Fu il primo caccia italiano di tipo monoplano, interamente metallico e con carrello retrattile. Si trattava di una macchina di transizione, dalla formula biplana alla ben più promettente formula monoplana, ed anche per questo non si trattava di un aereo dalle prestazioni elevatissime.
Il prototipo del G 50 volò nel 1936, partecipando ad una gara ministeriale che vide opporsi alla Fiat, la Macchi (C. 200), la Caproni (F. 5) e l'Imam (Ro. 51). Alla fine il caccia Fiat, nonostante la netta inferiorità rispetto al Macchi, venne ugualmente ordinato, pur con alcune modifiche.
L'armamento consisteva nella solita coppia delle ottime SAFAT da 12.7 mm sulla cappottatura del motore. Inizialmente era stata prevista anche l'installazione di un cannone da 20 mm nell'ala destra, ma la sua eliminazi0one fece parte delle modifiche richieste dal ministero.
L'unità propulsiva era un motore radiale Fiat A. 74 RC 38 raffreddato ad aria e in grado di sviluppare 840 cavalli, con un'elica tripala metallica a passo variabile. La scelta del motore radiale raffreddato ad aria, in luogo del motore in linea raffreddato a liquido, era stata motivata da ragioni di sicurezza in combattimento, il radiale infatti era meno vulnerabile del motore in linea. Tuttavia, a causa soprattutto della notevole sezione frontale rendeva meno efficace l'aerodinamica dell'aereo.
Il Freccia era un aereo molto robusto e piuttosto maneggevole, pur non essendo particolarmente veloce, specie in rapporto con l'obsoleto C.R. 42. Ebbe il battesimo del fuoco nel 1939 durante la guerra di Spagna, per un ciclo di valutazioni che non mise in luce elementi particolarmente positivi della macchina. Allo scoppio delle ostilità la Regia aveva in linea 118 G. 50, a cui seguì nel 1940 la versione 'bis', leggermente migliorata, pur senza renderla una macchina migliore.
Venero prodotti in totale, per la Regia Aeronautica, 782 esemplari del Freccia, a cui vanno aggiunte 35 macchine esportate in Finlandia, dove vennero utilizzate fino al 1944.