I tesori di Vado Ligure

Museo Civico di Villa Groppallo     La città di Vado Ligure, pur essendo conosciuta prevalentemente per il suo insediamento industriale, raccoglie un significativo patrimonio culturale che non si limita ai più noti reperti archeologici di età romana, ma comprende anche numerose testimonianze artistiche del '900 .
     Il Museo Civico di Villa Groppallo,  già settecentesca  dimora signorile dei marchesi genovesi de' Mari, fu inaugurato nel 1982: divenne un centro policulturale diventando sede della Biblioteca Comunale e luogo deputato all'esposizione di un numero rilevante di opere d'arte. Molte di queste appartengono alla sezione dedicata ai vincitori e partecipanti  del concorso per artisti chiamato "Premio Vado" che si tenne nella cittadina negli anni 1951-1963.
     Le opere, i dipinti e le sculture, che hanno ottenuto i maggiori riconoscimenti nelle edizioni del Premio sono esposti nella restaurata Villa Groppallo e costituiscono una singolare galleria, dove è limpidamente ricostruita, attraverso una serie di opere significative, la vicenda del realismo figurativo italiano a sfondo sociale dai suoi inizi postbellici sino al momento in cui una dialettica nuova, più esistenziale e inquieta, lo ha rivolto a modi e tematiche nuove e diverse.
     In particolare si tratta di opere dedicate al tema del lavoro da un gruppo di artisti locali, come Bertagnin, Cambiati, Collina, Raimondi, Bonfiglio, Mencioni e personalità di livello nazionale, tra cui Pizzinato, Fabbri, Treccani, Motti, Scalvini, Mazzullo, Cavaliere, Cappelli, Guerreschi, Sughi, Giannini, Morando, Zigaina. Sono  inoltre presenti alcune tele ottocentesche appartenenti alla collezione che don Cesare Queirolo, appassionato cultore di opere d'arte oltreché pioniere dell'archeologia vadese, donò alla città.
     Ad Arturo Martini è stata dedicata la sala semicircolare dove sono esposti i gessi originali delle quattro sculture
La Gloria, La Vittoria, Il Sacrificio e La Storia, che sorgono ai quattro lati della piramide del monumento ai caduti di Vado Ligure (1924) dei giardini pubblici, e il gesso de Il Cieco (1925-26);  sono anche custoditi una sequenza di disegni inediti gentilmente concessi dalla famiglia. Inoltre, in questa sala, figura la grande terracotta de Il Benefattore (1923-33),  uno dei capolavori martiniani, restaurato e traslato dalla precaria collocazione del cimitero vadese, dove era stato originariamente collocato, per un ambiente più idoneo e sicuro.

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Arturo Martini     Nato a Treviso nel 1889, Arturo Martini attinge dalla vita quotidiana la sua cultura, lavorando dapprima presso un orefice, poi in una fabbrica di ceramiche e frequentando, infine, il laboratorio di scultura di Antonio Carlini. Nel 1908 segue a Venezia i corsi della scuola libera di nudo presso l'Accademia di Belle Arti e lavora poi a Treviso presso il ceramista Gregori che gli fimanzia un soggiorno a Monaco di Baviera. Nel 1911 ritorna a Treviso ed espone alla galleria Bevilacqua La Masa di Venezia. Compie poi un viaggio a Parigi e, nel 1914, partecipa a un'esposizione insieme ad alcuni "rifiutati" alla Biennale.
     Nel 1916 il richiamo alle armi lo spinge per caso a Vado Ligure, dove - grazie alla sua esperienza di sculture - viene avviato allo stabilimento Senigaglia come fonditore di proiettili e cannoni. Nel piccolo centro ligure conosce Brigida Pessano che diventerà sua moglie nel 1920. Dal matrimonio nascono due figli: Maria (Nena) e Anotonio, per i quali Martini costruisce la propria casa, riadattando un vecchio convento in via Quintana. A Vado lavora periodicamente dal 1920 al 1934, allargando, via via, le proprie amicizie: Eso Peluzzi, Pinghelli, Raimondi, Raffaele Collina e Renzo Bonfiglio. Del gruppo fa parte anche un altro giovane, Marino Nencioni, destinato a diventare scultore. Amico gli è, infine, l'ingegner Polibio Fusconi, direttore dell'Ilva Refrattari, che apre all'interno della fabbrica uno spazioso locale con forno e ingresso indipendente dove Martini può cuocere le terracotte di maggiore mole.
     Sono anni non sempre facili (il primo studio è poco più che una stamberga in un locale contiguo alla panetteria dei suoceri), ma fruttuosi, contrassegnati da alcune tappe fondamentali: nel 1920 Martini tiene la sua prima personale agli Ipogei di Milano, presentato da Carrà; nel 1923 esegue il Monumento ai caduti per il comune di Vado. Nel 1926 partecipa alla prima mostra del "Novecento" tenuta alla Permanente di Milano. Nel 1926-27 realizza ceramiche ad Albisola e a Nervi. Sempre a Vado nel 1926 porta a termine Il Figliol prodigo, mentre nei forni della Michallet e dell'Ilva Refrattaria cuoce opere come La donna al sole, Ragazzo seduto, La sposa fedele: esposte alla Quadriennale romana del 1931, gli valgono il primo premio di scultura che segna la sua definitiva consacrazione fra i grandi del Novecento. Per Vado, nel 1929, egli aveva anche realizzato una statua del Sacro Cuore destinata alla chiesa parrocchiale, ma l'opera venne rifiutata dalla commissione diocesana per l'arte sacra che la giudicò "non corrispondente alle forme liturgiche". Sempre a Vado eseguì, nel 1932-33 un altro capolavoro, la tomba di Don Queirolo, conosciuta come Il benefattore e, l'anno successivo presso una cava di Finale Ligure, scolpì, in soli otto giorni, il grande Pegaso alato per il Palazzo delle Poste di Savona.
     Con quest'opera si chiude, in pratica, la stagione ligure di Martini, al quale l'orizzonte della provincia sembra ormai troppo stretto: nel 1936 lo troviamo a Milano, dove esegue gli altorilievi per il Palazzo di Giustizia e, nel 1940, inaugura la sua prima mostra di pittura alla Galleria Barbaroux. Nel 1941 è nominato insegnante all'Accademia di Belle Arti di Venezia. Del 1945 è il suo libretto "La scultura lingua morta" e al 1946 risale la sua ultima grande statua, Il partigiano Masaccio. Martini muore improvvisamente a Milano il 22 marzo 1947 all'età di 57 anni.

Da: Alla riscoperta della Riviera, supplemento al n. 1/2 della rivista Liguria, la stagione ligure di Arturo Martini, di Silvio Riolfo Marengo

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Museo archeologico     Il Museo Civico Archeologico "Cesare Queirolo" è ubicato al  primo piano dell'asilo infantile in P.zza S. Giovanni Battista. Fu proprio l'interessamento del religioso che diede vita  nel 1880 ad un primo nucleo museale destinato a raccogliere i reperti marmorei  romani e altomedievali rinvenuti nel territorio di Vada Sabazia. Esso accoglie 23 pezzi rinvenuti dal sacerdote nell'Ottocento negli scavi effettuati nella villa della canonica, nel quartiere del porto, e soprattutto in Valgelata, una piccola valle solcata dall'omonimo torrente. Altri 14 pezzi provengono dagli scavi condotti in occasione della costruzione del palazzo comunale nel secolo scorso (1953-55).
     L'eccezionale qualità di alcuni reperti e il buon livello degli altri, costituiscono inequivocabile testimonianza del grado di prosperità e importanza raggiunto nell'antichità da Vado. Il museo ospita anche reperti ceramici e una raccolta numismatica di 400 monete databili tra il II secolo a. C. e gli inizi del V secolo d. C.

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