Il giovane
Gesù
Il racconto di Lc 2,41-50:
«Gesù dodicenne al tempio» riveste una notevole importanza
nell’itinerario di scoperta del giovane Gesù. È la seconda volta che Gesù
si reca in visita al tempio, la prima volta è stato per il rito della
circoncisione (cf. Lc 2,21). Il pellegrinaggio annuale al tempio di
Gerusalemme per la festa di Pasqua (cf. 2,41) dimostra non solo la fedeltà
di Maria e Giuseppe alla Legge, ma la graduale iniziazione da loro
favorita nel bambino alla spiritualità ebraica.
L’episodio fa parte a pieno titolo
della giovinezza di Gesù: il passaggio dalla fanciullezza all’età maggiore
era pressoché immediato. Secondo la Legge (Es 23,14-19; 34,23; Lv 23,1-42;
Dt 16,16), i maschi erano obbligati a recarsi a Gerusalemme tre volte
all'anno, in occasione della festa di Pasqua, di Pentecoste e dei
Tabernacoli o Capanne. Luca precisa che i genitori conducono Gesù nel
pellegrinaggio quando ha dodici anni, in anticipo rispetto al momento che
veniva istituzionalizzato e celebrato all’età di tredici anni e un giorno,
in cui il ragazzo ebreo diventa «bar-mitzvah», «figlio del
comandamento», cioè l’ingresso ufficiale nella comunità ebraica con la
maggiore età (a dodici anni secondo Giuseppe Flavio; a tredici secondo
l’odierna prassi sinagogale). Dopo il rito del «bar-mitzvah», il
ragazzo è ritenuto una persona responsabile, un maggiorenne tenuto ad
adempiere tutti i comandamenti della legge.
I racconti evangelici non
dicono nulla sulla formazione umana e religiosa di Gesù; possiamo colmare
legittimamente il loro silenzio, usando le fonti giudaiche antiche che ci
informano sull’educazione che riceveva un fanciullo. Un testo giudaico antico fissa così le
tappe della vita del bambino e del giovane: «A cinque anni [comincia lo
studio della] Bibbia, a dieci anni la Mishna [tradizioni orali integrative
alla Legge scritta], a tredici [comincia a osservare] i precetti [della
Legge],… a diciotto ha luogo la “cuppah’ [la celebrazione del matrimonio]»
(Mishna, Abot 5,21).
Il giovane
Gesù nel tempio fra i dottori
«Dopo tre
giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li
ascoltava e li interrogava» (Lc 2,46). Il ritrovamento avviene «nel
tempio», in uno degli ambienti del recinto sacro destinato allo studio e
all'insegnamento della Scrittura. Il sabato o altri giorni festivi, i
dottori della Legge sostavano nella parte del tempio loro destinata per
discutere tra loro o proporre questioni ai presenti. Quel giorno c’è Gesù,
è seduto, la posizione è quella di un «discepolo» che, avendo superato lo
stadio dell'istruzione primaria infantile (imparare a memoria brevi frasi
bibliche proposte dal maestro, ripetendole a ritmo cadenzato), entra nella
didattica superiore: qui i maestri accreditati stimolano la partecipazione
degli scolari con domande, in un dialogo di ricerca. Nel tempio, il
giovane Gesù appare avido d'approfondire la conoscenza religiosa trasmessa
in gran parte mediante tradizioni orali e oggetto di discussioni
comunitarie. È rimasto nel Tempio per crescere in saggezza, per assimilare
la tradizione religiosa d'Israele, per allargare l'intima conoscenza delle
vie attraverso le quali Dio si rivela.
Gesù
aveva l’età di un ragazzo di scuola media di oggi. Da notare due
caratteristiche fondamentali dell’atteggiamento di Gesù: ascolto e
domanda. L’ascolto mostra una disposizione altamente recettiva, di
profondo rispetto verso la tradizione e la memoria del passato, una sete
di cultura religiosa e il lasciarsi aiutare da maestri
riconosciuti.
Facciamo delle riflessioni. Quanti
giovani hanno volontà di conoscere la propria religione o cultura
religiosa? Per potere rendersi conto di quanto la sfera del religioso
tocca profondamente i giovani. La religione, che un tempo costituiva un
aspetto fondante dell'identità della maggioranza assoluta degli italiani,
ora non l’ho è più: per il 40% dei giovani non si tratta di un elemento
importante nella vita, eppure gran parte si dichiara
credente. L’ora di religione cattolica a scuola (irc),
diciamoci la verità, soprattutto nel nord, è disertata dalla maggioranza o
spesso diventa l’ora in cui tutto è possibile. Si parla di tutto, ma poco
di religione. Quell’ora è vista dagli alunni, genitori e docenti di altre
discipline come una specie di momento in cui i ragazzi hanno la
possibilità di parlare e sfogarsi. Sul quotidiano «la Repubblica» di
mercoledì 24 ottobre 2007, l’insegnamento di religione cattolica è stato
definito uno «strano ibrido di animazione sociale e vaghi concetti
etici». L’irc invece offrire agli studenti una «conoscenza oggettiva,
sistematica e critica dei contenuti essenziali del cristianesimo e delle
espressioni più significative della sua vita, in dialogo con le altre
confessioni cristiane e le altre religioni» secondo le finalità della
scuola. Non è questo il luogo di analizzare questa tematica.
Gesù, contrariamente ai nostri
giovani, si mostra interessato alla memoria storica/religiosa del suo
popolo. Vuole conoscere il suo passato per poi proiettarsi nel futuro. È
spinto dal desiderio di avventurarsi nel mistero di Dio, come Mosè che di
fronte al portento del roveto si domanda: perché non brucia? e vuole
avvicinarsi per vedere meglio (cf. Es 3,5). Gesù si mostra un giovane
aperto al nuovo, ma senza presunzione che avanza lungo il solco
dell’inculturazione creativa.
Chi lo ascolta rimane stupito.
Egli dà prova di una intelligenza illuminata, di cui è dotato fin da
bambino (cf. Lc 2,40), da una conoscenza penetrante della volontà di Dio.
In Lui si va già formando il futuro Maestro. Se da un lato Egli siede,
ascolta e pone domande, dall'altro lato appare nel pieno vigore delle sue
capacità intellettuali e con il carisma nascente del diddskalos, che
insegnerà «secondo verità la via di Dio» (Lc
20,21). |