La lavorazione del
vetro è da sempre il fulcro dell’economia
di Altare. Secondo la tradizione, furono
monaci francesi,
appartenenti al Monastero dell'isola di Bergeggi
e officianti in Altare, che impiantarono,
nel
XII secolo,
le prime fornaci dando origine
all'arte della lavorazione del vetro, arte che
poi i maestri artigiani altaresi diffusero
per il mondo. Secondo lo storico veneziano Matteo
Fanello (1748-1831) pare l'abbiano insegnata perfino
a Murano; Luigi Tomaso Belgrano, nella
Vita privata dei Genovesi,
scrive:" Nel
1441 la Signoria concedeva a Lanzarotto Beda di
Altare la facoltà di fabbricare in Genova una
fornace di vetri, senza contraddizioni degli altri
vetrai ivi esistenti”,
e ancora "Nel
1464 Beda, forse a causa di difficoltà economiche,
si trasferisce a Caffa, colonia genovese del Mar
Nero". All’inizio
del Novecento altri maestri vetrai, imbarcatisi
a Genova sul "Mendoza", raggiunsero
il Sud America dove aprirono fornaci ancora attive.
Nel
1982 è stata istituita la fondazione "Istituto
per lo Studio del Vetro e dell'Arte Vetraria"
(I.S.V.A.V.) allo scopo di tutelare
la produzione artigianale e artistica legata al
vetro, di promuovere lo studio storico e
scientifico dell'arte vetraria e la relativa attività
editoriale; nel 1984,
al fine di impedire la dispersione dei tesori
artistici conservati presso la Società Artistico
Vetraria, nata nel 1856 e dichiarata fallita nel
1978, ha visto la luce il Museo del Vetro e la
Biblioteca Specializzata, dapprima provvisoriamente
sistemati
nel seicentesco oratorio di S. Sebastiano, attualmente
nella sede definitiva di Villa
Rosa, prestigioso edificio stile liberty
di proprietà del Ministero per i Beni Culturali
e Ambientali.
La collezione consta
di circa 2300 vetri artistici di maestri altaresi,
lavorati a mano, e abbraccia un arco temporale
che va dal 1750 ai giorni nostri; comprende, inoltre,
reperti storici, attrezzature e utensili tipici
utilizzati per la produzione e lavorazione
artistica del vetro. La nobiltà d'arte dei maestri
altaresi ha creato nel corso degli anni oggetti
di alta qualità con raffinata capacità tecnica
e precisione. Così anche oggetti di uso quotidiano
come bicchieri,
bottiglie, caraffe, piatti, vasi, fruttiere, candelieri,
acchiappamosche,
acchiappapesci, beverini per uccelli, campane
per santini ed orologi ecc.. sono assurti a capolavori
d'arte. Oggetti dal linguaggio semplice
e severo, non firmati, ma artisticamente
decorati e, dopo il 1889, impreziositi anche da
fantastiche incisioni a ruota: opere che, come
pezzi d’arte, rispecchiano non solo i fermenti
delle varie epoche,ma anche l’ansia di ricerca
e di sperimentazione.
Non mancano, però,le opere di artisti conclamati
che con il loro geniale contributo, a partire
dal '900, hanno inventando forme, colori
e impasti prima sconosciuti . Come i fratelli
Costantino e Cimbro Bormioli: al primo appartengono
il grande «vaso blu con coperchio» e festoni in
oro e le «vaschette e giardiniere porta bulbi»
in vetro soffiato lattimo, ad imboccatura ondulata
e festoni a bacchette vitree colorate; il secondo,
invece, ha inventato i vasi e le anfore emulanti
l’opacità e la matericità delle terracotte faentine,
con procedimenti solo a lui noti. Brillante
inventore è stato anche Romolo Bormioli che ha
ideato la macchina per produrre le biglie/tappo
della gazzosa.
Il percorso museale è diviso in diverse
sezioni tra cui spiccano i «giganti del
vetro», manufatti di grande valore storico e artistico,
di enormi dimensioni e pregevole fattura quale
il «grande vaso» alto oltre un metro, soffiato
e inciso, presentato all’Esposizione Internazionale
di Torino del 1911. Nella «sezione tecnologica»
sono esposti gli attrezzi fondamentali per la
lavorazione del vetro soffiato. In alcune vetrine
sono esposti pezzi provenienti dalle
vetrerie argentine e brasiliane sorte grazie all'apporto
tecnico degli artigiani altaresi.
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