Il giovane Daniele disobbediente al decreto ingiusto

 

La possibilità dell’obbiezione di coscienza

 

Daniele, nel capitolo sesto del suo libro, ci presenta l’episodio in cui egli stesso è nella fossa dei leoni. Sotto il regno di Dario, il giovane Daniele viene nominato governatore e presto desta le invidie e i malumori degli altri “colleghi” a capo dell’amministrazione. Non trovando nel suo lavoro e nel comportamento nessun punto debole e nessuna mancanza, i suoi nemici si inventano un trabocchetto per farlo cadere in trappola. Convincono il re Dario a pubblicare un decreto: «Chiunque, da ora a trenta giorni, rivolga supplica alcuna a qualsiasi dio o uomo all’infuori di te, o re, sia gettato nella fossa dei leoni» (Dn 6,8b). Il giovane, nonostante il decreto, non cambia le sue abitudini religiose, per cui «tre volte al giorno si metteva in ginocchio a pregare e lodava il suo Dio, come era solito fare anche prima» (6,11). Le finestre della sua stanza erano rivolte verso Gerusalemme, ed egli, tre volte al giorno, continua a pregare Dio, così come prevedeva la sua religione. Come altri credenti leali, Daniele rischia la vita per seguire le pratiche della sua fede. La fermezza nell'obbedire alla sua coscienza e adorare il Dio di Israele è in netto contrasto con l'indecisione del re Dario, che viene raggirato perché sottoscriva un decreto ingiusto.

Il modo in cui Daniele prega è un'immagine di come pregavano i Giudei della Diaspora. La soffitta di una casa (cf. 1Re 17,19) si rivela di solito un ambiente tranquillo per una preghiera profonda (cf. At 10,9). La consuetudine di pregare rivolti in direzione del Tempio di Gerusalemme o delle sue rovine inizia durante l'esilio babilonese (587-537 a.C.), come sappiamo da 1Re 8,44-48. I primi Musulmani seguirono il costume israelitico di rivolgersi nella preghiera verso Gerusalemme; ma la direzione fu presto cambiata verso la Kaaba, la pietra nera alla Mecca. Il pio israelita, come Daniele, prega con la finestra aperta (cf. Tb 3,11) che si affaccia verso Gerusalemme. Il giovane prega tre volte al giorno: all'alba, a mezzogiorno e verso sera (cf. Sal 55,18).

L’atteggiamento del giovane Daniele dovrebbe interrogare i giovani del nostro tempo: Sono disposti a rendere testimonianza al loro Dio fino ad andare contro corrente? Il giovane Daniele insegna che è possibile fare l’obbiettore di coscienza, quando la legge va contro la propria coscienza. Di conseguenza il giovane del nostro tempo può, se vuole, disobbedire. Questo è il fondamento di qualsiasi obbiettore di coscienza: al servizio militare, oppure l’obiezione di coscienza sanitaria (esempio: il personale sanitario si rifiutano di effettuare interventi abortivi, o praticare l’eutanasia).

 

I cospiratori scoprono Daniele prega

Dal momento che il giovane Daniele prega con le finestre aperte, i suoi nemici, che lo stanno spiando, possono facilmente constatare che egli sta violando il decreto reale. Così essi accorrono e trovano Daniele in atto di pregare. Invidiosi del giovane si precipitano dal re e gli pongono una domanda maliziosa: «”Non hai tu scritto un decreto che chiunque, da ora a trenta giorni, rivolga supplica a qualsiasi e dio o uomo, all'infuori di te, re, sia gettato nella fossa dei leoni?”. Il re rispose: “Sì. Il decreto è irrevocabile come lo sono le leggi dei Medi e dei Persiani”» (6,13). A questo punto essi gli segnalano la violazione di quello che Egli aveva determinato, da parte del giovane Daniele «quel deportato dalla Giudea, non ha alcun rispetto né di te, re, né del tuo decreto; tre volte al giorno fa le sue preghiere» (6,14). La reazione del re è istruttiva. Egli, «all'udir queste parole, ne fu molto addolorato e si mise in animo di salvare Daniele» (6,15). Al dire il vero tenta di salvarlo, ma senza successo. Proprio a causa del suo decreto, deve pronunciare un giudizio: Daniele deve essere gettato nella fossa dei leoni.