La preghiera è dono gratuito di Dio
La preghiera cristiana non procede dal bisogno del cuore dell’uomo, che riconosce la propria inadeguatezza e miseria, bensì dalla volontà di Dio di comunicare se stesso: "Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso... Nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cf. Es 33,11; Gv 15,14-15) e si intrattiene con essi (cf. Bar 3,38), per invitarli e ammetterli alla comunione con sé" (Dei verbum, 2). Dio è Amore (cf. 1Gv 4,8.16) e vuole comunicare se stesso; desidera cioè donarsi in una forma di comunicazione, la più ampia possibile, fino a condurre l’uomo, l’amato, ad una totale comunione con sé. Dio cerca nell’uomo un interlocutore con cui conversare, una persona a cui partecipare la sua stessa vita, senza limiti, e un cuore dove effondere la gioia. La preghiera cristiana prolunga la comunione trinitaria nel cuore della creatura e, come dicevano i Padri, la divinizza. Dio che prende l’iniziativa è una costante biblica, e la preghiera cristiana non fa eccezione. Dio, creato l’uomo, lo cerca per istruirlo, per conversare con lui (cf. Gen 2); lo cerca anche quando egli si allontana da lui con il peccato: "Adamo, dove sei?" (cf. Gen 3,9); rapisce Enoch, che "camminava con lui" (cf. Gen 5,24); si confida con Abramo sulle sorti del mondo, rappresentato da Sodoma (cf. Gen 18,l6ss). Contrariamente ai cattivi pastori d’Israele, che "non hanno riportato le pecore smarrite, né cercato quelle che si erano perdute" (cf. Ez 34,4), il Signore stesso si prenderà cura del suo gregge perduto: "Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, cosi io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine... Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata... le pascerò con giustizia" (Ez 34,12-16). Questa promessa consolante si è realizzata in Gesù Cristo, il Buon Pastore (cf. Gv 10). oltre ogni aspettativa. Gesù non considera forse sua missione essenziale la ricerca di ciò che è perduto: "Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto" (Lc 19,10)? Quando, di cento pecore, se ne perde una, egli lascia le altre novantanove nella steppa e va a cercare la pecorella perduta finché non l’ha trovata; e, tornato a casa, è pieno di gioia: convoca gli amici e i vicini perché si rallegrino con lui (cf. Lc 15,4-6). E ancora: Gesù, seduto sul pozzo, attende la Samaritana per rivelarle se stesso e il nuovo culto in "spirito e verità", secondo cui il Padre "cerca" adoratori. Un ulteriore esempio: Gesù costituisce i dodici perché "stessero con lui" (Mc 3,14); li chiama "amici", "perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi" (Gv 15,15). La preghiera cristiana è innanzitutto dono gratuito del Padre: "Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione" (2Cor 5,18); "Dal Signore la cosa procede" (Gen 24,50); "Se tu conoscessi il dono di Dio! (Gv 4,10). Troppe volte noi confondiamo la preghiera con le nostre preghiere, con le nostre misere parole, e siamo convinti di pregare perché parliamo tanto. Ciò è talmente vero che qualora venissero a mancarci le parole rimaniamo delusi, amareggiati: non riusciamo a "pregare". Le nostre parole sono soltanto "bronzo che risuona" (1Cor 13,1). Molte volte noi riteniamo la nostra preghiera come un parlare con Dio a livello d’intelligenza... Una preghiera vissuta come nostra iniziativa è destinata a svanire nel nulla, perché la preghiera è"grazia". La preghiera è anzitutto "dono di Dio": "ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene" (Ef 2,8b-9). La preghiera non è un atto puramente umano, ma è piuttosto l’opera dello Spirito Santo in me e con me secondo la mia cooperazione alla sua azione. Il nostro è solo l’atto di un credente che può tranquillamente ripetere con San Paolo: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20). Se la preghiera fosse solo questione di tecnica, si avrebbe come conseguenza che vi sarebbero persone capaci e altre no. E vero che vi sono persone più portate di altre a raccogliersi e ad avere bei pensieri. Ma questo non ha alcuna importanza. Ciascuno secondo la propria personalità, con i suoi doni e le sue debolezze, è capace, se corrisponde fedelmente alla grazia divina, di una vita di orazione profonda. Anche se, come vedremo, una certa iniziativa e attività dell’uomo hanno la loro parte, tutto l’edificio della vita di preghiera riposa sull’iniziativa di Dio e sulla sua grazia, che non bisogna mai perdere di vista. La preghiera, prima ancora di essere una tecnica o uno sforzo dell’uomo, è un dono che il Signore gli offre. Essa è possibile solo perché il Padre desidera comunicare la sua vita e il suo amore ai figli per condurli ad una totale e gratificante comunione con lui. Santa Giovanna di Chantal diceva: "Il miglior metodo di orazione è di non averne, poiché l’orazione non si ottiene mediante un artificio [oggi si direbbe: una tecnica], ma per grazia". La vera preghiera è un dono che Dio fa gratuitamente, si tratta di comprendere come accoglierlo. I Padri della Chiesa dicono che il primo atteggiamento di preghiera è la "statio". Essa consiste semplicemente nello stare quieti, senza preoccuparsi neppure di quello che dobbiamo dire al Signore. Il nostro atteggiamento non deve essere tanto quello di parlare, quanto quello di metterci alla presenza di Dio senza tante parole. "L’uomo è un mendicante di Dio" (Agostino, Sermone 56, 6, 9, in Opera di S. Agostino. Discorsi, Città Nuova, Roma 1976, voi. XXX/1, 149-151). L’uomo è un povero che non ha la forza necessaria di amare Dio se prima non si lascia amare da lui. La chiamata alla preghiera, a questa unione profonda con Dio, è universale come la chiamata alla santità, perché l’una non procede senza l’altra. Le esortazioni di Gesù a questo riguardo, non sono rivolte ad una élite di persone, ma a tutti senza distinzioni: "Pregate in ogni momento" (Lc 21,36); e "Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà" (Mt 6,6). Sant’Ambrogio così commenta questo versetto: "Intendi non una camera delimitata da pareti dove venga chiusa la tua persona, ma la cella che è dentro dite dove sono racchiusi i tuoi pensieri, dove risiedono i tuoi sentimenti. Questa camera della tua preghiera è con te dappertutto, è segreta dovunque ti rechi, e in essa non c’è altro giudice se non Dio solo" (Ambrogio, De Cain et Abel, 1, 9: CSEL 32, 1, 372). Se la preghiera è un dono, il colloquio col Padre è aperto a tutti i suoi figli. Non conta la loro cultura o la loro condizione sociale: anzi i piccoli e i poveri sono i privilegiati, perché più disponibili e più aperti alla Parola del Padre (cf. Lc 10,21). |