Cieco nato (Gv 9,1-16)

-seconda parte - 

 

I farisei domandano “Tu, che dici di lui, che ne pensi” ed egli rispose: “È un profeta!” (v. 17). Interessante notare come il cieco ora riconosce quell’uomo che gli ha dato la vista come un profeta, poco a poco va comprendendo il mistero di Gesù e ha il coraggio di confessarlo davanti a gli altri.

È proprio questo incattivisce maggiormente i farisei, non vogliono credere che fosse stato cieco e mandano a chiamare i genitori a cui rivolsero tre domande: Questo qui davanti a voi è vostro figlio? È nato cieco? Com’è che ora ci vede?

I genitori preferirono rimanere nella sinagoga e non nel nuovo tempio della persona di Gesù. Eppure erano buoni, avevano sofferto tanto... possiamo perfino dire che erano stati canonizzati in vita da Gesù perché Gesù aveva detto di loro: “Non hanno commesso peccato”. Nonostante ciò si rifiutarono di entrare nel regno dei cieli! Preferirono non correre nessun rischio! Bisogna capire che al regno dei cieli non appartengono coloro che non commettono peccato, ma coloro che confessano Gesù come Salvatore e Signore! Anche se devono pagare il prezzo di essere espulsi dalla sinagoga. Non basta non peccare! Non basta non fare niente di male, ma è necessario fare la proclamazione di Gesù come il Messia!

I genitori hanno confermato che veramente il loro figlio era cieco dalla nascita. L’interrogatorio dei genitori non è di loro di grande aiuto e chiamano nuovamente il cieco nato per una seconda parte del processo. Impostando il discorso in maniera diversa, vorrebbero tirare il “guarito” dalla loro parte e convincerlo che si tratta di “un peccatore”. Si rivolgono al cieco: “Da gloria a Dio... noi sappiamo che questo Gesù è un peccatore...” (v. 24). (in quanto, p. es., non rispetta il sabato). Ora il cieco apre la bocca per difendere Gesù! Quando accusavano lui di essere peccatore non si era mai difeso, adesso che accusano Gesù di essere peccatore, il cieco lo difende.

Il cieco non abbocca e risponde ribadendo ciò di cui è sicuro: “Prima ero cieco ed ora ci vedo”. I farisei tornando ancora sulle buone maniere si fanno raccontare di nuovo l’accaduto, ma a questo punto trovano una coraggiosa provocazione: “Volete forse anche voi diventare suoi discepoli?” e passano agi insulti. (v. 28)… “Tu che sei nato nel peccato e vieni adesso a darci lezioni a noi che ne sappiamo tante?” (v. 34). E incominciarono a maledirlo, a offenderlo...

Gli dicono che è un peccatore, ma non si difende. Perché? Semplice, perchè prima Gesù gli aveva detto: “Né tu, né i tuoi genitori hanno peccato”. Noi soffriamo molto per le opinioni altrui su di noi. Quando abbiamo ascoltato da Gesù quello che noi siamo, allora siamo liberi di ascoltare quello che gli altri dicono di noi.

L’evangelista riporta che immediatamente lo cacciarono fuori. Ma da dove lo cacciarono? Egli non era mai entrato nel tempio, poiché stava fuori seduto chiedendo l’elemosina. La “scomunica” non gli fece nessun effetto, l’avevano già tante volte rigettato.

“Gesù venne a sapere che l’avevano cacciato fuori dal tempio”. Che bello! Gesù sa da dove ci cacciano; sa chi non ci accetta, chi ci ha abbandona, chi ci ha tradito… Gesù viene a incontrarlo: lo incontrò e gli domandò: “credi nel figlio dell’Uomo?”.

Il cieco rispose con un altra domanda: “E chi è perché io creda in Lui. Io non ho nessun problema per credere, io ho bisogno di vedere. La cosa che io voglio e che Lui sia davanti a me e allora crederò in Lui”.

Gesù si rivela e dice: “Lo stai vedendo, stai parlando con Lui... sono Io”. Ed ecco che quell’uomo si getta ai piedi di Gesù, professa la sua fede e dice: “Credo, Signore” (v. 38). Quest’uomo fa la sua professione di fede in Gesù, si prostra ai piedi di Gesù. Prima aveva detto: “Quell’uomo” (v. 11), poi ha detto: “È un profeta” (v. 17), e in questo momento lo riconosce come “Signore” (v. 38). E questa è la guarigione più grande: avere fede.

È questo probabilmente il vero momento del cambiamento del cieco dalla nascita, nel quale solo successivamente e razionalmente si fa strada e si manifesta il proprio cammino di fede; un cammino più lento, progressivo, con delle tappe che ritroviamo nelle risposte che dà su Gesù: “quell’uomo” (v. 11), “un profeta” (v. 17), “Signore” (v. 38). È infatti è la sua fede che gli dà la libertà interiore e il coraggio di controbattere ai capi religiosi nonostante il pericolo di scomunica, l’espulsione dalla sinagoga, per chi riconosceva Gesù come messia.

L’avventura del cieco nato è anche la nostra: infatti siamo chiamati, come il cieco, a reagire e a resistere, a non farci travolgere da quello che ci propone il mondo, ma a diventare sempre più presenza profetica e testimonianza coraggiosa.