Guarigione del Paralitico di Betsaida (Gv 5,1-9)
-seconda parte - 

 

  Il paralitico sperava che Gesù lo aiutasse ad entrare nell'acqua, infatti, gli dice: “Signore, io non ho un uomo che m'immerga nella piscina al primo moto dell'acqua, e mentre io vado, un altro vi discende prima di me” (v. 7). Non c’è nessuno che lo aiuti. Essendo lui lento nei movimenti, gli altri che sono più svelti di lui, si gettano per primi e a lui tocca aspettare, ma sempre con lo stesso risultato di essere preceduto dagli altri. Da ben 38 anni (e ciò ha dell'incredibile) quest'uomo è in attesa di qualcuno che lo aiuti a vincere la "concorrenza sleale" degli altri. Neppure Gesù aiuta il paralitica ad entrare nella piscina e non mise neppure la mano sopra lui.
  Questo sventurato, inoltre, sembra avere l’abitudine di scaricare su altri la responsabilità del proprio profondo disagio interiore… e condannato all’isolamento, quest’uomo sembra essere una specie di escluso dalla vita, un emarginato rassegnato e disperato, incapace anche di verificare l’esistenza, accanto a sé, di una presenza amica che gli sta offrendo un aiuto. Gesù gli è assai vicino, ma l’infermo sembra non accorgersene. A quest’uomo Gesù non chiede la fede. Gli dice solamente se vuole guarire. Poiché questa è la sua volontà, Gesù lo guarisce con un ordine, un comando: “Alzati prendi il tuo lettuccio e cammina” (v. 8). “Alzati”: il paralitico non è aiutato da Gesù… egli piuttosto comanda al paralitico di raccogliere le proprie forze e di compiere il gesto che da molti anni non aveva potuto o saputo fare: alzarsi dalla condizione di prostrazione e di abiezione. Ora “Alzati” e scrollati di dosso la paura di vivere e di assumerti le tue responsabilità davanti a Dio e davanti agli uomini; smettila di piangerti addosso e di aspettare che altri decidano per te cosa devi fare della tua vita e del tuo destino.
  “Prendi il tuo lettuccio” e non pensare di dover sempre dipendere dagli altri. “Cammina” perché d’ora in poi non avrai più scuse. La responsabilità di una conversione radicale è solo ed esclusivamente tua e non puoi più incolpare qualcun altro della tua incapacità di affrontare la vita con dignità, con senso di responsabilità e con coraggio.
  È questo uno dei pochi casi di guarigione senza una richiesta esplicita di fede.
  Il paralitico credette, e la sua guarigione fu istantanea e completa. La paura di vivere di quell’uomo si dissolve come nebbia al sole e l’impossibilità a muoversi ed a prendere decisioni autonome (paralisi del corpo e dello spirito) si risolve immediatamente. Si alzò e camminò, robusto come nei suoi primi anni, e portò via sulle proprie spalle il lettuccio sul quale era giaciuto per tanto tempo, come prova a quanti lo conoscevano di completa guarigione. Gesù dona al paralitico le sue gambe, che alla piscina ci deve arrivare da sole e con le sue forze. Non è l’acqua della piscina che è miracolosa e che guarisce: ciò che guarisce veramente è un atto di fede. Al paralitico non è più necessario immergersi in quell’acqua per guarire, ma è il contatto con Gesù che lo fa guarire, perché la sua Parola gli risveglia la coscienza e lui capisce che è ora di alzarsi e camminare… L’uomo ascolta il comando di Gesù: “prende la sua barella e comincia a camminare”. Va notato, inoltre, il cambiamento della posizione del lettuccio: l'infermo vi stava prima adagiato sopra, ma adesso che è guarito se lo carica sulle spalle. La parola di Cristo rende l'uomo signore di ciò che prima lo dominava. Il lettuccio c'è ancora, ma ha smesso di opprimere la persona. Con i due gesti del prendere e del camminare si attesta la verità della guarigione. Il malato è ritornato ad essere sano.