I., Urbani, La Buona Novella. Storie di preti di frontiera, Guida, 2013, pp.200 - € 12.00

  Il titolo del libro della giornalista Ilaria Urbani è preso in prestito dal concept-album di Fabrizio De André ispirato ai Vangeli apocrifi che, come la stessa autrice scrive, l’ha spesso guidata, da laica, nella comprensione delle intime convinzioni di chi accompagna gli ultimi nella costruzione collettiva di un mondo migliore. La Buona Novella. Storie di preti di frontiera è un testo appassionato e originale, è un viaggio attraverso le periferie degradate della Campania e i volti belli, veri, di tredici preti di frontiera che hanno provato a riportare la speranza. Tredici capitoli che raccontano tredici storie-testimonianze di preti coraggiosi che hanno dedicata lo loro vita al prossimo. E sembra quasi di vederli mentre l’autrice ne rievoca le vicende. Tredici pastori che operano in un territorio difficile, precario, tra carceri, comunità di recupero, disoccupazione e criminalità. Questi sacerdoti ci mostrano quotidianamente cosa voglia dire la parola “missione”, cosa significhi essere al fianco degli ultimi e cosa sia davvero la chiesa. Nel testo viene presentata una chiesa in prima linea nella lotta alla criminalità, sensibilizzando le coscienze dei credenti e non. Come scrive Roberto Saviano nella prefazione, “la chiesa, in territori perennemente in guerra, è l’unico argine vero allo strapotere dei clan. Dove la politica ha smesso di arrivare, dove l’associazionismo laico talvolta fallisce, dove lo Stato è assente, i preti coraggiosi, di “frontiera”, riescono ancora a fare breccia in cuori rimasti senza speranza, spesso sordi ad altre voci. Uomini che sfidano il potere con umiltà, che fanno semplicemente la scelta giusta senza temerne le conseguenze. Uomini protetti dalle loro coscienze e da una comunità di fedeli che si aggrappa a loro come ultima possibilità di vita”.
Questa è la Chiesa che Ilaria Urbani descrive da non credente. Con la sua visione laica della vita ha fotografato la quotidianità e l’impegno che questi tredici sacerdoti mettono nell’amore per gli altri, soprattutto per i più emarginati. Il pregio della Urbani è lasciare che a raccontarsi siano gli stessi protagonisti del libro mettendo in risalto i loro progetti, ma non nascondendo le varie difficoltà che ogni giorno trovano agendo in quegli ambienti degradati, dove spesso oltre ad operare da “preti” devono colmare un vuoto istituzionale, infrastrutturale e politico. In queste periferie lo Stato spesso assente, e la chiesa è presente proprio grazie a questi “messaggeri” della buona novella.
L’autrice intesse un dialogo serrato ed incalzante: sono il cappellano del carcere di Poggioreale don Franco Esposito, che allevia le pene di carcerati che vivono in condizioni disumane in una struttura sovraffollata e degradante e cerca di sostenere le famiglie di coloro che finiscono in carcere, in La voce dei senza voce (p. 13-25); don Aniello Manganiello, ex parroco di Scampia, allontanato per minacce camorristiche, che ha fondato l’associazione sportiva don Guanella, in Il coraggio del dissenso (p. 27-37); padre Antonio Bonato, missionario comboniano a Castelvolturno, impegnato nel doposcuola e nell’assistenza domiciliare in La mia Africa (p. 39-51); padre Carlo De Angelis, che ha dedicato la vita al recupero dei tossicodipendenti e porta avanti la comunità La Sorgente, alle spalle del bosco di Capodimonte, in Trent’anni in frontiera (p. 53-63); padre Fabrizio Valletti, gesuita di Scampia, protagonista di Ponti tra le due Napoli (p. 65-75); don Gaetano Romano, che opera nella periferia orientale sin dal caos post-terremoto, in L’inferno sul mare (p. 77-91); don Antonio Loffredo, che ha scommesso sull’impresa solidale La Paranza per salvare il rione Sanità da abbandono e camorra, ne I talenti del rione Sanità (p. 93-111); don Félix Ngolo, che dal Congo a Pozzuoli, grazie alla passione per il calcio, ha tolto tanti giovani dalla strada nell’hinterland flegreo, come leggiamo in Dalle banlieues ai Campi Flegrei (p. 113-123); don Vittorio Siciliani, memoria storica di Scampia fin dagli anni in cui furono costruite le Vele, L’anima di Scampia (p. 125-133); don Tonino Palmese, tra i più esposti, referente in Campania di Libera di don Ciotti, avamposto della legalità, con la sua opera di diffusione della legalità e il sostegno ai parenti delle vittime di camorra, che campeggia in “Facciamo il pacco” alla camorra (p. 135-149); don Mario Ziello, voce battagliera dai Quartieri Spagnoli, in Una vita per i Quartieri Spagnoli (p. 151-163); padre Domenico Pizzuti con il suo impegno per la convivenza con i rom, im Tornare a Scampia (p. 165-177) e lo stesso padre Alex Zanotelli, dall’Africa a Napoli con le sue idee di rivoluzione dal basso in La decrescita felice (p. 179 -195).
Tredici nomi, nessun eroe, tanto coraggio nell’affrontare l’abisso della sofferenza, sacerdoti coerenti che credono nella loro missione e testimoniano quotidianamente la presenza di Dio accanto agli umili.