MOSTRA PITTORICA
"Prato Cardoso ai tempi di San Domenico Abate"
IL COMMENTO DEGLI ORGANIZZATORI
L'anno successivo, ci siamo cimentati in un lavoro di ricerca su tutto ciò che è la figura di San Domenico Abate. In quell'occasione, è emerso che i dipinti che abbiamo a Villalago e che ci sono in giro non hanno mai ritratto il nostro Santo, in nessun frangente riferibile alla sua permanenza nel nostro territorio, nè in qualche maniera ambientato nei nostri luoghi.
Allora ci siamo detti: perchè non dare un tema ai nostri pittori che li conducesse a fare una creazione grafica con i due soggetti, San Domenico Abate e Villalago, in qualche modo collegati? E' nata così l'idea di questa mostra pittorica dal tema: "Prato Cardoso ai tempi di San Domenico Abate". Gli ingredienti c'erano ambedue e l'uno non poteva prescindere dall'altro, anche se, apparentemente il quesito portava ad uno studio semplicemente storico - geografico, con la conseguente produzione di un ritratto della località Prato Cardoso. Com'era? Boscosa o brulla? Paludosa o arida? Inaccessibile o transitata? E com'era in inverno? Com'era in estate. Le variabili possono essere innumerevoli e non ci sono molte coordinate documentali che ci possano guidare in questa selva. Lo stesso nome della località la dice lunga: a volte è Prato Cardoso, a volte Plataneto. Allora: era una distesa brulla e ispida o un bosco rigoglioso? In questo grave equivoco sarebbe caduto un qualsiasi "spennellatore".
I pittori veri che hanno partecipato alla mostra non sono stati minimamente sfiorati da questo dubbio, perchè hanno colto immediatamente i due aspetti del tema: Villalago, inteso come entità storica, e San Domenico Abate, come entità evangelica. In altre parole, la parte materiale e la parte spirituale di una unità. Questa è la cosa stupefacente che è emersa nell'esame delle varie opere presentate. Nessuno ha dimenticato che Prato Cardoso sarebbe una località insignificante, senza San Domenico; quindi non avrebbe avuto alcun senso immaginare quel luogo, a quel tempo, senza la presenza, più o meno palesata di quello straordinario monaco. E' come se in una raffigurazione di Roma, uno non mettesse il Cupolone o il Colosseo: sarebbe un'opera incompiuta in partenza.
Perchè è accaduta questa sorta di comunione di intenti tra persone che solo i nostri contatti tenevano uniti in un unico progetto? Perchè il loro lavoro è stato svolto con il cuore, oltre che con lo studio e l'intuizione. E' stato il comune "sentire" la presenza di San Domenico tra noi che lo ha portato a finire anche su quelle opere.
Allora, Domenico D'Antonio ha immaginato una località con un prato fiorito ed un giardino curato, come nella migliore tradizione benedettina. Domenico Di Paolo ha narrato di un Santo "pescatore" che vive semplicemente, immerso nella natura del luogo. Armando Galante illumina di una luce abnorme, la presenza del Santo, un Prato Cardoso vestito per l'autunno. Maria Gentile ed Antonio Gentile hanno fatto riferimento a narrazioni contenute nei Miracoli dell'Analecta Bollandiana, ma, mentre Maria ha curato di più il dettaglio pittorico, Antonio ha dato una carica piena di significati al movimento del Santo che è raffigurato in sella ad un mulo. Franco Caranfa ha inventato una trasposizione tra passato e presente, con le due costanti, Prato Cardoso e San Domenico, a collegare le due dimensioni. Emidio Iafolla ha dipinto una Prato Cardoso che è "terra promessa" agli occhi del Santo che la osserva mentre sta per giungervi. Roberto Grossi ha incorniciato uno dei due momenti più alti della vita del Santo, la prima visione ultraterrena che ebbe proprio a Prato Cardoso: un dipinto unico, un tema mai affrontanto. Infine, Italo Iafolla che, sulla traccia delle esperienze estatiche del Santo, a Prato Cardoso, ha realizzato la "Rivelazione di Dio al monaco Domenico", con la povera e splendida figura dell'eremita che alza al cielo la corona del Rosario, dentro una grotta inondata dalla Luce di Dio e segnata dalla Croce salvifica.
Questa è la creatività di persone comuni ma straordinarie che sanno dare un grande contributo di cultura (non è poco in questi tempi bui) al loro piccolo paese. Queste persone dimostrano che ognuno di noi può fare la sua parte a beneficio della comunità, senza il pensiero di speculazioni o guadagni ma per il puro piacere di fare qualcosa che possa arricchire se stesso e gli altri. E sono persone, alcuni professionisti del campo, alcuni semplici dilettanti, che non tutti conoscono bene, che spesso sono al loro posto, defilati dalla ribalta delle cronache e scevri dal mostrare cosa sanno fare, apprezzate e stimate fuori dal nostro piccolo ambiente.
La soddisfazione di noi che ci siamo limitati ad organizzare questa mostra, è quella che abbiamo gettato dei semi nel terreno della cultura, della tradizione, della riscoperta e della conservazione della nostra storia, grazie agli autori che hanno fatto la gran parte del lavoro. Quello che sboccerà in "primavera" dipenderà dalla nostra capacità di ricevere il seme, farlo macerare e farlo diventare il bulbo che alimenterà la nuova pianta.
Il nostro grande rammarico è quello che nessun'altra persona potrà avere il privilegio che abbiamo avuto noi: quello di aver avuto la grande emozione di osservare quelle opere, dopo averle attese per quasi un anno.