Il cammino verso la luce (Mc 10,46ss)

-prima parte - 

 

La “carta d’identità”del protagonista: Bartimeo

Marco normalmente non riporta il nome della persona guarita, conosciamo il nome solo qui e nell’episodio di Giairo (cf. 5,22). Il cieco di Gerico è conosciuto come Bartimeo (cf. 10,46-52), Bar-timeo: figlio di Timeo.

Conoscendo il padre per nome, supponiamo che fosse una persona conosciuta in quella città. Tuttavia suo figlio fu cacciato fuori della città. Il miracolo avviene fuori Gerico, città importante in quel tempo. Possiamo dire che era considerata la capitale “commerciale”: circolava denaro e aveva tanti mezzi di comunicazione; era il punto d’incrocio di tante vie che si diramavano per il mondo. Le persone di Gerico avevano un carattere "deciso": erano impresari, commercianti, persone attive e non c'era posto per chi era malato. Bartimeo era cieco!

Bartimeo sedeva lungo la strada: la strada è fatta per camminare, per spostarsi da un luogo a un altro, la si percorre per raggiungere una mèta. È l’immagine più usata per indicare il percorso dell’esistenza.

A volte diciamo: "oramai ha preso quella strada...", oppure: "ha concluso il suo cammino terreno…". Già Dante aveva iniziato la sua opera con questa metafora: "nel mezzo del cammin di nostra vita..." (Divina commedia, canto 1).

Bartimeo sulla strada non cammina e non ha una mèta, ma è ai bordi. Siede: sta fermo ciò è in contrasto con il movimento che si svolge davanti a lui; sente i passi degli altri, ma lui non cammina. L'immobilità di Bartimeo è frutto della sua cecità, e ovviamente, non vedendo, non cammina, non va avanti. Egli personifica ciascuno di noi, e la «strada» dove lui butta via i suoi giorni, è simbolo della vita; una vita arenata, bloccata. 

Mendicava: chiede ai passanti qualcosa di che sostenersi cercando di impietosirli dinanzi alla sua disgrazia. È questa una condizione di umiliazione condannata dalla tradizione che ammoniva: “Figlio, non vivere da mendicante. È meglio morire che mendicare” (Sir 40,28).

In quella società priva di garanzie sociali, l’accattonaggio era l’unica risorsa per gli uomini come lui. “Mendicare” significa dipendere da altri.

Lungo la strada spesso si fanno incontri che cambiano la vita, quel giorno infatti succede qualcosa di strano. Bartimeo percepisce la presenza del Nazareno, quel rabbi-taumaturgo di cui ha sentito parlare, intuisce che forse è giunta la grande occasione della sua vita e non vuole lasciarsela sfuggire.

Gesù passa e bisogna che non passi invano: «Temo Gesù cha passa» (timeo Jesum transeuntem) diceva sant’Agostino.

                                       

Il cammino verso la luce

Bartimeo non vede, ma per attirare l'attenzione di Gesù "cominciò a gridare e a dire Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me” (10,47). Qui si fa forte della sua stessa debolezza, è la sua prima azione. La reazione dei presenti: una parte della folla “fa da ostacolo”: “molti lo sgridarono per farlo tacere” (v. 48) all’avvicinarsi a Gesù. È la pretesa di chi ritiene che la miseria resti nascosta, non disturbi la vista.

Bartimeo non deve disturbare la "quiete pubblica"! Lui, invece, grida più forte! Insomma ha una personalità che al cieco di Betsaida mancava…

Cosa significa quel grido? È la preghiera che farà cadere dai suoi occhi le squame della sua cecità. È una preghiera semplice che esce dal profondo del cuore: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!” (v. 48). "Figlio di Davide" era un titolo messianico: a partire da 2Sam 7,12 il messia era atteso come discendente di Davide.

Bartimeo riconosce in Lui il Messia atteso da Israele. Poi disse «Gesù», «il nome che è al di sopra di ogni altro nome» (Fil 2,9). Lo chiama come si chiama un amico intimo.

«Gesù» significa «Dio salva» (cfr. Rm 10,13; At 2,21), Bartimeo identifica la propria salvezza al nome di Gesù: “In nessun altro nome c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale è stabilito che possiamo essere salvati” (At 4,12) e gridando il suo nome lo riconosce come il suo unico salvatore della sua vita, l'unico che può dargli la luce vera…

Solo dopo chiede per sé la misericordia di Dio: «abbi pietà di me!». Espressione che rimanda al tema biblico della misericordia, del prendersi cura con viscere materne, da parte di Dio, dell’uomo e non in base ai meriti ma nella misura del suo bisogno (cf. Sal 102,13; 26,20; 30,15).

Cosa fa Gesù? Lo ascolta, ma non si ferma. Chiunque altro di fronte a questa indifferenza si sarebbe demolarizzato, invece, Bartimeo non si scoraggia.

Non lo fermano né la sua miserevole condizione, né “l'indifferenza” di Gesù, né i rimproveri della gente. Il suo atteggiamento è quasi impertinente. Ed è Lui che la vince. Allora Gesù si ferma e ordina di chiamarlo (v. 49).

Coloro che volevano silenziare il suo grido scomodo, ora, a richiesta di Gesù, si vedono obbligati a fare in modo che giunga fino a Gesù.

Ora Gesù si ferma e Bartimeo si muove! Notiamo qui l’altra parte di folla; ora è di aiuto e di incoraggiamento: “Coraggio! Alzati, ti chiama” (v. 49).

I verbi adoperati dalla folla per chiamarlo sono gli stessi adoperati da Gesù per dare coraggio ai discepoli in pericolo ('Coraggio': cfr. Mc 6,50), per indicare il comando di guarigione sui malati ('alzati': cfr. Mc 2,9.11; 3,3; 9,27) o quello di risurrezione per i morti ('alzati': cfr. Mc 5,41).

“… gettato via il mantello”. Per un povero il mantello serviva come vestito di giorno e coperta di notte il suo corpo (cf. Es 22,25-26). È la sua sicurezza! “Gettarlo via” significava rinunciare anche a quel poco che aveva. Il mantello, per gli orientali, rappresenta la loro dignità.

Bartimeo getta per terra tutta la sua dignità, ora ha incontrato la perla preziosa e tutte le altre cose non valgono.

“… balzò in piedi” Questo fatto indica movimento, infatti torna finalmente sulla strada e va verso Gesù. Ha raggiunto l’obbiettivo: incontrare Gesù. La sua “mèta” è quel Maestro che egli non vede, ma che ha già riconosciuto. La sua fiducia è stata ricompensata.