Il cammino verso la luce (Mc 10,46ss) -seconda parte -
Faccia a faccia con Gesù Gesù imposta il dialogo col cieco e lo fa a partire da una domanda all’apparenza banale data la risposta scontata: “Che vuoi che io ti faccia?” (Mc 10,51). Ci sono state tante cose che poteva chiedere: l’elemosina, il rifugio della famiglia, l’assistenza, la consolazione… La domanda che Gesù fa, al dire il vero, stupisce un po’: possibile che non sapesse cosa volesse? Cosa può chiedere un cieco? Sembra una domanda inutile, ma per Gesù è fondamentale. Queste parole mostrano l’estrema delicatezza e rispetto di Gesù nei confronti della libertà di quell’uomo. Egli non vuole imporre o forzare nessuno, neanche chi si trova all’estremo dell’indigenza: vuole che il suo dono sia accolto liberamente. Il suo intento è far sì che Bartimeo diventi consapevole del proprio bisogno e, da mendicante qual è, non si affidi ancora una volta alla sola iniziativa altrui, ma si assuma la responsabilità di chiedere in modo chiaro ciò di cui ha bisogno. La risposta del cieco è puntuale: “Rabbunì, che riabbia la vista!” (v. 51). Chiamandolo con questo titolo strettamente confidenziale (significa “mio maestro” o “mio grande”), testimonia così la sua fede in Gesù. Bartimeo non esita a riconoscerlo come suo personale “maestro” e dimostra di voler la guarigione per seguirlo meglio come discepolo. Interessante notare che il cieco non disse “Che riabbia la vista, maestro...”, ma “Maestro, riabbia la vista!”. La prima cosa che confessa è quella che Gesù è maestro e gli chiede che possa essere il suo maestro. Bartimeo chiede, prima di tutto, la cosa più importante e soltanto dopo dice: “riabbia la vista...”. Vorrei far notare che dice “che riabbia” come fosse una cosa che prima aveva già goduto e che ora non ha più. Non sappiamo se Bartimeo fosse cieco dalla nascita oppure lo è diventato dopo, ma una cosa certa possiamo affermarla: vuole essere guarito dalla cecità interiore e solo dopo da quella fisica. “Che riabbia la vista (che io veda)...”: sappiamo come il verbo “vedere” sia fondamentale nel linguaggio di Marco; la parola greca sta a significare non solo un generico poter “vedere” ma un “guardare in su”, riferimento implicito al desiderio di trovare un senso alla sua vita.
La guarigione immediata di Bartimeo Marco racconta che Gesù ha guarito tanti altri ciechi, ma non sempre la loro guarigione è stata immediata! A Betsaida come abbiamo visto, la guarigione comporta diverse fasi (cf. 8,22-26); cosi come vedremo anche per il cieco nato, la guarigione è preceduta da alcune azioni simboliche: da un cammino, da un lavaggio ed infine dal dono della vista (cf. Gv 9, 1-41). Per Bartimeo invece la guarigione è immediata: infatti, l’evangelista Marco riporta “subito riacquistò la vista” (10,52). La guarigione avviene solo attraverso la parola di Gesù, non accompagnata da alcun gesto. Ora vede Bartimeo con «il lume della fede». È chiaro che questo miracolo, come tanti altri, si svolge su due livelli: su un piano fisico e su un piano spirituale. Si parla, cioè, sia della cecità fisica sia della cecità spirituale, quest’ultima è peggiore e più difficile da guarire completamente. Con gli occhi del corpo si vedono le cose che passano, con quelli del cuore le cose che non passano. Sant-Exupéry diceva: “ l’essenziale è invisibile agli occhi”, cioè non si vede bene che con il cuore. Bartimeo non è cieco, è solo non-vedente: con il cuore ci vede meglio di tanti intorno a lui, perché ha la fede e nutre speranza.
E preso a seguirlo lungo la strada
Il risultato è che l’ex-cieco subito
riacquistò la vista e prese a seguirlo sulla strada (cf. v. 52). Notiamo
che Gesù gli aveva detto “Va”: invece Bartimeo non se ne andò. |