La preghiera in rapporto al Padre
"Il rapporto dell’orante, della comunità orante, di ciascuno di noi in preghiera col Padre, vive di una duplice relazione, dal Padre a noi e da noi al Padre" (FORTE, Aspetti,22).
La scoperta del Padre Altra nota che caratterizza la spiritualità del Rinnovamento, anche se non in maniera esclusiva, è la qualità che regola il rapporto religioso personale tra l’uomo e Dio: rapporto da figlio a Padre. Riscoprire questo rapporto filiale con Dio è l’aspetto più significativo in una società, in cui l’immagine paterna si è resa incerta. In realtà si possono fare delle riflessioni di ordine: psicologico; sociologico; teologico/catechetico.
- Psicologico. Senza dubbio tra le affermazioni psicoanalitiche che hanno disorientato molti credenti, occupa un posto particolare quella sull’origine della figura di Dio-Padre. A dire il vero, già il filosofo Ludwig Feuerbach aveva affermato che Dio è una proiezione dell’uomo; tuttavia è con Freud che questa idea acquista maggiore rilievo. In breve, secondo Freud, la figura di Dio Padre nasce nella fantasia del bambino come uno dei frutti del processo edipico. Secondo la concezione freudiana, ogni individuo attraversa nella sua infanzia la fase edipica. Questa si sviluppa in tre momenti: all’inizio il bambino nutre il desiderio di possedere la madre e di uccidere il padre, perché lo sente come un potente antagonista; in seguito, però, egli è preso dalla paura che il padre possa vendicarsi; infine, per superare la paura, si allea con il padre e riconosce la sua grandezza. In tal modo il padre diventa per il bambino una figura da imitare e con cui identificarsi. "Per Freud è la dottrina cristiana quella che, con maggior lucidità, attesta la colpa dei primordi. Cristo sacrifica la propria vita e redime quindi i fratelli dal peccato d’origine. Ma con lo stesso atto con il quale offre la miglior riconciliazione possibile con il Padre, egli porta alle conseguenze più estreme anche i suoi desideri di ostilità verso il Padre. Ora egli si colloca al fianco di Dio o, più propriamente, prende il posto del Padre" (Casper W., Il Dio di Gesù Cristo, Queriniana, Brescia 1989, 187).
- Sociologico. Il termine "Padre", nella storia passata della cultura e della religione, significa ben più che genitore: è il creatore della vita; è il custode della vita; è il garante della sopravvivenza; è il garante della libertà; rappresenta l’ordine definitivo della vita; è un’espressione di potere e d’autorità, come d’accondiscendenza, di bontà, di esistenza e di aiuto. Ma oggi questa immagine paterna si è resa incerta. M. Horkheimer, sociologo delle religioni, constata che oggi non ci sono più padri, se per "padre" si intende ciò che per secoli si é voluto significare con questo nome. Richiamandosi a Freud, A. Mitscherlich, anch’egli sociologo delle religioni, dice che quella attuale è una società "orfana di Padre". Oggi è finita l’epoca della società patriarcale. Tutto è fondato sul progresso, sull’emancipazione e realizzazione di sé, non c’è più posto per l’autorità e, per conseguenza, la cultura e la struttura della famiglia entrano in un processo rivoluzionario di trasformazione, anzi di dissoluzione. Il problema è grosso: se manca un’esperienza del padre umano, o addirittura se questa esperienza si svolge sotto il segno della negatività, come si potrà ancora garantire un rapporto positivo con Dio-Padre, relazionarsi al Dio-Padre di Gesù Cristo?
- Teologico/catechetico. Accanto a queste riflessioni sociologiche e psicologiche, bisogna aggiungere una certa predicazione su Dio. In passato si è data un’immagine della redenzione più o meno in questi termini: l’uomo, peccando, ha contratto un immenso debito con Dio. E Dio "esige" che questo debito sia pagato fino in fondo. Si fa avanti Gesù, il Figlio di Dio, e paga questo immenso debito per noi; e il Padre, soddisfatto, placato, condona il nostro debito. In essa veniva messo in rilievo l’aspetto prettamente giuridico e vendicativo: una cattiva catechesi sul Padre. Molti predicatori presentavano un Dio vendicativo, un Dio che era sempre pronto a punire. Un Dio che punisce ‘fino alla terza e alla quarta generazione" (Dt 5,9). Anche la venuta del Cristo era letta in questi termini. Cristo si sarebbe incarnato perché l’uomo, peccando, aveva contratto con Dio un debito tanto grande da non poterlo pagare con le sue sole forze. Ed ecco che Gesù, Uomo-Dio, colui che è senza peccato, viene nel mondo per pagare questo debito. I predicatori, parlando della venuta di Gesù, si esprimono con dei termini particolari: Gesù è venuto per soddisfare, placare l’ira di Dio. San Tommaso, il dottore Angelico, si è chiesto "se Dio si sarebbe ugualmente incarnato nel caso che l’uomo non avesse peccato" (Summa Teologica II, q.1, a.3: "Utrum, si homo non peccasset, nihilominus Deus incarnatus fuisset"). Davanti a una situazione del genere è difficile guardare a Dio come a un Padre. Come poteva l’uomo rivolgersi a un "simile" Dio, con la fiducia di figlio? L’uomo non vuole incontrarsi con un Dio padre-padrone, ma con quel Dio che Gesù Cristo è venuto a rivelarci, cioè "il Padre misericordioso" (Lc 16,11-32). "La spiritualità del Rinnovamento guarda Dio sotto questa ottica: il Dio della misericordia, dell’amore, della bontà verso tutti, anche diseredati e peccatori, che vuole salvi tutti 1...]. Non è il Dio degli Etruschi, che gode nel poter tormentare le anime dei trapassati, ma il volto del Buon Pastore in cerca della pecorella smarrita" (Foglio, Il vero, I vol.,85). "L’espressione "Dio Padre" non era mai stata rivelata a nessuno. Quando lo stesso Mosè chiese a Dio chi fosse, si senti rispondere un altro Nome. A noi questo Nome è stato rivelato nel Figlio: questo Nome, infatti, implica il nuovo Nome di Padre" (TE.RTUI.I.IANO, De oratione, 3; CCL 1, 256). Questa premessa era necessaria per poter comprendere l’importanza di un "nuovo" rapporto con Dio nella preghiera. Non si guarda più ad un Dio lontano e straniero, un Dio che è Somma Trascendenza, ma a un Dio che è Profonda Immanenza e Vicinanza nell’uomo. Il Dio cristiano è proprio questo: non si lascia catturare dalle distanze più grandi, dall’universo, dagli spazi siderali; è il sovranamente trascendente rispetto a tutto e niente può tenerlo; ma proprio per questo Dio riesce anche ad essere vicino alle cose più piccole, si lascia catturare dal cuore dell’uomo o di un bambino, che nella sua preghiera e nella sua innocenza si apre a lui: "Non coerceri a maximo sed contineri a minimo divinum est" (è proprio di Dio non lasciarsi prendere dalle cose più grandi, ma lasciarsi contenere dalle cose più piccole"; la frase in latino è l’epigrafe della tomba di Sant’Ignazio di Loyola, pensata da un suo confratello gesuita). Siamo coscienti che questa rivoluzione non è esclusiva del Rinnovamento, ma è importante notare che molti partecipanti agli incontri di preghiera testimoniano questa "riscoperta" del Padre.
La preghiera cristiana è preghiera filiale Afferma San Giovanni: "Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! La ragione per cui il mondo non ci conosce è perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è" (1Gv 3,1-2). E Paolo: "E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: ‘Abbà, Padre!’. Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio" (Rm 8,14-16). Per cui Pietro precisa: "Diventaste partecipi della divina natura" (2Pt 1,4). Non sono solo i cristiani ad essere figli di Dio. Certamente. Però i cristiani danno un senso proprio al termine "figlio", che in nessun’altra dottrina religiosa troviamo: per gli altri, essere figlio è una metafora tratta dal rapporto tipicamente umano, cioè significa che Dio tratta l’uomo, che ha creato, come un buon padre umano tratta suo figlio; per i cristiani, invece, Dio è veramente Padre del Figlio unigenito a livello di vita eterna e da questo ogni rapporto di paternità e filialità sulla terra prende nome, cioè senso e sostanza (cf. Ef 3,14-16). Essere figlio, per il cristiano, è essere, per grazia divina, conformi, nella umanità di Cristo, a questo Figlio coeterno col Padre. Paolo parla di adozione, ma non è adozione semplicemente giuridica, bensì adozione che, per la Parola di Dio, fa ciò che giuridicamente esprime, è cioè partecipazione reale di natura con Dio, ingresso nella famiglia trinitaria. Questa trasformazione, con efficacia reale, della creatura umana in figlio di Dio, è opera dello Spirito Santo. Così come fece nel seno verginale di Maria, egli pone, nei singoli cristiani, quel germe di vita nuova che in Cristo li fa veri figli di Dio. Terminato un incontro di preghiera, un uomo volle andare al microfono per fare una testimonianza: "Durante questo incontro ho perso Dio, ma ho trovato un Padre".
L’iniziativa del Padre La teologia orientale afferma che il Padre è la "fons amoris", è la sorgente dell’amore. Nell’economia della salvezza spetta sempre al Padre l’iniziativa dell’amore; si è evidenziato come l’amore del Padre sia l’amore sorgivo, fontale: il Padre è principio, sorgente della vita divina. Ancora, il Padre è colui che solamente dà, perché genera il Figlio e spira lo Spirito di Amore. E cioè l’Onnipotente, il Re, la Maestà che si costituisce Persona, solo in relazione al suo darsi e riferirsi al Figlio e allo Spirito. Dà tutto se stesso, conservandosi ricco, fonte delle altre due Persone. Il Padre è Principio senza principio. "Poiché tutto viene dal Padre, [...] la preghiera è anzitutto accoglienza. La preghiera è lasciarsi amare da Dio. La preghiera, in questo senso, è anzitutto ricevere [...]. La preghiera è ‘opus Dei’ cioè ‘opera di Dio’ come ci ha insegnato San Benedetto" (FORTE, Aspetti,23). Tutta la nostra fede sottolinea questa mirabile iniziativa. È sempre Dio che prende l’iniziativa nell’amore e ci rende capaci di amare: egli ci ha amati per primo, e non si stancherà mai di amare, perché egli è l’Amore che comincia da sempre e non finirà mai. Il Padre ama per la pura gioia di amare. Lutero, con una bella frase, descrive questo mistero della gratuità dell’Amore del Padre: "Dio non ci ama perché noi siamo buoni e belli, ma Dio ci rende buoni e belli perché ci ama" (FORTE, Aspetti,23).
La risposta dell’uomo a Dio L’iniziativa di Dio esige la risposta dell’uomo. Potremmo dire che, in rapporto con il nostro "si", si snoda la duplice azione di "chiamata e risposta". Dio chiama e l’uomo risponde con il suo "Eccomi!". Se è vero che la preghiera è dono di Dio, è anche vero che essa è risposta dell’uomo al suo Signore.
Da noi al Padre La preghiera che Gesù ha raccomandato ai suoi discepoli, è rivolta al "padrone della messe, ossia al Padre. Egli, in effetti, è il primo responsabile di tutta l’opera della salvezza. A lui giungono alla fine le nostre preghiere, poiché egli è origine e termine ultimo di tutto. La preghiera non è solo movimento di accoglienza del dono che viene da Dio, ma è anche un voler riportare tutto a Dio. |