Guarigione del cieco di Bestaida (Mc 8,22-26)

- seconda parte -

 

“Gli impose le mani“ (v. 23): in questo miracolo possiamo vedere due imposizioni di mano.

La prima: Gesù impone le mani sull’infermo. Gi interessa l’ammalato e non solo la malattia, perciò vuole guarirlo completamene e non solo gli occhi.

L’attività terapeutica di Gesù è evidenziata dalla gestualità: mette saliva sugli occhi ed impone le mani. Come un medico, poi, s’informa dell’effetto della sua terapia, chiedendo “vedi qualcosa?” (cf. v. 23). Non è strano chiedere ad un cieco se ci vede? Possibile che Gesù debba aspettare la risposta per conoscere l'esito del suo intervento? Il cieco non era muto, però tace sino ad ora. Quest’interrogativo provoca la sua risposta, che registra una guarigione a metà. Anzi inizialmente rasenta addirittura il ridicolo, perché afferma: "Scorgo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminano" (v. 24) e da ciò deduciamo che non era cieco dalla nascita perché conosceva sia gli alberi che gli uomini. Ora vede uomini camminare e li paragona a degli alberi. Non vede le persone, il volto degli uomini, ormai la sua cecità l’ha “estraniato” dagli uomini e pertanto non li vede più come persone umane.

Il brano ci vuol far riflettere, inoltre, su come noi vediamo gli altri… Come oggetti? Una malattia molto grave e diffusa! Una delle caratteristiche più appariscenti della società odierna è questa "cosificazione" degli uomini (considerare gli uomini come delle cose, non scorgere in essi la dignità di figli di Dio): le persone ridotte a cose di cui disporre, da manipolare e da asservire a fini prestabiliti; e siamo incapaci di vederli come persone che hanno la nostra stessa dignità.

C’è persino il rischio che Dio viene visto come oggetto quando l’uomo pretende da Lui solo benefici.

Dopo la risposta del cieco, Gesù “impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente e fu sanato e vedeva a distanza ogni cosa” (v. 25): seconda imposizioni delle mani!

È l’unica volta che Gesù deve ripetere l’intervento su una persona. Prima aveva imposto le mani sull’infermo. Ora le impone sui suoi organi malati. Questo versetto mi ha sempre un po’ sorpreso perché si dice che ora il cieco vede chiaramente.

La cosa paradossale è che questo avviene mentre Gesù gli tiene le mani sugli occhi e non quando le toglie... Egli recupera la vista mentre Gesù ha le mani sui suoi occhi. Marco scrive che con le mani di Gesù “sugli occhi” il cieco cominciò a vedere da lontano chiaramente.

Il termine greco significa: «(vedeva) da lontano molto bene, in modo chiarissimo». Non è una cosa illogica? Le mani di Gesù non impediscono di vedere, anzi, al contrario, permettono vedere perfettamente tutte le cose e da lontano. Come viene detto più precisamente in greco, egli penetra con lo sguardo.

Qui forse è il segreto del brano! Se i miei problemi sono nelle mie mani, sono impedito nel vedere, se invece sono nelle mani di Gesù posso vedere; perché le sue mani mi danno capacità di percepire la realtà nella sua esatta dimensione.

La guarigione del cieco di Betsaida consiste che ora può vedere non solo da vicino ma anche da lontano. Ora è guarito dalla miopia. Malattia questa che non permette di vedere lontano: chi è miope vede solo ciò ch’è vicino.

Vi è una miopia spirituale che si chiama egoismo che consiste nel vedere solo quello che mi è vicino, m’interessano solo le mie cose ed i miei problemi. Ho occhi solo per me. Non vedo più gli altri. Non riesco a scoprire le necessità degli altri. Non vedo al di là di me stesso. Gesù viene a guarire dalla miopia affinché possiamo uscire dalla prigione di noi stessi ed andare al di là.

Appena lo ebbe guarito, Gesù mandò il cieco a casa (in famiglia). Il cieco era a Betsaida e viene portato fuori, dove ottiene la guarigione e dopo viene mandato “a casa”.

"Tornare a casa" significa "tornare a essere se stessi", il villaggio è "il luogo da cui si è stati tratti", il muro che circonda l'identità della propria casa, l'ostacolo che impedisce di vedere le cose in modo obiettivo.

La casa indica la propria identità, non solo il luogo dove dormire o abitare. Gesù lo ha ricostituito come personalità nuova, capace di valutazione, di giudizio e di responsabilità guarita.

La nuova personalità ha bisogno di casa, di essere vissuta ed esercitata. Il cieco deve abitare la sua nuova identità, con fiducia e vivendola. Tutto questo se fatto in famiglia è meglio… La guarigione raggiunge il suo culmine nell’ambiente familiare.