Il
Medico dell'umanità
Il primo miracolo compiuto
da Gesù a favore di una donna ha per protagonista la suocera di Simone. Su
questo dato concordano tutti e tre i Vangeli Sinottici (Mt 8,14-16; Mc
1,29-34 e Lc 4,38-41). Il racconto che fa Matteo è leggermente più breve e
più sobrio rispetto agli altri, ma è più ricco teologicamente. Egli
elimina i personaggi in più, le figure che disturberebbero una
comprensione più profonda del fatto e pone sulla scena solo i due
personaggi principali: Gesù e la suocera di Pietro. È scritto che
si reca a casa di Pietro e di suo fratello Andrea, forse perché vuole
condividere con loro un pasto, in amicizia. Il contesto è quello
familiare, domestico: Gesù non prende le distanze dai suoi amici,
dagli apostoli e dai discepoli. Non ha paura di
farsi commensale con chi ha bisogno di lui.
La donna come spesso
accadeva nelle famiglie della Palestina, ai tempi di Gesù, si occupava
delle faccende domestiche, e preparava i pasti per i pescatori che
tornavano dal loro lavoro. Ora, invece, è nella sua stanza, coricata, in
preda alla febbre. Notiamo che l’iniziativa è interamente di Gesù che la
vede “a letto e febbricitante”. Questa febbre è figura del male che
immobilizza la persona e blocca in lei anche la capacità di amare. Gesù
non ha bisogno che gli indicano che la donna è inferma: la vede da sé.
Egli scorge sempre qualcuno che sta male è ha bisogno di aiuto, è attento
agli altri.
La donna era costretta a
letto. Qualcosa bruciava le sue energie impedendole di svolgere le sue
normali attività e la sua vocazione al servizio che lei sentiva d’avere.
Il verbo “giaceva a letto” ci lascia intendere qualcosa di più di un
semplice essere a letto, ma uno stato di totale impotenza e di morte. Di
modo che Matteo poi dirà che essa “si alzò” per indicare il miracolo della
risurrezione dalla tomba… per lui la donna non era semplicemente ammalata,
ma morta.
“Le
toccò la mano”, finora Gesù aveva guarito il lebbroso toccandolo e usando
la sua parola. Qui guarisce senza dire una parola, semplicemente toccando
la mano. Non ha bisogno di darsi da fare per guarirla. Toccando il corpo
della donna, intende entrare in comunione con lei. Col suo tocco le
comunica una vita nuova, uno stile di vita diverso.
“E la febbre scomparve”,
potremmo supporre che la “febbre” di cui soffriva era l’egoismo. Appena
guarita, infatti, si dedica agli altri nel servizio. Toccando la donna,
trattiene nella sua mano la febbre. La malattia non è stata eliminata: è
scomparsa. È andata a finire sulla persona di Gesù. Matteo mette in
risalto proprio questo particolare: Gesù prende su di sé la nostra
malattia. Marco e Luca non evidenziano questo aspetto teologico del
miracolo.
Come Matteo evidenzia
questo aspetto? Citando Isaia “Egli ha preso (lambànein) le nostre
infermità è ha portato (bastázein) le (nostre) malattie” (53, 4). Gesù è
il grande guaritore che prende su di sé tutto il negativo dell’umanità,
Egli è la vera immagine del servo sofferente “l’uomo dei dolori che ben
conosce il patire” (53, 3). Sarà attraverso la sua sofferenza che Egli
salverà. Notiamo una certa differenza tra Marco e Matteo. Mentre il primo
dice che Gesù “ne curò molti” tra i malati (1,34): Matteo dice che “li
guarì tutti” (v. 16). Gesù è, per Matteo, il medico dell’umanità.
La traduzione CEI dice che la suocera di
Pietro “si alzò”; essa è imprecisa perché il soggetto di tale azione non è
tanto la donna, quanto piuttosto Dio che la fa alzare. Non è lei che con
la sua forza di volontà si mette in piedi; ma è Dio che con la sua potenza
la mette in piedi e la strappa dalla sua immobilità, dall’egoismo e dalla
morte.
Cose tutte che le impediscono di fare la cosa
principale della sua vita come donna di casa: il suo servizio agli altri.
Gesù per primo si è fatto servo di quella donna, prendendo su di sé la sua
malattia. Cosa fa la suocera di
Pietro non appena Gesù la guarisce? In segno di riconoscenza “alzatosi
(risorta) si mise a servirlo (diakoneìn)” (Mt 8,15), mentre Marco e Luca
dicono che ella serve tutti coloro che sono in casa.
Di che cosa è malata la suocera di Pietro? La
febbre, di cui non si dice a quale malattia fosse dovuta, è semplicemente
il segno esteriore che qualcosa non va in lei. Qual è quindi la malattia
che costringe la donna a stare a letto? Per capirlo bisogna fare
attenzione al brano biblico.
Appena "la febbre la lasciò... ella si mise a
servirli", cioè ad amarli. La donna possiamo dire che era malata di
chiusura, di egoismo, di non relazione verso gli altri, tanto che appena è
rimossa la causa della febbre, "si mise a servirli". Dal miracolo al
servizio!
La prova dell’avvenuta guarigione è proprio il
servizio, la prontezza con cui riprende il servizio sorprende. Noi
penseremmo a un periodo di convalescenza, a una ripresa lenta.
Invece subito si mette al servizio. Alla luce
di ciò la guarigione sembra acquistare anche un valore simbolico: la
guarigione di Gesù fa risorgere e rende disponibili al servizio.
La persona salvata è una persona che fa della
sua vita un dono, un servizio. Il servizio pronto della
suocera di Pietro è l'esortazione che anche la nostra vita sia aperta con
la stessa disponibilità e generosità.
Un apologo famoso dice: un uomo passa per la
strada, vede un bambino che muore di fame, e grida al cielo: "Dio, che
cosa fai per lui?" E una voce risponde: "io, per lui, ho fatto te".
Noi non saremo forse mai capaci del miracolo
di guarire qualcuno, ma dobbiamo essere capaci del miracolo di servire.
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