Guarigione del sordomuto (Mc 7,31-37)
-seconda parte - 

 

Gesù dopo aver condotto il sordomuto in disparte, fuori dalla confusione, compie dei gesti e pronuncia una parola che evocano l'atto creativo di Dio. Ora qui c’è una nuova creazione: «gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: Effatà cioè: Apriti!» (vv. 33-34). Sono segni corporei che certamente ai nostri giorni ci appaiono persino rozzi e scioccanti. Gesù tocca quel sordomuto proprio come il vasaio descritto dal profeta Isaia che plasma la creta malata (cf. 64,8). Le dita poste sugli orecchi e poi sulle labbra rimandano al simbolismo biblico del “dito di Dio” che designa la sua potenza. Il dito nell’orecchio evoca la frase dei maghi d’Egitto che dicevano: «Qui c’è il dito di Dio!» (Es 8,15) ed anche la frase del salmista: «Apriste i miei orecchi!» (40,7). La Chiesa nell’inno Veni Creator dice “dito della mano di Dio”. In Es 8,19 la verga di Aronne, in mano a Mosè, diventa “dito di Dio”, un prolungamento visibile, umano, dell’azione di Dio che adesso è visibile nelle dita di Gesù.
Oltre a questi gesti, il v. 34 presenta Gesù nell’atto di alzare lo sguardo al cielo, di emettere un sospiro e di pronunciare l’Effatà. Nell’antichità i guaritori compivano spesso simili gesti. Li facevano per concentrarsi, per lasciarsi compenetrare dalla potenza della divinità, prima di compiere il miracolo. Al taumaturgo si raccomandava: “Aspira in te, con tutta la forza, dal divino, l’alito dello spirito, guardandolo direttamente”. Compiuti da Gesù, questi gesti divengono preghiera (Mc 6,41), il suo sospirare è la preghiera di cui parla l’apostolo Paolo nella lettera ai Romani: «Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostre debolezza, perché nemmeno noi sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inenarrabili» (8,26). Per cui i gesti che Gesù compie nel v. 34 sono segni della sua unione con il Padre e per noi, un invito a stabilire un rapporto più profondo con il Signore prima di intervenire per aiutare un fratello.
«Effatà», è parola efficace, compie ciò che dice, come la Parola creatrice di Dio (Gn 1). Effatà è una parola aramaica, la lingua parlata da Gesù, e significa “Apriti!”. Non è rivolta all’orecchio, ma è un comando rivolto a tutta la persona, e questo ‘apriti’ non riguarda allora soltanto gli organi lesi del sordomuto, ma la sua stessa libertà. È il comando che la liturgia ripete prima del Battesimo degli adulti: il celebrante, toccando con il pollice l’orecchio destro e sinistro dei singoli eletti e la loro bocca chiusa, dice: “Effatà, cioè: apriti, perché tu possa professare la tua fede a lode e gloria di Dio” (Rito dell’Iniziazione Cristiana degli Adulti, n. 202). Sant'Ambrogio chiamava questo episodio - e la sua ripetizione nel rito battesimale - «il mistero dell'apertura». Ciò che avviene a seguito del comando di Gesù è descritto come apertura («Gli si aprirono le orecchie»), come scioglimento («si sciolse il nodo della sua lingua») e come ritrovata correttezza espressiva («E parlava correttamente»). Ed ecco che l’uomo del vangelo si apre come la tomba della risurrezione e passa del silenzio/mutismo al canto… (cf. v. 35). Si tratta di un’apertura totale al Signore: l’orecchio chiuso si apre all’ascolto della sua voce, la lingua legata si scioglie per dire la parola che salva. L’uomo allora cominciò a parlare correttamente. Tale capacità di esprimersi diviene contagiosa e comunicativa: “E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano” (v. 36). La barriera della comunicazione è caduta, la parola si espande come l'acqua che ha rotto le barriere di una diga. Lo stupore e la gioia si diffondono per le valli e le cittadine della Galilea: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti” (v. 37).
Questa affermazione fa ricordare la creazione: “Dio vide che tutto ciò che aveva fatto era molto buono!” (Gn 1,31). È inutile proibire di parlare. La forza interna della Buona Novella è tanto grande che si divulga per se stessa! Chi ha fatto esperienza di Gesù, lo racconta agli altri, che lo voglia o no! C’è ancora oggi, a distanza di più di 2000 anni dalle parole di Gesù, il bisogno di sentire e di ascoltare la parola del Maestro che ordina, con forza: Effatà. Apriti! È un bisogno urgente ed attuale. È un grido rivolto anche a noi… l’invito a non chiedersi in se stesso. È l’invito ad ascoltare la voce della Chiesa, a fare entrare Dio nella proprio vita. In questo senso, un’eco forte dell’Effatà di Cristo fu il grido profetico che il beato Giovanni Paolo II levò il giorno dell’inaugurazione del suo ministero pontificale: «Aprite le porte a Cristo».