Interiorità un valore in crisi...

Passare dall'esteriorità all'interiorità

 

Con il presente articolo concludiamo quella serie di valori che definimmo, nel primo articolo, valori strumentali: la libertà, la responsabilità, la solidarietà, la giustizia, la creatività e l'interiorità. L’ultimo dei valori strumentali è l’interiorità.
L’uomo oltre ad avere una corporeità ha anche l’interiorità, oggi quest’ultima è un in profonda crisi. La vita interiore, infatti, oggi è in profondo declino. Spesso quando si parla di “interiorità” si corre il rischio di ritenere che si tratti di una dimensione separata, se non addirittura contrapposta alla “realtà esteriore” … ma non è così. Nella visione biblica l’uomo è colto nella sua integralità, nella totalità dell’esistenza e dell’esperienza, senza divisioni.
Quali i tratti costitutivi dell’interiorità? Ne hanno parlato nei loro scritti Paolo e Agostino, ma non è mia intenzione analizzare ciò che i due illustri hanno detto.
Vivere il valore dell’interiorità significa, secondo me, scoprire la ricchezza che l’uomo ha “dentro”. Per essere più esplicito credo che bisognerebbe fare l’esperienza di un rientro «in interiore homine», ma purtroppo, bisogna dire che ai nostri giorni, con tempi sempre più frenetici, le giornate corrono e ogni spazio della giornata è occupato da mille cose da fare. Perfino le ore serali sono, per la maggior parte, mangiate dalla televisione di conseguenza non c’è mai tempo per guardarsi dentro.
Che cos’è l’interiorità? Potremmo definirla così: è il nostro spazio, la nostra dimensione interiore; psichica e spirituale, nella quale risiedono gli aspetti più intimi e privati del nostro essere. È uno spazio di riflessione e di silenzio personale, uno “spazio interiore” dove tutte le voci possono risuonare, ma dove ciascuno si trova a dover decidere. L’interiorità, per questo motivo, esige occhi profondi e capacità d'ascolto e di meditazione, per scorgere il significato della realtà oltre le apparenze e capacità di silenzio per penetrare in noi stessi, attraversare impressioni, sensibilità, risonanze e giungere al mistero di Dio e di noi stessi. Mi preme ricordare che l’interiorità non è atteggiamento esclusivo dei cristiani.
Certamente è impresa difficile. Urge passare dall’esteriorità all’interiorità, riscoprire l’interiorità. Purtroppo c’è un privilegiare l’esteriore, dalla pubblicità ai programmi televisivi, dal rumore alla complessità degli strumenti di comunicazione virtuale, tutto concorre a ridurre sempre più gli spazi del silenzio, dell’ascolto, della contemplazione, della riflessione.
C’è domanda di interiorità tra i giovani? Purtroppo oggi quanti giovani non hanno occasione di scoprire se stessi, il loro potenziale talento che posseggono. Moltissimi giovani oggi fanno fatica a occupare il loro spazio interiore. Si lamentano spesso di mancanza di concentrazione e di conseguenza hanno bisogno di educare la propria volontà, che rischia di essere incostante e fragile.
La carenza d’interiorità favorisce psicologie più ansiogene, più pronte a rispondere agli stadi primari della pulsione che a impegnarsi nella formazione interiore. La crisi dell’interiorità contemporanea finisce per perdersi nell’individualismo e nel soggettivismo psicologico.
Chi pensa oggi all’educazione interiore? Cedo che la scuola possa fare moltissimo, un professore intelligente può essere più prezioso di qualunque altra esperienza. Ecco perché il lavoro degli insegnanti andrebbe valorizzato al massimo. L’educazione all’interiorità porta ad essere capaci di mettersi nei panni degli altri senza perdere il senno, a dare valore alle parole come ai silenzi, a mantenere vivi nel tempo fatti, esperienze, realtà conosciute. È l’educazione all’interiorità che rende dinamici il nostro agire, la nostra corporeità, anche i nostri sogni.
Dall’interiorità nascono i sentimenti di stupore, anche di timore di fronte alle infinite sfumature della nostra realtà intima, non solo, ma anche di tutta la realtà che ci attornia. L’educazione all’interiorità che rende dinamici il nostro agire, la nostra corporeità, anche i nostri sogni. Ecco il motivo per cui il filosofo greco insisteva sul motto: “Conosci te stesso”, questa massima socratica accompagna il cammino dell’umanità perché è dal conoscersi che parte la nostra visione del mondo.
L’educazione dell’interiorità non si insegna, ma si vive e si testimonia. Oggi l’insegnamento non basta più, perché l’educazione dell’interiorità comporta presenza attiva, testimonianza, partecipazione affettiva. Il lavoro degli insegnanti andrebbe valorizzato al massimo…
Bisogna aiutare i ragazzi a farne esperienza dell’interiorità, cioè iniziare un percorso educativo per un apprendimento o un cammino verso l’interiorità. Viviamo, infatti, in una civiltà tutta proiettata all'esterno, esiste perfino una letteratura di evasione, spettacoli di evasione. L'evasione è, per così dire, istituzionalizzata. Proprio a tal proposito passaggio dall’esteriorità all’interiorità è importantissimo anche secondo una voce laica molto pregnante, quella di Vittorio Andreoli; lo psichiatra accusa i nostri modelli e le nostre visioni attuali che cancellano progressivamente l’interiorità e riducono tutto a ciò che si vede e attrae e, dunque, all’esteriorità e alla superficialità. Egli ha pertanto intitolato il suo ultimo libro L’uomo di superficie, edito da Rizzoli, Milano 2012.