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L'edificio,
abitato per molti secoli dalla famiglia pistoiese di cui porta il nome e
di cui ancora oggi conserva in angolo il grande stemma, è l'unico
edificio privato d'impronta medievale ancora presente in città. Nel
Trecento Vinciguerra Panciatichi, discendente di Pancio di Bellino,
rientrato in città dopo l'esilio in Francia, eresse il palazzo in
prossimità dell'incrocio tra la via Maestra e borgo San Domenico, le
attuali Via Cavour e via Panchiatichi. Durante il forzato soggiorno in terra d'oltralpe i Panciatichi
esercitarono con notevole fortuna l'arte bancaria e una volta rientrati a
Pistoia vollero che il loro palazzo riecheggiasse in alcuni particolari
costruttivi le contemporanee architetture civili francesi. Agli inizi del
Quattrocento il palazzo ospitò per tre mesi Papa Alessandro V che per le
incerte condizioni di salute sostò a Pistoia prima di raggiungere Bologna
dove poi morì. Vi trovarono poi ospitalità a causa della pestilenza che
imperversò a Firenze nella seconda metà del secolo personaggi di fama,
tra cui i familiari di Lorenzo il Magnifico e alcuni membri della sua
corte come il Poliziano. Questo testimonia quanto la famiglia fosse
potente e come il palazzo rivestisse un ruolo di primo piano in città
quasi a fare da contraltare a quello del Comune. Durante i violenti
scontri d'inizio Cinquecento che videro i Panciatichi opporsi alla potente
famiglia dei Cancellieri, era in palio la carica di spedalingo, l'edificio
fu dato alle fiamme. Costretti ad abbandonare la città i Panciatichi vi
rientrarono qualche anno dopo sotto la protezione di Firenze e
ristrutturarono il palazzo di famiglia trasformandolo da fortilizio
medievale in dimora rinascimentale. Scomparvero i merli, oggi presenti
soltanto sul lato sinistro, sostituiti da un'elegante gronda in pietra e
legname, mentre l'interno fu ingentilito dall'ampio cortile e dallo
scalone. |
L'ampliamento del
palazzo fu opera del pistoiese Ventura Vitoni, in quegli anni il maggior
architetto della città, direttore, tra l'altro, del cantiere della
fabbrica della Madonna dell'Umiltà. Alla fine del Cinquecento l'ultimo
erede della famiglia fu costretto a vendere il palazzo per un grave
dissesto economico e la famiglia Cellesi ne divenne la nuova proprietaria.
I discendenti maschi di questo casato ottennero la dignità di balì
dell'Ordine di Santo Stefano, un istituto fondato dal Granduca Cosimo I
de' Medici per difendere le coste della Toscana dall'insidia dei Turchi. A
questo titolo è legato il nome con cui oggi i pistoiesi indicano l'antica
residenza. Ai primi del nostro secolo nel portico, oggi sede di un
istituto bancario, si trovava una delle prime sale cinematografice della
città: l'Excelsior. Nonostante il palazzo sia andato in gran parte
distrutto a causa dei bombardamenti anglo-americani del secondo conflitto
mondiale, un accurato restauro condotto durante gli anni sessanta ha posto
rimedio ai gravi danni restituendo nelle sue linee originali quello che è
stato uno dei luoghi più in vista della storia di Pistoia. |
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Le
finestre del Palazzo Panciatichi |
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Questo tipo di
finestra, che divide l'apertura in quattro riquadri, è detto a crociera e
caratterizza l'architettura civile rinascimentale italiana tanto che anche
per il palazzo pistoiese ne era stata ipotizzata la costruzione in
concomitanza con i restauri cinquecenteschi. Sennonché, durante gli
ultimi lavori, si è visto che l'inserimento delle finestre risale alla
struttura del fortilizio medioevale. La fenètre croisèe è infatti
documentata delle costruzioni francesi a partire dalla prima metà del
XIII secolo e soltanto nei secoli successivi si diffuse in Italia. Proprio
per la loro appartenenza alla struttura originaria le finestre del palazzo
pistoiese, che si pensa abbia come prototipo la Casa dei Musici di Reims,
precedono l'uso rinascimentale e rappresentano, quindi, un esempio atipico
nell'architettura toscana della prima metà del Trecento. |