La Chiesa e la legalità

 

Cos’è la legalità? La legalità - afferma un documento della CEI del 1991 - è «insieme rispetto e pratica delle leggi». Non solo rispetto di norme imposte dall'alto, ma pratica quotidiana di regole condivise. Così intesa - continua il documento - «la legalità è un'esigenza fondamentale della vita sociale per promuovere il pieno sviluppo della persona umana e la costruzione del bene comune».
"Un'esigenza fondamentale": fondamentale diventa allora educare ed educarci alla legalità, o meglio alla responsabilità come già visto nei numeri precedenti.
La legalità è l'anello che salda la responsabilità individuale alla giustizia sociale, l'io e il "noi". Per questo non bastano le regole. Le regole funzionano se incontrano coscienze critiche, responsabili, capaci di distinguere, di scegliere, di essere coerenti con quelle scelte. Il rapporto con le regole non può essere solo di adeguamento, tanto meno di convenienza o paura. La regola parla a ciascuno di noi, ma non possiamo circoscrivere il suo messaggio alla sola esistenza individuale: in ballo c'è il bene comune, la vita di tutti, la società.
Giovanni Paolo II, parlando a Napoli nel 1990, rilevava la grave crisi di legalità dell'Italia. «Non c'è chi non veda - disse - l'urgenza di un grande recupero di moralità personale e sociale, di legalità. Sì: urge un recupero di legalità».
il 9 maggio del 1993. Giovanni Paolo II, in visita in Sicilia, incontra i genitori di Rosario Livatino, giovane giudice assassinato da Cosa Nostra. Poco dopo, dalla Valle dei Templi di Agrigento, sovvertendo il protocollo, chiamerà la mafia «una civiltà di morte» ed esorterà i mafiosi a convertirsi.
La reazione non si fa attendere. Il 27 luglio, la dinamite danneggia a Roma le chiese di San Giovanni in Laterano e di San Giorgio al Velabro. Il 15 settembre viene assassinato don Pino Puglisi e pochi mesi dopo don Peppe Diana.
Quella stessa estate, i magistrati avevano raccolto le confessioni di un mafioso di primo livello, Francesco Marino Mannoia: «Nel passato la Chiesa era considerata sacra e intoccabile. Ora invece Cosa nostra sta attaccando la Chiesa perché si sta esprimendo contro la mafia. Gli uomini d’onore mandano messaggi chiari ai sacerdoti: non interferite» (cf. Quel grido del Papa contro la mafia. Editoriale di don Luigi Ciotti, presidente di Libera, pubblicato su Famiglia Cristiana il 9 maggio 2013). I ragazzi avvertono quell’urgenza di cui Giovanni Paolo II parlava a Napoli nel 1990, alcuni infatti si lasciano coinvolgere in iniziative sulla legalità. Importante aiutarli a capire che la legalità è alla base della convivenza civile, spesso i veri protagonisti di quest’iniziative sono proprio i giovani con le loro rappresentazioni, i loro lavori, riflessioni, desideri e speranze. Centinai e centinaia di ragazzi sono che gridano no alla mafia, alla ndrangheta e alla camorra! Tantissime sono le testimonianza dei giovani su questo versante.
La legalità può essere presentata ai giovani facendo conoscere loro personaggi che hanno incarnato questo valore, dando la loro vita per difendere i principi dello stato, come ad esempio i giudici Falcone e Borsellino, che persero la vita assassinati dalla mafia.
Mi ha fatto profondamente piacere vedere che ultimamente non solo la scuola è impegnata in questo campo con progetti vari, ma anche la Chiesa. Molte sono le iniziative promosse, ne vorrei ricordare alcune della Diocesi di Pozzuoli, nella quale sono docente di religione.
La prolusione del vescovo Gennaro Pascarella per il cammino della scuola di formazione è stata tutta centrata sulla legalità. Riporto alcuni stralci significativi “Non basta contrastare l’illegalità; è urgente, fondamentale, creare una cultura della legalità” (…) “Un compito particolare per sviluppare la cultura della legalità ce l’hanno la famiglia, la scuola e la parrocchia”. Un bellissimo invito Mons. Pascarella ha rivolto proprio alle comunità parrocchiali affermando “le parrocchie devono interrogarsi se nei percorsi catechistici è previsto il capitolo sulla legalità” e continua “… se non c’è nessun riferimento al valore della legalità e un “no” deciso alle forme più evidenti di illegalità sul nostro territorio (camorra, usura…) bisogna che si recuperi questo aspetto”.
Il Vescovo ha ribadito l’impegno della diocesi sul campo della legalità all’inaugurazione ufficiale dell’associazione antiracket ed antiusura “Quarto, Legalità è sviluppo” avvenuta nella chiesa Gesù Divin Maestro a Quarto, ricordando che la diocesi sta varando un «catechismo anticamorra». La cultura camorristica è contro il Vangelo – ha detto il vescovo – La chiesa non può tacere dinanzi a certi avvenimenti e fenomeni illegali. Nella nostra diocesi accanto al percorso di catechesi cattolica, i bambini che si preparano ai sacramenti vengono educati anche al rispetto della legge, alla lotta alla camorra e, coinvolgendo anche i loro genitori, ad un percorso di contrasto alle forme di usura e racket, come stiamo sperimentando con la Fondazione Paulus». I volontari seguono i bambini e accompagnano i loro genitori nei percorsi condivisi di lotta all’usura. «Il buon cristiano deve rispettare anche le regole del vivere sociale – ha aggiunto Pascarella –».
Bisogna dire che la Chiesa è molto sensibile a questa tematica, basta ricordare i tanti preti di frontiera che in quei territori degradati devono colmare un vuoto istituzionale, infrastrutturale e politico. In queste periferie spesso lo Stato spesso assente, la Chiesa divento un presidio di legalità proprio grazie a loro. Sono moltissimi preti impegnati per la legalità, vorrei suggerire la lettura di un libro che una giornalista laica ha scritto e fotografato la quotidianità e l’impegno di tredici sacerdoti mettono nell’amore per gli altri, soprattutto per i più emarginati. Il testo si chiama La Buona Novella. Storie di preti di frontiera, di Ilaria Urbani dove descrive tredici nomi, nessun eroe, tanto coraggio nell’affrontare l’abisso della sofferenza, sacerdoti coerenti che credono nella loro missione e testimoniano quotidianamente la presenza di Dio accanto agli umili.