Qualsiasi considerazione storica sulla fondazione del Duomo di Pistoia deve necessariamente prendere in esame i quesiti inerenti la cattedrale paleocristiana, anche se il problema è ancora oggi ben lontano dal trovare una definitiva soluzione. Essendo la città sede episcopale fin dal V secolo, è evidente che vi doveva essere una chiesa principale della cui ubicazione, però, ancora non sappiamo molto. Del resto se non si è sicuri della sua eventuale origine longobarda, nonostante il ritrovamento di alcuni reperti relativi ai secoli VIII o IX, si è invece certi della sua presenza già ai primi del X secolo. Con tutta probabilità l'edificio è stato ricostruito nel XII secolo, non a caso nella prima metà del XII secolo il vescovo Atto consacrava al suo interno il primo altare dedicato a san Jacopo, indi ampiamente rimaneggiato subito dopo il grave incendio dei primi del secolo successivo. Se la notizia vasariana circa l'intervento di Nicola Pisano è assolutamente priva di fondamento ciò non toglie che la cattedrale abbia assunto l'aspetto odierno proprio con la metà del XIII secolo, risultando così più che un'opera architettonica dal carattere unitario, un articolato palinsesto di interventi successivi. Alla fine del Duecento la cattedrale, ancora priva del portico, ebbe dunque caratteristiche analoghe alle odierne, se si esclude la zona presbiterale profondamente modificata in età moderna. I lavori proseguirono poi durante i secoli XIV e XV quando si provvide alla costruzione e alla decorazione del portico di facciata e alla copertura voltata delle navate laterali.

Con la fine del Cinquecento la cattedrale fu ancora una volta oggetto di importanti lavori di restauro: vennero modificate le cappelle poste in testa alle navatelle laterali e l'architetto pistoiese Jacopo Lafri demolì l'antico coro medioevale per innalzare la tribuna la fine da lui stesso progettata.  L'imponente volume presbiterale, decorato dai migliori artisti fiorentini dell'epoca, modificò radicalmente lo spazio interno della chiesa dilatandone le superfici e sollevando il problema del raccordo con il corpo delle navate delle quali la centrale venne voltata per consentire un migliore rapporto tra i due volumi.  Con la demolizione, alla fine del Settecento, della Cappella di Sant' Jacopo, la cattedrale fu privata di un importante luogo di culto; poco dopo Giovanni Gambini procedette all'ultimo importante intervento decorativo. Incaricato di rinnovare la zona presbiterale, egli rimosse gli ornati tardo-manieristi del Lafri progettando, durante gli anni Trenta dell'Ottocento, una nuova decorazione di gusto neoclassico. L'aspetto conferito al Duomo da questi ultimi interventi è rimasto inalterato sino ai lavori promossi nel corso degli anni Sessanta di questo secolo volti al ripristino delle antiche strutture medioevali. I restauri provvidero innanzitutto alla rimozione delle volte della navata centrale e degli intonaci ottocenteschi dalle pareti delle navate laterali, vennero poi ripristinate le monofore, le bifore e chiuse le finestre seicentesche. Al termine dei lavori il responsabile del restauro scrisse " Purificata la forma e restituite le proporzioni originali, il calcolato giuoco della luce conferisce al monumento mistico aspetto della grandiosità basilicale".

 

 

Andrea della Robbia 
Madonna col Bambino tra gli angeli 
[1505]

 

L'altare argenteo, un tempo nella ricca cappella dedicata al santo patrono di Pistoia, dopo le varie e sfortunate vicende che lo hanno coinvolto, è oggi custodito presso la cappella del Crocifisso che si apre sulla navata destra della cattedrale. Si tratta di uno dei massimi capolavori dell'oreficeria sacra medioevale e fu costruito a varie riprese tra la seconda metà del Duecento e la prima metà del Quattrocento. In lamina d'argento a sbalzo consta di tre paliotti e di una pala posta sopra la mensa. Il paliotto frontale è composto da quindici formelle rettangolari incassate entro riquadri decorati da bordature ornamentali. Una cornice in aggetto corre lungo il suo perimetro e alla base si legge la data e il nome dell'autore delle formelle: 1316 Andrea di Jacopo di Ognabene di Pistoia. I temi rappresentati sono tratti dal Vangelo con in più tre formelle in basso a destra con storie di san Jacopo. Il fianco di sinistra, invece, è interamente dedicato alle storie del Santo e nella parte bassa della cornice si trova la lastra smaltata con la data e il nome dell'orafo: 1371 Leonardo di ser Giovanni da Firenze. Le scene sul lato destro sono dedicate a storie tratte dal Vecchio Testamento e, nonostante non siano riportati i nomi degli autori, sono opera sicura dei fiorentini Francesco di Niccolò e Leonardo di ser Giovanni. L'altare, splendido per il magistrale sbalzo delle formelle, i numerosi inserti di pietre preziose e i raffinati smalti, testimonia l'alto livello raggiunto dagli orafi toscani i quali mostrano di essere perfettamente aggiornati sugli esiti delle più importanti imprese decorative del tempo. Andrea d'Ognabene ha appreso la lezione di Giovanni Pisano e Leonardo di ser Giovanni quella della scuola degli Orcagna che a Pistoia ha lasciato esempi di grande rilievo. La grande pala dell'altare è costituita da tre fasce sovrapposte:'inferiore con il Cristo in Pietà e figure di Santi e Apostoli; la mediana con san Jacopo in Trono, gli Apostoli, santa Eulalia, il vescovo Atto, san Giovanni Battista e Maria Salomé;  la superiore con il Cristo in Maestà tra i Cori angelici, sant'Antonio Abate e santo Stefano. Agli orafi Nofri di Buto e Atto Braccini dobbiamo la cuspide il cui cartone è opera del pittore pistoiese Giovanni di Bartolomeo Cristiani.
Nel 1399 si attese al completamento dei laterali della pala affidati a Domenico da Imola e a Pippo da Firenze. L'orafo Pippo da Firenze è il celebre architetto Filippo Brunelleschi che proprio a Pistoia lasciò così la sua prima opera certa: i due profeti del fianco sinistro della pala. L'altare fu un'impresa secolare alla quale parteciparono artisti di grande fama e nella quale si riconobbe l'intera comunità pistoiese come testimoniano i numerosi interventi volti ad abbellirlo. E' emblematica la statua in argento di san Jacopo commissionata per ringraziamento allo scultore Gilio Pisano non appena terminata la grande pestilenza del 1348. Per lunghi secoli l'altare è stato nella cappella di S.Jacopo; nel Settecento questa venne smantellata per ordine del vescovo Scipione de' Ricci e l'altare fu collocato in testa alla navata meridionale della cattedrale.  Alla fine del secondo conflitto mondiale dopo importanti lavori di restauro venne posto là dove ancora oggi i visitatori lo possono ammirare.

 

 

Bastiano Balducci 
L'Apostolo Giacomo benedicente tiene in grembo l'immagine di Pistoia
[affresco - 1582]

Altare di S.Jacopo 
 [Particolare]

Le prime due campate della navata destra erano occupate dalla Cappella di san Jacopo, eretta alla metà del XII secolo dal vescovo Atto per depositarvi la reliquia del Santo, portata dalla Spagna dai due devoti da lui inviati. La cappella era separata dal resto della cattedrale con una cancellata, era sopraelevata rispetto al pavimento della chiesa e custodiva, prima che il vescovo Scipione dei Ricci la smantellasse, sia l'Altare d'argento che preziose suppellettili liturgi-che, oggi nel Museo Capitolare. Il Monumento funebre del giurista e letterato Cino Sinibuldi da Pistoia, in alto alla parete della navata meridionale, è opera trecentesca attribuita ancora una volta agli scultori senesi Agostino di Giovanni e Giovanni d'Agostino. Strutturato come un sarcofago sovrastato da un'edicola con arcata poliloba reca in alto un tabernacolo con la Madonna, il Bambino e i santi Jacopo e Zeno. Sotto, Cino, seduto, insegna ai suoi scolari. In merito ai personaggi raffigurati la tradizione vuole che due figure del bassorilievo inferiore rappresentino Petrarca e Selvaggia Vergiolesi, la fanciulla amata da Cino. Poco oltre si trova il grande Crocifisso dipinto alla fine del Duecento da Coppo di Marcovaldo e dal figlio Salerno. Subito dopo si apre la Cappella del Crocifisso custode dal 1953 dell'Altare d'argento, oltre la quale una gradinata sale alla zona presbiterale e un'altra scende alla cripta, dove recenti scavi archeologici hanno riportato in luce le fondamenta dell'absidiola meridionale dell'antico coro romanico. Il presbiterio costruito da Jacopo Lafri a partire dal 1599 venne decorato dal Passignano nella volta e alle pareti da Gregorio Pagani e Benedetto Veli, valenti pittori fiorentini attivi ai primi del XVII secolo. La cappella presbiterale è preceduta dal quattrocentesco candelabro in bronzo, pregevole opera di Maso di Bartolomeo. La rinascimentale Cappella di san Donato, a sinistra della maggiore, accoglie un'importante tavola con la Madonna in Trono, il Bambino e i santi Giovanni Battista e Zeno, capolavoro della pittura fiorentina del tardo Quattrocento, dipinta da Lorenzo di CrediScendendo la gradinata che riporta al piano delle navate, si scorge sulla sinistra una scala che, come l'analoga sulla navata destra, scende alla cripta, dove si trovano, tra gli altri resti lapidei, due lastre di marmo scolpito appartenute ai pulpiti romanici un tempo nella cattedrale e un capitello barbarico proveniente forse dalla più antica fase costruttiva. Al termine della navata settentrionale si trova il monumento funebre del Cardinale Forteguerri al quale lavorò il Verrocchio .

 

 

Coppo di Marcovaldo e Salerno di Coppo: Crocifisso con sei storie della vita di cristo [1275]

Lorenzo di Credi:
Madonna in trono fra i SS. Giovanni Battista e Donato
[1477/78 c.a. – 1486]

   

Agostino di Giovanni:
Monumento a Cino da Pistoia [1337]

Altare di S.Jacopo