
Luigi:
Anzi, dice “era” per confermarcelo; quindi soltanto se noi
recuperiamo questo rapporto con quello che era in principio, cioè prima che
incominciassimo a parlare di noi stessi, del nostro io iniziamo nuovamente a
vivere. In principio parlava solo Dio, poi ad un certo momento l’uomo ha
incominciato a dire: “io, io, io…”, ed è successa la tragedia.
Quindi se tu, uomo, vuoi
ritrovare la vita, smettila di parlare di te e incomincia ad ascoltare Dio,
perché è Lui che parla. È Lui che parlando ti illumina, è Lui che fa tutto.
Pinuccia B.: Il
Verbo è la Parola di Dio, il Pensiero di Dio in noi.
Luigi:
…che parla a noi. Noi siamo delle creature fatte soprattutto di orecchio.
Ma ad un certo momento l’abbiamo dimenticato, e non siamo più capaci di
ascoltare, non facciamo altro che parlare.
Siamo diventati delle
comari meravigliose!!!
“Ora,
vogliamo vedere il principio, ora ci aiuti Dio”
Maestro: Osserva,
che cosa noti attorno a te?
Allievo: Tutte
le cose mutano, tutte nascono e muoiono.
Maestro: Tra
il nascere e il morire non vi è forse un intervallo di tempo?
Allievo: Certamente.
Maestro: In
questo intervallo quindi le cose durano.
Allievo: Durano
si, permangono. Però mutano continuamente anche se la nostra grossolanità di
percezione ci impedisce di vederne il mutare. Comunque non c’è nessuna cosa che
possa essere vista da noi senza un possibile tramonto, ed è questo tramonto che
ci impedisce di godere in pace qualsiasi cosa. In noi c’è un verme che disturba
ogni nostro possibile riposo nelle cose. Tutte le cose non sono ancora nate che
già incominciano a morire: è questa la nostra tristezza.
Maestro: Che
cosa ti sembra significhi ciò?
Allievo: Nel
principio stesso delle cose è già scritta la loro fine: questo sì, lo notiamo
facilmente: ma che cosa significati questo, quale sia il senso, quale il
principio, non è ancora altrettanto chiaro. Perché tutte le cose che nascono e
nel momento stesso in cui nascono portano già scritta la loro morte? Perché nel
principio c’è già la fine? Perché?
Maestro: Cerchiamo
di addentrarci con attenzione e delicatezza in questo argomento. Ascolta: se
nel loro principio le cose rivelano già la loro fine, non ti sembra che ciò
significhi che tutte le cose non sono disgiunte in nessun loro tempo dalla loro
fine?
Allievo: Sì,
è vero.
Maestro: E
se non sono disgiunte, che cosa ti sembra sia il disgiungerle?
Allievo: Se
non sono disgiunte, non è possibile disgiungerle.
Maestro: Hai
ragione. Ma osserva: fare un errore non è forse fare qualcosa di diverso da ciò
che in realtà è?
Allievo: Sì.
Maestro: L’uomo
fa degli errori?
Allievo: Certamente,
molti.
Maestro: Che
cosa significa ciò se non ch’egli ha la possibilità di fare cose diverse da
quello che in realtà sono?
Allievo: È
vero.
Maestro: L’uomo
ha dunque la possibilità di fare degli errori, cioè ha la possibilità di fare o
di ritenere le cose diverse da quello che in realtà sono. Quindi ha la
possibilità anche di disgiungere ciò che in realtà è unito. Non ti sembra?
Allievo: Lo
riconosco. Ed è vero allora quanto è stato affermato sopra: è possibile
disgiungere cose che non sono disgiunte; ma questo adesso ha ricevuto
un’interessante precisazione: non è possibile disgiungere nella realtà le cose
che non sono disgiunte, ma l’uomo le può disgiungere in se stesso.
Maestro: Hai
concluso bene. Ma ora dimmi: l’uomo disgiungendo le cose che in realtà sono
unite, muta forse la loro realtà?
Allievo: No,
assolutamente. Le cose restano quelle che sono nella loro realtà,
indipendentemente da come le consideri l’uomo. Esse restano unite anche se
l’uomo le considera disunite.
Maestro: Bene,
allora ritorniamo alla nostra domanda: Se le cose non sono disgiunte dalla loro
fine, che cosa ti sembra sia il disgiungerle?
Allievo: Ora
è chiaro: è fare un errore.
Maestro: Non
ti sembra che ora possiamo già trarre un primo significato dal fatto che le
cose nascono con il segno della loro fine?
Allievo: Quale?
Maestro: L’uomo
deve fare degli errori?
Allievo: No,
anzi, deve evitarli.
Maestro: Qual
è allora il primo significato delle cose unite alla loro fine?
Allievo: Ho
capito: l’uomo non deve disgiungerle. Egli non deve disgiungere ciò che è unito
a meno di fare un errore di cui dovrà subire le conseguenze. L’uomo non deve
cioè disgiungere le cose dalla loro fine, non deve considerare eterno ciò che
eterno non è, stabile ciò che è instabile, a meno di commettere un errore verso
i dati e quindi un’ingiustizia.
Maestro: Vedi
quindi che già nel principio di ogni cosa e di tutte le cose è scritto: nulla
vi è di stabile, tutto passa, tutto muore. Ora dimmi: come potremmo noi vedere
che tutto passa, e quindi intendere ciò che è scritto nelle cose, se in noi non
fosse presente ciò che non passa?
Allievo:
Sì, per vedere ciò che passa bisogna in un certo qual modo che noi siamo fuori
di esso.
Maestro: Se
dunque tutto passa e non vi è alcuna pagina dell’esistenza di alcuna cosa che
non porti scritto la sua fine, non è forse la luce dell’Eterno che penetra
nelle cose tutte e le permea e le fermenta?
Allievo: L’Eterno
fa sentire la sua voce già fin nella prima pagina…
Maestro: Ecco
perché è scritto: “In principio era il Verbo”.
Allievo: Sì,
ora l’intendo. E più ancora intendo: “Tutte le cose sono state fatte per
mezzo di Lui”.
Maestro: E
quella luce dell’Eterno che penetra nelle cose tutte non è forse quanto è
detto: “La Luce splende tra le tenebre…”?
Allievo: Sì,
è vero, ed è bello.
Maestro: Abbiamo
veduto dunque che l’uomo è tenuto, a meno di un errore di cui non abbiamo
ancora valutato le conseguenze, ad aderire alle cose come esse sono, in quella
totale realtà con cui si presentano a chi viene al mondo; realtà composta di
cose congiunte in ogni loro tempo alla loro fine. Ti sembra che ciò abbia uno
scopo per l’uomo?
Allievo: Certamente:
se il non aderire a questa realtà, cioè se il considerare le cose come
immutabili, causa nell’uomo un errore e quindi un inganno, l’aderire alla
realtà deve necessariamente causare in lui qualcosa di diverso dal non-aderire.
Maestro: Che
cosa ti sembra allora derivi all’uomo dall’aderire alle cose come sono?
Allievo: Mah!
Non saprei precisare.
Maestro: Osserviamo
insieme: quando vediamo qualcosa e attratti da esso lo prendiamo nelle nostre
mani per meglio considerarlo, se questo improvvisamente scompare, restiamo
indifferenti?
Allievo: No,
assolutamente, anzi sentiamo il bisogno di cercare la causa di quell’improvviso
mutamento.
Maestro: Dimmi,
da che cosa è nato in noi quel bisogno di cercare?
Allievo: Proprio
dal fatto del mutamento avvenuto in ciò che era nelle nostre mani.
Maestro: Se
quella cosa non fosse mutata o scomparsa, avremmo sentito il bisogno di cercare
la causa?
Allievo: No!
Ma ormai ho capito dove vuoi giungere.
Maestro: Che
cosa dunque ha fatto sorgere in noi quel mutamento?
Allievo:
Ha fatto sorgere un problema, il bisogno di un perché?
Maestro: Hai
detto bene: ha fatto sorgere un problema. Ora, osserva e rispondi alla domanda
che ti era stata posta sopra: che cosa ti sembra derivi all’uomo dall’aderire
alle cose che nascono e muoiono, dal non disgiungere cioè le cose dalla loro
fine?
Allievo: È
chiaro: ne deriva un problema.
Maestro: Vedi
un po’ di precisarlo.
Allievo:
Se noi manteniamo unite le cose alla loro fine, se noi cioè teniamo presente
che tutto passa, sorge in noi il problema: qual è la ragione di questo passare?
Sorge in noi un movimento, un desiderio di conoscenza. Direi che il passare
delle cose sia per noi una tentazione a conoscere, un invito ad applicare il
nostro intelletto.
Maestro: Molto
bene. E adesso possiamo anche intendere e valutare, se il Signore ce lo
concede, la prima delle conseguenze che deriva all’uomo s’egli compie l’errore
di staccare le cose dalla loro fine, di considerarle come se fossero stabili,
eterne. Abbiamo infatti visto sopra, che l’uomo ha la possibilità di
considerare le cose come se fossero stabili, eterne, possibilità cioè di
separare nel suo pensiero le cose dalla loro fine, di astrarre dalla loro
realtà, di fare un’estrapolazione, direbbero i matematici, della loro esistenza
al di là dei suoi estremi, e di comportarsi in conseguenza.
Allievo: Sì,
credo di poterlo precisare semplicemente così: se aderendo alle cose nella loro
realtà mutevole sorge in noi un problema, disgiungendo le cose dalla loro fine,
non sorge in noi quel problema.
Maestro: Proprio
così. Se noi stacchiamo le cose dalla loro fine e le consideriamo stabili,
immutabili, nessun problema sorge in noi. Lo diresti un bene od un male?
Allievo: Apparentemente
direi che il non aver problemi sia un bene: l’uomo è in pace, in riposo e gode
di serenità spensierata.
Maestro: Sì,
ma è la pace che deriva dall’irrealtà, dal sogno, dalla droga che l’uomo ha la
possibilità di darsi disgiungendo le cose dalla loro fine, e che dà luogo
sempre ad un risveglio molto amaro. Ne convieni?
Allievo: Certamente.
Maestro: Anzi,
direi che è una pace che somiglia molto alla morte, poiché la vita dell’uomo è
desiderio, ricerca. Intanto però abbiamo potuto intendere ora un fatto
interessante: come l’uomo possa trovarsi in pace anche se non conosce Dio, la
Verità assoluta; come cioè possa non sentire il desiderio di conoscere Dio, di
cercare la Verità. Hai veduto?
Allievo: Oh,
sì. L’uomo può drogarsi disgiungendo le cose dalla loro fine, per cui egli
considerando le cose stabili, eterne, non sente il bisogno di altra Verità. È
come un ammalato di cancro che per effetto di continue droghe non senta il
dolore e quindi non ritenga di essere grave. Un giorno tutto precipiterà
improvvisamente, ma nulla più sarà possibile fare.
Maestro: Vorresti
ora riassumere il nostro argomento onde poter poi proseguire?
Allievo: Ecco:
se noi stacchiamo le cose dalla loro fine e le consideriamo stabili,
immutabili, mentre tali in realtà non sono, nessun problema sorge in noi a loro
riguardo. Ma se noi le manteniamo unite alla loro fine, quale effettivamente
sono, se noi teniamo presente in noi e per noi, che tutto passa, in noi stessi
sorge il problema che talvolta può assumere aspetti angosciosi: “Qual è il
senso di tutto questo passare? Che cos’è questo fiume che va? Questo fuoco che
consuma ogni cosa, ogni creatura e la nostra stessa vita? Perché?
Maestro: Sarebbe
molto interessante domandarci e cercare di capire perché noi ci domandiamo
questi perché. Ma non dobbiamo allontanarci dalla fedeltà dell’argomento che
stiamo seguendo. Teniamolo presente, forse a qualche svolta ce lo ritroveremo
davanti. Abbiamo dunque visto che mantenendo le cose unite alla loro fine, la
nostra anima si mette in movimento: in essa si formano i problemi, i desideri
di conoscere; cioè si forma in noi della vita. Che ne deduci?
Allievo:
Che tutte le cose, rispettate come sono fatte, e quindi considerate nella loro
realtà, sono semi di vita per noi.
Maestro: Bravo,
proprio così. Esse ci fanno uscire dalla nostra staticità, dal nostro sonno.
Non ti sembra quindi che tutte le cose ci dicano: è ora di svegliarci: la notte
è inoltrata e il giorno si avvicina?
Allievo: Nei
giorni della creazione, il Signore guardando le cose fatte riconobbe ch’erano
fatte molto bene (Gen 1,31).
Maestro: Tutte
le cose sono buone perché sono risveglio per l’uomo, sono semi di vita. Ora,
possiamo anche intendere quanto è scritto nel libro della Sapienza: “Dio ha
fatto tutte le cose per la vita” (cf Sap 11,23-26). “Egli non ha voluto
la morte” (Sap 1,13). Le cose considerate con semplicità in tutta la loro
realtà, e non artificiosamente astratte da essa, sollecitano in noi il
risveglio delle nostre facoltà superiori, un desiderio di ricerca e di sapere,
che è principio di sapienza, un principio di vita dello spirito. Ecco perché i
bambini prendendo contatto giorno per giorno con il mondo in cui sono chiamati
a vivere, sentono sorgere nella loro anima i “perché?”. È vita che entra in
essi. Le domande sono quindi seme di vita in noi. Ma noi non domanderemmo se
non scoprissimo in noi l’incapacità a rispondere, la nostra povertà spirituale.
Le cose per prime ci fanno toccare con mano la nostra povertà spirituale, ci
fanno poveri di spirito. I poveri di spirito sono coloro che interrogano. Hai
notato come l’uomo ad un certo momento del suo tempo di vita, cessa di interrogare?
Allievo: No,
ma ora che tu me lo dici, lo riconosco vero.
Maestro: E
sai perché?
Allievo: Forse
perché ritiene di essere già abbastanza sapiente. O forse perché le cose non lo
sollecitano più a cercare.
Maestro: Delle
due, una. Pensi veramente che tutti coloro che non sentono più attrazione a
cercare, che non interrogano più, che non sentono l’ansia della Verità, siano
sapienti?
Allievo: Oh,
no! È troppo evidente la realtà degli uomini tra noi, ed il loro modo di vivere,
che proprio non si può dire ch’essi abbiano trovato la sapienza.
Maestro: E
se non sono sapienti, perché le cose non li sollecitano a domandare, a cercare,
come sollecitano i bambini?
Allievo: Credo
che ciò derivi dal fatto ch’essi non hanno più tempo per questo, come l’avevano
quand’erano bambini.
Maestro: E
perché non hanno più tempo per ascoltare ciò che tutte le cose dicono loro?
Allievo: Perché
sono preoccupati per altro; la loro mente è occupata in altro e questo
impedisce loro di ascoltare.
Maestro: Sai
cos’è che preoccupa l’uomo? È il desiderio di rendere stabile ciò che non è
stabile, di rendere eterno ciò che eterno non è. È la conseguenza di
quell’errore che abbiamo visto all’inizio quando l’uomo disgiunge le cose dalla
loro fine. Allora egli considerandole immutabili, le vuole immutabili e più si
adopera e si affanna e corre per arrestare ciò che gli si muta fra le mani.
Allora tutto preso solo più dall’azione, non ha più tempo per l’ascolto.
Allievo: Ciò
che tu dici mi apre una grande finestra sul mondo degli uomini. Mi sembra di
intuire tutto un mondo nuovo di osservazioni e di riflessioni.
Maestro: Avremo
tempo, se Iddio ce lo vorrà concedere, per approfondire tale cosa. È necessario
camminare con fedeltà e ritornare sulla linea di pensieri che stavamo seguendo.
Ti è chiaro ora perché l’uomo nella sua vita cessa di interrogare?
Allievo: Sì,
perché non ascolta più le cose che lo sollecitano ancora e sempre a cercare. E
non ascolta più perché è tutto preso dall’azione di voler rendere stabile ciò
che non è, e non può essere, stabile.
Maestro: L’uomo
preso dall’azione non ha più orecchi per ascoltare. Ecco perché Gesù dice: “Se
non ritornerete come piccoli, non entrerete nel regno della Verità” (Mt
18,3). Il Regno di Dio è per i poveri dello spirito, per coloro che interrogano
e cercano, per coloro che non si rassegnano a vivere nella confusione, per i
piccoli. Coloro infatti che hanno orecchi per ascoltare, interrogano e cercano.
E cercando trovano la Verità e la Verità li fa liberi (cf Gv 8,32). Ed ora
ascolta: se le cose passando fanno sorgere in noi una ricerca, la ricerca di
qualcosa in cui sia la ragione del loro passare, se passando davanti ai nostri
occhi risvegliano la nostra mente e la sollecitano a lavorare, non parlano
forse a noi, non dicono forse a noi qualcosa?
Allievo: Dicono
certamente. Se non dicessero qualcosa, resteremmo indifferenti dinnanzi ad
esse.
Maestro: Se
noi separiamo le cose dalla loro fine, sorge ancora in noi la ricerca?
Allievo: No.
Maestro: Quindi
le cose astratte dalla loro fine non ti dicono più niente. Non ti sembra?
Allievo: È
vero.
Maestro: Che
cosa ti sembra invece dicano le cose mantenute unite alla loro fine?
Allievo: Ci
dicono l’esistenza di qualcos’altro in cui è la ragione del loro passare.
Maestro: Ma
dire l’esistenza di qualcos’altro, non è forse testimoniarlo, predicarlo,
annunciarlo? Sostanzialmente le cose passando annunciano a noi l’esistenza di
qualcos’altro.
Allievo: Sì,
ce lo annunciano, ce lo predicano, ce lo testimoniano e ci sollecitano a
cercarlo.
Maestro: Se
le cose non passassero, ci annuncerebbero questo qualcos’altro?
Allievo: No,
certamente.
Maestro: Che
cosa ci annuncerebbero?
Allievo: Abbiamo
visto sopra che le cose astratte dalla loro fine, e quindi considerate come se
non passassero, non ci dicono più niente; perciò ci annuncerebbero niente. Ma,
ripensandoci, ora direi che qualcosa ci annunciano: se stesse.
Maestro: Hai
visto bene. Infatti in nessun modo qualcosa ci può annunciare niente. Ora,
dimmi: annunciandoci se stesse, come si annunciano?
Allievo: Come
cose che non passano, poiché abbiamo visto prima che se passano ci annunciano
qualcos’altro, cioè qualcosa di diverso da se stesse.
Maestro: Annunciandosi
come cose che non passano, ci dicono il vero di sé?
Allievo: No,
poiché effettivamente passano.
Maestro: Che
cosa dicono allora a noi?
Allievo: Il
falso. Le cose ci ingannano.
Maestro:
Hai detto: le cose ci ingannano. Come può darsi che ci siano cose che ingannino
l’uomo, che lo inducano in errore quando a lui è già tanto difficile il cammino
della Verità? Sarebbe veramente un ben triste destino il suo: vivere in mezzo a
ciò che lo inganna. A parte il fatto che sarebbe impossibile giustificare che
Dio, Creatore di tutte le cose, voglia ingannare l’uomo.
Allievo: Penso
che dobbiamo ritornare sui nostri pensieri poiché siamo giunti ad una
conclusione assurda.
Maestro: Vediamo
un po’: abbiamo detto che le cose passando ci annunciano qualcos’altro. È vero?
Allievo: Sì.
Maestro: Ed
abbiamo detto che se le cose non passassero non ci annuncerebbero qualcosa di
diverso da sé, ma se stesse. E vero?
Allievo: Sì.
Maestro: Ma
ci sono cose che non passano?
Allievo: No.
È soltanto l’uomo che avendo la possibilità di disgiungere le cose dalla loro
fine, le può considerare come stabili, immutabili.
Maestro: Vedi
dunque: da chi deriva l’inganno?
Allievo: Ho
capito: l’inganno deriva dall’uomo stesso. Egli riceve dalle cose l’annuncio di
ciò che egli stesso ha seminato. Esse sono l’eco della sua parola.
Maestro: Quindi
le cose predicano, annunciano se stesse solo all’uomo che ha voluto
disgiungerle dalla loro fine.
Allievo: L’uomo
viene ingannato dai suoi stessi idoli: è vero anche questo.
Maestro: Ecco
allora la seconda delle conseguenze che deriva all’uomo s’egli compie l’errore
di staccare le cose dalla loro fine. Ti sembra chiaro?
Allievo: Sì,
quella di essere ingannato dalle cose stesse.
Maestro: Vogliamo
vedere le conseguenze di questo inganno?
Allievo: Mi
è chiaro, poiché ricordo quanto avevamo detto circa la possibilità di perdere
la facoltà di ascoltare: l’uomo preoccupato di rendere stabile ciò che stabile
non è, non ha più tempo per ascoltare il vero linguaggio delle cose e cessa
quindi di interrogare. Le cose staccate dalla loro fine, annunciano se stesse
all’uomo e questi resta preso dal bisogno di vivere come se quelle cose fossero
stabili. Ma esse tali non sono in realtà, ed egli si inoltra su di un cammino
impossibile: quello di rendere stabile ciò che stabile non è, eterno ciò che
eterno non è.
Maestro: Vuoi
riassumere le conseguenze che abbiamo visto derivare all’uomo quando questi
disgiunge le cose dalla loro fine, astrae cioè dalla loro realtà?
Allievo: Ecco:
la prima conseguenza è di non sentire più il problema che le cose passando
pongono all’uomo, desiderio di conoscere la ragione del loro passare.
La seconda conseguenza è di
essere ingannato dalle cose stesse ch’egli ha voluto staccare dalla loro fine.
Esse lo ingannano non di per sé, ma per l’errore ch’egli stesso ha voluto
seminare in esse. Per questo inganno nell’uomo si accende un fuoco, una
passione che lo consuma: quello di rendere eterno ciò che eterno non è...
Maestro: …e
in ciò che sarebbe eterno solo a condizione che l’uomo non lo considerasse
eterno. Ma per ora di questo nulla dobbiamo dire. Ritorniamo piuttosto al
nostro argomento. Abbiamo constatato che le cose passando annunciano,
predicano, testimoniano a noi l’esistenza di qualcos’altro. Per quale motivo se
non per invitarci ad incontrarlo?
Allievo: Evidentemente,
se fanno sorgere in noi il desiderio di conoscerlo.
Maestro: Che
significa incontrare?
Allievo: È
giungere alla presenza.
Maestro: C’è
qualcosa quindi di noi che deve giungere alla presenza di ciò che le cose passando
annunciano, e c’è qualcosa nell’universo che vuole venire a noi, incontrarsi
con noi. Non ti sembra?
Allievo: Tutto
veramente in noi e fuori di noi ci testimonia tale cosa.
Maestro: Possiamo
quindi dire che le cose passando ci annunciano la venuta in noi di
qualcos’altro?
Allievo: È
logico; infatti sollecitandoci a cercare ciò che esse ci dicono esistente, ci
annunciano ciò che noi ubbidienti al loro invito, cercando, domani
incontreremo.
Maestro: Vedi
quindi che le cose ci annunciano la venuta di ciò che domani sarà con noi?
Allievo: Sì,
è chiaro.
Maestro: A
questo punto siamo giunti a scoprire la ragione del passare delle cose.
Allievo: Esse
passano per annunciarci un Altro?
Maestro: Proprio
così. Qui sta il motivo della loro esistenza, il loro principio. Le cose
esistono e passano per annunciarci un Altro.
Allievo: È
strano: meditando sul fine delle cose siamo giunti a scoprire il loro
principio, la ragione della loro esistenza. Non ci sarà forse anche in questo
un significato?
Maestro: Giacché
la domanda ora si è affacciata su gli orizzonti della tua mente e poiché
abbiamo visto prima che le domande sono un seme di vita per il nostro spirito,
mi sembra adesso che con più scrupolo dobbiamo essere attenti ad esse. Anche
noi osservando le cose su cui abbiamo rivolto i nostri pensieri, siamo
approdati ad un problema notando un fatto singolare: meditando sul fine abbiamo
scoperto il principio. Perché questo? Ma ora ti consiglio di andare a dormire.
Ne parleremo al prossimo incontro…
(L.B.)
L’Avvento ci ripresenta il
senso principale della nostra vita; ci immerge nei problemi dell’anima, quei
problemi che quotidianamente si annunciano attraverso tutti i fatti, ma che quotidianamente
trascuriamo ed accantoniamo in nome di altre cose che riteniamo urgenti: quelle
che fanno il nostro oggi di ogni giorno.
Invece il nostro oggi è:
Dio parla con te. L’Avvento ci fa considerare la presenza e ci educa
all’ascolto di Dio. Già nella sua prima pagina ci dice che tutto passa e tutto
è segno di un Altro che viene. “Il cielo e la terra passeranno… gli uomini
verranno meno… angoscia, smarrimento e ansia sul mondo intero”.
Anche sulla prima pagina
dell’universo è già scritta la fine di tutte le cose, è già scritto che Dio
viene. Viene perché già è: Dio è Colui che è. Tutte le cose nascono e muoiono
ogni giorno. Non sono ancora nate che già incominciano a morire. Come l’amore
umano.
Nel principio stesso delle
cose è già scritto la loro fine. Perché?
Tutta la creazione è
avvento, introduzione a Dio. Tutto viene a morire in noi come un’onda su la
riva, per trasmetterci un segno, un messaggio, una parola di Colui che è con
noi; per far sorgere in noi uno sguardo, un pensiero a Dio. Tutte le cose
passano per lasciare il posto in noi alla sua Verità. Quel Verbo che parla a
noi di Dio è quello stesso che è il Principio di tutte le cose.
Avvento: una nuova vita è
annunziata e ci viene detto anche il principio di essa. Il principio è antico:
è la Parola di Dio. Antico, non vecchio. “In principio era il Verbo ed il
Verbo era Dio…”. Se un principio è annunciato, una scelta ci è imposta. Se
è stato scritto: “In principio era il Verbo” fu per dirci: il principio
della nostra vita sta qui, in questo Verbo. Infatti subito dopo si dice: “In
Lui era la vita”.
Tutte le cose che sono
state scritte, sono per noi, non per cultura o notizia, ma affinché scopriamo e
impariamo a conoscere la via della vita ed evitiamo il vuoto, l’angoscia, la
morte spirituale. L’Avvento ci presenta il principio che dobbiamo porre per la
nostra vita. “Io sono il Principio”(Ap 21,6; Ap 22,13) dice Dio. Se Dio
è il Principio, dobbiamo metterlo come principio del nostro pensare, credere,
sperare, amare.
L’uomo che ha Dio come
principio è un uomo nuovo, che non si lascia più guidare dagli elementi del
mondo, dagli altri, dal criterio della massa, “perché tutti fanno così”, dalla
moda, dall’abitudine, dalla routine degli affari, degli eventi; ma da Dio,
dalla Verità di Lui presente ed operante in tutto: ha la sua anima nelle sue
mani, ha in sé la ragione della sua fede, della sua speranza, della sua vita. “Chi
è da Dio ascolta parole di Dio” (Gv 8,47).
Forse siamo giunti già al
tramonto della nostra vita e non abbiamo ancora posto il principio della nostra
vita, di quella vita cosciente, spirituale, personale, libera, senza la quale
non si nasce mai. Sì, c’è il rischio per l’uomo, e anche per la donna, di
passare tutta la vita senza nascere. C’è il rischio di restare degli aborti.
Veramente Dio ha messo la nostra vita nelle nostre mani.
Tempo di Avvento: invito a
mettere il principio, invito a riconoscere la Verità, invito a fare una scelta
e a pensare con la propria testa e con tutta la propria anima. È il nostro
rischio. È la nostra fatica: fatica di essere uomini. È la nostra preghiera per
questo tempo di Avvento: Signore, insegnaci ed aiutaci a mettere il principio
della nostra vita; insegnaci a mettere Te.
(articolo
pubblicato su “La Fedeltà” del 26.11.1969 scritto da Luigi Bracco)
In principio era il Verbo e il Verbo era
presso Dio e il Verbo era Dio Gv 1 Vs 1 Secondo tema.
Titolo: Il principio
dell’intelligenza
Argomenti: Colloquio con Dio. La funzione sacerdotale. Recuperare nel Principio. Il Pensiero di Dio. Passione d’assoluto. Rapporti. Assolutizzare. Coscienza di essere. Lontananza da Dio. Incapacità d’ascolto. Separare la Parola da Dio.
19/settembre/1975
Luigi: “Il Verbo era presso Dio”: “era”,
poi non più. Il distacco è avvenuto in noi. Infatti Lui dice: “Io e
il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30).
Ci
dice che in principio per noi, in noi, il Verbo, la Parola, era presso Dio;
presso, vicino, in seguito si è distanziato.
“Le vostre colpe hanno costruito dei muri fra Me e voi” (cf Is 59,2; Ger 5,25). Siamo noi che creiamo le distanze
per la difformità di volontà e di pensiero.
“In principio”, tutto
ciò che era Verbo, Parola, lo collegavamo direttamente col Padre. Tutte le
Parole di Dio erano sempre ascoltate alla presenza del Padre.
Poi
la parola fu staccata.
La
parola è un segno che va interpretato.
Lo posso interpretare nel pensiero del mio io, oppure nel pensiero di chi parla:
ma allora è necessaria la Sua presenza. Ma noi possiamo creare una distanza tra
la Parola e Colui che parla. Il principio, quindi, di intelligenza della
parola sta nella presenza di chi la dice.
Dicendoci
che “in principio il Verbo era presso Dio”, Dio ci invita a ritornare a
quel principio di intelligenza. Invece
noi dividiamo Dio dalla sua Parola, creando la lontananza. Seminiamo in noi il
principio dell’errore e di ogni stoltezza.
Pensieri tratti dagli incontri svolti il
Sabato:
Sabato 17.01.1976:
(appunti)
Luigi: “E il Verbo era presso Dio”: l’uomo nel
principio raccoglieva le parole di Dio in Dio, rapportava tutto a Lui. Ora
invece l’uomo stacca la realtà da Lui, assolutizzandola.
La
Genesi dice che nel principio Adamo passeggiava nel giardino con Dio (cf Gen
3,8). Questo “passeggiava” vuol dire che parlava, che colloquiava. Poi
l’uomo si è allontanato da Dio, e ha perso la capacità di rimanere con Lui, di
parlare con Lui, di rapportare tutto a Lui.
Non
è Dio che è cambiato, ma gli uomini sono cambiati: ora gli uomini parlano con
gli uomini e non più con Dio. All’uomo che si lamenta con Dio: “perché ci hai
lasciati così desolati?”, Dio risponde: “In principio non era così: la
creatura, ascoltando Me, intendeva e conosceva”. In principio era la Parola di
Dio che parlava all’uomo (vedi Paradiso terrestre). Uno solo è il Maestro: è
Dio che parla all’uomo, dentro di noi e ci fa capire. Nella situazione
originaria (in principio) era Dio che ci parlava nelle cose. Nella situazione
attuale sono le cose che ci parlano di Dio. Ricuperare il principio è fare
il passaggio inverso.
Sabato 02.04.1983
Luigi: Abbiamo visto la prima parte del
versetto 1: “In principio era il Verbo…”; adesso fermiamoci sulla
seconda: “…il Verbo era presso Dio”.
Ida: Il
Verbo, il Pensiero di Dio, era presso Dio, però non riesco a capire…; cioè, il
Pensiero è sempre presso Dio; sarebbe: in noi non lo è più?
Luigi:
All’inizio, a fondamento di tutto era il Verbo, poi ad un certo momento il
mondo ha preso piede in noi. Qui non è cultura, la Parola di Dio non arriva a
noi per fare della cultura, per informarci su quello che era in principio, ma è
una proposta per darci la possibilità di recuperare quello che abbiamo perso.
Quindi è sempre un raffronto che dobbiamo fare tra la situazione di adesso e la
situazione come era, come era voluta da Dio. Nella Vergine, nella Madonna,
si realizza “Il Verbo è presso Dio”; in noi invece non più, il mondo
prevale su di noi. Infatti ad un certo momento le creature, i segni, le parole
degli uomini prevalgono, e allora il Verbo diventa lontano per noi. Però,
ripeto: questo ci viene detto per recuperare quello che era in principio,
perché la luce sta nel principio, la luce sta nel Verbo; e “L’uomo
vive di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio”,(Mt 4,4), quindi
vive nel Verbo. Se noi ci allontaniamo dal Verbo, ci allontaniamo dalla
nostra vita. Infatti “uccidendo Cristo noi abbiamo ucciso la nostra vita”
(cf At 3,15); noi uccidiamo la nostra vita trascurando il Verbo di Dio.
Ida: Ma,
quando nella mia vita era presso Dio?
Luigi: In
principio, cioè nel disegno di Dio. Dio ha concepito l’uomo così, in
principio l’ha concepito così. Per cui Dio ha fatto l’uomo abitazione di Sé,
e l’uomo vive alla presenza della Parola di Dio. L’uomo è un portatore del
Verbo di Dio; però succede che non consulta mai il Verbo di Dio che porta
in sé.
Noi
siamo abitati dal Verbo di Dio, però non lo consultiamo mai, e allora perdiamo
il contatto con la Luce, quindi perdiamo il contatto con la Vita. Infatti, se
ad un certo momento della vita siamo smarriti, non sappiamo più per che cosa
vivere, siamo confusi, siamo tristi, è perché abbiamo perso il contatto con la
Vita.
La
tua Vita è nel Principio, e nel principio era
il Verbo, quindi recuperalo in continuazione. Ogni parola che ascolti,
riportala sempre nel Verbo: è questa la funzione sacerdotale. La vera
funzione sacerdotale è quella di consacrare ogni parola, che arriva a te, a Dio;
perché ogni cosa è di Dio, quindi riportatala a Dio, e Dio te la illuminerà. Dio
abita in te, quindi riporta ogni cosa a Dio in questo Silenzio. Ogni cosa
che arriva a noi dall’esterno deve essere da noi interiorizzata, e in questa
interiorità deve essere riportata a Dio.
Ida: E
questo “presso” vuol dire che è?
Luigi: “Era
presso”, era vicino a Dio. Se dice “era”,
tempo passato, vuol dire che adesso non è più, ma questo è per noi. Quindi, per
noi non è più, però in quanto ci viene detto, ci viene detto affinché
recuperiamo quello che era in principio. Per cui direi che la fatica di ogni
nostro giorno deve essere questo recupero del principio; noi dobbiamo
recuperare nel Principio ogni cosa. Ogni cosa che arriva a noi, arriva a noi
da lontananze infinite, e deve essere riportata nel principio. Il vero
lavoro dell’uomo è questo: riportare nel principio sapendo che in principio c’è
il Verbo.
Riporta
nel principio, e ritroverai la Sorgente, e in questa Sorgente tu attingerai la
vita. L’uomo non è fatto per costruire su terreni riportati, l’uomo è fatto per
costruire “la sua casa sulla roccia” (Mt 7,24). La roccia è il Cristo,
mentre il terreno riportato è il vivere di sentito dire.
Marco: In
questo “…e il Verbo era presso Dio” capivo il rapporto che c’è fra noi e
Dio, cioè il fatto che il Verbo senza Dio non può esistere, e invece Dio senza
il Verbo può esistere, o no?
Luigi: No!
Sono una cosa sola.
Marco: Ma
intendevo dire il Pensiero di Dio in noi.
Luigi: Vuoi
dire: Dio esiste senza di noi, noi non possiamo esistere senza Dio.
Marco: Però in
questo caso “…e il Verbo era presso Dio”, vuole dire che il nostro
Pensiero di Dio era presso Dio?!
Luigi: Diciamo
così: prima che in noi il mondo prendesse valore, il Verbo era presso Dio.
Gesù nell’ultima preghiera (la preghiera Sacerdotale) dice così: “Padre,
ritorna su di Me questa gloria che ebbi presso di Te prima che il mondo fosse” (Gv
17,5); forse che il mondo ha portato via qualche cosa? No! è in noi che il
mondo , la consistenza del mondo, le creature del mondo, l’autonomia del mondo
ha portato via quella gloria che il Verbo ha presso Dio; cioè noi non
riportando a Dio, ad un certo momento consideriamo tutte le creature non più
come segni di Dio, come parole di Dio per noi, ma le consideriamo autonome,
come esistenti di per sé. Ecco, ragionando con il mondo non vediamo più Dio,
non vediamo più l’opera di Dio in tutte le cose; mentre invece tutto è opera
di Dio, e in tutte le cose dobbiamo vedere la Parola di Dio.
Marco: Allora
non ho ben capito che cos’è questo Verbo; cioè: il Verbo sarebbe il Pensiero di
Dio.
Luigi: Sì, il
Verbo è il Pensiero di Dio!
Marco: Ma è
Pensiero di Dio in noi o è il Pensiero di Dio?
Luigi: Di per sé è Pensiero di Dio, che esiste senza di noi,
però abita in noi; e in quanto abita in noi, noi possiamo consultarlo; è
presente in noi. Dio è presente in noi anche senza di noi; anzi proprio la
sua Presenza in noi senza di noi costituisce noi. Tanto è vero che noi
siamo una passione per l’Assoluto; quindi, come mai siamo una passione per
l’Assoluto?
Perché
portiamo in noi Dio, anche se non ce ne rendiamo
conto. Noi siamo passione di assoluto; per cui anche se ci diciamo atei, anche
se ci dichiariamo non credenti in Dio, portiamo questa passione d’assoluto e
non possiamo liberarcene; e a causa di questa passione tutte le cose che noi
tocchiamo vogliamo che siano assolute, e tutta la fatica dell’uomo, è una
fatica per cercare di rendere assoluto quello che gli sta scappando. Noi
tendiamo a rendere fermo quello che non è fermo; ma come mai c’è nell’uomo
questa passione per l’Assoluto?
Perché
portiamo in noi Dio; soltanto che Lo cerchiamo in luoghi sbagliati. Siamo tutti
cercatori di Dio, siamo dei terribili cercatori di Dio, soltanto che Lo
cerchiamo in luoghi sbagliati. L’ho già detto molte volte: noi andiamo a
cercare mele su un larice per tutta la vita, e ci condanniamo al fallimento.
Dobbiamo saperlo dal principio: “tu devi sapere che sul larice le mele non le
puoi trovare; lì non crescono”.
Noi
sprechiamo tutta la nostra vita cercando mele su un larice, e poi all’ultimo
diciamo: “la mia vita è servita a niente”: lo dovevamo sapere! Noi stiamo
cercando l’Assoluto là dove l’Assoluto non può esserci; “Dio è Spirito, e
vuole adoratori in Spirito e Verità”(Gv 4,24). Quindi non cercare
l’Assoluto nelle creature, non cercare l’Assoluto al di fuori di te.
Purtroppo
siamo tutti dei tremendi cercatori dell’Assoluto attorno a noi.
Dio
abita in te, quindi rientra in te stesso e cerca il Suo Spirito, sapendo che
Dio è presente in te.
Ora,
questa fame di assoluto è un effetto della Presenza dell’Assoluto in noi. Però
soltanto conoscendo la Causa noi scopriamo…: “ah, ecco perché: io portavo
Questo! perché ci sei tu in me!”
Marco: Ma il
Pensiero di Dio senza di noi a che cosa serve? Se noi non ci fossimo?
Luigi: Dio non
ha bisogno della creazione.
Marco: Ma il
Pensiero di Dio?
Luigi: Il
Pensiero di Dio e Dio formano una cosa sola. Sono Persone distinte ma sono
un Essere unico. Dio è l’Assoluto; assoluto vuol dire che è sciolto da ogni
cosa relativa. Dio esiste di per Sé, ed è il Principio di tutto.
Don Giuseppe: Penso
che questo concetto, cioè che il Verbo deve esistere anche senza di noi, possa
spiegarsi così: Dio è un Essere intelligentissimo, e quindi capace di pensare,
e il suo Pensiero è perfettissimo. Lui pensa sempre, dall’Eternità sta sempre
pensando, quindi il suo Pensiero stesso è il Verbo, è lo specchio della sua
Essenza. Poi un essere intelligente ha bisogno di comunicarsi, Dio non può
essere un Essere isolato, solitario.
Marco: Ma se
noi non ci fossimo a chi si comunica?
Don Giuseppe: Dio si
comunica in Se stesso; il Pensiero di Dio costituisce una Persona già distinta
da Dio Padre che pensa.
Marco: “Distinta”
cosa vuol dire?
Don Giuseppe: Che non
è la stessa persona.
Marco: Allora
ci sono due Creatori?
Don Giuseppe: No! Dio
è Uno solo ma forma una “comunità”, perché ci sia comunicazione di amore, di
Pensiero. Ci stiamo inoltrando nel mistero….; però questo è per dire che il
Verbo può esistere molto bene senza che noi esistiamo. Dio si comunica in Se
stesso, è perfettissimo in questa comunione.
Piero: Dio ci
dà la condizione ideale, “il Verbo era presso Dio”, quindi dobbiamo
tornare a questa condizione: Pensiero Puro.
Luigi: Prima ci ha detto: “In principio era il Verbo”, quindi
a fondamento della tua esistenza c’è il Verbo di Dio; allora recupera questo
fondamento, e questo Verbo è presso Dio; quindi dobbiamo recuperare
questo rapporto. Noi essenzialmente siamo un rapporto, la nostra vita è
tutto un rapporto: l’amare, il credere sono tutti rapporti, soltanto che il
più delle volte stabiliamo un rapporto sbagliato. Il rapporto è essenzialmente
determinato da un punto fisso a cui noi rapportiamo le cose; il punto fisso
di riferimento deve essere Dio. Quindi dobbiamo riferire tutto a Dio;
invece noi generalmente riferiamo tutto al nostro io; allora tutti i rapporti
sono sbagliati, e questi rapporti sbagliati ci conducono alla morte. E allora
ecco il Signore che con la sua Parola ci dice: “guarda che il punto fisso
del tuo rapporto sono Io; tutto lo devi riferire a Me; Quindi supera, togli dal
centro della tua vita il pensiero di te stesso, metti il mio Pensiero, perché
in principio era così. Quindi ogni cosa non fermarla ai tuoi sentimenti, alle
tue impressioni, alle tue esperienze, alle tue conoscenze, a quello che dicono
gli altri; no! ma riportala sempre tutto in Me”.
Il
punto fisso di riferimento, il centro deve essere il Pensiero di Dio, il Verbo
di Dio. Allora se noi portiamo tutto a Dio, qui, in questa Luce ritroviamo la
Vita, ritroviamo il significato delle cose. Ecco, la cosa veramente importante
è questa: arrivare al significato delle cose secondo Lo Spirito di Dio. E
quando noi perdiamo il significato delle cose, allora noi entriamo in crisi
d’identità, anche per noi stessi, cioè una crisi di vita e la vita diventa
insopportabile, perché noi non possiamo sopportare una cosa senza significato.
Allora corriamo al suicidio. Cristo muore in Croce per precedere il nostro
suicidio, per evitarci il nostro suicidio. Perché noi, siccome siamo una
passione per l’Assoluto, non sopportiamo ciò che non ha significato; quindi non
possiamo sopportare una vita senza significato.
Ora,
il significato è sempre presso Dio, se noi trascuriamo Dio, noi ci togliamo il
Principio che dà significato a tutte le cose, e allora cadiamo nel relativo, e
nel relativo ad un certo momento tutto si sfascia.
Flavio: Pensavo
a questo “era” che si ripete…
Luigi: Anche
nel “Gloria” diciamo: “come era, come è e come sarà”:
“Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo; come era
nel principio ora e sempre, nei secoli dei secoli Amen”.
Flavio: …e che
a fondamento della nostra vita c’è questa Parola di Dio.
Luigi: Hai
detto bene: ha fondamento della nostra vita c’è il Pensiero di Dio. A
fondamento. Tutta la psicologia umana ha come fondamento il Pensiero di Dio.
Noi andiamo a cercare tante leggi, anche in psicologia, però tutti i problemi
dell’uomo stanno lì, nel Pensiero di Dio che porta con sé; tutte le tragedie
dell’uomo sono lì.
Flavio: La mia
posizione davanti al Pensiero di Dio diventa “era” perché assolutizzo tutto
quello che mi arriva, non essendo cosciente o convinto che sia Parola di Dio,
che sia Pensiero di Dio che arriva a me.
Luigi: Per tutti è così; noi siamo portati ad assolutizzare,
cioè a considerare le cose autonome e non le consideriamo come opere di Dio;
mentre tutto è opera di Dio, il Creatore è uno solo. Durante la Messa diciamo
il “Credo”: “Credo in Dio Padre, Creatore di tutte le cose visibili e
invisibili, creatore di tutto…”; quindi se Dio è Creatore di tutto, tutto è
segno suo, tutto è Parola sua; e allora non considerare niente in modo
autonomo. Ci vuole sempre questo rapporto: questo accade, questo esiste, e Dio
ne è il Creatore; ma allora, essendo Dio il Creatore, dobbiamo chiederci che
cosa vuol significarci attraverso ciò che ci presenta, cosa ci vuol dire
attraverso questo, tutto è Parola sua.
Quando
vediamo uno che opera, che fa qualche cosa, dobbiamo sempre cercare il
pensiero, l’intenzione sua, e non dobbiamo attribuire le nostre intenzioni. Noi
invece, nella creazione attribuiamo le nostre intenzioni; vediamo gli uomini e
proiettiamo le nostre intenzioni e allora travisiamo tutto.
Flavio: Vedevo
anche una differenza tra la prima parte del versetto e questa parte; anche la
seconda parte è un richiamo alla conversione, però l’ho vista in modo diverso;
cioè nella prima c’è la conversione nel riconoscere il nostro Principio e
adesso invece vedo l’atteggiamento che noi dobbiamo avere a riguardo di questo
Principio; cioè, è un’“era” diverso.
Luigi: Sì,
perché dice che questo principio era presso Dio; mentre adesso i nostri
principi sono ben lontani da Dio. Osserviamo i principi della stessa nostra
vita; noi confondiamo come principio le nostre regole di vita, i nostri doveri,
e non ci accorgiamo che sono molto lontani da Dio. Allora, questo versetto ci
dice: “guarda che il principio è la Presenza di Dio”, “Il Verbo era presso
Dio”, cioè la Parola di Dio era presso Dio. L’uomo vive non di ogni parola,
ma “vive di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio”, ecco
questo… “essere presso Dio” , quindi alla Presenza di Dio. Se tu non
trovi la presenza di Dio, le Parole non ti nutrono, non ti danno vita. Le
parole che arrivano a noi comunicano vita solo in quanto le attingiamo dalla
bocca di Dio, alla Presenza di Dio; allora lì diventano motivo di
comunione, la vita è comunione, quindi diventano motivo di vita, di
comunione con Dio. Ma se invece noi non attingiamo personalmente presso Dio, le
parole ci portano via Dio, anzi diventano motivo di morte. L’ho detto molte
volte: questo concetto è sintetizzato molto bene nella Messa: offertorio,
consacrazione e comunione. L’offertorio è quello che arriva a noi, che Dio ci
mette nelle mani dicendoci: “adesso tu portalo a Me e attendi che Io lo
consacri”; ecco, dobbiamo ricevere la parola di Dio da Dio stesso,
riportarla a Dio e attendere che Dio la faccia sua; e la parola che Lui
ha fatto sua diventa in noi motivo di comunione, motivo di vita.
Pinuccia B.: Cioè, ci
manifesta il suo Pensiero?!
Luigi: Certo,
su quello che offriamo.
Ida: In
principio era solo il Verbo, cioè c’era solo il Pensiero di Dio?!
Luigi: In
principio della nostra esistenza; e non in principio in Sé, perché altrimenti
diventa cultura. È il principio della nostra esistenza; cioè nel principio
della tua esistenza Dio ti ha concepito così: ponendo in te il suo Verbo.
La
creatura esemplare è la Vergine, l’Immacolata Concezione, è come Dio ha voluto
ognuno di noi, quindi non soltanto Lei.
Ora, in principio di questa Immacolata Concezione, di questa creatura come l’ha
voluta Dio, Dio ha posto il suo Verbo.
Noi
siamo abitati dal Verbo di Dio, noi portiamo il Verbo di Dio, come elemento costitutivo
della nostra esistenza: per questo siamo passione di assoluto. Noi siamo
ricercatori di Dio e la nostra vita si risolve soltanto cercando Dio, e
cercandolo personalmente. Non basta che lo cerchino gli altri, dobbiamo
cercarlo personalmente.
Ida: Il
pensiero dell’io viene da Dio?
Luigi: Si capisce,
perché è Dio che dà esistenza al pensiero del nostro io; noi siamo coscienza
di essere, ma se tu analizzi questa coscienza di essere arrivi a renderti conto
che è coscienza dell’Essere, che è Presenza di Dio in noi. Però questo noi
lo scopriamo soltanto contemplando noi stessi in Dio e da Dio, soltanto
guardando a noi da Dio; non dobbiamo guardare Dio da noi, dal nostro punto di
vista, ma dobbiamo guardare noi da Dio. Allora scopriamo e conosciamo anche
quello che siamo noi, cioè non è che l’uomo conoscendo se stesso conosca Dio, è
sbagliato il rapporto. L’uomo non deve partire da se stesso, dal suo io, ma
deve partire da Dio. Il punto fisso di riferimento è Dio, perché Dio è il
Creatore. Dio è il Principio, il Principio è il punto fisso di riferimento che
dobbiamo mettere; quindi dobbiamo rapportare anche il nostro io a Dio, come
d’altronde dobbiamo rapportare a Lui tutte le creature e tutti i segni; allora
qui il rapporto è giusto. Dio è il Principio, abbilo come Principio; Egli dice
ad ogni uomo: “Io sono il tuo Principio”; “Io sono il Principio, Io sono il
Fine” (Ap 22,13). Ora, lo dice affinché noi l’abbiamo a mettere come
Principio e come Fine. Cosa vuol dire avere Dio come Principio?
Partire da Dio, anche per
conoscere se stesso; quindi l’uomo da solo non può conoscere se stesso; l’uomo
conoscerà se stesso soltanto nella luce di Dio; conoscendo Dio, trovando Dio
conoscerà se stesso. L’uomo che vuole conoscere se stesso da sé, è come il cane
che gira per mordersi la coda; fintanto che pensa a se stesso l’uomo non
potrà assolutamente conoscere se stesso.
Ida: E la
fatica nel riportare è volontà di Dio?
Luigi: Siccome noi siamo figli delle nostre opere, quanto più
noi siamo stati autonomi, quindi quanto più abbiamo pensato a noi, abbiamo
fatto delle scelte nostre, abbiamo parlato da noi, tanto più c’è fatica per
recuperare questo Principio. Già nell’Antico Testamento il Signore dice che non
è Lui che si allontana da noi, ma sono le nostre colpe, i nostri peccati che ci
allontanano da Lui (cf Is 59,2; Ger 5,25); ma cos’è questo peccato? Il
peccato è questo considerarci autonomi da Dio, cioè considerare le nostre
scelte, i nostri pensieri, dire certe parole senza tener conto di Dio;
considerare i fatti, gli avvenimenti senza tener conto di Dio, in quanto non
diamo a Dio quello che è di Dio. Tutto è di Dio. Dio è il Creatore, quindi
tutto è suo; ma se è suo dallo a Lui.
Noi
siamo solo degli amministratori. L’amministratore è tenuto ad amministrare
secondo il Pensiero del Padrone; allora: cerca sempre il pensiero del Padrone.
Ora,
invece tutto quello che noi facciamo nel pensiero dell’io, questo crea in noi
delle distanze. Non è che Dio se ne vada lontano, perché Dio non è vicino o
lontano, Dio non si muove, siamo noi che ci muoviamo; diventando figli delle
nostre opere, se le nostre opere non sono secondo Dio, creiamo questa
lontananza. Come d’altronde se una persona che ama un’altra tradisce
quell’altra, anche di nascosto, nella sua anima si crea una lontananza. Ecco,
ci viene annunciato: “guarda che tu appartieni a quell’Altro, ricupera il
rapporto principale e ritroverai la vita. Invece ti sei creato una sorgente di
inquietudine, di tristezza e di angoscia e se non ti ravvedi vai a finire verso
la morte”.
Margherita: Questo
versetto rivela l’unità che deve esistere con Dio; al di fuori di questa tutto
si sgretola.
Luigi: Cioè, dobbiamo superare noi stessi, dobbiamo
dimenticarci e guardare Dio: in tutto è Dio che parla con te, quindi impara
a vivere alla Presenza di Dio e ad ascoltare Dio.
Noi
siamo essenzialmente fatti di ascolto. Colui che parla è uno solo, è il Verbo.
Dio è Colui che parla: “tu, creatura, sei fatta per l’ascolto; ascolta Dio”. La
Vergine ha concepito ascoltando: “Sia fatto di me secondo la tua Parola” (Lc
1,38); bisogna riportarci sempre a questo rapporto essenziale. In tutto
l’universo, in tutta la nostra vita c’è Uno che parla, è il Verbo di Dio, noi
siamo ascolto; nella misura in cui noi ascoltiamo cresciamo, e quindi
crescendo partecipiamo, e partecipando viviamo. Sarà Dio che ci condurrà
alla conoscenza di Sé parlando a noi, nella misura in cui noi accoglieremo.
Ora,
per accogliere è necessario fare silenzio. Quando parliamo noi non
possiamo ascoltare l’Altro, ci versiamo tutto addosso e sentiamo soltanto i
nostri rumori; e allora questo ci distrae, ci impedisce l’ascolto. Il non
ascolto ad un certo momento non solo non ci lascia più crescere, ma addirittura
ci disperde, e la morte è dispersione, perché la morte è divisione.
Don Giuseppe: Queste
riflessioni sulle Parole del Vangelo mi han fatto capire come cercate di farle
entrare nella vita pratica personale; non è uno studio psicologico o teologico.
Luigi: Certo, queste
Parole devono essere parte integrante della vita esistenziale di ogni persona.
Don Giuseppe: “Il
Verbo era presso Dio”, e se recuperato, ci porta a questa comunità con Dio;
se il Verbo si è comunicato a noi, è perché noi attraverso il Verbo possiamo
arrivare anche noi a essere presso Dio.
Luigi: “Nessuno
può arrivare al Padre se non per mezzo di Me” (Gv 14,6); quindi si richiede
questo passaggio al Pensiero di Dio. Ad un certo momento ci dobbiamo
raccogliere nel Pensiero di Dio, perché senza il Pensiero di Dio non possiamo
arrivare al Padre; il rapporto essenziale è qui, anche se noi lo dimentichiamo
nella maggior parte della nostra vita. Ecco perché poi naturalmente navighiamo
nella confusione, e non capiamo più niente, senza saper più dove andare come se
ci trovassimo in un paese straniero. Come mai ci troviamo in un paese
straniero? Dio ha fatto male le cose? No, siamo noi che abbiamo fatto male le
cose, che abbiamo perso la bussola.
Amalia: L’uomo
è fatto per cercare, per cogliere e per vedere il Pensiero di Dio in tutto.
Luigi: Sì,
perché è Lui che parla in tutto; è Dio che parla con noi in tutto. Dio parla
con noi dentro, ma parla anche a noi fuori, per cui non bisogna mai
chiudersi e dire: “ho ragione io, ecc “, No! Perché in tutto c’è la
Parola di Dio, ma se tutto è Parola di Dio, la nostra preoccupazione deve
essere questa: cercare l’Intenzione di Dio in tutte le cose, il Pensiero di
Dio, la lezione di Dio in tutte le cose.
Amalia: Vivere
alla presenza di Dio vuol dire cercare il Pensiero di Dio in tutto.
Luigi: Cercare
il Pensiero di Dio è vera preghiera. Pregare vuol dire elevare la nostra anima
a Dio, quindi cercare il Pensiero di Dio. Ecco, se fai questo lavoro interiore
non c’è più niente che ti distragga, non c’è più nulla che ti porti via. Le
creature ci portano via in quanto noi non le dialoghiamo con Dio, in quanto
trascuriamo la presenza di Dio. Ma se in tutte le cose noi vediamo la Parola di
Dio e diciamo: “questa è opera di Dio”, tutto ci invita a pregare; ed è
possibile una comunione continua. Anche chi ti pesta un piede, anche il
nemico è un motivo di preghiera; e solo così c’è la preghiera continua (“Pregate
sempre” Lc 18,1), perché in tutto uno cerca il Pensiero di Dio, sapendo che
Dio è il Creatore. Quindi sapendo che tutto è opera sua, noi dobbiamo in tutto
essere preoccupati di cercare il suo Pensiero.
Tiziana: Puoi
spiegarmi che cosa significa che il Verbo è Persona, mentre Dio Padre è
l’Essere.
Luigi: Il
Padre è anche Persona; la persona è un rapporto. L’Essere è assoluto, Dio Padre
è Colui che è, il Pensiero di Dio è Colui che è, lo Spirito Santo è Colui che
è.
Ora,
la persona è un rapporto, la coscienza è un rapporto. Quindi abbiamo
l’Essere in sé e il rapporto tra le tre Persone divine; il Padre che pensa a Se
stessa genera il Pensiero di Sé. Presso Dio il Pensiero esiste, e in quanto
esiste ha coscienza di essere generato. Il Padre è generante, il Figlio non
è generante, il Figlio è generato. Quindi vedi che c’è una distinzione. Il
Figlio non genera il Padre, il Figlio si riconosce generato dal Padre; riceve
tutto dal Padre, attribuisce tutto al Padre, riporta tutto al Padre. “Il
Figlio non può fare niente se non lo vede nel Padre” (Gv 5,19).
Marco: Quindi
il Figlio è tipo la luna che riflette la luce del sole?
Don Giuseppe: Puoi
pensare alla tua immagine nello specchio: la tua immagine nello specchio è una
cosa formale, non esiste realmente; in Dio la sua immagine, il suo Pensiero,
esiste realmente…
Luigi: E come
se tu ti specchiassi e ad un certo momento la tua immagine inizia a parlare con
te.
Marco: …la
luna vive di luce riflessa del sole…
Luigi: Questo
esempio non rende perché il Figlio forma una cosa sola col Padre. Il
Padre genera, il Figlio non genera, il Figlio è generato, si riconosce
generato; il riconoscersi generato è avere la coscienza della persona.
Pinuccia B.: Quindi è
una consapevolezza diversa di Se stesso quella che il Figlio ha rispetto al
Padre; ed è quello che costituisce la persona?!
Luigi: Si
capisce, ha una consapevolezza diversa eppure forma una cosa sola col Padre,
sia chiaro!?
Pinuccia B.: Nelle cose,
nei fatti che arrivano a me, in tutto, è il Verbo, il Pensiero di Dio che
arriva a me, e non è il Padre. Il Padre arriva a me per mezzo del suo
Pensiero. “Il Verbo era presso Dio”: dice “era” per il
peccato originale, per questa separazione causata dal non aver riportato tutto
a Dio, noi ora ci fermiamo alle apparenze e non cerchiamo più il Pensiero di
Dio in ciò che arriva a noi, cioè non le riportiamo nel Creatore, presso Dio,
presso il Padre…
Luigi: …cioè,
lo riferisci a te. Se ti chiedo: “perché fai questo?” e tu mi dici: “perché mi
piace” , dov’è il punto fisso di riferimento? è nel tuo io, perché fai una cosa
per la sensazione che ricevi nel farla. Ora, naturalmente tutta la creazione,
essendo tutta opera di Dio, ha qualche cosa di Dio; e ricevendo qualche cosa di
Dio, i segni, noi proviamo delle sensazioni, di piacere, di partecipazione, e
ci fermiamo a questa impressione. L’errore sta proprio qui, perché noi dobbiamo
cercare il Pensiero di Dio, dobbiamo metterci in rapporto con Dio, e non dobbiamo
fermarci a questo rapporto orizzontale.
Pinuccia B.: Ecco
perché se mi fermo nel rapporto orizzontale, in me, il rapporto con Dio diventa
“era”; e in questo “era” si vede la morte del Cristo, cioè
noi uccidiamo il Pensiero di Dio che arriva a noi, perché lo separiamo da
Dio...
Luigi: …quando
non ne teniamo conto. Non tener conto, spiritualmente parlando è uccidere.
Pinuccia B.: Cioè,
non cercando più il Pensiero di Dio, non uniamo ciò che ci arriva al Creatore,
ci fermiamo all’apparenza, quindi facciamo il nostro io come centro.
Luigi: Tu però
sai che non sei il Creatore; il filo d’erba basta per confonderti. Tu non sei
il Creatore del filo d’erba. Quando uno si vanta, basta dirgli: “prova a fare
un filo d’erba”. Quindi, certamente noi esistiamo in un mondo non fatto da noi.
Basta questo. Tu non sai ancora chi sia il Creatore, non importa, però sappi
che sei in casa d’altri; non l’hai fatto tu. Allora tu incomincia a muoverti
con circospezione; il Signore dice: “Togliti i sandali, perché sei in
terra santa” (Es 3.5); sei in terra d’Altri, sei in casa d’Altri,
quindi incomincia a muoverti con attenzione, con umiltà; appartieni al
Regno di Dio, non lo conosci, però cercalo, perché si annuncia in tutto.
Dio
in tutte le cose ti sta annunciando: “non sei tu che l’hai fatto”; basta questo
per stabilire il rapporto essenziale.
Ora,
in quanto tu invece riferisci a te, e dici: “questa cosa esiste perché la vedo
io”, sbagli, perché senza accorgertene implicitamente rapporti tutto al
pensiero del tuo io; e allora dici: “questa cosa non esiste perché io non la
vedo e non la tocco”, No! Esiste anche se tu non la vedi e non la tocchi.
Quindi non rapportare tutto a te, perché c’è tutto un mondo che tu vedi e
constati in rapporto a te, e c’è tutto un mondo che tu non vedi e non constati
che esiste anche indipendentemente da te.
Pinuccia B.: In Sé il
Pensiero di Dio è generato dal Padre, però in me questa situazione non è più
così, cioè io separo ciò che arriva a me dal Padre, ma non è che lo separi in
Sé…
Luigi: Ciò che
arriva a te lo separi dal Creatore; cioè lo riferisci a te anziché riferirlo al
Creatore, lo riferisci alle tue impressioni.
Pinuccia B.: E
praticamente questa è la passione del Cristo.
Luigi: Certo,
io faccio fuori il Pensiero di Dio da me; invece non debbo farlo fuori, perché
Lui si annuncia a me in tutto. Si annuncia.
Ora,
è diverso l’annuncio dalla conoscenza; tra l’annuncio e la conoscenza c’è molto
spazio. Quindi una cosa si annuncia a me, e in quanto si annuncia mi rende
attento.
È
il rumore che arriva a me, cioè sento solo il rumore senza vedere la sorgente
di questo rumore; però anche solo il sentire rumore mi permette di incominciare
a cercare.
Ora,
tutte le cose che arrivano a noi, essendo annunci, sono rumore. Tutta la
creazione è rumore di Dio; quindi, noi non lo vediamo ancora, però si annuncia.
Allora rendiamoci attenti, incominciamo a cercare, cerchiamo Dio.
Pinuccia B.: Se non
cerco il Pensiero di Dio tengo separato i segni di Dio da Dio. Tengo separato
in me il Verbo da Dio…
Luigi: Tieni
separate le cose dal Creatore. Non dai a Dio quel che è di Dio, diventi un “amministratore
infedele” (Lc 16,1-8), perché ti comporti secondo il pensiero del tuo io.
Pinuccia B.: Cioè,
non vedo più il Pensiero di Dio ma vedo le apparenze, vedo la cosa.
Luigi: Vedi la
cosa in sé, cioè vedi il gatto, vedi l’albero, vedi l’uomo, e dici: “è l’uomo
che ha fatto questo, è il gatto che ha fatto quell’altro…”, e non dialoghi più
con Dio.
Pinuccia B.: Quindi
si forma in noi un principio di disunione.
Luigi: Si
capisce, e questo è principio di morte. La morte è disunione; la vera
alienazione sta lì. Alienarsi da Dio è proprio alienarsi dalla vita; in tal
caso arriva il momento in cui in noi esperimentiamo la morte.
Pinuccia B.: Quindi
questo versetto va inteso come un invito a ritornare nella situazione iniziale…
Luigi: …a
ricuperare Quello che era in principio.
Pinuccia B.: Quindi a
tenere il Verbo unito a Dio; cioè devo cercare in Pensiero di Dio in tutto ciò
che arriva a me per collegarmi alla Parola che esce dalla bocca di Dio, il
Verbo che è generato dal Padre.
Luigi: Si
capisce, perché la Luce arriva a noi, quindi con la Luce la Vita (vedremo poi
in seguito “la vita era nella Luce” (Gv 1,4) ), dalla Bocca di Dio,
quindi da questo rapporto personale, a tu per tu. Per cui ”Quando tu vuoi
pregare, chiudi l’uscio, entra nel silenzio, nel segreto, e lì rivolgiti al
Padre” (Mt 6,6), ecco la “bocca”, questo rapporto personale. Senza
questo rapporto personale, la luce, per quanto sentiamo conversazioni, discussioni
teologiche, e tutto quello che vogliamo, rimane un sentito dire, non
illumina, e non dà vita. È una luce che non dà vita. Se tu vuoi trovare la
vita, devi chiudere l’uscio ed entrare in questo segreto, e lì entri in
colloquio con Dio; cioè riporta a Dio quello che Dio ti ha fatto arrivare di
Sé, in modo da attingerlo dalla sua Bocca, dal Figlio, e allora lì il Verbo è
presso Dio.
Pinuccia B.: E lì il
Verbo diventa il cammino al Padre.
Luigi: Come
effettivamente è.
Pinuccia B.: …ma
bisogna cercarlo.
Luigi:
Cercarlo vuol dire dedicarsi. Molte volte ho detto che l’uomo è il vero
grande sacerdote dell’universo; senza l’uomo l’universo non si consacra
a Dio. Quindi l’uomo è colui che deve consacrare nel suo intimo. S.
Agostino dice: “la tua mente è il grande altare su cui vanno offerti i
sacrifici al Signore”.
Quindi
tutto arriva a te, e si mette nelle tue mani, e ti dice: “noi siamo di Dio,
portaci al nostro Signore”; tutte le creature ti dicono: “non siamo tue, siamo di
Dio”, però restano ferme lì, perché senza di te il cerchio non si chiude,
restano nelle tue mani.
Ecco
l’errore che noi facciamo: tutte le cose arrivano a noi da Dio, noi ce ne
appropriamo e non le riportiamo a Dio;
il difetto sta lì.
Quindi
la vera funzione dell’uomo sta in questo: “tu ricevi le cose da Dio, adesso tu
riportale, nel tuo interno, a Dio”.
Pinuccia B.: Cioè,
non considerarle più dal punto di vista umano, sensibile…
Luigi: Noi
consideriamo tutto riducendolo a dei problemi umani, sociali, attribuiamo le
cose agli uomini, alla società, e dimentichiamo Dio; e Dio dov’è?
Tutto
è opera di Dio, tutto è creazione di Dio, tutto è dialogo di Dio con te. Non
puoi e non devi trascurare il Pensiero di Dio; per questo è annunciato: “In
principio era Questo”, adesso non è più. Che cosa è successo? perché in te
“questo” non è più?
Ora,
questa non è cultura, è Parola di Dio per la tua vita. Quindi perché ti
dice: “In principio era il Verbo”? per dirti: “ricupera quello che era in
principio”.
Pinuccia B.: Cioè ci
invita a recuperare la Vita.
Luigi: Dio
stesso dice: “Io sono il Principio; quindi abbimi come principio, mettimi
come principio. Io sono il Fine, abbimi come fine”, quindi: “ parti da
Me e tendi ad arrivare a Me”.
Pinuccia B.: Perché
noi tenendo le cose separate dal Principio separiamo noi stessi dal
Principio.
Luigi: È
logico, non è che noi possiamo distruggere Dio in Sé. Dio è assoluto, quindi
è sciolto da tutto; tutte le parole degli uomini non fanno una verità. E quando
tutti hanno ben detto. “Dio non esiste, Dio non esiste”, Dio dice: “Eccomi”,
e sono serviti con tutte le loro parole dette stupidamente.
Quindi
tutto il nostro parlare serve a niente. La Verità è più forte di noi.
Pinuccia B.: Cioè
tutto sarebbe materiale per unirci a Dio se noi facessimo quest’opera
sacerdotale.
Luigi: Tutto è
mezzo perché tutto è Parola di Dio per noi. Ora, se Dio non parla, noi ci
sciogliamo in niente; perché è Dio che parlando ci crea, è Dio che
parlando ci mantiene in vita, è Dio che parlando ci fa crescere, ed è Dio che
parlando ci porta al compimento, alla Vita Eterna. Ma è sempre Dio che
parla. Ora, però tra il Dio che parla e noi che veniamo formati c’è questa
situazione di ascolto; pero noi possiamo essere distratti, in tal caso la
Parola arriva a noi, ma noi non la ascoltiamo dalla Bocca di Dio, la riferiamo
ad altri.
Pinuccia B.: Separiamo.
Luigi: La
separazione è divisione. Per cui noi raccogliendo restiamo raccolti, ma non
raccogliendo con il Verbo di Dio in Dio noi ci disperdiamo, e la
dispersione è morte.
Pinuccia B.: “Chi
non raccoglie con Me disperde” (Mt
12,30).
Luigi: …e
disperdendo resta disperso.
Sabato 04.02.1989
Franca: Questo “era”
dà per scontato che per tutti non lo è più?
Luigi: Per tutti
non lo è più, infatti se abbiamo bisogno di una Salvezza è perché tutti stiamo
annaspando nella notte. Cristo è venuto perché c’è questa umanità che sta
annaspando nella notte, nelle tenebre. Tu puoi dire: “allora Dio ha fatto male
il mondo?”; e la Parola di Dio ti risponde: “No, in principio non era così”
“In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio…”, cioè la sua
Parola è da sempre collegata con Dio, e l’uomo ascoltava Dio in tutte le cose.
Adesso gli uomini non ascoltano più Dio, ascoltano se stessi, e naturalmente
ascoltando se stessi non vedono più Dio, e non capiscono più niente.
Marisa: “Il
Verbo era presso Dio, il Verbo era Dio”.
Luigi: Dice era, perché in principio la cosa era così,
adesso non è più così nella vita dell’uomo nell’uomo; come mai? Perché
attualmente la Parola di Dio non è più presso Dio, ma è separata da Dio, è
staccata da Dio. Tutta la creazione, tutti i fatti, sono parole di Dio per noi.
Però noi le separiamo queste cose da Dio. Mentre in principio non erano
separate da Dio. Adamo, tutti i giorni colloquiava con Dio; cosa vuol dire che
colloquiava con Dio? Vuol dire che tutte le cose le riceveva da Dio, era Dio
che gli stava parlando. Noi invece diciamo: “è l’uomo che mi sta parlando; è la
natura che mi parla; è il caso che mi parla”, e non diciamo: “è Dio che mi
parla”. Ecco, allora abbiamo separato la Parola di Dio, il Verbo di Dio da Dio,
ma in principio non era così. Ora, se ci viene annunciato quello che era in
principio, ci viene annunciato perché noi l’abbiamo a recuperare, perché
soltanto recuperando quello che era in principio ritroviamo la luce, altrimenti
noi annaspiamo nelle tenebre.
In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il
Verbo era Dio Gv 1 Vs 1 Terzo tema.
Titolo: Scoprire che la Parola
è Dio.
Argomenti: Essenzialità. La
Parola di Dio à Dio. L’uomo
è in formazione. Conversazioni
interrotte. Attenzione
a Dio. Dovere
e amore. Persona
e corpo.
19/settembre/1975
Luigi: “…Il
Verbo era Dio” : c’è una
progressione in questa rivelazione, fino a farci intendere che Colui che
parla è Dio. Ciò che mi colpisce è la Parola, ma la Parola va collegata con
la Sorgente, e se la tengo collegata capisco che è Dio stesso Colui che parla.
Seguendo Cristo e tornando al Padre, scopriremo che Colui
che parlava a noi era Dio.
“Chi accoglie la mia Parola e crede in Colui che mi ha
mandato, ha la vita eterna” (Gv
5,24). In Colui che lo ha mandato, scopriremo chi è Cristo.
Essenzialità.
Pensieri
tratti dagli incontri del Sabato:
Sabato
17.01.1976: appunti
Luigi: “E ll Verbo era Dio”:
l’uomo riceveva questa Parola di Dio, la univa a Dio, la comprendeva e
identificava questa Parola di Dio, lo Spirito di questa parola, con Dio stesso.
È la creatura che scopre che questa Parola è Dio stesso.
A noi arriva la parola (“In principio era il Verbo...”
), se non la disuniamo da Colui che parla (”...e il Verbo era presso
Dio” ), troviamo che la Parola è Dio stesso (“...e il Verbo era Dio”).
“L’uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4; Dt 8,3): ecco l’unione.
La Parola è Persona: “Io e il Padre siamo una cosa
sola” (Gv 10,30).
Questo vedere il Verbo di Dio (cioè questo scoprire che
il Verbo è Dio) è conseguenza: dell’aver accolto il Verbo, la Parola (ascolto),
dell’averla mantenuta unita a Colui che parla e dell’averla intesa (infatti
l’uomo che in principio rapportava tutto a Dio, riusciva a comprendere lo
Spirito della Parola di Dio, cioè identificava ogni Parola di Dio con Dio
stesso).
Dio parla ad esseri che sono nel pensiero del proprio io:
ciò che arriva allora è segno, non conoscenza: non è Verità. Se usciamo dal
nostro io per andare oltre al segno e andiamo alla Sorgente di quel segno,
giungiamo alla Verità, intendendo lo Spirito di Colui che parla (“...e il
Verbo era Dio”).
Se non usciamo dall’io e ci fermiamo al segno, attribuiamo
al segno ciò che abbiamo dentro di noi. Nel pensiero dell’io non si vede la
Verità. Ma allora bisogna fare queste tre cose:
-superare la parola, il segno,
-collegarla con Colui che l’ha detta,
-e allora si scopre la vera intenzione della parola: si
scopre cioè che il “Verbo era Dio.” (perché in caso contrario rivesto la
parola, il segno delle mie intenzioni).
Sabato 02.04.1983
Luigi: “…e il Verbo era Dio”
Paolo: Pensavo a quando Gesù dice: “Io e il Padre siamo una cosa
sola” (Gv 10,30). E quindi che Gesù ogni volta che parla, mi parla anche del
Padre.
Luigi: Gesù parla solo del Padre; Gesù
parla a noi del Padre. Lui è venuto tra noi, avendo noi dimenticato Lui, per
recuperare questa essenzialità. Addirittura tra Marta e Maria, la
contemplativa, Egli difende Maria richiamando Marta all’essenziale dicendo: “una
sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria (la contemplativa) ha scelto la
parte migliore e non le sarà tolta” (Lc 10,42); oppure al fratello che
chiede: “Signore, fammi giustizia, dì a mio fratello che mi dia la mia parte
di eredità”(Lc 12,13), Egli continuamente richiama all’essenzialità dicendo
di tenersi lontani da ogni cupidigia e che la vita non dipende dall’abbondanza
di beni che si possiedono (Lc 12,14). Una sola cosa è necessaria: ricupera
questo riportare sempre tutto al Padre. Tutto viene a te da Dio, non aver paura
di niente, perché “nemmeno un capello cade senza che il Padre lo voglia”(cf
Mt 10,29-31), guarda sempre a Dio. La Salvezza sta lì; il Verbo di Dio parla a
noi e ci salva proprio in quanto ci ripresenta ciò che noi abbiamo trascurato,
dimenticato.
Marco: Questo il “Verbo…”
Luigi: “…era Dio”. È una cosa importantissima; se
qualcuno ci dicesse: “guarda che il Pensiero di Dio in te è Dio”, che
cosa succederebbe?
Marco: Appunto; la settimana scorsa si è detto che Dio è una
retta e noi siamo una semiretta, mi sembra che noi e Dio andiamo verso lo
stesso infinito.
Luigi: Sì, ma noi abbiamo un punto di origine.
Marco: Ma io dico come fine: “…e il Verbo era Dio”;
cioè, vorrei sapere che rapporto c’è tra questo versetto “…il Verbo era Dio”
e quel versetto scritto nella Bibbia in cui dice che noi siamo a “immagine e
somiglianza di Dio” (Gen 1,26); c’è un rapporto tra questi due versetti?
Luigi: Tu dici che noi siamo
immagine e somiglianza di Dio; ma cosa vuol dire? Dio non ha detto che noi
siamo, ma ha detto: “facciamo” (Gen 1,26). Noi siamo in
formazione, noi non siamo fatti. Quando ha fatto l’erba, gli alberi, gli
animali, quindi sono stati fatti; noi invece siamo in formazione. Noi non
dobbiamo mai crederci fatti, perché siamo creature in formazione, in gestazione.
Ora, siamo in gestazione, quindi in formazione ad immagine e somiglianza di
Dio. Fatti per crescere ad immagine e somiglianza di Dio; ma cresciamo in
quanto ci specchiamo in questo Originale. Dio è l’originale, se però noi ci
specchiamo nella bestia, proprio perché siamo fatti per crescere ad immagine e
somiglianza di ciò in cui ci specchiamo, noi diventiamo bestie. Se ci
specchiamo nel denaro, noi diventiamo denaro, cioè diventiamo passione di-.
Quindi Dio per natura ci sta facendo ad immagine e somiglianza sua, ma questo
solo se noi rimaniamo in ascolto di Lui. Se invece noi guardiamo ad altro come
originale, noi diventiamo ad immagine e somiglianza di ciò in cui ci
specchiamo. Dimmi qual è il tuo amore, cioè a ciò cui tu guardi, e ti dirò chi
sei; tu stai diventando quello che guardi.
Marco: È questo “Verbo” che non riesco a capire. Cioè,
capisco che questo Verbo è il Pensiero di Dio, ma non capisco se siamo anche
noi questo Verbo; cioè quando noi pensiamo a Dio siamo anche noi il Verbo?
Luigi: Se noi pensiamo a Dio facciamo una cosa con Lui; chi
pensa Dio forma una cosa sola con Dio, ma noi non siamo Pensiero di Dio. La
differenza sta lì; il Verbo è il Pensiero di Dio; noi non siamo Pensiero di
Dio; infatti possiamo essere pensiero di un albero, pensiero di una creatura,
pensiero del denaro, possiamo essere pensiero di tante cose, ma non siamo
Pensiero di Dio. Il Verbo non può essere pensiero del denaro, non può essere
pensiero dell’albero.
Marco: Però quando pensiamo Dio noi…
Luigi: Noi abbiamo la possibilità di unirci al Pensiero di Dio,
perché abbiamo in noi li Pensiero di Dio, ma non siamo il Pensiero di Dio.
Tanto è vero che esperimentiamo che non siamo il Pensiero di Dio. Ora, però
avendo questa possibilità stai attento, perché se tu pensi ad altro, cresci ad
immagine e somiglianza di ciò cui tu pensi. Se pensi Dio tu sei fatto ad
immagine e somiglianza di Dio, ma se pensi all’albero cresci in ben altro
da Dio.
Noi siamo esseri in formazione, cioè stiamo crescendo;
cioè siamo figli di nostra madre e di nostro padre, ma ad un certo momento
diventiamo figli di ciò che noi abbiamo eletto nella nostra vita; per cui, nati
in una famiglia, ad un certo momento in questa famiglia non ci conosciamo più.
Come mai? Perché abbiamo coltivato altro, e quelli non sono più nostro padre e
nostra madre, ma sono altri. Ecco, prima siamo figli determinati da-, nasciamo
senza di noi, ma stiamo crescendo e diventando figli di ciò che noi mettiamo
al centro della nostra vita, per cui diventiamo figli dei padri che noi
abbiamo voluto. Noi possiamo volere come Padre Dio, ma possiamo volere come
“padre” altro. E se vogliamo come “padre” altro, diventiamo figli di altro, e
diventando figli di altro noi non ne usciamo più. “Chi fa il peccato resta
schiavo di esso” (Gv 8,34), diventa figlio del peccato, non ne esce più;
con le sue sole forze l’uomo assolutamente non può spezzare il cerchio. Se
Cristo non muore l’uomo non ne esce, perché appunto chi fa il male resta
schiavo, quindi non ne esce. Quindi se noi guardiamo Dio, pensiamo Dio,
cresciamo ad immagine e somiglianza di Dio; ma proprio perché siamo fatti per
crescere ad immagine e somiglianza di Dio, se guardiamo altro, cresciamo ad
immagine e somiglianza di altro, cioè diventiamo passione di altro.
Silvana: In ogni caso, anche quando noi saremo in Dio, saremo
sempre ben distinti dal Pensiero di Dio.
Luigi: Difatti, Marco ha detto giustamente che noi siamo delle
semirette; la semiretta non si confonde mai con la retta, perché per noi c’è
sempre un punto d’origine.
Silvana: Cioè possiamo diventare proprio figli di Dio come Dio ci
ha voluti…
Luigi: Certo.
Silvana: …però saremo sempre diversi dal Verbo?!
Luigi: Certamente; prenderemo consapevolezza di quello.
Don Giuseppe: Il Verbo è il Pensiero Assoluto pieno di Dio; noi siamo
contingenti, appunto per questo c’è differenza.
Luigi: In noi c’è una possibilità invece il Verbo di Dio è Pensiero
di Dio; però noi non ci rendiamo conto cosa vuol dire quel “è”. Se io ti
chiedo: “tu chi sei?”, se tu stai pensando l’albero, sei passione per l’albero;
se guardiamo la gara di sci, diventiamo figli dello sci, e questo perché in noi
sta crescendo la passione per lo sci. E in quanto in noi cresce la passione di-
diventiamo figli di-. Ognuno di noi sta diventando passione di-, ma passione
di- vuol dire figlio di-. Ora, qual è la passione del Cristo? Gesù dice: “Affinché
il mondo sappia che Io amo il Padre” (Gv 14,31).
La passione di Cristo è il Padre. È quella la caratteristica; la passione del Figlio è il
Padre; Lui è morto per il Padre. Gesù non è sceso a compromessi; eppure Lui
si è fatto uomo per noi, ma non è sceso a compromessi con le passioni degli
uomini; né con i nostri problemi di giustizia, di società. Lui è venuto
tra noi per offrirci la possibilità di avere la sua Passione. Lì sta la
salvezza.
Pinuccia B.: Per questo la sua passione per il Padre diventa la sua
passione e morte….
Marco: Qual è la differenza tra il “Verbo era presso Dio”
e “il Verbo era Dio”.
Luigi: “Presso” vuol dire vicinanza, “era” vuol
dire che è, vuol dire essere.
Marci: No, “era” vuol dire che era…
Luigi: Che “era” per noi, in rapporto a noi, cioè noi dobbiamo
recuperare questo essere, e non è che l’“essere” sia mutato in Dio, ma è
mutato in noi.
All’inizio, in te, il Verbo era Dio, cioè il Pensiero di
Dio in te era Dio, e tu eri in adorazione, e poi ad un certo momento è
diventato un’era; perché questo?
Perché ti sei messo ad adorare le creature, ti sei
inginocchiato davanti al mondo; mentre prima eri inginocchiato davanti a Dio.
Allora il Signore ti dice questo: “all’inizio, ieri, tu eri inginocchiato
davanti a Me, ma adesso davanti a chi ti stai inginocchiando?”; ecco quell’“era”.
Quel’“era” è per noi; i tempi non sono in Dio. Dio è fuori del tempo,
quindi i tempi sono in noi. Quindi evidentemente Dio parla all’uomo.
Flavio: Questo “era” è una conferma che Dio è il Padre, e
che io non sono suo figlio; cioè “era” vuol dire che non lo sono.
Luigi: Sì, però in quanto parla c’è la vocazione, perché se
Dio parla è perché la partita non è chiusa. Altrimenti non parlerebbe. Se
parla è perché c’è della salvezza, quindi c’è la vocazione. Ogni parola di
Dio è vocazione, ci chiama.
Flavio: A me sembra che sia la vocazione di tutti.
Luigi: Certo, Dio vuole salvare tutti (1 Tm 2,4).
Flavio: Quindi in questo primo versetto, questi tre “era”,
sembrano tutti diversi; cioè mi sembrano tutti i passaggi per metterci Dio davanti
a tutto. Cioè, qui il Verbo era Dio; niente da dire, cioè l’uomo deve stare
zitto, davanti a questa Parola non può dire niente.
Luigi: Logico, infatti il primo nostro atto deve essere
l’adorazione. Tu sei in casa d’altri, mettiti in adorazione, “togliti
i sandali”, e sappi questo: la terra è santa, tutto è santo, quindi
mettiti in adorazione, poi mediterai, poi contemplerai; …ma prima adora,
perché Dio sta parlando con te, e Dio è il Signore, Dio è il Creatore, il Dio
dell’universo. Se Lui non ti pensa tu cadi nel nulla, quindi adora.
Amalia: Cosa vuol dire adorare?
Luigi: Togliersi le scarpe.
Marco: Cosa vuol dire Dio?
Luigi: Colui che è; Lui si è definito “Colui che è” (Es
3,14), l’Essere; noi non siamo esseri, noi siamo esseri per partecipazione.
Marco: Quindi non è un nome di persona, ma è: Colui che è.
Luigi: Colui che è, l’Essere. Noi non ci rendiamo conto, ma noi
parlando non facciamo che predicare l’Essere, e trasformiamo tutto col verbo
essere. Ma il verbo essere è di una profondità immensa; non ci rendiamo conto
di che cosa diciamo. Noi siamo molto superficiali; ma c’è Dio che parla in noi
in tutto, e trasforma tutto col verbo essere.
La chiave di tutto, in latino, per intendere una frase è
cercare il verbo; allora in tutto l’universo tu cerca il Verbo, e avrai la
Luce.
Don Giuseppe: Se Giovanni ha messo questa ripetizione, “il Verbo
era presso Dio”, poi “il Verbo era Dio”, è molto importante, perché
questo Verbo, che il Padre poi ci ha comunicato, non è solo un messaggero di
Dio, ma è Dio stesso. Quindi questo Verbo prima di venire a noi era in Dio,
nella Trinità, poi il Padre ce lo ha mandato. Ma non ha mandato un profeta, un
ambasciatore qualunque, ma ha mandato il suo Figlio stesso.
Luigi: “Dio ha parlato in molti modi, poi all’ultimo ha mandato
suo Figlio” (Eb 1,1-2), noi non ci rendiamo conto che cosa vuol dire questo
suo venire (vedi dispensa n°1159 “Il venire del Figlio di Dio”).
Don Giuseppe: Gesù, questo Figlio di Dio, che è venuto a noi, è Dio in
mezzo a noi; quindi tutte le cose, compresi noi veniamo divinizzati da questa
Presenza, l’umanità stessa è trasformata da questo Verbo che si è incarnato.
Amalia: Queste ultime due parti del versetto mi sembra che
rivelino il mistero di Dio; “il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio”,
cioè l’“era Dio”, ci rivela che Dio è Uno solo, e il “presso
Dio” ci rivela che va fatta una distinzione delle Persone; il Verbo va
distinto dal Padre e dallo Spirito, ed è lo stesso Essere.
Luigi: Dice “era” appunto perché per noi è tutto da ricuperare.
Non è un prodotto nostro, perché “era” prima di noi, quindi è
tutto da recuperare. È una proposta, le Parole di Dio sono tutte proposte,
vocazioni, attraverso cui noi siamo chiamati a penetrare il mistero.
Tiziana: La conoscenza di Dio è generata dalla comunione che si
ha con Dio, e la comunione con Dio nasce da questo mistero della Presenza, cioè
dallo stare in tutto alla presenza di Dio.
Luigi: Sì, Dio già si annuncia a noi in tutto, e annunciandosi
a noi in tutto dà a noi la possibilità di pensarlo; se noi lo pensiamo, da
questa comunione scaturisce la conoscenza. Perché la conoscenza viene da
Dio, però tra l’annuncio e la conoscenza, tra l’annuncio e la visione, c’è
tutto il cammino della fede. L’annuncio provoca in noi l’attenzione; se
adesso c’è la fede (e la fede deve essere ricerca di luce), possiamo
giungere alla Luce. Quando uno veramente crede, si interessa di ciò in cui
crede. Allora se noi crediamo veramente in Dio, ci interessiamo di Dio;
quindi: dimmi se tu hai interesse per Dio e io ti dirò se tu hai fede; infatti se
tu non hai interesse per Dio, anche se tu preghi da mattina a sera, tu non
credi in Dio; perché noi anche pregando possiamo versarci tutto addosso,
perché preghiamo noi stessi.
Tiziana: Cioè, senza l’interesse per Dio, il Verbo noi non lo
vediamo.
Luigi: No, per carità; noi abbiamo la passione dell’assoluto,
ma è l’interesse che ci porta al Verbo.
Pinuccia B.: “Nessuno può venire a Me se non è attratto dal Padre” (Gv 6,44).
Flavio: Qui è presentato Dio e il suo Pensiero, ma lo Spirito
Santo non c’è qua, cioè non è menzionato.
Luigi: Si richiede un po’ di pazienza.
Flavio: Eppure, nel nostro rapporto con Dio lo Spirito Santo ha
una sua funzione.
Luigi: ..e quanta! tutta la creazione è fatta nello Spirito
Santo. Il nostro interesse per Dio, l’amore per Dio, se c’è è Spirito Santo.
Lo Spirito Santo c’è, stai tranquillo.
Flavio: Qui in pratica noi dobbiamo riportarci sempre in Dio, e
sembra che sia tutto fatto, però…
Luigi: …ci sfugge lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo qui c’è,
però ci sfugge; il giorno che lo troveremo vedremo che c’è.
Piero: Ho l’impressione che la maggior parte di noi stia
tribolando per cogliere la profondità di questo versetto, e questo proprio
perché manca la luce dello Spirito Santo.
Luigi: Comunque lo Spirito Santo c’è.
Pinuccia B.: “Il Verbo era Dio”, mi sembra che sia una scoperta che ci vuol far fare
alla meta di un cammino; cioè se io faccio quello che mi dice prima, quindi se
riporto tutto in Dio, unifico il Verbo di Dio in Dio, se cerco il Pensiero
di Dio in tutto scoprirò che il Verbo è Dio. Cioè è l’annuncio di una scoperta
che deve avvenire in noi.
Luigi: Chi parla, parla per
comunicarci il pensiero, però colui che ascolta non è che subito conosca il
pensiero, ma deve fermarsi a seguire tutta la conversazione, tutto il discorso,
e poi all’ultimo troverà il pensiero, se è fedele all’ascolto. Infatti non si
capisce subito il pensiero dell’altro alla prima parola che arriva, anzi il più
delle volte noi rivestiamo della nostra intenzione: “questo qui ha
quell’intenzione”, ma è tutta proiezione nostra; no, continuiamo ad essere
attenti, perché l’altro ci sta comunicando il suo pensiero.
Ora, tutto è segno, come noi parlando tra noi ci
comunichiamo un pensiero, così Dio sta parlando con noi e ci sta comunicando il
suo Pensiero, suo Figlio, nella misura in cui noi restiamo in ascolto; ma
dobbiamo restare in ascolto fino alla fine. Invece noi guardiamo sempre l’ora,
perché dobbiamo scappare, dobbiamo fare questo o fare quell’altro, ecc., ed è
l’atteggiamento che non ci permette di arrivare al termine del discorso che Dio
sta facendo con noi. È come se uno incomincia a parlare e l’altro dice:
“aspetta un momento perché adesso ho da fare quell’altro”, e la conversazione
non arriva mai al termine; cioè così facendo non arriviamo mai al Verbo. Ora,
noi lasciamo sempre queste conversazioni interrotte; e qui siamo dei frammenti
e non più delle semirette. E Dio pazientemente continua a dirci: “fermati un
momento; fermati”. Stiamo tutti correndo sull’autostrada, e Dio dice a noi:
“fermati lì; c’è la corsia d’emergenza quindi puoi fermarti”.
Marco: Ah, non è che dobbiamo fermarci in mezzo alla strada?!
Pinuccia B.: Comunque la conclusione sarebbe la scoperta che Colui che
parla con me è Dio; cioè il Verbo, Colui che parla con me è Dio. Era così,
cioè nella mente di Dio era già, solo che avendo noi smarrito questo principio…
Luigi: Siamo noi, con i nostri
prodotti che ci siamo allontanati dal Principio; allora ce lo annuncia affinché
noi possiamo recuperare il Principio, ma per recuperare il Principio
dobbiamo fermarci, dobbiamo metterci in silenzio. Se invece noi abbiamo
sempre da fare, “i buoi, la moglie, i campi” (Lc 14,18-20) non possiamo
ascoltare. E allora ci sentiremo dire: “ma come? il Signore sta parlando con
te e tu sei sempre distratto da questo e da quell’altro”. È come se una
persona molto importante venisse a trovarci e noi la accogliamo dicendo:
“aspetta che devo lavare i piatti; torna di qui a un ora”. Il nostra Creatore,
il Signore sta parlando con noi, e noi lo trascuriamo; così facendo non
arriveremo mai alla conclusione del discorso, ed è per quello che siamo sempre
nelle nubi.
Ecco, in ogni cosa dobbiamo stare attenti, perché è
Dio che sta parlando con noi, e sta portando avanti un discorso, e al termine
di questo discorso c’è la rivelazione di suo Figlio.
Pinuccia B.: Quindi il collegamento che Flavio chiedeva dei tre “era”,
è questo: prima ci viene annunciato il principio, “In principio era il
Verbo…”, poi ci viene detto il cammino che dobbiamo fare, cioè il riportare
tutto al Principio “…e il Verbo era presso Dio”, e poi c’è la
conclusione: “…e il Verbo era Dio”, cioè scopriremo alla fine che il
Pensiero di Dio è Dio stesso...
Luigi: …la scoperta del Figlio di Dio.
Flavio: Ancora una cosa, se posso…
Luigi: Insisti pure, anzi dove c’è insistenza c’è interesse.
Flavio: “Metterò dentro di voi uno Spirito nuovo” (Ez
36,26); allora noi che spirito abbiamo?
Luigi: Lo spirito del nostro io, noi abbiamo “un cuore di
pietra” (Ez 36,26).
Flavio: Quindi questo Spirito nuovo cos’è?
Luigi: È lo Spirito di Dio, proprio la
Presenza di Dio in noi. Soltanto trovando la Presenza di Dio c’è in noi uno
Spirito nuovo, ma la presenza di Dio oggettivamente, e non come pensiero
nostro: Lui veramente presente; è la Presenza di Dio che ci salva.
Altrimenti noi facciamo delle grandi astrazioni; siamo sempre noi che parliamo.
Ecco, noi abbiamo bisogno di trovare l’Altro; noi siamo salvati dall’Altro,
e non siamo salvati dalle regole, dai doveri. Tutta la Legge, anche i
comandamenti di Dio non ci salvano, non ci possono salvare, perché chi ci salva
è “Quello” che ci libera dal pensiero di noi stessi.
Ora, soltanto il Cristo ci libera. Cioè, chi mi
salva è un’Altro da credere, da amare e da seguire, quindi è un Essere
personale; quindi è un Essere indipendente da me, che è presente a me,
perché se non è presente a me io continuo a girare attorno a me stesso.
Quindi se anche ubbidissimo a tutti i comandamenti della
legge, riuscissimo anche ad osservare tutti i nostri doveri, noi diventeremmo
solo degli esseri orgogliosi, perché ci confronteremmo con gli altri, al punto
da arrivare a dire: “io ho fatto questo, e l’altro non l’ha fatto; io
sono diverso dagli altri; io sono il popolo eletto, ecc.”, ed è finita, perché
mandiamo a morte Cristo credendo di fare ancora un piacere al Signore. Chi
ci salva è l’Amore, ma l’amore di un Altro, di un Essere personale; perché
ci salva?
Perché il problema della salvezza è un problema del
superamento del pensiero di noi stessi. Noi da soli non ci possiamo superare; abbiamo bisogno
di un punto d’appoggio, un Altro, su cui far leva. E fintanto che non troviamo
la Presenza di quest’Altro noi non facciamo altro che girare sempre attorno a
noi stessi, per quanti sforzi noi facciamo. È come se volessimo volare tirando
in su le stringhe delle scarpe; facciamo grandi sforzi, ma senza ottenere
assolutamente niente.
Pinuccia B.: Quest’Altro è il Principio che ci è annunciato, il
Pensiero di Dio?
Luigi: No, non è un principio, quest’Altro
è una Persona, un Essere personale, è la presenza di Dio in noi Persona. Un
principio è in rapporto alla nostra situazione attuale, in quanto adesso noi
siamo lontani dal principio.
Dio è un Io, è un Essere personale, una Persona, è un Tu. Noi attualmente diciamo: “io sono persona, tu sei
persona, noi siamo persona”, ma noi chi siamo non lo sappiamo, noi non ci
conosciamo; noi non conosciamo noi stessi e non conosciamo nemmeno chi sono gli
altri. Noi vediamo i corpi, ma la persona chi è? È il corpo? Cristo non si
identificava col suo corpo; quante volte ha avuto discussioni per il suo
parlare: “Chi vede me vede il Padre” (Gv 14,9), “e dov’è tuo padre?”,
non vedevano né Lui né il Padre. Vedevano il corpo del Cristo, ed è una cosa
molto diversa. “Dove Io sono voi non potete venire” (Gv 7,34); ma come?
Lui stava parlando, ed erano tutti lì, e Lui dice: “Dove Io sono voi non
potete venire”?; avranno pensato: “o questo qui è matto, o altrimenti ci
dice una cosa molto diversa…”. Ecco, tutto il lavoro del Cristo è quello di
farci superare questo confondere la realtà con i corpi. I corpi sono dei
segni; per cui tu non giudicare mai, perché tu non conosci la realtà
dell’altro. La realtà è in rapporto con Dio; ognuno di noi è ciò che è in
rapporto con Dio; ma questo sfugge; noi vediamo i corpi, ma i corpi non
sono la persona. Ora, noi dobbiamo arrivare a questa Presenza personale di Dio.
Pensieri
conclusivi:
Paolo: Cristo parla del Padre, quindi bisogna cercare in tutto
la Presenza del Padre.
Luigi: Bisogna restare con Cristo. Se non cerchiamo il Padre,
non stiamo nemmeno con Cristo, ci illudiamo; siccome Lui è passione per il
Padre, per restare con Lui dobbiamo cercare il Padre.
Ida: Dio
ci fa capire il perché noi ci lasciamo dominare dalle cose. Però è stoltezza
nostra vivere così senza fermarsi sulle parole di Dio.
Marco: Sento dire molte cose in giro, qui, a messa, ovunque,
però sono cose al di fuori di me; cioè non sto facendo un cammino personale.
Luigi: Allora perché vieni?
Marco: Cioè mi sto facendo solo aiutare dall’esterno.
Luigi: Se vieni vuol dire che c’è dell’interesse, e l’interesse
è una cosa personale, altrimenti non saresti qui, saresti a giocare al tennis.
Marco: Mah, non piovesse magari…
Però le cose che magari riesco a capire in gruppo, mi
piacerebbe approfondirle da solo…
Luigi: Bisogna approfondirle da soli, non basta il gruppo; non
basta. Comunque il Signore dice: “Con la pazienza possiederete le anime
vostre” (Lc 21,19). La pazienza è amore, ed è anche fede. Quindi non
bisogna mai disperare; bisogna anche aver pazienza con noi stessi.
Piero: La luce di Dio arriva a noi nel silenzio.
Silvana: Tutto è Parola di Dio, quindi tutto va raccolto in Dio,
per poter giungere al significato.
Luigi: Sì, Dio è presente in noi anche senza di noi, però non
si fa conoscere a noi senza di noi.
Flavio: Probabilmente non sono cosciente che Dio è Padre, perché
ho l’impressione che se avessi coscienza di questo, tutto il resto cambierebbe.
Cioè magari sono più portato a pensare che devo diventare figlio, cioè cambiare
l’“era” in “è”, ma forse prima dovrei avere coscienza di questo.
Margherita: Ricondurci sempre sul Principio.
Don Giuseppe: Penso che se Dio ha avuto la bontà infinita di
manifestarsi per mezzo del suo Verbo, che è in Lui, il nostro atteggiamento
deve essere solo quello di ascolto e adorazione.
Luigi: …e di grande fiducia, perché Colui che ha iniziato l’opera
è in grado di portarla a compimento, quindi l’importante, da parte nostra è di
non mancare a questa fiducia.
Amalia: Devo prestare attenzione al Verbo di Dio che parla con me
attraverso tutte le cose e che è dentro di me.
Tiziana: Dio c’è.
Pinuccia B.: Dio c’è e parla; parlando ci chiede di fare questo lavoro
di ascolto. Infatti quello di portare tutto in Dio è un lavoro di ascolto. È il
cammino della conoscenza per arrivare allo Spirito Santo.
Flavio: Luigi, prima o poi me lo dici cos’è lo Spirito Santo…
Luigi: È Dio che Lo dice, è Dio che si rivela.
Sabato
04.02.1989
Marisa: “…e il Verbo era Dio”.
Luigi: Certo, questo Pensiero di Dio che era presso Dio era
Dio, era Dio che parlava con noi. Quindi in tutte le cose c’è Dio che parla con
noi; ed è questo da tenere presente. Non bisogna invece dire: “è l’uomo che
parla, è l’animale che opera, è la natura, ecc.”, ma è Dio che in tutto opera e
che in tutto parla con noi. Perché Dio parla con ognuno di noi: “Non date a
nessuno il nome di Maestro, perché uno solo è il Maestro” (Mt 23,8-10)
l’uomo è istruito da Dio; Dio solo è Colui che istruisce l’uomo. Siamo noi che
invece attribuiamo le cose agli uomini e naturalmente negli uomini non c’è la
luce, non c’è la giustificazione, e ad un certo momento non capiamo più niente.
Pinuccia B.: Tutto il versetto è un programma di vita, perché se ben
approfondito fa capire il lavoro che dobbiamo fare interiormente; cioè, la
prima parte è un invito a stare in ascolto dell’Unico che parla, poiché è Dio
che parla in tutto: il Verbo di Dio; nella seconda parte ci fa capire che
bisogna tenere unite tutte le parole, perché il Verbo si esprime attraverso i
segni, in quanto tutto viene da Dio, tutto è presso Dio.
Luigi: Noi non dobbiamo dividere
la Parola di Dio da Dio. “L’uomo non divida quello che Dio ha unito” (Mt
19,6; Mc 10,9), e noi abbiamo fatto il matrimonio…
Ora, tutto è di Dio, e il che vuol dire che tutto è unito
a Dio, tutto è Parola di Dio, ed essendo tutto Parola di Dio non separare la
Parola di Dio da Dio; perché demonio, diavolo, vuol dire separazione, colui che
separa, divide; ma che cosa divide?
Divide la parola di Dio da Dio, l’effetto dalla causa.
Ora, tutto è Parola di Dio, mantieni tutto unita a Dio; quindi resta in ascolto
di Dio, riporta tutto a Dio, raccogli tutto in Dio, non accontentarti del
sentito dire, non accontentarti di leggere: “In principio era il Verbo, il
Verbo era Dio, il Verbo era presso Dio”, se non capisci tormentati, ma
guarda che Dio è Luce, e se tu ti trovi nelle tenebre, non capisci, ti devi
tormentare, devi piangere, devi invocare, devi supplicare per arrivare a questa
Luce; perché: “Se uno cammina nelle tenebre e dice di essere con Dio non
è con Dio, perché Dio è Luce” (1 Gv 1,5-6). D’altronde se Dio parla, parla
perché vuole che capiamo e non parla per dirci: “tu non capisci niente”, ma
parla perché vuole comunicarci qualche cosa. Dio non ci prende in giro;
quindi se ci fa arrivare delle sue parole è perché vuole comunicare a noi
qualche cosa di Sé.
Pinuccia B.: La terza parte di questo versetto è la conclusione; cioè
se noi stiamo in ascolto del Verbo, dell’unico Dio che parla “In principio
era il Verbo…”, se teniamo tutti i segni uniti a Lui, “il Verbo era
presso Dio”, allora scopriamo che “…il Verbo era Dio”, cioè
scopriamo la Presenza di Dio, cioè scopriamo la Luce, il significato che Dio
vuol dare a noi attraverso questi segni.
Luigi: Certo.