Sintesi dei Capitoli 13° e 14°

Pregare nello Spirito e Lode a Dio in lingue

 

Il primo frutto da analizzare è la Preghiera. Cosa significa pregare nello Spirito Santo? Vuol dire immergersi sempre di più in quell'abisso dove dimora la Trinità. Lo Spirito viene ad afferrarti e darti al Figlio, ed Egli ti dona al Padre. Lo Spirito compie questo, mediante quella realtà carismatica che è in noi, in virtù della sua presenza: la grazia santificante, le virtù teologali, i doni e i carismi.

La nostra possibilità di pregare nasce dal cuore del mistero Trinitario. Ed è grazie allo Spirito che è stato riversato nei nostri cuori (Rm 6,6), che noi possiamo pregare; poiché è Lui che viene in aiuto alla nostra debolezza (8, 26). Prima però dev'essere la guida nella vita … Nel Rinnovamento, pregare nello Spirito, significa anche pregare con gemiti inesprimibili (cfr. 8,24). Che cosa sono mai questi gemiti inesprimibili? Molti studiosi vi hanno visto il carisma della glossolalia.

La glossolalia di Corinto è caratterizzata dal fatto di essere incomprensibile agli ascoltatori e quindi ha necessariamente bisogno di un interprete (1Cor 14, 2.9). Paolo riprende i Corinti: "Se, quando si raduna tutta la comunità, tutti parlassero con il dono delle lingue e sopraggiungessero dei non iniziati o non credenti, non direbbero forse che siete pazzi?" (14,23). Ed afferma: "io parlo con il dono delle lingue … ma in assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire gli altri, piuttosto che diecimila parole con il dono delle lingue" (14,18). Questo non significa che l’apostolo dispezza il carisma delle lingue (14,5). Il dono delle lingue o glossolalia è un fatto di linguaggio. È un parlare a Dio (14, 2.), è un pregare (14,14), è un benedire con lo spirito (14, 26). Questo parlare a Dio, tuttavia, può diventare anche un parlare agli uomini, in modo particolare, nelle assemblee. In questo caso (che si avvicina alla profezia) ciò avviene con l'aiuto dell'interprete (colui che è dotato del carisma dell'interpretazione), che può essere il glossolalo stesso ( 14,13) o un altro (26-28) (Per una visione più sistematica e scientifica sulla glossolalia cf. Scippa V., La glossolalia nel NT, M. D’Auria, Napoli 1982)..

Ma che cosa è il Dono delle Lingue? Esso è anzitutto una preghiera a Dio. Non è un discorso alla comunità. È una forma di glorificazione, non di predicazione. "Chi parla con il dono delle lingue non parla agli uomini, ma a Dio, giacché nessuno comprende, mentre egli dice per ispirazione cose misteriose" (1Cor 14, 2). È' una preghiera privata tra l’uomo e Dio… "chi parla con il dono delle lingue edifica se stesso" (14,4). Qualche volta, però, può assumere la forma di messaggio alla comunità, ma in tal caso si richiede l'interpretazione, "se non vi è chi interpreta (i glossolali), ciascuno di essi taccia nell'assemblea e parli solo a se stesso e a Dio" (1Cor 14, 28). L'interpretazione non è la traduzione letterale del messaggio. È un altro dono che dà il senso al messaggio (1Cor 12,10), in questo caso la glossolalia è anche profezia! … Lodare Dio in lingue consiste nell’emissione di una specie di balbettio rivolto a Dio, quasi un parlare a sillabe, come quello di un bimbo che non può ancora parlare, ma che si sforza di esprimersi. La lode a Dio in lingue è una preghiera vocale che esula da un contenuto; è del tutto uguale al rimanere interiormente silenziosi e vuoti davanti a Dio in atteggiamento di adorazione. Naturalmente, nel dono delle lingue, il pregio non sta nell’emettere suoni incomprensibili, ma piuttosto nel fatto che il balbettio sia una lode della gloria del Signore. Accanto al dono del parlare in lingue, c'è quello del cantare in lingue. Espressione più semplice della precedente. Si tratta di una lode a Dio, mediante un canto in cui conta l'armonia. Agostino descrive il canto in lingue "…Che cosa significa nel giubilo? Comprendere e non saper spiegare a parole ciò che si canta col cuore. Coloro che cantano durante la mietitura, la vendemmia e il lavoro intenso, prima avvertono il piacere, suscitato dalle parole dei canti, poi, quando l'emozione cresce, sentono che non possono più esprimerla in parole e allora si sfogano in una modulazione di note. Questo canto lo chiamano giubilo che il cuore effonde quando non gli riesce di esprimersi. (…) Allora il cuore si aprirà alla gioia, senza servirsi di parole e la grandezza straordinaria della gioia non conoscerà i limiti delle sillabe. Cantata a Lui con arte nel giubilo" (Commento sui salmi, Sal 32;).

La preghiera del Rinnovamento viene definita carismatica, cioè suscitata e donata dallo Spirito, che "intercede per i credenti, secondo i disegni di Dio" (Rm 8,27). … Il protagonista della preghiera cristiana non è colui che prega, ma lo Spirito che suscita in lui la preghiera. Nessuna creatura umana poteva tributare a Dio un’adorazione degna di lui: agli uomini, resi figli di Dio, è stato concesso lo Spirito perché potessero amare e adorare il Padre degnamente. "Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio" (Rm 8,14-16) e ci rende capaci di chiamarlo Padre e di rivolgerGli la nostra parola da figli…. Lo Spirito si unisce al nostro e lo feconda. Isacco di Nìnive scrive: "Io non prego con le labbra, ma col cuore; quando lo Spirito fissa la sua dimora in un uomo, costui non può smettere di pregare, perché è lo Spirito a pregare continuamente in lui: sia che dorma, sia che vegli, la preghiera non lascia la sua anima".