La solidarietà... la scuola palestra possibile

-seconda parte-

 

 La scuola, secondo il mio modesto parere, rappresenta un luogo privilegiato per fare crescere nelle nuove generazioni sentimenti di partecipazione attiva e di vera solidarietà. Essa è il luogo della cultura per eccellenza, è il luogo in cui l’uomo si forma e si sviluppa in quanto soggetto libero che cresce nel possesso intelligente della realtà. Quest’incontro con la realtà fa emergere il valore della solidarietà. I ragazzi dovrebbero vedere nell’istituzione scolastica un luogo nel quale matura la cultura della solidarietà, infatti, già nel rapporto fra i vari componenti della stessa scuola. Si pensi, ad esempio, alle relazioni fra docenti e alunni; docenti fra di loro; docenti, alunni con i collaboratori scolastici; docenti, alunni e collaboratori scolastici con il dirigente scolastico. Purtroppo spesso queste relazioni sono dettate soltanto dalla professione, cioè ognuno ha dei ruoli e compiti ben definiti da eseguire spesso mettendo in secondo piano l’aspetto solidale.
La scuola è, e se non l’ho è, deve diventare una vera palestra di solidarietà proprio perché vi sono queste molteplici relazioni fra diversi soggetti che costituiscono. Sono convinto che sia nell’ambito della vita scolastica, che nell’ambito della vita parrocchiale, i ragazzi apprendono che la solidarietà è un valore universale e di conseguenza anche il mai-incontrato, il bisognoso che si legge si giornale dev’essere aiutato. La solidarietà non riguarda solo quelli che vivono all’interno delle nostre frontiere, ma essa è un valore dell’Unione Europea e riguarda tutti gli esseri umani.
Volendo fare degli esempi concreti potremmo dire che è solidarietà anche quando nella vita quotidiana si accettano le debolezze altrui: cedere il proprio posto a sedere ad un anziano, dare una mano a chi è in difficoltà.
Nell’ambito scolastico, per esempio, è solidarietà aiutare i compagni che non riescono bene, magari a causa di una malattia, o per un dolore familiare; è a loro che si deve prestare del tempo. Oppure, più semplicemente, offrire il proprio materiale, come penne, libri e fogli agli sbadati: è anche in queste piccole cose che s’impara a diventare parte attiva della società, anche se a volte costa fatica donarsi, perché si è stanchi o non si ha voglia.
Il Ministero della Pubblica Istruzione nell’Indicazioni Nazionali per i vari ordini di scuola fornisce moltissimi imput alle stesse scuole affinché attivino progetti educativi in questa direzione. Educazione alla solidarietà dovrebbe diventare parte integrante dell’intere progetto educativo della scuola, essendo coscienti che la solidarietà è un valore etico che l’alunno deve anzitutto cogliere, metabolizzare, pensare, apprezzare nella sua valenza culturale.
La scuola diventa veramente un palestra di solidarietà quando mette gli alunni nelle condizioni di “saper fare” gesti concreti di solidarietà (raccolta fondi per adozione a distanza – ad esempio) oppure la riflessione su di essa (opuscolo, letture, filmati, spiegazioni agli studenti più piccoli, incontri, spiegazione ai genitori ecc). In questo modo gli alunni acquisiscono una concreta sensibilità e un motivato giudizio sul tema della carità.
Purtroppo, però, non tutti i dirigenti scolastici hanno compreso quest’importanza… Ho esperienza di chi è favorevole a questo discorso educativo per gli alunni. Ricordo a liceo “A. Labriola”, dove ho insegnato fino all’anno scorso, la mia collega di religione, rispetto a me, più impegnata in quest’ambito, sensibilizzava tutti gli alunni all’adozione a distanza.
Nel momenti forti, inoltre, organizzava iniziative per i più deboli, esempio a Pasqua era diventata una consuetudine ormai, l’iniziativa Pasqua OPEN, insieme all’associazione ONLUS-OPEN. Iniziativa rivolta a tutte le scuole di ogni ordine e grado e consiste nell’offerta di uova di cioccolato o di ovette di ceramica in cambio di un contributo da destinare alla ricerca sui tumori solidi pediatrici e al miglioramento della qualità della vita dei piccoli pazienti campani.
Questa bellissima iniziativa era ormai diventata una tradizione per la nostra scuola e il gesto solidale degli alunni andava ben oltre la raccolta dei fondi che inviano all’Associazione Oncologia Pediatrica e Neuroblastoma.
Il loro sostegno a tale causa era un gesto che testimoniava il loro voler condividere la sofferenza degli altri, la loro voglia di partecipare come protagonisti nella lotta contro malattie che non dovrebbero esistere, il loro volere “dare una mano”.
Ogni iniziativa di solidarietà è un importante occasione di crescita per i giovani ma direi per tutti perché, la solidarietà, la cooperazione e la sensibilizzazione verso problemi vari dovrebbe interessare tutti.
Quest’iniziativa è stata portata avanti fino a quando i dirigenti scolastici erano sensibili, ma poi, in quest’ultimi anni non si è fatto più nulla, perché è arrivato un dirigente “illuminato” che non ha ritenuto più opportuno che si facesse… argomentando che la scuola non può fare solidarietà. Devo dire, però, nonostante il suo no i ragazzi hanno continuato dimostrando di aver compreso la finalità educativa dell’iniziativa.
Fortunatamente però ci sono dirigenti scolastici veramente “illuminati” che incoraggiano e sostengono tale iniziative, coscienti che la scuola deve educare alla cittadinanza attiva ed al valore della solidarietà.